SECONDA SEZIONE
CAUSA GÜNAYDIN TURİZM VE İNŞAAT TİCARET ANONİM ŞİRKETİ C. TURCHIA
( Richiesta no 71831/01)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
2 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Günaydin Turizm Ve İnşaat Ticaret Anonim Şirketi c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 12 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 71831/01) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui una società anonima di dritto turco, G. T. v. İ. T. A. Ş. (“il richiedente”), aveva investito la Corte l’ 11 aprile 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La società richiedente è rappresentata da S. Ç., avvocato ad Istanbul ed il governo turco (“il Governo”), dal suo agente.
3. Invocando gli articoli 6, 8, 13 e 14 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1, il richiedente adduce in particolare di essere stato privato della sua proprietà, alla conclusione di un procedimento iniquo.
4. Il 13 aprile 2006, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
A. La genesi della causa
1. La famiglia Z.
5. Cittadino greco a Istanbul, Y. Z. era uno degli uomini d’affari più fortunato dell’impero ottomano del XIX secolo. Nel 1821, imputato di avere finanziato l’insurrezione del Peloponneso, Y. Z. si rifugiò ad Odessa ed il suo patrimonio ad Istanbul fu confiscato. Nel 1829, si stabilì in Grecia con la sua famiglia.
6. Nel 1832, Y. Z., figlio maggiore di Y. Z., tornò ad Istanbul; sposò H. Z.. Diventò il consigliere finanziario del Sultano, fondò una banca e fece fortuna finanziando l’impero allora in difficoltà. La famiglia disponeva allora di un patrimonio immobiliare molto importante, in particolare nelle Isole del Principe, ed era conosciuta per le sue azioni caritatevoli.
Nel 1884 Y. Z. decedette e fu sepolto nel cimitero ortodosso di Şişli ad Istanbul. Suo figlio L. Z. riprese gli affari.
7. L. e sua moglie, E. E., vissero ad Istanbul ed ebbero parecchi bambini: Y. L. G. Z. (“Y. L.”), L. L. T., E. E., S. L. e K. K..
Sempre ad Istanbul, Y. L. si sposò con L. A. Z. (“L.”); da questa coppia nacquero T. ed E. B..
Con ogni probabilità, negli anni 1910, la coppia già si era stabilita ad Atene, secondo la tesi ufficiale, nessuno membro di questa famiglia era stato censito in Turchia all’epoca del censimento nazionale del 1904.
Y. L. decedette il 6 luglio 1943 ad Atene, lasciando dietro di lui suo moglie L. e le sue due figlie.
8. Secondo la traduzione certificata di un mandato rilasciato il 28 novembre 1948 da un notaio a Losanna, E. E. (paragrafo 7 in supra sopra) aveva incaricato suo fratello K. K. di gestire i beni della famiglia residente ad Istanbul. La traduzione, certificata anche, di un secondo atto notarile, stabilito il 2 marzo 1954 ad Atene, attesta che L., T. ed E. B. sono le eredi di Y. L. che L. L. T. e S. L. sono gli eredi di. E. Z. (paragrafo 7 in supra sopra) e che K. K. è il loro rappresentante.
2. Il bene controverso ed i suoi acquirenti
9. Il bene in causa nella presente causa, conosciuto sotto il nome di “Villa Zarifi”, è costituito da un palazzo e dai suoi annessi ubicati su un terreno alberato di 14782,38 m² ai bordi del Bosforo, nella località Tarabya (Sarıyer-Istanbul).
Secondo il catasto che fa stato di misure di ricostruzioni risalenti al 2 febbraio 1950 e che mirava a definire i limiti della Villa Zarifi, questa apparteneva a L., T., E. B., L. L. T., S. L. ed E. E.. Tutti vivevano allora ad Atene, salvo questa ultima, domiciliata a Losanna.
10. Comunque sia, in seguito alla revisione catastale del 27 agosto 1951, la Villa Zarifi fu registrata sulla mappa catastale poi inscritta di nuovo nel registro fondiario a nome dei sei comproprietari precitati sotto il numero di appezzamento 54 (lotto 430, piano 72, libro 490,).
11. Il 18 marzo 1954, K. K., mandatario della famiglia (paragrafo 8 sopra) diede potere ad un certo K. L..
Il 25 marzo 1954, questo vendette il Villa Zarifi ad un cittadino turco, A. A., con un atto formale concluso dinnanzi al conservatore del registro fondiario di Sarıyer.
12. Il 26 novembre 1964, A. A. decedette e la Villa Zarifi fu iscritta a nome di sua vedova e dei suoi quattro bambini.
13. Con un atto di vendita formale del 1 agosto 1969, questi ultimi cedettero il bene alla società richiedente, sempre secondo il procedimento ufficiale dinnanzi al conservatore del registro fondiario.
Per più di 25 anni, il richiedente godette del titolo di proprietà della Villa Zarifi senza essere infasstidita dalla giustizia né dall’amministrazione. All’inizio degli anni 90, il richiedente intraprese anche la costruzione di due edifici annessi sul terreno in virtù di un permesso di costruire.
14. Durante il periodo in cui si trovava in possesso dei suoi acquirenti turchi, la Villa Zarifi fu l’oggetto di numerosi sequestri conservatori e/o gravata di ipoteche per diversi motivi commerciali.
B. I procedimenti concernenti il patrimonio e la successione di Y. L.
1. La causa no 1971/60
15. Con un giudizio del 24 settembre 1971 reso s richiesta del Tesoro pubblico, la pretura di Adalar nominò un amministratore giudiziale, H.Ö, per gestire certi beni identificati come iscritti a nome di Y. L., per una durata di dieci anni, al termine del quale il Tesoro pubblico poteva rivendicare la loro iscrizione sotto il suo nome (articolo 530 del codice civile-paragrafo 44 sotto).
2. La causa no 1978/725
16. Nel 1978, i discendenti di L. e di E. E., facendo valere il loro requisito di eredi (paragrafo 8 sopra) chiesero alla corte d’appello di Istanbul di licenziare l’amministratore giudiziale H.Ö. per riprendere il controllo dei beni previsti. Questo ricorso fu respinto, sembra nel 1984.
3. Causa no 1984/81
17. Il 27 gennaio 1984, il Tesoro pubblico investì la corte d’appello di Istanbul di una richiesta che mirava al pronunziato di un giudizio di dichiarazione di decesso di Y. L. ed al trasferimento, a suo profitto, dei beni di questo ultimo, iscritti sotto i numeri di appezzamento 4, 5, 6 (lotto 79) nelle Isole del Principe, in virtù dell’articolo 530 del codice civile.
A questo riguardo, fece valere che il termine di dieci anni di amministrazione giudiziale di questi beni era scaduto (paragrafo 15 sopra).
18. Con un giudizio del 29 aprile 1986, il tribunale diede guadagno di causa al Tesoro pubblico, considerando che gli annunci ed appelli giudiziali lanciati per informarsi della sorte di Y. L. si erano rivelati vani e che questo ultimo dunque doveva essere ritenuto deceduto.
4. Causa no 1987/114
19. Ad una data non precisata nel 1987, la corte d’appello di Istanbul rese, su richiesta del Tesoro pubblico, un nuovo giudizio dichiarativo di decesso riguardante Y. L. ed autorizzò la cessione al Tesoro pubblico di certi suoi beni diversi da quelli già trasferiti in virtù del giudizio del 29 aprile 1986 (paragrafo 18 sopra).
5. Causa no 1987/372
20. Il 3 luglio 1987, il Tesoro pubblico investì la corte d’appello di Istanbul, chiedendo questa volta che oltre Y. L., gli altri eredi di L., ossia sua moglie, E. E., ed i suoi figli, L. L., E. E., S. L., così come K. K. (paragrafo 7 sopra) fossero dichiarati anche giudizialmente deceduti. Richiese anche il trasferimento di un terreno di 6 755 m² sulle Isole del Principe, registrato sotto il numero di appezzamento 14 (lotto 182), invocando lo stesso motivo di scadenza del termine di dieci anni di amministrazione giudiziale.
21. Con un giudizio del 12 aprile 1989, il tribunale aderì a queste istanze1.
6. Cause congiunte numeri 1987/131 e 1987/170
22. Il 25 novembre 1975, L., la vedova di Y. L., decedette. Il 7 settembre 1987, sua figlia E. B., agendo a suo proprio nome ed a nome di sua sorella T., chiese alla pretura di Adalar di attestare il loro requisito di eredi.
A questo fine, fece valere in particolare un certificato in questo senso proveniente da istanze greche (paragrafo 8 sopra) e citò E.E. come testimone. Questo confermò che E. e T. erano proprio le discendenti di Y. L. e di L..
23. Il 9 novembre 1987, E. B. introdusse una secondo azione chiedendo questa volta al tribunale di conferire lo statuto di erede a tutti i discendenti di sua nonna, E. E. (paragrafo 7 sopra).
24. Il Tesoro pubblico rispose che essendo già stata allontanata un’istanza analoga nel 1984 (paragrafo 16 sopra) ed essendo stato dichiarato giudizialmente il decesso di Y. L., non era più possibile rilasciare un attestato qualsiasi in questo senso.
25. Dopo avere unito le due domande, la pretura di Adalar si pronunciò il 1 ottobre 1989 e respinse E. B. delle sue istanze (per il testo integrale i considerando di questo giudizio, vedere sotto paragrafo 34).
7. Cause numeri 1991/1444-1440-1439-1445-1441
26. Il 16 settembre 1991, malgrado i precedenti sopra, cinque discendenti della famiglia Z. tra cui E. B., riuscirono a fare valere il loro requisito di eredi. La pretura di Istanbul rilasciò cinque attestati a questo effetto.
8. Causa no 1996/1390
27. Ora, il 26 maggio 1993, il Tesoro pubblico, invocando i giudizi del 12 aprile 1989 e del 1 ottobre 1989 (paragrafi 21 e 25 sopra) introdusse un’azione per annullamento di suddetti attestati (paragrafo 26 sopra). Secondo lui, solo il Tesoro pubblico aveva la qualità di erede del patrimonio controverso, essendo stati dichiarati i proprietari iniziali giudizialmente deceduti. La società richiedente intervenne in questo procedimento, a titolo accessorio.
28. Il 13 dicembre 1995, la pretura di Istanbul annullò gli attestati controversi. Nei suoi considerando, precisò che la questione sollevata all’occorrenza era di determinare la situazione giuridica dei pretendenti alla successione, essendo inteso che la loro capacità di acquisire dei beni immobiliari in Turchia dipendeva dalla riconoscenza reciproca, in Grecia, di tale diritto per i cittadini turchi. Dopo avere esaminato la situazione in Grecia, il tribunale concluse che la possibilità, per i turchi, di acquisire tali beni in questo paese era estremamente ridotta in diritto ed inesistente in pratica: pertanto, i cittadini greci non potevano neanche pretendere la successione di un bene immobiliare in Turchia.
29. Il 2 luglio 1996, la Corte di cassazione annullò questo giudizio per vizio di procedimento.
30. Il 1 dicembre 1998, dopo essersi conformato alla sentenza di cassazione, il tribunale annullò lo statuto di eredi degli interessati.
C. Il giudizio concernente il richiedente
31. Il 16 febbraio 1995, il Tesoro pubblico investì di nuovo la corte d’appello di Sarıyer per chiedere l’annullamento del titolo di proprietà del richiedente sulla Villa Zarifi.
Nel suo esposto, supportato da un avviso consultivo dell’ufficio di controllo dei beni nazionali presso il ministero delle Finanze, il Tesoro pubblico sosteneva che Y. L. aveva lasciato definitivamente la Turchia prima della guerra dei Balcani e che, nessun membro della sua famiglia non vi era stato censito da allora. Y. L. ed i suoi discendenti dovevano allora passare per dispersi o disertori durante la guerra; anche i loro beni dovevano essere confiscati in virtù delle leggi speciali promulgate a questo fine dopo la prima guerra mondiale e durante la guerra di indipendenza della Turchia (paragrafo 43 qui di seguito).
Per il Tesoro pubblico, avendo omesso le autorità di verificare debitamente se gli interessati fossero realmente o meno dei rinnegati o dei dispersi ai sensi di questa legislazione, l’amministrazione si era dovuta avvalere del procedimento contemplato all’articolo 530 del codice civile (paragrafo 44 qui di seguito) per disporre dei beni di Y. L.. Tuttavia alcuni lotti erano sfuggiti a questo procedimento ed un gruppo di malviventi ben informati delle lacune del sistema era riuscito a fare iscrivere la Villa Zarifi a nome dei discendenti di Y. L. avvalendosi di documenti falsificati. Secondo il Tesoro pubblico, c’era stato a questo riguardo di che biasimare le istanze amministrative che avevano mancato ai loro doveri e alle loro responsabilità verso lo stato.
In queste circostanze, la vendita effettuata il 25 marzo 1954 dagli individui decaduti del loro requisito di eredi (paragrafo 25 sopra) doveva essere dichiarata semplicemente nulla e non esistente, senza che nessun terzo acquirente potesse pretendere di avere agito in buona fede. Pertanto, la Villa Zarifi doveva essere trasferita al Tesoro pubblico in applicazione dell’articolo 530 del codice civile come era già avvenuto per gli altri beni di Y. L.
32. Il richiedente ribatté che aveva acquistato la Villa Zarifi dai successori di a. A. sulla fede del registro fondiario, sapendo che a questa epoca nessuno legame apparente esisteva tra suddetta villa e Y. L.; A. A. aveva disposto di questo bene per diciassette anni e lei stessa, per ventisei anni, e questo, in ogni legalità e senza essere disturbati dalla giustizia. L’istanza del Tesoro pubblico doveva dunque essere respinta, tanto più che era stata introdotta fuori dal termine di prescrizione dei dieci anni fissati per le contestazioni catastali (paragrafo 10 sopra).
Del resto, ventisei anni di possesso senza interruzioni bastavano a fare dichiarare la società proprietaria della Villa Zarifi tramite prescrizione acquisitiva.
33. Il 15 aprile 1997, la corte d’appello di Sarıyer si pronunciò:
“Alla vista dell’abrogazione del decreto no 6/13801 del 2 novembre 1964 del Consiglio dei ministri col decreto no 88/12592 del [3] febbraio 1988, in modo da autorizzare oramai i cittadini greci ad acquisire ogni tipo di beni in Turchia (paragrafi 49-51 qui di seguito) ed alla vista delle circolari che le istanze del ministero della Giustizia e le procure ci hanno comunicato a questo motivo, ci sarebbe certo stato bisogno rilasciare ai successori, cittadini greci, un attestato di eredi, e questo, senza nessuna discriminazione; ora, nello specifico, stimiamo di non potere agire in questo senso, per i motivi che seguono. “
34.1. La motivazione di questo giudizio, eccetto il suo ultimo considerando (paragrafo 34.3 sotto,)è identica a quella del giudizio del 1 ottobre 1989 reso dalla pretura di Adalar (paragrafo 25 sopra):
“1. Innanzitutto, i documenti ottenuti presso il consolato della Grecia (paragrafo 8 sopra) e la testimonianza effettuata sotto giuramento non bastano a consolidare un giudizio. Bisogna sapere che il testimone [si tratta di E.E. -paragrafo 22 sopra], nato nel 1902, non è in grado di sapere ciò che era potuto accadere prima né di conoscere tutti gli eredi che, secondo il documento fornito dal consolato della Grecia, si trovavano dispersi in parecchi paesi, come il Canada, gli Stati Uniti e l’Italia. Supponendo che i documenti forniti dal consolato della Grecia possano fare fede a titolo di scritti provenienti da un’autorità ufficiale, non ne rimane meno dei fatti che vi sono riferiti avrebbero potuto cambiare col passare del tempo per diverse ragioni. Per di più, è impossibile che il consolato possa essere informato di tutti gli sviluppi che sono potuti sopraggiungere negli altri paesi. Difatti, nello decorso della vita, si constata molto spesso che le persone in vita secondo i registri ufficiali, sono in realtà decedute o ritenute disperse.
34.2.
2. Da ciò che si può osservare e si può sapere, il problema principale è Y. L. e, del resto, il testimone impernia tutto ciò che sa su questa persona. Difatti, Y. L. aveva un patrimonio non trascurabile nelle Isole del Principe. In compenso, non è stato presentato nessuno documento che stabilisca che gli altri defunti1 disponevano di beni nella Repubblica della Turchia. Innanzitutto, i principi elementari del diritto esigono che, per stare in giudizio, le persone fisiche o giuridiche abbiano un interesse nel senso giuridico del termine. Ora, niente nella pratica dimostra che gli eredi e i discendenti degli altri defunti avessero avuto un patrimonio in Turchia né che avessero avuto , di conseguenza, un interesse a richiedere un attestato di erede secondo il sistema giudiziale turco. Per ciò che riguarda Y. L., risulta degli argomenti del testimone che aveva lasciato la Turchia con sua moglie negli anni 1910, non vi era mai tornato e non aveva mai fatto gestire il suo patrimonio dalle cure di un rappresentante; quindi, i suoi beni immobiliari sono stati confiscati dai tribunali, in virtù degli articoli 377 e ss. del codice civile, poi gestiti durante gli anni e, alla fine, trasferiti al Tesoro pubblico in applicazione dell’articolo 530 del codice civile, dopo il giudizio declaratorio del decesso dell’interessato, ai sensi degli articoli 31 e ss. del codice civile. È vero che al momento, Y. L. possiede ancora certi beni che non sono stati trasferiti al Tesoro pubblico. Però, dal momento che è stato già deciso di iscrivere gli altri beni a nome del Tesoro pubblico e di dichiarare giudizialmente Y. L. deceduto, si è costretti ad di ammettere che, oramai, tutti i beni di Y. L. devono essere considerati ormai trasferiti al Tesoro pubblico. Secondo noi, nel caso specifico, niente distingue il Tesoro pubblico da un individuo, nel s senso che una volta che un’iscrizione è fatta a nome del Tesoro pubblico, non è più possibile annullarla. La situazione è comparabile a quella di un vecchio proprietario o possessore di un bene immobiliare abbandonato durante gli anni che non potrebbe opporre nessuno diritto ad un terzo che ha utilizzato questo bene e che ne ha ottenuto il titolo di proprietà con una decisione giudiziale in virtù delle disposizioni sulla prescrizione acquisitiva, o ancora a quella di un bene immobiliare non iscritto, ma che è stato utilizzato senza interruzione e senza contestazione da un possessore che lo fa iscrivere nel registro fondiario a suo nome in virtù dell’articolo 639 del codice civile; inoltre Y. L. e/o i suoi eredi non hanno più il diritto di chiedere la restituzione di questi beni. Deriva dalle informazione, dai documenti e dalle prove disponibili che tutti i de cujus ed i pretendenti all’eredità hanno lasciato la Turchia, da molti anni; si sono stabiliti in altri paesi e hanno abbandonato il loro patrimonio esistente in Turchia; pertanto, bisogna considerare oramai questo patrimonio come trasferito al Tesoro pubblico e procedere in questo contesto. Di fatto, si stima che, anche se gli eredi non avessero lasciato la Turchia o anche se avessero cittadinanza della Repubblica della Turchia, ciò non avrebbe portato alcuna conseguenza in quanto al merito [della causa]. Alla vista di ciò che precede, e considerando che i pretendenti non hanno [diritto ad un] attestato di erede, perché non possono avere questa qualità; che l’azione di riconoscenza della qualità di erede intentata prima da alcuni degli interessati dinnanzi alla pretura di Istanbul è stata respinta da un giudizio no 1983/1451 del 23 novembre 19833(…) ; che questo giudizio ha acquisito forza di cosa giudicata; che il decreto del Consiglio dei suddetti ministri [del no 88/12592 del 3 febbraio 1988] (paragrafi 33 sopra e 49 sotto) non è applicabile in modo retroattivo, decidiamo di respingere le istanze.
34.3.
3) conformemente al giudizio sopra, dichiariamo che tutti i beni di Y. L. sono reputati trasferiti al Tesoro pubblico e, per questo fatto, respingiamo l’istanza della parte richiedente (sic) concernente la riconoscenza della sua qualità di erede. La verità incrollabile è dunque che, oramai, è impossibile cedere la proprietà di [uno di questi beni] utilizzando tale o tal’altro documento o facendo valere tale o tal’altra iscrizione fondiaria, e che se tale atto tuttavia ha avuto luogo, la vendita non notifica niente; tenuto conto di [questa realtà], decidiamo l’annullamento dell’iscrizione fatta sul registro fondiario a nome della società convenuta, in mancanza di una vendita valida. ”
35. Così, la Villa Zarifi fu iscritta a nome del Tesoro pubblico.
Il 14 novembre 1997, il richiedente ricorse in cassazione. Reiterando i suoi mezzi di difesa (paragrafo 32 sopra) deplorò ancora il tribunale che aveva giudicato senza effettuare anche un stato dei luoghi.
Con una sentenza del 3 dicembre 1998, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato. Il 1 marzo 1999, respinse il ricorso per rettifica di sentenza del richiedente. La sentenza definitiva fu notificata a questa il 21 ottobre 1999.
36. Il 12 febbraio 2002, la richiedente fu espulso dai luoghi e, in seguito, condannata a pagare un compenso per occupazione illecita della Villa Zarifi. Il 15 maggio 2007, il dovuto a questo titolo ammontava a 1 106 656,61 TRY, circa 600 000 EUR.
Attualmente, il Villa Zarifi è affittata alla Camera di commercio di Istanbul per una durata di 49 anni.
D. Le azioni per risarcimento sollecitate dal richiedente
37. Il 28 luglio 2003, il richiedente introdusse un’azione di reclamo parziale, di un importo di 10 miliardi delle vecchie lire turche -TRL, contro il Tesoro pubblico e chiese il compenso della perdita subita in seguito al trasferimento senza indennizzo della Villa Zarifi così come il rimborso del plusvalore creato su questo bene a causa delle costruzioni annesse che aveva realizzato (paragrafo 13 in fine sopra).
38. Con un giudizio del 25 ottobre 2005, la corte d’appello di Sarıyer respinse il richiedente al motivo che il Tesoro pubblico non doveva rispondere delle conseguenze delle iscrizioni fondiarie fatte a nome di individui anteriormente al trasferimento effettuato a suo nome. Secondo lui, nessuna negligenza o responsabilità potevano essere imputate neanche al conservatore del registro fondiario che aveva proceduto all’iscrizione a nome del Tesoro pubblico; le persone colpevoli erano quelle che avevano venduto irregolarmente il bene al richiedente e spettava loro riparare il danno incontestabile subito nello specifico.
39. Il 27 marzo 2005, la Corte di cassazione annullò questo giudizio in quanto riguardava la questione-lasciata in sospeso- di sapere se il Tesoro pubblico aveva beneficiato di un arricchimento senza causa a causa del plusvalore addotto (paragrafo 37 sopra). Confermò il giudizio per ciò che riguardava il compenso della perdita della Villa Zarifi stessa.
Il 13 luglio 2006, i ricorsi per rettifica della sentenza delle due parti furono allontanati.
40. Il 23 gennaio 2007, la corte d’appello di Sarıyer rese il suo secondo giudizio. Tenendo conto di una perizia che valutava il plusvalore rivendicato a 835 173,81 TRY4, il tribunale condannò il Tesoro pubblico a versare al richiedente la somma di 10 000 TRY.
Con una sentenza dell’ 8 maggio 2007, la Corte di cassazione confermò questo giudizio.
41. Il 6 marzo 2007, il richiedente investì nel frattempo, di nuovo il tribunale, richiedendo questa volta il restante dell’importo determinato dalla perizia, abbinato ad interessi moratori, più la sua mancanza al guadagno par ad un importo di 167 034, 76 TRY. A titolo accessorio, trasse anche argomento dalla responsabilità del conservatore del registro fondiario, dunque del Tesoro pubblico, a causa dei danni derivanti dalle mancanze di servizio commesse all’epoca delle iscrizioni precedenti della Villa Zarifi. Tuttavia, nessuna somma fu richiesta a questo titolo.
Con un giudizio del 13 novembre 2007, il tribunale accordò al richiedente la somma di 825 173,81 TRY, abbinata ad interessi a decorrere dal 15 febbraio 2007; respinse la domanda per il surplus.
42. Su ricorso del Tesoro pubblico, la causa fu portata dinnanzi alla Corte di cassazione e, con ogni probabilità, questa annullò il giudizio per motivo di prescrizione ad una data non precisata.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. La legislazione e la giurisprudenza concernenti i beni abbandonati dai rinnegati o dagli espatriati
43. Durante la guerra dei Balcani (1912-1913) e la Prima Guerra mondiale (1914-1918), un numero di individui, imputati di tradimento o di spionaggio, fuggirono dall’impero ottomano o ne furono espulsi. Per prevenire un ritorno in massa di questi ultimi, furono promulgate in particolare due leggi il 14 maggio e il 13 settembre 1915; secondo queste, alle persone previste sarebbe stata tolta la nazionalità ottomana ed i loro beni confiscati ipso iure. Però, in seguito alla disfatta e alla divisione dell’impero, alcune di queste persone ritornarono nel paese, talvolta per collaborare coi poteri alleati. Ora, durante la guerra di indipendenza turca (1919-1923), in particolare il 9 settembre 1922, la situazione si evolse a scapito degli alleati dopo la liberazione di Izmir. Anche, i collaboratori scelsero sia di lasciare definitivamente la Turchia sia di nascondersi per evitare delle rappresaglie.
Di fronte a questa situazione, la legislazione del 1915 fu emendata dalle leggi del 20 aprile 1922 e del 15 aprile 1923 riguardanti l’ amministrazione dei beni abbandonati dai rinnegati e dalle persone ritenute disperse. Era contemplato che i beni di questi ultimi sarebbero stati trasferiti al Tesoro pubblico o, secondo il caso, alla Direzione delle fondazioni della Turchia.
44. La situazione di diritto descritta sopra non deve essere confusa con quella delle persone che sono state oggetto di una dichiarazione giudiziale di decesso in virtù del diritto comune, ossia l’articolo 530 del vecchio codice civile no 743 del 17 febbraio 1926, restato in vigore fino alla promulgazione del nuovo codice no 4721 del 22 novembre 2001,:
Trattandosi delle persone il cui stato di vita o di morte rimane sconosciuto e i cui beni sono gestiti da dieci anni dalle cure dei tribunali, così come delle persone i cui i beni sono gestiti da meno di dieci anni ma che hanno raggiunto l’età di cento anni, viene presa una decisione su richiesta del Tesoro pubblico.
Se nessun avente diritto si presenta entro il termine di affissione giudiziale preliminare alla dichiarazione di decesso, i beni in questione sono trasferiti al Tesoro pubblico. In questo caso, il Tesoro pubblico rimane responsabile verso la persona dichiarata deceduta ed i suoi eredi legali .”
La gestione di tali beni da parte degli amministratori giudiziali dipende dal procedimento contemplato all’articolo 377 § 1 del vecchio codice civile.
45. In materia, gli esempi giurisprudenziali, dell’assemblea plenaria o delle 8 e 14 camere della Corte di cassazione, prodotti dalle parti forniscono le seguenti precisazioni:
In virtù dell’articolo 33 della vecchia legge no 766 sulle iscrizioni fondiarie, in vigore dal 26 luglio 1972 al 9 ottobre 1987, come emendato dalla legge no 1617 del 19 luglio 1972 con effetto retroattivo, i beni immobiliari che dipendono dalla giurisdizione e dal controllo dello stato (per esempio, pasture, rive dei mari, laghi, fasce costiere) così come i beni che spettano allo stato in virtù delle leggi (per esempio la legislazione esposta sopra al paragrafo 43) sia che siano iscritti o meno nel registro fondiario, non possono essere acquisiti tramite prescrizione, sentenze del 19 settembre 1973 (E. 1969/7-1145, K. 703,) del 3 aprile 1974 (E. 1971/8-626, K. 327) e del 2 ottobre 1974 (E. 1971/8-839, K. 1032).
46. Per ciò che riguarda la prima categoria di beni, il fatto è che questi non possono essere in nessun caso oggetto di una proprietà privata anche se lo stato non figura come proprietario sul registro fondiario; così, per esempio, la cessione ad un individuo di una pastura è nulla e non esistente, anche se-in un modo o nell’altro- vi è stata iscrizione a nome di questo individuo ,sentenza del 19 giugno 2003 (E. 2003/3504, K. 2003/5088); che tale bene statale sia stato iscritto prima illecitamente a nome di individui non porta neanche conseguenze, non facendo fede simile iscrizione, sentenza del 15 dicembre 1981 (E. 1981/6936, K. 1981/7298).
47. Per ciò che riguarda la seconda categoria di beni, i giudici, prima di deliberare sulle pretese di terzi, devono da prima debitamente determinare se il bene in causa apparteneva inizialmente ad una persona rinnegata o ritenuta dispersa, sentenze del 29 marzo 1978 (E. 1976/8-3250, K. 1978/280,) del 20 dicembre 1973 (E. 5605, K. 7236) e dell’ 11 novembre 1983 (E. 1980/7-1948, K. 1983/1156), tenuto conto, per esempio, delle perizie o testimonianze, sentenza del 11 dicembre 1973 (E. 6803, K. 7036) o delle annotazioni al registro fondiario concernenti il bene in causa, sentenza del 13 giugno 1973 (E. 380, K. 3093).
Essendo così, se la proprietà di tale bene viene acquisita in buona e dovuta forma in virtù di un atto di vendita (per esempio un atto di vendita notarile) con un cittadino turco, sentenza 12 aprile 1978 ( E. 1977/7-611, K. 1978/313) o meno, sentenza del 30 maggio 1979 (E. 4476, K. 6195), il compito del giudice è di verificare la validità di suddetto atto e di decidere di conseguenza; l’atto in questione deve essere esente da vizio, sentenze del 9 gennaio 1979 (E. 10256, K. 101) e del 2 giugno 1977 (E. 1830, K. 5495) e passato col proprietario legittimo che è iscritto al registro fondiario.
La legislazione concernente il patrimonio dei rinnegati e degli espatriati (paragrafo 43 sotto) è opponibile solamente a questa categoria di persone così come ai loro eredi il cui patrimonio è reputato essere confiscato ipso iure. Quando l’interessato è un terzo che non dipende da questa legislazione e i cui beni non sono mai stati confiscati a questo titolo, il compito del giudice si limita a verificare se l’interessato ha acquisito la proprietà del bene controverso con un atto valido ed a deliberare di conseguenza, sentenza del 24 marzo 1961 (E. 8954, K. 2177).
B. la regola di reciprocità e la situazione dei cittadini greci
48. L’articolo 35 della legge fondiaria no 2644 del 22 dicembre 1934, nella sua versione in vigore all’epoca, prima della modifica del 19 luglio 2003, era formulato così:
“Gli stranieri (persone fisiche) possono acquisire tramite cessione ed eredità dei beni immobili situati sul territorio turco, sotto riserva delle restrizioni previste dalle disposizioni legislative e sotto condizione di reciprocità. “
49. A questo riguardo, bisogna ricordare che, con un decreto no 6/13801 del Consiglio dei ministri del 2 novembre 1964, preso sulla base della legge no 1062 sulla reciprocità, una contromisura concernente le persone fisiche e giuridiche di nazionalità greca era stata adottata in reazione alle misure prese dal governo greco che restringevano quasi totalmente il godimento dei diritti di proprietà da parte dei cittadini turchi in Grecia. Questo decreto aveva sospeso la conclusione degli atti riguardanti dei diritti reali relativi ad un bene ubicato in Turchia ed appartenente a cittadini greci.
Però, con un decreto no 88/12592 del 3 febbraio 1988, il Consiglio dei ministri abrogò il decreto precedente. Il 23 marzo 1988, il Consiglio dei ministri adottò inoltre, il decreto no 88/12752, addizionale al primo in cui rilevava che, durante il periodo in cui il decreto del 2 novembre 1964 era in vigore, dei beni non erano potuti essere iscritti nel registro fondiario a nome degli eredi o legatari che non erano dei cittadini turchi, a causa dell’effetto sospensivo di suddetto decreto; anche, per correggere questa situazione, il Consiglio permetteva l’iscrizione di simili beni nel registro fondiario nella misura in cui le leggi lo autorizzavano.
50. Secondo l’assemblea plenaria della Corte di cassazione, le disposizioni del decreto precitato del 2 novembre 1964 erano di carattere provvisorio, proprio come le decisioni giudiziali rese in applicazione di questo decreto. Simili decisioni dunque non possono passare per avere creato un diritto materiale qualsiasi o annullare un diritto materiale esistente. Abrogando il decreto del 1964 coi decreti del 1988, l’esecutivo ha espresso la sua volontà di togliere in modo retroattivo gli ostacoli all’iscrizione nel registro dei beni previsti dal vecchio regime restrittivo e di autorizzare così la conclusione degli atti di cessione di proprietà (per esempio promessa di vendita, successione) che si trovavano fino ad allora congelati. Ne segue il principio che un diritto materiale acquisito non può essere cancellato definitivamente da un decreto del Consiglio dei ministri, sentenza del 13 febbraio 1991 (E. 1990/2-648, K. 1991/65).
51. Questo dice, come la Corte di cassazione ha precisato, sentenza del 23 novembre 2004 (E. 2004/13816, K. 2004/13771), la possibilità aperta dai decreti del 1988 non reca nessuno danno all’articolo 35 del codice fondiario no 2644 e il principio di reciprocità rimane intatto (paragrafo 48 sopra).
C. Le altre norme del vecchio codice civile
52. Secondo l’articolo 633 del vecchio codice civile, l’acquisizione della proprietà fondiaria si effettua con l’iscrizione nel registro fondiario. In caso di successione, la proprietà è acquisita prima dell’iscrizione, ma l’interessato non può cedere il bene prima di essere stato iscritto nel registro fondiario.
Il certificato di erede è un attestato rilasciato dalla pretura del luogo di apertura della successione in vista di stabilire la qualità di erede di una persona. Questo documento non registra i beni che figurano nel patrimonio del defunto ma stabilisce la quota dei diritti di ogni erede. Fa nascere una semplice presunzione di esattezza delle enunciazioni che vi figurano. Se un certificato di erede inesatto è stato stabilito, deve essere annullato dalla pretura. Il certificato non gode della fede pubblica, cioè non protegge il terzo in buona fede che acquisisce dei beni successori di un’eredità apparente.
53. Secondo l’articolo 931 del vecchio codice civile:
“Quando una persona acquisisce una proprietà o un altro diritto reale sulla fede delle iscrizioni del registro fondiario, questa acquisizione è valida.”
A questo riguardo, la persona che deve essere in buona fede è quella che ha fatto l’acquisizione, essendo inteso che la sua fede deve riguardare il tenore del registro fondiario stesso e non i documenti contrattuali all’origine di tale o tal’altra iscrizione. Così, la persona che acquisisce una proprietà con l’aiuto di falsi documenti e che fa iscrivere il bene nel registro fondiario in quanto proprietario di prima mano non potrebbe pretendere di avere aggiunto fede al registro; in compenso, l’acquirente di seconda mano può farlo, nella misura in cui la sua acquisizione era già motivata dall’iscrizione esistente nel registro fondiario, sentenza di principio del 26 gennaio 1994 (E. 1993/1-792, K. 1994/9).
54. L’articolo 932 del vecchio codice civile dispone che le iscrizioni ai registri fondiari debbano essere fondate su una causa legittima, sapendo che in caso di iscrizione illegittima, i terzi acquirenti che erano o avrebbero dovuto essere informati di tale vizio non possono pretendere di avere agito sulla fede del registro fondiario. Peraltro, in virtù dell’articolo 933, ogni persona i cui diritti reali sono stati lesi da un’iscrizione fatta da iscrizioni modificate o radiate o senza causa legittima poteva esigere la radiazione o la correzione.
Però, in virtù dell’articolo 638 di suddetto codice:
“Non può esserci opposizione contro il diritto di proprietà di una persona che, sebbene indebitamente iscritta nel registro fondiario come essendone il proprietario, ha posseduto questo bene in buona fede per dieci anni, senza interruzione né contestazione. ”
55. Per ciò che riguarda l’applicazione di queste due norme (paragrafi 53 e 54 sopra) ai beni immobiliari dei rinnegati ed espatriati (paragrafi 43-47 sopra,) una sentenza di principio che porta armonizzazione della giurisprudenza, sentenza del 3 febbraio 1943 (E. 1942/7, K. 1943/8,) enuncia:
“(…) Quando una terza persona afferma di avere acquisito una proprietà, sulla fede del registro fondiario, da parte di un individuo che era iscritto come il proprietario, prima di obiettare a questa terza persona il fatto che suddetta iscrizione era fraudolenta o che risultava da una vendita invalida, (…) è evidente che occorre provare prima che questa persona era o avrebbe dovuto essere informata di questo fatto. (…) È vero che i terzi sono in grado di esaminare le iscrizioni e le annotazioni nel registro fondiario così come i documenti versati dal conservatore del registro alla pratica relativa alla transazione ivi afferente; però, questo terzo rimane in diritto di fidarsi della validità di un’iscrizione fatta a nome del [venditore] da un funzionario competente e di aggiungere fede a simile iscrizione. (…) Questa terza persona non dovrebbe essere tenuta a verificare la conformità alla legge degli atti contrattuali all’origine dell’iscrizione, (…), a meno che delle informazioni concernenti questi atti non risultano dal registro stesso o dai verbali fondiari che ne fanno parte
Concludiamo che nello specifico, apparteneva al Tesoro pubblico richiedente di provare, conformemente al procedimento, che la terza persona aveva fatto un’acquisizione conoscendo la frode commessa, e che in mancanza di tale prova, non si può negare a questa persona il diritto di avvalersi dell’articolo 931 del codice civile, adducendo come pretesto che chiunque sarebbe tenuto a conoscere la legge no 17715. “
56. L’articolo 917 § 1 del vecchio codice civile dispone che lo stato è responsabile di ogni danno risultante dall’ambito del registro fondiario.
IN DIRITTO
I. L’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA
57. La società richiedente adduce di essere stata privata ingiustamente della sua proprietà, in mancanza di un qualsiasi motivo di utilità pubblica e senza nessuno indennizzo, in violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 14 della Convenzione, si lamenta anche del fatto che la sua causa non è stata sentita in un termine ragionevole e nemmeno equamente, perché la corte d’appello di Sarıyer avrebbe annullato il suo titolo di proprietà a disprezzo della legge sul catasto e del codice civile, unicamente perché i proprietari iniziali erano di nazionalità greca.
Avvalendosi dell’articolo 8 della Convenzione, la richiedente deplora infine di esserestata costretta di lasciare la sua sede sociale e che i suoi soci abbiano dovuto traslocare.
58. Il Governo combatte queste tesi.
II. SU L’AMMISSIBILITÀ
A. Argomenti delle parti
1. Il Governo
59. Invocando le sentenze Blečić c. Croazia ([GC], no 59532/00, CEDH 2006-III) e Mitap e Müftüoğlu c. Turchia (25 marzo 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-II) il Governo eccepisce al primo colpo dell’incompetenza ratione temporis della Corte per due risvolti. Primariamente, le leggi all’origine del trasferimento della proprietà della Villa Zarifi risalgono agli anni 1915-1923 (paragrafo 43 sopra) e, secondariamente, questa è stata acquistata il 1 agosto 1969 (paragrafo 13 sopra); ora la Turchia ha riconosciuto il diritto di ricorso individuale solo il 28 gennaio 1987.
60. Il Governo considera inoltre che non c’è stato esaurimento delle vie di ricorso interne poiché l’azione per risarcimento intentata contro il Tesoro pubblico (paragrafo 37 sopra) era ancora pendente in data di introduzione della richiesta. A titolo accessorio, il Governo stima che, se il richiedente fosse stato persuaso dell’inefficacia di questo procedimento, avrebbe dovuto investire allora la Corte nei sei mesi a partire dalla data “dell’atto denunciato.”
61. Rimprovera inoltre al richiedente di avere omesso, con ogni cognizione di causa, di introdurre un’azione per danno-interessi contro gli eredi di A. A. che gli aveva venduto la Villa Zarifi.
62. Con le lettere del 1 giugno 2007 e del 14 agosto 2008, il Governo ha eccepito ancora del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo notare che, il 6 marzo 2007, il richiedente aveva introdotto una nuova azione per danno-interessi contro il Tesoro pubblico e che anche questa era pendente (paragrafo 41 sopra).
2. Il richiedente
63. Il richiedente ribatte che la controversia al centro della presente causa riguarda l’espropriazione di facto della Villa Zarifi nello stato in cui si trovava quando era stata acquistata; ora, il procedimento in quanto a questa parte della controversia è stato chiuso definitivamente dalla sentenza di cassazione del 13 luglio 2006 (paragrafo 39 in fine sopra).
64. Trattandosi della responsabilità civile presunta dei venditori della Villa Zarifi, il richiedente sostiene che nessun ricorso in questo senso potrebbe prosperare, non solo perché dopo 40 anni, ogni forma di azione civile si trova prescritta, ma, per di più, perché nessuna mancanza è imputabile agli eredi di A. A. che, anche loro, avevano agito sulla fede del registro fondiario (paragrafi 12 e 13 sopra).
65. Del resto, nessun problema si pone allo sguardo della competenza ratione temporis della Corte o della regola dei sei mesi, essendo cominciato il procedimento controverso il 16 febbraio 1995 ed essendo finito con la notificazione della decisione finale in data 21 ottobre 1999 (paragrafi 31 e 35 in fine sopra).
B. Valutazione della Corte
66. La Corte ricorda che ha già respinto delle eccezioni simili tratte dalla sua incompetenza ratione temporis (vedere, Fener Rum Patrikliği, Patriarcato Ecumenico, c. Turchia,( déc.), no 14340/05, 12 giugno 2007; Turgut ed altri c. Turchia, no 1411/03, § 75, 8 luglio 2008) e non vede, nello specifico, nessuna ragione per staccarsi da tale soluzione, tanto meno che, nella presente causa, la richiesta non deriva la sua origine né dall’applicazione delle leggi invocate dal Governo né dal carattere illecito del contratto di vendita stipulato dagli eredi di A. A..
La Corte ritornerà su questi punti (paragrafi 84-90 sotto).
67. Per ciò che riguarda la mancata osservanza del termine dei sei mesi (paragrafo 60 in fine sopra) basta osservare che la presente richiesta è stata introdotta l’ 11 aprile 2000, o nei sei mesi a partire dal 21 ottobre 1999, data di notificazione dell’ultima sentenza della Corte di cassazione (paragrafo 35 sopra).
68. Per ciò che riguarda la prima azione civile intentata contro il Tesoro pubblico (paragrafo 60 in supra sopra) risulta dalla pratica che la questione del risarcimento del danno subito a causa del trasferimento della Villa Zarifi è stata decisa definitivamente col rigetto del ricorso per rettifica della sentenza del richiedente datato 13 luglio 2006 (paragrafi 39 e 62 sopra) o prima che la Corte abbia deliberato sull’ammissibilità della presente richiesta (Kamil Uzun c. Turchia, no 37410/97, § 48, 10 maggio 2007). Di conseguenza, questa non è né prematura né si scontra contro la regola dei sei mesi.
Trattandosi della seconda azione, iniziata il 6 marzo 2007 (paragrafo 62 sopra) la Corte ammette che al Governo non è precluso di fare valere questo procedimento, essendo stato questo iniziato dopo il termine del termine che era stato assegnato per il deposito delle osservazioni scritte sull’ammissibilità della richiesta (vedere, per esempio, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, § 33, CEDH 2007 -… (brani)). Ciò essendo, a partire dal suddetto giudizio del 13 luglio 2006, questo procedimento si trovava limitato alle costruzioni annesse realizzate ulteriormente sul terreno della Villa Zarifi. La conclusione a cui questo procedimento potrebbe arrivare (paragrafo 42 sopra) può entrare certo in fila di conto rispetto all’articolo 41 della Convenzione ma non all’esame della questione della compatibilità del trasferimento gratuito di suddetto bene al Tesoro pubblico con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
69. Per ciò che riguarda infine le prospettive che un’azione per risarcimento contro gli eredi di A. A. avrebbe potuto presentare (paragrafo 61 sopra) la Corte nota che il Governo non ha prodotto nessuna decisione di giustizia che aveva dato guadagno di causa ad una persona che, in una situazione comparabile a quella del richiedente, è potuta stare in giudizio dei decenni dopo il fatto controverso. Supponendo che esistesse in teoria, il richiedente non era tuttavia tenuto a prendere tale via la cui effettività e accessibilità non sono state stabilite con il grado di certezza necessario per considerarla come offerente delle probabilità ragionevoli di successo (Akdivar ed altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 66, Raccolta 1996-IV; mutatis mutandis, Fener Rum Patrikliği, Patriarcato Ecumenico, precitata).
70. In conclusione, la Corte respinge l’eccezione del Governo in tutti i suoi risvolti e dichiara la richiesta ammissibile, non incontrando del resto questa nessuno degli altri motivi di inammissibilità enunciati all’articolo 35 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
A. Gli argomenti delle parti
1. Il Governo
71. Riferendosi alle sentenze Principe Hans-Adam II di Liechtenstein c. Germania ([GC], no 42527/98, CEDH 2001-VIII), Jantner c. Slovacchia, (no 39050/97, 4 marzo 2003), e Jahn ed altri c. Germania ([GC], numeri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, CEDH 2005-VI) il Governo sostiene che il richiedente non ha mai disposto di un “bene reale” qualsiasi, essendo la sua acquisizione della Villa Zarifi invalida fin dall’inizio, perché l’iscrizione fatta a suo nome era contraria alla legge. Non potendo fare nascere le iscrizioni erronee del registro fondiario un diritto qualsiasi ad acquisire una proprietà immobiliare, le giurisdizioni interne avrebbero solo corretto questo errore annullando il titolo di proprietà del richiedente, e questo, nel rispetto della ” legislazione pertinente”.
72. A questo riguardo, il Governo ricorda che i discendenti di Y. L. avevano lasciato il paese prima della guerra dei Balcani; non erano mai più stati censiti in Turchia dal 1904. La loro situazione ricadeva dunque sotto l’influenza delle leggi sull’amministrazione dei beni abbandonati, prima del 6 agosto 1924, coi rinnegato e degli individui ritenuti dispersi promulgate tra il 1915 e il 1923 (paragrafi 43-47 sopra).
Le misure prese contro tali beni miravano a “contribuire allo sviluppo del paese” e dovevano applicarsi anche ai beni sfuggiti alla confisca fino a questa ultima data.
73. Il Governo ricorda che la situazione del famiglia Z. si trovava stabilita dalle inchieste di sicurezza e confermata all’epoca delle azioni civili che riguardavano il suo patrimonio. Difatti, i membri di questa famiglia erano “stati dichiarati dispersi” dai giudizi del 29 aprile 1986 (paragrafi 17 e 18 sopra) e del 12 aprile 1989 (paragrafi 20 e 21 sopra) ed i loro beni erano stati registrati a nome del Tesoro pubblico, secondo i procedimenti contemplati agli articoli 377 e 530 del codice civile no 743 (paragrafo 44 sopra).
74. Il Governo si riferisce in particolare al giudizio del 1 ottobre 1989 (paragrafi 22-25 sopra) reso contro E. B., iscritta come comproprietario della Villa Zarifi. E’ proprio questo giudizio definitivo, mettendo in evidenza che i pretendenti all’eredità non erano gli eredi di Y. L.” che fornirebbe la risposta alla questione principale sollevata nello specifico. Così, come un numero di altri beni che la famiglia Z. aveva abbandonato, la proprietà della Villa Zarifi avrebbe dovuto essere ritenuta come trasferita ipso iure al Tesoro pubblico.
75. Secondo il Governo, il primo atto di vendita della Villa Zarifi poteva essere ad ogni modo, solamente fraudolento, proprio come gli attestati di eredi e di altri documenti che erano serviti a questa transazione: pertanto, i discendenti di Y. L. non possono più richiedere la restituzione della Villa Zarifi e nessun acquirente potrebbe pretendere di avere agito legittimamente sulla fede del registro fondiario. In altri termini, essendo invalido il contratto di vendita stipulato tra i discendenti di Y. L. ed A. A., ne andrebbe parimenti del contratto concluso col richiedente.
76. Il Governo sostiene infine che in nessun caso, non si può reputare che la richiedente sia diventata proprietaria tramite prescrizione acquisitiva, essendo esclusa simile possibilità per “i beni trasferiti al Tesoro pubblico.”
2. Il richiedente
77. Il richiedente ribatte che le giurisdizioni interne hanno ignorato il principio di proporzionalità consacrato dalla giurisprudenza della Corte decidendo di iscrivere la Villa Zarifi a nome del Tesoro pubblico senza avere avuto riguardo al fatto che era stata acquisita in buona fede ed era rimasta in suo possesso per 26 anni.
78. Il richiedente deplora che il Governo tenti di legittimare l’ingerenza commessa arguendo a proposito giudizi e di una legislazione che, in sé, ignorano la Convenzione. Secondo lei il fatto che certi altri beni di Y. L. siano stati confiscati prima non giustifica per niente l’annullamento del suo proprio titolo perché al momento della vendita-contrariamente a questi ultimi -la Villa Zarifi si trovava iscritta a nome di un cittadino turco.
79. Anche supponendo che ci sia stata un’irregolarità nell’iscrizione di cui si tratta, il richiedente sostiene che nessuno potrebbe obiettargli simile fatto dopo dieci anni di possesso in buona fede ai sensi dell’articolo 638 del vecchio codice civile (paragrafo 54 in fine sopra).
B. La valutazione della Corte
80. La Corte abborderà l’esame della situazione di fatto e di diritto in gioco nello specifico tenendo conto dell’insegnamento che risulta dalle seguenti sentenze: Apostolidi ed altri (no 45628/99, 27 marzo 2007); Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata; Nacaryan e Deryan (numeri 19558/02 e 27904/02, 8 gennaio 2008); Fener Rum Patrikliği (Patriarcato ecumenico) c. Turchia,( no 14340/05, 8 luglio 2008); Yedikule Surp Pırgiç Ermeni Hastanesi Vakfı c. Turchia (no 2) (no 36165/02, 16 dicembre 2008).
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
81. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza concernente la dimostrazione di un’ingerenza ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Jahn ed altri, precitata, § 78; Turgut ed altri, precitata, §§ 86, 87; N.A. ed altri c. Turchia, no 37451/97, §§ 36-37, CEDH 2005-X; Doğrusöz ed Aslan c. Turchia, no 1262/02, §§ 26-28, 30 maggio 2006; Nacaryan e Deryan, precitata, § 44; Fener Rum Patrikliği (Patriarcato Ecumenico) precitata, § 60; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, §§ 45 – 46; Apostolidi ed altri, precitata, § 66).
82. In questo contesto, osserva che la società richiedente ha acquisito la Villa Zarifi il 1 agosto 1969, pagando il prezzo coi suoi propri fondi, ai termini di un atto di vendita formale stipulato con gli eredi di A. A. dinnanzi al conservatore del registro fondiario (paragrafi 13 sopra). Con l’iscrizione del suo nome in suddetto registro in questa data, il richiedente è diventato proprietario di questo bene allo sguardo del diritto civile turco (paragrafo 52 in supra sopra) e lei ne ha potuto godere, in tutta tranquillità, almeno fino al 1 marzo 1999 (paragrafi 33-35 sopra). Non vi è contestazione che, durante questo periodo, il richiedente abbia saldato dalle tasse afferenti alla Villa Zarifi (mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, § 47) si sia avvalso di questo bene ai fini di atti ipotecari e abbia eretto degli edifici annessi in virtù di un permesso di costruire (mutatis mutandis, N.A. ed altri, precitata, § 39-paragrafi 13-14 sopra).
83. Tuttavia, prima di concludere, la Corte stima dovere rispondere agli argomenti del Governo secondo i quali il richiedente non avrebbe mai avuto lo statuto di proprietario legittimo perché l’iscrizione fondiaria fatta a suo nome era invalida e questo, per più di un motivo (paragrafo 71 sopra).
84. Contrariamente a ciò che il Governo lascia intendere (paragrafi 72 e 73 sopra) niente nella pratica permette di suggerire che la Villa Zarifi fosse bene un abbandonato dai membri di una famiglia, nell’occorrenza quella di Y. L., che dovevano essere qualificati come rinnegati o ritenuti dispersi ai sensi della legislazione anteriore all’instaurazione della Repubblica della Turchia il 29 ottobre 1923 (paragrafo 43 sopra) né che queste persone erano state dichiarate “disperse” alla conclusione di ricerche adeguate, come esige la giurisprudenza turca: le iscrizioni nel registro fondiario concernenti la Villa Zarifi non contengono nessuna informazione in questo senso, sapendo che l’unica testimonianza in materia è stata considerata come non probante (paragrafo 34 e 47 sopra).
85. Del resto, come l’amministrazione ha riconosciuto (paragrafo 31 sopra) è apparentemente per questa ragione che i beni iscritti esclusivamente a nome di Y. L. hanno dovuto essere confiscati, uno dopo l’altro e fin dalla loro identificazione, in virtù del vecchio codice civile no 743 del 17 febbraio 1926 (paragrafo 44 sopra) e non della suddetta specifica legislazione.
Non si potrebbe concludere dunque che la Villa Zarifi faceva parte della categoria di beni che spettavano ipso iure allo stato in modo da rendere nulla ogni iscrizione fondiaria fatta nel registro a nome di individui e/o a togliere ogni beneficio delle regole della prescrizione acquisitiva (paragrafi 45, 46, 76 e 77 sopra).
86. Ritornando ai fatti dalla causa, la Corte osserva che almeno dalla revisione catastale del 27 agosto 1951 (paragrafo 10 sopra) la Villa Zarifi non apparteneva più a Y. L., dichiarato giudizialmente deceduto con un giudizio del 29 aprile 1986 (paragrafi 17, 18 e 73 sopra); si trovava esplicitamente iscritta in quanto comproprietà dei suoi eredi L., T. ed E. B., dei sui fratelli L. L. e S. L. e di sua sorella, E. E. (paragrafo 9 sopra).
87. È vero che un altro giudizio di dichiarazione di decesso del 12 aprile 1989-citato dal Governo (paragrafi 20, 21 e 73 sopra)-riguardava non solo Y. L.6, ma anche i suoi prossimi E. E., L. L., S. L., E. E. e K. K.( paragrafo 7 sopra).
È però notevole che queste persone-ritenute decedute nel 1989-erano, anche se solo in parte, quelle che si erano fatte rappresentare dinnanzi alla corte d’appello di Istanbul nel 1978 (paragrafo 16). Comunque sia, questi giudizi-che, del resto, riguardavano solamente certi beni ubicati sulle Isole del Principe (gli appezzamenti numeri 4, 5, 6 del lotto 79 e l’appezzamento 14 del lotto 182)-si rivelano muti in quanto alle eredi legali di Y. L., ossia L. (deceduta nel frattempo-paragrafo 22 sopra), T. ed E. B. (paragrafi 8, 9 e 86 in supra sopra). Sembra inconcepibile che queste ultime abbiano potuto essere dichiarate decedute in virtù del codice civile, tenuto conto dei tre ulteriori procedimenti nel corso dei quali si sono fatte rappresentare dal 7 settembre 1987 (paragrafo 22 sopra) fino al 1 dicembre 1998 (paragrafo 30 sopra).
88. Trattandosi di questi tre procedimenti, il Governo attira l’attenzione su quello che è arrivato al giudizio del 1 ottobre 1989 (paragrafi 22-25 sopra) per cui i comproprietari della Villa Zarifi, (paragrafo 9 sopra) non potevano essere ammessi allo statuto di eredi di Y. L. secondo il diritto turco né, di conseguenza, ereditare il bene in causa (paragrafo 74 sopra).
Per questo motivo, la Corte nota, innanzitutto, che l’istanza respinta dal giudizio in questione è quella che tendeva ad ottenere, a nome dei discendenti di L. e di E. E. tra cui Y. L., un attestato di erede conforme al diritto turco (paragrafo 52 in fine sopra). Che tale attestato sia stato rifiutato loro, non vuole dire certo che gli interessati non fossero titolari di un diritto materiale sulla successione del loro de cujus. Del resto, due atti notarili stabiliti in Grecia ed in Svizzera, l’ 8 novembre 1948 e il 2 marzo 1954, permettono di presumere che i diritti successori di queste persone erano stati riconosciuti nel loro paese di residenza e che queste ultime avevano incaricato K. K. di gestire il patrimonio della famiglia in Turchia (paragrafo 8 sopra).
Si tratta di un elemento che va contro la tesi di “bene abbandonato” (paragrafo 72 sopra) tanto più che è su intervento di K. K. che la Villa Zarifi è stata venduta ad A. A., il 25 marzo 1954 (paragrafo 11 sopra).
89. Del resto, importa poco attardarsi sulla questione di sapere se i protagonisti erano o meno in diritto di sollecitare l’iscrizione della Villa Zarifi a loro nome, a titolo di eredi di una persona dichiarata deceduta (vedere, per esempio, Apostolidi ed altri, precitata, § 67) e/o di sperare di vedersi riconoscere legittimamente simile requisito secondo il diritto turco (vedere, per esempio, Nacaryan e Deryan, precitata, §§ 45, 46): dal 1951, la proprietà della Villa Zarifi si trovava già iscritta a loro nome (paragrafi 10 e 86 in fine sopra).
90. Detto questo, anche supponendo che le autorità turche abbiano avuto delle ragioni plausibili di pensare che i primi proprietari della Villa Zarifi dovevano ricadere sotto l’influenza delle leggi che regolano i rinnegati (paragrafo 43 sotto) la Corte stima di potere chiudere questo dibattito ricordando che, secondo la Corte di cassazione turca, suddetto regime poteva essere opposto eventualmente solo a questi ultimi ed ai loro eredi e non ai terzi acquirenti tra cui il richiedente (paragrafo 47 in fine sopra).
91. Però, è su questo punto preciso che interviene di nuovo il Governo, sostenitore che tanto questa iscrizione iniziale (paragrafo 10 sopra) che la vendita di prima mano ad A. A. (paragrafo 11 sopra) potevano essere fraudolente solamente perché si basavano su degli attestati di eredi e dei mandati (paragrafo 8 sopra) falsificati; anche il richiedente non potrebbe legittimamente pretendere di avere agito sulla fede del registro fondiario (paragrafo 75 sopra).
92. La Corte non potrebbe accordare credito a questa tesi, in mancanza di una verifica qualsiasi dell’autenticità dei documenti in questione presso delle autorità estere che li avevano emessi, di perseguimenti giudiziali contro i presunti autori della frode addotta o almeno di un’inchiesta amministrativa sull’eventuale responsabilità dei notai o dei funzionari incaricati della conservazione del registro fondiario e/o delle ipoteche che hanno convalidato gli atti che il Governo contesta adesso.
La Corte dunque non vede nessuna ragione plausibile per mettere in dubbio la buona fede del richiedente all’epoca della sua acquisizione e ritorna così all’essenziale.
93. Risulta della giurisprudenza turca che, anche se l’acquirente di prima mano, ossia A. A., aveva acquistato la Villa Zarifi in modo fraudolento, anche se fosse stata di connivenza col mandatario K. L. (paragrafo 11 sopra) o col notaio e gli altri funzionari riguardati, simile circostanza poteva essere opposta al richiedente, ossia l’acquirente di seconda mano solo se questo avesse saputo o avrebbe dovuto sapere che c’era stata frode, tenuto conto delle informazione che risultavano, in un dato momento, dal registro fondiario, senza che si possa rimproverargli di avere omesso di informarsi oltremodo sulle circostanze della conclusione degli atti precedenti o di verificare la legalità di questi (paragrafo 53 e 54 sopra).
Ora, nello specifico, il Governo non è stato in grado di dimostrare che il registro fondiario conteneva delle informazione di questo tipo (vedere, mutatis mutandis, Doğrusöz ed Aslan c. Turchia, no 1262/02, § 29, 30 maggio 2006).
94. Ne segue che al momento della sua acquisizione, il 1 agosto 1969 (paragrafo 13 sopra) il richiedente poteva avere legittimamente la certezza che gli atti in causa erano conformi alla legge e che avrebbe beneficiato della “sicurezza giuridica” in quanto al suo statuto di proprietario, intrinseco alla sua iscrizione nel registro fondiario (mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, § 56).
95. In breve, la radiazione definitiva del titolo di proprietà del richiedente, circa trent’ anni dopo l’acquisizione della Villa Zarifi, ha avuto per conseguenza di privare l’interessata di un bene reale e si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, per esempio, Yedikule Surp Pırgiç Ermeni Hastanesi Vakfı, § 28; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, §§ 48 e 49; Turgut ed altri, precitata, § 88; Doğrusöz ed Aslan, precitata, ibidem; mutatis mutandis, Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
2. Sul rispetto del principio di legalità
96. In quanto alla questione di sapere se questa privazione quadrava col principio di legalità (vedere, in particolare, Jahn ed altri, § 81, precitata; Nacaryan e Deryan, § 58, precitata; Fener Rum Patrikliği,( Patriarcato Ecumenico) precitata, § 70; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, §§ 50-52; Apostolidi ed altri, precitata, § 70) la Corte deve porsi essenzialmente in rapporto alla motivazione data dallacorte d’appello di Sarıyer (“il tribunale”-paragrafi 33 e 34 sopra) tenendo in mente che l’interpretazione della legislazione interna incombeva al primo capo a questa giurisdizione (vedere, per esempio, Wittek c. Germania, no 37290/97, § 49, CEDH 2002-XI; Forrer-Niedenthal c. Germania, no 47316/99, § 39, 20 febbraio 2003).
97. Essendo così, si è costretti a constatare che nello specifico, suddetta motivazione, del resto interamente ricalcata su quella della pretura di Adalar (paragrafo 25 sopra) è troppo vaga e soggetta ad analisi divergenti affinché si possa dire che si basava sull’interpretazione o sull’applicazione di un legislazione e/o di una giurisprudenza stabilita.
98. Nello specifico, il tribunale ha abbordato il suo esame tramite la condizione di reciprocità prevista all’articolo 35 della legge fondiario no 2644 (paragrafo 48 sopra) traendo argomento dai decreti afferenti del Consiglio dei ministri (paragrafo 49 sopra). Così, è giunto ad una prima conclusione, ossia che, se il decreto no 88/12592 del 3 febbraio 1988 comandava che si riconoscesse la qualità di erede ai discendenti di Y. L., ciò si rivelava tuttavia in particolare impossibile perché suddetto decreto non aveva effetto retroattivo (paragrafi 33 e 34.2 in fine sopra). Ora, il decreto susseguente no 88/12752, promulgato il 23 marzo 1988 (paragrafo 49 in fine sopra)-che il tribunale non poteva ignorare-contempla proprio una clausola di retroattività, proprio per ovviare alla situazione dei cittadini greci i cui diritti erano stati sospesi in passato (paragrafo 49 in fine sopra -Apostolidi ed altri, precitata, § 76); per di più, questa soluzione si trovava confermata esplicitamente dall’assemblea plenaria della Corte di cassazione (paragrafo 50 sopra) e questo, ben prima il tribunale deliberi.
99. Anche, la Corte stima di non potere seguire il tribunale su questo punto, tanto meno che ha già concluso, in circostanze comparabili, che l’applicazione della regola di reciprocità di cui si tratta aveva infranto il diritto dei non-cittadini di vedersi riconoscere i loro diritti successori allo sguardo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, per esempio, ibidem, §§ 71-78, e Nacaryan e Deryan, precitata, §§ 47-57).
La Corte non ritornerà neanche sull’argomento ricorrente di “ bene abbandonato” ( paragrafo 34.2 in supra sopra) perché ha già risposto (paragrafo 11, 72 e 88 sopra).
100. Per il resto, i considerando (paragrafi 34.2 sopra) consistono in una serie di estrapolazioni di fatto che si riferiscono sempre a Z., ma estranee alla situazione concreta del richiedente.
101. C’è da prima la conclusione secondo cui i documenti forniti dal consolato della Grecia e la testimonianza di E.E. non potevano essere determinanti, perché suddetto consolato non poteva sapere dove i protagonisti si trovavano né se erano ancora in vita, e perché E.E. non poteva essere informata di ciò che era potuto accadere prima della sua nascita nel 1902 (paragrafo 34.1 sopra).
Si tratta di avvenimenti che neanche il tribunale non poteva conoscere, il che non gli ha impedito tuttavia di deliberare (paragrafo 92 in supra sopra).
102. La Corte ritorna su un altro esempio l’analogia fatta tra la situazione del Tesoro pubblico e quella di una persona diventata proprietario di un bene iscritto a nome di un terzo tramite prescrizione acquisitiva, ed alla quale questo terzo non potrebbe più opporre un diritto reale qualsiasi. Si comprende a malapena questo esempio, non essendo la Villa Zarifi mai entrata in possesso del Tesoro