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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GUNAYDIN TURIZM VE INSAAT TICARET ANONIM SIRKETI c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, P1-1
Numero: 71831/01/2009
Stato: Turchia
Data: 2009-06-02 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA GÜNAYDIN TURİZM VE İNŞAAT TİCARET ANONİM ŞİRKETİ C. TURCHIA
( Richiesta no 71831/01)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
2 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Günaydin Turizm Ve İnşaat Ticaret Anonim Şirketi c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 12 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 71831/01) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui una società anonima di dritto turco, G. T. v. İ. T. A. Ş. (“il richiedente”), aveva investito la Corte l’ 11 aprile 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La società richiedente è rappresentata da S. Ç., avvocato ad Istanbul ed il governo turco (“il Governo”), dal suo agente.
3. Invocando gli articoli 6, 8, 13 e 14 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1, il richiedente adduce in particolare di essere stato privato della sua proprietà, alla conclusione di un procedimento iniquo.
4. Il 13 aprile 2006, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
A. La genesi della causa
1. La famiglia Z.
5. Cittadino greco a Istanbul, Y. Z. era uno degli uomini d’affari più fortunato dell’impero ottomano del XIX secolo. Nel 1821, imputato di avere finanziato l’insurrezione del Peloponneso, Y. Z. si rifugiò ad Odessa ed il suo patrimonio ad Istanbul fu confiscato. Nel 1829, si stabilì in Grecia con la sua famiglia.
6. Nel 1832, Y. Z., figlio maggiore di Y. Z., tornò ad Istanbul; sposò H. Z.. Diventò il consigliere finanziario del Sultano, fondò una banca e fece fortuna finanziando l’impero allora in difficoltà. La famiglia disponeva allora di un patrimonio immobiliare molto importante, in particolare nelle Isole del Principe, ed era conosciuta per le sue azioni caritatevoli.
Nel 1884 Y. Z. decedette e fu sepolto nel cimitero ortodosso di Şişli ad Istanbul. Suo figlio L. Z. riprese gli affari.
7. L. e sua moglie, E. E., vissero ad Istanbul ed ebbero parecchi bambini: Y. L. G. Z. (“Y. L.”), L. L. T., E. E., S. L. e K. K..
Sempre ad Istanbul, Y. L. si sposò con L. A. Z. (“L.”); da questa coppia nacquero T. ed E. B..
Con ogni probabilità, negli anni 1910, la coppia già si era stabilita ad Atene, secondo la tesi ufficiale, nessuno membro di questa famiglia era stato censito in Turchia all’epoca del censimento nazionale del 1904.
Y. L. decedette il 6 luglio 1943 ad Atene, lasciando dietro di lui suo moglie L. e le sue due figlie.
8. Secondo la traduzione certificata di un mandato rilasciato il 28 novembre 1948 da un notaio a Losanna, E. E. (paragrafo 7 in supra sopra) aveva incaricato suo fratello K. K. di gestire i beni della famiglia residente ad Istanbul. La traduzione, certificata anche, di un secondo atto notarile, stabilito il 2 marzo 1954 ad Atene, attesta che L., T. ed E. B. sono le eredi di Y. L. che L. L. T. e S. L. sono gli eredi di. E. Z. (paragrafo 7 in supra sopra) e che K. K. è il loro rappresentante.
2. Il bene controverso ed i suoi acquirenti
9. Il bene in causa nella presente causa, conosciuto sotto il nome di “Villa Zarifi”, è costituito da un palazzo e dai suoi annessi ubicati su un terreno alberato di 14782,38 m² ai bordi del Bosforo, nella località Tarabya (Sarıyer-Istanbul).
Secondo il catasto che fa stato di misure di ricostruzioni risalenti al 2 febbraio 1950 e che mirava a definire i limiti della Villa Zarifi, questa apparteneva a L., T., E. B., L. L. T., S. L. ed E. E.. Tutti vivevano allora ad Atene, salvo questa ultima, domiciliata a Losanna.
10. Comunque sia, in seguito alla revisione catastale del 27 agosto 1951, la Villa Zarifi fu registrata sulla mappa catastale poi inscritta di nuovo nel registro fondiario a nome dei sei comproprietari precitati sotto il numero di appezzamento 54 (lotto 430, piano 72, libro 490,).
11. Il 18 marzo 1954, K. K., mandatario della famiglia (paragrafo 8 sopra) diede potere ad un certo K. L..
Il 25 marzo 1954, questo vendette il Villa Zarifi ad un cittadino turco, A. A., con un atto formale concluso dinnanzi al conservatore del registro fondiario di Sarıyer.
12. Il 26 novembre 1964, A. A. decedette e la Villa Zarifi fu iscritta a nome di sua vedova e dei suoi quattro bambini.
13. Con un atto di vendita formale del 1 agosto 1969, questi ultimi cedettero il bene alla società richiedente, sempre secondo il procedimento ufficiale dinnanzi al conservatore del registro fondiario.
Per più di 25 anni, il richiedente godette del titolo di proprietà della Villa Zarifi senza essere infasstidita dalla giustizia né dall’amministrazione. All’inizio degli anni 90, il richiedente intraprese anche la costruzione di due edifici annessi sul terreno in virtù di un permesso di costruire.
14. Durante il periodo in cui si trovava in possesso dei suoi acquirenti turchi, la Villa Zarifi fu l’oggetto di numerosi sequestri conservatori e/o gravata di ipoteche per diversi motivi commerciali.
B. I procedimenti concernenti il patrimonio e la successione di Y. L.
1. La causa no 1971/60
15. Con un giudizio del 24 settembre 1971 reso s richiesta del Tesoro pubblico, la pretura di Adalar nominò un amministratore giudiziale, H.Ö, per gestire certi beni identificati come iscritti a nome di Y. L., per una durata di dieci anni, al termine del quale il Tesoro pubblico poteva rivendicare la loro iscrizione sotto il suo nome (articolo 530 del codice civile-paragrafo 44 sotto).
2. La causa no 1978/725
16. Nel 1978, i discendenti di L. e di E. E., facendo valere il loro requisito di eredi (paragrafo 8 sopra) chiesero alla corte d’appello di Istanbul di licenziare l’amministratore giudiziale H.Ö. per riprendere il controllo dei beni previsti. Questo ricorso fu respinto, sembra nel 1984.
3. Causa no 1984/81
17. Il 27 gennaio 1984, il Tesoro pubblico investì la corte d’appello di Istanbul di una richiesta che mirava al pronunziato di un giudizio di dichiarazione di decesso di Y. L. ed al trasferimento, a suo profitto, dei beni di questo ultimo, iscritti sotto i numeri di appezzamento 4, 5, 6 (lotto 79) nelle Isole del Principe, in virtù dell’articolo 530 del codice civile.
A questo riguardo, fece valere che il termine di dieci anni di amministrazione giudiziale di questi beni era scaduto (paragrafo 15 sopra).
18. Con un giudizio del 29 aprile 1986, il tribunale diede guadagno di causa al Tesoro pubblico, considerando che gli annunci ed appelli giudiziali lanciati per informarsi della sorte di Y. L. si erano rivelati vani e che questo ultimo dunque doveva essere ritenuto deceduto.
4. Causa no 1987/114
19. Ad una data non precisata nel 1987, la corte d’appello di Istanbul rese, su richiesta del Tesoro pubblico, un nuovo giudizio dichiarativo di decesso riguardante Y. L. ed autorizzò la cessione al Tesoro pubblico di certi suoi beni diversi da quelli già trasferiti in virtù del giudizio del 29 aprile 1986 (paragrafo 18 sopra).
5. Causa no 1987/372
20. Il 3 luglio 1987, il Tesoro pubblico investì la corte d’appello di Istanbul, chiedendo questa volta che oltre Y. L., gli altri eredi di L., ossia sua moglie, E. E., ed i suoi figli, L. L., E. E., S. L., così come K. K. (paragrafo 7 sopra) fossero dichiarati anche giudizialmente deceduti. Richiese anche il trasferimento di un terreno di 6 755 m² sulle Isole del Principe, registrato sotto il numero di appezzamento 14 (lotto 182), invocando lo stesso motivo di scadenza del termine di dieci anni di amministrazione giudiziale.
21. Con un giudizio del 12 aprile 1989, il tribunale aderì a queste istanze1.
6. Cause congiunte numeri 1987/131 e 1987/170
22. Il 25 novembre 1975, L., la vedova di Y. L., decedette. Il 7 settembre 1987, sua figlia E. B., agendo a suo proprio nome ed a nome di sua sorella T., chiese alla pretura di Adalar di attestare il loro requisito di eredi.
A questo fine, fece valere in particolare un certificato in questo senso proveniente da istanze greche (paragrafo 8 sopra) e citò E.E. come testimone. Questo confermò che E. e T. erano proprio le discendenti di Y. L. e di L..
23. Il 9 novembre 1987, E. B. introdusse una secondo azione chiedendo questa volta al tribunale di conferire lo statuto di erede a tutti i discendenti di sua nonna, E. E. (paragrafo 7 sopra).
24. Il Tesoro pubblico rispose che essendo già stata allontanata un’istanza analoga nel 1984 (paragrafo 16 sopra) ed essendo stato dichiarato giudizialmente il decesso di Y. L., non era più possibile rilasciare un attestato qualsiasi in questo senso.
25. Dopo avere unito le due domande, la pretura di Adalar si pronunciò il 1 ottobre 1989 e respinse E. B. delle sue istanze (per il testo integrale i considerando di questo giudizio, vedere sotto paragrafo 34).
7. Cause numeri 1991/1444-1440-1439-1445-1441
26. Il 16 settembre 1991, malgrado i precedenti sopra, cinque discendenti della famiglia Z. tra cui E. B., riuscirono a fare valere il loro requisito di eredi. La pretura di Istanbul rilasciò cinque attestati a questo effetto.
8. Causa no 1996/1390
27. Ora, il 26 maggio 1993, il Tesoro pubblico, invocando i giudizi del 12 aprile 1989 e del 1 ottobre 1989 (paragrafi 21 e 25 sopra) introdusse un’azione per annullamento di suddetti attestati (paragrafo 26 sopra). Secondo lui, solo il Tesoro pubblico aveva la qualità di erede del patrimonio controverso, essendo stati dichiarati i proprietari iniziali giudizialmente deceduti. La società richiedente intervenne in questo procedimento, a titolo accessorio.
28. Il 13 dicembre 1995, la pretura di Istanbul annullò gli attestati controversi. Nei suoi considerando, precisò che la questione sollevata all’occorrenza era di determinare la situazione giuridica dei pretendenti alla successione, essendo inteso che la loro capacità di acquisire dei beni immobiliari in Turchia dipendeva dalla riconoscenza reciproca, in Grecia, di tale diritto per i cittadini turchi. Dopo avere esaminato la situazione in Grecia, il tribunale concluse che la possibilità, per i turchi, di acquisire tali beni in questo paese era estremamente ridotta in diritto ed inesistente in pratica: pertanto, i cittadini greci non potevano neanche pretendere la successione di un bene immobiliare in Turchia.
29. Il 2 luglio 1996, la Corte di cassazione annullò questo giudizio per vizio di procedimento.
30. Il 1 dicembre 1998, dopo essersi conformato alla sentenza di cassazione, il tribunale annullò lo statuto di eredi degli interessati.
C. Il giudizio concernente il richiedente
31. Il 16 febbraio 1995, il Tesoro pubblico investì di nuovo la corte d’appello di Sarıyer per chiedere l’annullamento del titolo di proprietà del richiedente sulla Villa Zarifi.
Nel suo esposto, supportato da un avviso consultivo dell’ufficio di controllo dei beni nazionali presso il ministero delle Finanze, il Tesoro pubblico sosteneva che Y. L. aveva lasciato definitivamente la Turchia prima della guerra dei Balcani e che, nessun membro della sua famiglia non vi era stato censito da allora. Y. L. ed i suoi discendenti dovevano allora passare per dispersi o disertori durante la guerra; anche i loro beni dovevano essere confiscati in virtù delle leggi speciali promulgate a questo fine dopo la prima guerra mondiale e durante la guerra di indipendenza della Turchia (paragrafo 43 qui di seguito).
Per il Tesoro pubblico, avendo omesso le autorità di verificare debitamente se gli interessati fossero realmente o meno dei rinnegati o dei dispersi ai sensi di questa legislazione, l’amministrazione si era dovuta avvalere del procedimento contemplato all’articolo 530 del codice civile (paragrafo 44 qui di seguito) per disporre dei beni di Y. L.. Tuttavia alcuni lotti erano sfuggiti a questo procedimento ed un gruppo di malviventi ben informati delle lacune del sistema era riuscito a fare iscrivere la Villa Zarifi a nome dei discendenti di Y. L. avvalendosi di documenti falsificati. Secondo il Tesoro pubblico, c’era stato a questo riguardo di che biasimare le istanze amministrative che avevano mancato ai loro doveri e alle loro responsabilità verso lo stato.
In queste circostanze, la vendita effettuata il 25 marzo 1954 dagli individui decaduti del loro requisito di eredi (paragrafo 25 sopra) doveva essere dichiarata semplicemente nulla e non esistente, senza che nessun terzo acquirente potesse pretendere di avere agito in buona fede. Pertanto, la Villa Zarifi doveva essere trasferita al Tesoro pubblico in applicazione dell’articolo 530 del codice civile come era già avvenuto per gli altri beni di Y. L.
32. Il richiedente ribatté che aveva acquistato la Villa Zarifi dai successori di a. A. sulla fede del registro fondiario, sapendo che a questa epoca nessuno legame apparente esisteva tra suddetta villa e Y. L.; A. A. aveva disposto di questo bene per diciassette anni e lei stessa, per ventisei anni, e questo, in ogni legalità e senza essere disturbati dalla giustizia. L’istanza del Tesoro pubblico doveva dunque essere respinta, tanto più che era stata introdotta fuori dal termine di prescrizione dei dieci anni fissati per le contestazioni catastali (paragrafo 10 sopra).
Del resto, ventisei anni di possesso senza interruzioni bastavano a fare dichiarare la società proprietaria della Villa Zarifi tramite prescrizione acquisitiva.
33. Il 15 aprile 1997, la corte d’appello di Sarıyer si pronunciò:
“Alla vista dell’abrogazione del decreto no 6/13801 del 2 novembre 1964 del Consiglio dei ministri col decreto no 88/12592 del [3] febbraio 1988, in modo da autorizzare oramai i cittadini greci ad acquisire ogni tipo di beni in Turchia (paragrafi 49-51 qui di seguito) ed alla vista delle circolari che le istanze del ministero della Giustizia e le procure ci hanno comunicato a questo motivo, ci sarebbe certo stato bisogno rilasciare ai successori, cittadini greci, un attestato di eredi, e questo, senza nessuna discriminazione; ora, nello specifico, stimiamo di non potere agire in questo senso, per i motivi che seguono. “
34.1. La motivazione di questo giudizio, eccetto il suo ultimo considerando (paragrafo 34.3 sotto,)è identica a quella del giudizio del 1 ottobre 1989 reso dalla pretura di Adalar (paragrafo 25 sopra):
“1. Innanzitutto, i documenti ottenuti presso il consolato della Grecia (paragrafo 8 sopra) e la testimonianza effettuata sotto giuramento non bastano a consolidare un giudizio. Bisogna sapere che il testimone [si tratta di E.E. -paragrafo 22 sopra], nato nel 1902, non è in grado di sapere ciò che era potuto accadere prima né di conoscere tutti gli eredi che, secondo il documento fornito dal consolato della Grecia, si trovavano dispersi in parecchi paesi, come il Canada, gli Stati Uniti e l’Italia. Supponendo che i documenti forniti dal consolato della Grecia possano fare fede a titolo di scritti provenienti da un’autorità ufficiale, non ne rimane meno dei fatti che vi sono riferiti avrebbero potuto cambiare col passare del tempo per diverse ragioni. Per di più, è impossibile che il consolato possa essere informato di tutti gli sviluppi che sono potuti sopraggiungere negli altri paesi. Difatti, nello decorso della vita, si constata molto spesso che le persone in vita secondo i registri ufficiali, sono in realtà decedute o ritenute disperse.
34.2.
2. Da ciò che si può osservare e si può sapere, il problema principale è Y. L. e, del resto, il testimone impernia tutto ciò che sa su questa persona. Difatti, Y. L. aveva un patrimonio non trascurabile nelle Isole del Principe. In compenso, non è stato presentato nessuno documento che stabilisca che gli altri defunti1 disponevano di beni nella Repubblica della Turchia. Innanzitutto, i principi elementari del diritto esigono che, per stare in giudizio, le persone fisiche o giuridiche abbiano un interesse nel senso giuridico del termine. Ora, niente nella pratica dimostra che gli eredi e i discendenti degli altri defunti avessero avuto un patrimonio in Turchia né che avessero avuto , di conseguenza, un interesse a richiedere un attestato di erede secondo il sistema giudiziale turco. Per ciò che riguarda Y. L., risulta degli argomenti del testimone che aveva lasciato la Turchia con sua moglie negli anni 1910, non vi era mai tornato e non aveva mai fatto gestire il suo patrimonio dalle cure di un rappresentante; quindi, i suoi beni immobiliari sono stati confiscati dai tribunali, in virtù degli articoli 377 e ss. del codice civile, poi gestiti durante gli anni e, alla fine, trasferiti al Tesoro pubblico in applicazione dell’articolo 530 del codice civile, dopo il giudizio declaratorio del decesso dell’interessato, ai sensi degli articoli 31 e ss. del codice civile. È vero che al momento, Y. L. possiede ancora certi beni che non sono stati trasferiti al Tesoro pubblico. Però, dal momento che è stato già deciso di iscrivere gli altri beni a nome del Tesoro pubblico e di dichiarare giudizialmente Y. L. deceduto, si è costretti ad di ammettere che, oramai, tutti i beni di Y. L. devono essere considerati ormai trasferiti al Tesoro pubblico. Secondo noi, nel caso specifico, niente distingue il Tesoro pubblico da un individuo, nel s senso che una volta che un’iscrizione è fatta a nome del Tesoro pubblico, non è più possibile annullarla. La situazione è comparabile a quella di un vecchio proprietario o possessore di un bene immobiliare abbandonato durante gli anni che non potrebbe opporre nessuno diritto ad un terzo che ha utilizzato questo bene e che ne ha ottenuto il titolo di proprietà con una decisione giudiziale in virtù delle disposizioni sulla prescrizione acquisitiva, o ancora a quella di un bene immobiliare non iscritto, ma che è stato utilizzato senza interruzione e senza contestazione da un possessore che lo fa iscrivere nel registro fondiario a suo nome in virtù dell’articolo 639 del codice civile; inoltre Y. L. e/o i suoi eredi non hanno più il diritto di chiedere la restituzione di questi beni. Deriva dalle informazione, dai documenti e dalle prove disponibili che tutti i de cujus ed i pretendenti all’eredità hanno lasciato la Turchia, da molti anni; si sono stabiliti in altri paesi e hanno abbandonato il loro patrimonio esistente in Turchia; pertanto, bisogna considerare oramai questo patrimonio come trasferito al Tesoro pubblico e procedere in questo contesto. Di fatto, si stima che, anche se gli eredi non avessero lasciato la Turchia o anche se avessero cittadinanza della Repubblica della Turchia, ciò non avrebbe portato alcuna conseguenza in quanto al merito [della causa]. Alla vista di ciò che precede, e considerando che i pretendenti non hanno [diritto ad un] attestato di erede, perché non possono avere questa qualità; che l’azione di riconoscenza della qualità di erede intentata prima da alcuni degli interessati dinnanzi alla pretura di Istanbul è stata respinta da un giudizio no 1983/1451 del 23 novembre 19833(…) ; che questo giudizio ha acquisito forza di cosa giudicata; che il decreto del Consiglio dei suddetti ministri [del no 88/12592 del 3 febbraio 1988] (paragrafi 33 sopra e 49 sotto) non è applicabile in modo retroattivo, decidiamo di respingere le istanze.
34.3.
3) conformemente al giudizio sopra, dichiariamo che tutti i beni di Y. L. sono reputati trasferiti al Tesoro pubblico e, per questo fatto, respingiamo l’istanza della parte richiedente (sic) concernente la riconoscenza della sua qualità di erede. La verità incrollabile è dunque che, oramai, è impossibile cedere la proprietà di [uno di questi beni] utilizzando tale o tal’altro documento o facendo valere tale o tal’altra iscrizione fondiaria, e che se tale atto tuttavia ha avuto luogo, la vendita non notifica niente; tenuto conto di [questa realtà], decidiamo l’annullamento dell’iscrizione fatta sul registro fondiario a nome della società convenuta, in mancanza di una vendita valida. ”
35. Così, la Villa Zarifi fu iscritta a nome del Tesoro pubblico.
Il 14 novembre 1997, il richiedente ricorse in cassazione. Reiterando i suoi mezzi di difesa (paragrafo 32 sopra) deplorò ancora il tribunale che aveva giudicato senza effettuare anche un stato dei luoghi.
Con una sentenza del 3 dicembre 1998, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato. Il 1 marzo 1999, respinse il ricorso per rettifica di sentenza del richiedente. La sentenza definitiva fu notificata a questa il 21 ottobre 1999.
36. Il 12 febbraio 2002, la richiedente fu espulso dai luoghi e, in seguito, condannata a pagare un compenso per occupazione illecita della Villa Zarifi. Il 15 maggio 2007, il dovuto a questo titolo ammontava a 1 106 656,61 TRY, circa 600 000 EUR.
Attualmente, il Villa Zarifi è affittata alla Camera di commercio di Istanbul per una durata di 49 anni.
D. Le azioni per risarcimento sollecitate dal richiedente
37. Il 28 luglio 2003, il richiedente introdusse un’azione di reclamo parziale, di un importo di 10 miliardi delle vecchie lire turche -TRL, contro il Tesoro pubblico e chiese il compenso della perdita subita in seguito al trasferimento senza indennizzo della Villa Zarifi così come il rimborso del plusvalore creato su questo bene a causa delle costruzioni annesse che aveva realizzato (paragrafo 13 in fine sopra).
38. Con un giudizio del 25 ottobre 2005, la corte d’appello di Sarıyer respinse il richiedente al motivo che il Tesoro pubblico non doveva rispondere delle conseguenze delle iscrizioni fondiarie fatte a nome di individui anteriormente al trasferimento effettuato a suo nome. Secondo lui, nessuna negligenza o responsabilità potevano essere imputate neanche al conservatore del registro fondiario che aveva proceduto all’iscrizione a nome del Tesoro pubblico; le persone colpevoli erano quelle che avevano venduto irregolarmente il bene al richiedente e spettava loro riparare il danno incontestabile subito nello specifico.
39. Il 27 marzo 2005, la Corte di cassazione annullò questo giudizio in quanto riguardava la questione-lasciata in sospeso- di sapere se il Tesoro pubblico aveva beneficiato di un arricchimento senza causa a causa del plusvalore addotto (paragrafo 37 sopra). Confermò il giudizio per ciò che riguardava il compenso della perdita della Villa Zarifi stessa.
Il 13 luglio 2006, i ricorsi per rettifica della sentenza delle due parti furono allontanati.
40. Il 23 gennaio 2007, la corte d’appello di Sarıyer rese il suo secondo giudizio. Tenendo conto di una perizia che valutava il plusvalore rivendicato a 835 173,81 TRY4, il tribunale condannò il Tesoro pubblico a versare al richiedente la somma di 10 000 TRY.
Con una sentenza dell’ 8 maggio 2007, la Corte di cassazione confermò questo giudizio.
41. Il 6 marzo 2007, il richiedente investì nel frattempo, di nuovo il tribunale, richiedendo questa volta il restante dell’importo determinato dalla perizia, abbinato ad interessi moratori, più la sua mancanza al guadagno par ad un importo di 167 034, 76 TRY. A titolo accessorio, trasse anche argomento dalla responsabilità del conservatore del registro fondiario, dunque del Tesoro pubblico, a causa dei danni derivanti dalle mancanze di servizio commesse all’epoca delle iscrizioni precedenti della Villa Zarifi. Tuttavia, nessuna somma fu richiesta a questo titolo.
Con un giudizio del 13 novembre 2007, il tribunale accordò al richiedente la somma di 825 173,81 TRY, abbinata ad interessi a decorrere dal 15 febbraio 2007; respinse la domanda per il surplus.
42. Su ricorso del Tesoro pubblico, la causa fu portata dinnanzi alla Corte di cassazione e, con ogni probabilità, questa annullò il giudizio per motivo di prescrizione ad una data non precisata.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. La legislazione e la giurisprudenza concernenti i beni abbandonati dai rinnegati o dagli espatriati
43. Durante la guerra dei Balcani (1912-1913) e la Prima Guerra mondiale (1914-1918), un numero di individui, imputati di tradimento o di spionaggio, fuggirono dall’impero ottomano o ne furono espulsi. Per prevenire un ritorno in massa di questi ultimi, furono promulgate in particolare due leggi il 14 maggio e il 13 settembre 1915; secondo queste, alle persone previste sarebbe stata tolta la nazionalità ottomana ed i loro beni confiscati ipso iure. Però, in seguito alla disfatta e alla divisione dell’impero, alcune di queste persone ritornarono nel paese, talvolta per collaborare coi poteri alleati. Ora, durante la guerra di indipendenza turca (1919-1923), in particolare il 9 settembre 1922, la situazione si evolse a scapito degli alleati dopo la liberazione di Izmir. Anche, i collaboratori scelsero sia di lasciare definitivamente la Turchia sia di nascondersi per evitare delle rappresaglie.
Di fronte a questa situazione, la legislazione del 1915 fu emendata dalle leggi del 20 aprile 1922 e del 15 aprile 1923 riguardanti l’ amministrazione dei beni abbandonati dai rinnegati e dalle persone ritenute disperse. Era contemplato che i beni di questi ultimi sarebbero stati trasferiti al Tesoro pubblico o, secondo il caso, alla Direzione delle fondazioni della Turchia.
44. La situazione di diritto descritta sopra non deve essere confusa con quella delle persone che sono state oggetto di una dichiarazione giudiziale di decesso in virtù del diritto comune, ossia l’articolo 530 del vecchio codice civile no 743 del 17 febbraio 1926, restato in vigore fino alla promulgazione del nuovo codice no 4721 del 22 novembre 2001,:
Trattandosi delle persone il cui stato di vita o di morte rimane sconosciuto e i cui beni sono gestiti da dieci anni dalle cure dei tribunali, così come delle persone i cui i beni sono gestiti da meno di dieci anni ma che hanno raggiunto l’età di cento anni, viene presa una decisione su richiesta del Tesoro pubblico.
Se nessun avente diritto si presenta entro il termine di affissione giudiziale preliminare alla dichiarazione di decesso, i beni in questione sono trasferiti al Tesoro pubblico. In questo caso, il Tesoro pubblico rimane responsabile verso la persona dichiarata deceduta ed i suoi eredi legali .”
La gestione di tali beni da parte degli amministratori giudiziali dipende dal procedimento contemplato all’articolo 377 § 1 del vecchio codice civile.
45. In materia, gli esempi giurisprudenziali, dell’assemblea plenaria o delle 8 e 14 camere della Corte di cassazione, prodotti dalle parti forniscono le seguenti precisazioni:
In virtù dell’articolo 33 della vecchia legge no 766 sulle iscrizioni fondiarie, in vigore dal 26 luglio 1972 al 9 ottobre 1987, come emendato dalla legge no 1617 del 19 luglio 1972 con effetto retroattivo, i beni immobiliari che dipendono dalla giurisdizione e dal controllo dello stato (per esempio, pasture, rive dei mari, laghi, fasce costiere) così come i beni che spettano allo stato in virtù delle leggi (per esempio la legislazione esposta sopra al paragrafo 43) sia che siano iscritti o meno nel registro fondiario, non possono essere acquisiti tramite prescrizione, sentenze del 19 settembre 1973 (E. 1969/7-1145, K. 703,) del 3 aprile 1974 (E. 1971/8-626, K. 327) e del 2 ottobre 1974 (E. 1971/8-839, K. 1032).
46. Per ciò che riguarda la prima categoria di beni, il fatto è che questi non possono essere in nessun caso oggetto di una proprietà privata anche se lo stato non figura come proprietario sul registro fondiario; così, per esempio, la cessione ad un individuo di una pastura è nulla e non esistente, anche se-in un modo o nell’altro- vi è stata iscrizione a nome di questo individuo ,sentenza del 19 giugno 2003 (E. 2003/3504, K. 2003/5088); che tale bene statale sia stato iscritto prima illecitamente a nome di individui non porta neanche conseguenze, non facendo fede simile iscrizione, sentenza del 15 dicembre 1981 (E. 1981/6936, K. 1981/7298).
47. Per ciò che riguarda la seconda categoria di beni, i giudici, prima di deliberare sulle pretese di terzi, devono da prima debitamente determinare se il bene in causa apparteneva inizialmente ad una persona rinnegata o ritenuta dispersa, sentenze del 29 marzo 1978 (E. 1976/8-3250, K. 1978/280,) del 20 dicembre 1973 (E. 5605, K. 7236) e dell’ 11 novembre 1983 (E. 1980/7-1948, K. 1983/1156), tenuto conto, per esempio, delle perizie o testimonianze, sentenza del 11 dicembre 1973 (E. 6803, K. 7036) o delle annotazioni al registro fondiario concernenti il bene in causa, sentenza del 13 giugno 1973 (E. 380, K. 3093).
Essendo così, se la proprietà di tale bene viene acquisita in buona e dovuta forma in virtù di un atto di vendita (per esempio un atto di vendita notarile) con un cittadino turco, sentenza 12 aprile 1978 ( E. 1977/7-611, K. 1978/313) o meno, sentenza del 30 maggio 1979 (E. 4476, K. 6195), il compito del giudice è di verificare la validità di suddetto atto e di decidere di conseguenza; l’atto in questione deve essere esente da vizio, sentenze del 9 gennaio 1979 (E. 10256, K. 101) e del 2 giugno 1977 (E. 1830, K. 5495) e passato col proprietario legittimo che è iscritto al registro fondiario.
La legislazione concernente il patrimonio dei rinnegati e degli espatriati (paragrafo 43 sotto) è opponibile solamente a questa categoria di persone così come ai loro eredi il cui patrimonio è reputato essere confiscato ipso iure. Quando l’interessato è un terzo che non dipende da questa legislazione e i cui beni non sono mai stati confiscati a questo titolo, il compito del giudice si limita a verificare se l’interessato ha acquisito la proprietà del bene controverso con un atto valido ed a deliberare di conseguenza, sentenza del 24 marzo 1961 (E. 8954, K. 2177).
B. la regola di reciprocità e la situazione dei cittadini greci
48. L’articolo 35 della legge fondiaria no 2644 del 22 dicembre 1934, nella sua versione in vigore all’epoca, prima della modifica del 19 luglio 2003, era formulato così:
“Gli stranieri (persone fisiche) possono acquisire tramite cessione ed eredità dei beni immobili situati sul territorio turco, sotto riserva delle restrizioni previste dalle disposizioni legislative e sotto condizione di reciprocità. “
49. A questo riguardo, bisogna ricordare che, con un decreto no 6/13801 del Consiglio dei ministri del 2 novembre 1964, preso sulla base della legge no 1062 sulla reciprocità, una contromisura concernente le persone fisiche e giuridiche di nazionalità greca era stata adottata in reazione alle misure prese dal governo greco che restringevano quasi totalmente il godimento dei diritti di proprietà da parte dei cittadini turchi in Grecia. Questo decreto aveva sospeso la conclusione degli atti riguardanti dei diritti reali relativi ad un bene ubicato in Turchia ed appartenente a cittadini greci.
Però, con un decreto no 88/12592 del 3 febbraio 1988, il Consiglio dei ministri abrogò il decreto precedente. Il 23 marzo 1988, il Consiglio dei ministri adottò inoltre, il decreto no 88/12752, addizionale al primo in cui rilevava che, durante il periodo in cui il decreto del 2 novembre 1964 era in vigore, dei beni non erano potuti essere iscritti nel registro fondiario a nome degli eredi o legatari che non erano dei cittadini turchi, a causa dell’effetto sospensivo di suddetto decreto; anche, per correggere questa situazione, il Consiglio permetteva l’iscrizione di simili beni nel registro fondiario nella misura in cui le leggi lo autorizzavano.
50. Secondo l’assemblea plenaria della Corte di cassazione, le disposizioni del decreto precitato del 2 novembre 1964 erano di carattere provvisorio, proprio come le decisioni giudiziali rese in applicazione di questo decreto. Simili decisioni dunque non possono passare per avere creato un diritto materiale qualsiasi o annullare un diritto materiale esistente. Abrogando il decreto del 1964 coi decreti del 1988, l’esecutivo ha espresso la sua volontà di togliere in modo retroattivo gli ostacoli all’iscrizione nel registro dei beni previsti dal vecchio regime restrittivo e di autorizzare così la conclusione degli atti di cessione di proprietà (per esempio promessa di vendita, successione) che si trovavano fino ad allora congelati. Ne segue il principio che un diritto materiale acquisito non può essere cancellato definitivamente da un decreto del Consiglio dei ministri, sentenza del 13 febbraio 1991 (E. 1990/2-648, K. 1991/65).
51. Questo dice, come la Corte di cassazione ha precisato, sentenza del 23 novembre 2004 (E. 2004/13816, K. 2004/13771), la possibilità aperta dai decreti del 1988 non reca nessuno danno all’articolo 35 del codice fondiario no 2644 e il principio di reciprocità rimane intatto (paragrafo 48 sopra).
C. Le altre norme del vecchio codice civile
52. Secondo l’articolo 633 del vecchio codice civile, l’acquisizione della proprietà fondiaria si effettua con l’iscrizione nel registro fondiario. In caso di successione, la proprietà è acquisita prima dell’iscrizione, ma l’interessato non può cedere il bene prima di essere stato iscritto nel registro fondiario.
Il certificato di erede è un attestato rilasciato dalla pretura del luogo di apertura della successione in vista di stabilire la qualità di erede di una persona. Questo documento non registra i beni che figurano nel patrimonio del defunto ma stabilisce la quota dei diritti di ogni erede. Fa nascere una semplice presunzione di esattezza delle enunciazioni che vi figurano. Se un certificato di erede inesatto è stato stabilito, deve essere annullato dalla pretura. Il certificato non gode della fede pubblica, cioè non protegge il terzo in buona fede che acquisisce dei beni successori di un’eredità apparente.
53. Secondo l’articolo 931 del vecchio codice civile:
“Quando una persona acquisisce una proprietà o un altro diritto reale sulla fede delle iscrizioni del registro fondiario, questa acquisizione è valida.”
A questo riguardo, la persona che deve essere in buona fede è quella che ha fatto l’acquisizione, essendo inteso che la sua fede deve riguardare il tenore del registro fondiario stesso e non i documenti contrattuali all’origine di tale o tal’altra iscrizione. Così, la persona che acquisisce una proprietà con l’aiuto di falsi documenti e che fa iscrivere il bene nel registro fondiario in quanto proprietario di prima mano non potrebbe pretendere di avere aggiunto fede al registro; in compenso, l’acquirente di seconda mano può farlo, nella misura in cui la sua acquisizione era già motivata dall’iscrizione esistente nel registro fondiario, sentenza di principio del 26 gennaio 1994 (E. 1993/1-792, K. 1994/9).
54. L’articolo 932 del vecchio codice civile dispone che le iscrizioni ai registri fondiari debbano essere fondate su una causa legittima, sapendo che in caso di iscrizione illegittima, i terzi acquirenti che erano o avrebbero dovuto essere informati di tale vizio non possono pretendere di avere agito sulla fede del registro fondiario. Peraltro, in virtù dell’articolo 933, ogni persona i cui diritti reali sono stati lesi da un’iscrizione fatta da iscrizioni modificate o radiate o senza causa legittima poteva esigere la radiazione o la correzione.
Però, in virtù dell’articolo 638 di suddetto codice:
“Non può esserci opposizione contro il diritto di proprietà di una persona che, sebbene indebitamente iscritta nel registro fondiario come essendone il proprietario, ha posseduto questo bene in buona fede per dieci anni, senza interruzione né contestazione. ”
55. Per ciò che riguarda l’applicazione di queste due norme (paragrafi 53 e 54 sopra) ai beni immobiliari dei rinnegati ed espatriati (paragrafi 43-47 sopra,) una sentenza di principio che porta armonizzazione della giurisprudenza, sentenza del 3 febbraio 1943 (E. 1942/7, K. 1943/8,) enuncia:
“(…) Quando una terza persona afferma di avere acquisito una proprietà, sulla fede del registro fondiario, da parte di un individuo che era iscritto come il proprietario, prima di obiettare a questa terza persona il fatto che suddetta iscrizione era fraudolenta o che risultava da una vendita invalida, (…) è evidente che occorre provare prima che questa persona era o avrebbe dovuto essere informata di questo fatto. (…) È vero che i terzi sono in grado di esaminare le iscrizioni e le annotazioni nel registro fondiario così come i documenti versati dal conservatore del registro alla pratica relativa alla transazione ivi afferente; però, questo terzo rimane in diritto di fidarsi della validità di un’iscrizione fatta a nome del [venditore] da un funzionario competente e di aggiungere fede a simile iscrizione. (…) Questa terza persona non dovrebbe essere tenuta a verificare la conformità alla legge degli atti contrattuali all’origine dell’iscrizione, (…), a meno che delle informazioni concernenti questi atti non risultano dal registro stesso o dai verbali fondiari che ne fanno parte
Concludiamo che nello specifico, apparteneva al Tesoro pubblico richiedente di provare, conformemente al procedimento, che la terza persona aveva fatto un’acquisizione conoscendo la frode commessa, e che in mancanza di tale prova, non si può negare a questa persona il diritto di avvalersi dell’articolo 931 del codice civile, adducendo come pretesto che chiunque sarebbe tenuto a conoscere la legge no 17715. “
56. L’articolo 917 § 1 del vecchio codice civile dispone che lo stato è responsabile di ogni danno risultante dall’ambito del registro fondiario.
IN DIRITTO
I. L’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA
57. La società richiedente adduce di essere stata privata ingiustamente della sua proprietà, in mancanza di un qualsiasi motivo di utilità pubblica e senza nessuno indennizzo, in violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 14 della Convenzione, si lamenta anche del fatto che la sua causa non è stata sentita in un termine ragionevole e nemmeno equamente, perché la corte d’appello di Sarıyer avrebbe annullato il suo titolo di proprietà a disprezzo della legge sul catasto e del codice civile, unicamente perché i proprietari iniziali erano di nazionalità greca.
Avvalendosi dell’articolo 8 della Convenzione, la richiedente deplora infine di esserestata costretta di lasciare la sua sede sociale e che i suoi soci abbiano dovuto traslocare.
58. Il Governo combatte queste tesi.
II. SU L’AMMISSIBILITÀ
A. Argomenti delle parti
1. Il Governo
59. Invocando le sentenze Blečić c. Croazia ([GC], no 59532/00, CEDH 2006-III) e Mitap e Müftüoğlu c. Turchia (25 marzo 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-II) il Governo eccepisce al primo colpo dell’incompetenza ratione temporis della Corte per due risvolti. Primariamente, le leggi all’origine del trasferimento della proprietà della Villa Zarifi risalgono agli anni 1915-1923 (paragrafo 43 sopra) e, secondariamente, questa è stata acquistata il 1 agosto 1969 (paragrafo 13 sopra); ora la Turchia ha riconosciuto il diritto di ricorso individuale solo il 28 gennaio 1987.
60. Il Governo considera inoltre che non c’è stato esaurimento delle vie di ricorso interne poiché l’azione per risarcimento intentata contro il Tesoro pubblico (paragrafo 37 sopra) era ancora pendente in data di introduzione della richiesta. A titolo accessorio, il Governo stima che, se il richiedente fosse stato persuaso dell’inefficacia di questo procedimento, avrebbe dovuto investire allora la Corte nei sei mesi a partire dalla data “dell’atto denunciato.”
61. Rimprovera inoltre al richiedente di avere omesso, con ogni cognizione di causa, di introdurre un’azione per danno-interessi contro gli eredi di A. A. che gli aveva venduto la Villa Zarifi.
62. Con le lettere del 1 giugno 2007 e del 14 agosto 2008, il Governo ha eccepito ancora del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo notare che, il 6 marzo 2007, il richiedente aveva introdotto una nuova azione per danno-interessi contro il Tesoro pubblico e che anche questa era pendente (paragrafo 41 sopra).
2. Il richiedente
63. Il richiedente ribatte che la controversia al centro della presente causa riguarda l’espropriazione di facto della Villa Zarifi nello stato in cui si trovava quando era stata acquistata; ora, il procedimento in quanto a questa parte della controversia è stato chiuso definitivamente dalla sentenza di cassazione del 13 luglio 2006 (paragrafo 39 in fine sopra).
64. Trattandosi della responsabilità civile presunta dei venditori della Villa Zarifi, il richiedente sostiene che nessun ricorso in questo senso potrebbe prosperare, non solo perché dopo 40 anni, ogni forma di azione civile si trova prescritta, ma, per di più, perché nessuna mancanza è imputabile agli eredi di A. A. che, anche loro, avevano agito sulla fede del registro fondiario (paragrafi 12 e 13 sopra).
65. Del resto, nessun problema si pone allo sguardo della competenza ratione temporis della Corte o della regola dei sei mesi, essendo cominciato il procedimento controverso il 16 febbraio 1995 ed essendo finito con la notificazione della decisione finale in data 21 ottobre 1999 (paragrafi 31 e 35 in fine sopra).
B. Valutazione della Corte
66. La Corte ricorda che ha già respinto delle eccezioni simili tratte dalla sua incompetenza ratione temporis (vedere, Fener Rum Patrikliği, Patriarcato Ecumenico, c. Turchia,( déc.), no 14340/05, 12 giugno 2007; Turgut ed altri c. Turchia, no 1411/03, § 75, 8 luglio 2008) e non vede, nello specifico, nessuna ragione per staccarsi da tale soluzione, tanto meno che, nella presente causa, la richiesta non deriva la sua origine né dall’applicazione delle leggi invocate dal Governo né dal carattere illecito del contratto di vendita stipulato dagli eredi di A. A..
La Corte ritornerà su questi punti (paragrafi 84-90 sotto).
67. Per ciò che riguarda la mancata osservanza del termine dei sei mesi (paragrafo 60 in fine sopra) basta osservare che la presente richiesta è stata introdotta l’ 11 aprile 2000, o nei sei mesi a partire dal 21 ottobre 1999, data di notificazione dell’ultima sentenza della Corte di cassazione (paragrafo 35 sopra).
68. Per ciò che riguarda la prima azione civile intentata contro il Tesoro pubblico (paragrafo 60 in supra sopra) risulta dalla pratica che la questione del risarcimento del danno subito a causa del trasferimento della Villa Zarifi è stata decisa definitivamente col rigetto del ricorso per rettifica della sentenza del richiedente datato 13 luglio 2006 (paragrafi 39 e 62 sopra) o prima che la Corte abbia deliberato sull’ammissibilità della presente richiesta (Kamil Uzun c. Turchia, no 37410/97, § 48, 10 maggio 2007). Di conseguenza, questa non è né prematura né si scontra contro la regola dei sei mesi.
Trattandosi della seconda azione, iniziata il 6 marzo 2007 (paragrafo 62 sopra) la Corte ammette che al Governo non è precluso di fare valere questo procedimento, essendo stato questo iniziato dopo il termine del termine che era stato assegnato per il deposito delle osservazioni scritte sull’ammissibilità della richiesta (vedere, per esempio, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, § 33, CEDH 2007 -… (brani)). Ciò essendo, a partire dal suddetto giudizio del 13 luglio 2006, questo procedimento si trovava limitato alle costruzioni annesse realizzate ulteriormente sul terreno della Villa Zarifi. La conclusione a cui questo procedimento potrebbe arrivare (paragrafo 42 sopra) può entrare certo in fila di conto rispetto all’articolo 41 della Convenzione ma non all’esame della questione della compatibilità del trasferimento gratuito di suddetto bene al Tesoro pubblico con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
69. Per ciò che riguarda infine le prospettive che un’azione per risarcimento contro gli eredi di A. A. avrebbe potuto presentare (paragrafo 61 sopra) la Corte nota che il Governo non ha prodotto nessuna decisione di giustizia che aveva dato guadagno di causa ad una persona che, in una situazione comparabile a quella del richiedente, è potuta stare in giudizio dei decenni dopo il fatto controverso. Supponendo che esistesse in teoria, il richiedente non era tuttavia tenuto a prendere tale via la cui effettività e accessibilità non sono state stabilite con il grado di certezza necessario per considerarla come offerente delle probabilità ragionevoli di successo (Akdivar ed altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 66, Raccolta 1996-IV; mutatis mutandis, Fener Rum Patrikliği, Patriarcato Ecumenico, precitata).
70. In conclusione, la Corte respinge l’eccezione del Governo in tutti i suoi risvolti e dichiara la richiesta ammissibile, non incontrando del resto questa nessuno degli altri motivi di inammissibilità enunciati all’articolo 35 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
A. Gli argomenti delle parti
1. Il Governo
71. Riferendosi alle sentenze Principe Hans-Adam II di Liechtenstein c. Germania ([GC], no 42527/98, CEDH 2001-VIII), Jantner c. Slovacchia, (no 39050/97, 4 marzo 2003), e Jahn ed altri c. Germania ([GC], numeri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, CEDH 2005-VI) il Governo sostiene che il richiedente non ha mai disposto di un “bene reale” qualsiasi, essendo la sua acquisizione della Villa Zarifi invalida fin dall’inizio, perché l’iscrizione fatta a suo nome era contraria alla legge. Non potendo fare nascere le iscrizioni erronee del registro fondiario un diritto qualsiasi ad acquisire una proprietà immobiliare, le giurisdizioni interne avrebbero solo corretto questo errore annullando il titolo di proprietà del richiedente, e questo, nel rispetto della ” legislazione pertinente”.
72. A questo riguardo, il Governo ricorda che i discendenti di Y. L. avevano lasciato il paese prima della guerra dei Balcani; non erano mai più stati censiti in Turchia dal 1904. La loro situazione ricadeva dunque sotto l’influenza delle leggi sull’amministrazione dei beni abbandonati, prima del 6 agosto 1924, coi rinnegato e degli individui ritenuti dispersi promulgate tra il 1915 e il 1923 (paragrafi 43-47 sopra).
Le misure prese contro tali beni miravano a “contribuire allo sviluppo del paese” e dovevano applicarsi anche ai beni sfuggiti alla confisca fino a questa ultima data.
73. Il Governo ricorda che la situazione del famiglia Z. si trovava stabilita dalle inchieste di sicurezza e confermata all’epoca delle azioni civili che riguardavano il suo patrimonio. Difatti, i membri di questa famiglia erano “stati dichiarati dispersi” dai giudizi del 29 aprile 1986 (paragrafi 17 e 18 sopra) e del 12 aprile 1989 (paragrafi 20 e 21 sopra) ed i loro beni erano stati registrati a nome del Tesoro pubblico, secondo i procedimenti contemplati agli articoli 377 e 530 del codice civile no 743 (paragrafo 44 sopra).
74. Il Governo si riferisce in particolare al giudizio del 1 ottobre 1989 (paragrafi 22-25 sopra) reso contro E. B., iscritta come comproprietario della Villa Zarifi. E’ proprio questo giudizio definitivo, mettendo in evidenza che i pretendenti all’eredità non erano gli eredi di Y. L.” che fornirebbe la risposta alla questione principale sollevata nello specifico. Così, come un numero di altri beni che la famiglia Z. aveva abbandonato, la proprietà della Villa Zarifi avrebbe dovuto essere ritenuta come trasferita ipso iure al Tesoro pubblico.
75. Secondo il Governo, il primo atto di vendita della Villa Zarifi poteva essere ad ogni modo, solamente fraudolento, proprio come gli attestati di eredi e di altri documenti che erano serviti a questa transazione: pertanto, i discendenti di Y. L. non possono più richiedere la restituzione della Villa Zarifi e nessun acquirente potrebbe pretendere di avere agito legittimamente sulla fede del registro fondiario. In altri termini, essendo invalido il contratto di vendita stipulato tra i discendenti di Y. L. ed A. A., ne andrebbe parimenti del contratto concluso col richiedente.
76. Il Governo sostiene infine che in nessun caso, non si può reputare che la richiedente sia diventata proprietaria tramite prescrizione acquisitiva, essendo esclusa simile possibilità per “i beni trasferiti al Tesoro pubblico.”
2. Il richiedente
77. Il richiedente ribatte che le giurisdizioni interne hanno ignorato il principio di proporzionalità consacrato dalla giurisprudenza della Corte decidendo di iscrivere la Villa Zarifi a nome del Tesoro pubblico senza avere avuto riguardo al fatto che era stata acquisita in buona fede ed era rimasta in suo possesso per 26 anni.
78. Il richiedente deplora che il Governo tenti di legittimare l’ingerenza commessa arguendo a proposito giudizi e di una legislazione che, in sé, ignorano la Convenzione. Secondo lei il fatto che certi altri beni di Y. L. siano stati confiscati prima non giustifica per niente l’annullamento del suo proprio titolo perché al momento della vendita-contrariamente a questi ultimi -la Villa Zarifi si trovava iscritta a nome di un cittadino turco.
79. Anche supponendo che ci sia stata un’irregolarità nell’iscrizione di cui si tratta, il richiedente sostiene che nessuno potrebbe obiettargli simile fatto dopo dieci anni di possesso in buona fede ai sensi dell’articolo 638 del vecchio codice civile (paragrafo 54 in fine sopra).
B. La valutazione della Corte
80. La Corte abborderà l’esame della situazione di fatto e di diritto in gioco nello specifico tenendo conto dell’insegnamento che risulta dalle seguenti sentenze: Apostolidi ed altri (no 45628/99, 27 marzo 2007); Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata; Nacaryan e Deryan (numeri 19558/02 e 27904/02, 8 gennaio 2008); Fener Rum Patrikliği (Patriarcato ecumenico) c. Turchia,( no 14340/05, 8 luglio 2008); Yedikule Surp Pırgiç Ermeni Hastanesi Vakfı c. Turchia (no 2) (no 36165/02, 16 dicembre 2008).
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
81. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza concernente la dimostrazione di un’ingerenza ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Jahn ed altri, precitata, § 78; Turgut ed altri, precitata, §§ 86, 87; N.A. ed altri c. Turchia, no 37451/97, §§ 36-37, CEDH 2005-X; Doğrusöz ed Aslan c. Turchia, no 1262/02, §§ 26-28, 30 maggio 2006; Nacaryan e Deryan, precitata, § 44; Fener Rum Patrikliği (Patriarcato Ecumenico) precitata, § 60; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, §§ 45 – 46; Apostolidi ed altri, precitata, § 66).
82. In questo contesto, osserva che la società richiedente ha acquisito la Villa Zarifi il 1 agosto 1969, pagando il prezzo coi suoi propri fondi, ai termini di un atto di vendita formale stipulato con gli eredi di A. A. dinnanzi al conservatore del registro fondiario (paragrafi 13 sopra). Con l’iscrizione del suo nome in suddetto registro in questa data, il richiedente è diventato proprietario di questo bene allo sguardo del diritto civile turco (paragrafo 52 in supra sopra) e lei ne ha potuto godere, in tutta tranquillità, almeno fino al 1 marzo 1999 (paragrafi 33-35 sopra). Non vi è contestazione che, durante questo periodo, il richiedente abbia saldato dalle tasse afferenti alla Villa Zarifi (mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, § 47) si sia avvalso di questo bene ai fini di atti ipotecari e abbia eretto degli edifici annessi in virtù di un permesso di costruire (mutatis mutandis, N.A. ed altri, precitata, § 39-paragrafi 13-14 sopra).
83. Tuttavia, prima di concludere, la Corte stima dovere rispondere agli argomenti del Governo secondo i quali il richiedente non avrebbe mai avuto lo statuto di proprietario legittimo perché l’iscrizione fondiaria fatta a suo nome era invalida e questo, per più di un motivo (paragrafo 71 sopra).
84. Contrariamente a ciò che il Governo lascia intendere (paragrafi 72 e 73 sopra) niente nella pratica permette di suggerire che la Villa Zarifi fosse bene un abbandonato dai membri di una famiglia, nell’occorrenza quella di Y. L., che dovevano essere qualificati come rinnegati o ritenuti dispersi ai sensi della legislazione anteriore all’instaurazione della Repubblica della Turchia il 29 ottobre 1923 (paragrafo 43 sopra) né che queste persone erano state dichiarate “disperse” alla conclusione di ricerche adeguate, come esige la giurisprudenza turca: le iscrizioni nel registro fondiario concernenti la Villa Zarifi non contengono nessuna informazione in questo senso, sapendo che l’unica testimonianza in materia è stata considerata come non probante (paragrafo 34 e 47 sopra).
85. Del resto, come l’amministrazione ha riconosciuto (paragrafo 31 sopra) è apparentemente per questa ragione che i beni iscritti esclusivamente a nome di Y. L. hanno dovuto essere confiscati, uno dopo l’altro e fin dalla loro identificazione, in virtù del vecchio codice civile no 743 del 17 febbraio 1926 (paragrafo 44 sopra) e non della suddetta specifica legislazione.
Non si potrebbe concludere dunque che la Villa Zarifi faceva parte della categoria di beni che spettavano ipso iure allo stato in modo da rendere nulla ogni iscrizione fondiaria fatta nel registro a nome di individui e/o a togliere ogni beneficio delle regole della prescrizione acquisitiva (paragrafi 45, 46, 76 e 77 sopra).
86. Ritornando ai fatti dalla causa, la Corte osserva che almeno dalla revisione catastale del 27 agosto 1951 (paragrafo 10 sopra) la Villa Zarifi non apparteneva più a Y. L., dichiarato giudizialmente deceduto con un giudizio del 29 aprile 1986 (paragrafi 17, 18 e 73 sopra); si trovava esplicitamente iscritta in quanto comproprietà dei suoi eredi L., T. ed E. B., dei sui fratelli L. L. e S. L. e di sua sorella, E. E. (paragrafo 9 sopra).
87. È vero che un altro giudizio di dichiarazione di decesso del 12 aprile 1989-citato dal Governo (paragrafi 20, 21 e 73 sopra)-riguardava non solo Y. L.6, ma anche i suoi prossimi E. E., L. L., S. L., E. E. e K. K.( paragrafo 7 sopra).
È però notevole che queste persone-ritenute decedute nel 1989-erano, anche se solo in parte, quelle che si erano fatte rappresentare dinnanzi alla corte d’appello di Istanbul nel 1978 (paragrafo 16). Comunque sia, questi giudizi-che, del resto, riguardavano solamente certi beni ubicati sulle Isole del Principe (gli appezzamenti numeri 4, 5, 6 del lotto 79 e l’appezzamento 14 del lotto 182)-si rivelano muti in quanto alle eredi legali di Y. L., ossia L. (deceduta nel frattempo-paragrafo 22 sopra), T. ed E. B. (paragrafi 8, 9 e 86 in supra sopra). Sembra inconcepibile che queste ultime abbiano potuto essere dichiarate decedute in virtù del codice civile, tenuto conto dei tre ulteriori procedimenti nel corso dei quali si sono fatte rappresentare dal 7 settembre 1987 (paragrafo 22 sopra) fino al 1 dicembre 1998 (paragrafo 30 sopra).
88. Trattandosi di questi tre procedimenti, il Governo attira l’attenzione su quello che è arrivato al giudizio del 1 ottobre 1989 (paragrafi 22-25 sopra) per cui i comproprietari della Villa Zarifi, (paragrafo 9 sopra) non potevano essere ammessi allo statuto di eredi di Y. L. secondo il diritto turco né, di conseguenza, ereditare il bene in causa (paragrafo 74 sopra).
Per questo motivo, la Corte nota, innanzitutto, che l’istanza respinta dal giudizio in questione è quella che tendeva ad ottenere, a nome dei discendenti di L. e di E. E. tra cui Y. L., un attestato di erede conforme al diritto turco (paragrafo 52 in fine sopra). Che tale attestato sia stato rifiutato loro, non vuole dire certo che gli interessati non fossero titolari di un diritto materiale sulla successione del loro de cujus. Del resto, due atti notarili stabiliti in Grecia ed in Svizzera, l’ 8 novembre 1948 e il 2 marzo 1954, permettono di presumere che i diritti successori di queste persone erano stati riconosciuti nel loro paese di residenza e che queste ultime avevano incaricato K. K. di gestire il patrimonio della famiglia in Turchia (paragrafo 8 sopra).
Si tratta di un elemento che va contro la tesi di “bene abbandonato” (paragrafo 72 sopra) tanto più che è su intervento di K. K. che la Villa Zarifi è stata venduta ad A. A., il 25 marzo 1954 (paragrafo 11 sopra).
89. Del resto, importa poco attardarsi sulla questione di sapere se i protagonisti erano o meno in diritto di sollecitare l’iscrizione della Villa Zarifi a loro nome, a titolo di eredi di una persona dichiarata deceduta (vedere, per esempio, Apostolidi ed altri, precitata, § 67) e/o di sperare di vedersi riconoscere legittimamente simile requisito secondo il diritto turco (vedere, per esempio, Nacaryan e Deryan, precitata, §§ 45, 46): dal 1951, la proprietà della Villa Zarifi si trovava già iscritta a loro nome (paragrafi 10 e 86 in fine sopra).
90. Detto questo, anche supponendo che le autorità turche abbiano avuto delle ragioni plausibili di pensare che i primi proprietari della Villa Zarifi dovevano ricadere sotto l’influenza delle leggi che regolano i rinnegati (paragrafo 43 sotto) la Corte stima di potere chiudere questo dibattito ricordando che, secondo la Corte di cassazione turca, suddetto regime poteva essere opposto eventualmente solo a questi ultimi ed ai loro eredi e non ai terzi acquirenti tra cui il richiedente (paragrafo 47 in fine sopra).
91. Però, è su questo punto preciso che interviene di nuovo il Governo, sostenitore che tanto questa iscrizione iniziale (paragrafo 10 sopra) che la vendita di prima mano ad A. A. (paragrafo 11 sopra) potevano essere fraudolente solamente perché si basavano su degli attestati di eredi e dei mandati (paragrafo 8 sopra) falsificati; anche il richiedente non potrebbe legittimamente pretendere di avere agito sulla fede del registro fondiario (paragrafo 75 sopra).
92. La Corte non potrebbe accordare credito a questa tesi, in mancanza di una verifica qualsiasi dell’autenticità dei documenti in questione presso delle autorità estere che li avevano emessi, di perseguimenti giudiziali contro i presunti autori della frode addotta o almeno di un’inchiesta amministrativa sull’eventuale responsabilità dei notai o dei funzionari incaricati della conservazione del registro fondiario e/o delle ipoteche che hanno convalidato gli atti che il Governo contesta adesso.
La Corte dunque non vede nessuna ragione plausibile per mettere in dubbio la buona fede del richiedente all’epoca della sua acquisizione e ritorna così all’essenziale.
93. Risulta della giurisprudenza turca che, anche se l’acquirente di prima mano, ossia A. A., aveva acquistato la Villa Zarifi in modo fraudolento, anche se fosse stata di connivenza col mandatario K. L. (paragrafo 11 sopra) o col notaio e gli altri funzionari riguardati, simile circostanza poteva essere opposta al richiedente, ossia l’acquirente di seconda mano solo se questo avesse saputo o avrebbe dovuto sapere che c’era stata frode, tenuto conto delle informazione che risultavano, in un dato momento, dal registro fondiario, senza che si possa rimproverargli di avere omesso di informarsi oltremodo sulle circostanze della conclusione degli atti precedenti o di verificare la legalità di questi (paragrafo 53 e 54 sopra).
Ora, nello specifico, il Governo non è stato in grado di dimostrare che il registro fondiario conteneva delle informazione di questo tipo (vedere, mutatis mutandis, Doğrusöz ed Aslan c. Turchia, no 1262/02, § 29, 30 maggio 2006).
94. Ne segue che al momento della sua acquisizione, il 1 agosto 1969 (paragrafo 13 sopra) il richiedente poteva avere legittimamente la certezza che gli atti in causa erano conformi alla legge e che avrebbe beneficiato della “sicurezza giuridica” in quanto al suo statuto di proprietario, intrinseco alla sua iscrizione nel registro fondiario (mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, § 56).
95. In breve, la radiazione definitiva del titolo di proprietà del richiedente, circa trent’ anni dopo l’acquisizione della Villa Zarifi, ha avuto per conseguenza di privare l’interessata di un bene reale e si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, per esempio, Yedikule Surp Pırgiç Ermeni Hastanesi Vakfı, § 28; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, §§ 48 e 49; Turgut ed altri, precitata, § 88; Doğrusöz ed Aslan, precitata, ibidem; mutatis mutandis, Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
2. Sul rispetto del principio di legalità
96. In quanto alla questione di sapere se questa privazione quadrava col principio di legalità (vedere, in particolare, Jahn ed altri, § 81, precitata; Nacaryan e Deryan, § 58, precitata; Fener Rum Patrikliği,( Patriarcato Ecumenico) precitata, § 70; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, §§ 50-52; Apostolidi ed altri, precitata, § 70) la Corte deve porsi essenzialmente in rapporto alla motivazione data dallacorte d’appello di Sarıyer (“il tribunale”-paragrafi 33 e 34 sopra) tenendo in mente che l’interpretazione della legislazione interna incombeva al primo capo a questa giurisdizione (vedere, per esempio, Wittek c. Germania, no 37290/97, § 49, CEDH 2002-XI; Forrer-Niedenthal c. Germania, no 47316/99, § 39, 20 febbraio 2003).
97. Essendo così, si è costretti a constatare che nello specifico, suddetta motivazione, del resto interamente ricalcata su quella della pretura di Adalar (paragrafo 25 sopra) è troppo vaga e soggetta ad analisi divergenti affinché si possa dire che si basava sull’interpretazione o sull’applicazione di un legislazione e/o di una giurisprudenza stabilita.
98. Nello specifico, il tribunale ha abbordato il suo esame tramite la condizione di reciprocità prevista all’articolo 35 della legge fondiario no 2644 (paragrafo 48 sopra) traendo argomento dai decreti afferenti del Consiglio dei ministri (paragrafo 49 sopra). Così, è giunto ad una prima conclusione, ossia che, se il decreto no 88/12592 del 3 febbraio 1988 comandava che si riconoscesse la qualità di erede ai discendenti di Y. L., ciò si rivelava tuttavia in particolare impossibile perché suddetto decreto non aveva effetto retroattivo (paragrafi 33 e 34.2 in fine sopra). Ora, il decreto susseguente no 88/12752, promulgato il 23 marzo 1988 (paragrafo 49 in fine sopra)-che il tribunale non poteva ignorare-contempla proprio una clausola di retroattività, proprio per ovviare alla situazione dei cittadini greci i cui diritti erano stati sospesi in passato (paragrafo 49 in fine sopra -Apostolidi ed altri, precitata, § 76); per di più, questa soluzione si trovava confermata esplicitamente dall’assemblea plenaria della Corte di cassazione (paragrafo 50 sopra) e questo, ben prima il tribunale deliberi.
99. Anche, la Corte stima di non potere seguire il tribunale su questo punto, tanto meno che ha già concluso, in circostanze comparabili, che l’applicazione della regola di reciprocità di cui si tratta aveva infranto il diritto dei non-cittadini di vedersi riconoscere i loro diritti successori allo sguardo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, per esempio, ibidem, §§ 71-78, e Nacaryan e Deryan, precitata, §§ 47-57).
La Corte non ritornerà neanche sull’argomento ricorrente di “ bene abbandonato” ( paragrafo 34.2 in supra sopra) perché ha già risposto (paragrafo 11, 72 e 88 sopra).
100. Per il resto, i considerando (paragrafi 34.2 sopra) consistono in una serie di estrapolazioni di fatto che si riferiscono sempre a Z., ma estranee alla situazione concreta del richiedente.
101. C’è da prima la conclusione secondo cui i documenti forniti dal consolato della Grecia e la testimonianza di E.E. non potevano essere determinanti, perché suddetto consolato non poteva sapere dove i protagonisti si trovavano né se erano ancora in vita, e perché E.E. non poteva essere informata di ciò che era potuto accadere prima della sua nascita nel 1902 (paragrafo 34.1 sopra).
Si tratta di avvenimenti che neanche il tribunale non poteva conoscere, il che non gli ha impedito tuttavia di deliberare (paragrafo 92 in supra sopra).
102. La Corte ritorna su un altro esempio l’analogia fatta tra la situazione del Tesoro pubblico e quella di una persona diventata proprietario di un bene iscritto a nome di un terzo tramite prescrizione acquisitiva, ed alla quale questo terzo non potrebbe più opporre un diritto reale qualsiasi. Si comprende a malapena questo esempio, non essendo la Villa Zarifi mai entrata in possesso del Tesoro

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE GÜNAYDIN TURİZM VE İNŞAAT TİCARET ANONİM ŞİRKETİ c. TURQUIE
(Requête no 71831/01)
ARRÊT
(fond)
STRASBOURG
2 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Günaydin Turizm Ve İnşaat Ticaret Anonim Şirketi c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 12 mai 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 71831/01) dirigée contre la République de Turquie et dont une société anonyme de droit turc, G. T. v. İ. T. A. Ş. (« la requérante »), avait saisi la Cour le 11 avril 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La société requérante est représentée par Me S. Ç., avocat à Istanbul et le gouvernement turc (« le Gouvernement »), par son agent.
3. Invoquant les articles 6, 8, 13 et 14 de la Convention et l’article 1 du Protocole no 1, la requérante allègue notamment avoir été privée de sa propriété, à l’issue d’une procédure inéquitable.
4. Le 13 avril 2006, le président de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
A. La genèse de l’affaire
1. La famille Z.
5. Ressortissant grec istanbuliote, Y. Z. était l’un des hommes d’affaires les plus fortunés de l’Empire ottoman au XIXème siècle. En 1821, accusé d’avoir financé l’insurrection du Péloponnèse, Y. Z. se réfugia à Odessa et son patrimoine à Istanbul fut confisqué. En 1829, il s’installa en Grèce avec sa famille.
6. En 1832, Y. Z., fils ainé de Y. Z., retourna à Istanbul ; il y épousa H. Z.. Il devint le conseiller financier du Sultan, fonda une banque et fit fortune en finançant l’Empire alors en difficulté. La famille disposait alors d’un très important patrimoine immobilier, notamment dans les Îles du Prince, et était connue pour ses actions caritatives.
En 1884 Y. Z. décéda et fut inhumé au cimetière orthodoxe de Şişli à Istanbul. Son fils L. Z. reprit les affaires.
7. L. et son épouse, E. E., vécurent à Istanbul et eurent plusieurs enfants : Y. L. G. Z. (« Y. L. »), L. L. T., E. E., S. L. et K. K..
Toujours à Istanbul, Y. L. se maria avec L. A. Z. (« L. ») ; de ce couple naquirent T. et E. B..
Selon toute vraisemblance, dans les années 1910, le couple s’installa à Athènes (d’après la thèse officielle, déjà aucun membre de cette famille n’avait été recensé en Turquie lors du recensement national de 1904).
Y. L. décéda le 6 juillet 1943 à Athènes, laissant derrière lui son épouse L. et ses deux filles.
8. D’après la traduction certifiée d’un mandat délivré le 28 novembre 1948 par un notaire à Lausanne, E. E. (paragraphe 7 in supra ci-dessus) avait chargé son frère K. K. de gérer les biens de la famille sis à Istanbul. La traduction, elle aussi certifiée, d’un second acte notarié, établi le 2 mars 1954 à Athènes, atteste que L., T. et E. B. sont les héritières de Y. L., que L. L. T. et S. L. sont les héritiers d’. E. Z. (paragraphe 7 in supra ci-dessus) et que K. K. est leur représentant.
2. Le bien litigieux et ses acquéreurs
9. Le bien en cause dans la présente affaire, connu sous le nom de « Villa Zarifi », est constitué d’un palais et de ses annexes sis sur un terrain arboré de 14782,38 m² au bord du Bosphore, au lieu-dit Tarabya (Sarıyer-Istanbul).
D’après le cadastre qui fait état de mesures de remembrement remontant au 2 février 1950 et visant à définir les limites de la Villa Zarifi, celle-ci appartenait à L., T., E. B., L. L. T., S. L. et E. E.. Tous vivaient alors à Athènes, sauf cette dernière, domiciliée à Lausanne.
10. Quoi qu’il en soit, à la suite de la révision cadastrale du 27 août 1951, la Villa Zarifi fut enregistrée sur le plan cadastral puis réinscrite au registre foncier au nom des six copropriétaires précités sous le numéro de parcelle 54 (lot 430, plan 72, livre 490).
11. Le 18 mars 1954, K. K., mandataire de la famille (paragraphe 8 ci-dessus), donna pouvoir à un certain K. L..
Le 25 mars 1954, celui-ci vendit la Villa Zarifi à un ressortissant turc, A. A., par un acte formel conclu devant le conservateur du registre foncier de Sarıyer.
12. Le 26 novembre 1964, A. A. décéda et la Villa Zarifi fut inscrite au nom de sa veuve et de ses quatre enfants.
13. Par un acte de vente formel du 1er août 1969, ces derniers cédèrent le bien à la société requérante, toujours selon la procédure officielle devant le conservateur du registre foncier.
Pendant plus de 25 ans, la requérante jouit du titre de propriété de la Villa Zarifi sans être inquiétée par la justice ni l’administration. Au début des années 90, la requérante entreprit même la construction de deux bâtiments annexes sur le terrain en vertu d’un permis de construire.
14. Pendant la période où elle était en possession de ses acquéreurs turcs, la Villa Zarifi fut l’objet de nombreuses saisies conservatoires et/ou grevée d’hypothèques pour divers motifs commerciaux.
B. Les procédures concernant le patrimoine et la succession de Y. L.
1. L’affaire no 1971/60
15. Par un jugement du 24 septembre 1971 rendu à la demande du Trésor public, le tribunal d’instance d’Adalar nomma un administrateur judiciaire, H.Ö, pour gérer certains biens identifiés comme étant inscrits au nom de Y. L., pour une durée de dix ans, au terme de laquelle le Trésor public pouvait revendiquer leur inscription sous son nom (article 530 du code civil – paragraphe 44 ci-dessous).
2. L’affaire no 1978/725
16. En 1978, les descendants de L. et d’E. E., faisant valoir leur qualité d’héritiers (paragraphe 8 ci-dessus), demandèrent au tribunal de grande instance d’Istanbul de congédier l’administrateur judiciaire H.Ö. afin de reprendre le contrôle des biens visés. Ce recours fut rejeté, semble-t-il en 1984.
3. Affaire no 1984/81
17. Le 27 janvier 1984, le Trésor public saisit le tribunal de grande instance d’Istanbul d’une requête visant au prononcé d’un jugement de déclaration de décès de Y. L. et au transfert, à son profit, des biens de ce dernier, inscrits sous les numéros de parcelle 4, 5, 6 (lot 79) dans les Îles du Prince, en vertu de l’article 530 du code civil.
A cet égard, il fit valoir que le délai de dix ans d’administration judiciaire de ces biens était expiré (paragraphe 15 ci-dessus).
18. Par un jugement du 29 avril 1986, le tribunal donna gain de cause au Trésor public, considérant que les annonces et appels judiciaires lancés pour s’enquérir du sort de Y. L. s’étaient avérés vains et que ce dernier devait donc être porté décédé.
4. Affaire no 1987/114
19. A une date non précisée en 1987, le tribunal de grande instance d’Istanbul rendit, à la demande du Trésor public, un nouveau jugement déclaratif de décès concernant Y. L. et autorisa la cession au Trésor public de certains de ses biens autres que ceux déjà transférés en vertu du jugement du 29 avril 1986 (paragraphe 18 ci-dessus).
5. Affaire no 1987/372
20. Le 3 juillet 1987, le Trésor public saisit le tribunal de grande instance d’Istanbul, demandant cette fois-ci qu’outre Y. L., les autres héritiers de L., à savoir son épouse, E. E., et ses enfants, L. L., E. E., S. L., ainsi que K. K. (paragraphe 7 ci-dessus) fussent également déclarés judiciairement décédés. Il réclama aussi le transfert d’un terrain de 6 755 m² sur les Îles du Prince, enregistré sous le numéro de parcelle 14 (lot 182), en invoquant le même motif d’expiration du délai de dix ans d’administration judiciaire.
21. Par un jugement du 12 avril 1989, le tribunal accéda à ces demandes1.
6. Affaires jointes nos1987/131 et 1987/170
22. Le 25 novembre 1975, L., la veuve de Y. L., décéda. Le 7 septembre 1987, sa fille E. B., agissant en son propre nom et au nom de sa sœur T., demanda au tribunal d’instance d’Adalar d’attester leur qualité d’héritières.
A cette fin, elle fit notamment valoir un certificat en ce sens émanant d’instances grecques (paragraphe 8 ci-dessus) et cita E.E. comme témoin. Celui-ci confirma qu’E. et T. étaient bien les descendantes de Y. L. et de L..
23. Le 9 novembre 1987, E. B. introduisit une seconde action en demandant cette fois au tribunal de conférer le statut d’héritier à tous les descendants de sa grand-mère, E. E. (paragraphe 7 ci-dessus).
24. Le Trésor public répondit qu’une demande analogue ayant déjà été écartée en 1984 (paragraphe 16 ci-dessus) et le décès de Y. L. ayant été judiciairement déclaré, il n’était plus possible de délivrer une attestation quelconque en ce sens.
25. Après avoir joint les deux demandes, le tribunal d’instance d’Adalar se prononça le 1er octobre 1989 et débouta E. B. de ses demandes (pour le texte intégral des attendus de ce jugement, voir paragraphe 34 ci-dessous).
7. Affaires nos 1991/1444-1440-1439-1445-1441
26. Le 16 septembre 1991, malgré les précédents ci-dessus, cinq descendants de la famille Z., dont E. B., réussirent à faire valoir leur qualité d’héritiers. Le tribunal d’instance d’Istanbul délivra cinq attestations à cet effet.
8. Affaire no 1996/1390
27. Or, le 26 mai 1993, le Trésor public, invoquant les jugements des 12 avril 1989 et 1er octobre 1989 (paragraphes 21 et 25 ci-dessus), introduisit une action en annulation desdites attestations (paragraphe 26 ci-dessus). D’après lui, seul le Trésor public avait la qualité d’héritier du patrimoine litigieux, les propriétaires initiaux étant judiciairement déclarés décédés. La société requérante intervint dans cette procédure, à titre accessoire.
28. Le 13 décembre 1995, le tribunal d’instance d’Istanbul annula les attestations litigieuses. Dans ses attendus, il précisa que la question soulevée en l’occurrence était de déterminer la situation juridique des prétendants à la succession, étant entendu que leur capacité d’acquérir des biens immobiliers en Turquie dépendait de la reconnaissance réciproque, en Grèce, d’un tel droit pour les citoyens turcs. Après avoir examiné la situation en Grèce, le tribunal conclut que la possibilité, pour les turcs, d’acquérir de tels biens dans ce pays était extrêmement réduite en droit et inexistante en pratique : partant, les ressortissants grecs ne pouvaient pas non plus prétendre à la succession d’un bien immobilier en Turquie.
29. Le 2 juillet 1996, la Cour de cassation infirma ce jugement pour vice de procédure.
30. Le 1er décembre 1998, après s’être conformé à l’arrêt de cassation, le tribunal annula le statut d’héritier des intéressés.
C. Le jugement concernant la requérante
31. Le 16 février 1995, le Trésor public saisit à nouveau le tribunal de grande instance de Sarıyer pour demander l’annulation du titre de propriété de la requérante sur la Villa Zarifi.
Dans son mémoire, étayé par un avis consultatif du bureau de contrôle des biens nationaux près le ministère des Finances, le Trésor public soutenait que Y. L. avait définitivement quitté la Turquie avant la guerre des Balkans et que, depuis lors, aucun membre de sa famille n’y avait été recensé. Y. L. et ses descendants devaient alors passer pour avoir disparu ou déserté pendant la guerre ; aussi leurs biens devaient-ils être confisqués en vertu des lois spéciales promulguées à cette fin après la première guerre mondiale et pendant la guerre d’indépendance de la Turquie (paragraphe 43 ci-après).
Pour le Trésor public, les autorités ayant omis de dûment vérifier si les intéressés étaient réellement ou non des renégats ou des disparus au sens de cette législation, l’administration avait dû se prévaloir de la procédure prévue à l’article 530 du code civil (paragraphe 44 ci-après) pour disposer des biens de Y. L. Toutefois, quelques lots avaient échappé à cette procédure et un groupe de malfaiteurs bien informés des lacunes du système avait réussi à faire inscrire la Villa Zarifi au nom des descendants de Y. L. en usant de documents falsifiés. D’après le Trésor public, il y avait eu à cet égard de quoi blâmer les instances administratives qui avaient manqué à leurs devoirs et responsabilités envers l’Etat.
Dans ces circonstances, la vente effectuée le 25 mars 1954 par des individus déchus de leur qualité d’héritiers (paragraphe 25 ci-dessus) devait tout simplement être déclarée nulle et non avenue, sans qu’aucun tiers acquéreur ne puisse prétendre avoir agi de bonne foi. Partant, la Villa Zarifi devait être transférée au Trésor public en application de l’article 530 du code civil comme l’avaient déjà été les autres biens de Y. L.
32. La requérante rétorqua qu’elle avait acheté la Villa Zarifi aux successeurs d’A. A. sur la foi du registre foncier, sachant qu’à cette époque aucun lien apparent n’existait entre ladite villa et Y. L. ; A. A. avait disposé de ce bien pendant dix-sept ans et elle-même, pendant vingt-six ans, et ce, en toute légalité et sans être inquiétés par la justice. Le demande du Trésor public devait donc être rejetée, d’autant plus qu’elle avait été introduite hors du délai de prescription de dix ans fixé pour les contestations cadastrales (paragraphe 10 ci-dessus).
Au demeurant, vingt-six ans de possession sans discontinuer suffisaient à faire déclarer la société propriétaire de la Villa Zarifi par prescription acquisitive.
33. Le 15 avril 1997, le tribunal de grande instance de Sarıyer se prononça :
« Au vu de l’abrogation du décret no 6/13801 du 2 novembre 1964 du Conseil des ministres par le décret no 88/12592 du [3] février 1988, de manière à autoriser désormais les ressortissants grecs à acquérir toutes sortes de biens en Turquie (paragraphes 49-51 ci-après), et au vu des circulaires que les instances du ministère de la Justice et les parquets nous ont communiquées à ce sujet, il aurait certes fallu délivrer aux successeurs, ressortissants grecs, une attestation d’héritier, et ce, sans aucune discrimination ; or, en l’espèce, nous estimons ne pas pouvoir agir en ce sens, pour les motifs qui suivent. »
34.1. La motivation de ce jugement, hormis son ultime attendu (paragraphe 34.3 ci-dessous), est identique à celle du jugement du 1er octobre 1989 rendu par le tribunal d’instance d’Adalar (paragraphe 25 ci-dessus) :
« 1. Avant tout, les documents obtenus auprès du consulat de Grèce (paragraphe 8 ci-dessus) et le témoignage effectué sous serment ne suffisent pas à asseoir un jugement. Il faut savoir que le témoin [il s’agit de E.E. – paragraphe 22 ci-dessus], né en 1902, n’est pas en mesure de savoir ce qui avait pu se passer auparavant ni de connaître tous les héritiers qui, selon le document fourni par le consulat de Grèce, se trouvaient dispersés dans plusieurs pays, tels que le Canada, les États-Unis et l’Italie. A supposer que les documents fournis par le consulat de Grèce puissent faire foi au titre d’écrits émanant d’une autorité officielle, il n’en demeure pas moins que les faits qui y sont relatés auraient pu changer au fil du temps pour diverses raisons. De surcroît, il est impossible que le consulat puisse être au courant de tous les développements qui avaient pu survenir dans les autres pays. En effet, dans la vie courante, on constate très souvent que des personnes en vie d’après les registres officiels, sont en réalité décédées ou portées disparues.
34.2.
2. D’après ce qu’on peut observer et savoir, le problème principal est Y. L. et, d’ailleurs, le témoin axe tout ce qu’il sait sur cette personne. En effet, Y. L. avait un patrimoine non négligeable dans les Îles du Prince. En revanche, il n’a été présenté aucun document établissant que les autres défunts2 disposaient de biens dans la République de Turquie. Avant tout, les principes élémentaires du droit exigent que, pour ester en justice, les personnes physiques ou morales aient un intérêt au sens juridique du terme. Or, rien dans le dossier ne démontre que les héritiers et descendants des autres défunts avaient un patrimoine en Turquie ni qu’ils avaient, par conséquent, un intérêt à réclamer une attestation d’héritier selon le système judiciaire turc. En ce qui concerne Y. L., il ressort des dires du témoin qu’il avait quitté la Turquie avec sa femme dans les années 1910, n’y était jamais retourné et n’y avait jamais fait gérer son patrimoine par les soins d’un représentant ; dès lors, ses biens immobiliers ont été confisqués par les tribunaux, en vertu des articles 377 et ss. du code civil, puis gérés pendant des années et, finalement, transférés au Trésor public en application de l’article 530 du code civil, après le jugement déclaratoire du décès de l’intéressé, au sens des articles 31 et ss. du code civil. Il est vrai qu’à l’heure actuelle, Y. L. possède encore certains biens qui n’ont pas été transférés au Trésor public. Cependant, dès lors qu’il a déjà été décidé d’inscrire ses autres biens au nom du Trésor public et de déclarer Y. L. judiciairement décédé, force est d’admettre que, désormais, tous les biens de Y. L. doivent passer pour avoir été transférés au Trésor public. A notre avis, dans le cas d’espèce, rien ne distingue le Trésor public d’un individu, en ce sens qu’une fois qu’une inscription est faite au nom du Trésor public, il n’est plus possible de l’annuler. La situation est comparable à celle d’un ancien propriétaire ou possesseur d’un bien immobilier délaissé pendant des années, lequel ne saurait opposer aucun droit à un tiers qui a utilisé ce bien et qui en a obtenu le titre de propriété par une décision judiciaire en vertu des dispositions sur la prescription acquisitive, ou encore à celle d’un bien immobilier non inscrit, mais qui a été utilisé sans interruption et sans contestation par un possesseur qui le fait inscrire au registre foncier en son nom en vertu de l’article 639 du code civil ; aussi Y. L. et/ou ses héritiers n’ont-ils plus le droit de demander la restitution de ces biens. Il découle des informations, documents et preuves disponibles que tous les de cujus et les prétendants à l’héritage ont quitté la Turquie, il y a des années ; ils se sont installés dans d’autres pays et ont délaissé leur patrimoine existant en Turquie ; partant, il faut désormais considérer ce patrimoine comme étant transféré au Trésor public et procéder dans ce contexte. En fait, on estime que, même si les héritiers n’avaient pas quitté la Turquie ou même s’ils avaient la citoyenneté de la République de Turquie, cela n’aurait pas porté à conséquence quant au fond [de l’affaire]. Au vu de ce qui précède, et considérant que les prétendants n’ont pas [droit à une] attestation d’héritier, parce qu’ils ne peuvent avoir cette qualité ; que l’action en reconnaissance de la qualité d’héritier intentée auparavant par certains des intéressés devant le tribunal d’instance d’Istanbul a été rejetée par un jugement no 1983/1451 du 23 novembre 19833 (…) ; que ce jugement a acquis force de chose jugée ; que le décret du Conseil des ministres susmentionné [du no 88/12592 du 3 février 1988] (paragraphes 33 ci-dessus et 49 ci-dessous) n’est pas applicable rétroactivement, nous décidons de rejeter les demandes.
34.3.
3) Conformément au jugement ci-dessus, nous déclarons que tous les biens de Y. L. sont réputés être transférés au Trésor public et, de ce fait, rejetons la demande de la partie demanderesse (sic) concernant la reconnaissance de sa qualité d’héritier. La vérité inébranlable est donc que, désormais, il est impossible de céder la propriété de [l’un de ces biens] en utilisant tel ou tel document ou en faisant valoir telle ou telle inscription foncière, et que si un tel acte a néanmoins eu lieu, la vente ne signifie rien ; compte tenu de [cette réalité], nous décidons l’annulation de l’inscription faite au registre foncier au nom de la société défenderesse, faute d’une vente valide. »
35. Ainsi, la Villa Zarifi fut inscrite au nom du Trésor public.
Le 14 novembre 1997, la requérante se pourvut en cassation. Réitérant ses moyens de défense (paragraphe 32 ci-dessus), elle déplora encore que le tribunal eût jugé sans même effectuer un état des lieux.
Par un arrêt du 3 décembre 1998, la Cour de cassation confirma le jugement attaqué. Le 1er mars 1999, elle rejeta le recours en rectification d’arrêt de la requérante. L’arrêt définitif fut notifié à celle-ci le 21 octobre 1999.
36. Le 12 février 2002, la requérante fut expulsée des lieux et, par la suite, condamnée à payer une compensation pour occupation illicite de la Villa Zarifi. Le 15 mai 2007, le dû à ce titre s’élevait à 1 106 656,61 TRY (environ 600 000 EUR).
A l’heure actuelle, la Villa Zarifi est louée à la Chambre de commerce d’Istanbul pour une durée de 49 ans.
D. Les actions en réparation diligentées par la requérante
37. Le 28 juillet 2003, la requérante introduisit une action en réclamation partielle (d’un montant de 10 milliards d’anciennes livres turques – TRL) contre le Trésor public et demanda la compensation de la perte subie à la suite du transfert sans indemnisation de la Villa Zarifi ainsi que le remboursement de la plus-value créée sur ce bien du fait des constructions annexes qu’elle y avait réalisées (paragraphe 13 in fine ci-dessus).
38. Par un jugement du 25 octobre 2005, le tribunal de grande instance de Sarıyer débouta la requérante au motif que le Trésor public n’avait pas à répondre des conséquences des inscriptions foncières faites au nom des particuliers antérieurement au transfert effectué en son nom. D’après lui, aucune négligence ou responsabilité ne pouvait non plus être imputée au conservateur du registre foncier ayant procédé à l’inscription au nom du Trésor public ; les personnes fautives étaient celles qui avaient irrégulièrement vendu le bien à la requérante et c’est à elles qu’il appartenait de réparer le préjudice incontestable subi en l’espèce.
39. Le 27 mars 2005, la Cour de cassation infirma ce jugement en tant qu’il portait sur la question – laissée en suspens – de savoir si le Trésor public avait bien bénéficié d’un enrichissement sans cause du fait de la plus-value alléguée (paragraphe 37 ci-dessus). Elle confirma le jugement en ce qui concernait la compensation de la perte de la Villa Zarifi elle-même.
Le 13 juillet 2006, les recours en rectification d’arrêt des deux parties furent écartés.
40. Le 23 janvier 2007, le tribunal de grande instance de Sarıyer rendit son second jugement. Tenant compte d’une expertise évaluant la plus-value revendiquée à 835 173,81 TRY4, le tribunal condamna le Trésor public à verser à la requérante la somme de 10 000 TRY.
Par un arrêt du 8 mai 2007, la Cour de cassation confirma ce jugement.
41. Entre-temps, le 6 mars 2007, la requérante saisit à nouveau le tribunal, réclamant cette fois-ci le restant du montant déterminé par l’expertise, assorti d’intérêts moratoires, plus son manque à gagner d’un montant de 167 034, 76 TRY. A titre subsidiaire, elle tira également argument de la responsabilité du conservateur du registre foncier, donc du Trésor public, du fait des préjudices découlant des fautes de service commises lors des inscriptions précédentes de la Villa Zarifi. Toutefois, aucune somme ne fut réclamée à ce titre.
Par un jugement du 13 novembre 2007, le tribunal accorda à la requérante la somme de 825 173,81 TRY, assortie d’intérêts à courir à partir du 15 février 2007 ; il rejeta la demande pour le surplus.
42. Sur pourvoi du Trésor public, l’affaire fut portée devant la Cour de cassation et, selon toute vraisemblance, celle-ci infirma le jugement pour motif de prescription à une date non précisée.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. La législation et la jurisprudence concernant les biens abandonnés par des renégats ou des expatriés
43. Pendant la guerre des Balkans (1912-1913) et la Première Guerre mondiale (1914-1918), nombre d’individus, accusés de trahison ou d’espionnage, fuirent l’Empire ottoman ou en furent expulsés. Pour prévenir un retour en force de ces derniers, deux lois notamment furent promulguées les 14 mai et 13 septembre 1915 ; d’après celles-ci, les personnes visées seraient déchues de la nationalité ottomane et leurs biens confisqués ipso iure. Cependant, à la suite de la défaite et du démembrement de l’Empire, certaines de ces personnes retournèrent au pays, parfois pour collaborer avec les puissances alliées. Or, pendant la guerre d’indépendance turque (1919-1923), particulièrement après la libération d’Izmir le 9 septembre 1922, la situation évolua au détriment des alliés. Aussi, les collaborateurs choisirent-ils soit de quitter définitivement la Turquie soit de se cacher afin d’éviter des représailles.
Face à cette situation, la législation de 1915 fut amendée par les lois des 20 avril 1922 et 15 avril 1923 portant administration des biens abandonnés par les renégats et les personnes portées disparues. Il était prévu que les biens de ces derniers seraient transférés au Trésor public ou, selon le cas, à la Direction des fondations de la Turquie.
44. La situation de droit décrite ci-dessus ne doit pas être confondue avec celle des personnes ayant fait l’objet d’une déclaration judiciaire de décès en vertu du droit commun, à savoir l’article 530 de l’ancien code civil no 743 du 17 février 1926 (resté en vigueur jusqu’à la promulgation du nouveau code no 4721 du 22 novembre 2001) :
« S’agissant des personnes dont l’état de vie ou de mort demeure inconnu et dont les biens sont gérés depuis dix ans par les soins des tribunaux, ainsi que des personnes dont les biens sont gérés depuis moins de dix ans mais qui ont atteint l’âge de cent ans, une décision est prise à la demande du Trésor public.
Si nul ayant-droit ne se manifeste pendant le délai d’affichage judiciaire préalable à la déclaration de décès, les biens en question sont transférés au Trésor public. Dans ce cas, le Trésor public demeure responsable envers la personne déclarée décédée et ses héritiers légaux (…) ».
La gestion de tels biens par des administrateurs judiciaires relève de la procédure prévue à l’article 377 § 1 de l’ancien code civil.
45. En la matière, les exemples jurisprudentiels (de l’assemblée plénière ou des 8ème et 14ème chambres de la Cour de cassation) produits par les parties fournissent les précisions suivantes :
En vertu de l’article 33 de l’ancienne loi no 766 sur les inscriptions foncières (en vigueur du 26 juillet 1972 au 9 octobre 1987), tel qu’amendé par la loi no 1617 du 19 juillet 1972 avec effet rétroactif, les biens immobiliers relevant de la juridiction et du contrôle de l’Etat (i.e. pâtures, rivages des mers, lacs, bandes côtières) ainsi que les biens qui reviennent à l’Etat en vertu des lois (i.e. la législation exposée au paragraphe 43 ci-dessus), qu’ils soient inscrits ou non au registre foncier, ne peuvent être acquis par prescription (arrêts des 19 septembre 1973 (E. 1969/7-1145, K. 703), 3 avril 1974 (E. 1971/8-626, K. 327) et 2 octobre 1974 (E. 1971/8-839, K. 1032)).
46. En ce qui concerne la première catégorie de biens, le fait est que ceux-ci ne peuvent en aucun cas faire l’objet d’une propriété privée même si l’Etat ne figure pas comme propriétaire sur le registre foncier ; ainsi, par exemple, la cession à un particulier d’une pâture est nulle et non avenue, même si – d’une manière ou d’une autre – il y a eu inscription au nom de ce particulier (arrêt du 19 juin 2003 (E. 2003/3504, K. 2003/5088)) ; qu’un tel bien étatique ait auparavant été illégitimement inscrit au nom de particuliers ne porte pas non plus à conséquence, pareille inscription ne faisant pas foi (arrêt du 15 décembre 1981 (E. 1981/6936, K. 1981/7298)).
47. Pour ce qui est de la seconde catégorie de biens, les juges, avant de statuer sur les prétentions de tiers, doivent d’abord dûment déterminer si le bien en cause appartenait initialement à une personne renégate ou portée disparue (arrêts des 29 mars 1978 (E. 1976/8-3250, K. 1978/280), 20 décembre 1973 (E. 5605, K. 7236) et 11 novembre 1983 (E. 1980/7-1948, K. 1983/1156)), compte tenu, par exemple, des expertises ou témoignages (arrêt du 11 décembre 1973 (E. 6803, K. 7036)) ou des annotations au registre foncier concernant le bien en cause (arrêt du 13 juin 1973 (E. 380, K. 3093)).
Cela étant, si la propriété d’un tel bien est acquise en bonne et due forme en vertu d’un acte de vente (i.e. acte de vente notarié), par un ressortissant turc (arrêt 12 avril 1978 (E. 1977/7-611, K. 1978/313)) ou non (arrêt du 30 mai 1979 (E. 4476, K. 6195)), la tâche du juge est de vérifier la validité dudit acte et de trancher en conséquence ; l’acte en question doit être exempt de vice (arrêts des 9 janvier 1979 (E. 10256, K. 101) et 2 juin 1977 (E. 1830, K. 5495)) et passé avec le propriétaire légitime qui est inscrit au registre foncier.
La législation concernant le patrimoine des renégats et expatriés (paragraphe 43 ci-dessous) n’est opposable qu’à cette catégorie de personnes ainsi qu’à leurs héritiers dont le patrimoine est réputé être confisqué ipso iure. Lorsque l’intéressé est un tiers ne relevant pas de cette législation et dont les biens n’ont jamais été confisqués à ce titre, la tâche du juge se limite à vérifier si l’intéressé a bien acquis la propriété du bien litigieux par un acte valide et à statuer en conséquence (arrêt du 24 mars 1961 (E. 8954, K. 2177)).
B. La règle de réciprocité et la situation des ressortissants grecs
48. L’article 35 de la loi foncière no 2644 du 22 décembre 1934, dans sa version en vigueur à l’époque (avant la modification du 19 juillet 2003) était ainsi libellé :
« Les étrangers (personnes physiques) peuvent acquérir par voie de cession et d’héritage des biens immeubles situés sur le territoire turc, sous réserve des restrictions prévues par les dispositions législatives et sous condition de réciprocité. »
49. A cet égard, il faut rappeler que, par un décret no 6/13801 du Conseil des ministres du 2 novembre 1964 (pris sur la base de la loi no 1062 sur la réciprocité), une contre-mesure concernant les personnes physiques et morales de nationalité grecque avait été adoptée en réaction aux mesures prises par le gouvernement grec restreignant quasi totalement la jouissance des droits de propriété par des ressortissants turcs en Grèce. Ce décret avait suspendu la conclusion d’actes portant sur des droits réels relatifs à un bien sis en Turquie et appartenant à des ressortissants grecs.
Cependant, par un décret no 88/12592 du 3 février 1988, le Conseil des ministres abrogea le décret précédent. En outre, le 23 mars 1988, le Conseil des ministres adopta le décret no 88/12752, additionnel au premier, dans lequel il relevait que, pendant la période où le décret du 2 novembre 1964 était en vigueur, des biens n’avaient pas pu être inscrits au registre foncier au nom des héritiers ou légataires qui n’étaient pas des ressortissants turcs, du fait de l’effet suspensif dudit décret ; aussi, pour corriger cette situation, le Conseil permettait l’inscription de pareils biens au registre foncier dans la mesure où les lois l’autorisaient.
50. D’après l’assemblée plénière de la Cour de cassation, les dispositions du décret précité du 2 novembre 1964 étaient de caractère provisoire, tout comme les décisions judiciaires rendues en application de ce décret. Pareilles décisions ne peuvent donc passer pour avoir créé un droit matériel quelconque ou anéantir un droit matériel existant. En abrogeant le décret de 1964 par les décrets de 1988, l’exécutif a manifesté sa volonté de lever rétroactivement les obstacles à l’inscription au registre des biens visés par l’ancien régime restrictif et d’autoriser ainsi la conclusion des actes de cession de propriété (i.e. promesse de vente, succession) qui se trouvaient gelés jusqu’alors. Il y va du principe qu’un droit matériel acquis ne peut être définitivement effacé par un décret du Conseil des ministres (arrêt du 13 février 1991 (E. 1990/2-648, K. 1991/65)).
51. Ceci dit, comme la Cour de cassation l’a précisé (arrêt du 23 novembre 2004 (E. 2004/13816, K. 2004/13771)), la possibilité ouverte par les décrets de 1988 ne porte aucun préjudice à l’article 35 du code foncier no 2644 et le principe de réciprocité demeure intact (paragraphe 48 ci-dessus).
C. Les autres normes de l’ancien code civil
52. D’après l’article 633 de l’ancien code civil, l’acquisition de la propriété foncière se fait par l’inscription au registre foncier. En cas de succession, la propriété est acquise avant l’inscription, mais l’intéressé ne peut céder le bien avant qu’il ne soit inscrit au registre foncier.
Le certificat d’héritier est une attestation délivrée par le tribunal d’instance du lieu d’ouverture de la succession en vue d’établir la qualité d’héritier d’une personne. Ce document ne répertorie pas les biens qui figurent dans le patrimoine du défunt mais établit la quotité des droits de chaque héritier. Il fait naître une présomption simple d’exactitude des énonciations qui y figurent. Si un certificat d’héritier inexact a été établi, il doit être annulé par le tribunal d’instance. Le certificat ne jouit pas de la foi publique, c’est-à-dire qu’il ne protège pas le tiers de bonne foi qui acquiert des biens successoraux d’un héritage apparent.
53. D’après l’article 931 de l’ancien code civil :
« Lorsqu’une personne acquiert une propriété ou un autre droit réel sur la foi des inscriptions du registre foncier, cette acquisition est valide ».
A cet égard, la personne qui doit être de bonne foi est celle qui a fait l’acquisition, étant entendu que sa foi doit porter sur la teneur du registre foncier même et non sur les documents contractuels à l’origine de telle ou telle inscription. Ainsi, la personne qui acquiert une propriété à l’aide de faux documents et qui fait inscrire le bien au registre foncier en tant que propriétaire de premier main ne saurait prétendre avoir ajouté foi au registre ; en revanche, l’acquéreur de deuxième main peut le faire, dans la mesure où son acquisition était motivée par l’inscription déjà existante au registre foncier (arrêt de principe du 26 janvier 1994 (E. 1993/1-792, K. 1994/9)).
54. L’article 932 de l’ancien code civil dispose que les inscriptions aux registres fonciers doivent être fondées sur une cause légitime, sachant qu’en cas d’inscription illégitime, les tiers acquéreurs qui étaient ou auraient dû être au courant d’un tel vice ne peuvent prétendre avoir agi sur la foi du registre foncier. Par ailleurs, en vertu de l’article 933, toute personne dont les droits réels ont été lésés par une inscription faite ou par des inscriptions modifiées ou radiées sans cause légitime pouvait en exiger la radiation ou la correction.
Cependant, en vertu de l’article 638 dudit code :
« Il ne peut y avoir d’opposition contre le droit de propriété d’une personne qui, bien qu’indûment inscrite au registre foncier comme étant le propriétaire, a possédé ce bien de bonne foi pendant dix ans, sans interruption ni contestation. »
55. En ce qui concerne l’application de ces deux normes (paragraphes 53 et 54 ci-dessus) aux biens immobiliers des renégats et expatriés (paragraphes 43-47 ci-dessus), un arrêt de principe portant harmonisation de la jurisprudence (arrêt du 3 février 1943 (E. 1942/7, K. 1943/8)) énonce :
« (…) Lorsqu’une tierce personne affirme avoir acquis une propriété, sur la foi du registre foncier, de la part d’un individu qui y était inscrit comme étant le propriétaire, avant d’objecter à cette tierce personne le fait que ladite inscription était frauduleuse ou qu’elle résultait d’une vente invalide, (…) il est évident qu’il faut d’abord prouver que cette personne était ou aurait dû être au courant de ce fait. (…) Il est vrai que les tiers sont à même d’examiner les inscriptions et les annotations au registre foncier ainsi que les documents versés par le conservateur du registre au dossier relatif à la transaction y afférente ; cependant, ce tiers demeure en droit de faire confiance à la validité d’une inscription faite au nom du [vendeur] par un fonctionnaire compétent et d’ajouter foi à pareille inscription. (…) Cette tierce personne ne saurait être tenue de vérifier la conformité à la loi (…) des actes contractuels à l’origine de l’inscription, (…), à moins que des informations concernant ces actes ne ressortent du registre-même ou des procès-verbaux fonciers qui en font partie (…)
Nous concluons qu’en l’espèce, il appartenait au Trésor public demandeur de prouver, conformément à la procédure, que la tierce personne avait fait une acquisition alors qu’elle connaissait la fraude commise, et qu’à défaut d’une telle preuve, on ne peut refuser à cette personne le droit de se prévaloir de l’article 931 du code civil, en prétextant que quiconque serait tenu de connaître la loi no 17715. »
56. L’article 917 § 1 de l’ancien code civil dispose que l’État est responsable de tout dommage résultant de la tenue du registre foncier.
EN DROIT
I. L’OBJET DU LITIGE
57. La société requérante allègue avoir été injustement privée de sa propriété, en l’absence d’un quelconque motif d’utilité publique et sans aucune indemnisation, en violation de l’article 1 du Protocole no 1.
Invoquant les articles 6 § 1, 13 et 14 de la Convention, elle se plaint également de ce que sa cause n’a pas été entendue dans un délai raisonnable et encore moins équitablement, car le tribunal de grande instance de Sarıyer aurait annulé son titre de propriété au mépris de la loi sur le cadastre et du code civil, uniquement parce que les propriétaires initiaux étaient de nationalité grecque.
Se prévalant de l’article 8 de la Convention, la requérante déplore enfin qu’elle ait été contrainte de quitter son siège social et que ses associés aient dû déménager.
58. Le Gouvernement combat ces thèses.
II. SUR LA RECEVABILITÉ
A. Arguments des parties
1. Le Gouvernement
59. Invoquant les arrêts Blečić c. Croatie ([GC], no 59532/00, CEDH 2006-III) et Mitap et Müftüoğlu c. Turquie (25 mars 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-II), le Gouvernement excipe d’emblée de l’incompétence ratione temporis de la Cour en deux branches. Premièrement, les lois à l’origine du transfert de la propriété de la Villa Zarifi remontent aux années 1915-1923 (paragraphe 43 ci-dessus) et, deuxièmement, celle-ci a été achetée le 1er août 1969 (paragraphe 13 ci-dessus) ; or la Turquie n’a reconnu le droit de recours individuel que le 28 janvier 1987.
60. Le Gouvernement considère en outre qu’il n’y a pas eu épuisement des voies de recours internes puisque l’action en réparation intentée contre le Trésor public (paragraphe 37 ci-dessus) était encore pendante à la date d’introduction de la requête. A titre subsidiaire, le Gouvernement estime que, si la requérante était persuadée de l’inefficacité de cette procédure, elle aurait dû alors saisir la Cour dans les six mois à partir de la date « de l’acte dénoncé ».
61. Il reproche en outre à la requérante d’avoir omis, en toute connaissance de cause, d’introduire une action en dommages-intérêts contre les héritiers d’A. A. qui lui avaient vendu la Villa Zarifi.
62. Par des lettres des 1er juin 2007 et 14 août 2008, le Gouvernement a encore excipé du non-épuisement des voies de recours internes, faisant remarquer que, le 6 mars 2007, la requérante avait introduit une nouvelle action en dommages-intérêts contre le Trésor public et que celle-ci se trouvait également pendante (paragraphe 41 ci-dessus).
2. La requérante
63. La requérante rétorque que le litige au cœur de la présente affaire concerne l’expropriation de facto de la Villa Zarifi dans l’état où elle se trouvait lorsqu’elle avait été achetée ; or, la procédure quant à cette partie du litige a été définitivement close par l’arrêt de cassation du 13 juillet 2006 (paragraphe 39 in fine ci-dessus).
64. S’agissant de la responsabilité civile présumée des vendeurs de la Villa Zarifi, la requérante soutient qu’aucun recours en ce sens ne saurait prospérer, non seulement parce qu’après 40 ans, toute forme d’action civile se trouve prescrite, mais, de surcroît, parce qu’aucune faute n’est imputable aux héritiers d’A. A. qui, eux aussi, avaient agi sur la foi du registre foncier (paragraphes 12 et 13 ci-dessus).
65. Du reste, nul problème ne se poserait au regard de la compétence ratione temporis de la Cour ou de la règle des six mois, la procédure litigieuse ayant débuté le 16 février 1995 et pris fin avec la notification de la décision finale en date du 21 octobre 1999 (paragraphes 31 et 35 in fine ci-dessus).
B. Appréciation de la Cour
66. La Cour rappelle qu’elle a déjà rejeté des exceptions semblables tirées de son incompétence ratione temporis (voir, Fener Rum Patrikliği (Patriarcat Œcuménique) c. Turquie (déc.), no 14340/05, 12 juin 2007 ; Turgut et autres c. Turquie, no 1411/03, § 75, 8 juillet 2008) et ne voit, en l’espèce, aucune raison pour se départir d’une telle solution, d’autant moins que, dans la présente affaire, la requête ne tire son origine ni de l’application des lois invoquées par le Gouvernement ni du caractère illicite du contrat de vente passé avec les héritiers d’A. A..
La Cour reviendra sur ces points (paragraphes 84-90 ci-dessous).
67. Pour ce qui est du non-respect du délai de six mois (paragraphe 60 in fine ci-dessus), il suffit d’observer que la présente requête a été introduite le 11 avril 2000, soit dans les six mois à partir du 21 octobre 1999, date de notification du dernier arrêt de la Cour de cassation (paragraphe 35 ci-dessus).
68. En ce qui concerne la première action civile intentée contre le Trésor public (paragraphe 60 in supra ci-dessus), il ressort du dossier que la question de la réparation du préjudice subi du fait du transfert de la Villa Zarifi a été définitivement tranchée avec le rejet du recours en rectification d’arrêt de la requérante en date du 13 juillet 2006 (paragraphes 39 et 62 ci-dessus), soit avant que la Cour ait statué sur la recevabilité de la présente requête (Kamil Uzun c. Turquie, no 37410/97, § 48, 10 mai 2007). Par conséquent, celle-ci n’est pas prématurée ni ne se heurte à la règle des six mois.
S’agissant de la seconde action, initiée le 6 mars 2007 (paragraphe 62 ci-dessus), la Cour admet que le Gouvernement n’est pas forclos à faire valoir cette procédure, celle-ci ayant été entamée postérieurement au terme du délai qui avait été imparti pour le dépôt des observations écrites sur la recevabilité de la requête (voir, par exemple, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turquie, no 34478/97, § 33, CEDH 2007-… (extraits)). Cela étant, à partir du jugement susmentionné du 13 juillet 2006, cette procédure se trouvait cantonnée aux constructions annexes réalisées ultérieurement sur le terrain de la Villa Zarifi. L’issue à laquelle cette procédure pourrait aboutir (paragraphe 42 ci-dessus) peut certes entrer en ligne de compte au regard de l’article 41 de la Convention mais non dans l’examen de la question de la compatibilité du transfert gracieux dudit bien au Trésor public avec l’article 1 du Protocole no 1.
69. En ce qui concerne enfin les perspectives qu’une action en réparation contre les héritiers d’A. A. aurait pu présenter (paragraphe 61 ci-dessus), la Cour note que le Gouvernement n’a produit aucune décision de justice ayant donné gain de cause à une personne qui, dans une situation comparable à celle de la requérante, a pu ester en justice des décennies après le fait litigieux. A supposer qu’elle existât en théorie, la requérante n’était néanmoins pas tenue d’emprunter une telle voie dont l’effectivité et l’accessibilité n’ont pas été établies avec le degré de certitude nécessaire pour la considérer comme offrant des chances raisonnables de succès (Akdivar et autres c. Turquie, 16 septembre 1996, § 66, Recueil 1996-IV ; mutatis mutandis, Fener Rum Patrikliği (Patriarcat Œcuménique), précitée).
70. En conclusion, la Cour rejette l’exception du Gouvernement en toutes ses branches et déclare la requête recevable, celle-ci ne se heurtant du reste à aucun des autres motifs d’irrecevabilité énoncés à l’article 35 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
A. Les arguments des parties
1. Le Gouvernement
71. Se référant aux arrêts Prince Hans-Adam II de Liechtenstein c. Allemagne ([GC], no 42527/98, CEDH 2001-VIII), Jantner c. Slovaquie (no 39050/97, 4 mars 2003) et Jahn et autres c. Allemagne ([GC], nos 46720/99, 72203/01 et 72552/01, CEDH 2005-VI), le Gouvernement soutient que la requérante n’a jamais disposé d’un « bien actuel » quelconque, son acquisition de la Villa Zarifi étant invalide dès le début, car l’inscription faite en son nom était contraire à la loi. Les inscriptions erronées du registre foncier ne pouvant faire naître un droit quelconque à acquérir une propriété immobilière, les juridictions internes n’auraient fait que corriger cette erreur en annulant le titre de propriété de la requérante, et ce, dans le respect de « la législation pertinente ».
72. A cet égard, le Gouvernement rappelle que les descendants de Y. L. avaient quitté le pays avant la guerre des Balkans ; ils n’étaient plus jamais recensés en Turquie depuis 1904. Leur situation tombait donc sous le coup des lois sur l’administration des biens abandonnés, avant le 6 août 1924, par des renégats et des individus portés disparus promulguées entre 1915 et 1923 (paragraphes 43-47 ci-dessus).
Les mesures prises contre de tels biens visaient à « contribuer au développement du pays » et devaient s’appliquer même aux biens ayant échappé à la confiscation jusqu’à cette dernière date.
73. Le Gouvernement rappelle que la situation de la famille Z. se trouvait établie par les enquêtes de sécurité et confirmée lors des actions civiles visant son patrimoine. En effet, les membres de cette famille avaient été « déclarés disparus » par des jugements des 29 avril 1986 (paragraphes 17 et 18 ci-dessus) et 12 avril 1989 (paragraphes 20 et 21 ci-dessus), et leurs biens avaient été enregistrés au nom du Trésor public, selon les procédures prévues aux articles 377 et 530 du code civil no 743 (paragraphe 44 ci-dessus).
74. Le Gouvernement se réfère en particulier au jugement du 1er octobre 1989 (paragraphes 22-25 ci-dessus) rendu à l’encontre d’E. B., inscrite comme copropriétaire de la Villa Zarifi. C’est bien ce jugement définitif, mettant en évidence que les prétendants à l’héritage « n’étaient pas les héritiers de Y. L. », qui fournirait la réponse à la question principale soulevée en l’espèce. Ainsi, à l’instar de nombre d’autres biens que la famille Z. avait abandonnés, la propriété de la Villa Zarifi devrait passer pour avoir été transférée ipso iure au Trésor public.
75. D’après le Gouvernement, en tout état de cause, le premier acte de vente de la Villa Zarifi ne pouvait être que frauduleux, tout comme les attestations d’héritier et d’autres documents ayant servi à cette transaction : partant, les descendants de Y. L. ne peuvent plus réclamer la restitution de la Villa Zarifi et nul acheteur ne saurait légitimement prétendre avoir agi sur la foi du registre foncier. En d’autres termes, le contrat de vente passé entre les descendants de Y. L. et A. A. étant invalide, il en irait de même du contrat conclu avec la requérante.
76. Le Gouvernement soutient enfin qu’en aucun cas, la requérante ne peut être réputée être devenue propriétaire par prescription acquisitive, pareille possibilité étant exclue pour « les biens transférés au Trésor public ».
2. La requérante
77. La requérante rétorque que les juridictions internes ont méconnu le principe de proportionnalité consacré par la jurisprudence de la Cour en décidant d’inscrire la Villa Zarifi au nom du Trésor public sans avoir égard au fait qu’elle avait été acquise de bonne foi et était demeurée en sa possession durant 26 ans.
78. La requérante déplore que le Gouvernement tente de légitimer l’ingérence commise en arguant de jugements et d’une législation qui, en soi, méconnaissent la Convention. D’après elle, que certains autres biens de Y. L. aient auparavant été confisqués ne justifie en rien l’annulation de son propre titre parce qu’au moment de la vente – contrairement à ces derniers – la Villa Zarifi se trouvait inscrite au nom d’un ressortissant turc.
79. Même à supposer qu’il ait eu une irrégularité dans l’inscription dont il s’agit, la requérante soutient que nul ne saurait lui objecter pareil fait après dix ans de possession de bonne foi au sens de l’article 638 de l’ancien code civil (paragraphe 54 in fine ci-dessus).
B. L’appréciation de la Cour
80. La Cour abordera l’examen de la situation de fait et de droit en jeu en l’espèce en tenant compte de l’enseignement qui ressort des arrêts suivants : Apostolidi et autres (no 45628/99, 27 mars 2007) ; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité ; Nacaryan et Deryan (nos 19558/02 et 27904/02, 8 janvier 2008) ; Fener Rum Patrikliği (Patriarcat œcuménique) c. Turquie (no 14340/05, 8 juillet 2008) ; Yedikule Surp Pırgiç Ermeni Hastanesi Vakfı c. Turquie (no 2) (no 36165/02, 16 décembre 2008).
1. Sur l’existence d’une ingérence
81. La Cour renvoie à sa jurisprudence concernant la démonstration d’une ingérence au sens de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, entre autres, Jahn et autres, précité, § 78 ; Turgut et autres, précité, §§ 86, 87 ; N.A. et autres c. Turquie, no 37451/97, §§ 36-37, CEDH 2005-X ; Doğrusöz et Aslan c. Turquie, no 1262/02, §§ 26-28, 30 mai 2006 ; Nacaryan et Deryan, précité, § 44 ; Fener Rum Patrikliği (Patriarcat œcuménique), précité, § 60 ; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, §§ 45- 46 ; Apostolidi et autres, précité, § 66).
82. Dans ce contexte, elle observe que la société requérante a acquis la Villa Zarifi le 1er août 1969, en payant le prix avec ses fonds propres, aux termes d’un acte de vente formel passé avec les héritiers d’A. A. devant le conservateur du registre foncier (paragraphes 13 ci-dessus). Par l’inscription de son nom audit registre à cette date, la requérante est devenue propriétaire de ce bien au regard du droit civil turc (paragraphe 52 in supra ci-dessus) et elle en a pu jouir, en toute tranquillité, au moins jusqu’au 1er mars 1999 (paragraphes 33-35 ci-dessus). Nul ne conteste que, pendant cette période, la requérante s’est acquittée des taxes afférentes à la Villa Zarifi (mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, § 47), a usé de ce bien aux fins d’actes hypothécaires et y a érigé des bâtiments annexes en vertu d’un permis de construire (mutatis mutandis, N.A. et autres, précité, § 39 – paragraphes 13-14 ci-dessus).
83. Toutefois, avant de conclure, la Cour estime devoir répondre aux arguments du Gouvernement d’après lequel la requérante n’aurait jamais eu le statut d’un propriétaire légitime parce que l’inscription foncière faite en son nom était invalide et ce, à plus d’un égard (paragraphe 71 ci-dessus).
84. Contrairement à ce que le Gouvernement laisse entendre (paragraphes 72 et 73 ci-dessus), rien dans le dossier ne permet de suggérer que la Villa Zarifi était un bien abandonné par les membres d’une famille, en l’occurrence celle de Y. L., devant être qualifiés de renégats ou portés disparus au sens de la législation antérieure à l’instauration de la République de Turquie le 29 octobre 1923 (paragraphe 43 ci-dessus) ni que ces personnes avaient été déclarées « disparues » à l’issue de recherches adéquates, comme le veut la jurisprudence turque : les inscriptions au registre foncier concernant la Villa Zarifi ne contiennent aucune information en ce sens, sachant que l’unique témoignage en la matière a été considéré comme non probant (paragraphe 34 et 47 ci-dessus).
85. D’ailleurs, comme l’administration l’a reconnu (paragraphe 31 ci-dessus), c’est apparemment pour cette raison que les biens inscrits exclusivement au nom de Y. L. ont dû être confisqués, l’un après l’autre et dès leur identification, en vertu de l’ancien code civil no 743 du 17 février 1926 (paragraphe 44 ci-dessus) et non de la législation spécifique susmentionnée.
On ne saurait donc conclure que la Villa Zarifi faisait partie de la catégorie de biens qui reviennent ipso iure à l’Etat de sorte à rendre caduque toute inscription foncière faite au registre au nom de particuliers et/ou à ôter tout bénéfice des règles de la prescription acquisitive (paragraphes 45, 46, 76 et 77 ci-dessus).
86. Revenant aux faits de la cause, la Cour observe qu’au moins depuis la révision cadastrale du 27 août 1951 (paragraphe 10 ci-dessus), la Villa Zarifi n’appartenait plus à Y. L., déclaré judiciairement décédé par un jugement du 29 avril 1986 (paragraphes 17, 18 et 73 ci-dessus) ; elle se trouvait explicitement inscrite en tant que copropriété de ses héritiers L., T. et E. B., de ses frères L. L. et S. L. et de sa sœur, E. E. (paragraphe 9 ci-dessus).
87. Il est vrai qu’un autre jugement de déclaration de décès du 12 avril 1989 – cité par le Gouvernement (paragraphes 20, 21 et 73 ci-dessus) – vise non seulement Y. L.6, mais aussi ses proches E. E., L. L., S. L., E. E. et K. K. (paragraphe 7 ci-dessus).
Il est cependant remarquable que ces personnes – portées décédées en 1989 – étaient, fût-ce en partie, celles qui s’étaient fait représenter devant le tribunal de grande instance d’Istanbul en 1978 (paragraphe 16 ci-dessus). Quoi qu’il en soit, ces jugements – qui, du reste, ne visaient que certains biens sis sur les Îles du Prince (les parcelles nos 4, 5, 6 du lot 79 et la parcelle 14 du lot 182) – s’avèrent muets quant aux héritières légales de Y. L., à savoir L. (décédée dans l’intervalle – paragraphe 22 ci-dessus), T. et E. B. (paragraphes 8, 9 et 86 in supra ci-dessus). Il paraît inconcevable que ces dernières aient pu être déclarées décédées en vertu du code civil, compte tenu des trois procédures ultérieures au cours desquelles elles se sont fait représenter du 7 septembre 1987 (paragraphe 22 ci-dessus) jusqu’au 1er décembre 1998 (paragraphe 30 ci-dessus).
88. S’agissant de ces trois procédures, le Gouvernement attire l’attention sur celle qui a abouti au jugement du 1er octobre 1989 (paragraphes 22-25 ci-dessus), d’après lequel les copropriétaires de la Villa Zarifi (paragraphe 9 ci-dessus) ne pouvaient être admis au statut d’héritiers de Y. L. selon le droit turc ni, par conséquent, hériter du bien en cause (paragraphe 74 ci-dessus).
A ce sujet, la Cour note, avant tout, que la demande rejetée par le jugement en question est celle tendant à obtenir, au nom des descendants de L. et d’E. E., dont Y. L., une attestation d’héritier conforme au droit turc (paragraphe 52 in fine ci-dessus). Qu’une telle attestation leur ait été refusée, ne veut assurément pas dire que les intéressés n’étaient pas titulaires d’un droit matériel sur la succession de leur de cujus. D’ailleurs, deux actes notariaux établis en Grèce et en Suisse, les 8 novembre 1948 et 2 mars 1954, permettent de présumer que les droits successoraux de ces personnes avaient été reconnus dans leur pays de résidence et que ces dernières avaient mandaté K. K. pour gérer le patrimoine de la famille en Turquie (paragraphe 8 ci-dessus).
Il s’agit là d’un élément qui va à l’encontre de la thèse de « bien abandonné » (paragraphe 72 ci-dessus), d’autant que c’est sur intervention de K. K. que la Villa Zarifi a été vendue à A. A., le 25 mars 1954 (paragraphe 11 ci-dessus).
89. Au demeurant, il importe peu de s’attarder sur la question de savoir si les protagonistes étaient ou non en droit de solliciter l’inscription de la Villa Zarifi à leur nom, à titre d’héritiers d’une personne déclarée décédée (voir, par exemple, Apostolidi et autres, précité, § 67) et/ou d’espérer se voir légitimement reconnaître pareille qualité selon le droit turc (voir, par exemple, Nacaryan et Deryan, précité, §§ 45, 46) : depuis 1951, la propriété de la Villa Zarifi se trouvait déjà inscrite en leur nom (paragraphes 10 et 86 in fine ci-dessus).
90. Ceci dit, même à supposer que les autorités turques aient eu des raisons plausibles de penser que les premiers propriétaires de la Villa Zarifi devaient tomber sous le coup des lois régissant les renégats (paragraphe 43 ci-dessous), la Cour estime pouvoir clore ce débat en rappelant que, d’après la Cour de cassation turque, ledit régime ne pouvait éventuellement être opposé qu’à ces derniers et à leurs héritiers et non aux tiers acquéreurs, dont la requérante (paragraphe 47 in fine ci-dessus).
91. Cependant, c’est sur ce point précis qu’intervient à nouveau le Gouvernement, soutenant que tant cette inscription initiale (paragraphe 10 ci-dessus) que la vente de première main à A. A. (paragraphe 11 ci-dessus) ne pouvaient être que frauduleuse car elles se fondaient sur des attestations d’héritiers et des mandats (paragraphe 8 ci-dessus) falsifiés ; aussi la requérante ne saurait-elle légitimement prétendre avoir agi sur la foi du registre foncier (paragraphe 75 ci-dessus).
92. La Cour ne saurait accorder crédit à cette thèse, en l’absence d’une vérification quelconque de l’authenticité des documents en question auprès des autorités étrangères qui les avaient émis, de poursuites judiciaires à l’encontre des auteurs présumés de la fraude alléguée ou ne serait-ce que d’une enquête administrative sur l’éventuelle responsabilité des notaires ou des fonctionnaires chargés de la conservation du registre foncier et/ou des hypothèques ayant validé les actes que le Gouvernement conteste maintenant.
La Cour ne voit donc aucune raison plausible pour mettre en doute la bonne foi de la requérante lors de son acquisition et revient ainsi à l’essentiel.
93. Il ressort de la jurisprudence turque que, même si l’acheteur de première main, à savoir A. A., avait acquis la Villa Zarifi de manière frauduleuse, fût-il de connivence avec le mandataire K. L. (paragraphe 11 ci-dessus) ou avec le notaire et les autres fonctionnaires concernés, pareille circonstance ne pouvait être opposée à la requérante, à savoir l’acquéreur de deuxième main, que si celle-ci savait ou aurait dû savoir qu’il y avait eu fraude, compte tenu des informations qui ressortaient, au moment donné, du registre foncier, sans qu’on puisse lui reprocher d’avoir omis de s’enquérir outre mesure sur les circonstances de la conclusion des actes précédents ou de vérifier la légalité de ceux-ci (paragraphe 53 et 54 ci-dessus).
Or, en l’espèce, le Gouvernement n’a pas été en mesure de démontrer que le registre foncier contenait des informations de ce type (voir, mutatis mutandis, Doğrusöz et Aslan c. Turquie, no 1262/02, § 29, 30 mai 2006).
94. Il s’ensuit qu’au moment de son acquisition, le 1er août 1969 (paragraphe 13 ci-dessus), la requérante pouvait légitimement avoir la certitude que les actes en cause étaient conformes à la loi et qu’elle bénéficierait de la « sécurité juridique » quant à son statut de propriétaire, intrinsèque à son inscription au registre foncier (mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, § 56).
95. En bref, la radiation définitive du titre de propriété de la requérante, environ trente ans après l’acquisition de la Villa Zarifi, a eu pour conséquence de priver l’intéressée d’un bien actuel et s’analyse en une « privation » de propriété au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, par exemple, Yedikule Surp Pırgiç Ermeni Hastanesi Vakfı, § 28 ; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, §§ 48 et 49 ; Turgut et autres, précité, § 88 ; Doğrusöz et Aslan, précité, ibidem ; mutatis mutandis, Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
2. Sur le respect du principe de légalité
96. Quant à la question de savoir si cette privation cadrait avec le principe de légalité (voir, notamment, Jahn et autres, § 81, précité ; Nacaryan et Deryan, § 58, précité ; Fener Rum Patrikliği (Patriarcat œcuménique), précité, § 70 ; Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, §§ 50-52 ; Apostolidi et autres, précité, § 70), la Cour doit se situer essentiellement par rapport à la motivation donnée à cet égard par le tribunal de grande instance de Sarıyer (« le tribunal » – paragraphes 33 et 34 ci-dessus), en gardant à l’esprit que c’est à cette juridiction que l’interprétation de la législation interne incombait au premier chef (voir, par exemple, Wittek c. Allemagne, no 37290/97, § 49, CEDH 2002-XI ; Forrer-Niedenthal c. Allemagne, no 47316/99, § 39, 20 février 2003).
97. Cela étant, force est de constater qu’en l’espèce, ladite motivation, du reste entièrement calquée sur celle du tribunal d’instance d’Adalar (paragraphe 25 ci-dessus), est trop vague et sujette à des analyses divergentes pour que l’on puisse dire qu’elle se fondait sur l’interprétation ou sur l’application d’une législation et/ou d’une jurisprudence établie.
98. En l’espèce, le tribunal a abordé son examen par la condition de réciprocité prévue à l’article 35 de la loi foncière no 2644 (paragraphe 48 ci-dessus), en tirant argument des décrets y afférents du Conseil des ministres (paragraphe 49 ci-dessus). Ainsi, il est parvenu à une première conclusion, à savoir que, si le décret no 88/12592 du 3 février 1988 commandait que l’on reconnût la qualité d’héritier aux descendants de Y. L., cela s’avérait néanmoins impossible notamment parce que ledit décret n’avait pas d’effet rétroactif (paragraphes 33 et 34.2 in fine ci-dessus). Or, le décret subséquent no 88/12752, promulgué le 23 mars 1988 (paragraphe 49 in fine ci-dessus) – que le tribunal ne pouvait ignorer – prévoit bien une clause de rétroactivité, justement pour remédier à la situation des ressortissants grecs dont les droits avaient été suspendus par le passé (paragraphe 49 in fine ci-dessus – Apostolidi et autres, précité, § 76) ; de surcroît, cette solution se trouvait explicitement confirmée par l’assemblée plénière de la Cour de cassation (paragraphe 50 ci-dessus), et ce, bien avant que le tribunal ne statuât.
99. Aussi, la Cour estime-elle ne pas pouvoir suivre le tribunal sur ce point, d’autant moins qu’elle a déjà conclu, dans des circonstances comparables, que l’application de la règle de réciprocité dont il s’agit avait enfreint le droit des non-ressortissants de voir reconnaitre leurs droits successoraux au regard de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, par exemple, ibidem, §§ 71-78, et Nacaryan et Deryan, précité, §§ 47-57).
La Cour ne reviendra pas non plus sur l’argument récurrent de « bien abandonné » (paragraphe 34.2 in supra ci-dessus), parce qu’elle y a déjà répondu (paragraphe 11, 72 et 88 ci-dessus).
100. Pour le reste, les attendus (paragraphes 34.2

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