A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GÜMRÜKCÜLER ET AUTRES c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 9580/03/2010
Stato: Turchia
Data: 2010-01-26 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

QUARTA SEZIONE
CAUSA GÜMRÜKÇÜLER ED ALTRI C. TURCHIA
(Richiesta no 9580/03)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
26 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Gümrükçüler ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nicolas Bratza, presidente, Giovanni Bonello, Davide Thór Björgvinsson, Ján Šikuta, Päivi Hirvelä, Işıl Karakaş, Mihai Poalelungi, giudici,
e da Fatoş Aracý, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 9580/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui trenta quattro cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 15 gennaio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. İ. T., avvocato ad Ankara. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. I richiedenti adducono la violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 21 giugno 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti risiedono ad Alanya, Istanbul, Ankara, Manavgat e İzmir.
7. Nel 1968, all’epoca di lavori di accatastamento, due terreni rispettivamente di 160 878 m² e 97 332 m², ubicati nel quartiere di Tepe ad Alanya (Antalya), furono registrati a nome dei ascendenti dei richiedenti sotto i numeri di appezzamenti rispettivamente 2 (no isolato 126) e 12 (no isolato 94) con la qualifica di “campo agricolo.” Il 19 giugno 1970, due atti di proprietà che non comprendevano nessuna annotazione restrittiva, furono stabiliti a nome degli interessati. I richiedenti ereditarono gli appezzamenti in contenzioso in seguito al decesso dei loro ascendenti.
8. Il 10 agosto 1994, la Direzione generale delle foreste, la Direzione generale, investì la corte d’appello di Alanya (il tribunale) di due azioni tese all’annullamento dei titoli di proprietà annotati sul registro fondiario per gli appezzamenti numeri 12 e 2 e la loro re iscrizione a suo nome. Queste due cause furono registrate al ruolo del tribunale sotto i numeri 1994/342 e 1994/346.
9. Il 20 aprile 1995, il 20 ottobre 1995 e il 10 ottobre 1995, certi richiedenti chiesero al tribunale di partecipare al procedimento in quanto parti civili.
10. Il 31 gennaio 1996, una parte dei richiedenti introdusse dinnanzi allo stesso tribunale un’istanza riconvenzionale. Sostennero che i loro ascendenti possedevano i terreni controversi da sempre ed avevano dei titoli di proprietà. Chiesero al tribunale di constatare che i terreni controversi non facevano parte della tenuta forestale. Il 9 aprile 1996, il tribunale decise di unire questa causa ad altre due.
11. Il tribunale procedette a tre visite dei luoghi, accompagnate dalle parti e dai periti. Avendo i rapporti di perizia versati alla pratica il 22 maggio 1995 ed il 10 luglio 1996 delle conclusioni contraddittorie in quanto alla natura forestale dei terreni, il tribunale ordinò una terza perizia. Il 21 novembre 1997, il terzo collegio di periti versò il suo rapporto alla pratica. Secondo questo ultimo rapporto 114 872,35 m² dell’appezzamento no 2 e 82 290,53 m² dell’appezzamento 12 facevano parte della tenuta forestale.
12. Il 5 maggio 1998, il tribunale rese rispettivamente due giudizi per i due cause numeri 1994/342-118 e 1994/346-118. Diventò parzialmente dritto alle domande della Direzione generale, decise di annullare i titoli di proprietà dei richiedenti per 114 872,35 m² dell’appezzamento no 2 e per 82 290,53 m² dell’appezzamento 12 e di registrarli al nome della Direzione generale e respinse la loro istanza riconvenzionale per questa parte. Decise di lasciare il restante dei terreni a nome dei richiedenti e respinse la loro istanza riconvenzionale Nelle sue costatazioni, constatò che l’atto di proprietà dell’ 11 novembre 1949 corrispondeva agli appezzamenti controversi per ciò che riguardava le parti a est, ovest e nord, ma che per la parte a sud esistevano delle imprecisioni, che esistevano degli alberi di 60-70 anni sul terreno, che il terreno doveva essere considerato come facente parte della tenuta forestale secondo la legge sulle foreste no 3166 dell’ 8 febbraio 1937, che non entrava nella categoria dei terreni da restituire secondo la legge sulle foreste no 5658 del 24 marzo 1950, che doveva essere considerato secondo la legge no 6831 sulle foreste del 31 agosto 1956, come modificata dalle leggi numeri 2896 (1983) e 3373 (1987). Peraltro, il tribunale si riferì alla sentenza della Corte di cassazione del 5 luglio 1993, 1992/11290 E. e 1993/5824 K. secondo cui le indicazioni del registro fondiario valgono solamente per i beni immobiliari che non erano all’origine una tenuta forestale.
13. Il 18 febbraio 2002, la Corte di cassazione confermò i giudizi attaccati.
14. Il 24 giugno 2002, la Corte di cassazione respinse i ricorsi per rettifica formati dai richiedenti. Le sentenze della Corte di cassazione furono notificate ai richiedenti rispettivamente il 24 giugno 2002 e il 18 luglio 2002.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
15. Il diritto e le pratica interna pertinenti sono descritti nelle sentenze Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008) e Rimer ed altri c. Turchia (no 18257/04, §§ 18-19, 10 marzo 2009,).
16. L’articolo 40 § 3 della Costituzione, modificato dalla legge no 4709 del 3.10.2001, è redatto come segue: “Il danno subito da una persona in seguito ad atti compiuti in modo ingiustificato da agenti pubblici è indennizzato dallo stato conformemente alla legge. Il diritto dello stato di ritorcersi contro l’agente interessato è riservato.”
Secondo l’articolo 129 § 5 della Costituzione: “Le azioni per danno-interessi che risultano da mancanze commesse dai funzionari o da altri agenti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni possono essere intentate solo contro l’amministrazione, secondo le forme e le condizioni specificate dalla legge e sotto riserva di azione di recupero dell’amministrazione.”
17. Secondo l’articolo 22 § 1 della legge no 3402 sul catasto, l’ accatastamento non può essere fatto una nuova volta quando è stata già fatta tramite constatazione, registrazione o delimitazione, o se un atto di proprietà è stato già rilasciato. Se un luogo è una seconda volta oggetto di un accatastamento, il secondo è nullo e non esistente con tutte le conseguenze ivi afferenti e le disposizioni dell’articolo 934 del codice civile sono applicate. Se nessuna azione per annullamento viene intentata, questo secondo accatastamento è annullato d’ ufficio dalla direzione dei titoli fondiari.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
18. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 6 della Convenzione, i richiedenti sostengono che l’annullamento dei loro titoli di proprietà, in mancanza di utilità pubblica e di versamento di un’indennità, costituisci un attentato sproporzionato al loro diritto al rispetto dei suoi beni. Alla vista della formulazione del motivo di appello, la Corte decide di esaminarlo sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
19. Il Governo sostiene che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne. Stima difatti che questi disponevano di due azioni per risarcimento che non hanno esercitato. Da una parte, i richiedenti avrebbero potuto ottenere un risarcimento basandosi sull’articolo 1007 del codice civile secondo cui lo stato è responsabile di ogni danno risultante dal mantenimento dei registri fondiari. Dall’altra parte, avrebbero potuto chiedere anche risarcimento in virtù delle disposizioni generali del codice degli obblighi. A questo riguardo, si riferisce alla giurisprudenza nazionale, in particolare in materia della responsabilità obiettiva dello stato per il mantenimento dei registri fondiari. Si riferisce, tra l’altro, ad un giudizio della corte d’appello di İzmir dell’ 8 aprile 2004, confermato dalla Corte di cassazione il 21 febbraio 2005 in cui un individuo il cuiil titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro pubblico su richiesta della Direzione generale delle foreste in condizioni simili, ha ottenuto un risarcimento. In questo precedente,alla conclusione di un’azione intentata il 20 settembre 2001, il tribunale del merito aveva ingiunto al Tesoro pubblico di indennizzare l’interessato nella misura in cui era il Tesoro pubblico stesso che gli aveva venduto il terreno riguardato senza avere fatto delle ricerche in quanto alla natura del terreno.
20. I richiedenti contestano le tesi del Governo. Sostengono che la Corte di cassazione non interpreta l’articolo 1007 del codice civile come lascia intendere il Governo. L’esempio citato dal Governo non può essere applicato nello specifico secondo i richiedenti. Non ci sarebbe nessuna via di ricorso effettiva in diritto interno, perché si tratterebbe di un’espropriazione della loro proprietà.
21. La Corte ricorda che si è pronunciata già su tali eccezioni e che le ha respinte (vedere, tra altre, Rimer ed altri c. Turchia, precitata, §§ 25-30). Non rileva nella presente causa nessuna circostanza che possa portarla a scostarsi dalle sue precedenti conclusioni.
22. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
23. Riferendosi alla giurisprudenza in materia della Corte (vedere, tra altre, Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 52, CEDH 2004-IX e Özden c. Turchia (no 1), no 11841/02, 3 maggio 2007) il Governo sostiene che i richiedenti non avevano né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, ricorda che secondo l’articolo 169 della Costituzione, le foreste pubbliche non possono essere oggetto di proprietà privata.
Peraltro, il Governo sottolinea che lo scopo della restrizione imposta ai richiedenti, ossia la protezione della natura e delle foreste, entra nella cornice dell’interesse generale nel senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e che questa restrizione non costituisce un carico sproporzionato per i richiedenti, nella misura in cui avrebbero potuto ricevere un compenso se ne avessero fatto la domanda a livello interno.
24. I richiedenti contestano gli argomenti del Governo. Sostengono che avevano un bene immobiliare che avevano acquisito secondo il diritto interno e che questo bene era stato registrato sul registro fondiario dalle autorità competenti. Secondo i richiedenti, la controversia non riguarda l’esistenza di un bene, perché possedevano dei titoli di proprietà, ma riguarda l’espropriazione da parte dello stato in mancanza di un interesse pubblico e senza il versamento di un indennizzo. Il fatto di non avere contestato i lavori di accatastamento non lederebbe per niente il loro diritto di proprietà. È la ragione per la quale il Tesoro pubblico ha avuto bisogno di intentare un’azione per annullare il titolo di proprietà.
25. La Corte ricorda che un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire sia i “beni reali” sia i valori patrimoniali, ivi compreso dei crediti, in virtù dei quali il richiedente può pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà. Invece, la speranza di vedersi riconoscere un diritto di proprietà che si è nell’impossibilità di esercitare infatti non può essere considerato come un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, e ne va parimenti di un credito condizionale che si estingue a causa della mancata realizzazione della condizione (vedere Principe Hans-Adam II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, §§ 82 e 83, CEDH 2001-VIII, e Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, déc.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
26. Peraltro, la Corte ricorda che, in quanto alla nozione di “speranza legittima”, ha giudicato che quando l’interesse patrimoniale riguardato era dell’ordine del credito, poteva essere considerato come un “valore patrimoniale” solo quando aveva una base sufficiente in diritto interno, per esempio quando era confermato da una giurisprudenza ben stabilita dei tribunali( Kopecký c. Slovacchia [GC], precitato, § 52).
27. Nell’occorrenza, per ciò che riguarda l’argomento secondo cui i richiedenti non avrebbero né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedersi concretare un qualsiasi credito reale ed esigibile al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, in ragione del fatto che i primi acquirenti non avrebbero avuto la proprietà del terreno controverso, la Corte non potrebbe seguire la tesi del Governo. La Corte constata che l’interesse patrimoniale riguardato non è dell’ordine del credito; si tratta di due beni immobiliari la cui proprietà era fondata su un titolo di proprietà valido. Nota che i terreni sono stati registrati a nome degli ascendenti dei richiedenti nel 1970.
28. Fino al giudizio di annullamento, i richiedenti si credevano legittimamente in situazione di “sicurezza giuridica” in quanto alla validità del titolo di proprietà iscritto sul registro fondiario che è considerato come la prova incontestabile del diritto di proprietà. Se è vero che certe disposizioni costituzionali e legislative contengono un’interdizione assoluta di appropriazione dei terreni che fanno parte della tenuta forestale, non è meno vero che altre disposizioni proteggono il diritto di proprietà delle persone che detengono dei titoli di proprietà stabiliti in buona e dovuta forma, e che questi titoli di proprietà restano validi fino al loro annullamento, da cui la necessità per le autorità competenti di farli invalidare con un giudizio definitivo.
29. La Corte stima che nell’occorrenza i richiedenti avevano “un bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 fino al momento in cui la decisione interna che annullava il loro titolo e che trasferiva la proprietà alla Direzione generale è diventata definitiva.
30. Constata peraltro che c’è stato un attentato al diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni che si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, mutatis mutandis, Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
31. Avuto riguardo ai motivi avanzati dalle giurisdizioni nazionali, la Corte stima che lo scopo della privazione imposta ai richiedenti,ossia la protezione della natura e delle foreste, introduca nella cornice dell’interesse generale ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Rimered altri c. Turchia, precitato, § 33).
32. La Corte ricorda di avere esaminato già un motivo di appello identico a quello presentato dai richiedenti ed di avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, ha detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 86-93 e Rimer ed altri c. Turchia, precitata, § 3). Nello specifico, i richiedenti non hanno ricevuto nessuno indennizzo in ragione del trasferimento di proprietà del loro bene alla Direzione generale delle foreste. La Corte constata che il Governo non ha fornito nessun fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nello specifico (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 92 e Rimare ed altri c. Turchia, precitatao, § 39).
33. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
34. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
35. Il Governo si oppone a questa tesi, sostenendo che le cause sono complicate e che c’era un gran numero di richiedenti.
36. Tuttavia, la Corte constata al primo colpo che il motivo di appello di cui si tratta non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Perciò lo dichiara ammissibile.
37. In quanto al merito, nota che i procedimenti di cui i richiedenti si lamentano sono cominciati il 10 agosto 1994 dall’introduzione delle azioni, e si sono conclusi il 24 giugno 2002 dall’ultima sentenza della Corte di cassazione; sono durati quasi otto anni per due gradi di giurisdizione. Ora, la Corte ha trattato a più riprese di cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben stabilita (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, §§ 43-45, CEDH 2000-VII).
38. Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
40. I richiedenti adducono di avere subito un danno patrimoniale per cui richiedono un importo totale di 107 204 581,58 euro (EUR), ossia 55 485 577 EUR per il valore del terreno in data della privazione, il 24 giugno 2002, 21 918 453,58 EUR per la mancanza a guadagnare e 29 800 551 di interessi moratori. Per arrivare a questi risultati, i richiedenti si basano su parecchi elementi.
Innanzitutto, spiegano che hanno chiesto alla pretura di Alanya di ordinare una perizia su un terreno vicino per potere valutare il valore dei terreni controversi, avuti riguardo al fatto che non hanno più la qualità di proprietari in diritto interno per questi ultimi. Si baserebbero sul valore definito dal perito nominato il 26 ottobre 2007 dalla pretura di Alanya dunque. Nel suo rapporto del 6 novembre 2007, il perito valutò il valore di un terreno, ubicato nel quartiere di Tepe ad Alanya, a 280 lire turche (TRL)/m² (circa 164,91 EUR/m²,). Secondo il calcolo fatto a partire da questo importo unitario, il valore del loro terreno sarebbe di 32 514 130,00 EUR in data 6 novembre 2007.
Poi, i richiedenti forniscono un rapporto stabilito dalla direzione dei beni della sotto-prefettura di Alanya, Alanya Kaymakamlığı Malmüdürlüğü, documento che contiene i valori dei beni immobiliari messi in vendita alle aste a Bektaş, il quartiere vicino a Tepe. Secondo questo documento, il prezzo al metro quadro dei dodici terreni scelti come esempi dai richiedenti varia tra 194 EUR/m² e 281 EUR/m². Secondo queste cifre il valore dei due terreni dei richiedenti si troverebbe tra 38 299 967,00 EUR e 55 595 988,00 EUR.
Inoltre, i richiedenti versano alla pratica i pareri di tre agenti immobiliari. Secondo questi pareri, il valore dei terreni nel 2002 sarebbe rispettivamente di 31 546 06,00 EUR, 28 588 616,00 EUR e 29 574 431,00 EUR.
Infine, i richiedenti sostengono che la città di Alanya è una città turistica molto richiesta e che i terreni hanno guadagnato molto valore durante gli ultimi anni. Nell’ipotesi della costruzione di 342 ville lussuose sulla parte di 128 350,88 m², dopo avere lasciato alla municipalità il 35% di terreno per i luoghi pubblici, il valore dei terreni sarebbe di 55 485 577 EUR secondo le cifre dal 2002. A ciò, aggiungono 21 918 453,58 EUR per la mancanza a guadagnare e 29 800 551 di interessi moratori.
Chiedono anche 10 000 EUR per la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a titolo del danno patrimoniale.
41. I richiedenti richiedono un importo totale di 1 700 000 EUR per il danno morale, o 50 000 EUR per persona.
42. Per gli oneri e le spese, i richiedenti richiedono 5 500 TRL, circa 2 500 EUR, per la parcella di rappresentanza, basandosi sull’importo indicato nelle tariffe del foro di Ankara. Chiedono peraltro, anche il 15% dell’importo chiesto a titolo dei danni, o 16 335 687,23 EUR, sempre per la parcella dei loro avvocati.
43. Il Governo invita la Corte a respingere queste richieste, che giudica priva di fondamento. Fa sapere che i rapporti versati alla pratica sono fittizi e non hanno nessuno valore di prova. Le prove devono essere ottenute secondo il procedimento interno contemplato a questo effetto.
44. Nelle circostanze della causa, la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla, tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto le loro osservazioni sulla questione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivar
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Cancelliera collaboratrice Presidente

Testo Tradotto

QUATRIÈME SECTION
AFFAIRE GÜMRÜKÇÜLER ET AUTRES c. TURQUIE
(Requête no 9580/03)
ARRÊT
(fond)
STRASBOURG
26 janvier 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Gümrükçüler et autres c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (quatrième section), siégeant en une chambre composée de :
Nicolas Bratza, président,
Giovanni Bonello,
David Thór Björgvinsson,
Ján Šikuta,
Päivi Hirvelä,
Işıl Karakaş,
Mihai Poalelungi, juges,
et de Fatoş Aracı, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 5 janvier 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 9580/03) dirigée contre la République de Turquie et dont trente quatre ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour le 15 janvier 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par M. İ. T. avocat à Ankara. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Les requérants allèguent la violation des articles 1 du Protocole no 1 et 6 § 1 de la Convention.
4. Le 21 juin 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
5. Tant les requérants que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur le fond de l’affaire (article 59 § 1 du règlement).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Les requérants résident à Alanya, Istanbul, Ankara, Manavgat et İzmir.
7. En 1968, lors de travaux de cadastration, deux terrains de 160 878 m² et 97 332 m² respectivement, sis dans le quartier de Tepe à Alanya (Antalya), furent enregistrés aux noms des ascendants des requérants sous les numéros de parcelles 2 (no îlot 126) et 12 (no îlot 94) respectivement avec la qualification de « champ agricole ». Le 19 juin 1970, deux actes de propriété, qui ne comportaient aucune annotation restrictive, furent établis aux noms des intéressés. Les requérants héritèrent les parcelles litigeuses à la suite du décès de leurs ascendants.
8. Le 10 août 1994, la Direction générale des forêts (la Direction générale) saisit le tribunal de grande instance d’Alanya (le tribunal) de deux actions visant à l’annulation des titres de propriété portés sur le registre foncier pour les parcelles nos 12 et 2 et leur réinscription à son nom. Ces deux affaires furent enregistrées au rôle du tribunal sous les nos 1994/342 et 1994/346.
9. Les 20 avril 1995, 20 octobre 1995 et 10 octobre 1995, certains requérants demandèrent au tribunal de participer à la procédure en tant que partie civile.
10. Le 31 janvier 1996, une partie des requérants introduisit devant le même tribunal une demande reconventionnelle. Ils soutinrent que leurs ascendants possédaient les terrains litigieux depuis toujours et avaient des titres de propriété. Ils demandèrent au tribunal de constater que les terrains litigieux ne faisaient pas partie du domaine forestier. Le 9 avril 1996, le tribunal décida de joindre cette affaire à deux autres.
11. Le tribunal procéda à trois visites des lieux, accompagné des parties et des experts. Les rapports d’expertise versés au dossier le 22 mai 1995 et le 10 juillet 1996 ayant des conclusions contradictoires quant à la nature forestière des terrains, le tribunal ordonna une troisième expertise. Le 21 novembre 1997, le troisième collège d’experts versa son rapport au dossier. Selon ce dernier rapport 114 872,35 m² de la parcelle no 2 et 82 290,53 m² de la parcelle 12 faisaient partie du domaine forestier.
12. Le 5 mai 1998, le tribunal rendit deux jugements pour les deux affaires numéros 1994/342-118 et 1994/346-118 respectivement. Il fit partiellement droit aux demandes de la Direction générale, décida d’annuler les titres de propriété des requérants pour 114 872,35 m² de la parcelle no 2 et pour 82 290,53 m² de la parcelle 12 et de les enregistrer au nom de la Direction générale et rejeta leur demande reconventionnelle pour cette partie. Il décida de laisser le restant des terrains au nom des requérants et rejeta leur demande reconventionnelle Dans ces attendus, il constata que l’acte de propriété du 11 novembre 1949 correspondait aux parcelles litigieuses en ce qui concerne les parties est, ouest et nord, mais que pour la partie sud il existait des imprécisions, qu’il existait des arbres de 60-70 ans sur le terrain, que le terrain devait être considéré comme faisant partie du domaine forestier d’après la loi sur les forêts no 3166 du 8 février 1937, qu’il n’entrait pas dans la catégorie des terrains à restituer d’après la loi sur les forêts no 5658 du 24 mars 1950, qu’il devait être considéré d’après la loi no 6831 sur les forêts du 31 août 1956, telle que modifiée par les lois numéros 2896 (1983) et 3373 (1987). Par ailleurs, le tribunal se référa à l’arrêt de la Cour de cassation du 5 juillet 1993 (1992/11290 E. et 1993/5824 K.) selon lequel les indications du registre foncier ne valent que pour les biens immobiliers qui n’étaient pas à l’origine un domaine forestier.
13. Le 18 février 2002, la Cour de cassation confirma les jugements attaqués.
14. Le 24 juin 2002, la Cour de cassation rejeta les recours en rectification formés par les requérants. Les arrêts de la Cour de cassation furent notifiés aux requérants les 24 juin 2002 et 18 juillet 2002 respectivement.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
15. Le droit et la pratique internes pertinents sont décrits dans les arrêts Turgut et autres c. Turquie (no 1411/03, §§ 41-67, 8 juillet 2008) et Rimer et autres c. Turquie (no 18257/04, §§ 18-19, 10 mars 2009).
16. L’article 40 § 3 de la Constitution (modifié par la loi no 4709 du 3.10.2001) est rédigé comme suit : « Le dommage subi par une personne à la suite d’actes accomplis de manière injustifiée par des agents publics est indemnisé par l’Etat conformément à la loi. Le droit de l’Etat de se retourner contre l’agent intéressé est réservé ».
D’après l’article 129 § 5 de la Constitution : « Les actions en dommages-intérêts résultant de fautes commises par des fonctionnaires ou autres agents publics dans l’exercice de leurs fonctions ne peuvent être intentées que contre l’administration, selon les formes et conditions spécifiées par la loi et sous réserve d’action récursoire de l’administration ».
17. D’après l’article 22 § 1 de la loi no 3402 sur le cadastre, la cadastration ne peut être faite une nouvelle fois lorsqu’elle a déjà été faite par constatation, enregistrement ou délimitation, ou si un acte de propriété a déjà été délivré. Si un lieu fait une deuxième fois l’objet d’une cadastration, la seconde est nulle et non avenue avec toutes les conséquences afférentes et les dispositions de l’article 934 du code civil sont appliquées. Si aucune action en annulation n’est intentée, cette deuxième cadastration est annulée d’office par la direction des titres fonciers.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
18. Invoquant l’article 1 du Protocole no 1 et l’article 6 de la Convention, les requérants soutiennent que l’annulation de leurs titres de propriété, en l’absence d’utilité publique et de versement d’une indemnité, constitue une atteinte disproportionnée à leur droit au respect de ses biens. Au vu de la formulation du grief, la Cour décide de l’examiner sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1, lequel est ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
19. Le Gouvernement soutient que les requérants n’ont pas épuisé les voies de recours internes. Il estime en effet que ceux-ci disposaient de deux actions en réparation qu’ils n’ont pas exercées. D’une part, les requérants auraient pu obtenir une réparation en se fondant sur l’article 1007 du code civil selon lequel l’Etat est responsable de tout dommage résultant de la tenue des registres fonciers. D’autre part, ils auraient aussi pu demander réparation en vertu des dispositions générales du code des obligations. A cet égard, il se réfère à la jurisprudence nationale, notamment en matière de la responsabilité objective de l’Etat pour la tenue des registres fonciers. Il se réfère, entre autres, à un jugement du tribunal de grande instance d’İzmir du 8 avril 2004, confirmé par la Cour de cassation le 21 février 2005, dans lequel un individu, dont le titre de propriété avait été transféré au Trésor public à la demande de la Direction générale des forêts dans des conditions similaires, a obtenu une réparation. Dans ce précédent, aboutissement d’une action intentée le 20 septembre 2001, le tribunal de fond avait enjoint au Trésor public d’indemniser l’intéressé dans la mesure où c’était le Trésor public lui-même qui lui avait vendu le terrain concerné sans avoir fait de recherches quant à la nature du terrain.
20. Les requérants contestent les thèses du Gouvernement. Ils soutiennent que la Cour de cassation n’interprète pas l’article 1007 du code civil comme le laisse entendre le Gouvernement. L’exemple cité par le Gouvernement ne peut pas être appliqué en l’espèce selon les requérants. Il n’y aurait aucune voie de recours effective en droit interne, car il s’agirait une expropriation de leur propriété.
21. La Cour rappelle qu’elle s’est déjà prononcée sur de telles exceptions et qu’elle les a rejetées (voir, entre autres, Rimer et autres c. Turquie, précité, §§ 25-30). Elle ne relève dans la présente affaire aucune circonstance pouvant l’amener à s’écarter de ses précédentes conclusions.
22. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
23. Se référant à la jurisprudence de la Cour en la matière (voir, entre autres, Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, § 52, CEDH 2004-IX et Özden c. Turquie (no 1), no 11841/02, 3 mai 2007), le Gouvernement soutient que les requérants n’avaient ni un « bien actuel », ni une « espérance légitime » de voir se concrétiser une quelconque créance actuelle et exigible au sens de l’article 1 du Protocole no 1. A cet égard, il rappelle que selon l’article 169 de la Constitution, les forêts publiques ne peuvent pas être objet de propriété privée.
Par ailleurs, le Gouvernement souligne que le but de la restriction imposée aux requérants, à savoir la protection de la nature et des forêts, entre dans le cadre de l’intérêt général au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 et que cette restriction ne constitue pas une charge disproportionnée pour les requérants, dans la mesure où ils auraient pu recevoir une compensation s’ils en avaient fait la demande au niveau interne.
24. Les requérants contestent les arguments du Gouvernement. Ils soutiennent qu’ils avaient un bien immobilier qu’ils avaient acquis selon le droit interne et que ce bien avait été enregistré sur le registre foncier par les autorités compétentes. Selon les requérants, le litige ne concerne pas l’existence d’un bien, car ils possédaient des titres de propriété, mais il concerne l’expropriation par l’Etat en l’absence d’un intérêt public et sans le versement d’une indemnisation. Le fait de ne pas avoir contesté les travaux de cadastration n’affecterait en rien leur droit de propriété. C’est la raison pour laquelle le Trésor public a eu besoin d’intenter une action pour annuler le titre de propriété.
25. La Cour rappelle qu’un requérant ne peut alléguer une violation de l’article 1 du Protocole no 1 que dans la mesure où les décisions qu’il incrimine se rapportent à ses « biens » au sens de cette disposition. La notion de « biens » peut recouvrir tant des « biens actuels » que des valeurs patrimoniales, y compris des créances, en vertu desquelles le requérant peut prétendre avoir au moins une « espérance légitime » d’obtenir la jouissance effective d’un droit de propriété. Par contre, l’espoir de voir reconnaître un droit de propriété que l’on est dans l’impossibilité d’exercer effectivement ne peut être considéré comme un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1, et il en va de même d’une créance conditionnelle s’éteignant du fait de la non-réalisation de la condition (voir Prince Hans-Adam II de Liechtenstein c. Allemagne [GC], no 42527/98, §§ 82 et 83, CEDH 2001-VIII, et Gratzinger et Gratzingerova c. République tchèque (déc.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
26. Par ailleurs, la Cour rappelle que, quant à la notion d’« espérance légitime », elle a jugé que lorsque l’intérêt patrimonial concerné était de l’ordre de la créance, il ne pouvait être considéré comme une « valeur patrimoniale » que lorsqu’il avait une base suffisante en droit interne, par exemple lorsqu’il était confirmé par une jurisprudence bien établie des tribunaux (Kopecký c. Slovaquie [GC], précité, § 52).
27. En l’occurrence, en ce qui concerne l’argument selon lequel les requérants n’auraient ni un « bien actuel », ni une « espérance légitime » de voir se concrétiser une quelconque créance actuelle et exigible au sens de l’article 1 du Protocole no 1, en raison du fait que les premiers acquéreurs n’auraient pas eu la propriété du terrain litigieux, la Cour ne saurait suivre la thèse du Gouvernement. La Cour constate que l’intérêt patrimonial concerné n’est pas de l’ordre de la créance ; il s’agit de deux biens immobiliers dont la propriété était fondée sur un titre de propriété valable. Elle note que les terrains ont été enregistrés au nom des ascendants des requérants en 1970.
28. Jusqu’aux jugements d’annulation, les requérants se croyaient légitimement en situation de « sécurité juridique » quant à la validité du titre de propriété inscrit sur le registre foncier, qui est considéré comme la preuve incontestable du droit de propriété. S’il est vrai que certaines dispositions constitutionnelles et législatives contiennent une interdiction absolue d’appropriation des terrains faisant partie du domaine forestier, il n’est pas moins vrai que d’autres dispositions protègent le droit de propriété des personnes détenant des titres de propriété établis en bonne et due forme, et que ces titres de propriété restent valables jusqu’à leur annulation, d’où la nécessité pour les autorités compétentes de les faire invalider par un jugement définitif.
29. La Cour estime qu’en l’occurrence les requérants avaient « un bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1 jusqu’au moment où la décision interne annulant leur titre et transférant la propriété à la Direction générale est devenu définitive.
30. Elle constate par ailleurs qu’il y a eu une atteinte au droit des requérants au respect de leurs biens, qui s’analyse en une « privation » de propriété au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, mutatis mutandis, Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
31. Eu égard aux motifs avancés par les juridictions nationales, la Cour estime que le but de la privation imposée aux requérants, à savoir la protection de la nature et des forêts, entre dans le cadre de l’intérêt général au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, entre autres, Rimer et autres c. Turquie, précité, § 33).
32. La Cour rappelle avoir déjà examiné un grief identique à celui présenté par les requérants et avoir conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1. En effet, elle a dit que, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive, et qu’une absence totale d’indemnisation ne saurait se justifier sur le terrain de l’article 1 du Protocole no 1 que dans des circonstances exceptionnelles (voir Turgut et autres c. Turquie, précité, §§ 86-93 et Rimer et autres c. Turquie, précité, § 39). En l’espèce, les requérants n’ont reçu aucune indemnisation en raison du transfert de propriété de leur bien à la Direction générale des forêts. La Cour constate que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente en l’espèce (Turgut et autres c. Turquie, précité, § 92 et Rimer et autres c. Turquie, précité, § 39).
33. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
34. Les requérants allèguent que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » prévu par l’article 6 § 1 de la Convention.
35. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse, soutenant que les affaires sont compliquées et qu’il y avait un grand nombre de requérants.
36. Toutefois, la Cour constate d’emblée que le grief dont il s’agit ne se heurte à aucun des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi le déclare-t-elle recevable.
37. Quant au fond, elle note que les procédures dont les requérants se plaignent ont débuté le 10 août 1994 par l’introduction des actions, et se sont achevées le 24 juin 2002 par le dernier arrêt de la Cour de cassation ; elles ont duré près de huit ans pour deux degrés de juridiction. Or, la Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, §§ 43-45, CEDH 2000-VII).
38. N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1 de la Convention, pour les mêmes motifs.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
39. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
40. Les requérants allègent avoir subi un préjudice matériel, pour lequel ils réclament un montant total de 107 204 581,58 euros (EUR), à savoir 55 485 577 EUR pour la valeur du terrain à la date de la privation, le 24 juin 2002, 21 918 453,58 EUR pour le manque à gagner et 29 800 551 d’intérêts moratoires. Pour arriver à ces résultats, les requérants se basent sur plusieurs éléments.
Tout d’abord, ils expliquent qu’ils ont demandé au tribunal d’instance d’Alanya d’ordonner une expertise sur un terrain voisin pour pouvoir évaluer la valeur des terrains litigieux, eu égard au fait qu’ils n’ont plus la qualité de propriétaire en droit interne pour ces derniers. Ils se baseraient donc sur la valeur définie par l’expert désigné le 26 octobre 2007 par le tribunal d’instance d’Alanya. Dans son rapport du 6 novembre 2007, l’expert évalua la valeur d’un terrain, sis au quartier de Tepe à Alanya, à 280 livres turques (TRL)/m² (environ 164,91 EUR/m²). Selon le calcul fait à partir de ce montant unitaire, la valeur de leur terrain serait de 32 514 130,00 EUR à la date du 6 novembre 2007.
Ensuite, les requérants fournissent un rapport établi par la direction des biens de la sous-préfecture d’Alanya (Alanya Kaymakamlığı Malmüdürlüğü), document qui contient les valeurs des biens immobiliers mis en vente aux enchères à Bektaş, le quartier voisin de Tepe. Selon ce document, le prix au mètre carré des douze terrains choisis comme exemples par les requérants varient entre 194 EUR/m² et 281 EUR/m². D’après ces chiffres la valeur des deux terrains des requérants se situerait entre 38 299 967,00 EUR et 55 595 988,00 EUR.
En outre, les requérants versent au dossier les avis de trois marchands de biens. D’après ces avis, la valeur des terrains en 2002 serait de 31 546 06,00 EUR, 28 588 616,00 EUR et 29 574 431,00 EUR respectivement.
Enfin, les requérants soutiennent que la ville d’Alanya est une ville touristique très demandée et que les terrains ont gagné beaucoup de valeur durant les dernières années. Dans l’hypothèse de la construction de 342 villas luxueuses sur la partie de 128 350,88 m², après avoir laissé à la municipalité 35 % de terrain pour les lieux publics, la valeur des terrains reviendrait à 55 485 577 EUR selon les chiffres de 2002. A cela, ils ajoutent 21 918 453,58 EUR pour le manque à gagner et 29 800 551 d’intérêts moratoires.
Ils demandent également 10 000 EUR pour la violation de l’article 6 § 1 de la Convention au titre du dommage matériel.
41. Les requérants réclament un montant total de 1 700 000 EUR pour le dommage moral, soit 50 000 EUR par personne.
42. Pour les frais et dépens, les requérants réclament 5 500 TRL (environ 2 500 EUR) pour les honoraires de représentation, en se fondant sur le montant indiqué dans les tarifs du barreau d’Ankara. Par ailleurs, ils demandent également 15 % du montant demandé au titre des dommages, soit 16 335 687,23 EUR, toujours pour les honoraires de leurs avocats.
43. Le Gouvernement invite la Cour à rejeter ces demandes, qu’il juge dépourvues de fondement. Il fait savoir que les rapports versés au dossier sont fictifs et n’ont aucune valeur de preuve. Les preuves doivent être obtenues selon la procédure interne prévue à cet effet.
44. Dans les circonstances de la cause, la Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état, de sorte qu’il convient de la réserver, en tenant compte de l’éventualité d’un accord entre l’Etat défendeur et les requérants.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
4. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ; en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et les requérants à lui soumettre par écrit leurs observations sur la question dans un délai de trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention et, en particulier, à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 26 janvier 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Greffière adjointe Président

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 05/11/2024