QUARTA SEZIONE
CAUSA GÜMRÜKÇÜLER ED ALTRI C. TURCHIA
(Richiesta no 9580/03)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
26 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Gümrükçüler ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nicolas Bratza, presidente, Giovanni Bonello, Davide Thór Björgvinsson, Ján Šikuta, Päivi Hirvelä, Işıl Karakaş, Mihai Poalelungi, giudici,
e da Fatoş Aracý, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 9580/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui trenta quattro cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 15 gennaio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. İ. T., avvocato ad Ankara. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. I richiedenti adducono la violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 21 giugno 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti risiedono ad Alanya, Istanbul, Ankara, Manavgat e İzmir.
7. Nel 1968, all’epoca di lavori di accatastamento, due terreni rispettivamente di 160 878 m² e 97 332 m², ubicati nel quartiere di Tepe ad Alanya (Antalya), furono registrati a nome dei ascendenti dei richiedenti sotto i numeri di appezzamenti rispettivamente 2 (no isolato 126) e 12 (no isolato 94) con la qualifica di “campo agricolo.” Il 19 giugno 1970, due atti di proprietà che non comprendevano nessuna annotazione restrittiva, furono stabiliti a nome degli interessati. I richiedenti ereditarono gli appezzamenti in contenzioso in seguito al decesso dei loro ascendenti.
8. Il 10 agosto 1994, la Direzione generale delle foreste, la Direzione generale, investì la corte d’appello di Alanya (il tribunale) di due azioni tese all’annullamento dei titoli di proprietà annotati sul registro fondiario per gli appezzamenti numeri 12 e 2 e la loro re iscrizione a suo nome. Queste due cause furono registrate al ruolo del tribunale sotto i numeri 1994/342 e 1994/346.
9. Il 20 aprile 1995, il 20 ottobre 1995 e il 10 ottobre 1995, certi richiedenti chiesero al tribunale di partecipare al procedimento in quanto parti civili.
10. Il 31 gennaio 1996, una parte dei richiedenti introdusse dinnanzi allo stesso tribunale un’istanza riconvenzionale. Sostennero che i loro ascendenti possedevano i terreni controversi da sempre ed avevano dei titoli di proprietà. Chiesero al tribunale di constatare che i terreni controversi non facevano parte della tenuta forestale. Il 9 aprile 1996, il tribunale decise di unire questa causa ad altre due.
11. Il tribunale procedette a tre visite dei luoghi, accompagnate dalle parti e dai periti. Avendo i rapporti di perizia versati alla pratica il 22 maggio 1995 ed il 10 luglio 1996 delle conclusioni contraddittorie in quanto alla natura forestale dei terreni, il tribunale ordinò una terza perizia. Il 21 novembre 1997, il terzo collegio di periti versò il suo rapporto alla pratica. Secondo questo ultimo rapporto 114 872,35 m² dell’appezzamento no 2 e 82 290,53 m² dell’appezzamento 12 facevano parte della tenuta forestale.
12. Il 5 maggio 1998, il tribunale rese rispettivamente due giudizi per i due cause numeri 1994/342-118 e 1994/346-118. Diventò parzialmente dritto alle domande della Direzione generale, decise di annullare i titoli di proprietà dei richiedenti per 114 872,35 m² dell’appezzamento no 2 e per 82 290,53 m² dell’appezzamento 12 e di registrarli al nome della Direzione generale e respinse la loro istanza riconvenzionale per questa parte. Decise di lasciare il restante dei terreni a nome dei richiedenti e respinse la loro istanza riconvenzionale Nelle sue costatazioni, constatò che l’atto di proprietà dell’ 11 novembre 1949 corrispondeva agli appezzamenti controversi per ciò che riguardava le parti a est, ovest e nord, ma che per la parte a sud esistevano delle imprecisioni, che esistevano degli alberi di 60-70 anni sul terreno, che il terreno doveva essere considerato come facente parte della tenuta forestale secondo la legge sulle foreste no 3166 dell’ 8 febbraio 1937, che non entrava nella categoria dei terreni da restituire secondo la legge sulle foreste no 5658 del 24 marzo 1950, che doveva essere considerato secondo la legge no 6831 sulle foreste del 31 agosto 1956, come modificata dalle leggi numeri 2896 (1983) e 3373 (1987). Peraltro, il tribunale si riferì alla sentenza della Corte di cassazione del 5 luglio 1993, 1992/11290 E. e 1993/5824 K. secondo cui le indicazioni del registro fondiario valgono solamente per i beni immobiliari che non erano all’origine una tenuta forestale.
13. Il 18 febbraio 2002, la Corte di cassazione confermò i giudizi attaccati.
14. Il 24 giugno 2002, la Corte di cassazione respinse i ricorsi per rettifica formati dai richiedenti. Le sentenze della Corte di cassazione furono notificate ai richiedenti rispettivamente il 24 giugno 2002 e il 18 luglio 2002.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
15. Il diritto e le pratica interna pertinenti sono descritti nelle sentenze Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008) e Rimer ed altri c. Turchia (no 18257/04, §§ 18-19, 10 marzo 2009,).
16. L’articolo 40 § 3 della Costituzione, modificato dalla legge no 4709 del 3.10.2001, è redatto come segue: “Il danno subito da una persona in seguito ad atti compiuti in modo ingiustificato da agenti pubblici è indennizzato dallo stato conformemente alla legge. Il diritto dello stato di ritorcersi contro l’agente interessato è riservato.”
Secondo l’articolo 129 § 5 della Costituzione: “Le azioni per danno-interessi che risultano da mancanze commesse dai funzionari o da altri agenti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni possono essere intentate solo contro l’amministrazione, secondo le forme e le condizioni specificate dalla legge e sotto riserva di azione di recupero dell’amministrazione.”
17. Secondo l’articolo 22 § 1 della legge no 3402 sul catasto, l’ accatastamento non può essere fatto una nuova volta quando è stata già fatta tramite constatazione, registrazione o delimitazione, o se un atto di proprietà è stato già rilasciato. Se un luogo è una seconda volta oggetto di un accatastamento, il secondo è nullo e non esistente con tutte le conseguenze ivi afferenti e le disposizioni dell’articolo 934 del codice civile sono applicate. Se nessuna azione per annullamento viene intentata, questo secondo accatastamento è annullato d’ ufficio dalla direzione dei titoli fondiari.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
18. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 6 della Convenzione, i richiedenti sostengono che l’annullamento dei loro titoli di proprietà, in mancanza di utilità pubblica e di versamento di un’indennità, costituisci un attentato sproporzionato al loro diritto al rispetto dei suoi beni. Alla vista della formulazione del motivo di appello, la Corte decide di esaminarlo sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
19. Il Governo sostiene che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne. Stima difatti che questi disponevano di due azioni per risarcimento che non hanno esercitato. Da una parte, i richiedenti avrebbero potuto ottenere un risarcimento basandosi sull’articolo 1007 del codice civile secondo cui lo stato è responsabile di ogni danno risultante dal mantenimento dei registri fondiari. Dall’altra parte, avrebbero potuto chiedere anche risarcimento in virtù delle disposizioni generali del codice degli obblighi. A questo riguardo, si riferisce alla giurisprudenza nazionale, in particolare in materia della responsabilità obiettiva dello stato per il mantenimento dei registri fondiari. Si riferisce, tra l’altro, ad un giudizio della corte d’appello di İzmir dell’ 8 aprile 2004, confermato dalla Corte di cassazione il 21 febbraio 2005 in cui un individuo il cuiil titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro pubblico su richiesta della Direzione generale delle foreste in condizioni simili, ha ottenuto un risarcimento. In questo precedente,alla conclusione di un’azione intentata il 20 settembre 2001, il tribunale del merito aveva ingiunto al Tesoro pubblico di indennizzare l’interessato nella misura in cui era il Tesoro pubblico stesso che gli aveva venduto il terreno riguardato senza avere fatto delle ricerche in quanto alla natura del terreno.
20. I richiedenti contestano le tesi del Governo. Sostengono che la Corte di cassazione non interpreta l’articolo 1007 del codice civile come lascia intendere il Governo. L’esempio citato dal Governo non può essere applicato nello specifico secondo i richiedenti. Non ci sarebbe nessuna via di ricorso effettiva in diritto interno, perché si tratterebbe di un’espropriazione della loro proprietà.
21. La Corte ricorda che si è pronunciata già su tali eccezioni e che le ha respinte (vedere, tra altre, Rimer ed altri c. Turchia, precitata, §§ 25-30). Non rileva nella presente causa nessuna circostanza che possa portarla a scostarsi dalle sue precedenti conclusioni.
22. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
23. Riferendosi alla giurisprudenza in materia della Corte (vedere, tra altre, Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 52, CEDH 2004-IX e Özden c. Turchia (no 1), no 11841/02, 3 maggio 2007) il Governo sostiene che i richiedenti non avevano né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, ricorda che secondo l’articolo 169 della Costituzione, le foreste pubbliche non possono essere oggetto di proprietà privata.
Peraltro, il Governo sottolinea che lo scopo della restrizione imposta ai richiedenti, ossia la protezione della natura e delle foreste, entra nella cornice dell’interesse generale nel senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e che questa restrizione non costituisce un carico sproporzionato per i richiedenti, nella misura in cui avrebbero potuto ricevere un compenso se ne avessero fatto la domanda a livello interno.
24. I richiedenti contestano gli argomenti del Governo. Sostengono che avevano un bene immobiliare che avevano acquisito secondo il diritto interno e che questo bene era stato registrato sul registro fondiario dalle autorità competenti. Secondo i richiedenti, la controversia non riguarda l’esistenza di un bene, perché possedevano dei titoli di proprietà, ma riguarda l’espropriazione da parte dello stato in mancanza di un interesse pubblico e senza il versamento di un indennizzo. Il fatto di non avere contestato i lavori di accatastamento non lederebbe per niente il loro diritto di proprietà. È la ragione per la quale il Tesoro pubblico ha avuto bisogno di intentare un’azione per annullare il titolo di proprietà.
25. La Corte ricorda che un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire sia i “beni reali” sia i valori patrimoniali, ivi compreso dei crediti, in virtù dei quali il richiedente può pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà. Invece, la speranza di vedersi riconoscere un diritto di proprietà che si è nell’impossibilità di esercitare infatti non può essere considerato come un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, e ne va parimenti di un credito condizionale che si estingue a causa della mancata realizzazione della condizione (vedere Principe Hans-Adam II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, §§ 82 e 83, CEDH 2001-VIII, e Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, déc.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
26. Peraltro, la Corte ricorda che, in quanto alla nozione di “speranza legittima”, ha giudicato che quando l’interesse patrimoniale riguardato era dell’ordine del credito, poteva essere considerato come un “valore patrimoniale” solo quando aveva una base sufficiente in diritto interno, per esempio quando era confermato da una giurisprudenza ben stabilita dei tribunali( Kopecký c. Slovacchia [GC], precitato, § 52).
27. Nell’occorrenza, per ciò che riguarda l’argomento secondo cui i richiedenti non avrebbero né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedersi concretare un qualsiasi credito reale ed esigibile al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, in ragione del fatto che i primi acquirenti non avrebbero avuto la proprietà del terreno controverso, la Corte non potrebbe seguire la tesi del Governo. La Corte constata che l’interesse patrimoniale riguardato non è dell’ordine del credito; si tratta di due beni immobiliari la cui proprietà era fondata su un titolo di proprietà valido. Nota che i terreni sono stati registrati a nome degli ascendenti dei richiedenti nel 1970.
28. Fino al giudizio di annullamento, i richiedenti si credevano legittimamente in situazione di “sicurezza giuridica” in quanto alla validità del titolo di proprietà iscritto sul registro fondiario che è considerato come la prova incontestabile del diritto di proprietà. Se è vero che certe disposizioni costituzionali e legislative contengono un’interdizione assoluta di appropriazione dei terreni che fanno parte della tenuta forestale, non è meno vero che altre disposizioni proteggono il diritto di proprietà delle persone che detengono dei titoli di proprietà stabiliti in buona e dovuta forma, e che questi titoli di proprietà restano validi fino al loro annullamento, da cui la necessità per le autorità competenti di farli invalidare con un giudizio definitivo.
29. La Corte stima che nell’occorrenza i richiedenti avevano “un bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 fino al momento in cui la decisione interna che annullava il loro titolo e che trasferiva la proprietà alla Direzione generale è diventata definitiva.
30. Constata peraltro che c’è stato un attentato al diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni che si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, mutatis mutandis, Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
31. Avuto riguardo ai motivi avanzati dalle giurisdizioni nazionali, la Corte stima che lo scopo della privazione imposta ai richiedenti,ossia la protezione della natura e delle foreste, introduca nella cornice dell’interesse generale ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Rimered altri c. Turchia, precitato, § 33).
32. La Corte ricorda di avere esaminato già un motivo di appello identico a quello presentato dai richiedenti ed di avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, ha detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 86-93 e Rimer ed altri c. Turchia, precitata, § 3). Nello specifico, i richiedenti non hanno ricevuto nessuno indennizzo in ragione del trasferimento di proprietà del loro bene alla Direzione generale delle foreste. La Corte constata che il Governo non ha fornito nessun fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nello specifico (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 92 e Rimare ed altri c. Turchia, precitatao, § 39).
33. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
34. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
35. Il Governo si oppone a questa tesi, sostenendo che le cause sono complicate e che c’era un gran numero di richiedenti.
36. Tuttavia, la Corte constata al primo colpo che il motivo di appello di cui si tratta non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Perciò lo dichiara ammissibile.
37. In quanto al merito, nota che i procedimenti di cui i richiedenti si lamentano sono cominciati il 10 agosto 1994 dall’introduzione delle azioni, e si sono conclusi il 24 giugno 2002 dall’ultima sentenza della Corte di cassazione; sono durati quasi otto anni per due gradi di giurisdizione. Ora, la Corte ha trattato a più riprese di cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben stabilita (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, §§ 43-45, CEDH 2000-VII).
38. Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
40. I richiedenti adducono di avere subito un danno patrimoniale per cui richiedono un importo totale di 107 204 581,58 euro (EUR), ossia 55 485 577 EUR per il valore del terreno in data della privazione, il 24 giugno 2002, 21 918 453,58 EUR per la mancanza a guadagnare e 29 800 551 di interessi moratori. Per arrivare a questi risultati, i richiedenti si basano su parecchi elementi.
Innanzitutto, spiegano che hanno chiesto alla pretura di Alanya di ordinare una perizia su un terreno vicino per potere valutare il valore dei terreni controversi, avuti riguardo al fatto che non hanno più la qualità di proprietari in diritto interno per questi ultimi. Si baserebbero sul valore definito dal perito nominato il 26 ottobre 2007 dalla pretura di Alanya dunque. Nel suo rapporto del 6 novembre 2007, il perito valutò il valore di un terreno, ubicato nel quartiere di Tepe ad Alanya, a 280 lire turche (TRL)/m² (circa 164,91 EUR/m²,). Secondo il calcolo fatto a partire da questo importo unitario, il valore del loro terreno sarebbe di 32 514 130,00 EUR in data 6 novembre 2007.
Poi, i richiedenti forniscono un rapporto stabilito dalla direzione dei beni della sotto-prefettura di Alanya, Alanya Kaymakamlığı Malmüdürlüğü, documento che contiene i valori dei beni immobiliari messi in vendita alle aste a Bektaş, il quartiere vicino a Tepe. Secondo questo documento, il prezzo al metro quadro dei dodici terreni scelti come esempi dai richiedenti varia tra 194 EUR/m² e 281 EUR/m². Secondo queste cifre il valore dei due terreni dei richiedenti si troverebbe tra 38 299 967,00 EUR e 55 595 988,00 EUR.
Inoltre, i richiedenti versano alla pratica i pareri di tre agenti immobiliari. Secondo questi pareri, il valore dei terreni nel 2002 sarebbe rispettivamente di 31 546 06,00 EUR, 28 588 616,00 EUR e 29 574 431,00 EUR.
Infine, i richiedenti sostengono che la città di Alanya è una città turistica molto richiesta e che i terreni hanno guadagnato molto valore durante gli ultimi anni. Nell’ipotesi della costruzione di 342 ville lussuose sulla parte di 128 350,88 m², dopo avere lasciato alla municipalità il 35% di terreno per i luoghi pubblici, il valore dei terreni sarebbe di 55 485 577 EUR secondo le cifre dal 2002. A ciò, aggiungono 21 918 453,58 EUR per la mancanza a guadagnare e 29 800 551 di interessi moratori.
Chiedono anche 10 000 EUR per la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a titolo del danno patrimoniale.
41. I richiedenti richiedono un importo totale di 1 700 000 EUR per il danno morale, o 50 000 EUR per persona.
42. Per gli oneri e le spese, i richiedenti richiedono 5 500 TRL, circa 2 500 EUR, per la parcella di rappresentanza, basandosi sull’importo indicato nelle tariffe del foro di Ankara. Chiedono peraltro, anche il 15% dell’importo chiesto a titolo dei danni, o 16 335 687,23 EUR, sempre per la parcella dei loro avvocati.
43. Il Governo invita la Corte a respingere queste richieste, che giudica priva di fondamento. Fa sapere che i rapporti versati alla pratica sono fittizi e non hanno nessuno valore di prova. Le prove devono essere ottenute secondo il procedimento interno contemplato a questo effetto.
44. Nelle circostanze della causa, la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla, tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto le loro osservazioni sulla questione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivar
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Cancelliera collaboratrice Presidente