Conclusione Danno materiale – risarcimento; Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA GUISO-GALLISAY C. ITALIA
( Richiesta no 58858/00)
SENTENZA
(Soddisfazione equa)
STRASBURGO
21 ottobre 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Guiso-Gallisay c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 settembre 2008,
Rende la sentenza che ha, adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 58858/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui tre cittadini di questo Stato, il Sig. S. G. – G., il Sig. G. F. G. – G. e la Sig.ra A. G. – G. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 7 aprile 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”)
2. Con una sentenza dell’ 8 dicembre 2005 (“la sentenza al principale”), la Corte ha giudicato che l’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente non era compatibile col principio di legalità e che, pertanto, c’era stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Guiso-Gallisay c. Italia, no 58858/00, §§ 96-97 e punto 2 del dispositivo, 8 dicembre 2005).
3. Appellandosi all’articolo 41 della Convenzione, i richiedenti richiedevano una somma corrispondente al valore del terreno controverso, deduzione fatta dell’indennità ottenuta sul piano nazionale, ed aumentato del valore degli immobili costruiti sul loro terreno. I richiedenti chiedevano anche una somma a titolo di rimborso dell’imposta alla sorgente al quale le somme riconosciute dal tribunale sono state sottoposte. Sollecitavano inoltre un’indennità per danno morale. Infine rivendicavano il rimborso degli oneri di giustizia dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e degli oneri incorsi dinnanzi alla Corte europea.
4. La questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non essendo matura, la Corte l’ha riservata e ha invitato il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarebbe diventata definitiva, le loro osservazioni su suddetta questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale sarebbero potuti arrivare (ibidem, § 108, e punto 3 del dispositivo.
5. Il termine fissato per permettere alle parti di ricercare un accordo amichevole è scaduto senza che le parti siano arrivate a tale accordo. Il richiedente ha depositato delle osservazioni. Queste sono state trasmesse al Governo.
6. Il 9 ottobre 2006, il presidente della Camera al quale era stato affidato il seguito del procedimento, punto 3 c, del dispositivo della sentenza al principale, ha deciso di chiedere alle parti di nominare ciascuna un perito che doveva valutare il danno materiale e di depositare un rapporto di perizia prima del 4 gennaio 2007.
7. Il 22 gennaio 2008, la Corte ha comunicato alle parti l’intenzione di sciogliersi a profitto della Grande Camera (articoli 72 § 2 dell’ordinamento e 30 della Convenzione).
8. Il 28 febbraio 2008, i richiedenti hanno opposto a simile scioglimento, mentre il Governo non ha formulato obiezioni.
9. Il 27 maggio 2008, stimando che l’opposizione del richiedente soddisfacesse le condizioni enunciate all’articolo 72 § 2 dell’ordinamento, la Corte ha deciso di non sciogliersi.
IN DIRITTO
10. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno materiale
1. Argomenti dei richiedenti
11. I richiedenti chiedono alla Corte di accordare loro una soddisfazione equa conformemente alla giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003). Chiedono ad essere risarciti integralmente, deduzione fatta della somma percepita a livello nazionale, e richiedono una somma che copra il valore reale dei terreni, aumentata del plusvalore portato dall’esistenza di edifici, e la perdita di godimento. Chiedono anche una somma a titolo di rimborso dell’imposta alla sorgente al quale le somme riconosciute dal tribunale sono state sottoposte.
12. In appoggio alle loro pretese, i richiedenti hanno depositato un rapporto di perizia. La stima riguarda una superficie totale di 77 808 metri quadrati. Due edifici, parecchie abitazioni ed palazzetto dello sport sono stati costruiti, per un volume di 149 826 metri cubi. Il perito ha determinato a 9 890 000,00 EUR il valore dei terreni al momento della privazione e indicizzato in data della perizia, il 28 novembre 2006. Ha stabilito il valore nella stessa data dei terreni a 21 486 000,000 EUR. Peraltro, il perito ha indicato che la mancanza di guadagno per i richiedenti, calcolando anche il costo di costruzione degli immobili costruiti sui terreni, ammonta a 46 250 000,00 EUR. Appellandosi alla perizia, e dopo deduzione della somma percepita a livello nazionale a titolo d’indennità di espropriazione, i richiedenti chiedono 15 360 641,01 EUR a titolo di danno materiale. Invitano inoltre la Corte a non prendere in conto la perizia del Governo perché sarebbe tardiva.
13. Per riassumere le conclusioni del perito:
1. valore dei terreni indicizzato al 31 ottobre 2006 (data della perizia) + interessi 9 890 000,00 EUR
2. valore dei terreni secondo il mercato immobiliare in data della perizia 21 486 000,00 EUR
3. Costo di costruzione degli edifici eretti sui terreni 34 604 715,17 EUR
4. Mancanza di guadagno calcolando anche il costo di costruzione degli edifici costruiti 46 250 000,00 EUR
2. Argomenti del Governo
14. Il Governo fa valere che il valore venale dei terreni è stato valutato durante il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne. Nel caso in cui la Corte calcolasse il danno materiale sulla base del valore venale, i richiedenti dovrebbero percepire unicamente una somma corrispondente alla differenza tra questo valore e gli importi dell’indennità calcolata ai termini della legge no 662 del 1996. Il Governo sostiene che la decisione con cui i tribunali nazionali constatano l’illegalità commessa dall’amministrazione ha per effetto di legalizzare la situazione poiché sostituisce l’atto di espropriazione che ha fatto difetto. Di conseguenza, la perdita della disponibilità dei terreni non ha generato delle conseguenze molto gravi per i richiedenti. Ne segue che il risarcimento materiale dovrebbe ammontare all’altezza del valore venale dei beni al momento della trasformazione irreversibile del terreno o in data del giudizio nazionale che dichiara che si deve considerare che abbia avuto luogo un trasferimento di proprietà. Inoltre, questo valore dovrebbe essere calcolato sulla base delle perizie effettuate durante il procedimento nazionale.
15. Peraltro, il Governo sostiene che i richiedenti non avrebbero diritto a nessuna indennità corrispondente all’aumento del valore venale dei terreni in seguito alla realizzazione dei lavori pubblici ed a nessuna indennità a titolo di rimborso dell’imposta alla sorgente alla quale le somme riconosciute dal tribunale sono state sottoposte.
16. Il Governo ha prodotto anche una perizia. Il perito ha fissato a 3 458 307,24 EUR il valore dei terreni al momento della privazione e indicizzato in data della perizia. Ha stabilito il valore reale dei terreni a 6 503 622,02 EUR. Peraltro, secondo il perito, la somma ricevuta dai richiedenti a livello nazionale a titolo d’indennità di espropriazione sarebbe largamente superiore al valore commerciale dei terreni e compenserebbe le perdite subite dunque.
17. Per riassumere le conclusioni del perito:
1. valore dei terreni indicizzato al 31 ottobre 2006 + interessi 3 458 307,24 EUR
2. valore dei terreni secondo il mercato immobiliare in data della perizia 6 503 622,02 EUR
3. Decisione della Corte
18. Al primo colpo, la Corte risponde alla domanda di sapere se c’è luogo di prendere in conto la perizia del Governo. A questo riguardo, nota che le parti sono state invitate a sottoporre la loro perizia prima del 4 gennaio 2007.
Risulta dalla pratica della causa che il Governo ha depositato la sua perizia nel termine assegnato. Questa non potrebbe passare per tardiva dunque.
19. La Corte ricorda poi che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
20. Gli Stati contraenti parti di una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo primordiale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e libertà garantite (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. Se, in compenso, il diritto nazionale non permette così, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che le sembra appropriata (Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
21. Nella sua sentenza al principale, la Corte ha detto che l’ingerenza controversa non soddisfaceva la condizione di legalità (paragrafi 93-97). L’atto dello stato convenuto che la Corte ha ritenuto contrario alla Convenzione non era nello specifico un’espropriazione che sarebbe stata legittima se un indennizzo adeguato fosse stato versato; al contrario, era una confisca dello stato sul terreno dei richiedenti (paragrafi 94-95 della sentenza al principale).
22. A questo riguardo, la Corte ha rilevato che, il 14 luglio 1997, il tribunale di Nuoro ha preso nota della situazione di illegalità e ha dichiarato i richiedenti come privati dei loro beni a favore dell’occupante (paragrafo 94 della sentenza al principale). In esecuzione di questo giudizio, confermato il 17 luglio 2003, i richiedenti hanno ricevuto a titolo di risarcimento, il 25 marzo 1998, 970 746 447 lire italiane ciascuno, circa 501 349 EUR. Trattandosi dell’indennità, la Corte constatava che l’applicazione retroattiva della legge di bilancio no 662 del 1996 al caso specifico ha avuto per effetto di privare i richiedenti di un risarcimento integrale del danno subito (paragrafo 95 della sentenza al principale).
23. Risulta chiaramente da questi elementi che la Corte ha considerato lo statuto di “vittima” dei richiedenti per giungere poi alla constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Eckle c. Germania, sentenza del 15 luglio 1982, serie A no 51, p. 32, §§ 69 e succ. ; Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, Raccolta 1996-III, p. 846, § 36; Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI e Jensen c. Danimarca (déc.), no 48470/99, CEDH 2001-X). I richiedenti restano peraltro, sempre “vittime”, rimanendo la loro situazione immutata dalla decisione della sentenza al principale.
24. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l’espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione di fatto che deriva dalle illegalità commesse dall’amministrazione e permette così a questa ultima di trarre utile dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l’articolo 43 del Repertorio, l’espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (vedere Serrao c. Italia, no 67198/01, § 81, 13 ottobre 2005).
25. La Corte ricorda avere fondato la sua giurisprudenza in materia di soddisfazione equa in caso di privazione arbitraria dei beni seguendo i principi elaborati dalla Corte permanente di giustizia internazionale che nella sua sentenza del 13 settembre 1928 nella causa relativa alla fabbrica di Chorzów, ha giudicato:
“(…) il risarcimento deve, per quanto possibile, cancellare tutte le conseguenze dell’atto illecito e ristabilire lo stato che sarebbe esistito verosimilmente se suddetto atto non fosse stato commesso. Restituzione in natura, o, se non è possibile, pagamento di una somma corrispondente al valore che avrebbe la restituzione in natura; sussidio, se c’è luogo, di danno-interessi per le perdite subite e che non sarebbero coperte dalla restituzione in natura o il pagamento che ne prende il posto; tali sono i principi ai quali devono ispirarsi per la determinazione all’importo dell’indennità dovuta a causa di un fatto contrario al diritto internazionale. ” (Raccolta delle sentenze) serie A no 17, p. 47)
26. La Corte ha adottato una posizione molto simile nella causa Papamichalopoulos ed altri c. Grecia ((articolo 50), serie A no 330-B, §§ 36 e 39). Ha concluso ad una violazione in ragione di un’espropriazione di fatto illegale, occupazione di terre da parte della marina greca dal 1967 che durava da più di venticinque anni in data della sentenza al principale resa il 24 giugno 1993. La Corte ingiunse perciò allo stato greco di versare ai richiedenti, per danno e perdita di godimento dalla presa di possesso da parte delle autorità di questi terreni, una somma equivalente al valore reale dei terreni aumentata del plusvalore portato dall’esistenza di certi edifici che erano stati edificati dall’occupazione.
27. In applicazione del giurisprudenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, in parecchie cause concernenti l’Italia (Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003; Scordino c. Italia (no 3) (soddisfazione equa, no 43662/98, CEDH 2007 -… ; Pasculli c. Italia (soddisfazione equa), no 36818/97, 4 dicembre 2007) la Corte ha concesso delle somme che includono il valore del terreno al momento della decisione della sentenza rispetto al mercato immobiliare e, per compensare la perdita di godimento dei beni, il costo di costruzione dei lavori costruiti dallo stato.
La Corte dopo stretta riflessione stima che l’estensione del giurisprudenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia ai casi di espropriazione indiretta la cui giurisprudenza sopra citata è la conseguenza, non si giustifichi.
28. Da una parte, la data aleatoria della sentenza della Corte non ha nessuno legame con la determinazione del danno materiale subito dai richiedenti. Dall’altra parte, bisogna tenere conto del fatto cruciale che nella causa Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, tutte le giurisdizioni avevano riconosciuto il titolo di proprietà nel capo dei richiedenti senza che lo stato avesse offerto un compenso monetario, anche parziale. In compenso, nel caso di specifico, la proprietà dei beni non era oggetto di controversia ed i richiedenti non hanno chiesto, nel procedimento interno, la restituzione del bene. Il tribunale di Nuoro, investito di un’azione di risarcimento, ha dichiarato l’illegalità dell’espropriazione pure consacrando il trasferimento di proprietà e risarcendo i richiedenti spossessati (paragrafi 16-19 della sentenza al principale). Agli occhi della Corte, la data da tenere in conto è quella in cui la perdita della proprietà dei beni è stata riconosciuta nel sistema nazionale, ossia, nel caso dell’espropriazione indiretta, la data della sentenza della giurisdizione interna.
29. La Corte ai fini della determinazione dell’indennità da assegnare ai richiedenti ha fino qui adottato il criterio di compensare le perdite subite che non sarebbero coperte dal versamento dell’importo corrispondente al valore commerciale dei beni ed il non-godimento del bene controverso, valutando automaticamente queste perdite alla quota del valore grezzo dei lavori realizzati dallo stato, ed aggiungendolo al valore attualizzato dei terreni. Ora, la Corte stima che questo metodo di risarcimento, come è stato applicato, tra l’altro, nelle cause Carbonara e Ventura, Scordino e Pasculli precitate, non si giustifica e può introdurre delle disuguaglianze di trattamento tra i richiedenti, in funzione della natura del lavoro pubblico costruito dall’amministrazione pubblica che non ha necessariamente un legame col potenziale del terreno nella sua qualità originaria. Per esempio, due richiedenti che hanno perso la proprietà dei loro terreni adiacenti -di un valore similare al momento della privazione del bene controverso-, otterrebbero un risarcimento differente del danno subito in funzione dei lavori costruiti dall’espropriante, prendendo per ipotesi un comune che costruisce su un appezzamento degli alloggi e realizza su un altro appezzamento adiacente degli spazi verdi, la mancanza di giustificazione della differenza dei due importi di risarcimento sensibilmente differente è evidente. Si può aggiungere che il metodo di calcolo del danno materiale in funzione della data della decisione della sentenza della Corte, così come del valore dei lavori realizzati dallo stato, lascia il posto ad un margine di arbitrarietà. Per di più, assegna all’indennizzo per il danno materiale un scopo punitivo o dissuasivo a riguardo dello stato convenuto al posto di una funzione compensatoria per i richiedenti.
30. La Corte stima che sia giunto il momento di adottare un nuovo approccio. Difatti, accanto ai motivi sopra esposti, un fatto nuovo nel sistema nazionale riguardato deve essere preso in conto e, agli occhi della Corte, giustifica un cambiamento improvviso giurisprudenziale concernente l’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione nel caso di espropriazione indiretta.
31. La Corte sottolinea che con le sentenze numeri 348 e 349 del 22 ottobre 2007, la Corte costituzionale ha giudicato che la legge interna debba essere compatibile con la Convenzione come interpretata dalla giurisprudenza della Corte e, di conseguenza, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, come modificato dalla legge no 662 del 1996. In seguito, la legge di finanze no 244 del 24 dicembre 2007 ha stabilito che l’indennità di espropriazione per un terreno edificabile deve corrispondere al valore venale del bene. Quando l’espropriazione rientra nella cornice di una riforma economica e sociale, una riduzione del 25% sarà applicata. Questa disposizione è applicabile a tutti i procedimenti di espropriazione in corso al 1 gennaio 2008, salvo quelli in cui la decisione sull’indennità di espropriazione è stata accettata o è diventata definitiva. È utile notare il nuovo approccio delle autorità italiane per portare una risposta adeguata al problema messo in evidenza dalle istanze in materia di espropriazione indiretta dirette contro l’Italia. Sembra peraltro evidente che il metodo di calcolo dell’indennizzo sulla base del valore dei beni in data della sentenza della Corte impedirebbe alle autorità interne di conformarsi alla giurisprudenza della Corte, così che il principio di sussidiarietà non potrebbe trovare applicazione.
32. La Corte decide, di conseguenza che per valutare il danno subito da un richiedente, c’è luogo di prendere in considerazione la data in cui l’interessato ha avuto la certezza giuridica di avere perso il suo diritto di proprietà sul bene controverso. Il valore venale totale del bene fissato in questa data dalle giurisdizioni nazionali è poi da rivalutare e da aumentare degli interessi al giorno dell’adozione della sentenza della Corte. Dall’importo così ottenuto, si dedurrà la somma versata al richiedente dalle autorità del suo paese. Il costo di costruzione del lavoro costruito sul terreno non potrebbe entrare più in fila di conto nella cornice del risarcimento del danno subito e questo per le ragioni indicate più sopra (paragrafi 28 e 29 sopra).
33. Nello specifico, la data da prendere in considerazione è il 14 luglio 1997 quando il tribunale di Nuoro dichiarò l’illegalità dell’espropriazione dei terreni dei richiedenti e stimò il valore venale dei beni a circa 1 298 363 349 ITL (670 549 EUR) per i tre richiedenti congiuntamente (paragrafo 15 della sentenza al principale). Rivalutata ed aumentata degli interessi, al 31 agosto 2008, e dopo deduzione dell’importo già ottenuto dagli interessati, questa somma ammonta congiuntamente a 1 803 374 EUR per i tre richiedenti e costituisce, secondo la Corte, un risarcimento adeguato del danno materiale subito dagli interessati.
B. Danno morale
34. I richiedenti sollecitano 200 000 EUR ciascuno.
35. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte pure considerando esorbitante la somma indicata dai richiedenti.
36. La Corte stima che il sentimento di impotenza e di frustrazione di fronte allo spodestamento illegale dei loro beni abbia causato ai richiedenti un torto morale importante che c’è luogo di riparare in modo adeguato. Deliberando in equità, come richiede l’articolo 41 della Convenzione, la Corte decide di assegnare a ciascuno dei richiedenti 15 000 EUR a questo capo, o 45 000 EUR al totale.
C. Oneri e spese
37. I richiedenti chiedono le somme di 251 513,31 EUR, a titolo di rimborso degli oneri incorsi dinnanzi al tribunale di Nuoro, e di 48 190 EUR, più tassa sul valore aggiunto (IVA), a titolo del rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alla Corte.
38. Trattandosi degli oneri del procedimento dinnanzi al tribunale di Nuoro, il Governo sostiene che i richiedenti hanno ottenuto già il rimborso di questi a livello interno e, ad ogni modo, fa valere che la decisione concernente il rimborso di questi oneri dipenda unicamente dalla competenza delle giurisdizioni nazionali. In quanto agli oneri del procedimento introdotto dinnanzi alla Corte, il Governo si rimette per ciò alla saggezza di questa.
39. La Corte ricorda che il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità e, in più, il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 54, CEDH 2000-XI). Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (Van di Hurk c. Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A no 288, § 66).
40. La Corte non dubita della necessità di impegnare degli oneri, ma trova eccessive le parcelle totali rivendicate a questo titolo. Considera quindi che c’è luogo di rimborsarli in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, e deliberando in equità come richiede l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole assegnare un importo di 30 000 EUR, aumentato dell’IVA, per l’insieme degli oneri sostenuti.
D. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce, per sei voci contro una,
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 1 803 374,00 EUR (uno milione otto cento tremila tre cento settantaquattro euro) per danno materiale,;
ii. 45 000 EUR (quaranta cinquemila euro) per danno morale,;
iii. 30 000 EUR (trentamila euro) per oneri e spese,;
iv. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti su suddette somme;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
2. Respinge, per sei voci contro una, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 ottobre 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione dissidente della Sig.ra Tulkens.
F.T.
S.D.
OPINIONE DISSIDENTE DELLA SIG.RA GIUDICE TULKENS
Non condivido la decisione della maggioranza in quanto alla valutazione e la determinazione del danno materiale. Se tecnicamente, a dispetto dell’evidente problema di sicurezza giuridica che tale situazione crea, la camera poteva, probabilmente, distanziarsi dalla giurisprudenza anteriore nella misura in cui i richiedenti si sono opposti allo scioglimento (paragrafi 7-9), ancora occorreva che fossero degli argomenti giuridici decisivi. Ora, non mi sembra il caso questo.
1. È di giurisprudenza consolidata, conformemente ai principi generali della responsabilità internazionale degli Stati allo sguardo dei diritti dell’uomo, che una sentenza che constata una violazione della Convenzione provoca per lo stato l’obbligo di mettere termine alla violazione constatata, di cancellarne le conseguenze e di evitare delle violazioni simili.
2. Non è contestato che la situazione nello specifico è quella della privazione arbitraria di beni. Più precisamente, l’atto dello stato convenuto che la Corte ha ritenuto contrario alla Convenzione non era un’espropriazione che fosse stata legittima se un indennizzo adeguato fosse stato versato; al contrario, si trattava di una confisca illecita dello stato sul terreno dei richiedenti (paragrafi 94-95 della sentenza al principale del 8 dicembre 2005).
3. In questa situazione di privazione arbitraria di beni, la Corte ha iniziato la sua giurisprudenza nella sentenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia (articolo 50) del 31 ottobre 1995. Ha deciso che lo stato dovesse versare agli interessati, per danno e perdita di godimento dalla presa di possesso da parte delle autorità dei loro terreni, una somma equivalente al valore reale di questi aumentato del plusvalore portato dall’esistenza degli edifici (paragrafo 39). Questa giurisprudenza è stata seguita nelle sentenze Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa) del 30 ottobre 2003 e Carbonara e Ventura c). Italia (soddisfazione equa) dell’ 11 dicembre 2003 che riguardavano tutte e due, come la presente causa, dei casi di spodestamento illecito. A titolo di danno materiale, la Corte ha concesso, in mancanza di restituzione dei terreni, delle somme che includevano il valore reale di questi rispetto al mercato immobiliare al momento della decisione della sentenza. Inoltre, ha cercato di compensare le perdite subite che non sarebbero state coperte dal versamento di questo importo, tenendo all’occorrenza conto del potenziale del terreno in causa, calcolato, a partire dal costo di costruzione degli immobili eretti dallo stato.
4. Le sentenze Scordino c. Italia (no 3) del 6 marzo 2007 e Pasculli c. Italia del 4 dicembre 2007 consolidano questa giurisprudenza. In caso di spodestamento illecito di un bene, la Corte ricorda che l’indennizzo deve riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze dell’ingerenza controversa. Osserva che la natura della violazione constatata nella sentenza al principale le permette di partire dal principio di una restitutio in integrum e che, concretamente, la restituzione dei terreni controversi, in questa compresi gli edifici esistenti, avrebbe posto i richiedenti, il più possibile, in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se non ci fosse stata trasgressione alle esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A difetto di restituzione, la Corte decide che lo stato dovrà versare agli interessati una somma corrispondente al valore reale del terreno e che a questo importo si aggiungerà una somma per il plusvalore portato dalla presenza di edifici.
Il governo italiano ha chiesto il rinvio alla Grande Camera di queste due sentenze-che portano, di nuovo, sulla stessa questione di quella che è al centro della presente causa-invitando espressamente la Corte a modificare la sua giurisprudenza in materia. Con le decisioni del 9 luglio 2007 e del 2 giugno 2008, il collegio della Grande Camera non ha accettato le istanze.
5. Tuttavia, la camera stima dovere abbandonare l’insieme di questa giurisprudenza e giustifica questo cambiamento improvviso con tre ragioni principali.
Innanzitutto, il timore di introdurre delle disuguaglianze di trattamento tra i richiedenti in funzione della natura del lavoro costruito dall’amministrazione pubblica che non ha necessariamente un legame col potenziale del terreno nella sua qualità originaria (paragrafo 29). È perlomeno singolare volere correggere una disuguaglianza di trattamento, nello specifico più virtuale che reale, abbassando, in modo arbitrario, gli indennizzi applicabili a tutte le persone riguardate da un spodestamento illegale. Peraltro, per correggere un’eventuale disuguaglianza di trattamento, la maggioranza ne reintroduce semplicemente un’altra, quella che colpisce oramai i richiedenti rispetto alla situazione reale che è la loro e rispetto agli altri richiedenti le cui cause sono state trattate precedentemente. Infine, e più fondamentale, questa stessa pratica dell’ “espropriazione indiretta”, un eufemismo per qualificare di fatto un’espropriazione illegale, arriva a risultati imprevedibili ed arbitrari che privano le persone riguardate di una protezione efficace dei loro diritti.
Il secondo argomento è il rifiuto di assegnare all’indennizzo per danno materiale un scopo punitivo o dissuasivo a riguardo dello stato convenuto. Non si tratta di ciò. Il danno materiale avrebbe tale scopo o tale carattere se l’importo accordato non avesse più nessun legame né nessun rapporto col danno constatato. Ora, tale non è il caso nello specifico nella misura in cui la funzione compensatoria del danno addotto è stabilita chiaramente. Difatti, se fossero restati in possesso dei loro terreni, i richiedenti avrebbero potuto evidentemente sfruttarli o metterli in un modo o nell’altro in valore.
Infine, senza che ciò sia determinante ai fini della decisione, la maggioranza stima dovere prendere in conto un “fatto nuovo” nel sistema nazionale. Con le sentenze no 348 e 349 del 22 ottobre 2007, la Corte costituzionale ha giudicato difatti che la legislazione interna doveva essere compatibile con la Convenzione, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte; perciò, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5 bis del decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, come modificato dalla legge no 662 del 1996. In seguito la legge delle finanze no 244 del 24 dicembre 2007 ha stabilito che l’indennità di espropriazione per un terreno edificabile dovesse corrispondere al valore venale del bene. Niente in questa giurisprudenza che sembra riguardare soprattutto il posto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel sistema costituzionale italiano, né in questa nuova legge viene a contraddire il metodo di calcolo dell’indennizzo della Corte per ciò che riguarda l’espropriazione indiretta nella misura in cui, da una parte all’altra , gli altri danni non sono presi in conto.
6. In questa situazione particolare delle espropriazioni “indirette”, penso che la giurisprudenza che la Corte ha sviluppato si è basata finora su degli elementi solidi. Siccome l’illegalità intrinseca della confisca sul terreno è all’origine della violazione constatata sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, l’indennizzo deve riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze dell’ingerenza controversa e deve rappresentare il valore pieno ed intero dei beni. Peraltro, la decisione con la quale una giurisdizione nazionale prende atto di un’occupazione illegale di un terreno e dichiara l’espropriazione indiretta di questo non ha per effetto di regolarizzare la situazione denunciata. Si limita ad interinare una situazione illegale, situazione che non può essere risanata quindi in mancanza di un risarcimento conforme ai criteri che si applicano ai casi di privazione illegale dei beni. A contrario, lo stato trarrebbe profitto o utile dal suo comportamento illegale. Ora, tale è esattamente il risultato dubbio al quale la sentenza della camera arriva.
7. C’è infine un ultimo punto su cui vorrei essere molto chiara. Anche se tale non è affatto il caso nello specifico, non rimetto in nessun modo in questione né in causa il carattere di utilità pubblica dei beni o degli altri lavori che sarebbero stati costruiti sui terreni controversi. Penso più largamente, anche che, in certi casi, l’interesse pubblico prevalga sull’interesse individuale a rispetto del diritto di proprietà perché, ai miei occhi, il diritto di proprietà deve essere anche un diritto finalizzato, cioè girato verso la soddisfazione di bisogni sociali che superano il solo interesse personale del suo titolare. Penso semplicemente che, in un Stato di diritto, lo stato deve prendere le misure di espropriazione necessarie al bene pubblico secondo le vie legali.