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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GUISO-GALLISAY c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 41, P1-1
Numero: 58858/00/05
Stato: Italia
Data: 2005-12-08 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare respinta (tardività); Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA GUISO-GALLISAY C. ITALIA
( Richiesta no 58858/00)
SENTENZA
STRASBURGO
8 dicembre 2005
DEFINITIVO
08/03/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Guiso-Gallisay c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupančič, presidente,
L. Caflisch, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska, il
Sig. V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. Sig. Villiger, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 novembre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 58858/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui tre cittadini di questo Stato, il Sig. S. G. – G., il Sig. G. F. G. – G. e la Sig.ra A. G. – G. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 7 aprile 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dal primo richiedente, avvocato a Milano, e da U. G. Z., avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dai suoi agenti successivi, rispettivamente Sigg. U. Leanza ed I. M. Braguglia, e dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli.
3. I richiedenti adducevano in particolare un attentato ingiustificato al loro diritto al rispetto dei loro beni.
4. La richiesta è stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell’ordinamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 § 1 della Convenzione, è stata costituita conformemente all’articolo 26 § 1 dell’ordinamento.
5. Con una decisione del 2 settembre 2004, la camera ha dichiarato la richiesta ammissibile.
6. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell’ordinamento.
7. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell’ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1959, 1948 e 1952. Risiedono rispettivamente a Milano e Roma.
9. I richiedenti hanno ereditato dei terreni edificabili ubicati a Nuoro e registrati al catasto, rispettivamente foglio 43, appezzamenti 4, 11, 13, 31 e 32, e foglio 41, appezzamenti 3, 217 e 219. Ogni richiedente possiede una quota di 29/360.
10. Con un’ordinanza della “Banca per il Mezzogiorno” (Cassa per il Mezzogiorno) del 9 aprile 1976 e due ordinanze del presidente del consiglio regionale (Giunta regionale) della Sardegna del 7 e 17 gennaio 1977, un progetto di costruzione di abitazioni ad affitto moderato e di strutture di svago sui terreni dei richiedenti fu approvato.
11. Con tre ordinanze adottate rispettivamente il 1 dicembre, 1976, 20 maggio e 15 giugno 1977, il presidente del consiglio regionale della Sardegna autorizzò l’occupazione di emergenza di una parte dei terreni dei richiedenti, ossia 77 782 metri quadrati, per un periodo massimale di cinque anni, in vista della sua espropriazione, per procedere alla costruzione delle abitazioni ad affitto moderato e delle strutture di svago.
12. Il 20 gennaio, 28 giugno e 22 luglio 1977, ci fu occupazione materiale.
13. Con un atto di citazione notificato l’ 11 novembre 1983, i richiedenti introdussero dinnanzi al tribunale di Nuoro un ricorso in danno-interessi contro la città di Nuoro.
14. Adducevano che l’occupazione del terreno era illegale e che i lavori di costruzione si erano conclusi senza che si fosse proceduto all’espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un’indennità. Richiedevano una somma corrispondente al valore venale del terreno ed una somma per non-godimento del terreno.
15. Durante il processo, una perizia ed un complemento di perizia furono depositati alla cancelleria, rispettivamente l’ 8 febbraio 1990 e 30 aprile 1992. Secondo il perito, una prima parte del terreno era stata trasformata irreversibilmente nel 1982 ed una seconda parte nel 1983, in ragione della realizzazione dei lavori pubblici. Il valore venale globale nel 1982 e 1983 del terreno occupato era di 5 372 538 000 lire (ITL), ossia 432 787 783 ITL per ogni richiedente. In quanto all’indennità di occupazione dei terreni, il perito la stimò a 1 611 761 400 ITL, ossia 129 836 335 ITL per ogni richiedente.
16. Con un giudizio non definitivo del 14 luglio 1997, il tribunale di Nuoro dichiarò che l’occupazione del terreno, inizialmente autorizzata, era diventata illegale a partire dal 1982 e 1983. Constatò che il terreno era stato trasformato irreversibilmente dai lavori pubblici. Per questo fatto, conformemente al principio dell’espropriazione indiretta, occupazione acquisitiva, gli interessati erano stati privati del loro bene per effetto della trasformazione irreversibile di questo e nel momento in cui l’occupazione aveva smesso di essere legale. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale condannò la municipalità a pagare a titolo di acconto una somma uguale al 55% del valore venale del terreno, ossia 238 033 280 ITL per ogni richiedente, più interessi e rivalutazione, così come un’indennità di occupazione di 129 836 334 ITL per ogni richiedente.
17. Con lo stesso giudizio, il tribunale ordinò la continuazione del processo per ricalcolare la somma definitiva da concedere ai richiedenti in virtù della legge no 662 di 1996, nel frattempo entrata in vigore.
18. Il 27 marzo 1997, la municipalità versò ai richiedenti la somma dovuta in applicazione del giudizio non definitivo del 14 luglio 1997. Queste somme sono state sottoposte ad un’imposta alla sorgente del 20%.
19. Il 17 luglio 2003, il tribunale di Nuoro confermò il suo giudizio non definitivo con un giudizio definitivo depositato alla cancelleria del 14 luglio 1997 e stimò che l’importo del risarcimento calcolato ai termini della legge no 662 del 1996 corrispondeva alla somma già liquidata in applicazione del giudizio non definitivo.
20. Questo giudizio definitivo ha acquisito forza di cosa giudicata il 17 ottobre 2004.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L’occupazione di emergenza di un terreno
21. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all’amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell’espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l’amministrazione può decretare l’occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l’occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
22. L’occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un’indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l’indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l’amministrazione proceda ad un’offerta di indennizzo.
b) Il principio dell’espropriazione indiretta (“occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”)
23. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell’occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l’interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
24. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un’occupazione illegale ab initio, o un’occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l’occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
25. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un’azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l’illegalità derivante dall’occupazione era permanente. L’amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l’azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l’indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
26. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l’amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
27. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L’interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
28. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell’espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un’espropriazione formale quando, dopo l’occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell’occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l’occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l’occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l’interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l’acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull’interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
29. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l’occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
30. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell’espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l’articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l’amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l’interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull’interesse dell’individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l’applicazione all’azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall’articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell’espropriazione indiretta
31. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell’amministrazione conosce delle eccezioni.
32. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c’è espropriazione indiretta quando le decisioni dell’amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
33. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l’amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l’interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L’illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
34. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c’è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell’espropriazione indiretta non si applica dunque. L’interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L’introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
35. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell’espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
36. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c’è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
37. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull’espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003, paragrafi 48-49 sotto.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
38. Ai termini dell’articolo 3 di questa legge, “Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un’espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all’articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell’occupazione illegale.”
39. Interpretando l’articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: “Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni – ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni – e l’interesse pubblico – concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate – ha dato la precedenza a questo ultimo interesse.”
5. L’importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
40. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all’interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l’occupazione illegale.
41. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l’importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l’importo dell’indennità contemplata per il caso di un’espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
42. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l’indennizzo integrale non poteva essere accordato per un’occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l’indennizzo equivaleva all’importo dell’indennità contemplata nel caso di un’espropriazione formale, nell’ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
43. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un’indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l’occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
44. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell’espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
45. Alla vista della constatazione di violazione dell’articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell’espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
46. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell’espropriazione indiretta – ha detto che in materia dell’uniformità della giurisprudenza, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente “prevedibile” a contare del 1983. Per questo fatto, l’espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all’indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall’interessato, ed in particolare al valore del terreno, l’indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
47. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro “pubblico” poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come “realizzato” e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l’articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l’amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l’espropriazione indiretta non potrebbe costituire un’alternativa (“una mera alternativa”) ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito “il Repertorio,
48. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell’espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all’insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
49. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell’autorità che l’ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L’autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L’autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.

IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
50. Nelle sue osservazioni sul merito, il Governo ha sollevato un’eccezione di tardività che comprende due risvolti.
51. In quanto al primo risvolto, il Governo ha sostenuto che la richiesta è tardiva nella misura in cui questa è stata introdotto più di sei mesi dopo il 15 settembre 1998, ossia il momento in cui il giudizio non definitivo del tribunale di Nuoro del 14 luglio 1997 ha acquisito forza di cosa giudicata.
52. Il Governo sostiene che con questo giudizio il tribunale ha troncato le questioni legate al trasferimento della proprietà così come alla somma del risarcimento calcolato sulla base del valore venale del terreno.
53. Di conseguenza, questo giudizio costituirebbe la “decisione interna definitiva” a partire dalla quale il termine di sei mesi contemplati all’articolo 35 della Convenzione è cominciato a decorrere.
54. In quanto al secondo risvolto, il Governo ha sostenuto che la richiesta è stata introdotta tardivamente nella misura in cui i richiedenti si lamentano che l’importo del risarcimento sia stato calcolato al senso della legge no 662 del 1996. Secondo il Governo, il termine di sei mesi contemplati all’articolo 35 della Convenzione è cominciato a decorrere o il 1 gennaio 1997, ovvero in data dell’entrata in vigore di questa legge, o in data del deposito alla cancelleria della sentenza della Corte costituzionale no 148 del 26 aprile 1999 con la quale questa ultima giurisdizione ha confermato la legalità della disposizione in questione. In appoggio delle sue affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia, Miconi c. Italia, (déc.), no 66432/01, 6 maggio 2004.
55. I richiedenti si oppongono all’eccezione il Governo. In quanto al secondo risvolto, fanno valere in particolare che la Corte ha respinto già delle eccezioni similari in parecchie decisioni sull’ammissibilità (vedere, tra altri, Donati c. Italia, no 63242/00, (déc.), 13 maggio 2004, e Santinelli ed altri c. Italia, no 65141/01, (déc.), 23 settembre 2004, ed Emanuele Calandra c. Italia, no 71310/01, (déc.), 9 dicembre 2004).
56. In quanto al primo risvolto dell’eccezione, la Corte nota che questo è stato respinto già nella sua decisione sull’ammissibilità del 2 settembre 2004 e che il Governo fonda la sua eccezione su degli argomenti che non sono di natura tale da rimettere in causa la sua decisione sull’ammissibilità. Di conseguenza, questo risvolto non potrebbe essere considerato.
57. Trattandosi del secondo risvolto dell’eccezione, la Corte ricorda che ai termini dell’articolo 55 del suo ordinamento, “Se la Parte contraente convenuta intende sollevare un’eccezione di inammissibilità, deve farlo, per quanto la natura dell’eccezione e le circostanze lo permettono, nelle osservazioni scritte od orali sull’ammissibilità della richiesta .” Ora, risulta della pratica che questa condizione non si trova assolta nello specifico. C’è dunque decadenza. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che c’è luogo di respingere il secondo risvolto dell’eccezione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
58. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno per effetto dell’occupazione di questo, in mancanza di un decreto di espropriazione e di indennizzo. Secondo loro, questa situazione ha recato offesa al loro diritto al rispetto dei loro beni garantito all’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Tesi delle parti
1. I richiedenti
59. Riferendosi alle sentenze Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI, e Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia (no 31524/96) CEDH-VI), i richiedenti osservano che l’applicazione del principio dell’espropriazione indiretta al loro caso non è conforme al principio della preminenza del diritto.
60. A questo riguardo, i richiedenti fanno osservare che il terreno controverso è stato occupato e trasformato senza che un decreto di espropriazione fosse stato adottato. E’ solamente perché hanno intentato un procedimento in danno-interessi dinnanzi alle giurisdizioni nazionali che hanno potuto ottenere una decisione giudiziale dichiarante l’illegalità dell’occupazione, decisione che aveva allo stesso tempo come conseguenza di dichiararli in modo retroattivo privati del loro bene.
61. In quanto all’indennizzo che dipende anche dall’iniziativa della persona riguardata, i richiedenti sostengono che questo non è atto a riparare l’illegalità commessa, essendo largamente inferiore al danno subito.
2. Il Governo
62. Il Governo osserva che i richiedenti sono stati privati del loro bene in virtù dell’espropriazione indiretta, ciò che indica che il procedimento di espropriazione si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica ma non è stata messa in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui l’occupazione del terreno è diventata senza titolo e che nessuna ordinanza di espropriazione è stata adottata.
63. A difetto di simile atto di espropriazione, i richiedenti sono stati ad ogni modo privati del loro bene per effetto della costruzione del lavoro di interesse pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che la costruzione ha provocato. Questa privazione di bene, secondo il Governo, è solamente la conseguenza del principio dell’espropriazione indiretta, che il tribunale di Nuoro ha applicato.
64. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
65. Primariamente, ci sarebbe stata utilità pubblica, il che non è rimesso in causa dai richiedenti.
66. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.”
67. A questo riguardo, il Governo ricorda che la Corte, nella sua sentenza Zubani c. Italia, sentenza del 7 agosto 1996, Raccolta 1996-IV, aveva esaminato una causa di espropriazione indiretta che ricadeva sotto l’influenza della legge no 458 del 1988 dal punto di vista del giusto equilibrio, stimando che, per ciò che riguardava la legge in quanto tale, “la scelta legislativa che mira a privilegiare l’interesse della collettività nel caso di espropriazioni o di occupazioni illegali di terreni è ragionevole: l’indennizzo integrale dei danni subiti dai proprietari riguardati costituisce un risarcimento sufficiente” (Zubani, precitato, § 49.
68. Il Governo prende atto del fatto che la giurisprudenza della Corte ha conosciuto un’evoluzione in seguito, nella misura in cui, nei due seguenti casi riguardanti l’espropriazione indiretta, ha constatato un’incompatibilità del meccanismo dell’espropriazione indiretta col principio di legalità (Carbonara e Ventura, precitata, e Belvedere Alberghiera srl, precitata).
69. Secondo il Governo, il principio deve passare per “previsto dalla legge”, anche se è stato elaborato dalla giurisprudenza in un paese di “civile law” e non di “common law.”
70. A questo riguardo, prende atto del fatto che nelle due sentenze precitate, la Corte aveva stimato inutile giudicare in abstracto se il ruolo che un principio giurisprudenziale, come quello dell’espropriazione indiretta, occupa in un sistema di diritto continentale è assimilabile a quello occupato dalle disposizioni legislative, Carbonara e Ventura, precitata, § 64. La Corte aveva osservato che la giurisprudenza italiana aveva conosciuto un’evoluzione e che un principio giurisprudenziale non lega le giurisdizioni in quanto alla sua applicazione, Carbonara e Ventura, precitata, § 69.
71. Il Governo sostiene che decidere del ruolo della giurisprudenza in Italia riveste una grande importanza in questo tipo di cause. Secondo il Governo, la giurisprudenza nazionale avendo creato il principio dell’espropriazione indiretta, questo principio deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a partire dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione. Inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
72. In conclusione, secondo il Governo, a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
73. In quanto alla qualità della legge, il Governo chiede alla Corte far riferimento alla “giurisprudenza Zubani” e di considerare che il meccanismo dell’espropriazione indiretta che si basa su una dichiarazione di illegalità da parte del giudice, è conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
74. A questo proposito, il Governo fa osservare che la constatazione di illegalità da parte del giudice è l’elemento che condiziona il trasferimento al patrimonio pubblico del bene illegalmente occupato.
75. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica di principi esistenti, che tende a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all’utilità pubblica.
76. L’amministrazione sarebbe tenuta ad indennizzare l’individuo. Però, secondo il Governo, questo indennizzo può essere inferiore al danno subito dall’interessato, ed in particolare al valore del terreno, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e l’illegalità commessa dall’amministrazione riguarda solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo. Inoltre, il Governo osserva che l’indennità come plafonata dalla legge no 662 del 1996 è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordata se l’espropriazione fosse stata regolare.
77. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato.
B. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
78. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se questa situazione equivale ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
79. La Corte rileva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il tribunale di Nuoro ha considerato i richiedenti come privati del loro bene a contare dal momento in cui l’occupazione del terreno ha smesso di essere legale. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l’elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che il giudizio definitivo del tribunale di Nuoro ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura, precitata, § 61, e Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
80. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 una simile ingerenza deve essere operata “a causa di utilità pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale.” L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non “sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
81. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore dei richiedenti non ha avuto luogo, Carbonara e Ventura, precitata, § 62.
2. Sul rispetto del principio di legalità
82. L’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis, precitata, § 58). Il principio di legalità notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
83. Nelle sentenze Belvedere Alberghiera srl e Carbonara e Ventura precitate, la Corte non aveva stimato utile giudicare in abstracto se il ruolo che un principio giurisprudenziale, come quello dell’espropriazione indiretta, occupa in un sistema di diritto continentale è assimilabile a quello occupato dalle disposizioni legislative, ciò che conta essendo -ad ogni modo-che la base legale risponda ai criteri di prevedibilità, accessibilità e precisione enunciato più sopra. La Corte è convinta sempre che l’esistenza in quanto tale di una base legale non basta a soddisfare il principio di legalità e stima utile propendersi sulla questione della qualità della legge.
84. La Corte prende nota dell’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all’elaborazione del principio dell’espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, la legge no 662 del 1996 e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie che hanno luogo nella cronostoria della giurisprudenza. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 47 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
85. La Corte rileva anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i suddetti testi di legge. A titolo di esempio, la Corte nota che se è vero che la giurisprudenza ha escluso, a partire dal 1996-1997, che l’espropriazione indiretta possa applicarsi quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata, è anche vero che il Repertorio ha ultimamente contemplato che in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, ogni terreno può essere acquisito al patrimonio pubblico, se il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno occupato e trasformato dall’amministrazione.
86. Alla vista di questi elementi, la Corte non esclude che il rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati rimanga.
87. La Corte nota poi che il meccanismo dell’espropriazione indiretta permette in generale all’amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione, col rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati, sia che si tratti di un’illegalità dall’inizio o di un’illegalità sopraggiunta in seguito. L’espropriazione indiretta tende difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall’amministrazione, a regolare le conseguenze per l’individuo e per l’amministrazione, a favore di questa. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l’articolo 43 del Repertorio, l’espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, paragrafo 47 sopra).
88. A questo riguardo, la Corte nota che l’espropriazione indiretta permette all’amministrazione di occupare un terreno e di trasformarlo irreversibilmente, in modo tale che sia considerato come acquisizione al patrimonio pubblico, senza che in parallelo un atto formale dichiarante il trasferimento di proprietà sia adottato. In mancanza di un atto che formalizza l’espropriazione ed intervenendo al più tardi nel momento in cui il proprietario ha perso ogni padronanza del bene, l’elemento che permetterà di trasferire al patrimonio pubblico il bene occupato e di raggiungere una sicurezza giuridica è la constatazione di illegalità da parte del giudice, che vale come dichiarazione di trasferimento di proprietà. Incombe sull’interessato – che continua ad essere formalmente proprietario – di sollecitare al giudice competente una decisione che constata, all’occorrenza, l’illegalità abbinata alla realizzazione di un lavoro di interesse pubblico, condizioni necessarie affinché sia dichiarato in modo retroattivo privato del suo bene.
89. Alla vista di questi elementi, la Corte stima che il meccanismo dell’espropriazione indiretta non è atto a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica.
90. La Corte nota poi che l’espropriazione indiretta permette inoltre all’amministrazione di occupare un terreno e di trasformarlo senza per questo versare di indennità allo stesso tempo. L’indennità deve essere richiesta dall’interessato e ciò entro prescrizione di cinque anni, che comincia a decorrere dalla data in cui il giudice stima che la trasformazione irreversibile del terreno ha avuto luogo. Ciò può provocare delle conseguenze nefaste per l’interessato, e rendere vana ogni speranza di risarcimento, Carbonara e Ventura, precitato, § 71.
91. La Corte rileva infine che il meccanismo dell’espropriazione indiretta permette all’amministrazione di trarre vantaggio dal suo comportamento illegale, e che il prezzo da pagare è solamente del 10% più elevato che nel caso di un’espropriazione in buona e dovuta forma. Secondo la Corte, questa situazione non è di natura tale da favorire la buona amministrazione di procedimenti di espropriazione ed a prevenire degli episodi di illegalità.
92. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo di cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
93. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato i richiedenti privati del loro bene a contare dal momento in cui l’occupazione aveva smesso di essere autorizzata, essendo riuniti le condizioni di illegalità dell’occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe dunque essere considerata come “prevedibile”, poiché è solamente con la decisione definitiva -il giudizio definitivo del tribunale di Nuoro che ha acquisito forza di cosa giudicata-che si può considerare il principio dell’espropriazione indiretta come essendo stato applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata sanzionata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione del terreno che il 17 ottobre 2004, data in cui il giudizio definitivo del tribunale di Nuoro ha acquisito forza di cosa giudicata.
94. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di trarre vantaggio da un’occupazione illegale di terreno. In altri termini, l’amministrazione si è potuta appropriare il terreno a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un’indennità fosse messa in parallelo a disposizione degli interessati.
95. In quanto all’indennità, la Corte constata che l’applicazione retroattiva della legge di bilancio no 662 del 1996 al caso di specifico ha avuto per effetto di privare i richiedenti di un risarcimento integrale del danno subito.
96. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dunque.
97. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DI L’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
98. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
99. In quanto al danno materiale per la perdita del terreno, i richiedenti sollecitano il versamento di una somma di 87/360 uguale al valore venale di questo in primo luogo, rivalutata ed abbinata ad interessi, così come di un’indennità di occupazione. In secondo luogo, richiedono una somma che corrisponde all’aumento del valore del terreno in seguito alla realizzazione dei lavori pubblici. Chiedono alla Corte di ordinare una perizia per valutare l’importo delle tali indennità.
100. Inoltre, i richiedenti chiedono la somma di 376 011,51 EUR a titolo di rimborso dell’imposta alla sorgente alla quale le somme riconosciute dal tribunale sono state sottoposte, paragrafo 18 sopra.
101. In quanto al danno morale, chiedono il versamento di un’indennità di 600 000 EUR.
102. Infine, chiedono le somme di 251 513,31 EUR, a titolo di rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, e di 48 190 EUR, tassa sul valore aggiunto (IVA) in più, a titolo di rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alla Corte.
103. In quanto al danno materiale, il Governo fa valere che una nuova stima non si rivela necessaria, tenuto conto del fatto che il valore venale del terreno controverso è stato valutato già durante il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne. Nel caso in cui la Corte calcolasse il danno materiale sulla base del valore venale del terreno, il Governo sostiene che i richiedenti avrebbero il diritto di percepire unicamente una somma corrispondente alla differenza tra questo valore e gli importi dell’indennità calcolata ai termini della legge no 662 del 1996.
104. Inoltre, il Governo sostiene che i richiedenti non avrebbero diritto a nessuna indennità corrispondente all’aumento del valore venale del terreno in seguito alla realizzazione dei lavori pubblici ed a nessuna indennità a titolo di rimborso dell’imposta alla sorgente alla quale le somme riconosciute dal tribunale sono state sottoposte.
105. In quanto al danno morale, il Governo si rimette alla saggezza della Corte, pure sottolineando che la somma chiesta dai richiedenti è eccessiva e che questi ultimi hanno quantificato tale indennità in modo vago ed impreciso.
106. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne, il Governo sostiene che i richiedenti hanno ottenuto già il rimborso di questi a livello interno e, ad ogni modo, fa valere che la decisione concernente il rimborso di questo oneri dipende unicamente dalla competenza delle giurisdizioni nazionali.
107. Infine, in quanto agli oneri del procedimento a Strasburgo, il Governo si rimette alla saggezza della Corte, pure sottolineando che la somma chiesta dai richiedenti è eccessiva.
108. La Corte stima che la domanda dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Respinge l’eccezione preliminare del Governo;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa domanda ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 8 dicembre 2005 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Marco Villiger Boštjan il Sig. Zupančič
Cancelliere aggiunto Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Exception préliminaire rejetée (tardiveté) ; Violation de P1-1 ; Satisfaction équitable réservée
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE GUISO-GALLISAY c. ITALIE
(Requête no 58858/00)
ARRÊT
STRASBOURG
8 décembre 2005
DÉFINITIF
08/03/2006
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Guiso-Gallisay c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
MM. B.M. Zupančič, président,
L. Caflisch,
Mme M. Tsatsa-Nikolovska,
M. V. Zagrebelsky,
Mme A. Gyulumyan,
M. David Thór Björgvinsson,
Mme I. Ziemele, juges,
et de M. M. Villiger, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 17 novembre 2005,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 58858/00) dirigée contre la République italienne et dont trois ressortissants de cet Etat, M. Stefano G.-G., M. G. F. G.-G. et Mme A. G.-G. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 7 avril 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par le premier requérant, avocat à Milan, et par Me U. G. Z., avocat à Rome. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par ses agents successifs, respectivement MM. U. Leanza et I. M. Braguglia, et par son coagent, M. F. Crisafulli.
3. Les requérants alléguaient en particulier une atteinte injustifiée à leur droit au respect de leurs biens.
4. La requête a été attribuée à la première section de la Cour (article 52 § 1 du règlement). Au sein de celle-ci, la chambre chargée d’examiner l’affaire (article 27 § 1 de la Convention) a été constituée conformément à l’article 26 § 1 du règlement.
5. Par une décision du 2 septembre 2004, la chambre a déclaré la requête recevable.
6. Tant les requérants que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur le fond de l’affaire (article 59 § 1 du règlement).
7. Le 1er novembre 2004, la Cour a modifié la composition de ses sections (article 25 § 1 du règlement). La présente requête a été attribuée à la troisième section ainsi remaniée (article 52 § 1).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
8. Les requérants sont nés respectivement en 1959, 1948 et 1952. Ils résident respectivement à Milan et Rome.
9. Les requérants ont hérité des terrains constructibles sis à Nuoro et enregistrés au cadastre, respectivement feuille 43, parcelles 4, 11, 13, 31 et 32, et feuille 41, parcelles 3, 217 et 219. Chaque requérant possède une quote-part de 29/360.
10. Par un arrêté de la « Banque pour le Midi » (Cassa per il Mezzogiorno) du 9 avril 1976 et deux arrêtés du président du conseil régional (Giunta regionale) de Sardaigne des 7 et 17 janvier 1977, un projet de construction d’habitations à loyer modéré et de structures de loisir sur les terrains des requérants fut approuvé.
11. Par trois arrêtés adoptés respectivement les 1er décembre, 1976, 20 mai et 15 juin 1977, le président du conseil régional de Sardaigne autorisa l’occupation d’urgence d’une partie des terrains des requérants, à savoir 77 782 mètres carrés, pour une période maximale de cinq ans, en vue de son expropriation, afin de procéder à la construction des habitations à loyer modéré et des structures de loisir.
12. Les 20 janvier, 28 juin et 22 juillet 1977, il y eut occupation matérielle.
13. Par un acte d’assignation notifié le 11 novembre 1983, les requérants introduisirent devant le tribunal de Nuoro un recours en dommages-intérêts à l’encontre de la ville de Nuoro.
14. Ils alléguaient que l’occupation du terrain était illégale et que les travaux de construction s’étaient terminés sans qu’il fût procédé à l’expropriation formelle du terrain et au paiement d’une indemnité. Ils réclamaient une somme correspondant à la valeur vénale du terrain et une somme pour non-jouissance du terrain.
15. Au cours du procès, une expertise et un complément d’expertise furent déposés au greffe, respectivement les 8 février 1990 et 30 avril 1992. Selon l’expert, une première partie du terrain avait été irréversiblement transformée en 1982 et une deuxième partie en 1983, en raison de la réalisation des ouvrages publics. La valeur vénale globale en 1982 et 1983 du terrain occupé était de 5 372 538 000 lires (ITL), à savoir 432 787 783 ITL pour chaque requérant. Quant à l’indemnité d’occupation des terrains, l’expert l’estima à 1 611 761 400 ITL, à savoir 129 836 335 ITL pour chaque requérant.
16. Par un jugement non définitif du 14 juillet 1997, le tribunal de Nuoro déclara que l’occupation du terrain, initialement autorisée, était devenue illégale à compter de 1982 et 1983. Il constata que le terrain avait été irréversiblement transformé par les ouvrages publics. De ce fait, conformément au principe de l’expropriation indirecte (occupazione acquisitiva), les intéressés avaient été privés de leur bien par l’effet de la transformation irréversible de celui-ci et au moment où l’occupation avait cessé d’être légale. A la lumière de ces considérations, le tribunal condamna la municipalité à payer à titre d’acompte une somme égale à 55% de la valeur vénale du terrain, à savoir 238 033 280 ITL pour chaque requérant, plus intérêts et réévaluation, ainsi qu’une indemnité d’occupation de 129 836 334 ITL pour chaque requérant.
17. Par le même jugement, le tribunal ordonna la continuation du procès afin de recalculer la somme définitive à octroyer aux requérants en vertu de la loi no 662 de 1996, entre-temps entrée en vigueur.
18. Le 27 mars 1997, la municipalité versa aux requérants les sommes dues en application du jugement non définitif du 14 juillet 1997. Ces sommes ont été soumises à un impôt à la source de 20 %.
19. Par un jugement définitif déposé au greffe le 17 juillet 2003, le tribunal de Nuoro confirma son jugement non définitif du 14 juillet 1997 et estima que le montant du dédommagement calculé aux termes de la loi no 662 de 1996 correspondait à la somme déjà liquidée en application du jugement non définitif.
20. Ce jugement définitif a acquis force de chose jugée le 17 octobre 2004.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. L’occupation d’urgence d’un terrain
21. En droit italien, la procédure accélérée d’expropriation permet à l’administration d’occuper un terrain et d’y construire avant l’expropriation. Une fois l’ouvrage à réaliser déclaré d’utilité publique et le projet de construction adopté, l’administration peut décréter l’occupation d’urgence des zones à exproprier pour une durée déterminée n’excédant pas cinq ans (article 20 de la loi no 865 de 1971). Ce décret devient caduc si l’occupation matérielle du terrain n’a pas lieu dans les trois mois suivant sa promulgation. Avant la fin de la période d’occupation autorisée, un arrêté d’expropriation formelle doit être pris.
22. L’occupation autorisée d’un terrain donne droit à une indemnité d’occupation. La Cour constitutionnelle a reconnu, dans son arrêt no 470 de 1990, un droit d’accès immédiat à un tribunal aux fins de réclamer l’indemnité d’occupation dès que le terrain est matériellement occupé, sans besoin d’attendre que l’administration procède à une offre d’indemnisation.
B. Le principe de l’expropriation indirecte (« occupazione acquisitiva » ou « accessione invertita »)
23. Dans les années 1970, plusieurs administrations locales procédèrent à des occupations d’urgence de terrains qui ne furent pas suivies d’arrêtés d’expropriation. Les juridictions italiennes se trouvèrent confrontées à des cas où le propriétaire d’un terrain avait perdu de facto la disponibilité de celui-ci en raison de l’occupation et de l’accomplissement de travaux de construction d’un ouvrage public. Restait à savoir si, simplement par l’effet des travaux effectués, l’intéressé avait perdu également la propriété du terrain.
1. La jurisprudence avant l’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
24. La jurisprudence était très partagée sur le point de savoir quels étaient les effets de la construction d’un ouvrage public sur un terrain occupé illégalement. Par occupation illégale, il faut entendre une occupation illégale ab initio, ou bien une occupation initialement autorisée et devenue sans titre par la suite, le titre étant annulé ou bien l’occupation se poursuivant au-delà de l’échéance autorisée sans qu’un arrêté d’expropriation ne soit intervenu.
25. Selon une première jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration ne perdait pas la propriété du terrain après l’achèvement de l’ouvrage public. Toutefois, il ne pouvait pas demander une remise en l’état du terrain et pouvait uniquement engager une action en dommages et intérêts pour occupation abusive, non soumise à un délai de prescription puisque l’illégalité découlant de l’occupation était permanente. L’administration pouvait à tout moment adopter une décision formelle d’expropriation ; dans ce cas, l’action en dommages-intérêts se transformait en litige portant sur l’indemnité d’expropriation et les dommages-intérêts n’étaient dus que pour la période antérieure au décret d’expropriation pour la non-jouissance du terrain (voir, entre autres, les arrêts de la Cour de cassation no 2341 de 1982, no 4741 de 1981, no 6452 et no 6308 de 1980).
26. Selon une deuxième jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration ne perdait pas la propriété du terrain et pouvait demander la remise en l’état, lorsque l’administration avait agi sans qu’il y ait utilité publique (voir, par exemple, Cour de cassation, arrêt no 1578 de 1976, arrêt no 5679 de 1980).
27. Selon une troisième jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration perdait automatiquement la propriété du terrain au moment de la transformation irréversible du bien, à savoir au moment de l’achèvement de l’ouvrage public. L’intéressé avait le droit de demander des dommages-intérêts (voir l’arrêt no 3243 de 1979 de la Cour de cassation).
2. L’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
28. Par un arrêt du 16 février 1983, la Cour de cassation, statuant en chambres réunies, résolut le conflit de jurisprudence et adopta la troisième solution. Ainsi fut consacré le principe de l’expropriation indirecte (accessione invertita ou occupazione acquisitiva). En vertu de ce principe, la puissance publique acquiert ab origine la propriété d’un terrain sans procéder à une expropriation formelle lorsque, après l’occupation du terrain, et indépendamment de la légalité de l’occupation, l’ouvrage public a été réalisé. Lorsque l’occupation est ab initio sans titre, le transfert de propriété a lieu au moment de l’achèvement de l’ouvrage public. Lorsque l’occupation du terrain a initialement été autorisée, le transfert de propriété a lieu à l’échéance de la période d’occupation autorisée. Dans le même arrêt, la Cour de cassation précisa que, dans tous les cas d’expropriation indirecte, l’intéressé a droit à une réparation intégrale, l’acquisition du terrain ayant eu lieu sans titre. Toutefois, cette réparation n’est pas versée automatiquement ; il incombe à l’intéressé de réclamer des dommages-intérêts. En outre, le droit à réparation est assorti du délai de prescription prévu en cas de responsabilité délictuelle, à savoir cinq ans, commençant à courir au moment de la transformation irréversible du terrain.
3. La jurisprudence après l’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
a) La prescription
29. Dans un premier temps, la jurisprudence considérait qu’aucun délai de prescription ne trouvait à s’appliquer, puisque l’occupation sans titre du terrain constituait un acte illégal continu. La Cour de cassation, dans son arrêt no 1464 de 1983, affirma que le droit à réparation était soumis à un délai de prescription de cinq ans. Par la suite, la première section de la Cour de cassation affirma qu’un délai de prescription de dix ans devait s’appliquer (arrêts no 7952 de 1991 et no 10979 de 1992). Par un arrêt du 22 novembre 1992, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a définitivement tranché la question, estimant que le délai de prescription est de cinq ans et qu’il commence à courir au moment de la transformation irréversible du terrain.
b) L’arrêt no 188 de 1995 de la Cour constitutionnelle
30. Dans cet arrêt, la Cour constitutionnelle a jugé compatible avec la Constitution le principe de l’expropriation indirecte, dans la mesure où ce principe est ancré dans une disposition législative, à savoir l’article 2043 du code civil régissant la responsabilité délictuelle. Selon cet arrêt, le fait que l’administration devient propriétaire d’un terrain en tirant bénéfice de son comportement illégal ne pose aucun problème sur le plan constitutionnel, puisque l’intérêt public, à savoir la conservation de l’ouvrage public, l’emporte sur l’intérêt du particulier, et donc sur le droit de propriété de ce dernier. La Cour constitutionnelle a jugé compatible avec la Constitution l’application à l’action en réparation du délai de prescription de cinq ans, tel que prévu par l’article 2043 du code civil pour responsabilité délictuelle.
c) Cas de non-application du principe de l’expropriation indirecte
31. Les développements de la jurisprudence montrent que le mécanisme par lequel la construction d’un ouvrage public entraîne le transfert de propriété du terrain au bénéfice de l’administration connaît des exceptions.
32. Dans son arrêt no 874 de 1996, le Conseil d’Etat a affirmé qu’il n’y a pas d’expropriation indirecte lorsque les décisions de l’administration et l’arrêté d’occupation d’urgence ont été annulés par les juridictions administratives ; si tel n’était pas le cas, la décision judiciaire serait vidée de substance.
33. Dans son arrêt no 1907 de 1997, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a affirmé que l’administration ne devient pas propriétaire d’un terrain lorsque les décisions qu’elle a adoptées et la déclaration d’utilité publique doivent être considérées comme nulles ab initio. Dans ce cas, l’intéressé garde la propriété du terrain et peut demander la restitutio in integrum. Il peut, comme alternative, demander des dommages-intérêts. L’illégalité dans ces cas a un caractère permanent et aucun délai de prescription ne trouve application.
34. Dans l’arrêt no 6515 de 1997, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a affirmé qu’il n’y a pas de transfert de propriété lorsque la déclaration d’utilité publique a été annulée par les juridictions administratives. Dans ce cas, le principe de l’expropriation indirecte ne trouve donc pas à s’appliquer. L’intéressé, qui garde la propriété du terrain, a la possibilité de demander la restitutio in integrum. L’introduction d’une demande en dommages-intérêts entraîne une renonciation à la restitutio in integrum. Le délai de prescription de cinq ans commence à courir au moment où la décision du juge administratif devient définitive.
35. Dans l’arrêt no 148 de 1998, la première section de la Cour de cassation a suivi la jurisprudence des chambres réunies et affirmé que le transfert de propriété par effet de l’expropriation indirecte n’a pas lieu lorsque la déclaration d’utilité publique à laquelle le projet de construction était assorti a été considérée comme invalide ab initio.
36. Dans l’arrêt no 5902 de 2003, la Cour de cassation en chambres réunies a réaffirmé qu’il n’y a pas de transfert de propriété en l’absence de déclaration d’utilité publique valide.
37. Il convient de comparer cette jurisprudence avec la loi no 458 de 1988 (paragraphes 38-39 ci-dessous) et avec le Répertoire des dispositions sur l’expropriation, entré en vigueur le 30 juin 2003 (paragraphes 48-49 ci-dessous).
4. La loi no458 du 27 octobre 1988
38. Aux termes de l’article 3 de cette loi,
« Le propriétaire d’un terrain, utilisé pour la construction de bâtiments publics et de logements sociaux, a droit à la réparation du dommage subi, à la suite d’une expropriation déclarée illégale par une décision passée en force de chose jugée, mais ne peut prétendre à la restitution de son bien. Il a également droit, en plus de la réparation du dommage, aux sommes dues en raison de la dépréciation monétaire et à celles mentionnées à l’article 1224 § 2 du code civil et ceci à compter du jour de l’occupation illégale. »
39. Interprétant l’article 3 de la loi de 1988, la Cour constitutionnelle, dans son arrêt du 12 juillet 1990 (n 384), a considéré :
« Par la disposition attaquée, le législateur, entre l’intérêt des propriétaires des terrains – obtenir en cas d’expropriation illégale la restitution des terrains – et l’intérêt public – concrétisé par la destination de ces biens à des finalités de constructions résidentielles publiques à des conditions favorables ou conventionnées – a donné la priorité à ce dernier intérêt. »
5. Le montant de la réparation en cas d’expropriation indirecte
40. Selon la jurisprudence de 1983 de la Cour de cassation en matière d’expropriation indirecte, une réparation intégrale du préjudice subi, sous forme de dommages-intérêts pour la perte du terrain, était due à l’intéressé en contrepartie de la perte de propriété qu’entraîne l’occupation illégale.
41. La loi budgétaire de 1992 (article 5 bis du décret-loi no 333 du 11 juillet 1992) modifia cette jurisprudence, dans le sens que le montant dû en cas d’expropriation indirecte ne pouvait dépasser le montant de l’indemnité prévue pour le cas d’une expropriation formelle. Par l’arrêt no 369 de 1996, la Cour constitutionnelle déclara inconstitutionnelle cette disposition.
42. En vertu de la loi budgétaire no 662 de 1996, qui fit suite à la disposition déclarée inconstitutionnelle, l’indemnisation intégrale ne peut être accordée pour une occupation de terrain ayant eu lieu avant le 30 septembre 1996. Dans cette perspective, l’indemnisation équivaut au montant de l’indemnité prévue pour le cas d’une expropriation formelle, dans l’hypothèse la plus favorable au propriétaire, moyennant une augmentation de 10 %.
43. Par l’arrêt no 148 du 30 avril 1999, la Cour constitutionnelle a jugé une telle indemnité compatible avec la Constitution. Toutefois, dans le même arrêt, la Cour a précisé qu’une indemnité intégrale, à concurrence de la valeur vénale du terrain, peut être réclamée lorsque l’occupation et la privation du terrain n’ont pas eu lieu pour cause d’utilité publique.
6. La jurisprudence après les arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme du 30 mai 2000 dans les affaires Belvedere Alberghiera et Carbonara et Ventura.
44. Par les arrêts no 5902 et 6853 de 2003, la Cour de cassation en chambres réunies s’est à nouveau prononcée sur le principe de l’expropriation indirecte, en faisant référence aux deux arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme.
45. Au vu du constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 dans les affaires ci-dessus, la Cour de cassation a affirmé que le principe de l’expropriation indirecte joue un rôle important dans le cadre du système juridique italien et qu’il est compatible avec la Convention.
46. Plus spécifiquement, la Cour de cassation – après avoir analysé l’histoire du principe de l’expropriation indirecte – a dit qu’au vu de l’uniformité de la jurisprudence en la matière, le principe de l’expropriation indirecte doit passer pour pleinement « prévisible » à compter de 1983. De ce fait, l’expropriation indirecte doit être considérée comme étant respectueuse du principe de légalité. S’agissant des occupations de terrain ayant lieu sans déclaration d’utilité publique, la Cour de cassation a affirmé que celles-ci ne sont pas aptes à transférer la propriété du bien à l’Etat. Quant à l’indemnisation, elle a affirmé que, même si elle est inférieure au préjudice subi par l’intéressé, et notamment à la valeur du terrain, l’indemnisation due en cas d’expropriation indirecte est suffisante pour garantir un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la société et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu.
47. Saisi d’un recours en exécution d’une décision judiciaire définitive annulant la déclaration d’utilité publique concernant une procédure d’expropriation, vu la demande de la partie requérante tendant à obtenir la restitution du terrain entre-temps occupé et transformé, le Conseil d’Etat, dans son arrêt no 2/2005 du 29 avril 2005 rendu en séance plénière, s’est prononcé sur le point de savoir si la transformation irréversible dudit terrain à la suite de la construction de l’ouvrage « public » pouvait constituer une raison de droit empêchant la restitution du terrain. Le Conseil d’Etat a répondu par la négative. Ce faisant, il a :
a) reconnu que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte est défaillant quant au besoin de sécurité juridique, en ce qui concerne entre autres le point de savoir à quelle date l’ouvrage public doit être considéré comme « réalisé » et donc à quelle date il y a eu transfert de propriété au bénéfice de l’Etat ;
b) salué jurisprudence de la Cour, et notamment l’arrêt Belvedere Alberghiera Srl c. Italie, en affirmant que, face à une demande en restitution d’un bien illégalement occupé et transformé, l’ouvrage réalisé par les autorités publiques ne peut pas, en tant que tel, constituer un obstacle absolu à la restitution ;
c) interprété l’article 43 du Répertoire (paragraphe 49 ci-dessous) dans le sens où la non-restitution d’un terrain ne peut être admise que dans des cas exceptionnels, à savoir lorsque l’administration invoque un intérêt public particulièrement marqué à la conservation de l’ouvrage ;
d) affirmé, dans ce contexte, que l’expropriation indirecte ne saurait constituer une alternative (« una mera alternativa ») à une procédure d’expropriation en bonne et due forme.
7. Le Répertoire des dispositions législatives et réglementaires en matière d’expropriation pour cause d’utilité publique (« le Répertoire »)
48. Le 30 juin 2003 est entré en vigueur le décret présidentiel no 327 du 8 juin 2001, modifié par le décret législatif no 302 du 27 décembre 2002, et qui régit la procédure d’expropriation. Le Répertoire codifie les dispositions et la jurisprudence existantes en la matière. En particulier, il codifie le principe de l’expropriation indirecte. Le Répertoire, qui ne s’applique pas aux cas d’occupation survenus antérieurement à 1996 et n’est donc pas applicable en l’espèce, s’est substitué, à partir de son entrée en vigueur, à l’ensemble de la législation et de la jurisprudence précédente en matière d’expropriation.
49. A son article 43, le Répertoire prévoit qu’en l’absence d’un arrêté d’expropriation, ou en l’absence de déclaration d’utilité publique, un terrain transformé à la suite de la réalisation d’un ouvrage public est acquis au patrimoine de l’autorité qui l’a transformé ; des dommages-intérêts sont accordés en contrepartie. L’autorité peut acquérir un bien même lorsque le plan d’urbanisme ou la déclaration d’utilité publique ont été annulés. Le propriétaire peut demander au juge la restitution du terrain. L’autorité en cause peut s’y opposer. Lorsque le juge décide de ne pas ordonner la restitution du terrain, le propriétaire a droit à un dédommagement.
EN DROIT
I. SUR L’EXCEPTION PRÉLIMINAIRE DU GOUVERNEMENT
50. Dans ses observations sur le fond, le Gouvernement a soulevé une exception de tardiveté comportant deux volets.
51. Quant au premier volet, le Gouvernement a plaidé que la requête est tardive dans la mesure où celle-ci a été introduite plus de six mois après le 15 septembre 1998, à savoir le moment où le jugement non définitif du tribunal de Nuoro du 14 juillet 1997 a acquis force de chose jugée.
52. Le Gouvernement soutient que par ce jugement le tribunal a tranché les questions liées au transfert de la propriété ainsi qu’au montant du dédommagement calculé sur la base de la valeur vénale du terrain.
53. Par conséquent, ce jugement constituerait la « décision interne définitive » à compter de laquelle le délai de six mois prévu à l’article 35 de la Convention a commencé à courir.
54. S’agissant du deuxième volet, le Gouvernement a plaidé que la requête a été introduite tardivement dans la mesure où les requérants se plaignent que le montant du dédommagement a été calculé au sens de la loi no 662 de 1996. Selon le Gouvernement, le délai de six mois prévu à l’article 35 de la Convention a commencé à courir soit le 1er janvier 1997, à savoir à la date de l’entrée en vigueur de cette loi, soit à la date du dépôt au greffe de l’arrêt de la Cour constitutionnelle no 148 du 26 avril 1999, par lequel cette dernière juridiction a confirmé la légalité de la disposition en question. A l’appui de ses allégations, le Gouvernement cite l’affaire Miconi c. Italie (Miconi c. Italie, (déc.), no 66432/01, 6 mai 2004).
55. Les requérants s’opposent à l’exception du Gouvernement. S’agissant du deuxième volet, ils font notamment valoir que la Cour a déjà rejeté des exceptions similaires dans plusieurs décisions sur la recevabilité (voir, parmi d’autres, Donati c. Italie, no 63242/00, (déc.), 13 mai 2004, et Santinelli et autres c. Italie, no 65141/01, (déc.), 23 septembre 2004, et Emanuele Calandra c. Italie, no 71310/01, (déc.), 9 décembre 2004).
56. Quant au premier volet de l’exception, la Cour note que celui-ci a déjà été rejeté dans sa décision sur la recevabilité du 2 septembre 2004 et que le Gouvernement fonde son exception sur des arguments qui ne sont pas de nature à remettre en cause sa décision sur la recevabilité. Par conséquent, ce volet ne saurait être retenu.
57. S’agissant du deuxième volet de l’exception, la Cour rappelle qu’aux termes de l’article 55 de son règlement, « Si la Partie contractante défenderesse entend soulever une exception d’irrecevabilité, elle doit le faire, pour autant que la nature de l’exception et les circonstances le permettent, dans les observations écrites ou orales sur la recevabilité de la requête (…) ». Or, il ressort du dossier que cette condition ne se trouve pas remplie en l’espèce. Il y a donc forclusion. A la lumière de ces considérations, la Cour estime qu’il y a lieu de rejeter le deuxième volet de l’exception.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
58. Les requérants allèguent avoir été privés de leur terrain par l’effet de l’occupation de celui-ci, à défaut d’un décret d’expropriation et d’indemnisation. Selon eux, cette situation a porté atteinte à leur droit au respect de leurs biens garanti à l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Thèses des parties
1. Les requérants
59. Se référant aux arrêts Carbonara et Ventura c. Italie (no 24638/94, CEDH 2000-VI) et Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italie (no 31524/96, CEDH-VI), les requérants observent que l’application du principe de l’expropriation indirecte à leur cas n’est pas conforme au principe de la prééminence du droit.
60. A cet égard, les requérants font observer que le terrain litigieux a été occupé et transformé sans qu’un décret d’expropriation ait été adopté. Ce n’est que parce qu’ils ont intenté une procédure en dommages-intérêts devant les juridictions nationales qu’ils ont pu obtenir une décision judiciaire déclarant l’illégalité de l’occupation, décision qui avait en même temps comme conséquence de les déclarer rétroactivement privés de leur bien.
61. Quant à l’indemnisation, qui dépend également de l’initiative de la personne concernée, les requérants soutiennent que celle-ci n’est pas apte à réparer l’illégalité commise, étant largement inférieure au préjudice subi.
2. Le Gouvernement
62. Le Gouvernement observe que les requérants ont été privés de leur bien en vertu de l’expropriation indirecte, ce qui indique que la procédure d’expropriation repose sur une déclaration d’utilité publique mais n’a pas été mise en œuvre dans les termes prévus par la loi, dans la mesure où l’occupation du terrain est devenue sans titre et qu’aucun arrêté d’expropriation n’a été adopté.
63. A défaut d’un tel arrêté d’expropriation, les requérants ont en tout état de cause été privés de leur bien par l’effet de la construction de l’ouvrage d’intérêt public et de la transformation irréversible du terrain que la construction a entraînée. Cette privation de bien, selon le Gouvernement, n’est que la conséquence du principe de l’expropriation indirecte, que le tribunal de Nuoro a appliqué.
64. Le Gouvernement soutient que cette situation est conforme à l’article 1 du Protocole no 1.
65. Premièrement, il y aurait utilité publique, ce qui n’est pas remis en cause par les requérants.
66. Deuxièmement, la privation du bien telle que résultant de l’expropriation indirecte serait « prévue par la loi ».
67. A cet égard, le Gouvernement rappelle que la Cour, dans son arrêt Zubani c. Italie (arrêt du 7 août 1996, Recueil 1996-IV) avait examiné une affaire d’expropriation indirecte tombant sous le coup de la loi no 458 de 1988 du point de vue du juste équilibre, estimant que, en ce qui concernait la loi en tant que telle, « le choix législatif visant à privilégier l’intérêt de la collectivité dans le cas d’expropriations ou d’occupations illégales de terrains est raisonnable : l’indemnisation intégrale des préjudices subis par les propriétaires concernés constitue une réparation suffisante » (Zubani, précité, § 49).
68. Le Gouvernement prend acte de ce que la jurisprudence de la Cour a par la suite connu une évolution, dans la mesure où, dans les deux cas suivants portant sur l’expropriation indirecte, elle a constaté une incompatibilité du mécanisme de l’expropriation indirecte avec le principe de légalité (Carbonara et Ventura, précité, et Belvedere Alberghiera srl, précité).
69. Selon le Gouvernement, le principe doit passer pour « prévu par la loi », même s’il a été élaboré par la jurisprudence dans un pays de « civil law » et non de « common law ».
70. A cet égard, il prend acte de ce que dans les deux arrêts précités, la Cour avait estimé inutile de juger in abstracto si le rôle qu’un principe jurisprudentiel, tel que celui de l’expropriation indirecte, occupe dans un système de droit continental est assimilable à celui occupé par des dispositions législatives (Carbonara et Ventura, précité, § 64). La Cour avait observé que la jurisprudence italienne avait connu une évolution et qu’un principe jurisprudentiel ne lie pas les juridictions quant à son application (Carbonara et Ventura, précité, § 69).
71. Le Gouvernement soutient que décider du rôle de la jurisprudence en Italie revêt une grande importance dans ce type d’affaires. Selon le Gouvernement, la jurisprudence nationale ayant créé le principe de l’expropriation indirecte, ce principe doit être considéré comme faisant partie du droit positif à compter de l’arrêt de la Cour de cassation no 1464 de 1983. La jurisprudence ultérieure aurait confirmé ce principe et précisé certains aspects de son application. En outre, ce principe aurait été reconnu par la loi no 458 du 27 octobre 1988 et par la loi budgétaire no 662 de 1996.
72. En conclusion, selon le Gouvernement, à partir de 1983, les règles de l’expropriation indirecte étaient parfaitement claires et accessibles à tous les propriétaires de terrains.
73. S’agissant de la qualité de la loi, le Gouvernement demande à la Cour de revenir à la « jurisprudence Zubani » et de considérer que le mécanisme de l’expropriation indirecte, qui se fonde sur une déclaration d’illégalité de la part du juge, est conforme à l’article 1 du Protocole no 1.
74. A ce propos, le Gouvernement fait observer que le constat d’illégalité de la part du juge est l’élément qui conditionne le transfert au patrimoine public du bien illégalement occupé.
75. Le Gouvernement définit l’expropriation indirecte comme le résultat d’une interprétation systématique de principes existants, tendant à garantir que l’intérêt général prévale sur l’intérêt des particuliers, lorsque l’ouvrage public a été réalisé (transformation du terrain) et que celui-ci répond à l’utilité publique.
76. L’administration serait tenue d’indemniser le particulier. Cependant, selon le Gouvernement, cette indemnisation peut être inférieure au préjudice subi par l’intéressé, et notamment à la valeur du terrain, vu que l’expropriation indirecte répond à un intérêt collectif et l’illégalité commise par l’administration ne concerne que la forme, à savoir un manquement aux règles qui président à la procédure administrative. En outre, le Gouvernement observe que l’indemnité telle que plafonnée par la loi no 662 de 1996 est en tout cas supérieure à celle qui aurait été accordée si l’expropriation avait été régulière.
77. A la lumière de ces considérations, le Gouvernement conclut que le juste équilibre a été respecté.
B. Appréciation de la Cour
1. Sur l’existence d’une ingérence
78. La Cour rappelle que, pour déterminer s’il y a eu « privation de biens », il faut non seulement examiner s’il y a eu dépossession ou expropriation formelle, mais encore regarder au-delà des apparences et analyser la réalité de la situation litigieuse. La Convention visant à protéger des droits « concrets et effectifs », il importe de rechercher si cette situation équivalait à une expropriation de fait (Sporrong et Lönnroth c. Suède, arrêt du 23 septembre 1982, série A no 52, pp. 24-25, § 63).
79. La Cour relève que, en appliquant le principe de l’expropriation indirecte, le tribunal de Nuoro a considéré les requérants comme étant privés de leur bien à compter du moment où l’occupation du terrain a cessé d’être légale. A défaut d’un acte formel d’expropriation, le constat d’illégalité de la part du juge est l’élément qui consacre le transfert au patrimoine public du bien occupé. Dans ces circonstances, la Cour conclut que le jugement définitif du tribunal de Nuoro a eu pour effet de priver les requérants de leur bien au sens de la deuxième phrase de l’article 1 du Protocole no 1 (Carbonara et Ventura, précité, § 61, et Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
80. Pour être compatible avec l’article 1 du Protocole no 1 une telle ingérence doit être opérée « pour cause d’utilité publique » et « dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux de droit international ». L’ingérence doit ménager un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Sporrong et Lönnroth, précité, § 69). En outre, la nécessité d’examiner la question du juste équilibre « ne peut se faire sentir que lorsqu’il s’est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de légalité et n’était pas arbitraire » (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, et Beyeler c. Italie [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
81. Dès lors, la Cour n’estime pas opportun de fonder son raisonnement sur le simple constat qu’une réparation intégrale en faveur des requérants n’a pas eu lieu (Carbonara et Ventura, précité, § 62).
2. Sur le respect du principe de légalité
82. L’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale. La prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, est inhérente à l’ensemble des articles de la Convention (Iatridis, précité, § 58). Le principe de légalité signifie l’existence de normes de droit interne suffisamment accessibles, précises et prévisibles (Hentrich c. France, arrêt du 22 septembre 1994, série A no 296-A, pp. 19-20, § 42, et Lithgow et autres c. Royaume-Uni, arrêt du 8 juillet 1986, série A no 102, p. 47, § 110).
83. Dans les arrêts Belvedere Alberghiera srl et Carbonara et Ventura précités, la Cour n’avait pas estimé utile de juger in abstracto si le rôle qu’un principe jurisprudentiel, tel que celui de l’expropriation indirecte, occupe dans un système de droit continental est assimilable à celui occupé par des dispositions législatives, ce qui compte étant – en tout état de cause – que la base légale réponde aux critères de prévisibilité, accessibilité et précision énoncés plus haut. La Cour est toujours convaincue que l’existence en tant que telle d’une base légale ne suffit pas à satisfaire au principe de légalité et estime utile de se pencher sur la question de la qualité de la loi.
84. La Cour prend note de l’évolution jurisprudentielle qui a conduit à l’élaboration du principe de l’expropriation indirecte. Elle relève également que ce principe a été transposé dans des textes de loi, tels que la loi no 458 de 1988, la loi no 662 de 1996 et, tout dernièrement, dans le Répertoire des dispositions en matière d’expropriation. Ceci étant, la Cour ne perd pas de vue les applications contradictoires qui ont lieu dans l’historique de la jurisprudence. Ce point de vue a d’ailleurs été adopté par le Conseil d’Etat (paragraphe 47 ci-dessus) qui, dans son arrêt no 2 de 2005 rendu en séance plénière, a reconnu que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte n’a jamais donné lieu à une réglementation stable, complète et prévisible.
85. La Cour relève également des contradictions entre la jurisprudence et les textes de loi susmentionnés. A titre d’exemple, la Cour note que s’il est vrai que la jurisprudence a exclu, à compter de 1996-1997, que l’expropriation indirecte puisse s’appliquer lorsque la déclaration d’utilité publique a été annulée, il est également vrai que le Répertoire a tout dernièrement prévu qu’en l’absence de déclaration d’utilité publique, tout terrain peut être acquis au patrimoine public, si le juge décide de ne pas ordonner la restitution du terrain occupé et transformé par l’administration.
86. A vu de ces éléments, la Cour n’exclut pas que le risque d’un résultat imprévisible ou arbitraire pour les intéressés subsiste.
87. La Cour note ensuite que le mécanisme de l’expropriation indirecte permet en général à l’administration de passer outre les règles fixées en matière d’expropriation, avec le risque d’un résultat imprévisible ou arbitraire pour les intéressés, qu’il s’agisse d’une illégalité depuis le début ou d’une illégalité survenue par la suite. En effet, dans tous les cas, l’expropriation indirecte tend à entériner une situation de fait découlant des illégalités commises par l’administration, à régler les conséquences pour le particulier et pour l’administration, au bénéfice de celle-ci. Que ce soit en vertu d’un principe jurisprudentiel ou d’un texte de loi comme l’article 43 du Répertoire, l’expropriation indirecte ne saurait donc constituer une alternative à une expropriation en bonne et due forme (voir, sur ce point également, la position du Conseil d’Etat, paragraphe 47 ci-dessus).
88. A cet égard, la Cour note que l’expropriation indirecte permet à l’administration d’occuper un terrain et de le transformer irréversiblement, de telle sorte qu’il soit considéré comme acquis au patrimoine public, sans qu’en parallèle un acte formel déclarant le transfert de propriété ne soit adopté. En l’absence d’un acte formalisant l’expropriation et intervenant au plus tard au moment où le propriétaire a perdu toute maîtrise du bien, l’élément qui permettra de transférer au patrimoine public le bien occupé et d’atteindre une sécurité juridique est le constat d’illégalité de la part du juge, valant déclaration de transfert de propriété. Il incombe à l’intéressé – qui continue d’être formellement propriétaire – de solliciter du juge compétent une décision constatant, le cas échéant, l’illégalité assortie de la réalisation d’un ouvrage d’intérêt public, conditions nécessaires pour qu’il soit déclaré rétroactivement privé de son bien.
89. Au vu de ces éléments, la Cour estime que le mécanisme de l’expropriation indirecte n’est pas apte à assurer un degré suffisant de sécurité juridique.
90. La Cour note ensuite que l’expropriation indirecte permet en outre à l’administration d’occuper un terrain et de le transformer sans pour autant verser d’indemnité en même temps. L’indemnité doit être réclamée par l’intéressé et cela dans un délai de prescription de cinq ans, commençant à compter de la date à laquelle le juge estime que la transformation irréversible du terrain a eu lieu. Cela peut entraîner des conséquences néfastes pour l’intéressé, et rendre vain tout espoir de réparation (Carbonara et Ventura, précité, § 71).
91. La Cour relève enfin que le mécanisme de l’expropriation indirecte permet à l’administration de tirer parti de son comportement illégal, et que le prix à payer n’est que de 10% plus élevé que dans le cas d’une expropriation en bonne et due forme. Selon la Cour, cette situation n’est pas de nature à favoriser la bonne administration des procédures d’expropriation et à prévenir des épisodes d’illégalité.
92. En tout état de cause, la Cour est appelée à vérifier si la manière dont le droit interne est interprété et appliqué produit des effets conformes aux principes de la Convention.
93. Dans la présente affaire, la Cour relève qu’en appliquant le principe de l’expropriation indirecte, les juridictions italiennes ont considéré les requérants privés de leur bien à compter du moment où l’occupation avait cessé d’être autorisée, les conditions d’illégalité de l’occupation et d’intérêt public de l’ouvrage construit étant réunies. Or, en l’absence d’un acte formel d’expropriation, la Cour estime que cette situation ne saurait être considérée comme « prévisible », puisque ce n’est que par la décision définitive – le jugement définitif du tribunal de Nuoro ayant acquis force de chose jugée – que l’on peut considérer le principe de l’expropriation indirecte comme ayant effectivement été appliqué et que l’acquisition du terrain au patrimoine public a été sanctionnée. Par conséquent, les requérants n’ont eu la « sécurité juridique » concernant la privation du terrain que le 17 octobre 2004, date à laquelle le jugement définitif du tribunal de Nuoro a acquis force de chose jugée.
94. La Cour observe ensuite que la situation en cause a permis à l’administration de tirer parti d’une occupation de terrain illégale. En d’autres termes, l’administration a pu s’approprier le terrain au mépris des règles régissant l’expropriation en bonne et due forme, et, entre autres, sans qu’une indemnité soit mise en parallèle à la disposition des intéressés.
95. S’agissant de l’indemnité, la Cour constate que l’application rétroactive de la loi budgétaire no 662 de 1996 au cas d’espèce a eu pour effet de priver les requérants d’une réparation intégrale du préjudice subi.
96. A la lumière de ces considérations, la Cour estime que l’ingérence litigieuse n’est pas compatible avec le principe de légalité et qu’elle a donc enfreint le droit au respect des biens des requérants.
97. Dès lors, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
98. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
99. Quant au préjudice matériel pour la perte du terrain, les requérants sollicitent en premier lieu le versement d’une somme égale à 87/360 de la valeur vénale de celui-ci, réévaluée et assortie d’intérêts, ainsi que d’une indemnité d’occupation. En deuxième lieu, ils réclament une somme correspondant à l’augmentation de la valeur du terrain à la suite de la réalisation des ouvrages publics. Ils demandent à la Cour d’ordonner une expertise afin d’évaluer le montant de telles indemnités.
100. En outre, les requérants demandent la somme de 376 011,51 EUR au titre de remboursement de l’impôt à la source à laquelle les sommes reconnues par le tribunal ont été soumises (paragraphe 18 ci-dessus).
101. Quant au préjudice moral, ils demandent le versement d’une indemnité de 600 000 EUR.
102. Enfin, ils demandent les sommes de 251 513,31 EUR, au titre de remboursement des frais encourus devant les juridictions nationales, et de 48 190 EUR, taxe sur la valeur ajoutée (TVA) en sus, au titre de remboursement des frais encourus devant la Cour.
103. Quant au dommage matériel, le Gouvernement fait valoir qu’une nouvelle expertise ne s’avère pas nécessaire, compte tenu de ce que la valeur vénale du terrain litigieux a été déjà évaluée au cours de la procédure devant les juridictions internes. Dans le cas où la Cour calculerait le dommage matériel sur la base de la valeur vénale du terrain, le Gouvernement soutient que les requérants auraient le droit de percevoir uniquement une somme correspondant à la différence entre cette valeur et le montant de l’indemnité calculée aux termes de la loi no 662 de 1996.
104. En outre, le Gouvernement soutient que les requérants n’auraient droit à aucune indemnité correspondant à l’augmentation de la valeur vénale du terrain à la suite de la réalisation des ouvrages publics et à aucune indemnité au titre de remboursement de l’impôt à la source à laquelle les sommes reconnues par le tribunal ont été soumises.
105. Quant au dommage moral, le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour, tout en soulignant que la somme demandée par les requérants est excessive et que ces derniers ont quantifié une telle indemnité de manière vague et imprécise.
106. S’agissant des frais de la procédure devant les juridictions internes, le Gouvernement soutient que les requérants ont déjà obtenu le remboursement de ceux-ci au niveau interne et, en tout état de cause, il fait valoir que la décision concernant le remboursement de ces frais relève uniquement de la compétence des juridictions nationales.
107. Enfin, quant aux frais de la procédure à Strasbourg, le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour, tout en soulignant que la somme demandée par les requérants est excessive.
108. La Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état. En conséquence, elle la réserve et fixera la procédure ultérieure, compte tenu de la possibilité que le Gouvernement et les requérants parviennent à un accord.
PAR CES MOTIFS, LA COUR , À L’UNANIMITÉ,
1. Rejette l’exception préliminaire du Gouvernement ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ;
en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et les requérants à lui adresser par écrit, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 8 décembre 2005 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Mark Villiger Boštjan M. Zupančič
Greffier adjoint Président

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