Conclusioni: Non -violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6-3-c – difendersi sé stesso difendersi con l’assistenza di un difensore, Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento penale Articolo 6-1 – Processo pubblico, Non -violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6-3-a – Informazione sulla natura e la causa dell’accusa, Non -violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Privazione di proprietà, Violazione dell’articolo 4 del Protocollo n° 7 – Diritto generale di non essere giudicato o punito due volte, articolo 4 del Protocollo n° 7 – Diritto a non essere giudicato o punito due volte, Stato convenuto tenuto a prendere delle misure individuali, Articolo 46-2 – Misure individuali, Danno patrimoniale – domanda respinta Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA GRANDE STEVENS ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste numeri 18640/10, 18647/10, 18663/10,
18668/10 e 18698/10)
SENTENZA
STRASBURGO
4 marzo 2014
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Grande Stevens ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Işıl Karakaş, presidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 gennaio 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano cinque richieste, nostri 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10, dirette contro la Repubblica italiana e di cui tre cittadini e due società di questo Stato, OMISSIS, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 27 marzo 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono stati rappresentati da OMISSIS, avvocati rispettivamente a Milano ed a Roma. La Sig. Grande Stevens è stato rappresentato anche da Me N. Irti, avvocato a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e con suo co-agente, la Sig.ra P. Accardo.
3. I richiedenti adducono in particolare che i procedimenti giudiziali di cui hanno fatto l’oggetto non sono stati equi e non hanno avuto luogo dinnanzi ad un “tribunale” indipendente ed imparziale, che hanno subito un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni e che sono state non idem vittime di una violazione del principio bigio in.
4. Il 15 gennaio 2013, le richieste sono state dichiarate parzialmente inammissibili ed i motivi di appello derivati dell’articolo 6 della Convenzione, così come degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 4 del Protocollo no 7 sono stati comunicati al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si pronuncierebbe sull’ammissibilità ed il fondo allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. L’elenco delle parti richiesta figura qui acclusa.
A. Il contesto della causa
6. All’epoca dei fatti, OMISSIS era il presidente delle due società richieste ed OMISSIS era il procuratore (procuratore, del società OMISSIS,).
7. Il 26 luglio 2002, la società anonima Fiat, Fabbrica Italiana Automobili Torino, firmò un contratto di finanziamento, prestito convertendo, con otto banche. Questo contratto scadeva il 20 settembre 2005 e contemplava che in caso di no-rimborso del prestito da parte di Fiat, le banche avrebbero potuto compensare il loro credito sottoscrivendo ad un aumento del capitale della società. Così, le banche avrebbero acquisito il 28% del capitale sociale di Fiat, mentre la partecipazione della società anonimo IFIL Investments, diventata in seguito, il 20 febbraio 2009, Exor s.p.a., denominazione sotto la quale sarà designata qui di seguito, sarebbe passata dal 30,06% al 22% circa.
8. OMISSIS desiderò ottenere un consulente legale per ricercare un modo di permettere ad Exor di restare l’azionista che ha il controllo di Fiat, e si rivolse in questa prospettiva ad un avvocato specializzato in diritto delle società, Io Grande Stevens. Questo ultimo considerò che una possibilità a questa fine era di rinegoziare un contratto di equity swap, questo essere-a-argomento, un contratto che permette di scambiare la prestazione di un’azione contro un tasso di interesse, senza avere ad avanzare di denaro, in data del 26 aprile 2005 portando su circa 90 milioni di azioni Fiat che Exor aveva concluso con una banca di cause inglesi, Merrill Lynch Internazionale Ltd, e di cui la scadenza era fissata al 26 dicembre 2006. Del parere di Me Grande Stevens, era là una delle vie per evitare il lancio di un’offerta pubblica di acquisto (“OPA”) sull’azioni Fiat.
9. Senza menzionare Internazionale Ltd Merrill Lynch con timore di violare i suoi doveri di confidenzialità, il 12 agosto 2005 OMISSIS chiesero alla Commissione nazionale delle società e della borsa, Commissione Nazionale per il Società ed il Borsa-il “CONSOB” che nel sistema morale italiano, ha per scopo, entra altri, di garantire la protezione degli investitori e l’efficacia, la trasparenza e lo sviluppo dei mercati borsistici, se, nell’ipotesi che prevedeva, una OPA potrebbe essere evitata. Allo stesso tempo, Io Grande Stevens cominciò ad informarsi presso di Merrill Lynch Internazionale Ltd in quanto alla possibilità di modificare il contratto di equity swap.
10. Il 23 agosto 2005, il CONSOB chiese ai società Exor e Giovanni Agnelli di diffondere un comunicato stampa che fa stato di ogni iniziativa presa in vista della scadenza del contratto di finanziamento con le banche, di ogni fatto nuovo concernente la società Fiat e di ogni fatto utile per spiegare le fluttuazioni dell’azioni Fiat sul mercato.
11. OMISSIS espone che questo giorno, era in disdetta. Mi aveva informato Grande Stevens della domanda del CONSOB, ed egli ne aveva fatto pervenire una copia. OMISSIS sostiene che non ha partecipato alla redazione dei comunicati stampa descritti qui di seguito 13 e 14 ai paragrafi.
12. OMISSIS espone che il 23 agosto 2005, era ricoverato negli Stati Uniti. Aveva ricevuto un progetto di comunicato stampa ed aveva contattato da telefono OMISSIS che gli aveva confermato che al visto dei numerosi dati che restano incerte, l’ipotesi di una rinegoziazione del contratto di equity swap non poteva essere considerata come un’opzione concreta e reale. In queste circostanze, OMISSIS approvò il progetto di comunicato.
13. Il comunicato stampa emise in risposta, approvato con Me Grande Stevens, si limitava ad indicare che Exor non aveva “né iniziato né studiato di iniziative concernente la scadenza del contratto di finanziamento” e che desiderava “restare l’azionista di riferimento di Fiat.” Nessuna menzione fu fatta dell’eventuale rinegoziazione del contratto di equity swap con OMISSIS, considerata dei fatti dai richiedenti come una semplice ipotesi futura mancanza di un fondamento e morale bacino di ingrassamento per ostriche.
14. Il società OMISSIS confermò il comunicato stampa d ‘ OMISSIS.
15. Dal 30 agosto al 15 settembre 2005, Io Grande Stevens inseguì le sue trattative con Merrill Lynch Internazionale Ltd per verificare la possibilità di modificare il contratto di equity swap.
16. Il 14 settembre 2005, durante una riunione del famiglia Agnelli, fu deciso che il progetto studiato da OMISSIS doveva essere sottomesso all’approvazione del consiglio di amministrazione di Exor. Lo stesso giorno, il CONSOB ricevè una copia del contratto di equity swap e fu informato delle trattative in corso per utilizzarlo per permettere ad OMISSIS di acquisire dell’azioni Fiat.
17. Il 15 settembre 2005, in esecuzione di deliberazioni dei loro consigli di amministrazione rispettiva, OMISSIS conclusero l’accordo che modifica il contratto di equity swap.
18. Il 17 settembre 2005, rispondendo alla questione che gle mi era stato posto con Grande Stevens il 12 agosto 2005, paragrafo 9 sopra, il CONSOB indicò che nell’ipotesi prevista, non c’era obbligo di lanciare una OPA.
19. Il 20 settembre 2005, Fiat aumentò il suo capitale; le notizie azioni emesse furono acquisite dalle otto banche in compenso dei loro crediti. Lo stesso giorno, l’accordo che modifica il contratto di equity swap prese effetto. Di conseguenza, OMISSIS mantenne la sua partecipazione del 30% nel capitale di Fiat.
B. Il procedimento dinnanzi al CONSOB
20. Il 20 febbraio 2006, la divisione dei mercati e dei pareri economici-ufficio Insider Trading, Divisione mercati e consulenza economica-ufficio Insider Trading-qui di seguito il “ufficio IT”) del CONSOB rimproverò ai richiedenti la violazione dell’articolo 187 ter § 1 del decreto legislativo no 58 del 24 febbraio 1998. Ai termini di questa disposizione, intitolata “manipolazione del mercato”,
“Senza danno delle sanzioni penali quando la condotta è costitutiva di una violazione, tutto nessuno che, col verso di mezzi di informazione, ivi compreso Internet o tutto altro mezzo, diffondi delle informazione, di una sanzione amministrativa che va di 20 000 a 5 000 000 di euros (EUR) è punita delle notizie o dei rumori falsi o ingannevoli di natura tale da fornire o delle indicazioni false ingannevoli a proposito di strumenti finanziari. “
21. Secondo la tesi dell’ufficio IT, l’accordo che modifica l’equity swap era stato concluso o era stato stato in passaggio dell’essere prima della diffusione dei comunicati stampa del 24 agosto 2005, così che era anormale che questi ne non facessero nessuna menzione. I richiedenti furono invitati a presentare la loro difesa.
22. L’ufficio IT trasmise poi la pratica alla direzione delle sanzioni amministrative, ufficio sanzioni amministrative-qui di seguito, “la direzione”) del CONSOB, corredato di un rapporto, relazione istruttoria, datato del 13 settembre 2006 che faceva stato degli elementi a carico e degli argomenti di li accusati. Secondo questo rapporto, le difese avanzate dai richiedenti non erano di natura tale da permettere di archiviare la pratica.
23. La direzione comunicò questo rapporto ai richiedenti e li invitò a presentare per iscritto, entro trenta giorni scadendo il 23 ottobre 2006, gli argomenti che stimavano necessari per la loro difesa. Nel frattempo, l’ufficio IT continuò ad esaminare la causa dei richiedenti, ottenendo delle informazione orali ed analizzando i documenti ricevè il 7 luglio 2006 di OMISSIS. Il 19 ottobre 2006, trasmise una “nota complementare” nella quale affermava alla direzione che i nuovi documenti esaminati non erano di natura tale da modificare i suoi conclusioni. Il 26 ottobre 2006, i richiedenti riceverono una copia della nota complementare del 19 ottobre 2006 e dei suoi allegati; un nuovo termine di trenta giorni fu concesso loro per presentare delle eventuali osservazioni.
24. Senza comunicarlo ai richiedenti, la direzione presentò il suo rapporto, datato del 19 gennaio 2007 e contenendo i suoi conclusioni, alla commissione-il CONSOB propriamente detto-, questo essere-a-argomento all’organo incaricato di adottare la decisione su delle eventuali sanzioni. Questa si costituiva, all’epoca dei fatti, di un presidente e di quattro membri, nominati dal presidente della Repubblica su proposta, saputa proposta, del presidente del Consiglio dei ministri. Il loro mandato durava cinque anni e non poteva essere rinnovato che una sola volta.
25. Con una deliberazione no 15760 del 9 febbraio 2007, il CONSOB inflisse ai richiedenti le multe amministrative seguiamo:
5 000 000 EUR ad OMISSIS,
3 000 000 EUR ad OMISSIS,
500 000 EUR ad OMISSIS,
4 500 000 EUR al società OMISSIS,
3 000 000 EUR al società OMISSIS.
26. OMISSIS furono colpiti di un’interdizione di amministrare, di dirigere o di controllare delle società quotate rispettivamente in borsa, per le durate, di sei, quattro e due mesi.
27. Il CONSOB stimò in particolare che risultava della pratica che il 24 agosto 2005, data dei comunicati stampa incriminati, il progetto che mira a conservare una partecipazione del 30% nel capitale di Fiat sulla base di una rinegoziazione del contratto di equity swap firmato con OMISSIS era stato studiato già ed era stato stato durante esecuzione. Seguiva che i comunicati stampa davano una falsa rappresentanza, rappresentazione falsa, della situazione dell’epoca. Il CONSOB sottolineò anche la posizione occupata dalle persone riguardate, la “gravità obiettiva” del reato e l’esistenza di un dolo.
C. L’opposizione dinnanzi alla corte di appello
28. I richiedenti fecero opposizione a questa sanzione dinnanzi alla corte di appello di Torino. Addussero, entra altri, che l’ordinamento del CONSOB era illegale perché, contrariamente a ciò che era esatto dall’articolo 187 septies del decreto legislativo no 58 del 1998, paragrafo 57 qui di seguito, non rispettava il principio di un esame contraddittorio della causa.
29. OMISSIS notò inoltre che il CONSOB l’aveva accusato e punito per avere preso parte alla pubblicazione del comunicato stampa del 24 agosto 2005 nella sua qualità di amministratore d ‘ OMISSIS. Dinnanzi al CONSOB, l’interessato aveva eccepito senza successo di ciò che non possedeva questa qualità e che faceva il semplicemente l’avvocato ed il consulente del gruppo Agnelli. Dinnanzi alla corte di appello, OMISSIS mantenne che, non essendo amministratore, aveva potuto partecipare alla decisione di pubblicare il comunicato stampa incriminato. In un esposto del 25 settembre 2007, OMISSIS indicò che al caso dove la corte di appello avrebbe considerato insufficiente o non utilizzabili i documenti versati alla pratica, chiedeva di convocare ed esaminare dei testimoni “sui fatti riferiti nei documenti suddetti.” Non indicò chiaramente in questo esposto né i nomi di questi testimoni né le circostanze su che avrebbero dovuto testimoniare. In un esposto dello stesso giorno, OMISSIS citò due testimoni di cui le dichiarazioni avrebbero provato che non aveva partecipato alla redazione dei comunicati stampa, e precisò che la corte di appello avrebbe potuto, così necessario, ove occorresse, darli un’audizione.
30. Con le sentenze depositate alla cancelleria il 23 gennaio 2008, la corte di appello di Torino ridusse per certi dei richiedenti l’importo delle multe amministrative inflitte dal CONSOB, del seguente modo:
– 600 000 EUR per OMISSIS;
– 1 000 000 EUR per OMISSIS
– 1 200 000 EUR per OMISSIS.
Era indicato nello stordisco delle sentenze rese verso OMISSIS e verso OMISSIS che la corte di appello si era riunita in camera del consiglio, riunita in cinepresa di consiglio. Il parte “procedimento” delle sentenze rese contro OMISSIS menzionava che le parti erano state convocate in camera del consiglio, disposta il comparizione delle partito in cinepresa di consiglio.
31. La durata dell’interdizione di assumere delle responsabilità di amministrazione, di direzione o di controllo di società quotate in borsa inflitta al Sig. Gabetti fu ridotta di sei a quattro mesi.
32. La corte di appello respinse tutta altra lamentela degli interessati. Notò tra altri che, anche dopo la trasmissione della pratica alla direzione, l’ufficio IT restava in diritto di continuare le sue attività di investigazione, il termine di 210 giorni contemplati per le deliberazioni del CONSOB che non è costrittivo. Peraltro, il principio del contraddittorio era rispettato dal momento che, siccome nello specifico, li accusati erano stati informati degli elementi di recente raccolti dall’ufficio IT ed avevano avuto la possibilità di presentare le loro repliche.
33. La corte di appello osservò anche che era vero che il CONSOB aveva inflitto da un lato le sanzioni previste dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998, e dell’altro denunciato alla procura la commissione del reato penale descritto 185 § 1 all’articolo dello stesso decreto. Ai termini di questa disposizione,
“Chiunque diffonde del falsi notizie o procedi alle operazioni simulate o adopera obiettivamente di altri artifici (artifizi) suscettibili di provocare una modifica sensibile del valore di strumenti finanziari è punito di una reclusione di uno a sei anni e di una multa di 20 000 a 5 000 000 di euros. “
34. Secondo la corte di appello, queste due disposizioni avevano per oggetto la stessa condotta, la “diffusione del falsi informazione”) ed inseguivano lo stesso scopo (evitare delle manipolazioni del mercato), ma differivano in quanto alla situazione di pericolo supposto essere stata generata da questa condotta: per l’articolo 187 ter, era sufficiente in si di avere dato o delle indicazioni false ingannevoli concernente gli strumenti finanziari, mentre l’articolo 185 esigeva inoltre che queste informazione siano state di natura tale da provocare un’alterazione sensibile del prezzo degli strumenti in questione. Come la Corte costituzionale l’aveva indicato nella sua ordinanza no 409 del 12 novembre 1991, era lecito al legislatore di punire al tempo stesso un comportamento illegale con una sanzione amministrativa pecuniaria e con una sanzione penale. Di più, l’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE, paragrafo 60 qui di seguito che invitava gli Stati membri dell’unione europea ad applicare delle sanzioni amministrative contro le persone responsabili di una manipolazione del mercato, conteneva sé la menzione “senza danno del loro diritto di imporre delle sanzioni penali.”
35. Sul fondo, la corte di appello osservò che risultava della pratica che la rinegoziazione dell’equity swap aveva all’epoca controversa stata esaminata nei minimi dettagli e che la conclusione alla quale il CONSOB era giunto, a sapere, che questo progetto esisteva già un mese prima del 24 agosto 2005, era ragionevole alla luce dei fatti invalsi e della condotta delle persone riguardate.
36. In quanto a M. Grande Stevens, era vero che non faceva l’amministratore di Exor s.p.a. Non ne rimaneva meno del reato amministrativo punito dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998 poteva essere commessa con “chiunque”, dunque in qualche requisito che questo sia; ora, la Sig. Grande Stevens aveva partecipato bene al processo decisionale avendo portato alla pubblicazione del comunicato stampa nella sua qualità di avvocato consultato dalle società richieste.
D. Il ricorso in cassazione
37. I richiedenti si ricorsero in cassazione. Nei loro terzo e quarto mezzi del loro ricorso, adducevano in particolare in particolare una violazione dei principi del processo equo, consacrato dall’articolo 111 della Costituzione, in ragione: della mancanza di carattere contraddittorio della fase di istruzione dinnanzi al CONSOB; della no-trasmissione agli imputati del rapporto della direzione; dell’impossibilità secondo essi di depositare delle memorie e dei documenti e di essere sentiti in nessuno con la commissione; per il fatto che l’ufficio IT aveva continuato la sua inchiesta e trasmessi una nota complementare dopo la scadenza del termine fissato a questo effetto.
38. Con le sentenze del 23 giugno 2009 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 30 settembre 2009, la Corte di cassazione respinse i loro ricorsi. Stimò in particolare che il principio di un esame contraddittorio della causa era stata rispettata nel procedimento dinnanzi al CONSOB, rilevando che questa aveva indicato la condotta che era rimproverata loro agli interessati e tenuto conto della loro difesa rispettiva. L’omissione di intendere i richiedenti e di trasmetterloro i conclusioni della direzione non violava questo principio, le disposizioni costituzionali in materia di processo equo e di diritto alla difesa che è applicabili solamente ai procedimenti giudiziali, e non al procedimento per l’infliction di sanzioni amministrative.
E. I perseguimenti penali contro i richiedenti
39. Ai termini del decreto legislativo no 58 del 1998, la condotta in causa dei richiedenti poteva essere non solo oggetto di una sanzione amministrativa inflitta dal CONSOB, ma anche delle sanzioni penali previste dall’articolo 185 § 1, città al paragrafo 33 sopra.
40. Il 7 novembre 2008, i richiedenti furono rinviati in giudizio dinnanzi al tribunale di Torino. Erano accusati di avere dichiarato, nei comunicati stampa del 24 agosto 2005, qu ‘ OMISSIS desiderava restare l’azionista di riferimento di Fiat e che non aveva né iniziata né studiato di iniziative concernente la scadenza del contratto di finanziamento, mentre l’accordo che modifica l’equity swap era stato esaminato già e concluso, informazione che sarebbe stata nascosta per evitare una probabile caduta del prezzo dell’azioni Fiat.
41. Il CONSOB si costituì parte civile, siccome gli era lecito di farlo ai termini dell’articolo 187 undecies del decreto legislativo no 58 del 1998.
42. Dopo il 30 settembre 2009, data del deposito alla cancelleria della sentenza che respinge il ricorso in cassazione dei richiesta contro la condanna inflitta dal CONSOB, paragrafo 38 sopra, gli interessati chiesero non idem l’abbandono dei perseguimenti penali al loro carico in virtù del principio bigio in. In particolare, all’udienza del 7 gennaio 2010, eccepirono dell’incostituzionalità delle disposizioni pertinenti del decreto legislativo no 58 di 1998 e dell’articolo 649 del codice di procedimento penale, il “CPP” – vedere qui di seguito il paragrafo 59, a ragione della loro incompatibilità secondo essi con l’articolo 4 del Protocollo no 7.
43. Il rappresentante della procura oppose a questa eccezione, adducendo che il “doppio processo”, amministrativo e penale, era imposto dall’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE del 28 gennaio 2003, paragrafo 60 sopra alla quale il legislatore italiano aveva dato esecuzione introducendo gli articoli 185 e 187ter del decreto legislativo no 58 del 1998.
44. Il tribunale di Torino non si pronunciò immediatamente sulla questione incidentale di costituzionalità sollevata dalla difesa. Ordinò una perizia per determinare le fluttuazioni dell’azioni Fiat tra dicembre 2004 ed aprili 2005 e per valutare gli effetti dei comunicati stampa del 24 agosto 2005 e delle informazione diffuso il 15 settembre 2005.
45. Con un giudizio del 21 dicembre 2010 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 18 marzo 2011, il tribunale di Torino rilasciò OMISSIS al motivo che non aveva contribuito alla pubblicazione dei comunicati stampa, e rilasciò anche gli altri richiedenti al motivo che non era stato provato che la loro condotta fosse stata di natura tale da provocare un’alterazione significativa del mercato finanziario. Osservò che il fatto che i comunicati stampa contenevano del falsi informazione era stato sanzionato già dall’autorità amministrativa. Del parere del tribunale, la condotta rimproverata agli interessati prevedeva, probabilmente, a nascondere al CONSOB la rinegoziazione del contratto di equity swap, e non a fare aumentare il prezzo dell’azioni Fiat.
46. Il tribunale dichiarò manifestamente male fondata la questione incidentale di costituzionalità sollevata dai richiedenti. Notò che la legge italiana, articolo 9 della legge no 689 del 1981, vietava un “doppio processo”, doppio giudizio, penale ed amministrativo, su un “stesso fatto.” Ora, gli articoli 185 e 187 ter del decreto legislativi no 58 del 1998 non punivano lo stesso fatto: unica la disposizione penale, l’articolo 185, esigeva che la condotta sia stata di natura tale da provocare un’alterazione importante del valore di strumenti finanziari (vedere Corte di cassazione, sesta sezione, sentenza del 16 marzo 2006, no 15199,). Inoltre, l’applicazione della disposizione penale supponeva l’esistenza di un dolo, mentre la disposizione amministrativa si applicava in presenza di un semplice comportamento colpevole. Peraltro, i perseguimenti penali che avevano seguito il pronunziato della sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998 erano autorizzati dall’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE.
47. In quanto alla giurisprudenza della Corte citata dai richiedenti, Gradinger c. Austria, 23 ottobre 1995, serie Ha no 328-C, Sergueï Zolotoukhine c. Russia ([GC], no 14939/03, CEDH 2009 -…), Maresti c. Croazia (no 55759/07, 25 giugno 2009,) e Ruotsalainen c. Finlandia, no 13079/03, 16 giugno 2009,), non era pertinente nello specifico, perché si riferiva ai casi dove un stesso fatto era punito dalle sanzioni penali ed amministrative e dove queste ultime avevano un carattere punitivo e potevano comprendere delle privazioni di libertà o, causa Ruotsalainen, erano di un importo superiore alla multa penale.
48. La procura si ricorse in cassazione, adducendo che il reato rimproverato ai richiedenti era “di pericolo”, reato di pericolo, e non “di danno”, reato di danno. Poteva essere costituita quindi anche nella mancanza di danno per gli azionisti.
49. Il 20 giugno 2012, la Corte di cassazione ne accolse partire il ricorso della procura ed annullò la sospensione dei società OMISSIS, così come di OMISSIS. Confermò in compenso il proscioglimento di OMISSIS, dal momento che questo non aveva preso parte alla condotta incriminata.
50. Con una sentenza del 28 febbraio 2013, la corte di appello di Torino condannò OMISSIS per il reato contemplato 185 § 1 ad articolo del decreto legislativo no 58 del 1998, stimando che era altamente probabile che, senza le false informazione incluse nel comunicato stampa emisero il 24 agosto 2005, il valore dell’azioni Fiat si sarebbe abbassato molto in modo più significativa. Prosciolse in compenso le società OMISSIS, stimando che non c’erano fatti delittuosi potendo essere imputatoloro.
51. La corte di appello esclude non idem ogni apparenza di violazione del principio del bigio in, confermando, per l’essenziale, il ragionamento seguito dal tribunale di Torino.
52. Secondo le informazione fornite dal Governo il 7 giugno 2013, Sigg. Gabetti e Grande Stevens si sono ricorsi in cassazione contro questa sentenza, ed il procedimento restava appendi a questa data. Nei loro ricorsi, questi due richiedenti hanno invocato non idem la violazione del principio bigio in e hanno chiesto di sollevare una questione incidentale di costituzionalità nei confronti l’articolo 649 del CPP.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI ED EUROPEI PERTINENTI
A. Il diritto interno
1. Il decreto legislativo no 58 del 24 febbraio 1998
53. Siccome indicato più alto, paragrafo 20 sopra, l’articolo 187 ter § 1 di questo decreto contempla delle multe amministrative per le persone responsabili di una manipolazione del mercato. Ai termini del paragrafo 5 di questa stessa disposizione, quando il loro livello ordinario appare inadeguato rispetto alla gravità della condotta in causa, queste multe possono essere aumentate fino a tre volte il loro importo massimo ordinario o fino a dieci volte il prodotto o il profitto ottenuto grazie al comportamento illecito. Il CONSOB deve indicare gli elementi e le circostanze che prende in considerazione per valutare i comportamenti costitutivi di una manipolazione del mercato al senso della direttiva 2003/6/CE, paragrafo 60 qui di seguito, e delle sue disposizioni di esecuzione.
54. L’articolo 187 quater precisano che l’infliction delle sanzioni amministrative pecuniarie suddette provoca la perdita temporanea della loro onorabilità per i rappresentanti delle società implicate. Se la società è quotata in borsa, i suoi rappresentanti sono colpiti di un’incapacità temporanea di amministrare, di dirigere o di controllare delle società quotate. Queste sanzioni accessorie hanno una durata che va di due mesi a tre anni. Avuto riguardo alla gravità della condotta in causa ed al grado della mancanza commessa, il CONSOB può vietare anche alle società quotate, alle società di gestione ed alle società di revisione di avvalersi della collaborazione dell’autore del reato, per una durata massimale di tre anni. Può chiedere anche agli ordini professionali la sospensione temporanea dell’interessato dell’esercizio della sua attività professionale.
55. Secondo l’articolo 187 quinquies, quando dei reati commessi nel suo interesse ed al suo vantaggio con gli amministratori, direttori o manager di una società commerciale è valso a questi una sanzione amministrativa, la società in questione è tenuta di pagare una somma di un importo identico alla sanzione inflitta auxdites persone. Se questi reati hanno generato un prodotto o un profitto importante, la sanzione applicata alla società è aumentata fino a totalizzare dieci volte questo prodotto o questo profitto. Tuttavia, la responsabilità della società è esclusa se prova che i suoi amministratori, direttori o manager hanno agito esclusivamente nel loro proprio interesse o per favorire dei terzo.
56. Secondo l’articolo 187 sexies, l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie in questione provoca sempre la confisca del prodotto o del profitto della condotta illecita e dei beni al mezzo dai quali è stata possibile. Ai termini dell’articolo 187 septies, la deliberazione che applica le sanzioni è pubblicata da brani nel bollettino del CONSOB che può ordinare, agli oneri dell’autore del reato, delle forme supplementari di pubblicità.
57. L’articolo 187 septies descrivono il procedimento di applicazione delle sanzioni col CONSOB. In particolare, la condotta rimproverata deve essere notificata agli interessati entro 180 giorni a partire dalla sua scoperta, gli interessati possono chiedere ad essere sentiti ed il procedimento deve ispirarsi ai principi di un esame contraddittorio, della cognizione degli atti di istruzione, dell’oralité così come della distinzione tra funzioni di istruzione e funzioni di decisione, distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.
58. Ai termini dell’articolo 3 del decreto legislativo no 58 del 1998, il CONSOB è autorizzato a fissare i termini ed i procedimenti per l’adozione degli atti che rilevano della sua competenza.
2. Il CPP
59. L’articolo 649 del CPP si legge così:
“1. Tutto prevenuto essendo stato prosciolto o condannato con un giudizio o un’ordinanza penale diventati definitivi non può essere sottoposto di nuovo ad un procedimento penale per lo stesso fatto, anche fermato differentemente in quanto alla sua qualifica giuridica, il suo grado o le sue circostanze.
2. Quando un nuovo procedimento penale è aperto in dispetto [di questa interdizione], il giudice, in ogni stato ed ad ogni stadio del processo, pronuncia un giudizio di proscioglimento o un non luogo a procedere, indicando la causa nel dispositivo. “
B. Il diritto e la pratica europei
60. L’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sulle operazioni di iniziati e le manipolazioni di mercato, abuso di mercato-Gazzetta ufficiale no L 096 dei 12/04/2003 p. 0016–0025, disponi:
“1. Senza danno del loro diritto di imporre delle sanzioni penali, gli Stati membri badano a questo che, conformemente alla loro legislazione nazionale, delle misure amministrative adeguate possano essere prese o delle sanzioni amministrative applicate contro le persone responsabili di una violazione delle disposizioni arrestate in applicazione della presente direttiva. Gli Stati membri garantiscono che queste misure sono effettive, proporzionate e dissuasive.
2. La Commissione stabilisce, per informazione, conformemente al procedimento mirato all’articolo 17, paragrafo 2, un elenco delle misure e sanzioni amministrative mirate al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri determinano le sanzioni applicabili in caso di difetto di cooperazione nella cornice di un’inchiesta che rileva dell’articolo 12.
4. Gli Stati membri contemplano che l’autorità competente riguardata può rendere pubblica le misure o sanzioni che saranno applicate per mancata osservanza delle disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva, eccettuato nei casi dove la loro pubblicazione perturberebbe gravemente i mercati finanziari o causerebbe un danno sproporzionato alle parti in causa. “
61. Nel causa Spector Foto Group NV e Chris Van Raemdonck c / Commissie voor het Bank -, Financie – in Assurantiewezen (CBFA) (causa C-45/08, del 23 dicembre 2009, la Corte di giustizia dell’unione europea (CJUE) si è espressa come segue:
“40. Conviene, a questo riguardo, di ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi ed Al Barakaat Internazionale Foundation/Conseil e Commissione, C-402/05 P e C-415/05 P, Rec. p. I-6351, punto 283.
41. Risulta anche della giurisprudenza della Corte che il rispetto dei diritti dell’uomo costituisce una condizione della legalità degli atti comunitari e che non saprebbero essere ammesse nella Comunità delle misure incompatibili col rispetto di questi, sentenza Kadi ed Al Barakaat Internazionale Foundation/Conseil e Commissione, precitata, punto 284.
42. Certo, l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 non impone agli Stati membri di contemplare delle sanzioni penali contro gli autori di operazioni di iniziati ma limitati ad enunciare che questi Stati siano tenuti di badare a ciò che le misure amministrative adeguate possano essere prese o delle sanzioni amministrative applicate contro le persone responsabili di una violazione delle disposizioni arrestate in applicazione di [questo] direttiva”, gli Stati membri che sono, inoltre, tenuti di garantire che queste misure sono “effettive, proporzionate e dissuasive.” Tuttavia, avuto riguardo alla natura dei reati in causa così come au grado di severità delle sanzioni che sono suscettibili di provocare, delle tali sanzioni possono essere, alle fini dell’applicazione del CEDH, qualificate di sanzioni penali (vedere, con analogia, sentenza del 8 luglio 1999, Hüls/Commission, C-199/92 P, Rec. p. I-4287, punto 150, così come Corte eur. D. H., sentenze Engel ed altri c. Paesi Bassi del 8 giugno 1976, serie Ha no 22, § 82, Öztürk c. Germania del 21 febbraio 1984, serie Ha no 73, § 53, e Lutz c. Germania del 25 agosto 1987, serie Ha no 123, § 54.
43. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ogni sistema morale conosce delle presunzioni di fatto o di diritto ed il CEDH non mette evidentemente ostacolo in principio, ma, in materia penale, obbliga gli Stati contraenti a non superare a questo riguardo una certa soglia. Così, il principio della presunzione di innocenza, consacrata all’articolo 6, paragrafo 2, del CEDH, non si disinteressa delle presunzioni di fatto o di diritto che si incontrano nelle leggi repressive. Comanda agli Stati di stringerli nei limiti ragionevoli che prendono in conto la gravità della posta e preservando i diritti della difesa (vedere Corte eur). D. H., sentenze Salabiaku c. Francia del 7 ottobre 1988, serie Ha no 141-ha, § 28, e Pham Hoang c. Francia del 25 settembre 1992, serie Ha no 243, § 33.
44. Conviene considerare che il principio della presunzione di innocenza non oppone alla presunzione contemplata all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 con la quale l’intenzione dell’autore di un’operazione di iniziato si deduce implicitamente degli elementi patrimoniali costitutivi di questa violazione, dal momento che questa presunzione è réfragable e che i diritti della difesa sono garantiti.
45. L’instaurazione di un regime efficace ed uniforme di prevenzione e di sanzione delle operazioni di iniziati nello scopo legittimo di proteggere l’integrità dei mercati finanziari ha potuto condurre così il legislatore comunitario a considerare una definizione obiettiva degli elementi costitutivi di un’operazione di iniziato interdetta. Il fatto che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 non contempla espressamente di elemento morale non notifica per quanto rischia di interpretare questa disposizione in modo tale che tutto iniziato primario in possesso di un’informazione privilegiata che effettua automaticamente un’operazione di mercato tomba sotto l’influenza del divieto delle operazioni di iniziati. “
62. Per un più ampio panorama del diritto dell’unione europea nella tenuta borsista, vedere anche Soros c. Francia, no 50425/06, §§ 38-41, 6 ottobre 2011.
IN DIRITTO
I. LE ECCEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO
A. L’eccezione del Governo derivato della natura abusiva della richiesta
1. L’eccezione del Governo
63. Il Governo eccepisce da prima della natura secondo lui abusiva della richiesta , osservando che certe informazioni riportate dai ricorrenti non sono vere o almeno necessitano di chiarimenti. La richiesta sarebbe stata presentata in modo da indurre la Corte in errore. Il Governo si riferisce, in particolare, al seguente circostanze:
ha, i richiedenti affermano che non c’è stata udienza pubblica dinnanzi alla corte di appello di Torino; ora, in applicazione dell’articolo 23 della legge no 689 del 1981, tutte le udienze tenute dinnanzi a questa giurisdizione erano aperte al pubblico; la loro affermazione sarebbe falsa dunque.
b, l’ufficio IT del CONSOB ha annesso tutti i documenti al suo rapporto dell’inchiesta, e dunque anche le difese presentate dai richiedenti;
c, la lettera del CONSOB che contesta la violazione dell’articolo 187 ter § 1 del decreto legislativo no 58 del 1998 non era firmato dal presidente del CONSOB, ma col capo della divisione dei mercati e dei pareri economici e col direttore generale delle attività istituzionali del CONSOB; peraltro, il presidente del CONSOB non ha giocato nessuno ruolo nella fase che ha preceduto la decisione sull’applicazione delle sanzioni;
d, un termine di trenta giorni è stato concesso ai richiedenti per presentare delle eventuali osservazioni alla nota complementare dell’ufficio IT del 19 ottobre 2006, ed i richiedenti hanno presentato queste osservazioni il 24 novembre 2006 senza lamentarsi del tempo limitato di cui avrebbero disposto;
e, i richiedenti non hanno chiesto mai la convocazione e l’ascolto di testimoni;
f, dinnanzi al CONSOB, la Sig. Grande Stevens è stato accusato di avere partecipato alla decisione che ha condotto alla redazione dei comunicati stampa; la menzione della sua qualità di direttore di Exor serviva unicamente ad indicare che faceva parte dell’alto management della società e che quindi il suo comportamento poteva essere imputato a questa; la corte di appello di Torino non avrebbe trasformato l’accusa al suo carico dunque;
g, i richiedenti non sono stati puniti per un’omissione.
64. Del parere del Governo, con queste imprecisioni i richiedenti hanno tentato di dare l’impressione erronea che la decisione del CONSOB era stata adottata nel segreto e senza rispettare i procedimenti legali ed i diritti della difesa.
2. La replica dei richiedenti
65. I richiedenti contestano le tesi del Governo. Osservano che gli elementi di fatto su che rimettono i motivi di appello derivati dell’articolo 6 della Convenzione si riferiscono alle circostanze precise avendo leso lo svolgimento del procedimento controverso, ciò che ha fatto riferimento in fondo alla causa.
3. Valutazione della Corte
66. La Corte osserva che ai termini dell’articolo 47 § 6 del suo ordinamento, i richiedenti devono informarlo di ogni fatto pertinente per l’esame della loro richiesta. Ricorda che una richiesta può essere respinta come essendo abusiva se è stata fondata volontariamente su dei fatti inventati, Řehŕk c. Repubblica ceca, déc.), no 67208/01, 18 maggio 2004, e Keretchashvili c. Georgia, déc.), no 5667/02, 2 maggio 2006, o se il richiedente è passato sotto silenzio delle informazione essenziali concernente i fatti della causa per indurre la Corte in errore (vedere, entra altri, Hüttner c. Germania, déc.), no 23130/04, 19 giugno 2006, e Basileo ed altri c. Italia, déc.), no 11303/02, 23 agosto 2011.
67. La Corte ha affermato già, inoltre, che “ogni comportamento del richiedente manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso ed ostacolando il buono funzionamento della Corte o il buono svolgimento del procedimento dinnanzi a lei, può [in principio] essere qualificato di abusivo”, Miroļubovs ed altri c. Lettonia, no 798/05, § 65, 15 settembre 2009, la nozione di abuso, ai termini dell’articolo 35 § 3 hanno, della Convenzione, dinnanzi ad essere compresa nel suo senso ordinario trattenuto con la teoria generale del diritto-a sapere lo fa, col titolare di un diritto, di metterlo in œuvre all’infuori della sua finalità di un modo pregiudizievole, Miroļubovs ed altri, precitata, § 62; Petrović c. Serbia, déc.), i nostri 56551/11 e dieci altri, 18 ottobre 2011.
68. Nello specifico, il Governo rimprovera ai richiedenti di avere omesso di precisare certi fatti pertinenti in modo bacino di ingrassamento per ostriche per l’esame della loro causa, enumerata 63 b al paragrafo,-g, sopra) e di avere affermato falsamente che non c’era stata udienza pubblica dinnanzi alla corte di appello di Torino, paragrafo 63 ha, sopra).
69. La Corte osserva innanzitutto che questa ultima circostanza è un punto di fatto controverso tra le parti e che i richiedenti hanno prodotto dei documenti per supportare la loro affermazione secondo la quale l’udienza in questione ha avuto luogo in camera del consiglio, paragrafo 142 qui di seguito. In quanto agli altri fatti enumerati dal Governo, la Corte stima che si tratta, per l’essenziale, di elementi che possono essere utilizzati nel dibattito sulla fondatezza dei motivi di appello dei richiedenti, che il Governo avrà la libertà di sviluppare nelle sue osservazioni. In queste circostanze, la Corte saprebbe concludere solamente l’omissione, coi richiedenti, di menzionare esplicitamente questi elementi è di natura tale da rendere abusiva la richiesta o che questa si basava volontariamente su dei fatti inventati.
70. Segue che l’eccezione del Governo derivato del carattere secondo lui abusivo della richiesta deve essere respinta.
B. L’eccezione del Governo derivata dalla mancanza di danno importante
1. L’eccezione del Governo
71. Il Governo eccepisce anche dell’inammissibilità della richiesta al motivo che i richiedenti non avrebbero subito un danno importante al senso dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione. I motivi di appello dei richiedenti non riguarderebbero un attentato effettivo agli interessi protetti dalla Convenzione, ma semplicemente delle questioni teoriche senza rapporto col danno concretamente subito. Questo sarebbe stato notato a buon diritto dalla Corte di cassazione, ed i richiedenti avrebbero avuto la possibilità di presentare tutte le difese che stimavano necessari.
2. La replica dei richiedenti
72. I richiedenti contestano la tesi del Governo. Osservano che al termine del procedimento controverso, sono stati condannati a pagare di molto importanti è di denaro e hanno subito delle sanzioni toccare al loro onore ed alla loro reputazione. In quanto al carattere presumibilmente troppo generale dei loro motivi di appello, ribattono che la Corte di cassazione, nelle sue sentenze molto elaborate, ha portato delle risposte circostanziate ai motivi di appello precisi.
3. Valutazione della Corte
73. Secondo la giurisprudenza della Corte, il principale elemento del criterio di ammissibilità contemplata 35 § all’articolo 3 b, della Convenzione è la questione di sapere se il richiedente non ha subito nessuno “danno importante”, Adrian Mihai Ionescu c. Romania, déc.), no 36659/04, § 32, 1 giugno 2010. La nozione di “danno importante”, conclusione del principio di minimis no pulisse praetor, rinvia all’idea che la violazione di un diritto deve raggiungere una soglia minima di gravità per giustificare un esame con una giurisdizione internazionale. La valutazione di questa soglia è, con natura, relativa e dipende delle circostanze dello specifico, Korolev c. Russia, déc.), no 25551/05, 1 luglio 2010. Questa valutazione deve tenere conto tanto la percezione soggettiva del richiedente che la posta obiettiva della controversia. Rinvia così ai criteri come l’impatto monetario della questione controversa o la posta della causa per il richiedente, Adrian Mihai Ionescu, precitata, § 34.
74. La Corte osserva al primo colpo che la causa ha avuto una posta finanziaria significativa. I richiedenti sono stati condannati dal CONSOB e la corte di appello di Torino a pagare delle multe che vanno di 500 000 a 3 000 000 EUR, paragrafi 25 e 30 sopra, ed OMISSIS rischiano di incorrere, dinnanzi alle giurisdizioni penali, una pena privativa di libertà ed una multa andando di 20 000 a 5 000 000 EUR, paragrafo 33 sopra. Di più, l’importanza soggettiva della questione sembra evidente per OMISSIS (vedere, ha contrario, Shefer c. Russia, déc.), no 45175/04, 13 marzo 2012. Questi ultimi sono stati colpiti di un’interdizione di amministrare difatti, di dirigere o di controllare delle società quotate in borsa per le durate, rispettivamente, di sei, quattro e due mesi, paragrafi 26 e 31 sopra, ciò che potrebbe essere visto come recando offesa alla loro onorabilità professionale (vedere, mutatis mutandis, Eone c. Francia, no 26118/10, § 34, 14 marzo 2013.
75. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte stima che la prima condizione dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione, a sapere la mancanza di danno importante per i richiedenti, non è assolta e che c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
76. A titolo che sovrabbonda, la Corte precisa che il perseguimento dell’esame della causa si imporsi anche al nome del rispetto dei diritti dell’uomo (vedere, mutatis mutandis, Nicoleta Gheorghe c. Romania, no 23470/05, § 24, 3 aprile 2012, ed Eone, precitata, § 35. A questo riguardo, rileva che la richiesta solleva in particolare la questione della natura e dell’equità del procedimento dinnanzi al CONSOB e della possibilità di cominciare un processo penale per i fatti già sanzionati da questa ultima. Si tratta della prima causa di questo tipo che la Corte è chiamata ad esaminare in ciò che riguarda l’Italia ed una decisione della Corte su questa questione di principio guiderebbe le giurisdizioni nazionali.
C. L’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni
1. L’eccezione del Governo
77. Il Governo eccepisce della no-esaurimento delle vie di ricorso interni. Osserva che nel loro ricorso in cassazione contro le sentenze della corte di appello di Torino del 23 gennaio 2008, OMISSIS ed OMISSIS non hanno invocato non idem la violazione del principio bigio in. Di più, nessuna decisione definitiva è stata adottata in quanto all’inflizione delle sanzioni penali previste dall’articolo 185 del decreto legislativo no 58 di 1998, il procedimento che è ancora pendente in cassazione. Dinnanzi all’alta giurisdizione italiana, OMISSIS hanno invocato non idem il principio bigio in e hanno chiesto di sollevare una questione incidentale di costituzionalità nei confronti l’articolo 649 del CPP. Quando una tale questione è sollevata, la pratica è trasmessa alla Corte costituzionale che può dichiarare le disposizioni in questione incostituzionali e perciò annullarli.
78. Di più, i richiedenti non hanno chiesto alla corte di appello di Torino la tenuta di un’udienza pubblica e non hanno fatto valere dinnanzi alla Corte di cassazione la pretesa mancanza di una tale udienza. Non hanno sollevato neanche al livello interno il loro motivo di appello concernente la mancanza addotta di imparzialità del presidente del CONSOB. Le lamentele relative all’iniquità del procedimento dinnanzi al CONSOB sono state sollevate per la prima volta in cassazione, e dunque tardivamente.
2. La replica dei richiedenti
79. Nella misura in cui il Governo adduce che i loro motivi di appello non sarebbero stati presentati alla Corte di cassazione rispettando le condizioni previste dalla legge, i richiedenti osservano innanzitutto che l’alta giurisdizione italiana ha esaminato i loro motivi di appello sul fondo e non li ha dichiarati inammissibili. I motivi di appello portati a Strasburgo sono, per l’essenziale, quelli che era contenuto nei loro terzo e quarto mezzi di ricorso, dove era invocato l’articolo 111 della Costituzione (diritto ad un processo equo) e dove era indicato che il procedimento dinnanzi al CONSOB non era contraddittorio e che li accusati non erano stati personalmente sentiti.
80. In quanto al fatto che il procedimento penale interna è ancora pendente, i richiedenti ricordano che l’articolo 4 del Protocollo no 7 non vietato solamente la “doppia condanna”, ma anche il “doppio perseguimento.” Ora, i richiedenti hanno sollevato dinnanzi alle giurisdizioni interni la questione del doppio perseguimento alla luce della giurisprudenza di Strasburgo. Infine, nel sistema morale italiano, il giudicabile non gode di un accesso diretto alla Corte costituzionale per invitarlo a verificare la costituzionalità di una legge: unica ha la facoltà del sequestro la giurisdizione dinnanzi a cui è la causa è pendente al fondo.
3. Valutazione della Corte
81. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, non può essere investita che dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interni. La finalità di questa regola è di predisporre agli Stati contraenti l’occasione di prevenire o di risanare le violazioni addotte contro essi prima che la Corte ne non sia investito (vedere, tra altri, Mifsud c. Francia, déc.) [GC], no 57220/00, § 15, CEDH 2002-VIII, e Simons c. Belgio, déc.), no 71407/10, § 23, 28 agosto 2012.
82. I principi generali relativi alla regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interni si trovano esposizioni nel sentenza Sejdovic c. Italia ([GC], no 56581/00, §§ 43-46, CEDH 2006-II. La Corte ricorda che l’articolo 35 § 1 della Convenzione prescrivono solamente al tempo stesso l’esaurimento dei ricorsi relativi alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Un ricorso è effettivo quando è tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, questo essere-a-argomento quando è accessibile, suscettibile di offrire al richiedente la correzione dei suoi motivi di appello e presente delle prospettive ragionevoli di successo. A questo riguardo, il semplice fatto di nutrire dei dubbi in quanto alle prospettive di successo di un ricorso dato che non è destinato al fallimento evidentemente non costituisco una ragione valida per giustificare la no-utilizzazione di ricorso interni, Brusco c. Italia, déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX; Sardinas Albo c. Italia, déc.), no 56271/00, CEDH 2004-I; ed Alberto Eugénio da Conceicao c. Portogallo, déc.), no 74044/11, 29 maggio 2012.
83. Nello specifico, nella loro opposizione dinnanzi alla corte di appello di Torino, i richiedenti hanno eccepito del mancata osservanza, col CONSOB, del principio del contraddittorio, paragrafo 28 sopra. Hanno reiterato le loro affermazioni in questo senso dinnanzi alla Corte di cassazione, invocando sopra i principi del processo equo, garantito dall’articolo 111 della Costituzione, paragrafo 37. Hanno esaurito dunque, a questo riguardo, le vie di ricorso che era loro aperte in dritto italiano. In quanto alle questioni relative ai poteri del presidente del CONSOB ed alla tenuta di un’udienza a porte chiuse dinnanzi alla corte di appello di Torino, si trattava, secondo i richiedenti, dell’applicazione di regole contenute nelle disposizioni legislative interni. Peraltro, ogni eccezione dei richiedenti a questi riguardi sarebbe stata privata di prospettive ragionevoli di successo, conto tenuto in particolare per il fatto che la Corte di cassazione ha stimato che le disposizioni costituzionali in materia di processo equo e di diritto alla difesa non erano applicabili al procedimento per l’infliction di sanzioni amministrative, paragrafo 38 sopra.
84. La Corte rileva anche che dopo la conferma, dalla Corte di cassazione, della condanna inflitta dal CONSOB, i richiedenti hanno invocato, nel procedimento penale, il principio non bigio in idem e hanno eccepito, senza successo, dell’incostituzionalità delle disposizioni pertinenti del decreto legislativo no 58 di 1998 e dell’articolo 649 del CPP, a ragione della loro incompatibilità con l’articolo 4 del Protocollo no 7, paragrafo 42 sopra.
85. Per ciò che è, infine, della circostanza che il procedimento penale era, alla data delle ultime informazione ricevute dalla Corte, 7 giugno 2013-paragrafo 52 sopra, ancora pendente in cassazione al riguardo di OMISSIS, basta osservare che i richiedenti si lamentino di essere “stato perseguito penalmente” per una violazione per la quale erano stati condannati già da un giudizio definitivo. In queste circostanze, non si saprebbe considerare il loro motivo di appello tirato dell’articolo 4 del Protocollo no 7 come essendo prematuro.
86. Segue che l’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni non saprebbe essere considerata.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
87. I richiedenti adducono che il procedimento dinnanzi al CONSOB non è stato equo e denunciano una mancanza di imparzialità ed indipendenza di questo organo.
Invocano l’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita [e] pubblicamente, da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà, o delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile, o della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. Il giudizio deve essere reso pubblicamente, ma l’accesso della sala di udienza può essere vietato alla stampa ed al pubblico durante la totalità o una parte del processo nell’interesse della moralità, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando gli interessi dei minore o la protezione della vita privata delle parti al processo l’esigono, o nella misura giudicata rigorosamente necessario col tribunale, quando nelle circostanze speciali la pubblicità sarebbe di natura tale da recare offesa agli interessi della giustizia.
2. Ogni persona accusata di una violazione è presunta innocente finché la sua colpevolezza sia stata stabilita legalmente.
3. ogni imputato ha in particolare diritto a:
a), essere informato, nel più corto termine, in una lingua che comprende e di un modo dettagliato, della natura e della causa dell’accusa portata contro lui,;
b) disporre del tempo e delle facilità necessarie alla preparazione della sua difesa,;
c) difendersi sé o avere l’assistenza di un difensore della sua scelta e, se non ha i mezzi di rimunerare un difensore, potere essere assistito gratuitamente da un difensore d’ufficio, quando gli interessi della giustizia l’esigono;
d) interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’interrogazione dei testimoni a scarica nelle stesse condizioni che i testimoni a carico;
(…). “
88. Il Governo contesta la tesi dei richiedenti.
A. Sull’ammissibilità
1. Sulla questione di sapere se l’articolo 6 della Convenzione si applica nel suo risvolto penale
ha, Argomenti delle parti
i. Il Governo
89. Il Governo afferma che il procedimento dinnanzi al CONSOB non cadeva su una “accusa in materia penale” contro i richiedenti. Osserva che il reato previsto dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998 è archiviato chiaramente tanto come “amministrativo” in dritto interno che in diritto europeo; può essere inflitta da un organo amministrativo alla conclusione di un procedimento amministrativo.
90. In quanto alla natura del reato, questa prevede ogni comportamento, anche di semplice negligenza, suscettibile di dare dei segnali o delle informazione erronee agli investitori, senza che sia necessario che un’alterazione significativa dei mercati finanziari si trovi suscettibile di essere generata. Protegge gli investitori contro ogni rischio potenziale potendo influenzare le loro scelte e dunque degli interessi altri che quelli normalmente protetti col diritto penale. Le sanzioni che possono essere inflitte toccano infine, solamente il patrimonio della persona riguardata et/ou la sua capacità di esercitare dei funzioni managériales, e non possono condurre in nessun caso ad una privazione di libertà, anche in caso di mancato pagamento. Non sono iscritte al casellario giudiziario e colpiscono normalmente gli operatori professionali del sistema finanziario, e non la totalità dei cittadini.
91. Peraltro, l’importo delle multe sarebbe proporzionato alle risorse ed al potere finanziario del colpevole; nello specifico, si trattava di un’operazione finanziaria che mira ad ottenere il controllo di uno dei più grandi produttori di automobili del mondo e che era costato più di 500 000 000 EUR. Inoltre, le multe, l’eventuale confisca dei beni utilizzati per commettere il reato e l’interdizione di esercitare dei funzioni manageriali prevede per l’essenziale a ristabilire la fiducia dei mercati e degli investitori, toccando gli elementi che hanno permesso di commettere il reato amministrativo (vedere, anche, su questo punto, gli scopi perseguiti dalla direttiva 2003/6/CE. Hanno per scopo di riparare e di compensare un danno di natura finanziaria e di evitare che il colpevole possa trarre un profitto dalle sue attività illegali. Peraltro, nel causa Spector Foto Group, precitata, paragrafo 61 sopra, il CJUE ha ammesso la coesistenza, in questo settore, di sanzioni amministrative e penali.
ii. I richiedenti
92. I richiedenti considerano che bene che qualificati d ‘ “amministrativi” in dritto interni, le sanzioni inflitte dal CONSOB devono essere considerate come “penali”, al senso autonomo che questa nozione riveste nella giurisprudenza della Corte. La sentenza del CJUE nel causa Spector Foto Group, citata col Governo, non affermare il contrario, ma limitati a dire che così un Stato membro ha contemplato la possibilità di infliggere una sanzione pecuniaria di natura penale, il livello di questa sanzione non deve essere preso in conto per valutare il carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo della sanzione amministrativa. Peraltro, nella sua sentenza del 26 febbraio 2013 reso nel causa C-617/10, Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, il CJUE ha affermato i seguenti principi: ha, l’applicabilità del diritto dell’unione implica quella dei diritti fondamentali garantiti con la Carta; b, l’articolo 50 di questa (garantendo non idem bigio nel principio) supponga che le misure adottate contro un imputato rivestano un carattere penale; c, per valutare la natura penale delle sanzioni fiscali, bisogna avere riguardo alla qualifica della sanzione in dritta interno, alla natura del reato ed al grado di severità della sanzione che rischio di subire l’interessato.
93. Nel presente genere, la gravità delle sanzioni era evidente, il massimo previsto che ammonta a 5 000 000 EUR. Delle pene accessorie si aggiungono a questa sanzione principale, come la perdita temporanea, potendo andare fino a tre anni, della capacità di occupare delle stazioni di amministrazione, di direzione o di controllo di società quotate in borsa, la sospensione temporanea, fino a tre anni, degli ordini professionali, e la confisca del prodotto del reato e dei beni utilizzato per commetterla. Riferendosi in materia alla giurisprudenza della Corte (vedere, in particolare, Dubus S.p.A. c. Francia, no 5242/04, 11 giugno 2009; Messier c. Francia, no 25041/07, 30 giugno 2001; e Menarini Diagnosi S.r.l. c. Italia, no 43509/08, 27 settembre 2011, i richiedenti ne concludono che l’articolo 6 trova ad applicarsi nello specifico sotto il suo risvolto penale.
b, Valutazione della Corte
94. La Corte ricorda la sua giurisprudenza consolidata secondo la quale occorre, per determinare l’esistenza di una “accusa in materia penale”, avere riguardo a tre criteri,: la qualifica giuridica della misura controversa in diritto nazionale, la natura stessa di questa, e la natura ed il grado di severità della “sanzione”, Engel ed altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, § 82, serie Ha no 22. Questi criteri sono peraltro alternativi e non cumulativi: affinché l’articolo 6 § 1 si applicano a titolo della parole “accusa in materia penale”, basta che il reato in causa sia, con natura, “penale” allo sguardo della Convenzione, o abbia esposto l’interessato ad una sanzione che, con la sua natura ed il suo grado di gravità, risultò in generale alla “materia penale.” Ciò non impedisce l’adozione di un approccio cumulativo se l’analisi si separata da ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione chiara in quanto all’esistenza di una “accusa in materia penale”, Jussila c. Finlandia [GC], no 73053/01, §§ 30 e 31, CEDH 2006-XIII, e Zaicevs c. Lettonia, no 65022/01, § 31, CEDH 2007-IX (brani)).
95. Nello specifico, la Corte constata di prima che le manipolazioni del mercato rimproverato ai richiedenti non costituiscono una violazione penale in dritta italiano. Questi comportamenti sono sanzionati difatti da una sanzione qualificata d ‘ “amministrativo” con l’articolo 187 ter § 1 del decreto legislativo no 58 del 1998, paragrafo 20 sopra. Ciò non è tuttavia decisivo alle fini dell’applicabilità dell’articolo 6 della Convenzione nel suo risvolto penale, le indicazioni che forniscono il diritto interno che ha solamente un valore relativo, Öztürk c. Germania, 21 febbraio 1984, § 52, serie Ha nº 73, e Menarini Diagnosi S.r.l., precitata, § 39.
96. In quanto alla natura del reato, appare che le disposizioni di cui la violazione è stata rimproverata ai richiedenti miravano a garantire l’integrità dei mercati finanziari ed a mantenere la fiducia del pubblico nella sicurezza delle transazioni. La Corte ricorda che il CONSOB, autorità amministrativa indipendente, ha come scopo di garantire la protezione degli investitori e l’efficacia, la trasparenza e lo sviluppo dei mercati borsistici, paragrafo 9 sopra. Si tratta normalmente là di interessi generali della società protetti col diritto penale (vedere, mutatis mutandis, Menarini Diagnosi S.r.l., precitata, § 40; vedere anche Società Stenuit c. Francia, rapporto della Commissione europea dei diritti dell’uomo del 30 maggio 1991, § 62, serie Ha no 232-ha. Inoltre, la Corte è di parere che le multe inflitte prevedevano per l’essenziale a punire per impedire la recidiva. Erano fondate su delle norme inseguendo al tempo stesso un scopo preventivo, a sapere di dissuadere gli interessati di ricominciare, dunque e repressivo, poiché sanzionavano un’irregolarità (vedere, mutatis mutandis, Jussila, precitata, § 38. Non prevedevano dunque unicamente, siccome lo pretende il Governo, paragrafo 91 sopra, a riparare un danno di natura finanziaria. A questo riguardo, conviene notare che le sanzioni erano inflitte dal CONSOB in funzione della gravità della condotta rimproverata e non del danno indotto agli investitori.
97. In quanto alla natura ed alla severità della sanzione “suscettibile di essere inflitta” ai richiedenti, Ezeh e Connors c. Regno Unito [GC], i nostri 39665/98 e 40086/98, § 120, CEDH 2003-X, la Corte constata col Governo, paragrafo 90 sopra, che le multe in questione non potevano essere sostituite da una pena privativa di libertà in caso di mancato pagamento (vedere, ha contrario, Anghel c. Romania, nº 28183/03, § 52, 4 ottobre 2007. Però, la multa che può essere inflitta dal CONSOB poteva andare fino a 5 000 000 EUR, paragrafo 20 sopra, questo massimale ordinario che può in certe circostanze essere triplicato portato o a dieci volte il prodotto o il profitto ottenuto grazie al comportamento illecito, paragrafo 53 sopra. L’infliction delle sanzioni amministrative pecuniarie suddette provoca la perdita temporanea della loro onorabilità per i rappresentanti delle società implicate, e se queste ultime sono quotate in borsa, i loro rappresentanti sono colpiti di un’incapacità temporanea di amministrare, di dirigere o di controllare delle società quotate per una durata che va di due mesi a tre anni. Il CONSOB può vietare anche alle società quotate, alle società di gestione ed alle società di revisione di avvalersi della collaborazione dell’autore del reato, per una durata massimale di tre anni, e chiedere agli ordini professionali la sospensione temporanea dell’interessato dell’esercizio della sua attività professionale, paragrafo 54 sopra. Infine, l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provoca la confisca del prodot