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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GRANDE STEVENS ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06, 46, 57, P1-1
Numero: 18640/10/2014
Stato: Italia
Data: 2014-03-04 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Non -violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6-3-c – difendersi sé stesso difendersi con l’assistenza di un difensore, Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento penale Articolo 6-1 – Processo pubblico, Non -violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6-3-a – Informazione sulla natura e la causa dell’accusa, Non -violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Privazione di proprietà, Violazione dell’articolo 4 del Protocollo n° 7 – Diritto generale di non essere giudicato o punito due volte, articolo 4 del Protocollo n° 7 – Diritto a non essere giudicato o punito due volte, Stato convenuto tenuto a prendere delle misure individuali, Articolo 46-2 – Misure individuali, Danno patrimoniale – domanda respinta Danno morale – risarcimento

SECONDA SEZIONE

CAUSA GRANDE STEVENS ED ALTRI C. ITALIA

( Richieste numeri 18640/10, 18647/10, 18663/10,
18668/10 e 18698/10)

SENTENZA

STRASBURGO

4 marzo 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Grande Stevens ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Işıl Karakaş, presidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 gennaio 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano cinque richieste, nostri 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10, dirette contro la Repubblica italiana e di cui tre cittadini e due società di questo Stato, OMISSIS, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 27 marzo 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono stati rappresentati da OMISSIS, avvocati rispettivamente a Milano ed a Roma. La Sig. Grande Stevens è stato rappresentato anche da Me N. Irti, avvocato a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e con suo co-agente, la Sig.ra P. Accardo.
3. I richiedenti adducono in particolare che i procedimenti giudiziali di cui hanno fatto l’oggetto non sono stati equi e non hanno avuto luogo dinnanzi ad un “tribunale” indipendente ed imparziale, che hanno subito un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni e che sono state non idem vittime di una violazione del principio bigio in.
4. Il 15 gennaio 2013, le richieste sono state dichiarate parzialmente inammissibili ed i motivi di appello derivati dell’articolo 6 della Convenzione, così come degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 4 del Protocollo no 7 sono stati comunicati al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si pronuncierebbe sull’ammissibilità ed il fondo allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. L’elenco delle parti richiesta figura qui acclusa.
A. Il contesto della causa
6. All’epoca dei fatti, OMISSIS era il presidente delle due società richieste ed OMISSIS era il procuratore (procuratore, del società OMISSIS,).
7. Il 26 luglio 2002, la società anonima Fiat, Fabbrica Italiana Automobili Torino, firmò un contratto di finanziamento, prestito convertendo, con otto banche. Questo contratto scadeva il 20 settembre 2005 e contemplava che in caso di no-rimborso del prestito da parte di Fiat, le banche avrebbero potuto compensare il loro credito sottoscrivendo ad un aumento del capitale della società. Così, le banche avrebbero acquisito il 28% del capitale sociale di Fiat, mentre la partecipazione della società anonimo IFIL Investments, diventata in seguito, il 20 febbraio 2009, Exor s.p.a., denominazione sotto la quale sarà designata qui di seguito, sarebbe passata dal 30,06% al 22% circa.
8. OMISSIS desiderò ottenere un consulente legale per ricercare un modo di permettere ad Exor di restare l’azionista che ha il controllo di Fiat, e si rivolse in questa prospettiva ad un avvocato specializzato in diritto delle società, Io Grande Stevens. Questo ultimo considerò che una possibilità a questa fine era di rinegoziare un contratto di equity swap, questo essere-a-argomento, un contratto che permette di scambiare la prestazione di un’azione contro un tasso di interesse, senza avere ad avanzare di denaro, in data del 26 aprile 2005 portando su circa 90 milioni di azioni Fiat che Exor aveva concluso con una banca di cause inglesi, Merrill Lynch Internazionale Ltd, e di cui la scadenza era fissata al 26 dicembre 2006. Del parere di Me Grande Stevens, era là una delle vie per evitare il lancio di un’offerta pubblica di acquisto (“OPA”) sull’azioni Fiat.
9. Senza menzionare Internazionale Ltd Merrill Lynch con timore di violare i suoi doveri di confidenzialità, il 12 agosto 2005 OMISSIS chiesero alla Commissione nazionale delle società e della borsa, Commissione Nazionale per il Società ed il Borsa-il “CONSOB” che nel sistema morale italiano, ha per scopo, entra altri, di garantire la protezione degli investitori e l’efficacia, la trasparenza e lo sviluppo dei mercati borsistici, se, nell’ipotesi che prevedeva, una OPA potrebbe essere evitata. Allo stesso tempo, Io Grande Stevens cominciò ad informarsi presso di Merrill Lynch Internazionale Ltd in quanto alla possibilità di modificare il contratto di equity swap.
10. Il 23 agosto 2005, il CONSOB chiese ai società Exor e Giovanni Agnelli di diffondere un comunicato stampa che fa stato di ogni iniziativa presa in vista della scadenza del contratto di finanziamento con le banche, di ogni fatto nuovo concernente la società Fiat e di ogni fatto utile per spiegare le fluttuazioni dell’azioni Fiat sul mercato.
11. OMISSIS espone che questo giorno, era in disdetta. Mi aveva informato Grande Stevens della domanda del CONSOB, ed egli ne aveva fatto pervenire una copia. OMISSIS sostiene che non ha partecipato alla redazione dei comunicati stampa descritti qui di seguito 13 e 14 ai paragrafi.
12. OMISSIS espone che il 23 agosto 2005, era ricoverato negli Stati Uniti. Aveva ricevuto un progetto di comunicato stampa ed aveva contattato da telefono OMISSIS che gli aveva confermato che al visto dei numerosi dati che restano incerte, l’ipotesi di una rinegoziazione del contratto di equity swap non poteva essere considerata come un’opzione concreta e reale. In queste circostanze, OMISSIS approvò il progetto di comunicato.
13. Il comunicato stampa emise in risposta, approvato con Me Grande Stevens, si limitava ad indicare che Exor non aveva “né iniziato né studiato di iniziative concernente la scadenza del contratto di finanziamento” e che desiderava “restare l’azionista di riferimento di Fiat.” Nessuna menzione fu fatta dell’eventuale rinegoziazione del contratto di equity swap con OMISSIS, considerata dei fatti dai richiedenti come una semplice ipotesi futura mancanza di un fondamento e morale bacino di ingrassamento per ostriche.
14. Il società OMISSIS confermò il comunicato stampa d ‘ OMISSIS.
15. Dal 30 agosto al 15 settembre 2005, Io Grande Stevens inseguì le sue trattative con Merrill Lynch Internazionale Ltd per verificare la possibilità di modificare il contratto di equity swap.
16. Il 14 settembre 2005, durante una riunione del famiglia Agnelli, fu deciso che il progetto studiato da OMISSIS doveva essere sottomesso all’approvazione del consiglio di amministrazione di Exor. Lo stesso giorno, il CONSOB ricevè una copia del contratto di equity swap e fu informato delle trattative in corso per utilizzarlo per permettere ad OMISSIS di acquisire dell’azioni Fiat.
17. Il 15 settembre 2005, in esecuzione di deliberazioni dei loro consigli di amministrazione rispettiva, OMISSIS conclusero l’accordo che modifica il contratto di equity swap.
18. Il 17 settembre 2005, rispondendo alla questione che gle mi era stato posto con Grande Stevens il 12 agosto 2005, paragrafo 9 sopra, il CONSOB indicò che nell’ipotesi prevista, non c’era obbligo di lanciare una OPA.
19. Il 20 settembre 2005, Fiat aumentò il suo capitale; le notizie azioni emesse furono acquisite dalle otto banche in compenso dei loro crediti. Lo stesso giorno, l’accordo che modifica il contratto di equity swap prese effetto. Di conseguenza, OMISSIS mantenne la sua partecipazione del 30% nel capitale di Fiat.
B. Il procedimento dinnanzi al CONSOB
20. Il 20 febbraio 2006, la divisione dei mercati e dei pareri economici-ufficio Insider Trading, Divisione mercati e consulenza economica-ufficio Insider Trading-qui di seguito il “ufficio IT”) del CONSOB rimproverò ai richiedenti la violazione dell’articolo 187 ter § 1 del decreto legislativo no 58 del 24 febbraio 1998. Ai termini di questa disposizione, intitolata “manipolazione del mercato”,
“Senza danno delle sanzioni penali quando la condotta è costitutiva di una violazione, tutto nessuno che, col verso di mezzi di informazione, ivi compreso Internet o tutto altro mezzo, diffondi delle informazione, di una sanzione amministrativa che va di 20 000 a 5 000 000 di euros (EUR) è punita delle notizie o dei rumori falsi o ingannevoli di natura tale da fornire o delle indicazioni false ingannevoli a proposito di strumenti finanziari. “
21. Secondo la tesi dell’ufficio IT, l’accordo che modifica l’equity swap era stato concluso o era stato stato in passaggio dell’essere prima della diffusione dei comunicati stampa del 24 agosto 2005, così che era anormale che questi ne non facessero nessuna menzione. I richiedenti furono invitati a presentare la loro difesa.
22. L’ufficio IT trasmise poi la pratica alla direzione delle sanzioni amministrative, ufficio sanzioni amministrative-qui di seguito, “la direzione”) del CONSOB, corredato di un rapporto, relazione istruttoria, datato del 13 settembre 2006 che faceva stato degli elementi a carico e degli argomenti di li accusati. Secondo questo rapporto, le difese avanzate dai richiedenti non erano di natura tale da permettere di archiviare la pratica.
23. La direzione comunicò questo rapporto ai richiedenti e li invitò a presentare per iscritto, entro trenta giorni scadendo il 23 ottobre 2006, gli argomenti che stimavano necessari per la loro difesa. Nel frattempo, l’ufficio IT continuò ad esaminare la causa dei richiedenti, ottenendo delle informazione orali ed analizzando i documenti ricevè il 7 luglio 2006 di OMISSIS. Il 19 ottobre 2006, trasmise una “nota complementare” nella quale affermava alla direzione che i nuovi documenti esaminati non erano di natura tale da modificare i suoi conclusioni. Il 26 ottobre 2006, i richiedenti riceverono una copia della nota complementare del 19 ottobre 2006 e dei suoi allegati; un nuovo termine di trenta giorni fu concesso loro per presentare delle eventuali osservazioni.
24. Senza comunicarlo ai richiedenti, la direzione presentò il suo rapporto, datato del 19 gennaio 2007 e contenendo i suoi conclusioni, alla commissione-il CONSOB propriamente detto-, questo essere-a-argomento all’organo incaricato di adottare la decisione su delle eventuali sanzioni. Questa si costituiva, all’epoca dei fatti, di un presidente e di quattro membri, nominati dal presidente della Repubblica su proposta, saputa proposta, del presidente del Consiglio dei ministri. Il loro mandato durava cinque anni e non poteva essere rinnovato che una sola volta.
25. Con una deliberazione no 15760 del 9 febbraio 2007, il CONSOB inflisse ai richiedenti le multe amministrative seguiamo:

 5 000 000 EUR ad OMISSIS,
3 000 000 EUR ad OMISSIS,
500 000 EUR ad OMISSIS,
4 500 000 EUR al società OMISSIS,
3 000 000 EUR al società OMISSIS.
26. OMISSIS furono colpiti di un’interdizione di amministrare, di dirigere o di controllare delle società quotate rispettivamente in borsa, per le durate, di sei, quattro e due mesi.
27. Il CONSOB stimò in particolare che risultava della pratica che il 24 agosto 2005, data dei comunicati stampa incriminati, il progetto che mira a conservare una partecipazione del 30% nel capitale di Fiat sulla base di una rinegoziazione del contratto di equity swap firmato con OMISSIS era stato studiato già ed era stato stato durante esecuzione. Seguiva che i comunicati stampa davano una falsa rappresentanza, rappresentazione falsa, della situazione dell’epoca. Il CONSOB sottolineò anche la posizione occupata dalle persone riguardate, la “gravità obiettiva” del reato e l’esistenza di un dolo.
C. L’opposizione dinnanzi alla corte di appello
28. I richiedenti fecero opposizione a questa sanzione dinnanzi alla corte di appello di Torino. Addussero, entra altri, che l’ordinamento del CONSOB era illegale perché, contrariamente a ciò che era esatto dall’articolo 187 septies del decreto legislativo no 58 del 1998, paragrafo 57 qui di seguito, non rispettava il principio di un esame contraddittorio della causa.
29. OMISSIS notò inoltre che il CONSOB l’aveva accusato e punito per avere preso parte alla pubblicazione del comunicato stampa del 24 agosto 2005 nella sua qualità di amministratore d ‘ OMISSIS. Dinnanzi al CONSOB, l’interessato aveva eccepito senza successo di ciò che non possedeva questa qualità e che faceva il semplicemente l’avvocato ed il consulente del gruppo Agnelli. Dinnanzi alla corte di appello, OMISSIS mantenne che, non essendo amministratore, aveva potuto partecipare alla decisione di pubblicare il comunicato stampa incriminato. In un esposto del 25 settembre 2007, OMISSIS indicò che al caso dove la corte di appello avrebbe considerato insufficiente o non utilizzabili i documenti versati alla pratica, chiedeva di convocare ed esaminare dei testimoni “sui fatti riferiti nei documenti suddetti.” Non indicò chiaramente in questo esposto né i nomi di questi testimoni né le circostanze su che avrebbero dovuto testimoniare. In un esposto dello stesso giorno, OMISSIS citò due testimoni di cui le dichiarazioni avrebbero provato che non aveva partecipato alla redazione dei comunicati stampa, e precisò che la corte di appello avrebbe potuto, così necessario, ove occorresse, darli un’audizione.
30. Con le sentenze depositate alla cancelleria il 23 gennaio 2008, la corte di appello di Torino ridusse per certi dei richiedenti l’importo delle multe amministrative inflitte dal CONSOB, del seguente modo:
– 600 000 EUR per OMISSIS;
– 1 000 000 EUR per OMISSIS
– 1 200 000 EUR per OMISSIS.
Era indicato nello stordisco delle sentenze rese verso OMISSIS e verso OMISSIS che la corte di appello si era riunita in camera del consiglio, riunita in cinepresa di consiglio. Il parte “procedimento” delle sentenze rese contro OMISSIS menzionava che le parti erano state convocate in camera del consiglio, disposta il comparizione delle partito in cinepresa di consiglio.
31. La durata dell’interdizione di assumere delle responsabilità di amministrazione, di direzione o di controllo di società quotate in borsa inflitta al Sig. Gabetti fu ridotta di sei a quattro mesi.
32. La corte di appello respinse tutta altra lamentela degli interessati. Notò tra altri che, anche dopo la trasmissione della pratica alla direzione, l’ufficio IT restava in diritto di continuare le sue attività di investigazione, il termine di 210 giorni contemplati per le deliberazioni del CONSOB che non è costrittivo. Peraltro, il principio del contraddittorio era rispettato dal momento che, siccome nello specifico, li accusati erano stati informati degli elementi di recente raccolti dall’ufficio IT ed avevano avuto la possibilità di presentare le loro repliche.
33. La corte di appello osservò anche che era vero che il CONSOB aveva inflitto da un lato le sanzioni previste dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998, e dell’altro denunciato alla procura la commissione del reato penale descritto 185 § 1 all’articolo dello stesso decreto. Ai termini di questa disposizione,
“Chiunque diffonde del falsi notizie o procedi alle operazioni simulate o adopera obiettivamente di altri artifici (artifizi) suscettibili di provocare una modifica sensibile del valore di strumenti finanziari è punito di una reclusione di uno a sei anni e di una multa di 20 000 a 5 000 000 di euros. “
34. Secondo la corte di appello, queste due disposizioni avevano per oggetto la stessa condotta, la “diffusione del falsi informazione”) ed inseguivano lo stesso scopo (evitare delle manipolazioni del mercato), ma differivano in quanto alla situazione di pericolo supposto essere stata generata da questa condotta: per l’articolo 187 ter, era sufficiente in si di avere dato o delle indicazioni false ingannevoli concernente gli strumenti finanziari, mentre l’articolo 185 esigeva inoltre che queste informazione siano state di natura tale da provocare un’alterazione sensibile del prezzo degli strumenti in questione. Come la Corte costituzionale l’aveva indicato nella sua ordinanza no 409 del 12 novembre 1991, era lecito al legislatore di punire al tempo stesso un comportamento illegale con una sanzione amministrativa pecuniaria e con una sanzione penale. Di più, l’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE, paragrafo 60 qui di seguito che invitava gli Stati membri dell’unione europea ad applicare delle sanzioni amministrative contro le persone responsabili di una manipolazione del mercato, conteneva sé la menzione “senza danno del loro diritto di imporre delle sanzioni penali.”
35. Sul fondo, la corte di appello osservò che risultava della pratica che la rinegoziazione dell’equity swap aveva all’epoca controversa stata esaminata nei minimi dettagli e che la conclusione alla quale il CONSOB era giunto, a sapere, che questo progetto esisteva già un mese prima del 24 agosto 2005, era ragionevole alla luce dei fatti invalsi e della condotta delle persone riguardate.
36. In quanto a M. Grande Stevens, era vero che non faceva l’amministratore di Exor s.p.a. Non ne rimaneva meno del reato amministrativo punito dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998 poteva essere commessa con “chiunque”, dunque in qualche requisito che questo sia; ora, la Sig. Grande Stevens aveva partecipato bene al processo decisionale avendo portato alla pubblicazione del comunicato stampa nella sua qualità di avvocato consultato dalle società richieste.
D. Il ricorso in cassazione
37. I richiedenti si ricorsero in cassazione. Nei loro terzo e quarto mezzi del loro ricorso, adducevano in particolare in particolare una violazione dei principi del processo equo, consacrato dall’articolo 111 della Costituzione, in ragione: della mancanza di carattere contraddittorio della fase di istruzione dinnanzi al CONSOB; della no-trasmissione agli imputati del rapporto della direzione; dell’impossibilità secondo essi di depositare delle memorie e dei documenti e di essere sentiti in nessuno con la commissione; per il fatto che l’ufficio IT aveva continuato la sua inchiesta e trasmessi una nota complementare dopo la scadenza del termine fissato a questo effetto.
38. Con le sentenze del 23 giugno 2009 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 30 settembre 2009, la Corte di cassazione respinse i loro ricorsi. Stimò in particolare che il principio di un esame contraddittorio della causa era stata rispettata nel procedimento dinnanzi al CONSOB, rilevando che questa aveva indicato la condotta che era rimproverata loro agli interessati e tenuto conto della loro difesa rispettiva. L’omissione di intendere i richiedenti e di trasmetterloro i conclusioni della direzione non violava questo principio, le disposizioni costituzionali in materia di processo equo e di diritto alla difesa che è applicabili solamente ai procedimenti giudiziali, e non al procedimento per l’infliction di sanzioni amministrative.
E. I perseguimenti penali contro i richiedenti
39. Ai termini del decreto legislativo no 58 del 1998, la condotta in causa dei richiedenti poteva essere non solo oggetto di una sanzione amministrativa inflitta dal CONSOB, ma anche delle sanzioni penali previste dall’articolo 185 § 1, città al paragrafo 33 sopra.
40. Il 7 novembre 2008, i richiedenti furono rinviati in giudizio dinnanzi al tribunale di Torino. Erano accusati di avere dichiarato, nei comunicati stampa del 24 agosto 2005, qu ‘ OMISSIS desiderava restare l’azionista di riferimento di Fiat e che non aveva né iniziata né studiato di iniziative concernente la scadenza del contratto di finanziamento, mentre l’accordo che modifica l’equity swap era stato esaminato già e concluso, informazione che sarebbe stata nascosta per evitare una probabile caduta del prezzo dell’azioni Fiat.
41. Il CONSOB si costituì parte civile, siccome gli era lecito di farlo ai termini dell’articolo 187 undecies del decreto legislativo no 58 del 1998.
42. Dopo il 30 settembre 2009, data del deposito alla cancelleria della sentenza che respinge il ricorso in cassazione dei richiesta contro la condanna inflitta dal CONSOB, paragrafo 38 sopra, gli interessati chiesero non idem l’abbandono dei perseguimenti penali al loro carico in virtù del principio bigio in. In particolare, all’udienza del 7 gennaio 2010, eccepirono dell’incostituzionalità delle disposizioni pertinenti del decreto legislativo no 58 di 1998 e dell’articolo 649 del codice di procedimento penale, il “CPP” – vedere qui di seguito il paragrafo 59, a ragione della loro incompatibilità secondo essi con l’articolo 4 del Protocollo no 7.
43. Il rappresentante della procura oppose a questa eccezione, adducendo che il “doppio processo”, amministrativo e penale, era imposto dall’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE del 28 gennaio 2003, paragrafo 60 sopra alla quale il legislatore italiano aveva dato esecuzione introducendo gli articoli 185 e 187ter del decreto legislativo no 58 del 1998.
44. Il tribunale di Torino non si pronunciò immediatamente sulla questione incidentale di costituzionalità sollevata dalla difesa. Ordinò una perizia per determinare le fluttuazioni dell’azioni Fiat tra dicembre 2004 ed aprili 2005 e per valutare gli effetti dei comunicati stampa del 24 agosto 2005 e delle informazione diffuso il 15 settembre 2005.
45. Con un giudizio del 21 dicembre 2010 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 18 marzo 2011, il tribunale di Torino rilasciò OMISSIS al motivo che non aveva contribuito alla pubblicazione dei comunicati stampa, e rilasciò anche gli altri richiedenti al motivo che non era stato provato che la loro condotta fosse stata di natura tale da provocare un’alterazione significativa del mercato finanziario. Osservò che il fatto che i comunicati stampa contenevano del falsi informazione era stato sanzionato già dall’autorità amministrativa. Del parere del tribunale, la condotta rimproverata agli interessati prevedeva, probabilmente, a nascondere al CONSOB la rinegoziazione del contratto di equity swap, e non a fare aumentare il prezzo dell’azioni Fiat.
46. Il tribunale dichiarò manifestamente male fondata la questione incidentale di costituzionalità sollevata dai richiedenti. Notò che la legge italiana, articolo 9 della legge no 689 del 1981, vietava un “doppio processo”, doppio giudizio, penale ed amministrativo, su un “stesso fatto.” Ora, gli articoli 185 e 187 ter del decreto legislativi no 58 del 1998 non punivano lo stesso fatto: unica la disposizione penale, l’articolo 185, esigeva che la condotta sia stata di natura tale da provocare un’alterazione importante del valore di strumenti finanziari (vedere Corte di cassazione, sesta sezione, sentenza del 16 marzo 2006, no 15199,). Inoltre, l’applicazione della disposizione penale supponeva l’esistenza di un dolo, mentre la disposizione amministrativa si applicava in presenza di un semplice comportamento colpevole. Peraltro, i perseguimenti penali che avevano seguito il pronunziato della sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998 erano autorizzati dall’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE.
47. In quanto alla giurisprudenza della Corte citata dai richiedenti, Gradinger c. Austria, 23 ottobre 1995, serie Ha no 328-C, Sergueï Zolotoukhine c. Russia ([GC], no 14939/03, CEDH 2009 -…), Maresti c. Croazia (no 55759/07, 25 giugno 2009,) e Ruotsalainen c. Finlandia, no 13079/03, 16 giugno 2009,), non era pertinente nello specifico, perché si riferiva ai casi dove un stesso fatto era punito dalle sanzioni penali ed amministrative e dove queste ultime avevano un carattere punitivo e potevano comprendere delle privazioni di libertà o, causa Ruotsalainen, erano di un importo superiore alla multa penale.
48. La procura si ricorse in cassazione, adducendo che il reato rimproverato ai richiedenti era “di pericolo”, reato di pericolo, e non “di danno”, reato di danno. Poteva essere costituita quindi anche nella mancanza di danno per gli azionisti.
49. Il 20 giugno 2012, la Corte di cassazione ne accolse partire il ricorso della procura ed annullò la sospensione dei società OMISSIS, così come di OMISSIS. Confermò in compenso il proscioglimento di OMISSIS, dal momento che questo non aveva preso parte alla condotta incriminata.
50. Con una sentenza del 28 febbraio 2013, la corte di appello di Torino condannò OMISSIS per il reato contemplato 185 § 1 ad articolo del decreto legislativo no 58 del 1998, stimando che era altamente probabile che, senza le false informazione incluse nel comunicato stampa emisero il 24 agosto 2005, il valore dell’azioni Fiat si sarebbe abbassato molto in modo più significativa. Prosciolse in compenso le società OMISSIS, stimando che non c’erano fatti delittuosi potendo essere imputatoloro.
51. La corte di appello esclude non idem ogni apparenza di violazione del principio del bigio in, confermando, per l’essenziale, il ragionamento seguito dal tribunale di Torino.
52. Secondo le informazione fornite dal Governo il 7 giugno 2013, Sigg. Gabetti e Grande Stevens si sono ricorsi in cassazione contro questa sentenza, ed il procedimento restava appendi a questa data. Nei loro ricorsi, questi due richiedenti hanno invocato non idem la violazione del principio bigio in e hanno chiesto di sollevare una questione incidentale di costituzionalità nei confronti l’articolo 649 del CPP.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI ED EUROPEI PERTINENTI
A. Il diritto interno
1. Il decreto legislativo no 58 del 24 febbraio 1998
53. Siccome indicato più alto, paragrafo 20 sopra, l’articolo 187 ter § 1 di questo decreto contempla delle multe amministrative per le persone responsabili di una manipolazione del mercato. Ai termini del paragrafo 5 di questa stessa disposizione, quando il loro livello ordinario appare inadeguato rispetto alla gravità della condotta in causa, queste multe possono essere aumentate fino a tre volte il loro importo massimo ordinario o fino a dieci volte il prodotto o il profitto ottenuto grazie al comportamento illecito. Il CONSOB deve indicare gli elementi e le circostanze che prende in considerazione per valutare i comportamenti costitutivi di una manipolazione del mercato al senso della direttiva 2003/6/CE, paragrafo 60 qui di seguito, e delle sue disposizioni di esecuzione.
54. L’articolo 187 quater precisano che l’infliction delle sanzioni amministrative pecuniarie suddette provoca la perdita temporanea della loro onorabilità per i rappresentanti delle società implicate. Se la società è quotata in borsa, i suoi rappresentanti sono colpiti di un’incapacità temporanea di amministrare, di dirigere o di controllare delle società quotate. Queste sanzioni accessorie hanno una durata che va di due mesi a tre anni. Avuto riguardo alla gravità della condotta in causa ed al grado della mancanza commessa, il CONSOB può vietare anche alle società quotate, alle società di gestione ed alle società di revisione di avvalersi della collaborazione dell’autore del reato, per una durata massimale di tre anni. Può chiedere anche agli ordini professionali la sospensione temporanea dell’interessato dell’esercizio della sua attività professionale.
55. Secondo l’articolo 187 quinquies, quando dei reati commessi nel suo interesse ed al suo vantaggio con gli amministratori, direttori o manager di una società commerciale è valso a questi una sanzione amministrativa, la società in questione è tenuta di pagare una somma di un importo identico alla sanzione inflitta auxdites persone. Se questi reati hanno generato un prodotto o un profitto importante, la sanzione applicata alla società è aumentata fino a totalizzare dieci volte questo prodotto o questo profitto. Tuttavia, la responsabilità della società è esclusa se prova che i suoi amministratori, direttori o manager hanno agito esclusivamente nel loro proprio interesse o per favorire dei terzo.
56. Secondo l’articolo 187 sexies, l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie in questione provoca sempre la confisca del prodotto o del profitto della condotta illecita e dei beni al mezzo dai quali è stata possibile. Ai termini dell’articolo 187 septies, la deliberazione che applica le sanzioni è pubblicata da brani nel bollettino del CONSOB che può ordinare, agli oneri dell’autore del reato, delle forme supplementari di pubblicità.
57. L’articolo 187 septies descrivono il procedimento di applicazione delle sanzioni col CONSOB. In particolare, la condotta rimproverata deve essere notificata agli interessati entro 180 giorni a partire dalla sua scoperta, gli interessati possono chiedere ad essere sentiti ed il procedimento deve ispirarsi ai principi di un esame contraddittorio, della cognizione degli atti di istruzione, dell’oralité così come della distinzione tra funzioni di istruzione e funzioni di decisione, distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.
58. Ai termini dell’articolo 3 del decreto legislativo no 58 del 1998, il CONSOB è autorizzato a fissare i termini ed i procedimenti per l’adozione degli atti che rilevano della sua competenza.
2. Il CPP
59. L’articolo 649 del CPP si legge così:
“1. Tutto prevenuto essendo stato prosciolto o condannato con un giudizio o un’ordinanza penale diventati definitivi non può essere sottoposto di nuovo ad un procedimento penale per lo stesso fatto, anche fermato differentemente in quanto alla sua qualifica giuridica, il suo grado o le sue circostanze.
2. Quando un nuovo procedimento penale è aperto in dispetto [di questa interdizione], il giudice, in ogni stato ed ad ogni stadio del processo, pronuncia un giudizio di proscioglimento o un non luogo a procedere, indicando la causa nel dispositivo. “
B. Il diritto e la pratica europei
60. L’articolo 14 della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sulle operazioni di iniziati e le manipolazioni di mercato, abuso di mercato-Gazzetta ufficiale no L 096 dei 12/04/2003 p. 0016–0025, disponi:
“1. Senza danno del loro diritto di imporre delle sanzioni penali, gli Stati membri badano a questo che, conformemente alla loro legislazione nazionale, delle misure amministrative adeguate possano essere prese o delle sanzioni amministrative applicate contro le persone responsabili di una violazione delle disposizioni arrestate in applicazione della presente direttiva. Gli Stati membri garantiscono che queste misure sono effettive, proporzionate e dissuasive.
2. La Commissione stabilisce, per informazione, conformemente al procedimento mirato all’articolo 17, paragrafo 2, un elenco delle misure e sanzioni amministrative mirate al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri determinano le sanzioni applicabili in caso di difetto di cooperazione nella cornice di un’inchiesta che rileva dell’articolo 12.
4. Gli Stati membri contemplano che l’autorità competente riguardata può rendere pubblica le misure o sanzioni che saranno applicate per mancata osservanza delle disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva, eccettuato nei casi dove la loro pubblicazione perturberebbe gravemente i mercati finanziari o causerebbe un danno sproporzionato alle parti in causa. “
61. Nel causa Spector Foto Group NV e Chris Van Raemdonck c / Commissie voor het Bank -, Financie – in Assurantiewezen (CBFA) (causa C-45/08, del 23 dicembre 2009, la Corte di giustizia dell’unione europea (CJUE) si è espressa come segue:
“40. Conviene, a questo riguardo, di ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi ed Al Barakaat Internazionale Foundation/Conseil e Commissione, C-402/05 P e C-415/05 P, Rec. p. I-6351, punto 283.
41. Risulta anche della giurisprudenza della Corte che il rispetto dei diritti dell’uomo costituisce una condizione della legalità degli atti comunitari e che non saprebbero essere ammesse nella Comunità delle misure incompatibili col rispetto di questi, sentenza Kadi ed Al Barakaat Internazionale Foundation/Conseil e Commissione, precitata, punto 284.
42. Certo, l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 non impone agli Stati membri di contemplare delle sanzioni penali contro gli autori di operazioni di iniziati ma limitati ad enunciare che questi Stati siano tenuti di badare a ciò che le misure amministrative adeguate possano essere prese o delle sanzioni amministrative applicate contro le persone responsabili di una violazione delle disposizioni arrestate in applicazione di [questo] direttiva”, gli Stati membri che sono, inoltre, tenuti di garantire che queste misure sono “effettive, proporzionate e dissuasive.” Tuttavia, avuto riguardo alla natura dei reati in causa così come au grado di severità delle sanzioni che sono suscettibili di provocare, delle tali sanzioni possono essere, alle fini dell’applicazione del CEDH, qualificate di sanzioni penali (vedere, con analogia, sentenza del 8 luglio 1999, Hüls/Commission, C-199/92 P, Rec. p. I-4287, punto 150, così come Corte eur. D. H., sentenze Engel ed altri c. Paesi Bassi del 8 giugno 1976, serie Ha no 22, § 82, Öztürk c. Germania del 21 febbraio 1984, serie Ha no 73, § 53, e Lutz c. Germania del 25 agosto 1987, serie Ha no 123, § 54.
43. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ogni sistema morale conosce delle presunzioni di fatto o di diritto ed il CEDH non mette evidentemente ostacolo in principio, ma, in materia penale, obbliga gli Stati contraenti a non superare a questo riguardo una certa soglia. Così, il principio della presunzione di innocenza, consacrata all’articolo 6, paragrafo 2, del CEDH, non si disinteressa delle presunzioni di fatto o di diritto che si incontrano nelle leggi repressive. Comanda agli Stati di stringerli nei limiti ragionevoli che prendono in conto la gravità della posta e preservando i diritti della difesa (vedere Corte eur). D. H., sentenze Salabiaku c. Francia del 7 ottobre 1988, serie Ha no 141-ha, § 28, e Pham Hoang c. Francia del 25 settembre 1992, serie Ha no 243, § 33.
44. Conviene considerare che il principio della presunzione di innocenza non oppone alla presunzione contemplata all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 con la quale l’intenzione dell’autore di un’operazione di iniziato si deduce implicitamente degli elementi patrimoniali costitutivi di questa violazione, dal momento che questa presunzione è réfragable e che i diritti della difesa sono garantiti.
45. L’instaurazione di un regime efficace ed uniforme di prevenzione e di sanzione delle operazioni di iniziati nello scopo legittimo di proteggere l’integrità dei mercati finanziari ha potuto condurre così il legislatore comunitario a considerare una definizione obiettiva degli elementi costitutivi di un’operazione di iniziato interdetta. Il fatto che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/6 non contempla espressamente di elemento morale non notifica per quanto rischia di interpretare questa disposizione in modo tale che tutto iniziato primario in possesso di un’informazione privilegiata che effettua automaticamente un’operazione di mercato tomba sotto l’influenza del divieto delle operazioni di iniziati. “
62. Per un più ampio panorama del diritto dell’unione europea nella tenuta borsista, vedere anche Soros c. Francia, no 50425/06, §§ 38-41, 6 ottobre 2011.
IN DIRITTO
I. LE ECCEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO
A. L’eccezione del Governo derivato della natura abusiva della richiesta
1. L’eccezione del Governo
63. Il Governo eccepisce da prima della natura secondo lui abusiva della richiesta , osservando che certe informazioni riportate dai ricorrenti non sono vere o almeno necessitano di chiarimenti. La richiesta sarebbe stata presentata in modo da indurre la Corte in errore. Il Governo si riferisce, in particolare, al seguente circostanze:
ha, i richiedenti affermano che non c’è stata udienza pubblica dinnanzi alla corte di appello di Torino; ora, in applicazione dell’articolo 23 della legge no 689 del 1981, tutte le udienze tenute dinnanzi a questa giurisdizione erano aperte al pubblico; la loro affermazione sarebbe falsa dunque.
b, l’ufficio IT del CONSOB ha annesso tutti i documenti al suo rapporto dell’inchiesta, e dunque anche le difese presentate dai richiedenti;
c, la lettera del CONSOB che contesta la violazione dell’articolo 187 ter § 1 del decreto legislativo no 58 del 1998 non era firmato dal presidente del CONSOB, ma col capo della divisione dei mercati e dei pareri economici e col direttore generale delle attività istituzionali del CONSOB; peraltro, il presidente del CONSOB non ha giocato nessuno ruolo nella fase che ha preceduto la decisione sull’applicazione delle sanzioni;
d, un termine di trenta giorni è stato concesso ai richiedenti per presentare delle eventuali osservazioni alla nota complementare dell’ufficio IT del 19 ottobre 2006, ed i richiedenti hanno presentato queste osservazioni il 24 novembre 2006 senza lamentarsi del tempo limitato di cui avrebbero disposto;
e, i richiedenti non hanno chiesto mai la convocazione e l’ascolto di testimoni;
f, dinnanzi al CONSOB, la Sig. Grande Stevens è stato accusato di avere partecipato alla decisione che ha condotto alla redazione dei comunicati stampa; la menzione della sua qualità di direttore di Exor serviva unicamente ad indicare che faceva parte dell’alto management della società e che quindi il suo comportamento poteva essere imputato a questa; la corte di appello di Torino non avrebbe trasformato l’accusa al suo carico dunque;
g, i richiedenti non sono stati puniti per un’omissione.
64. Del parere del Governo, con queste imprecisioni i richiedenti hanno tentato di dare l’impressione erronea che la decisione del CONSOB era stata adottata nel segreto e senza rispettare i procedimenti legali ed i diritti della difesa.
2. La replica dei richiedenti
65. I richiedenti contestano le tesi del Governo. Osservano che gli elementi di fatto su che rimettono i motivi di appello derivati dell’articolo 6 della Convenzione si riferiscono alle circostanze precise avendo leso lo svolgimento del procedimento controverso, ciò che ha fatto riferimento in fondo alla causa.
3. Valutazione della Corte
66. La Corte osserva che ai termini dell’articolo 47 § 6 del suo ordinamento, i richiedenti devono informarlo di ogni fatto pertinente per l’esame della loro richiesta. Ricorda che una richiesta può essere respinta come essendo abusiva se è stata fondata volontariamente su dei fatti inventati, Řehŕk c. Repubblica ceca, déc.), no 67208/01, 18 maggio 2004, e Keretchashvili c. Georgia, déc.), no 5667/02, 2 maggio 2006, o se il richiedente è passato sotto silenzio delle informazione essenziali concernente i fatti della causa per indurre la Corte in errore (vedere, entra altri, Hüttner c. Germania, déc.), no 23130/04, 19 giugno 2006, e Basileo ed altri c. Italia, déc.), no 11303/02, 23 agosto 2011.
67. La Corte ha affermato già, inoltre, che “ogni comportamento del richiedente manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso ed ostacolando il buono funzionamento della Corte o il buono svolgimento del procedimento dinnanzi a lei, può [in principio] essere qualificato di abusivo”, Miroļubovs ed altri c. Lettonia, no 798/05, § 65, 15 settembre 2009, la nozione di abuso, ai termini dell’articolo 35 § 3 hanno, della Convenzione, dinnanzi ad essere compresa nel suo senso ordinario trattenuto con la teoria generale del diritto-a sapere lo fa, col titolare di un diritto, di metterlo in œuvre all’infuori della sua finalità di un modo pregiudizievole, Miroļubovs ed altri, precitata, § 62; Petrović c. Serbia, déc.), i nostri 56551/11 e dieci altri, 18 ottobre 2011.
68. Nello specifico, il Governo rimprovera ai richiedenti di avere omesso di precisare certi fatti pertinenti in modo bacino di ingrassamento per ostriche per l’esame della loro causa, enumerata 63 b al paragrafo,-g, sopra) e di avere affermato falsamente che non c’era stata udienza pubblica dinnanzi alla corte di appello di Torino, paragrafo 63 ha, sopra).
69. La Corte osserva innanzitutto che questa ultima circostanza è un punto di fatto controverso tra le parti e che i richiedenti hanno prodotto dei documenti per supportare la loro affermazione secondo la quale l’udienza in questione ha avuto luogo in camera del consiglio, paragrafo 142 qui di seguito. In quanto agli altri fatti enumerati dal Governo, la Corte stima che si tratta, per l’essenziale, di elementi che possono essere utilizzati nel dibattito sulla fondatezza dei motivi di appello dei richiedenti, che il Governo avrà la libertà di sviluppare nelle sue osservazioni. In queste circostanze, la Corte saprebbe concludere solamente l’omissione, coi richiedenti, di menzionare esplicitamente questi elementi è di natura tale da rendere abusiva la richiesta o che questa si basava volontariamente su dei fatti inventati.
70. Segue che l’eccezione del Governo derivato del carattere secondo lui abusivo della richiesta deve essere respinta.
B. L’eccezione del Governo derivata dalla mancanza di danno importante
1. L’eccezione del Governo
71. Il Governo eccepisce anche dell’inammissibilità della richiesta al motivo che i richiedenti non avrebbero subito un danno importante al senso dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione. I motivi di appello dei richiedenti non riguarderebbero un attentato effettivo agli interessi protetti dalla Convenzione, ma semplicemente delle questioni teoriche senza rapporto col danno concretamente subito. Questo sarebbe stato notato a buon diritto dalla Corte di cassazione, ed i richiedenti avrebbero avuto la possibilità di presentare tutte le difese che stimavano necessari.
2. La replica dei richiedenti
72. I richiedenti contestano la tesi del Governo. Osservano che al termine del procedimento controverso, sono stati condannati a pagare di molto importanti è di denaro e hanno subito delle sanzioni toccare al loro onore ed alla loro reputazione. In quanto al carattere presumibilmente troppo generale dei loro motivi di appello, ribattono che la Corte di cassazione, nelle sue sentenze molto elaborate, ha portato delle risposte circostanziate ai motivi di appello precisi.
3. Valutazione della Corte
73. Secondo la giurisprudenza della Corte, il principale elemento del criterio di ammissibilità contemplata 35 § all’articolo 3 b, della Convenzione è la questione di sapere se il richiedente non ha subito nessuno “danno importante”, Adrian Mihai Ionescu c. Romania, déc.), no 36659/04, § 32, 1 giugno 2010. La nozione di “danno importante”, conclusione del principio di minimis no pulisse praetor, rinvia all’idea che la violazione di un diritto deve raggiungere una soglia minima di gravità per giustificare un esame con una giurisdizione internazionale. La valutazione di questa soglia è, con natura, relativa e dipende delle circostanze dello specifico, Korolev c. Russia, déc.), no 25551/05, 1 luglio 2010. Questa valutazione deve tenere conto tanto la percezione soggettiva del richiedente che la posta obiettiva della controversia. Rinvia così ai criteri come l’impatto monetario della questione controversa o la posta della causa per il richiedente, Adrian Mihai Ionescu, precitata, § 34.
74. La Corte osserva al primo colpo che la causa ha avuto una posta finanziaria significativa. I richiedenti sono stati condannati dal CONSOB e la corte di appello di Torino a pagare delle multe che vanno di 500 000 a 3 000 000 EUR, paragrafi 25 e 30 sopra, ed OMISSIS rischiano di incorrere, dinnanzi alle giurisdizioni penali, una pena privativa di libertà ed una multa andando di 20 000 a 5 000 000 EUR, paragrafo 33 sopra. Di più, l’importanza soggettiva della questione sembra evidente per OMISSIS (vedere, ha contrario, Shefer c. Russia, déc.), no 45175/04, 13 marzo 2012. Questi ultimi sono stati colpiti di un’interdizione di amministrare difatti, di dirigere o di controllare delle società quotate in borsa per le durate, rispettivamente, di sei, quattro e due mesi, paragrafi 26 e 31 sopra, ciò che potrebbe essere visto come recando offesa alla loro onorabilità professionale (vedere, mutatis mutandis, Eone c. Francia, no 26118/10, § 34, 14 marzo 2013.
75. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte stima che la prima condizione dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione, a sapere la mancanza di danno importante per i richiedenti, non è assolta e che c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
76. A titolo che sovrabbonda, la Corte precisa che il perseguimento dell’esame della causa si imporsi anche al nome del rispetto dei diritti dell’uomo (vedere, mutatis mutandis, Nicoleta Gheorghe c. Romania, no 23470/05, § 24, 3 aprile 2012, ed Eone, precitata, § 35. A questo riguardo, rileva che la richiesta solleva in particolare la questione della natura e dell’equità del procedimento dinnanzi al CONSOB e della possibilità di cominciare un processo penale per i fatti già sanzionati da questa ultima. Si tratta della prima causa di questo tipo che la Corte è chiamata ad esaminare in ciò che riguarda l’Italia ed una decisione della Corte su questa questione di principio guiderebbe le giurisdizioni nazionali.
C. L’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni
1. L’eccezione del Governo
77. Il Governo eccepisce della no-esaurimento delle vie di ricorso interni. Osserva che nel loro ricorso in cassazione contro le sentenze della corte di appello di Torino del 23 gennaio 2008, OMISSIS ed OMISSIS non hanno invocato non idem la violazione del principio bigio in. Di più, nessuna decisione definitiva è stata adottata in quanto all’inflizione delle sanzioni penali previste dall’articolo 185 del decreto legislativo no 58 di 1998, il procedimento che è ancora pendente in cassazione. Dinnanzi all’alta giurisdizione italiana, OMISSIS hanno invocato non idem il principio bigio in e hanno chiesto di sollevare una questione incidentale di costituzionalità nei confronti l’articolo 649 del CPP. Quando una tale questione è sollevata, la pratica è trasmessa alla Corte costituzionale che può dichiarare le disposizioni in questione incostituzionali e perciò annullarli.
78. Di più, i richiedenti non hanno chiesto alla corte di appello di Torino la tenuta di un’udienza pubblica e non hanno fatto valere dinnanzi alla Corte di cassazione la pretesa mancanza di una tale udienza. Non hanno sollevato neanche al livello interno il loro motivo di appello concernente la mancanza addotta di imparzialità del presidente del CONSOB. Le lamentele relative all’iniquità del procedimento dinnanzi al CONSOB sono state sollevate per la prima volta in cassazione, e dunque tardivamente.
2. La replica dei richiedenti
79. Nella misura in cui il Governo adduce che i loro motivi di appello non sarebbero stati presentati alla Corte di cassazione rispettando le condizioni previste dalla legge, i richiedenti osservano innanzitutto che l’alta giurisdizione italiana ha esaminato i loro motivi di appello sul fondo e non li ha dichiarati inammissibili. I motivi di appello portati a Strasburgo sono, per l’essenziale, quelli che era contenuto nei loro terzo e quarto mezzi di ricorso, dove era invocato l’articolo 111 della Costituzione (diritto ad un processo equo) e dove era indicato che il procedimento dinnanzi al CONSOB non era contraddittorio e che li accusati non erano stati personalmente sentiti.
80. In quanto al fatto che il procedimento penale interna è ancora pendente, i richiedenti ricordano che l’articolo 4 del Protocollo no 7 non vietato solamente la “doppia condanna”, ma anche il “doppio perseguimento.” Ora, i richiedenti hanno sollevato dinnanzi alle giurisdizioni interni la questione del doppio perseguimento alla luce della giurisprudenza di Strasburgo. Infine, nel sistema morale italiano, il giudicabile non gode di un accesso diretto alla Corte costituzionale per invitarlo a verificare la costituzionalità di una legge: unica ha la facoltà del sequestro la giurisdizione dinnanzi a cui è la causa è pendente al fondo.
3. Valutazione della Corte
81. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, non può essere investita che dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interni. La finalità di questa regola è di predisporre agli Stati contraenti l’occasione di prevenire o di risanare le violazioni addotte contro essi prima che la Corte ne non sia investito (vedere, tra altri, Mifsud c. Francia, déc.) [GC], no 57220/00, § 15, CEDH 2002-VIII, e Simons c. Belgio, déc.), no 71407/10, § 23, 28 agosto 2012.
82. I principi generali relativi alla regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interni si trovano esposizioni nel sentenza Sejdovic c. Italia ([GC], no 56581/00, §§ 43-46, CEDH 2006-II. La Corte ricorda che l’articolo 35 § 1 della Convenzione prescrivono solamente al tempo stesso l’esaurimento dei ricorsi relativi alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Un ricorso è effettivo quando è tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, questo essere-a-argomento quando è accessibile, suscettibile di offrire al richiedente la correzione dei suoi motivi di appello e presente delle prospettive ragionevoli di successo. A questo riguardo, il semplice fatto di nutrire dei dubbi in quanto alle prospettive di successo di un ricorso dato che non è destinato al fallimento evidentemente non costituisco una ragione valida per giustificare la no-utilizzazione di ricorso interni, Brusco c. Italia, déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX; Sardinas Albo c. Italia, déc.), no 56271/00, CEDH 2004-I; ed Alberto Eugénio da Conceicao c. Portogallo, déc.), no 74044/11, 29 maggio 2012.
83. Nello specifico, nella loro opposizione dinnanzi alla corte di appello di Torino, i richiedenti hanno eccepito del mancata osservanza, col CONSOB, del principio del contraddittorio, paragrafo 28 sopra. Hanno reiterato le loro affermazioni in questo senso dinnanzi alla Corte di cassazione, invocando sopra i principi del processo equo, garantito dall’articolo 111 della Costituzione, paragrafo 37. Hanno esaurito dunque, a questo riguardo, le vie di ricorso che era loro aperte in dritto italiano. In quanto alle questioni relative ai poteri del presidente del CONSOB ed alla tenuta di un’udienza a porte chiuse dinnanzi alla corte di appello di Torino, si trattava, secondo i richiedenti, dell’applicazione di regole contenute nelle disposizioni legislative interni. Peraltro, ogni eccezione dei richiedenti a questi riguardi sarebbe stata privata di prospettive ragionevoli di successo, conto tenuto in particolare per il fatto che la Corte di cassazione ha stimato che le disposizioni costituzionali in materia di processo equo e di diritto alla difesa non erano applicabili al procedimento per l’infliction di sanzioni amministrative, paragrafo 38 sopra.
84. La Corte rileva anche che dopo la conferma, dalla Corte di cassazione, della condanna inflitta dal CONSOB, i richiedenti hanno invocato, nel procedimento penale, il principio non bigio in idem e hanno eccepito, senza successo, dell’incostituzionalità delle disposizioni pertinenti del decreto legislativo no 58 di 1998 e dell’articolo 649 del CPP, a ragione della loro incompatibilità con l’articolo 4 del Protocollo no 7, paragrafo 42 sopra.
85. Per ciò che è, infine, della circostanza che il procedimento penale era, alla data delle ultime informazione ricevute dalla Corte, 7 giugno 2013-paragrafo 52 sopra, ancora pendente in cassazione al riguardo di OMISSIS, basta osservare che i richiedenti si lamentino di essere “stato perseguito penalmente” per una violazione per la quale erano stati condannati già da un giudizio definitivo. In queste circostanze, non si saprebbe considerare il loro motivo di appello tirato dell’articolo 4 del Protocollo no 7 come essendo prematuro.
86. Segue che l’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni non saprebbe essere considerata.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
87. I richiedenti adducono che il procedimento dinnanzi al CONSOB non è stato equo e denunciano una mancanza di imparzialità ed indipendenza di questo organo.
Invocano l’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita [e] pubblicamente, da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà, o delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile, o della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. Il giudizio deve essere reso pubblicamente, ma l’accesso della sala di udienza può essere vietato alla stampa ed al pubblico durante la totalità o una parte del processo nell’interesse della moralità, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando gli interessi dei minore o la protezione della vita privata delle parti al processo l’esigono, o nella misura giudicata rigorosamente necessario col tribunale, quando nelle circostanze speciali la pubblicità sarebbe di natura tale da recare offesa agli interessi della giustizia.
2. Ogni persona accusata di una violazione è presunta innocente finché la sua colpevolezza sia stata stabilita legalmente.
3. ogni imputato ha in particolare diritto a:
a), essere informato, nel più corto termine, in una lingua che comprende e di un modo dettagliato, della natura e della causa dell’accusa portata contro lui,;
b) disporre del tempo e delle facilità necessarie alla preparazione della sua difesa,;
c) difendersi sé o avere l’assistenza di un difensore della sua scelta e, se non ha i mezzi di rimunerare un difensore, potere essere assistito gratuitamente da un difensore d’ufficio, quando gli interessi della giustizia l’esigono;
d) interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’interrogazione dei testimoni a scarica nelle stesse condizioni che i testimoni a carico;
(…). “
88. Il Governo contesta la tesi dei richiedenti.
A. Sull’ammissibilità
1. Sulla questione di sapere se l’articolo 6 della Convenzione si applica nel suo risvolto penale
ha, Argomenti delle parti
i. Il Governo
89. Il Governo afferma che il procedimento dinnanzi al CONSOB non cadeva su una “accusa in materia penale” contro i richiedenti. Osserva che il reato previsto dall’articolo 187 ter del decreto legislativo no 58 del 1998 è archiviato chiaramente tanto come “amministrativo” in dritto interno che in diritto europeo; può essere inflitta da un organo amministrativo alla conclusione di un procedimento amministrativo.
90. In quanto alla natura del reato, questa prevede ogni comportamento, anche di semplice negligenza, suscettibile di dare dei segnali o delle informazione erronee agli investitori, senza che sia necessario che un’alterazione significativa dei mercati finanziari si trovi suscettibile di essere generata. Protegge gli investitori contro ogni rischio potenziale potendo influenzare le loro scelte e dunque degli interessi altri che quelli normalmente protetti col diritto penale. Le sanzioni che possono essere inflitte toccano infine, solamente il patrimonio della persona riguardata et/ou la sua capacità di esercitare dei funzioni managériales, e non possono condurre in nessun caso ad una privazione di libertà, anche in caso di mancato pagamento. Non sono iscritte al casellario giudiziario e colpiscono normalmente gli operatori professionali del sistema finanziario, e non la totalità dei cittadini.
91. Peraltro, l’importo delle multe sarebbe proporzionato alle risorse ed al potere finanziario del colpevole; nello specifico, si trattava di un’operazione finanziaria che mira ad ottenere il controllo di uno dei più grandi produttori di automobili del mondo e che era costato più di 500 000 000 EUR. Inoltre, le multe, l’eventuale confisca dei beni utilizzati per commettere il reato e l’interdizione di esercitare dei funzioni manageriali prevede per l’essenziale a ristabilire la fiducia dei mercati e degli investitori, toccando gli elementi che hanno permesso di commettere il reato amministrativo (vedere, anche, su questo punto, gli scopi perseguiti dalla direttiva 2003/6/CE. Hanno per scopo di riparare e di compensare un danno di natura finanziaria e di evitare che il colpevole possa trarre un profitto dalle sue attività illegali. Peraltro, nel causa Spector Foto Group, precitata, paragrafo 61 sopra, il CJUE ha ammesso la coesistenza, in questo settore, di sanzioni amministrative e penali.
ii. I richiedenti
92. I richiedenti considerano che bene che qualificati d ‘ “amministrativi” in dritto interni, le sanzioni inflitte dal CONSOB devono essere considerate come “penali”, al senso autonomo che questa nozione riveste nella giurisprudenza della Corte. La sentenza del CJUE nel causa Spector Foto Group, citata col Governo, non affermare il contrario, ma limitati a dire che così un Stato membro ha contemplato la possibilità di infliggere una sanzione pecuniaria di natura penale, il livello di questa sanzione non deve essere preso in conto per valutare il carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo della sanzione amministrativa. Peraltro, nella sua sentenza del 26 febbraio 2013 reso nel causa C-617/10, Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, il CJUE ha affermato i seguenti principi: ha, l’applicabilità del diritto dell’unione implica quella dei diritti fondamentali garantiti con la Carta; b, l’articolo 50 di questa (garantendo non idem bigio nel principio) supponga che le misure adottate contro un imputato rivestano un carattere penale; c, per valutare la natura penale delle sanzioni fiscali, bisogna avere riguardo alla qualifica della sanzione in dritta interno, alla natura del reato ed al grado di severità della sanzione che rischio di subire l’interessato.
93. Nel presente genere, la gravità delle sanzioni era evidente, il massimo previsto che ammonta a 5 000 000 EUR. Delle pene accessorie si aggiungono a questa sanzione principale, come la perdita temporanea, potendo andare fino a tre anni, della capacità di occupare delle stazioni di amministrazione, di direzione o di controllo di società quotate in borsa, la sospensione temporanea, fino a tre anni, degli ordini professionali, e la confisca del prodotto del reato e dei beni utilizzato per commetterla. Riferendosi in materia alla giurisprudenza della Corte (vedere, in particolare, Dubus S.p.A. c. Francia, no 5242/04, 11 giugno 2009; Messier c. Francia, no 25041/07, 30 giugno 2001; e Menarini Diagnosi S.r.l. c. Italia, no 43509/08, 27 settembre 2011, i richiedenti ne concludono che l’articolo 6 trova ad applicarsi nello specifico sotto il suo risvolto penale.
b, Valutazione della Corte
94. La Corte ricorda la sua giurisprudenza consolidata secondo la quale occorre, per determinare l’esistenza di una “accusa in materia penale”, avere riguardo a tre criteri,: la qualifica giuridica della misura controversa in diritto nazionale, la natura stessa di questa, e la natura ed il grado di severità della “sanzione”, Engel ed altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, § 82, serie Ha no 22. Questi criteri sono peraltro alternativi e non cumulativi: affinché l’articolo 6 § 1 si applicano a titolo della parole “accusa in materia penale”, basta che il reato in causa sia, con natura, “penale” allo sguardo della Convenzione, o abbia esposto l’interessato ad una sanzione che, con la sua natura ed il suo grado di gravità, risultò in generale alla “materia penale.” Ciò non impedisce l’adozione di un approccio cumulativo se l’analisi si separata da ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione chiara in quanto all’esistenza di una “accusa in materia penale”, Jussila c. Finlandia [GC], no 73053/01, §§ 30 e 31, CEDH 2006-XIII, e Zaicevs c. Lettonia, no 65022/01, § 31, CEDH 2007-IX (brani)).
95. Nello specifico, la Corte constata di prima che le manipolazioni del mercato rimproverato ai richiedenti non costituiscono una violazione penale in dritta italiano. Questi comportamenti sono sanzionati difatti da una sanzione qualificata d ‘ “amministrativo” con l’articolo 187 ter § 1 del decreto legislativo no 58 del 1998, paragrafo 20 sopra. Ciò non è tuttavia decisivo alle fini dell’applicabilità dell’articolo 6 della Convenzione nel suo risvolto penale, le indicazioni che forniscono il diritto interno che ha solamente un valore relativo, Öztürk c. Germania, 21 febbraio 1984, § 52, serie Ha nº 73, e Menarini Diagnosi S.r.l., precitata, § 39.
96. In quanto alla natura del reato, appare che le disposizioni di cui la violazione è stata rimproverata ai richiedenti miravano a garantire l’integrità dei mercati finanziari ed a mantenere la fiducia del pubblico nella sicurezza delle transazioni. La Corte ricorda che il CONSOB, autorità amministrativa indipendente, ha come scopo di garantire la protezione degli investitori e l’efficacia, la trasparenza e lo sviluppo dei mercati borsistici, paragrafo 9 sopra. Si tratta normalmente là di interessi generali della società protetti col diritto penale (vedere, mutatis mutandis, Menarini Diagnosi S.r.l., precitata, § 40; vedere anche Società Stenuit c. Francia, rapporto della Commissione europea dei diritti dell’uomo del 30 maggio 1991, § 62, serie Ha no 232-ha. Inoltre, la Corte è di parere che le multe inflitte prevedevano per l’essenziale a punire per impedire la recidiva. Erano fondate su delle norme inseguendo al tempo stesso un scopo preventivo, a sapere di dissuadere gli interessati di ricominciare, dunque e repressivo, poiché sanzionavano un’irregolarità (vedere, mutatis mutandis, Jussila, precitata, § 38. Non prevedevano dunque unicamente, siccome lo pretende il Governo, paragrafo 91 sopra, a riparare un danno di natura finanziaria. A questo riguardo, conviene notare che le sanzioni erano inflitte dal CONSOB in funzione della gravità della condotta rimproverata e non del danno indotto agli investitori.
97. In quanto alla natura ed alla severità della sanzione “suscettibile di essere inflitta” ai richiedenti, Ezeh e Connors c. Regno Unito [GC], i nostri 39665/98 e 40086/98, § 120, CEDH 2003-X, la Corte constata col Governo, paragrafo 90 sopra, che le multe in questione non potevano essere sostituite da una pena privativa di libertà in caso di mancato pagamento (vedere, ha contrario, Anghel c. Romania, nº 28183/03, § 52, 4 ottobre 2007. Però, la multa che può essere inflitta dal CONSOB poteva andare fino a 5 000 000 EUR, paragrafo 20 sopra, questo massimale ordinario che può in certe circostanze essere triplicato portato o a dieci volte il prodotto o il profitto ottenuto grazie al comportamento illecito, paragrafo 53 sopra. L’infliction delle sanzioni amministrative pecuniarie suddette provoca la perdita temporanea della loro onorabilità per i rappresentanti delle società implicate, e se queste ultime sono quotate in borsa, i loro rappresentanti sono colpiti di un’incapacità temporanea di amministrare, di dirigere o di controllare delle società quotate per una durata che va di due mesi a tre anni. Il CONSOB può vietare anche alle società quotate, alle società di gestione ed alle società di revisione di avvalersi della collaborazione dell’autore del reato, per una durata massimale di tre anni, e chiedere agli ordini professionali la sospensione temporanea dell’interessato dell’esercizio della sua attività professionale, paragrafo 54 sopra. Infine, l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provoca la confisca del prodot

Testo Tradotto

Conclusions: Non-violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6-3-c – Se défendre soi-même Se défendre avec l’assistance d’un défenseur) Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure pénale Article 6-1 – Procès public) Non-violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6-3-a – Information sur la nature et la cause de l’accusation) Non-violation de l’article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété (article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Privation de propriété) Violation de l’article 4 du Protocole n° 7 – Droit de ne pas être jugé ou puni deux fois-{général} (article 4 du Protocole n° 7 – Droit à ne pas être jugé ou puni deux fois) Etat défendeur tenu de prendre des mesures individuelles (Article 46-2 – Mesures individuelles) Dommage matériel – demande rejetée Préjudice moral – réparation

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE GRANDE STEVENS ET AUTRES c. ITALIE

(Requêtes nos 18640/10, 18647/10, 18663/10,
18668/10 et 18698/10)

ARRÊT

STRASBOURG

4 mars 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Grande Stevens et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 28 janvier 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouvent cinq requêtes (nos 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 et 18698/10) dirigées contre la République italienne et dont trois ressortissants et deux sociétés de cet État, OMISSIS, (« les requérants »), ont saisi la Cour le 27 mars 2010 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants ont été représentés par OMISSIS, avocats respectivement à Milan et à Rome. M. Grande Stevens a également été représenté par Me N. Irti, avocat à Milan. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agente, Mme E. Spatafora, et par sa co-agente, Mme P. Accardo.
3. Les requérants allèguent en particulier que les procédures judiciaires dont ils ont fait l’objet n’ont pas été équitables et n’ont pas eu lieu devant un « tribunal » indépendant et impartial, qu’ils ont subi une atteinte à leur droit au respect de leurs biens et qu’ils ont été victimes d’une violation du principe ne bis in idem.
4. Le 15 janvier 2013, les requêtes ont été déclarées partiellement irrecevables et les griefs tirés de l’article 6 de la Convention, ainsi que des articles 1 du Protocole no 1 et 4 du Protocole no 7 ont été communiqués au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La liste des parties requérantes figure en annexe.
A. Le contexte de l’affaire
6. À l’époque des faits, OMISSIS était le président des deux sociétés requérantes et OMISSIS était le fondé de pouvoir (procuratore) de la société OMISSIS.
7. Le 26 juillet 2002, la société anonyme FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino) signa un contrat de financement (prestito convertendo) avec huit banques. Ce contrat expirait le 20 septembre 2005 et prévoyait qu’en cas de non-remboursement du prêt de la part de FIAT, les banques auraient pu compenser leur créance en souscrivant à une augmentation du capital de la société. Ainsi, les banques auraient acquis 28 % du capital social de FIAT, alors que la participation de la société anonyme IFIL Investments (devenue par la suite, le 20 février 2009, Exor s.p.a., dénomination sous laquelle elle sera désignée ci-après) serait passée de 30,06 % à 22 % environ.
8. OMISSIS souhaita obtenir un conseil juridique pour rechercher une façon de permettre à Exor de rester l’actionnaire ayant le contrôle de FIAT, et s’adressa dans cette perspective à un avocat spécialisé en droit des sociétés, Me Grande Stevens. Ce dernier considéra qu’une possibilité à cette fin était de renégocier un contrat d’equity swap (c’est-à-dire, un contrat permettant d’échanger la performance d’une action contre un taux d’intérêt, sans avoir à avancer d’argent) en date du 26 avril 2005 portant sur environ 90 millions d’actions FIAT qu’Exor avait conclu avec une banque d’affaires anglaise, Merrill Lynch International Ltd, et dont l’échéance était fixée au 26 décembre 2006. De l’avis de Me Grande Stevens, c’était là l’une des voies pour éviter le lancement d’une offre publique d’achat (« OPA ») sur les actions FIAT.
9. Sans mentionner Merrill Lynch International Ltd par crainte de violer ses devoirs de confidentialité, le 12 août 2005 OMISSIS demanda à la Commission nationale des sociétés et de la bourse (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa – la « CONSOB », qui dans le système juridique italien, a pour but, entre autres, d’assurer la protection des investisseurs et l’efficacité, la transparence et le développement des marchés boursiers) si, dans l’hypothèse qu’il envisageait, une OPA pourrait être évitée. En même temps, Me Grande Stevens commença à s’informer auprès de Merrill Lynch International Ltd quant à la possibilité de modifier le contrat d’equity swap.
10. Le 23 août 2005, la CONSOB demanda aux sociétés Exor et Giovanni Agnelli de diffuser un communiqué de presse faisant état de toute initiative prise en vue de l’échéance du contrat de financement avec les banques, de tout fait nouveau concernant la société FIAT et de tout fait utile pour expliquer les fluctuations des actions FIAT sur le marché.
11. OMISSIS expose que ce jour-là, il était en congé. Il avait informé Me Grande Stevens de la demande de la CONSOB, et lui en avait fait parvenir une copie. OMISSIS soutient qu’il n’a pas participé à la rédaction des communiqués de presse décrits aux paragraphes 13 et 14 ci après.
12. OMISSIS expose que le 23 août 2005, il était hospitalisé aux États-Unis. Il avait reçu un projet de communiqué de presse et avait contacté par téléphone OMISSIS, qui lui avait confirmé qu’au vu des nombreuses données restant incertaines, l’hypothèse d’une renégociation du contrat d’equity swap ne pouvait pas être considérée comme une option concrète et actuelle. Dans ces circonstances, OMISSIS approuva le projet de communiqué.
13. Le communiqué de presse émis en réponse, approuvé par Me Grande Stevens, se bornait à indiquer qu’Exor n’avait « ni entamé ni étudié d’initiatives concernant l’échéance du contrat de financement » et qu’elle souhaitait « rester l’actionnaire de référence de FIAT ». Aucune mention ne fut faite de l’éventuelle renégociation du contrat d’equity swap avec OMISSIS, considérée par les requérants comme une simple hypothèse future faute d’un fondement factuel et juridique clair.
14. La société OMISSIS confirma le communiqué de presse d’ OMISSIS.
15. Du 30 août au 15 septembre 2005, Me Grande Stevens poursuivit ses pourparlers avec Merrill Lynch International Ltd pour vérifier la possibilité de modifier le contrat d’equity swap.
16. Le 14 septembre 2005, au cours d’une réunion de la famille Agnelli, il fut décidé que le projet étudié par OMISSIS devait être soumis à l’approbation du conseil d’administration d’Exor. Le même jour, la CONSOB reçut une copie du contrat d’equity swap et fut informée des pourparlers en cours afin de l’utiliser pour permettre à OMISSIS d’acquérir des actions FIAT.
17. Le 15 septembre 2005, en exécution de délibérations de leurs conseils d’administration respectifs, OMISSIS conclurent l’accord modifiant le contrat d’equity swap.
18. Le 17 septembre 2005, répondant à la question qui lui avait été posée par Me Grande Stevens le 12 août 2005 (paragraphe 9 ci-dessus), la CONSOB indiqua que dans l’hypothèse envisagée, il n’y avait pas d’obligation de lancer une OPA.
19. Le 20 septembre 2005, FIAT augmenta son capital ; les nouvelles actions émises furent acquises par les huit banques en compensation de leurs créances. Le même jour, l’accord modifiant le contrat d’equity swap prit effet. Par conséquent, OMISSIS maintint sa participation de 30 % dans le capital de FIAT.
B. La procédure devant la CONSOB
20. Le 20 février 2006, la division des marchés et des avis économiques – bureau Insider Trading (Divisione mercati e consulenza economica – ufficio Insider Trading – ci-après le « bureau IT ») de la CONSOB reprocha aux requérants la violation de l’article 187 ter § 1 du décret législatif no 58 du 24 février 1998. Aux termes de cette disposition, intitulée « manipulation du marché »,
« Sans préjudice des sanctions pénales lorsque la conduite est constitutive d’une infraction, toute personne qui, par le biais de moyens d’information, y compris Internet ou tout autre moyen, diffuse des informations, des nouvelles ou des bruits faux ou trompeurs de nature à fournir des indications fausses ou trompeuses à propos d’instruments financiers est punie d’une sanction administrative allant de 20 000 à 5 000 000 d’euros (EUR). »
21. Selon la thèse du bureau IT, l’accord modifiant l’equity swap avait été conclu ou était en passe de l’être avant la diffusion des communiqués de presse du 24 août 2005, de sorte qu’il était anormal que ceux-ci n’en fissent aucune mention. Les requérants furent invités à présenter leur défense.
22. Le bureau IT transmit ensuite le dossier à la direction des sanctions administratives (ufficio sanzioni amministrative – ci-après, « la direction ») de la CONSOB, accompagné d’un rapport (relazione istruttoria) daté du 13 septembre 2006, qui faisait état des éléments à charge et des arguments des inculpés. Selon ce rapport, les défenses avancées par les requérants n’étaient pas de nature à permettre de classer le dossier.
23. La direction communiqua ce rapport aux requérants et les invita à présenter par écrit, dans un délai de trente jours expirant le 23 octobre 2006, les arguments qu’ils estimaient nécessaires pour leur défense. Entre-temps, le bureau IT continua à examiner l’affaire des requérants, en obtenant des informations orales et en analysant les documents reçus le 7 juillet 2006 de OMISSIS. Le 19 octobre 2006, il transmit à la direction une « note complémentaire » dans laquelle il affirmait que les nouveaux documents examinés n’étaient pas de nature à modifier ses conclusions. Le 26 octobre 2006, les requérants reçurent une copie de la note complémentaire du 19 octobre 2006 et de ses annexes ; un nouveau délai de trente jours leur fut octroyé pour présenter d’éventuelles observations.
24. Sans le communiquer aux requérants, la direction présenta son rapport (daté du 19 janvier 2007 et contenant ses conclusions) à la commission – la CONSOB proprement dite –, c’est-à-dire à l’organe chargé d’adopter la décision sur d’éventuelles sanctions. Celle-ci se composait, à l’époque des faits, d’un président et de quatre membres, nommés par le président de la République sur proposition (su proposta) du président du Conseil des ministres. Leur mandat durait cinq ans et ne pouvait être renouvelé qu’une seule fois.
25. Par une délibération no 15760 du 9 février 2007, la CONSOB infligea aux requérants les amendes administratives suivantes :
– 5 000 000 EUR à OMISSIS,
– 3 000 000 EUR à OMISSIS,
– 500 000 EUR à OMISSIS,
– 4 500 000 EUR à la société OMISSIS,
– 3 000 000 EUR à la société OMISSIS.
26. OMISSIS furent frappés d’une interdiction d’administrer, de diriger ou de contrôler des sociétés cotées en bourse, pour des durées, respectivement, de six, quatre et deux mois.
27. La CONSOB estima notamment qu’il ressortait du dossier que le 24 août 2005, date des communiqués de presse incriminés, le projet visant à conserver une participation de 30 % dans le capital de FIAT sur la base d’une renégociation du contrat d’equity swap signé avec OMISSIS avait déjà été étudié et était en cours d’exécution. Il s’ensuivait que les communiqués de presse donnaient une fausse représentation (rappresentazione falsa) de la situation de l’époque. La CONSOB souligna également la position occupée par les personnes concernées, la « gravité objective » de l’infraction et l’existence d’un dol.
C. L’opposition devant la cour d’appel
28. Les requérants firent opposition à cette sanction devant la cour d’appel de Turin. Ils alléguèrent, entre autres, que le règlement de la CONSOB était illégal car, contrairement à ce qui était exigé par l’article 187 septies du décret législatif no 58 de 1998 (paragraphe 57 ci après), il ne respectait pas le principe d’un examen contradictoire de l’affaire.
29. OMISSIS nota en outre que la CONSOB l’avait inculpé et puni pour avoir pris part à la publication du communiqué de presse du 24 août 2005 en sa qualité d’administrateur d’ OMISSIS. Devant la CONSOB, l’intéressé avait excipé sans succès de ce qu’il ne possédait pas cette qualité et qu’il était simplement l’avocat et le consultant du groupe Agnelli. Devant la cour d’appel, OMISSIS maintint que, n’étant pas administrateur, il ne pouvait pas avoir participé à la décision de publier le communiqué de presse incriminé. Dans un mémoire du 25 septembre 2007, OMISSIS indiqua qu’au cas où la cour d’appel aurait considéré insuffisants ou non utilisables les documents versés au dossier, il demandait de convoquer et examiner des témoins « sur les faits relatés dans les documents susmentionnés ». Il n’indiqua clairement dans ce mémoire ni les noms de ces témoins ni les circonstances sur lesquelles ils auraient dû témoigner. Dans un mémoire du même jour, OMISSIS cita deux témoins, dont les déclarations auraient prouvé qu’il n’avait pas participé à la rédaction des communiqués de presse, et précisa que la cour d’appel aurait pu, si nécessaire (ove occorresse), les auditionner.
30. Par des arrêts déposés au greffe le 23 janvier 2008, la cour d’appel de Turin réduisit pour certains des requérants le montant des amendes administratives infligées par la CONSOB, de la manière suivante :
– 600 000 EUR pour OMISSIS;
– 1 000 000 EUR pour OMISSIS
– 1 200 000 EUR pour OMISSIS.
Il était indiqué dans l’entête des arrêts rendus envers OMISSIS et envers OMISSIS que la cour d’appel avait siégé en chambre du conseil (riunita in camera di consiglio). La partie « procédure » des arrêts rendus contre OMISSIS mentionnait que les parties avaient été convoquées en chambre du conseil (disposta la comparizione delle parti in camera di consiglio).
31. La durée de l’interdiction d’assumer des responsabilités d’administration, de direction ou de contrôle de sociétés cotées en bourse infligée à M. Gabetti fut réduite de six à quatre mois.
32. La cour d’appel rejeta toute autre doléance des intéressés. Elle nota entre autres que, même après la transmission du dossier à la direction, le bureau IT restait en droit de continuer ses activités d’investigation, le délai de 210 jours prévu pour les délibérations de la CONSOB n’étant pas contraignant. Par ailleurs, le principe du contradictoire était respecté dès lors que, comme en l’espèce, les inculpés avaient été informés des éléments nouvellement recueillis par le bureau IT et avaient eu la possibilité de présenter leurs répliques.
33. La cour d’appel observa également qu’il était vrai que la CONSOB avait d’un côté infligé les sanctions prévues par l’article 187 ter du décret législatif no 58 de 1998, et de l’autre dénoncé au parquet la commission de l’infraction pénale décrite à l’article 185 § 1 du même décret. Aux termes de cette disposition,
« Quiconque diffuse de fausses nouvelles ou procède à des opérations simulées ou emploie d’autres artifices (artifizi) objectivement susceptibles de provoquer une modification sensible de la valeur d’instruments financiers est puni d’une réclusion de un à six ans et d’une amende de 20 000 à 5 000 000 d’euros. »
34. Selon la cour d’appel, ces deux dispositions avaient pour objet la même conduite (la « diffusion de fausses informations ») et poursuivaient le même but (éviter des manipulations du marché), mais différaient quant à la situation de danger censée avoir été engendrée par cette conduite : pour l’article 187 ter, il était suffisant en soi d’avoir donné des indications fausses ou trompeuses concernant des instruments financiers, tandis que l’article 185 exigeait en outre que ces informations aient été de nature à provoquer une altération sensible du prix des instruments en question. Comme la Cour constitutionnelle l’avait indiqué dans son ordonnance no 409 du 12 novembre 1991, il était loisible au législateur de punir un comportement illégal à la fois par une sanction administrative pécuniaire et par une sanction pénale. De plus, l’article 14 de la directive 2003/6/CE (paragraphe 60 ci-après), qui invitait les États membres de l’Union européenne à appliquer des sanctions administratives à l’encontre des personnes responsables d’une manipulation du marché, contenait lui-même la mention « sans préjudice de leur droit d’imposer des sanctions pénales ».
35. Sur le fond, la cour d’appel observa qu’il ressortait du dossier que la renégociation de l’equity swap avait à l’époque litigieuse été examinée dans les moindres détails et que la conclusion à laquelle la CONSOB était parvenue (à savoir, que ce projet existait déjà un mois avant le 24 août 2005) était raisonnable à la lumière des faits établis et de la conduite des personnes concernées.
36. Quant à M. Grande Stevens, il était vrai qu’il n’était pas administrateur d’Exor s.p.a. Il n’en demeurait pas moins que l’infraction administrative punie par l’article 187 ter du décret législatif no 58 de 1998 pouvait être commise par « quiconque », donc en quelque qualité que ce soit ; or, M. Grande Stevens avait bien participé au processus décisionnel ayant amené à la publication du communiqué de presse en sa qualité d’avocat consulté par les sociétés requérantes.
D. Le pourvoi en cassation
37. Les requérants se pourvurent en cassation. Dans leurs troisième et quatrième moyens de leur pourvoi, ils alléguaient notamment une violation des principes du procès équitable, consacrés par l’article 111 de la Constitution, en raison notamment : de l’absence de caractère contradictoire de la phase d’instruction devant la CONSOB ; de la non-transmission aux accusés du rapport de la direction ; de l’impossibilité selon eux de déposer des mémoires et des documents et d’être entendus en personne par la commission ; du fait que le bureau IT avait continué son enquête et transmis une note complémentaire après l’échéance du délai fixé à cet effet.
38. Par des arrêts du 23 juin 2009, dont le texte fut déposé au greffe le 30 septembre 2009, la Cour de cassation rejeta leurs pourvois. Elle estima notamment que le principe d’un examen contradictoire de l’affaire avait été respecté dans la procédure devant la CONSOB, relevant que celle-ci avait indiqué aux intéressés la conduite qui leur était reprochée et tenu compte de leur défense respective. L’omission d’entendre les requérants et de leur transmettre les conclusions de la direction ne violait pas ce principe, les dispositions constitutionnelles en matière de procès équitable et de droit à la défense n’étant applicables qu’aux procédures judiciaires, et non à la procédure pour l’infliction de sanctions administratives.
E. Les poursuites pénales contre les requérants
39. Aux termes du décret législatif no 58 de 1998, la conduite en cause des requérants pouvait faire l’objet non seulement d’une sanction administrative infligée par la CONSOB, mais également des sanctions pénales prévues par l’article 185 § 1, cité au paragraphe 33 ci-dessus.
40. Le 7 novembre 2008, les requérants furent renvoyés en jugement devant le tribunal de Turin. Ils étaient accusés d’avoir déclaré, dans les communiqués de presse du 24 août 2005, qu’ OMISSIS souhaitait rester l’actionnaire de référence de FIAT et qu’elle n’avait ni entamé ni étudié d’initiatives concernant l’échéance du contrat de financement, alors que l’accord modifiant l’equity swap avait déjà été examiné et conclu, information qui aurait été cachée afin d’éviter une probable chute du prix des actions FIAT.
41. La CONSOB se constitua partie civile, comme il lui était loisible de le faire aux termes de l’article 187 undecies du décret législatif no 58 de 1998.
42. Après le 30 septembre 2009, date du dépôt au greffe de l’arrêt rejetant le pourvoi en cassation des requérants contre la condamnation infligée par la CONSOB (paragraphe 38 ci-dessus), les intéressés demandèrent l’abandon des poursuites pénales à leur encontre en vertu du principe ne bis in idem. En particulier, à l’audience du 7 janvier 2010, ils excipèrent de l’inconstitutionnalité des dispositions pertinentes du décret législatif no 58 de 1998 et de l’article 649 du code de procédure pénale (le « CPP » – voir le paragraphe 59 ci-après), à raison de leur incompatibilité selon eux avec l’article 4 du Protocole no 7.
43. Le représentant du parquet s’opposa à cette exception, alléguant que le « double procès » (administratif et pénal) était imposé par l’article 14 de la directive 2003/6/CE du 28 janvier 2003 (paragraphe 60 ci-dessus), à laquelle le législateur italien avait donné exécution en introduisant les articles 185 et 187ter du décret législatif no 58 de 1998.
44. Le tribunal de Turin ne se prononça pas immédiatement sur la question incidente de constitutionnalité soulevée par la défense. Il ordonna une expertise pour déterminer les fluctuations des actions FIAT entre décembre 2004 et avril 2005 et pour évaluer les effets des communiqués de presse du 24 août 2005 et des informations diffusées le 15 septembre 2005.
45. Par un jugement du 21 décembre 2010, dont le texte fut déposé au greffe le 18 mars 2011, le tribunal de Turin relaxa OMISSIS au motif qu’il n’avait pas contribué à la publication des communiqués de presse, et relaxa également les autres requérants au motif qu’il n’avait pas été prouvé que leur conduite eût été de nature à provoquer une altération significative du marché financier. Il observa que le fait que les communiqués de presse contenaient de fausses informations avait déjà été sanctionné par l’autorité administrative. De l’avis du tribunal, la conduite reprochée aux intéressés visait, probablement, à cacher à la CONSOB la renégociation du contrat d’equity swap, et non à faire augmenter le prix des actions FIAT.
46. Le tribunal déclara manifestement mal fondée la question incidente de constitutionnalité soulevée par les requérants. Il nota que la loi italienne (article 9 de la loi no 689 de 1981) interdisait un « double procès » (doppio giudizio), pénal et administratif, sur un « même fait ». Or, les articles 185 et 187 ter du décret législatif no 58 de 1998 ne punissaient pas le même fait : seule la disposition pénale (l’article 185) exigeait que la conduite ait été de nature à provoquer une altération importante de la valeur d’instruments financiers (voir Cour de cassation, sixième section, arrêt du 16 mars 2006, no 15199). En outre, l’application de la disposition pénale supposait l’existence d’un dol, alors que la disposition administrative s’appliquait en présence d’un simple comportement fautif. Par ailleurs, les poursuites pénales qui avaient suivi le prononcé de la sanction pécuniaire prévue par l’article 187 ter du décret législatif no 58 de 1998 étaient autorisées par l’article 14 de la directive 2003/6/CE.
47. Quant à la jurisprudence de la Cour citée par les requérants (Gradinger c. Autriche (23 octobre 1995, série A no 328-C), Sergueï Zolotoukhine c. Russie ([GC], no 14939/03, CEDH 2009-…), Maresti c. Croatie (no 55759/07, 25 juin 2009), et Ruotsalainen c. Finlande (no 13079/03, 16 juin 2009)), elle n’était pas pertinente en l’espèce, car elle se rapportait à des cas où un même fait était puni par des sanctions pénales et administratives et où ces dernières avaient un caractère punitif et pouvaient comprendre des privations de liberté ou bien (affaire Ruotsalainen) étaient d’un montant supérieur à l’amende pénale.
48. Le parquet se pourvut en cassation, alléguant que l’infraction reprochée aux requérants était « de danger » (reato di pericolo) et non « de préjudice » (reato di danno). Elle pouvait dès lors être constituée même en l’absence de préjudice pour les actionnaires.
49. Le 20 juin 2012, la Cour de cassation accueillit en partie le pourvoi du parquet et cassa la relaxe des sociétés OMISSIS, ainsi que de OMISSIS. Elle confirma en revanche l’acquittement de OMISSIS, dès lors que celui-ci n’avait pas pris part à la conduite incriminée.
50. Par un arrêt du 28 février 2013, la cour d’appel de Turin condamna OMISSIS pour l’infraction prévue à article 185 § 1 du décret législatif no 58 de 1998, estimant qu’il était hautement probable que, sans les fausses informations incluses dans le communiqué de presse émis le 24 août 2005, la valeur des actions FIAT se serait abaissée de manière beaucoup plus significative. Elle acquitta en revanche les sociétés Exor et Giovanni Agnelli, estimant qu’il n’y avait pas de faits délictueux pouvant leur être imputés.
51. La cour d’appel exclut toute apparence de violation du principe du ne bis in idem, en confirmant, pour l’essentiel, le raisonnement suivi par le tribunal de Turin.
52. Selon les informations fournies par le Gouvernement le 7 juin 2013, MM. Gabetti et Grande Stevens se sont pourvus en cassation contre cet arrêt, et la procédure restait pendante à cette date. Dans leurs pourvois, ces deux requérants ont invoqué la violation du principe ne bis in idem et demandé de soulever une question incidente de constitutionnalité vis-à-vis l’article 649 du CPP.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES ET EUROPÉENS PERTINENTS
A. Le droit interne
1. Le décret législatif no 58 du 24 février 1998
53. Comme indiqué plus haut (paragraphe 20 ci-dessus), l’article 187 ter § 1 de ce décret prévoit des amendes administratives pour les personnes responsables d’une manipulation du marché. Aux termes du paragraphe 5 de cette même disposition, lorsque leur niveau ordinaire apparaît inadéquat par rapport à la gravité de la conduite en cause, ces amendes peuvent être augmentées jusqu’à trois fois leur montant maximum ordinaire ou jusqu’à dix fois le produit ou le profit obtenu grâce au comportement illicite. La CONSOB doit indiquer les éléments et les circonstances qu’elle prend en considération pour évaluer les comportements constitutifs d’une manipulation du marché au sens de la directive 2003/6/CE (paragraphe 60 ci après) et de ses dispositions d’exécution.
54. L’article 187 quater précise que l’infliction des sanctions administratives pécuniaires susmentionnées entraîne la perte temporaire de leur honorabilité pour les représentants des sociétés impliquées. Si la société est cotée en bourse, ses représentants sont frappés d’une incapacité temporaire d’administrer, de diriger ou de contrôler des sociétés cotées. Ces sanctions accessoires ont une durée allant de deux mois à trois ans. Eu égard à la gravité de la conduite en cause et au degré de la faute commise, la CONSOB peut aussi interdire aux sociétés cotées, aux sociétés de gestion et aux sociétés de révision de se prévaloir de la collaboration de l’auteur de l’infraction, pour une durée maximale de trois ans. Elle peut également demander aux ordres professionnels la suspension temporaire de l’intéressé de l’exercice de son activité professionnelle.
55. Selon l’article 187 quinquies, lorsque des infractions commises dans son intérêt et à son avantage par les administrateurs, directeurs ou managers d’une société commerciale ont valu à ceux-ci une sanction administrative, la société en question est tenue de payer une somme d’un montant identique à la sanction infligée auxdites personnes. Si ces infractions ont engendré un produit ou un profit important, la sanction appliquée à la société est augmentée jusqu’à totaliser dix fois ce produit ou ce profit. Toutefois, la responsabilité de la société est exclue si elle prouve que ses administrateurs, directeurs ou managers ont agi exclusivement dans leur propre intérêt ou pour favoriser des tiers.
56. Selon l’article 187 sexies, l’application des sanctions administratives pécuniaires en question entraîne toujours la confiscation du produit ou du profit de la conduite illicite et des biens au moyen desquels elle a été possible. Aux termes de l’article 187 septies, la délibération appliquant les sanctions est publiée par extraits dans le bulletin de la CONSOB, qui peut ordonner, aux frais de l’auteur de l’infraction, des formes supplémentaires de publicité.
57. L’article 187 septies décrit la procédure d’application des sanctions par la CONSOB. Notamment, la conduite reprochée doit être notifiée aux intéressés dans un délai de 180 jours à partir de sa découverte, les intéressés peuvent demander à être entendus et la procédure doit s’inspirer des principes d’un examen contradictoire, de la connaissance des actes d’instruction, de l’oralité ainsi que de la distinction entre fonctions d’instruction et fonctions de décision (distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie).
58. Aux termes de l’article 3 du décret législatif no 58 de 1998, la CONSOB est autorisée à fixer les délais et les procédures pour l’adoption des actes qui relèvent de sa compétence.
2. Le CPP
59. L’article 649 du CPP se lit ainsi :
« 1. Tout prévenu ayant été acquitté ou condamné par un jugement ou une ordonnance pénale devenus définitifs ne peut être à nouveau soumis à une procédure pénale pour le même fait, même appréhendé différemment quant à sa qualification juridique, son degré ou ses circonstances (…).
2. Lorsqu’une nouvelle procédure pénale est ouverte en dépit [de cette interdiction], le juge, en tout état et à tout stade du procès, prononce un jugement d’acquittement ou un non-lieu, en en indiquant la cause dans le dispositif. »
B. Le droit et la pratique européens
60. L’article 14 de la directive 2003/6/CE du Parlement européen et du Conseil du 28 janvier 2003 sur les opérations d’initiés et les manipulations de marché (abus de marché – Journal officiel no L 096 du 12/04/2003 p. 0016–0025) dispose :
« 1. Sans préjudice de leur droit d’imposer des sanctions pénales, les États membres veillent à ce que, conformément à leur législation nationale, des mesures administratives appropriées puissent être prises ou des sanctions administratives appliquées à l’encontre des personnes responsables d’une violation des dispositions arrêtées en application de la présente directive. Les États membres garantissent que ces mesures sont effectives, proportionnées et dissuasives.
2. La Commission établit, pour information, conformément à la procédure visée à l’article 17, paragraphe 2, une liste des mesures et sanctions administratives visées au paragraphe 1.
3. Les États membres déterminent les sanctions applicables en cas de défaut de coopération dans le cadre d’une enquête relevant de l’article 12.
4. Les États membres prévoient que l’autorité compétente concernée peut rendre publiques les mesures ou sanctions qui seront appliquées pour non-respect des dispositions adoptées en application de la présente directive, excepté dans les cas où leur publication perturberait gravement les marchés financiers ou causerait un préjudice disproportionné aux parties en cause. »
61. Dans l’affaire Spector Photo Group NV et Chris Van Raemdonck c/ Commissie voor het Bank-, Financie- en Assurantiewezen (CBFA) (affaire C-45/08) du 23 décembre 2009, la Cour de justice de l’Union européenne (CJUE) s’est exprimée comme suit :
« 40. Il convient, à cet égard, de rappeler que, selon une jurisprudence constante, les droits fondamentaux font partie intégrante des principes généraux du droit dont la Cour assure le respect (arrêt du 3 septembre 2008, Kadi et Al Barakaat International Foundation/Conseil et Commission, C 402/05 P et C 415/05 P, Rec. p. I 6351, point 283).
41. Il ressort également de la jurisprudence de la Cour que le respect des droits de l’homme constitue une condition de la légalité des actes communautaires et que ne sauraient être admises dans la Communauté des mesures incompatibles avec le respect de ceux-ci (arrêt Kadi et Al Barakaat International Foundation/Conseil et Commission, précité, point 284).
42. Certes, l’article 14, paragraphe 1, de la directive 2003/6 n’impose pas aux États membres de prévoir des sanctions pénales à l’encontre des auteurs d’opérations d’initiés mais se limite à énoncer que ces États sont tenus de veiller à ce que « des mesures administratives appropriées puissent être prises ou des sanctions administratives appliquées à l’encontre des personnes responsables d’une violation des dispositions arrêtées en application de [cette] directive », les États membres étant, en outre, tenus de garantir que ces mesures sont « effectives, proportionnées et dissuasives ». Néanmoins, eu égard à la nature des infractions en cause ainsi qu’au degré de sévérité des sanctions qu’elles sont susceptibles d’entraîner, de telles sanctions peuvent être, aux fins de l’application de la CEDH, qualifiées de sanctions pénales (voir, par analogie, arrêt du 8 juillet 1999, Hüls/Commission, C 199/92 P, Rec. p. I-4287, point 150, ainsi que Cour eur. D. H., arrêts Engel et autres c. Pays Bas du 8 juin 1976, série A no 22, § 82, Öztürk c. Allemagne du 21 février 1984, série A no 73, § 53, et Lutz c. Allemagne du 25 août 1987, série A no 123, § 54).
43. Selon la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l’homme, tout système juridique connaît des présomptions de fait ou de droit et la CEDH n’y met évidemment pas obstacle en principe, mais, en matière pénale, elle oblige les États contractants à ne pas dépasser à cet égard un certain seuil. Ainsi, le principe de la présomption d’innocence, consacré à l’article 6, paragraphe 2, de la CEDH, ne se désintéresse pas des présomptions de fait ou de droit qui se rencontrent dans les lois répressives. Il commande aux États de les enserrer dans des limites raisonnables prenant en compte la gravité de l’enjeu et préservant les droits de la défense (voir Cour eur. D. H., arrêts Salabiaku c. France du 7 octobre 1988, série A no 141-A, § 28, et Pham Hoang c. France du 25 septembre 1992, série A no 243, § 33).
44. Il convient de considérer que le principe de la présomption d’innocence ne s’oppose pas à la présomption prévue à l’article 2, paragraphe 1, de la directive 2003/6, par laquelle l’intention de l’auteur d’une opération d’initié se déduit implicitement des éléments matériels constitutifs de cette infraction, dès lors que cette présomption est réfragable et que les droits de la défense sont assurés.
45. L’instauration d’un régime efficace et uniforme de prévention et de sanction des opérations d’initiés dans le but légitime de protéger l’intégrité des marchés financiers a ainsi pu conduire le législateur communautaire à retenir une définition objective des éléments constitutifs d’une opération d’initié interdite. Le fait que l’article 2, paragraphe 1, de la directive 2003/6 ne prévoit pas expressément d’élément moral ne signifie pas pour autant qu’il faille interpréter cette disposition de telle sorte que tout initié primaire en possession d’une information privilégiée qui effectue une opération de marché tombe automatiquement sous le coup de la prohibition des opérations d’initiés. »
62. Pour un plus ample panorama du droit de l’Union européenne dans le domaine boursier, voir également Soros c. France, no 50425/06, §§ 38 41, 6 octobre 2011.
EN DROIT
I. LES EXCEPTIONS PRÉLIMINAIRES DU GOUVERNEMENT
A. L’exception du Gouvernement tirée de la nature abusive de la requête
1. L’exception du Gouvernement
63. Le Gouvernement excipe tout d’abord de la nature selon lui abusive de la requête, observant que certaines informations relatées par les requérants ne sont pas vraies ou du moins nécessitent de clarifications. La requête aurait été présentée de manière à induire la Cour en erreur. Le Gouvernement se réfère, en particulier, aux circonstances suivantes :
a) les requérants affirment qu’il n’y a pas eu d’audience publique devant la cour d’appel de Turin ; or, en application de l’article 23 de la loi no 689 de 1981, toutes les audiences tenues devant cette juridiction étaient ouvertes au public ; leur affirmation serait donc fausse.
b) le bureau IT de la CONSOB a annexé à son rapport tous les documents de l’enquête, et donc aussi les défenses présentées par les requérants ;
c) la lettre de la CONSOB contestant la violation de l’article 187 ter § 1 du décret législatif no 58 de 1998 n’était pas signée par le président de la CONSOB, mais par le chef de la division des marchés et des avis économiques et par le directeur général des activités institutionnelles de la CONSOB ; par ailleurs, le président de la CONSOB n’a joué aucun rôle dans la phase qui a précédé la décision sur l’application des sanctions ;
d) un délai de trente jours a été octroyé aux requérants pour présenter d’éventuelles observations à la note complémentaire du bureau IT du 19 octobre 2006, et les requérants ont présenté ces observations le 24 novembre 2006 sans se plaindre du temps limité dont ils auraient disposé ;
e) les requérants n’ont jamais demandé la convocation et l’audition de témoins ;
f) devant la CONSOB, M. Grande Stevens a été accusé d’avoir participé à la décision qui a conduit à la rédaction des communiqués de presse ; la mention de sa qualité de directeur d’Exor servait uniquement à indiquer qu’il faisait partie du haut management de la société et que dès lors son comportement pouvait être imputé à celle-ci ; la cour d’appel de Turin n’aurait donc pas transformé l’accusation à son encontre ;
g) les requérants n’ont pas été punis pour une omission.
64. De l’avis du Gouvernement, par ces imprécisions les requérants ont tenté de donner l’impression erronée que la décision de la CONSOB avait été adoptée dans le secret et sans respecter les procédures légales et les droits de la défense.
2. La réplique des requérants
65. Les requérants contestent les thèses du Gouvernement. Ils observent que les éléments de fait sur lesquels reposent les griefs tirés de l’article 6 de la Convention se rapportent à des circonstances précises ayant affecté le déroulement de la procédure litigieuse, ce qui a trait au fond de l’affaire.
3. Appréciation de la Cour
66. La Cour observe qu’aux termes de l’article 47 § 6 de son règlement, les requérants doivent l’informer de tout fait pertinent pour l’examen de leur requête. Elle rappelle qu’une requête peut être rejetée comme étant abusive si elle a été fondée sciemment sur des faits controuvés (Řehàk c. République tchèque (déc.), no 67208/01, 18 mai 2004, et Keretchashvili c. Géorgie (déc.), no 5667/02, 2 mai 2006) ou si le requérant a passé sous silence des informations essentielles concernant les faits de l’affaire afin d’induire la Cour en erreur (voir, entre autres, Hüttner c. Allemagne (déc.), no 23130/04, 19 juin 2006, et Basileo et autres c. Italie (déc.), no 11303/02, 23 août 2011).
67. La Cour a déjà affirmé, en outre, que « tout comportement du requérant manifestement contraire à la vocation du droit de recours et entravant le bon fonctionnement de la Cour ou le bon déroulement de la procédure devant elle, peut [en principe] être qualifié d’abusif » (Miroļubovs et autres c. Lettonie, no 798/05, § 65, 15 septembre 2009), la notion d’abus, aux termes de l’article 35 § 3 a) de la Convention, devant être comprise dans son sens ordinaire retenu par la théorie générale du droit – à savoir le fait, par le titulaire d’un droit, de le mettre en œuvre en dehors de sa finalité d’une manière préjudiciable (Miroļubovs et autres, précité, § 62 ; Petrović c. Serbie (déc.), nos 56551/11 et dix autres, 18 octobre 2011).
68. En l’espèce, le Gouvernement reproche aux requérants d’avoir omis de préciser de manière claire certains faits pertinents pour l’examen de leur affaire (énumérées au paragraphe 63 b) – g) ci-dessus) et d’avoir faussement affirmé qu’il n’y avait pas eu d’audience publique devant la cour d’appel de Turin (paragraphe 63 a) ci-dessus).
69. La Cour observe tout d’abord que cette dernière circonstance est un point de fait controversé entre les parties et que les requérants ont produit des documents pour étayer leur affirmation selon laquelle l’audience en question a eu lieu en chambre du conseil (paragraphe 142 ci-après). Quant aux autres faits énumérés par le Gouvernement, la Cour estime qu’il s’agit, pour l’essentiel, d’éléments pouvant être utilisés dans le débat sur le bien-fondé des griefs des requérants, que le Gouvernement aura le loisir de développer dans ses observations. Dans ces circonstances, la Cour ne saurait conclure que l’omission, par les requérants, de mentionner explicitement ces éléments est de nature à rendre abusive la requête ou que celle-ci se fondait sciemment sur des faits controuvés.
70. Il s’ensuit que l’exception du Gouvernement tirée du caractère selon lui abusif de la requête doit être rejetée.
B. L’exception du Gouvernement tirée de l’absence de préjudice important
1. L’exception du Gouvernement
71. Le Gouvernement excipe également de l’irrecevabilité de la requête au motif que les requérants n’auraient pas subi un préjudice important au sens de l’article 35 § 3 b) de la Convention. Les griefs des requérants ne concerneraient pas une atteinte effective à des intérêts protégés par la Convention, mais simplement des questions théoriques sans rapport avec le préjudice concrètement subi. Ceci aurait été à juste titre noté par la Cour de cassation, et les requérants auraient eu la possibilité de présenter toutes les défenses qu’ils estimaient nécessaires.
2. La réplique des requérants
72. Les requérants contestent la thèse du Gouvernement. Ils observent qu’à l’issue de la procédure litigieuse, ils ont été condamnés à payer de très importantes sommes d’argent et ont subi des sanctions touchant à leur honneur et à leur réputation. Quant au caractère prétendument trop général de leurs griefs, ils rétorquent que la Cour de cassation, dans ses arrêts très élaborés, a apporté des réponses circonstanciées à des griefs précis.
3. Appréciation de la Cour
73. Selon la jurisprudence de la Cour, le principal élément du critère de recevabilité prévu à l’article 35 § 3 b) de la Convention est la question de savoir si le requérant n’a subi aucun « préjudice important » (Adrian Mihai Ionescu c. Roumanie (déc.), no 36659/04, § 32, 1er juin 2010). La notion de « préjudice important », issue du principe de minimis non curat praetor, renvoie à l’idée que la violation d’un droit doit atteindre un seuil minimum de gravité pour justifier un examen par une juridiction internationale. L’appréciation de ce seuil est, par nature, relative et dépend des circonstances de l’espèce (Korolev c. Russie (déc.), no 25551/05, 1er juillet 2010). Cette appréciation doit tenir compte tant de la perception subjective du requérant que de l’enjeu objectif du litige. Elle renvoie ainsi à des critères tels que l’impact monétaire de la question litigieuse ou l’enjeu de l’affaire pour le requérant (Adrian Mihai Ionescu, précitée, § 34).
74. La Cour observe d’emblée que l’affaire a eu un enjeu financier significatif. Les requérants ont été condamnés par la CONSOB et la cour d’appel de Turin à payer des amendes allant de 500 000 à 3 000 000 EUR (paragraphes 25 et 30 ci-dessus) et OMISSIS risquent d’encourir, devant les juridictions pénales, une peine privative de liberté et une amende allant de 20 000 à 5 000 000 EUR (paragraphe 33 ci dessus). De plus, l’importance subjective de la question paraît évidente pour OMISSIS (voir, a contrario, Shefer c. Russie (déc.), no 45175/04, 13 mars 2012). Ces derniers ont en effet été frappés d’une interdiction d’administrer, de diriger ou de contrôler des sociétés cotées en bourse pour des durées, respectivement, de six, quatre et deux mois (paragraphes 26 et 31 ci-dessus), ce qui pourrait être vu comme portant atteinte à leur honorabilité professionnelle (voir, mutatis mutandis, Eon c. France, no 26118/10, § 34, 14 mars 2013).
75. Compte tenu de ce qui précède, la Cour estime que la première condition de l’article 35 § 3 b) de la Convention, à savoir l’absence de préjudice important pour les requérants, n’est pas remplie et qu’il y a lieu de rejeter l’exception du Gouvernement.
76. À titre surabondant, la Cour précise que la poursuite de l’examen de l’affaire s’impose également au nom du respect des droits de l’homme (voir, mutatis mutandis, Nicoleta Gheorghe c. Roumanie, no 23470/05, § 24, 3 avril 2012, et Eon, précité, § 35). À cet égard, elle relève que la requête soulève notamment la question de la nature et de l’équité de la procédure devant la CONSOB et de la possibilité de commencer un procès pénal pour des faits déjà sanctionnés par cette dernière. Il s’agit de la première affaire de ce type que la Cour est appelée à examiner en ce qui concerne l’Italie et une décision de la Cour sur cette question de principe guiderait les juridictions nationales.
C. L’exception du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes
1. L’exception du Gouvernement
77. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes. Il observe que dans leur pourvoi en cassation contre les arrêts de la cour d’appel de Turin du 23 janvier 2008, OMISSIS et OMISSIS n’ont pas invoqué la violation du principe ne bis in idem. De plus, aucune décision définitive n’a été adoptée quant à l’infliction des sanctions pénales prévues par l’article 185 du décret législatif no 58 de 1998, la procédure étant encore pendante en cassation. Devant la haute juridiction italienne, OMISSIS ont invoqué le principe ne bis in idem et demandé de soulever une question incidente de constitutionnalité vis-à-vis de l’article 649 du CPP. Lorsqu’une telle question est soulevée, le dossier est transmis à la Cour constitutionnelle, qui peut déclarer les dispositions en question inconstitutionnelles et en conséquence les annuler.
78. De plus, les requérants n’ont pas demandé à la cour d’appel de Turin la tenue d’une audience publique et n’ont pas fait valoir devant la Cour de cassation la prétendue absence d’une telle audience. Ils n’ont pas non plus soulevé au niveau interne leur grief concernant le manque allégué d’impartialité du président de la CONSOB. Les doléances relatives à l’iniquité de la procédure devant la CONSOB ont été soulevées pour la première fois en cassation, et donc tardivement.
2. La réplique des requérants
79. Dans la mesure où le Gouvernement allègue que leurs griefs n’auraient pas été présentés à la Cour de cassation en respectant les conditions prévues par la loi, les requérants observent tout d’abord que la haute juridiction italienne a examiné leurs griefs sur le fond et ne les a pas déclarés irrecevables. Les griefs portés à Strasbourg sont, pour l’essentiel, ceux qui étaient contenus dans leurs troisième et quatrième moyens de pourvoi, où était invoqué l’article 111 de la Constitution (droit à un procès équitable) et où il était indiqué que la procédure devant la CONSOB n’était pas contradictoire et que les inculpés n’avaient pas été entendus personnellement.
80. Quant au fait que la procédure pénale interne est encore pendante, les requérants rappellent que l’article 4 du Protocole no 7 n’interdit pas seulement la « double condamnation », mais aussi la « double poursuite ». Or, les requérants ont soulevé devant les juridictions internes la question de la double poursuite à la lumière de la jurisprudence de Strasbourg. Enfin, dans le système juridique italien, le justiciable ne jouit pas d’un accès direct à la Cour constitutionnelle pour l’inviter à vérifier la constitutionnalité d’une loi : seule a la faculté de la saisir la juridiction devant laquelle est l’affaire est pendante au fond.
3. Appréciation de la Cour
81. La Cour rappelle qu’aux termes de l’article 35 § 1 de la Convention, elle ne peut être saisie qu’après l’épuisement des voies de recours internes. La finalité de cette règle est de ménager aux États contractants l’occasion de prévenir ou de redresser les violations alléguées contre eux avant que la Cour n’en soit saisie (voir, parmi d’autres, Mifsud c. France (déc.) [GC], no 57220/00, § 15, CEDH 2002 VIII, et Simons c. Belgique (déc.), no 71407/10, § 23, 28 août 2012).
82. Les principes généraux relatifs à la règle de l’épuisement des voies de recours internes se trouvent exposés dans l’arrêt Sejdovic c. Italie ([GC], no 56581/00, §§ 43-46, CEDH 2006 II). La Cour rappelle que l’article 35 § 1 de la Convention ne prescrit que l’épuisement des recours à la fois relatifs aux violations incriminées, disponibles et adéquats. Un recours est effectif lorsqu’il est disponible tant en théorie qu’en pratique à l’époque des faits, c’est-à-dire lorsqu’il est accessible, susceptible d’offrir au requérant le redressement de ses griefs et présente des perspectives raisonnables de succès. À cet égard, le simple fait de nourrir des doutes quant aux perspectives de succès d’un recours donné qui n’est pas de toute évidence voué à l’échec ne constitue pas une raison valable pour justifier la non utilisation de recours internes (Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001 IX ; Sardinas Albo c. Italie (déc.), no 56271/00, CEDH 2004 I ; et Alberto Eugénio da Conceicao c. Portugal (déc.), no 74044/11, 29 mai 2012).
83. En l’espèce, dans leur opposition devant la cour d’appel de Turin, les requérants ont excipé du non-respect, par la CONSOB, du principe du contradictoire (paragraphe 28 ci-dessus). Ils ont réitéré leurs allégations en ce sens devant la Cour de cassation, en invoquant les principes du procès équitable, garantis par l’article 111 de la Constitution (paragraphe 37 ci dessus). Ils ont donc épuisé, à cet égard, les voies de recours qui leur étaient ouvertes en droit italien. Quant aux questions relatives aux pouvoirs du président de la CONSOB et à la tenue d’une audience à huis clos devant la cour d’appel de Turin, il s’agissait, selon les requérants, de l’application de règles contenues dans des dispositions législatives internes. Par ailleurs, toute exception des requérants à ces égards aurait été dépourvue de perspectives raisonnables de succès, compte tenu notamment du fait que la Cour de cassation a estimé que les dispositions constitutionnelles en matière de procès équitable et de droit à la défense n’étaient pas applicables à la procédure pour l’infliction de sanctions administratives (paragraphe 38 ci dessus).
84. La Cour relève également qu’après la confirmation, par la Cour de cassation, de la condamnation infligée par la CONSOB, les requérants ont invoqué, dans la procédure pénale, le principe ne bis in idem et ont excipé, sans succès, de l’inconstitutionnalité des dispositions pertinentes du décret législatif no 58 de 1998 et de l’article 649 du CPP, à raison de leur incompatibilité avec l’article 4 du Protocole no 7 (paragraphe 42 ci-dessus).
85. Pour ce qui est, enfin, de la circonstance que la procédure pénale était, à la date des dernières informations reçues par la Cour (7 juin 2013 – paragraphe 52 ci-dessus), encore pendante en cassation à l’égard de OMISSIS, il suffit d’observer que les requérants se plaignent d’avoir été « poursuivis pénalement » pour une infraction pour laquelle ils avaient été déjà condamnés par un jugement définitif. Dans ces circonstances, on ne saurait considérer leur grief tiré de l’article 4 du Protocole no 7 comme étant prématuré.
86. Il s’ensuit que l’exception du Gouvernement tirée du non épuisement des voies de recours internes ne saurait être retenue.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION
87. Les requérants allèguent que la procédure devant la CONSOB n’a pas été équitable et dénoncent un manque d’impartialité et indépendance de cet organe.
Ils invoquent l’article 6 de la Convention, qui, en ses parties pertinentes, est ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement [et] publiquement (…), par un tribunal indépendant et impartial (…), qui décidera, soit des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil, soit du bien-fondé de toute accusation en matière pénale dirigée contre elle. Le jugement doit être rendu publiquement, mais l’accès de la salle d’audience peut être interdit à la presse et au public pendant la totalité ou une partie du procès dans l’intérêt de la moralité, de l’ordre public ou de la sécurité nationale dans une société démocratique, lorsque les intérêts des mineurs ou la protection de la vie privée des parties au procès l’exigent, ou dans la mesure jugée strictement nécessaire par le tribunal, lorsque dans des circonstances spéciales la publicité serait de nature à porter atteinte aux intérêts de la justice.
2. Toute personne accusée d’une infraction est présumée innocente jusqu’à ce que sa culpabilité ait été légalement établie.
3. Tout accusé a droit notamment à :
a) être informé, dans le plus court délai, dans une langue qu’il comprend et d’une manière détaillée, de la nature et de la cause de l’accusation portée contre lui ;
b) disposer du temps et des facilités nécessaires à la préparation de sa défense ;
c) se défendre lui-même ou avoir l’assistance d’un défenseur de son choix et, s’il n’a pas les moyens de rémunérer un défenseur, pouvoir être assisté gratuitement par un avocat d’office, lorsque les intérêts de la justice l’exigent ;
d) interroger ou faire interroger les témoins à charge et obtenir la convocation et l’interrogation des témoins à décharge dans les mêmes conditions que les témoins à charge ;
(…). »
88. Le Gouvernement conteste la thèse des requérants.
A. Sur la recevabilité
1. Sur la question de savoir si l’article 6 de la Convention s’applique dans son volet pénal
a) Arguments des parties
i. Le Gouvernement
89. Le Gouvernement affirme que la procédure devant la CONSOB ne portait pas sur une « accusation en matière pénale » contre les requérants. Il observe que l’infraction prévue par l’article 187 ter du décret législatif no 58 de 1998 est clairement classée comme « administrative » tant en droit interne qu’en droit européen ; elle peut être infligée par un organe administratif à l’issue d’une procédure administrative.
90. Quant à la nature de l’infraction, celle-ci vise tout comportement, même de simple négligence, susceptible de donner des signaux ou des informations erronées aux investisseurs, sans qu’il soit nécessaire qu’une altération significative des marchés financiers s’en trouve susceptible d’être engendrée. Elle protège les investisseurs contre tout risque potentiel pouvant influencer leurs choix et donc des intérêts autres que ceux normalement protégés par le droit pénal. Enfin, les sanctions pouvant être infligées ne touchent que le patrimoine de la personne concernée et/ou sa capacité d’exercer des fonctions managériales, et ne peuvent en aucun cas conduire à une privation de liberté, même en cas de non-paiement. Elles ne sont pas inscrites au casier judiciaire et frappent normalement les opérateurs professionnels du système financier, et non la totalité des citoyens.
91. Par ailleurs, le montant des amendes serait proportionné aux ressources et au pouvoir financier du coupable ; en l’espèce, il s’agissait d’une opération financière visant à obtenir le contrôle de l’un des plus grands producteurs d’automobiles du monde et qui avait coûté plus de 500 000 000 EUR. En outre, les amendes, l’éventuelle confiscation des biens utilisés pour commettre l’infraction et l’interdiction d’exercer des fonctions managériales visent pour l’essentiel à rétablir la confiance des marchés et des investisseurs, en touchant les éléments qui ont permis de commettre l’infraction administrative (voir, également, sur ce point, les buts poursuivis par la directive 2003/6/CE). Elles ont pour but de réparer et de compenser un préjudice de nature financière et d’éviter que le coupable puisse tirer un profit de ses activités illégales. Par ailleurs, dans l’affaire Spector Photo Group, précité (paragraphe 61 ci-dessus), la CJUE a admis la coexistence, dans ce secteur, de sanctions administratives et pénales.
ii. Les requérants
92. Les requérants considèrent que bien que qualifiées d’« administratives » en droit interne, les sanctions infligées par la CONSOB doivent être considérées comme « pénales », au sens autonome que cette notion revêt dans la jurisprudence de la Cour. L’arrêt de la CJUE dans l’affaire Spector Photo Group, citée par le Gouvernement, n’affirme pas le contraire, mais se borne à dire que si un État membre a prévu la possibilité d’infliger une sanction pécuniaire de nature pénale, le niveau de cette sanction ne doit pas être pris en compte pour évaluer le caractère effectif, proportionné et dissuasif de la sanction administrative. Par ailleurs, dans son arrêt du 26 février 2013 rendu dans l’affaire C-617/10 (Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson), la CJUE a affirmé les principes suivants : a) l’applicabilité du droit de l’Union implique celle des droits fondamentaux garantis par la Charte ; b) l’article 50 de celle-ci (garantissant le principe ne bis in idem) suppose que les mesures adoptées contre un prévenu revêtent un caractère pénal ; c) pour apprécier le nature pénale des sanctions fiscales, il faut avoir égard à la qualification de la sanction en droit interne, à la nature de l’infraction et au degré de sévérité de la sanction que risque de subir l’intéressé.
93. En la présente espèce, la gravité des sanctions était évidente, le maximum prévu s’élevant à 5 000 000 EUR. À cette sanction principale s’ajoutent des peines accessoires, telles que la perte temporaire (pouvant aller jusqu’à trois ans) de la capacité d’occuper des postes d’administration, de direction ou de contrôle de sociétés cotées en bourse, la suspension temporaire (jusqu’à trois ans) des ordres professionnels, et la confiscation du produit de l’infraction et des biens utilisés pour la commettre. Se référant à la jurisprudence de la Cour en la matière (voir, notamment, Dubus S.A. c. France, no 5242/04, 11 juin 2009 ; Messier c. France, no 25041/07, 30 juin 2001 ; et Menarini Diagnostics S.r.l. c. Italie, no 43509/08, 27 septembre 2011), les requérants en concluent que l’article 6 trouve à s’appliquer en l’espèce sous son volet pénal.
b) Appréciation de la Cour
94. La Cour rappelle sa jurisprudence constante selon laquelle il faut, afin de déterminer l’existence d’une « accusation en matière pénale », avoir égard à trois critères : la qualification juridique de la mesure litigieuse en droit national, la nature même de celle-ci, et la nature et le degré de sévérité de la « sanction » (Engel et autres c. Pays-Bas, 8 juin 1976, § 82, série A no 22). Ces critères sont par ailleurs alternatifs et non cumulatifs : pour que l’article 6 § 1 s’applique au titre des mots « accusation en matière pénale », il suffit que l’infraction en cause soit, par nature, « pénale » au regard de la Convention, ou ait exposé l’intéressé à une sanction qui, par sa nature et son degré de gravité, ressortit en général à la « matière pénale ». Cela n’empêche pas l’adoption d’une approche cumulative si l’analyse séparée de chaque critère ne permet pas d’aboutir à une conclusion claire quant à l’existence d’une « accusation en matière pénale » (Jussila c. Finlande [GC], no 73053/01, §§ 30 et 31, CEDH 2006-XIII, et Zaicevs c. Lettonie, no 65022/01, § 31, CEDH 2007-IX (extraits)).
95. En l’espèce, la Cour constate d’abord que les manipulations du marché reprochées aux requérants ne constituent pas une infraction pénale en droit italien. Ces comportements y sont en effet sanctionnés par une sanction qualifiée d’« administrative » par l’article 187 ter § 1 du décret législatif no 58 de 1998 (paragraphe 20 ci-dessus). Cela n’est toutefois pas décisif aux fins de l’applicabilité de l’article 6 de la Convention dans son volet pénal, les indications que fournit le droit interne n’ayant qu’une valeur relative (Öztürk c. Allemagne, 21 février 1984, § 52, série A nº 73, et Menarini Diagnostics S.r.l., précité, § 39).
96. Quant à la nature de l’infraction, il apparaît que les dispositions dont la violation a été reprochée aux requérants visaient à garantir l’intégrité des marchés financiers et à maintenir la confiance du public dans la sécurité des transactions. La Cour rappelle que la CONSOB, autorité administrative indépendante, a comme but d’assurer la protection des investisseurs et l’efficacité, la transparence et le développement des marchés boursiers (paragraphe 9 ci-dessus). Il s’agit là d’intérêts généraux de la société normalement protégés par le droit pénal (voir, mutatis mutandis, Menarini Diagnostics S.r.l., précité, § 40 ; voir également Société Stenuit c. France, rapport de la Commission européenne des droits de l’homme du 30 mai 1991, § 62, série A no 232 A). En outre, la Cour est d’avis que les amendes infligées visaient pour l’essentiel à punir pour empêcher la récidive. Elles étaient donc fondées sur des normes poursuivant un but à la fois préventif, à savoir de dissuader les intéressés de recommencer, et répressif, puisqu’elles sanctionnaient une irrégularité (voir, mutatis mutandis, J

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