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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GODELLI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 08
Numero: 33783/09/2012
Stato: Italia
Data: 2012-09-25 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita privata

SECONDA SEZIONE

CAUSA GODELLI C. ITALIA

( Richiesta no 33783/09)

SENTENZA

STRASBURGO

25 settembre 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Godelli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, juges,et
di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 agosto,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33783/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui una cittadina di questo Stato, OMISSIS (“la richiedente”), ha investito la Corte il 16 giugno 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Trieste. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. La richiedente adduce che il segreto della sua nascita e l’impossibilità che ne risulta per lei da conoscere le sue origini costituisce una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare garantita con l’articolo 8 della Convenzione.
4. Il 9 novembre 2010, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. La richiedente, nato il 28 marzo 1943 a Trieste, fu abbandonata da sua madre biologica.
6. Risulta dell’atto di nascita che:
“In questo giorno, il 28 marzo 1943, alle 7 ore 30, una moglie che non consentiva ad essere nominata, diede nascita ad una bambina. “
7. La richiedente fu di prima collocata in un orfanotrofio ed affidata poi al famiglia OMISSIS. All’età di sei anni, con una decisione del giudice delle tutele di Trieste del 10 ottobre 1949, fu oggetto di un’adozione semplice (“affiliazione”) con i coniugi OMISSIS.
8. All’età di dieci anni, la richiedente avendo appreso che non era la figlia biologica dei suoi genitori, chiese loro a potere conoscere le sue origini, ma non ottenne nessuna risposta. Ad una data non precisata, scoprì che una piccola figlia che viveva nel suo villaggio, nato lo stesso giorno che lei, era stata abbandonata e poi era stata oggetto di un’adozione semplice (“affiliazione”) con un’altra famiglia. La richiedente sospettava che si trattava del suo sœur gemello. I genitori adottivi delle due ragazze impedirono i contatti tra esse.
9. La richiedente afferma avere vissuto un’infanzia molto difficile in ragione dell’impossibilità di conoscere le sue origini.
10. Nel 2006, la richiedente chiese all’ufficio dello stato civile del municipio di Trieste delle informazioni sulle sue origini, conformemente all’articolo 28 della legge no 184 del 4 maggio 1983, la legge sull’adozione: “la legge no 184/1993”), dato che la regolamentazione che regola l’adozione semplice (“affiliazione”) era stata abrogata da questa legge. L’ufficio dello stato civile diede al richiedente il suo atto di nascita in che non appariva il nome della madre biologica poiché questa non aveva consentito alla divulgazione della sua identità.
11. Il 19 marzo 2007, la richiedente introdusse un ricorso dinnanzi al tribunale di Trieste per chiedere, conformemente all’articolo 96 del decreto del Presidente della Repubblica no 396/2000, la rettifica del suo atto di nascita. Il 4 maggio 2007, il tribunale si dichiarò incompetente e respinse il ricorso al motivo che l’articolo 28, capoverso 5, della legge no 184/1983, contemplava che in ciò che riguarda l’accesso alle informazione sui genitori biologici, dopo l’età di venticinque anni, il tribunale competente era il tribunale per bambini.
12. Il 5 giugno 2007, la richiedente investe il tribunale per bambini di Trieste. Il 11 giugno 2008, il tribunale respinse la domanda poiché, conformemente all’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/983, l’accesso alle informazione sulle sue origini era vietato perché la madre, al momento della nascita del richiedente non aveva consentito alla divulgazione della sua identità.
13. La richiedente investe la corte di appello. Con una decisione del 23 dicembre 2008, la corte di appello respinse il suo ricorso.
14. In particolare, la corte osservò che il tribunale per bambini aveva sottolineato che la madre biologica del richiedente aveva chiesto il segreto della sua identità e che il tribunale aveva fatto dunque correttamente applicazione dell’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184 del 1983, anche se la richiedente era stato oggetto di un’adozione semplice, tenuto conto di ciò che l’adozione semplice creava tuttavia un statuto familiare. Peraltro, la corte di appello sottolineò che il capoverso 7 dell’articolo 28 mirava a garantire il rispetto della volontà della madre. L’interdizione per la richiedente di aderire alle informazione che riguardano le sue origini rispondeva anche ad un interesse pubblico.
15. La richiedente non si ricorse in cassazione.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA ED IL DIRITTO COMPARATO PERTINENTI
A. Il diritto e le pratica interna
16. L’articolo 250 del codice civile accorda ad uno dei genitori la possibilità di non riconoscere il suo bambino. Per ciò, la madre deve chiedere all’ospedale di preservare il suo anonimato all’epoca del parto. In questo caso, una pratica medica che comprende delle informazioni mediche sulla madre ed il bambino sono costituite. Solo il medico curante del bambino può avere accesso su autorizzazione del tutore del bambino.
17. L’adozione semplice (“affiliazione”) fu creata in 1942 per portare assistenza ai bambini abbandonati o senza affine di età inferiore a diciotto anni. Alla differenza dell’adozione plenaria, non creava di legame di parentela effettiva e non era necessario che la persona adottata non abbia bambini, ma occorreva che il bambino abbia meno di diciotto anni. L’adozione semplice poteva essere chiesta o col nessuno a cui il bambino era stato affidato, o con l’assistenza pubblica, o con l’individuo che l’alzava della sua propria iniziativa.
18. Gli articoli del codice civile che contempla l’adozione semplice (“affiliazione”) sono stati abrogati in vigore dall’effetto dell’entrata della legge no 184 del 4 maggio 1983, rivista poi dalla legge no 149 di 2001 e col decreto legislativo no 196 del 30 giugno 2003.
19. L’articolo 27 della legge no 184/1983 garantisce il segreto delle origini salvo se l’autorità giudiziale dà un’autorizzazione espressa.
20. L’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983 permette alla madre che decide di non tenere il bambino, di partorire in un ospedale e di guardarsi l’anonimato nella dichiarazione da nascita allo stesso tempo. Questo anonimato ha una durata di cento anni. Dopo questo termine, l’accesso all’atto di nascita è possibile.
21. La decisione di adozione, una volta presa dal tribunale, è comunicata ai servizi dello stato civile per essere menzionata in margine dell’atto di nascita. Le copie degli atti di stato civile dello adottato devono essere rilasciate con la sola indicazione del suo nuovo nome, senza menzione della paternità o della maternità di origine né dell’annotazione relativa all’adozione. Tuttavia, se l’ufficiale di stato civile ha un’autorizzazione espressa del tribunale, può comunicare queste informazioni.
22. L’adottato può avere accesso alle informazione che riguardano le sue origini e l’identità dei suoi genitori col sangue quando ha raggiunto l’età di 25 anni. Può ottenere queste stesse informazione fin dalla maggioranza se esistono dei motivi gravi e provati concernente la sua salute fisica e mentale. La domanda è presentata al tribunale per bambini del luogo di residenza che rende la sua decisione dopo valutazione della situazione particolare ed ascolto delle persone che giudica opportuno di intendere.
23. L’accesso alle informazione è rifiutato quando la madre biologica non ha riconosciuto il bambino alla nascita e quando uno dei genitori biologici ha dichiarato volere non essere nominato nell’atto di nascita o ha dato il suo consenso all’adozione sotto riserva di conservare l’anonimato.
24. Con una sentenza del 16 novembre 2005, la Corte costituzionale si è espressa positivamente sulla questione di sapere se l’impossibilità di aderire alle informazione concernente le origini, senza avere verificato la persistenza della volontà della madre a non essere nominata, era compatibile con gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
25. In particolare, l’alta giurisdizione ha sottolineato che l’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983 mira a proteggere la madre che – nelle circostanze difficili-decido di non tenere il bambino, ne che gli dà la possibilità di partorire in un ospedale e di guardarsi l’anonimato nella dichiarazione da nascita allo stesso tempo. Così, secondo la Corte si permette alla madre di partorire nelle domestiche condizioni impedendolo di prendere delle decisioni irreparabili. Questa possibilità sarebbe più difficile se la disposizione contemplasse la possibilità per la madre di sapere che un giorno, potrebbe essere chiamata dall’autorità giudiziale a confermare o revocare la sua decisione.
26. L’articolo 111, capoverso 7, della Costituzione italiana contempla che: “Il ricorso in cassazione per violazione della legge è ammesso sempre contro i giudizi e le misure toccare alla libertà personale, pronunciata dagli organi giurisdizionali giudiziali o speciali”.
27. Un progetto di legge relativa all’accesso alle origini personali è all’esame del Parlamento italiano dal 2008. Questo progetto di legge insegue due obiettivi principali:
-permettere ed organizzare la reversibilità del segreto senza rimettere in causa le conseguenze giuridiche della decisione inizialmente presa dalla moglie;
-subordinare la levata del segreto all’accordo espresso della madre e del bambino.
Secondo questo progetto di legge, all’età di 25 anni ogni persona adottata e non riconosciuta alla nascita, può chiedere al tribunale per bambini l’accesso alle sue origini sotto riserva dell’accordo della madre. All’epoca della ricerca col bambino delle sue origini, il tribunale per bambini si occuperà di ricercare la madre e di raccogliere il suo consenso per la levata del segreto, questo, nel rispetto della sua vita privata. Se la madre è deceduta e se il padre è deceduto o non è stato identificabile, il tribunale raccoglie gli elementi relativi alla loro identità così come i dati medici permettendo di segnare delle eventuali patologie ereditarie trasmissibili.
B. Il diritto alla cognizione delle sue origini negli altri Stati membri del Consiglio dell’Europa
28. In Europa il parto sotto X o nell’anonimato appare minoritario senza essere per tanto eccezionale. Accanto alla Francia di cui il diritto positivo contempla da numerosi anni il parto sotto X, delle legislazioni, relativamente recente perché decretate durante l’ultimo decennio, organizzano la nascita di bambini in queste condizioni (Austria, Lussemburgo, Russia, Slovacchia).
In Francia, il parto sotto X tende ad avvicinarsi del parto nel segreto come ciò che si usa in Repubblica ceca dove la confidenzialità in quanto ai dati nominativi sulla madre biologica è allora temporanea, e non definitiva, poiché l’accesso a queste informazione è differito nel tempo.
29. La situazione dei bambini nata in seguito ad un parto anonimo o segreto può essere paragonata a queste in che il bambino si trova esposizione alle difficoltà, addirittura l’impossibilità di avere accesso alle sue origini biologiche. La mancanza di menzione dei nomi di uno o dei due genitori può essere prevista dalla legge talvolta, ma questa ipotesi è rarissima (Italia, Lussemburgo, Francia). Spesso, i dati di fatto faranno ostacolo a ciò che l’ufficiale di stato civile possa assolvere completamente l’atto di nascita del bambino; delle azioni in giustizia sono aperte in ricerca di paternité/maternité e sono eventualmente accessibili ad altre persone che il solo bambino. Nonostante il fatto che l’efficacia delle tali azioni possa, avuto riguardo alle circostanze particolari, essere aleatorio, l’esistenza del tali ricorso, permettendo di impegnare delle ricerche sui legami personali tenuti con un bambino nei confronti la sua famiglia biologica, costituisci, per le persone interessate, una garanzia.
30. Peraltro, deve essere constatato che la pratica dell’abbandono di bambino perdura sotto le notizie forme; le “finestre” o “scatole a bambino”, reminiscenza dei turni di abbandono del moyen-âge, conoscono un sviluppo incontestabile. Il bambino sarà, praticamente, nell’impossibilità patrimoniale di aderire alle informazione che riguardano la sua famiglia di origine; lo stato civile darà dei nomi “fittizi” al bambino senza legame con la sua filiazione reale. Il segreto delle circostanze della nascita può essere relativo solamente (Spagna, Ungheria) ma questa relatività implica allora necessariamente che i dati preesistono. Delle azioni giudiziali sono contemplate generalmente al profitto del bambino che ricerca sua madre di nascita (Bulgaria, Croazia, ex Repubblica iugoslava del Macedonia, o della madre che può ricercare il suo bambino (Ucraina).
31. In caso di adozione plenaria, il bambino perde spesso ogni contatto con la sua famiglia di origine; la nuova filiazione cancella totalmente i legami che sono potuti esistere durante la vita anteriore del bambino con altri adulti (Austria, Francia, Monaco, Bulgaria, Russia ed ex Repubblica iugoslava del Macedonia. L’accesso all’atto di nascita è possibile a partire da un’età minima talvolta (Germania, Croazia, Ungheria, Lettonia Portogallo. Il bambino può essere abilitato ad aderire alle informazione più larghe (Bulgaria, Estonia, Lituania, Svizzera, Spagna,), ciò che suppone allora spesso l’impegno di un’azione in giustizia che permette di valutare gli interessi in gioco.
32. Il Regno Unito e l’Irlanda hanno instaurato un meccanismo che permette un avvicinamento delle persone adottate ai dati afferenti alla loro adozione che presenta un grado spinto di conciliazione tra i diritti all’informazione degli interessati ed il rispetto della vita privata e familiare della madre o più largamente della famiglia di origine.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
33. A titolo principale, il Governo sostiene che la richiesta è inammissibile per no-esaurimento delle vie di ricorso interni al motivo che la richiedente non avrebbe introdotto un ricorso straordinario dinnanzi alla Corte di cassazione al senso dell’articolo 111 della Costituzione italiana. Secondo il Governo, questo ricorso è possibile contro le decisioni che hanno carattere décisoire in materia di diritti soggettivi (vedere sentenza della Corte di cassazione no 23032 del 30 ottobre 2009).
34. La richiedente contesta la tesi del Governo e fa osservare che l’azione in causa non è un ricorso “effettivo” dato che il ricorso straordinario in cassazione ai termini dell’articolo 111, capoverso 7, non può essere introdotto quando le decisioni pronunciate in camera di consiglio sono rese in materia di giurisdizione gratuita (“volontaria giurisdizione”), perché queste decisioni, pure coprendo delle posizioni di diritti soggettivi, non hanno nessuno carattere décisoire e non hanno l’efficacia di cosa giudicata, perché sono sempre modificabili con la stessa camera del consiglio.
35. La richiedente ricorda che la posizione della Corte di cassazione è a questo riguardo chiara e la sua giurisprudenza è consolidata sull’inammissibilità del ricorso straordinario. Nota che le decisioni che rilevano della giurisdizione gratuita, in particolare nei casi relativi alla responsabilità parentale, sono private di carattere décisoire e definitivo, e non possono essere sottoposte al ricorso straordinario in cassazione (vedere le sentenze della Corte di Cassazione no 11771 del 14 maggio 2010) no 11756 del 14 maggio 2010, no14091 del 17 giugno 2009, no 24423 del 23 novembre 2007, no 22628 del 20 ottobre 2006, no 11026 del 15 luglio 2003, no 11582 del 2 agosto 2002, no2099 del 14 febbraio 2001, no 1493 del 23 febbraio 1999, no2934 del 20 marzo 1998.
36. La Corte ricorda che incombe sul Governo che eccepisce della no-esaurimento dei ricorsi interni di dimostrare che un ricorso effettivo era tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile, era suscettibile di offrire ai richiedenti il risarcimento dei loro motivi di appello e presentava delle prospettive ragionevoli di successo, V. c. Regno Unito [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999-IX.
37. La Corte nota innanzitutto che la giurisprudenza della Corte di cassazione era molto divisa sul punto di sapere se era possibile ricorrersi in cassazione secondo l’articolo 111 della Costituzione contro una decisione privata di carattere definitivo, preso dalla camera del consiglio in materia di giurisdizione gratuita.
38. Di più, la Corte stima che il Governo non ha dimostrato che un eventuale ricorso in cassazione secondo l’articolo 111 della Costituzione che la richiedente avrebbe potuto formare in quanto all’applicazione dell’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983, aveva delle probabilità di arrivare. Difatti, la Corte di cassazione poteva confermare solamente che le giurisdizioni avevano fatto correttamente applicazione della disposizione legislativa applicabile nello specifico, a sapere l’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184 del 1983, tanto più che la Corte costituzionale aveva giudicato che suddetta legge era conforme alla Costituzione, § 24 sopra,
39. Alla luce di ciò che precede e senza prendere in considerazione lo fa che la giurisprudenza della Corte di cassazione era molto divisa sul punto di sapere se era possibile ricorrersi in cassazione contro una decisione privata di carattere definitivo, preso da una camera di consiglio in materia di giurisdizione gratuita, la Corte considero che nel caso di specifico, un eventuale ricorso straordinario in cassazione secondo l’articolo 111 della Costituzione, non avrebbe avuto per effetto di risanare il motivo di appello del richiedente.
40. Di conseguenza, c’è luogo di respingere l’eccezione di no-esaurimento sollevata dal Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
41. La richiedente si lamenta di non potere ottenere comunicazione di elementi non identificati sulla sua famiglia naturale. Denuncia il pesante danno che ne risulta per lei nella misura in cui è privata della possibilità di conoscere la sua storia personale. Afferma non avere avuto accesso alle informazione non identificati su sua madre e la sua famiglia biologica permettendogli di stabilire alcune radici della sua storia nel rispetto della preservazione degli interessi dei terzo. Afferma, inoltre che nel collocamento in bilancia di due interessi, il legislatore ha dato preferenza ai soli interessi della madre senza che ci sia la possibilità per la richiedente di chiedere come in dritto francesi, la reversibilità del segreto sull’identità della madre sotto riserva dell’accordo di questa. Peraltro, fa valere che era stata oggetto di un’adozione semplice (“affiliazione”) che non creava di legame di parentela effettiva. Invoca l’articolo 8 della Convenzione che è formulata così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
42. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Applicabilità dell’articolo 8
1. Tesi delle parti
a) La richiedente
43. La richiedente sostiene che la sua domanda di ottenimento di informazioni su degli aspetti eminentemente personali della sua storia e della sua infanzia entra nel campo di applicazione dell’articolo 8 della Convenzione. La ricerca della sua identità fa parte integrante della sua “vita privata” ma anche della sua “vita familiare.”
b) Il Governo
44. Il Governo esclude questa ultima ipotesi ricordando che garantendo il diritto al rispetto della vita familiare, l’articolo 8 presuppone l’esistenza di una famiglia, Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie Ha no 31. Se la giurisprudenza non esige una coabitazione tra i differenti membri della “famiglia”, deve esistere a tutto il meno dei rapporti personali stretti tra essi. L’esistenza di legami che dimostrerebbero una relazione affettiva tra due esseri e le loro volontà di intrattenere questa relazione sarebbe fondamentale per gli organi della Convenzione. Questi ultimi stimano anche che il solo legame biologico è insufficiente, mancanza di legami personali stretti tra gli interessati per costituire una vita familiare al senso dell’articolo 8. Nello specifico, il Governo sostiene che non esiste tra la richiedente e sue madri biologica nessuna vita familiare al senso dell’articolo 8 della Convenzione perché la prima non ha visto mai sua madre, al motivo che questa non ha desiderato mai conoscerla e considerarla come il suo bambino. Ha espresso difatti espressamente la sua volontà di abbandonarlo e ha accettato che il suo bambino sia adottato.
2. Valutazione della Corte
45. Nello specifico, la Corte rileva che il questua del richiedente non è di rimettere in causa l’esistenza della sua filiazione adottiva ma di conoscere le circostanze della sua nascita e del suo abbandono che ingloba la cognizione dell’identità dei suoi genitori biologici. Nello specifico, la Corte non è chiamata a determinare se il procedimento che prevede il legame di filiazione tra i richiedenti e sua madre rilevano della “vita familiare” al senso dell’articolo 8, poiché ad ogni modo il diritto di conoscere la sua ascendenza si trovi nel campo di applicazione della nozione di “vita privata” che ingloba degli aspetti importanti dell’identità personale di cui l’identità dei riproduttori fatti parte, Odièvre c. Francia [GC], no 42326/98, § 29, CEDH 2003-III, e Mikulić c. Croazia, no 53176/99, § 53, CEDH 2002-I.
46. La Corte ricorda a questo riguardo che “l’articolo 8 protegge un diritto all’identità ed all’espressione personale e quello di annodare e di sviluppare delle relazioni coi suoi simili ed il mondo esterno. ” A questa espressione contribuiscono la determinazione dei dettagli della sua identità di essere umano e l’interesse vitale, protetto con la Convenzione, ad ottenere delle informazione necessarie alla scoperta della verità che riguarda un aspetto importante della sua identità personale, per esempio l’identità dei suoi riproduttori (Mikulić, precitata, §§ 54 e 64. La nascita, e singolarmente le circostanze di questa, cambio della vita privata del bambino, poi dell’adulto, garanzia con l’articolo 8 della Convenzione che trova così ad applicarsi nello specifico.
47. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) La richiedente
48. La richiedente ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 8 della Convenzione si applica al bambino come alla madre, e che il diritto alla cognizione delle sue origini non può produrre semplicemente l’effetto di denaro l’interesse di una moglie a conservare l’anonimato per salvaguardare la sua salute partorendo nelle condizioni mediche adeguate: il conflitto è tra due interessi privati che toccano due adulti godendo ciascuno dell’autonomia della sua volontà del resto, difficilmente conciliabili in ragione del carattere complesso e delicato della questione che solleva il segreto delle origini allo sguardo del diritto di ciascuno alla sua storia, della scelta dei genitori biologici, del legame familiare che esiste e dei genitori adottivi. Stima che la Corte deve ricercare la ponderatezza degli interessi ed esaminare se il sistema italiano, nel caso di specifico, ha mantenuto un equilibrio ragionevole tra i diritti e gli interessi concorrenti.
49. Difatti, la richiedente fa valere che nessuno altro sistema legislativo non conosce anche un regime di anonimato della maternità spinta, con in cascata il parto segreto e l’abbandono segreto, come è formalizzato e è istituzionalizzato in Italia.
50. Così, la richiedente ricorda che la Convenzione delle Nazioni unite relative ai diritti del bambino del 20 novembre 1989 dispongo che il bambino ha “per quanto possibile fin dalla sua nascita, il diritto di conoscere i suoi genitori” (articolo 7). Parimenti, la Convenzione di L’Aia del 29 maggio 1993 sulla protezione dei bambini e la cooperazione in materia di adozione internazionale, ratificata dall’Italia, contempla che le autorità competenti dello stato contraente badano a conservare le informazione che detengono sulle origini del bambino, in particolare queste relative all’identità di sua madre e di suo padre, così come i dati sul passato medico del bambino e della sua famiglia. Garantiscono l’accesso del bambino o del suo rappresentante a queste informazione coi consigli appropriati, nella misura permessa dalla legge del loro Stato (articolo 30).
51. Nella Raccomandazione 1443 (2000) del 26 gennaio 2000 “Per un rispetto dei diritti del bambino nell’adozione internazionale”, l’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa ha invitato gli Stati “a garantire il diritto del bambino adottato di conoscere al più tardi le sue origini alla sua maggioranza ed ad eliminare delle loro legislazioni nazionali ogni disposizione contraria.”
52. Secondo la richiedente, l’Italia avrebbe superato il limite del suo margine di valutazione perché il sistema messo in posto non tiene conto dell’interesse del bambino. A questo riguardo, ricorda che il sistema italiano è molto differente del sistema francese che la Corte ha esaminato nel causa Odièvre c. Francia ([GC], no 42326/98, CEDH 2003-III, poiché non permette di ottenere delle informazioni relative all’identità della madre e stessi delle informazione non identificati sulla madre e sulla famiglia biologica. Il sistema non contempla l’accesso alla pratica, anche sotto riserva dell’accordo della madre. In queste condizioni l’interesse del bambino alla cognizione delle sue origini è sacrificato interamente, senza nessuno equilibrio tra gli interessi concorrenti e senza ponderatezza di interessi possibili. La legge italiana accetta, come un ostacolo assoluto ad ogni ricerca di informazione impresa col richiedente la decisione della madre, qualunque sia la ragione o la legittimità di questa decisione. In ogni circostanza ed in modo irreversibile, il rifiuto della madre si imporsi al bambino che non dispone di nessuno mezzo giuridico di combattere la volontà unilaterale di questa. La madre dispone così di un diritto puramente discrezionale di mettere al mondo un bambino in sofferenza e di condannarlo, per tutta la sua vita, all’ignoranza. Una preferenza cieca è data ai soli interessi della madre. Di più, la madre può anche, dello stesso modo, paralizzare i diritti dei terzo, in particolare quelli del padre biologico o dei fratelli e sorelle che possono essi anche essere privati dei diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione
53. La richiedente rimprovera all’Italia di non garantire il rispetto della sua vita privata col suo sistema giuridico che, in modo assoluta, fatto ostacolo all’azione in ricerca di maternità quando la madre biologica ha chiesto il segreto e che, soprattutto, non permette la comunicazione di dati non identificati su questa, né tramite i servizi di aiuto sociale all’infanzia né con quello di un altro organismo che gli darebbe accesso a queste informazioni.
54. Inoltre, la richiedente sostiene che anche se ha chiesto l’accesso alle origini all’età adulta, l’interesse vitale degli individui ad ottenere le informazione necessarie alla scoperta della verità che riguarda un aspetto importante della loro identità personale, parte integrante del diritto ha la vita privata ai termini dell’articolo 8 della Convenzione, è un diritto soggettivo e reazionario-personale e dunque imprescrittibile.
b) Il Governo
55. Il Governo ricorda che la possibilità per una moglie di chiedere il segreto del suo parto e della sua identità risulti dall’articolo 250 del codice civile e dell’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983 che garantisce il segreto delle origini, salvo se l’autorità giudiziale dà un’autorizzazione espressa. Si tratta bene, secondo il Governo, di un’ingerenza prevista dalla legge che ha anche una finalità di protezione dell’interesse generale.
56. Il Governo non nega che la nozione di vita privata, mira anche con l’articolo 8 della Convenzione, possa inglobare gli elementi di identificazione fisica e sociale dell’individuo talvolta. Tuttavia, ricorda che lo stato non ha negato di fornire delle informazioni al richiedente ma ha tenuto conto della volontà di sua madre che ha rifiutato, fin dalla partenza, di vedere comunicare la sua identità.
57. Sulla proporzionalità dell’ingerenza, il Governo rileva che la domanda eventuale del bambino di avere accesso alla sua identità può introdurre in conflitto con la libertà di ogni moglie di rifiutare il suo statuto di madre e di non assumere il suo bambino. Il diritto italiano considera la maternità come uno degli aspetti della vita privata che è a questo titolo protetto dalla legge. Questa protezione è stata confermata dalla Corte costituzionale che ha dichiarato male fondata la domanda di controllo di costituzionalità dell’articolo 28, capoverso 7 della legge no 184 del 1983. La Corte costituzionale ha affermato che la legge no 149 del 28 marzo 2001 che ha modificato la legge no 184/1983, ha introdotto nel nuovo articolo 28, capoverso 1, l’obbligo per i genitori adottivi di informare il minore adottato della sua condizione. Se i genitori adottivi non hanno permesso al richiedente di conoscere le sue origini, è importante di rilevare che la richiedente ha deciso di chiedere solamente delle informazione sulle sue origini nel 2006.
58. Secondo il Governo, la Corte dovrebbe prendere in conto lo fa che la richiedente che ha quasi oggi settant’ anni, è stata adottata fin dall’età di sei anni e che la levata non consensuale del segreto della sua nascita potrebbe rivelarsi molto difficile a questo stadio, avuto riguardo ai possibili rischi non trascurabili per la sua salute e per la sua famiglia reale.
59. Il Governo stima che quando due interessi privati si trovano in conflitto, lo stato dispone di un certo margine di valutazione che è rinforzata del resto, nello specifico, nella misura in cui non esiste sulla questione dell’accesso del bambino alla cognizione delle sue origini nessuno consenso al piano europeo.
2. Valutazione della Corte
60. La Corte ricorda che se l’articolo 8 tende per l’essenziale a premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, non si accontenta di comandare allo stato di astenersi delle uguali ingerenze: degli obblighi positivi inerenti possono aggiungersi a questo impegno piuttosto negativo ad un rispetto effettivo della vita privata. Possono implicare l’adozione di misure che mirano al rispetto della vita privata fino nelle relazioni degli individui tra essi, X e Ci c. Paesi Bassi, sentenza del 26 marzo 1985, § 23, serie Ha no 91. La frontiera tra gli obblighi positive e negative dello stato a titolo dell’articolo 8 non si presta ad una definizione precisa; i principi applicabili sono tuttavia comparabili. In particolare, nei due casi, bisogna avere esattamente riguardo equilibrio a predisporre tra gli interessi concorrenti; parimenti, nelle due ipotesi, lo stato gode di un certo margine di valutazione (Mikulić precitata, § 58,).
61. Siccome era il caso nella causa Odièvre, precitata, la richiedente rimprovera allo stato convenuto di non garantire il rispetto della sua vita privata col suo sistema giuridico che fatto ostacolo, in modo assoluta, all’azione in ricerca di maternità quando la madre biologica ha chiesto il segreto e che, soprattutto, non permette la comunicazione di dati non identificati su questa, né tramite i servizi di aiuto sociale all’infanzia né con quello di un altro organismo che gli darebbe accesso a queste informazioni.
62. La Corte ricorda avere sottolineato già (Odièvre, precitata § 43, che la questione dell’accesso alle sue origini e della cognizione dell’identità dei suoi genitori biologici non è parimenti al naturale che quella dell’accesso alla pratica personale invalsa su un bambino prese incaricato o quella della ricerca delle prove di una paternità addotta. La Corte si trova, difatti, nel caso di specifico in presenza di una persona dotata di una filiazione adottiva che ricerca un’altra persona, sua madre biologica che l’ha abbandonata fin dalla sua nascita e che ha chiesto espressamente il segreto di questa.
63. La Corte nota che l’espressione “ogni persona” dell’articolo 8 della Convenzione si applica al bambino come alla madre. Da un lato, c’è il diritto del bambino alla cognizione delle sue origini che trova il suo fondamento nella nozione di vita privata (vedere sopra § 45). L’interesse vitale del bambino nella sua espressione è anche largamente riconosciuto nell’economia generale della Convenzione (vedere, tra molto altri, i sentenze Johansen c. Norvegia, 7 agosto 1996, § 78, Raccolta 1996-III, Mikulić precitata, § 64, o Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 66, CEDH 2002-I. Dell’altro, non si saprebbe negare l’interesse di una moglie a conservare l’anonimato per salvaguardare la sua salute partorendo nelle condizioni mediche adeguate.
64. L’interesse generale non è neanche assente nella misura in cui la legge italiana si inserisce nella preoccupazione di proteggere la salute della madre e del bambino all’epoca della gravidanza e del parto e di evitare degli aborti clandestini, o degli abbandoni “selvaggi.”
65. La Corte ricorda che la scelta delle misure proprie a garantire l’osservazione dell’articolo 8 della Convenzione nei rapporti interindividuali rilevi in principio del margine di valutazione degli Stati contraenti. Esistono a questo riguardo differenti modi di garantire il rispetto della vita privata e la natura dell’obbligo dello stato dipende dell’aspetto della vita privata che si trova in causa (Odièvre, precitata, § 46. Ora, l’ampiezza di questo margine di valutazione dello stato dipende non solo dall’o dei diritti riguardati ma anche, per ogni diritto, della natura stessa di ciò che è in causa. La Corte considera che il diritto all’identità di cui rileva il diritto di conoscere la sua ascendenza, fatta parte integrante della nozione di vita privata. In simile caso, un esame di tanto più approfonditi si imporsi per pesare gli interessi concorrenti.
66. La Corte deve ricercare se, nello specifico, un giusto equilibrio è stato predisposto da un lato nella ponderatezza dei diritti e degli interessi concorrenti, a sapere, quello del richiedente a conoscere le sue origini e, dell’altro, quello della madre a tenere l’anonimato.
67. La Corte ha affermato che gli Stati devono potere scegliere i mezzi che stimano più adattati per garantire equamente la conciliazione tra le protezioni della madre e la domanda legittime dell’interessata ad avere accesso alle sue origini nel rispetto dell’interesse generale.
68. Nello specifico, la Corte osserva che, contrariamente alla situazione nel causa Odièvre, precitata § 48, la richiedente non ha avuto accesso a nessuna informazione su sua madre e la sua famiglia biologica permettendogli di stabilire alcune radici della sua storia nel rispetto della preservazione degli interessi dei terzo. Senza un pesata dei diritti e degli interessi in presenza e senza nessuna possibilità di ricorso, la richiedente si è visto opporre un rifiuto assoluto e definitivo di aderire alle sue origini personali.
69. Se è vero che la richiedente che è vecchia oggi di sessantanove anni, ha potuto costruire la sua personalità stessa nella mancanza di informazione in quanto all’identità di sua madre biologica, bisogna ammettere che l’interesse che può avere un individuo a conoscere la sua ascendenza non cessi per niente con l’età, bene al contrario. La richiedente ha dimostrato un interesse autentico a conoscere l’identità di sua madre del resto, poiché ha tentato di acquisire a questo riguardo una certezza. Un tale comportamento suppone delle sofferenze giuridiche e psichiche, anche se non sono constatate da un punto di vista medico, Jäggi c. Svizzera, no 58757/00, § 40, CEDH 2006-X.
70. La Corte nota che alla differenza del sistema francese esaminato nel sentenza Odièvre, la legislazione italiana non tenta di predisporre nessuno equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti ne causano. Nella mancanza di ogni meccanismo destinato a mettere in bilancia il diritto del richiedente a conoscere le sue origini coi diritti e gli interessi della madre a mantenere il suo anonimato, una preferenza cieca è data inevitabilmente a questa ultima. Peraltro, nel sentenza Odièvre, la Corte osserva che la nuova legge del 22 gennaio 2002 rinforzo la possibilità di togliere il segreto dell’identità e facilita la ricerca delle origini biologiche grazie al collocamento in posto di un Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali. Di applicazione immediata, permette oramai alle persone interessate di sollecitare la reversibilità del segreto dell’identità della madre, sotto riserva dell’accordo di questa (§ 49), così come di avere accesso alle informazione non identificati. In Italia, il progetto di legge di riforma della legge no 184/1983 è sempre in esame al Parlamento dal 2008, § 27 sopra.
71. Nel caso di specifico, la Corte nota che, se la madre biologica ha deciso di tenere l’anonimato, la legislazione italiana non dà nessuna possibilità al bambino adottato e non riconosciuto alla nascita di chiedere sia l’accesso alle informazione non identificati sulle sue origini, o la reversibilità del segreto. In queste condizioni, la Corte stima che l’Italia non ha cercato a stabilire un equilibrio ed una proporzionalità tra gli interessi delle parti riguardate e ha superato dunque il margine di valutazione che deve essere riconosciutagli.
72. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
73. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
74. La richiedente richiede 250 000 euro (EUR, a titolo del danno giuridico che avrebbe subito,).
75. Il Governo si oppone e stimi che nessuna indennità deve essere riconosciuta al richiedente.
76. La Corte considera che l’interessata ha potuto provare un certo sconforto affettivo e dell’angoscia in ragione dell’impossibilità di aderire alle informazione che riguardano le sue origini e stima che c’è luogo di concedere 5 000 EUR per il danno giuridico.
B. Oneri e spese
77. Giustificativi in appoggio, la richiedente chiede anche 18 821 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
78. Il Governo contesta queste pretese.
79. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 10 000 EUR ogni onere confuso e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
80. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;

2. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

3. Stabilisce, per sei voci contro una,
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 5 000 EUR, cinquemila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, per danno giuridico,;
ii, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;

4. Respinge, all’unanimità, la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 25 settembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice A. Sajó.
F.T.
F.E.P.

OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE SAJÓ
(Traduzione)
Devo, a malincuore, segnare il mio dissenso col parere della maggioranza secondo che c’è stata nella specifico violazione dell’articolo 8.
In una situazione dove i diritti consacrati dalla Convenzione di due titolari di diritti sono in conflitto, il ruolo della Corte è di badare a ciò che un giusto equilibrio sia predisposto nella causa. Ciò suppone che si lasci alle autorità nazionali un margine di valutazione adeguata alle fini del collocamento in bilancia, la Corte che ha un ruolo di sorveglianza. “Se il collocamento in bilancia con le autorità nazionali si è fatto nel rispetto dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, occorre delle ragioni serie affinché questa sostituisce il suo parere a quello delle giurisdizioni interne”, Von Hannover c. Germania (no 2) [GC], numeri 40660/08 e 60641/08, § 107, CEDH 2012.
Questa causa riguarda il collocamento in bilancia tra i diritti della madre, fondato sull’articolo 8, di non rivelare di informazione su un aspetto di più intimo della sua vita, ed il diritto del suo bambino-la richiedente-di conoscere le sue origini. Se fosse là la sola questione sollevata dalla causa, non farei nessuno fatica ad adottare gli argomenti della maggioranza. Di più, uniche le ragioni più imperiose sono accettabili quando un diritto è negato in ogni circostanza con un’interdizione generale. Però, la legislazione, con la sua interdizione assoluta di divulgare delle informazione concernente la madre, nel caso in cui questa ha rifiutato uguale divulgazione in applicazione di questa legislazione, serve ragionevolmente i diritti riconosciuti dalla Convenzione, al di là del campo di applicazione dell’articolo 8. La protezione dell’anonimato è una misura che concorre al diritto alla vita del bambino: nello specifico, la possibilità del parto sotto X, associata alle garanzie assolute dell’anonimato, ha contribuito probabilmente a permettere la nascita del richiedente, e che è più la sua nascita nelle circostanze dove i rischi per la sua salute o quella di sua madre era allontanato. L’anonimato è legato all’obbligo dello stato di proteggere il diritto alla vita che è l’emanazione diretta di più alta dei valori difesi dalla Convenzione. In dispetto dell’idea generalmente applicabile secondo la quale tutti i diritti consacrati dalla Convenzione sono uguali nell’astratto, il diritto alla vita è riconosciuto come essendo un diritto supremo. Il diritto alla vita è protetto certo, solamente in modo indiretta con l’anonimato. Però, questa supremazia è al mio senso determini nel collocamento in bilancia che non può limitarsi al conflitto tra due persone titolari di diritti allo sguardo dell’articolo 8. Aggiungerò che la richiedente-contrariamente alla posizione presa nel causa Jäggi c. Svizzera (no 58757/00) § 44, CEDH 2006-X, ed al paragrafo 67 della presente sentenza-non ha fatto orologio di una preoccupazione particolare e duratura in quanto alle sue origini, poiché ha aspettato ventitre anni prima di investire la giustizia. Se mi apparteneva di procedere al collocamento in bilancia, è là un aspetto che prenderei in considerazione. Però, tale non è qui la mia missione. Il collocamento in bilancia è stato effettuato dalla Corte costituzionale italiana in una causa simile, sentenza no 425/2005.
“In una causa conclusione di una richiesta individuale, la Corte non ha per compito di controllare nell’astratto una legislazione o una pratica contestata, ma deve limitarsi per quanto possibile, senza dimenticare il contesto generale, a trattare le questioni sollevate dal caso concreto di cui si trova sequestro. Non ha a sostituire la sua propria valutazione a quella delle autorità nazionali competenti che si trattano di determinare il migliore mezzo di regolamentare le questioni”, S. H. ed altri c dunque. Austria [GC], no 57813/00, § 92, CEDH 2011 che pone il parto sotto X. non appartiene alla Corte di controllare la necessità dell’interdizione assoluta, giudicata costituzionale col legislatore italiano, dal momento che questa misura non è arbitraria e che il collocamento in bilancia tiene ragionevolmente conto dell’insieme dei diritti in gioco. È vero che non disponiamo di nessuno studio conosciuto che mostra che la garanzia dell’anonimato ha fatto sminuire bene il numero di aborti, e che non abbiamo neanche informazione sul sentimento di sollievo che la garanzia dell’anonimato porterebbe alle madri. Però, la misura in questione non è certamente arbitraria, e numero di mogli conta veramente sulle garanzie del sistema. Se lei presente causa era caduta sugli evidenziatore genetici del richiedente che questa avrebbe avuto bisogno di conoscere per le ragioni di salute, i miei conclusioni sarebbero stati forse differenti; ma lo specifico cade sull’interesse di una signora di un’età rispettabile che non ha avuto bisogno, per costruire la sua personalità, di conoscere certi elementi specifici. La Corte costituzionale italiana ha preso in conto l’insieme degli aspetti pertinenti della situazione, e ha non c’in questa causa nessuno elemento particolare che comanderebbe che il si scosta dei conclusioni di questa giurisdizione.

Testo Tradotto

Conclusion : Violation de l’article 8 – Droit au respect de la vie privée et familiale (Article 8-1 – Respect de la vie privée)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE GODELLI c. ITALIE

(Requête no 33783/09)

ARRÊT

STRASBOURG

25 septembre 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Godelli c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 28 août,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 33783/09) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante de cet Etat, OMISSIS(« la requérante »), a saisi la Cour le 16 juin 2009 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par OMISSIS, avocat à Trieste. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora.
3. La requérante allègue que le secret de sa naissance et l’impossibilité qui en résulte pour elle de connaître ses origines constituent une violation de son droit au respect de sa vie privée et familiale garanti par l’article 8 de la Convention.
4. Le 9 novembre 2010, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante, née le 28 mars 1943 à Trieste, fut abandonnée par sa mère biologique.
6. Il ressort de l’acte de naissance que :
« En ce jour, le 28 mars 1943, à 7 heures 30, une femme, qui ne consentait pas à être nommée, donna naissance à une fille. »
7. La requérante fut d’abord placée dans un orphelinat et ensuite confiée à la famille OMISSIS. A l’âge de six ans, par une décision du juge des tutelles de Trieste du 10 octobre 1949, elle fit l’objet d’une adoption simple (« affiliazione ») par les époux OMISSIS.
8. A l’âge de dix ans, la requérante ayant appris qu’elle n’était pas la fille biologique de ses parents, leur demanda à pouvoir connaître ses origines, mais elle n’obtint aucune réponse. A une date non précisée, elle découvrit qu’une petite fille qui vivait dans son village, née le même jour qu’elle, avait été abandonnée et ensuite elle avait fait l’objet d’une adoption simple (« affiliazione ») par une autre famille. La requérante soupçonnait qu’il s’agissait de sa sœur jumelle. Les parents adoptifs des deux filles empêchèrent les contacts entre elles.
9. La requérante affirme avoir vécu une enfance très difficile en raison de l’impossibilité de connaître ses origines.
10. En 2006, la requérante demanda au bureau de l’état civil de la mairie de Trieste des renseignements sur ses origines, conformément à l’article 28 de la loi no 184 du 4 mai 1983 (la loi sur l’adoption : « la loi no 184/1993 »), étant donné que la réglementation régissant l’adoption simple (« affiliazione ») avait été abrogée par cette loi. Le bureau de l’état civil donna à la requérante son acte de naissance dans lequel n’apparaissait pas le nom de la mère biologique puisque celle-ci n’avait pas consenti à la divulgation de son identité.
11. Le 19 mars 2007, la requérante introduisit un recours devant le tribunal de Trieste pour demander, conformément à l’article 96 du décret du Président de la République no 396/2000, la rectification de son acte de naissance. Le 4 mai 2007, le tribunal se déclara incompétent et rejeta le recours au motif que l’article 28, alinéa 5, de la loi no 184/1983, prévoyait qu’en ce qui concerne l’accès aux informations sur les parents biologiques, après l’âge de vingt-cinq ans, le tribunal compétent était le tribunal pour enfants.
12. Le 5 juin 2007, la requérante saisit le tribunal pour enfants de Trieste. Le 11 juin 2008, le tribunal rejeta la demande puisque, conformément à l’article 28, alinéa 7, de la loi no 184/983, l’accès aux informations sur ses origines était interdit car la mère, au moment de la naissance de la requérante n’avait pas consenti à la divulgation de son identité.
13. La requérante saisit la cour d’appel. Par une décision du 23 décembre 2008, la cour d’appel rejeta son recours.
14. En particulier, la cour observa que le tribunal pour enfants avait souligné que la mère biologique de la requérante avait demandé le secret de son identité et que le tribunal avait donc correctement fait application de l’article 28, alinéa 7, de la loi no 184 de 1983, même si la requérante avait fait l’objet d’une adoption simple, compte tenu de ce que l’adoption simple créait néanmoins un statut familial. Par ailleurs, la cour d’appel souligna que l’alinéa 7 de l’article 28 visait à garantir le respect de la volonté de la mère. L’interdiction pour la requérante d’accéder aux informations concernant ses origines répondait également à un intérêt public.
15. La requérante ne se pourvut pas en cassation.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNE ET LE DROIT COMPARE PERTINENTS
A. Le droit et la pratique internes
16. L’article 250 du code civil accorde à un des parents la possibilité de ne pas reconnaître son enfant. Pour cela, la mère doit demander à l’hôpital de préserver son anonymat lors de l’accouchement. Dans ce cas, un dossier médical comportant des renseignements médicaux sur la mère et l’enfant est constitué. Seul le médecin traitant de l’enfant peut y avoir accès sur autorisation du tuteur de l’enfant.
17. L’adoption simple (« affiliazione ») fut créée en 1942 pour porter assistance aux enfants abandonnés ou sans parent d’âge inferieur à dix-huit ans. A la différence de l’adoption plénière, elle ne créait pas de lien de parenté effectif et il n’était pas nécessaire que la personne adoptée n’ait pas d’enfants, mais il fallait que l’enfant ait moins de dix-huit ans. L’adoption simple pouvait être demandée soit par la personne à qui l’enfant avait été confié, soit par l’Assistance publique, soit par le particulier qui l’élevait de sa propre initiative.
18. Les articles du code civil prévoyant l’adoption simple (« affiliazione ») ont été abrogés par l’effet de l’entrée en vigueur de la loi no 184 du 4 mai 1983 (révisée ensuite par la loi no 149 de 2001 et par le décret législatif no 196 du 30 juin 2003).
19. L’article 27 de la loi no 184/1983 garantit le secret des origines sauf si l’autorité judiciaire donne une autorisation expresse.
20. L’article 28, alinéa 7, de la loi no 184/1983 permet à la mère, qui décide de ne pas garder l’enfant, d’accoucher dans un hôpital et de garder en même temps l’anonymat dans la déclaration de naissance. Cet anonymat a une durée de cent ans. Après ce délai, l’accès à l’acte de naissance est possible.
21. La décision d’adoption, une fois prise par le tribunal, est communiquée aux services de l’état civil pour être mentionnée en marge de l’acte de naissance. Les copies des actes d’état civil de l’adopté doivent être délivrées avec la seule indication de son nouveau nom, sans mention de la paternité ou de la maternité d’origine ni de l’annotation relative à l’adoption. Toutefois, si l’officier d’état civil a une autorisation expresse du tribunal, il peut communiquer ces renseignements.
22. L’adopté peut avoir accès aux informations concernant ses origines et l’identité de ses parents par le sang lorsqu’il a atteint l’âge de 25 ans. Il peut obtenir ces mêmes informations dès la majorité s’il existe des motifs graves et prouvés concernant sa santé physique et mentale. La demande est présentée au tribunal pour enfants du lieu de résidence, qui rend sa décision après évaluation de la situation particulière et audition des personnes qu’il juge opportun d’entendre.
23. L’accès aux informations est refusé lorsque la mère biologique n’a pas reconnu l’enfant à la naissance et lorsque l’un des parents biologiques a déclaré ne pas vouloir être nommé dans l’acte de naissance ou a donné son consentement à l’adoption sous réserve de conserver l’anonymat.
24. Par un arrêt du 16 novembre 2005, la Cour constitutionnelle s’est exprimé positivement sur la question de savoir si l’impossibilité d’accéder aux informations concernant les origines, sans avoir vérifié la persistance de la volonté de la mère à ne pas être nommée, était compatible avec les articles 2, 3 et 32 de la Constitution.
25. En particulier, la haute juridiction a souligné que l’article 28, alinéa 7, de la loi no 184/1983 vise à protéger la mère, qui – dans des circonstances difficiles – décide de ne pas garder l’enfant, en lui donnant la possibilité d’accoucher dans un hôpital et de garder en même temps l’anonymat dans la déclaration de naissance. De cette manière, selon la Cour on permet à la mère d’accoucher dans de bonnes conditions en l’empêchant de prendre des décisions irréparables. Cette possibilité serait plus difficile si la disposition prévoyait la possibilité pour la mère de savoir qu’un jour, elle pourrait être appelée par l’autorité judiciaire à confirmer ou révoquer sa décision.
26. L’article 111, alinéa 7, de la Constitution italienne prévoit que : « Le pourvoi en cassation pour violation de la loi est toujours admis contre les jugements et les mesures touchant à la liberté personnelle, prononcés par les organes juridictionnels judiciaires ou spéciaux ».
27. Un projet de loi relatif à l’accès aux origines personnelles est à l’examen du Parlement italien depuis 2008. Ce projet de loi poursuit deux objectifs principaux :
– permettre et organiser la réversibilité du secret sans remettre en cause les conséquences juridiques de la décision initialement prise par la femme ;
– subordonner la levée du secret à l’accord exprès de la mère et de l’enfant.
Selon ce projet de loi, à l’âge de 25 ans toute personne adoptée et non reconnue à la naissance, peut demander au tribunal pour enfants l’accès à ses origines sous réserve de l’accord de la mère. Lors de la recherche par l’enfant de ses origines, le tribunal pour enfants se chargera de rechercher la mère et de recueillir son consentement pour la levée du secret, ceci, dans le respect de sa vie privée. Si la mère est décédée et si le père est décédé ou n’est pas identifiable, le tribunal recueille les éléments relatifs à leur identité ainsi que les données médicales permettant de repérer d’éventuelles pathologies héréditaires transmissibles.
B. Le droit à la connaissance de ses origines dans les autres Etats membres du Conseil de l’Europe
28. En Europe l’accouchement sous X ou dans l’anonymat apparaît minoritaire sans être pour autant exceptionnel. A côté de la France dont le droit positif prévoit depuis de nombreuses années l’accouchement sous X, des législations, relativement récentes car édictées au cours de la dernière décennie, organisent la naissance d’enfants dans ces conditions (Autriche, Luxembourg, Russie, Slovaquie).
En France, l’accouchement sous X tend à se rapprocher de l’accouchement dans le secret à l’instar de ce qui se pratique en République tchèque où la confidentialité quant aux données nominatives sur la mère biologique est alors temporaire, et non définitive, puisque l’accès à ces informations est différé dans le temps.
29. La situation des enfants nés à la suite d’un accouchement anonyme ou secret peut être comparée à celles dans lesquelles l’enfant se trouve exposé à des difficultés, voire l’impossibilité d’avoir accès à ses origines biologiques. L’absence de mention des noms de l’un ou des deux parents peut parfois être prévue par la loi, mais cette hypothèse est rarissime (Italie, Luxembourg, France). Le plus souvent, les données de fait feront obstacle à ce que l’officier d’état civil puisse remplir complètement l’acte de naissance de l’enfant ; des actions en justice sont ouvertes en recherche de paternité/maternité et sont éventuellement accessibles à d’autres personnes que le seul enfant. Nonobstant le fait que l’efficacité de telles actions puisse, eu égard aux circonstances particulières, être aléatoire, l’existence de tels recours, permettant d’engager des recherches sur les liens personnels entretenus par un enfant vis-à-vis de sa famille biologique, constitue, pour les personnes intéressées, une garantie.
30. Par ailleurs, il doit être constaté que la pratique de l’abandon d’enfant perdure sous de nouvelles formes ; les « fenêtres » ou « boîtes à bébé », réminiscence des tours d’abandon du moyen-âge, connaissent un développement incontestable. L’enfant sera, pratiquement, dans l’impossibilité matérielle d’accéder à des informations concernant sa famille d’origine ; l’état civil donnera des noms « fictifs » à l’enfant sans lien avec sa filiation réelle. Le secret des circonstances de la naissance peut n’être que relatif (Espagne, Hongrie) mais cette relativité implique alors nécessairement que des données préexistent. Des actions judiciaires sont généralement prévues au profit de l’enfant recherchant sa mère de naissance (Bulgarie, Croatie, ex République yougoslave de Macédoine) ou de la mère qui peut rechercher son enfant (Ukraine).
31. En cas d’adoption plénière, l’enfant perd souvent tout contact avec sa famille d’origine ; la nouvelle filiation efface totalement les liens qui ont pu exister au cours de la vie antérieure de l’enfant avec d’autres adultes (Autriche, France, Monaco, Bulgarie, Russie et ex République yougoslave de Macédoine). L’accès à l’acte de naissance est parfois possible à partir d’un âge minimum (Allemagne, Croatie, Hongrie, Lettonie Portugal). L’enfant peut être habilité à accéder à des informations plus larges (Bulgarie, Estonie, Lituanie, Suisse, Espagne,), ce qui suppose alors souvent l’engagement d’une action en justice qui permet d’apprécier les intérêts en jeu.
32. Le Royaume-Uni et l’Irlande ont instauré un mécanisme permettant un rapprochement des personnes adoptées aux données afférentes à leur adoption présentant un degré poussé de conciliation entre le droit à l’information des intéressés et le respect de la vie privée et familiale de la mère ou plus largement de la famille d’origine.
EN DROIT
I. SUR L’EXCEPTION PRÉLIMINAIRE DU GOUVERNEMENT
33. A titre principal, le Gouvernement soutient que la requête est irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes au motif que la requérante n’aurait pas introduit un recours extraordinaire devant la Cour de cassation au sens de l’article 111 de la Constitution italienne. Selon le Gouvernement, ce recours est possible contre les décisions ayant caractère décisoire en matière de droits subjectifs (voir arrêt de la Cour de cassation no 23032 du 30 octobre 2009).
34. La requérante conteste la thèse du Gouvernement et fait observer que l’action en cause n’est pas un recours « effectif » étant donné que le recours extraordinaire en cassation aux termes de l’article 111, alinéa 7, ne peut pas être introduit lorsque les décisions prononcées en chambre de conseil sont rendues en matière de juridiction gracieuse (« volontaria giurisdizione »), car ces décisions, tout en couvrant des positions de droits subjectifs, n’ont aucun caractère décisoire et elles n’ont pas l’efficacité de chose jugée, car elles sont toujours modifiables par la même chambre du conseil.
35. La requérante rappelle que la position de la Cour de cassation à cet égard est claire et sa jurisprudence est consolidée sur l’irrecevabilité du recours extraordinaire. Elle note que les décisions qui relèvent de la juridiction gracieuse, notamment dans les cas relatifs à la responsabilité parentale, sont dépourvues de caractère décisoire et définitif, et ne peuvent pas être soumises au recours extraordinaire en cassation (voir les arrêts de la Cour de Cassation no 11771 du 14 mai 2010, no 11756 du 14 mai 2010, no14091 du 17 juin 2009, no 24423 du 23 novembre 2007, no 22628 du 20 octobre 2006, no 11026 du 15 juillet 2003, no 11582 du 2 août 2002, no2099 du 14 février 2001, no 1493 du 23 février 1999, no2934 du 20 mars 1998).
36. La Cour rappelle qu’il incombe au Gouvernement excipant du non-épuisement des recours internes de démontrer qu’un recours effectif était disponible tant en théorie qu’en pratique à l’époque des faits, c’est-à-dire qu’il était accessible, était susceptible d’offrir aux requérants la réparation de leurs griefs et présentait des perspectives raisonnables de succès (V. c. Royaume-Uni [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999-IX).
37. La Cour note tout d’abord que la jurisprudence de la Cour de cassation était très partagée sur le point de savoir s’il était possible de se pourvoir en cassation selon l’article 111 de la Constitution contre une décision dépourvue de caractère définitif, prise par la chambre du conseil en matière de juridiction gracieuse.
38. De plus, la Cour estime que le Gouvernement n’a pas démontré qu’un éventuel pourvoi en cassation selon l’article 111 de la Constitution que la requérante aurait pu former quant à l’application de l’article 28, alinéa 7, de la loi no 184/1983, avait des chances d’aboutir. En effet, la Cour de cassation ne pouvait que confirmer que les juridictions avaient correctement fait application de la disposition législative applicable en l’espèce, à savoir l’article 28, alinéa 7, de la loi no 184 de 1983, d’autant plus que la Cour constitutionnelle avait jugé que ladite loi était conforme à la Constitution (§ 24 ci-dessus)
39. A la lumière de ce qui précède et sans prendre en considération le fait que la jurisprudence de la Cour de cassation était très partagée sur le point de savoir s’il était possible de se pourvoir en cassation contre une décision dépourvue de caractère définitif, prise par une chambre de conseil en matière de juridiction gracieuse, la Cour considère que dans le cas d’espèce, un éventuel recours extraordinaire en cassation selon l’article 111 de la Constitution, n’aurait pas eu pour effet de redresser le grief de la requérante.
40. Par conséquent, il y a lieu de rejeter l’exception de non-épuisement soulevée par le Gouvernement.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
41. La requérante se plaint de ne pas pouvoir obtenir communication d’éléments non identifiants sur sa famille naturelle. Elle dénonce le lourd préjudice qui en résulte pour elle dans la mesure où elle est privée de la possibilité de connaître son histoire personnelle. Elle affirme ne pas avoir eu accès à des informations non identifiantes sur sa mère et sa famille biologique lui permettant d’établir quelques racines de son histoire dans le respect de la préservation des intérêts des tiers. Elle affirme, en outre, que dans la mise en balance de deux intérêts, le législateur a donné préférence aux seuls intérêts de la mère sans qu’il y ait la possibilité pour la requérante de demander, comme en droit français, la réversibilité du secret sur l’identité de la mère sous réserve de l’accord de celle-ci. Par ailleurs, elle fait valoir qu’elle avait fait l’objet d’une adoption simple (« affiliazione ») qui ne créait pas de lien de parenté effectif. Elle invoque l’article 8 de la Convention qui est ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
42. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Applicabilité de l’article 8
1. Thèses des parties
a) La requérante
43. La requérante soutient que sa demande d’obtention de renseignements sur des aspects éminemment personnels de son histoire et de son enfance entre dans le champ d’application de l’article 8 de la Convention. La recherche de son identité fait partie intégrante de sa « vie privée » mais également de sa « vie familiale ».
b) Le Gouvernement
44. Le Gouvernement exclut cette dernière hypothèse en rappelant qu’en garantissant le droit au respect de la vie familiale, l’article 8 présuppose l’existence d’une famille (Marckx c. Belgique, arrêt du 13 juin 1979, série A no 31). Si la jurisprudence n’exige pas une cohabitation entre les différents membres de la « famille », il doit exister à tout le moins des rapports personnels étroits entre eux. L’existence de liens qui démontreraient une relation affective entre deux êtres et leur volonté d’entretenir cette relation serait primordiale pour les organes de la Convention. Ces derniers estiment même que le seul lien biologique est insuffisant, faute de liens personnels étroits entre les intéressés pour constituer une vie familiale au sens de l’article 8. En l’espèce, le Gouvernement soutient qu’il n’existe entre la requérante et sa mère biologique aucune vie familiale au sens de l’article 8 de la Convention car la première n’a jamais vu sa mère, au motif que celle-ci n’a jamais souhaité la connaître et la considérer comme son enfant. Elle a en effet expressément manifesté sa volonté de l’abandonner et a accepté que son enfant soit adoptée.
2. Appréciation de la Cour
45. En l’espèce, la Cour relève que la quête de la requérante n’est pas de remettre en cause l’existence de sa filiation adoptive mais de connaître les circonstances de sa naissance et de son abandon englobant la connaissance de l’identité de ses parents biologiques. En l’espèce, la Cour n’est pas appelée à déterminer si la procédure visant le lien de filiation entre la requérante et sa mère relève de la « vie familiale » au sens de l’article 8, puisqu’en tout état de cause le droit de connaître son ascendance se trouve dans le champ d’application de la notion de « vie privée », qui englobe des aspects importants de l’identité personnelle dont l’identité des géniteurs fait partie (Odièvre c. France [GC], no 42326/98, § 29, CEDH 2003 III, et Mikulić c. Croatie, no 53176/99, § 53, CEDH 2002 I).
46. La Cour rappelle à cet égard que « l’article 8 protège un droit à l’identité et à l’épanouissement personnel et celui de nouer et de développer des relations avec ses semblables et le monde extérieur. » A cet épanouissement contribuent l’établissement des détails de son identité d’être humain et l’intérêt vital, protégé par la Convention, à obtenir des informations nécessaires à la découverte de la vérité concernant un aspect important de son identité personnelle, par exemple l’identité de ses géniteurs (Mikulić, précité, §§ 54 et 64). La naissance, et singulièrement les circonstances de celle-ci, relève de la vie privée de l’enfant, puis de l’adulte, garantie par l’article 8 de la Convention qui trouve ainsi à s’appliquer en l’espèce.
47. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
a) La requérante
48. La requérante rappelle que, selon la jurisprudence de la Cour, l’article 8 de la Convention s’applique à l’enfant comme à la mère, et que le droit à la connaissance de ses origines ne peut pas produire l’effet de denier simplement l’intérêt d’une femme à conserver l’anonymat pour sauvegarder sa santé en accouchant dans des conditions médicales appropriées : le conflit est entre deux intérêts privés, qui touchent d’ailleurs deux adultes jouissant chacun de l’autonomie de sa volonté, difficilement conciliables en raison du caractère complexe et délicat de la question que soulève le secret des origines au regard du droit de chacun à son histoire, du choix des parents biologiques, du lien familial existant et des parents adoptifs. Elle estime que la Cour doit rechercher la pondération des intérêts et examiner si le système italien, dans le cas d’espèce, a maintenu un équilibre raisonnable entre les droits et les intérêts concurrents.
49. En effet, la requérante fait valoir qu’aucun autre système législatif ne connaît un régime d’anonymat de la maternité aussi poussé, avec en cascade l’accouchement secret et l’abandon secret, tel qu’il est formalisé et institutionnalisé en Italie.
50. Ainsi, la requérante rappelle que la Convention des Nations unies relative aux droits de l’enfant du 20 novembre 1989 dispose que l’enfant a dès sa naissance « dans la mesure du possible, le droit de connaître ses parents » (article 7). De même, la Convention de La Haye du 29 mai 1993 sur la protection des enfants et la coopération en matière d’adoption internationale, ratifiée par l’Italie, prévoit que les autorités compétentes de l’Etat contractant veillent à conserver les informations qu’elles détiennent sur les origines de l’enfant, notamment celles relatives à l’identité de sa mère et de son père, ainsi que les données sur le passé médical de l’enfant et de sa famille. Elles assurent l’accès de l’enfant ou de son représentant à ces informations avec les conseils appropriés, dans la mesure permise par la loi de leur Etat (article 30).
51. Dans la Recommandation 1443 (2000) du 26 janvier 2000 « Pour un respect des droits de l’enfant dans l’adoption internationale », l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe a invité les Etats « à assurer le droit de l’enfant adopté de connaître ses origines au plus tard à sa majorité et à éliminer de leurs législations nationales toute disposition contraire ».
52. Selon la requérante, l’Italie aurait dépassé la limite de sa marge d’appréciation car le système mis en place ne tient pas compte de l’intérêt de l’enfant. A cet égard, elle rappelle que le système italien est très différent du système français que la Cour a examiné dans l’affaire Odièvre c. France ([GC], no 42326/98, CEDH 2003 III) puisqu’il ne permet pas d’obtenir des renseignements relatifs à l’identité de la mère et mêmes des informations non identifiantes sur la mère et sur la famille biologique. Le système ne prévoit pas l’accès au dossier, même sous réserve de l’accord de la mère. Dans ces conditions l’intérêt de l’enfant à la connaissance de ses origines est entièrement sacrifié, sans aucun équilibre entre les intérêts concurrents et sans pondération d’intérêts possible. La loi italienne accepte, comme un obstacle absolu à toute recherche d’information entreprise par la requérante la décision de la mère, quelle que soit la raison ou la légitimité de cette décision. En toute circonstance et de manière irréversible, le refus de la mère s’impose à l’enfant qui ne dispose d’aucun moyen juridique de combattre la volonté unilatérale de celle-ci. La mère dispose ainsi d’un droit purement discrétionnaire de mettre au monde un enfant en souffrance et de le condamner, pour toute sa vie, à l’ignorance. Une préférence aveugle est donnée aux seuls intérêts de la mère. De plus, la mère peut aussi, de la même manière, paralyser les droits des tiers, notamment ceux du père biologique ou des frères et sœurs, qui peuvent eux aussi être privés des droits garantis par l’article 8 de la Convention
53. La requérante reproche à l’Italie de ne pas assurer le respect de sa vie privée par son système juridique qui, de manière absolue, fait obstacle à l’action en recherche de maternité lorsque la mère biologique a demandé le secret et qui, surtout, ne permet pas la communication de données non identifiantes sur celle-ci, ni par l’intermédiaire des services d’aide sociale à l’enfance ni par celui d’un autre organisme qui lui donnerait accès à ces renseignements.
54. En outre, la requérante soutient que même si elle a demandé l’accès aux origines à l’âge adulte, l’intérêt vital des individus à obtenir les informations nécessaires à la découverte de la vérité concernant un aspect important de leur identité personnelle, partie intégrante du droit a la vie privée aux termes de l’article 8 de la Convention, est un droit subjectif et ultra-personnel et donc imprescriptible.
b) Le Gouvernement
55. Le Gouvernement rappelle que la possibilité pour une femme de demander le secret de son accouchement et de son identité résulte de l’article 250 du code civil et de l’article 28, alinéa 7, de la loi no 184/1983 qui garantit le secret des origines, sauf si l’autorité judiciaire donne une autorisation expresse. Il s’agit bien, selon le Gouvernement, d’une ingérence prévue par la loi qui a également une finalité de protection de l’intérêt général.
56. Le Gouvernement ne nie pas que la notion de vie privée, visée également par l’article 8 de la Convention, puisse englober parfois les éléments d’identification physique et sociale de l’individu. Toutefois, il rappelle que l’Etat n’a pas refusé de fournir des renseignements à la requérante mais a tenu compte de la volonté de sa mère qui a refusé, dès le départ, de voir communiquer son identité.
57. Sur la proportionnalité de l’ingérence, le Gouvernement relève que la demande éventuelle de l’enfant d’avoir accès à son identité peut entrer en conflit avec la liberté de toute femme de refuser son statut de mère et de ne pas assumer son enfant. Le droit italien considère la maternité comme un des aspects de la vie privée, qui est à ce titre protégée par la loi. Cette protection a été confirmée par la Cour constitutionnelle qui a déclaré mal fondée la demande de contrôle de constitutionalité de l’article 28, alinéa 7 de la loi no 184 de 1983. La Cour constitutionnelle a affirmé que la loi no 149 du 28 mars 2001, qui a modifié la loi no 184/1983, a introduit dans le nouvel article 28, alinéa 1, l’obligation pour les parents adoptifs d’informer le mineur adopté de sa condition. Si les parents adoptifs n’ont pas permis à la requérante de connaître ses origines, il est important de relever que la requérante a décidé de demander des informations sur ses origines seulement en 2006.
58. Selon le Gouvernement, la Cour devrait prendre en compte le fait que la requérante, qui a aujourd’hui presque soixante-dix ans, a été adoptée dès l’âge de six ans et que la levée non consensuelle du secret de sa naissance pourrait se révéler très difficile à ce stade, eu égard aux possibles risques non négligeables pour sa santé et pour sa famille actuelle.
59. Le Gouvernement estime que lorsque deux intérêts privés se trouvent en conflit, l’Etat dispose d’une certaine marge d’appréciation qui est d’ailleurs renforcée, en l’espèce, dans la mesure où il n’existe sur la question de l’accès de l’enfant à la connaissance de ses origines aucun consensus au plan européen.
2. Appréciation de la Cour
60. La Cour rappelle que si l’article 8 tend pour l’essentiel à prémunir l’individu contre des ingérences arbitraires des pouvoirs publics, il ne se contente pas de commander à l’Etat de s’abstenir de pareilles ingérences : à cet engagement plutôt négatif peuvent s’ajouter des obligations positives inhérentes à un respect effectif de la vie privée. Elles peuvent impliquer l’adoption de mesures visant au respect de la vie privée jusque dans les relations des individus entre eux (X et Y c. Pays-Bas, arrêt du 26 mars 1985, § 23, série A no 91). La frontière entre les obligations positives et négatives de l’Etat au titre de l’article 8 ne se prête pas à une définition précise ; les principes applicables sont néanmoins comparables. En particulier, dans les deux cas, il faut avoir égard au juste équilibre à ménager entre les intérêts concurrents ; de même, dans les deux hypothèses, l’Etat jouit d’une certaine marge d’appréciation (Mikulić précité, § 58).
61. Comme c’était le cas dans l’affaire Odièvre (précitée), la requérante reproche à l’Etat défendeur de ne pas assurer le respect de sa vie privée par son système juridique lequel fait obstacle, de manière absolue, à l’action en recherche de maternité lorsque la mère biologique a demandé le secret et qui, surtout, ne permet pas la communication de données non identifiantes sur celle-ci, ni par l’intermédiaire des services d’aide sociale à l’enfance ni par celui d’un autre organisme qui lui donnerait accès à ces renseignements.
62. La Cour rappelle avoir déjà souligné (Odièvre, précitée § 43) que la question de l’accès à ses origines et de la connaissance de l’identité de ses parents biologiques n’est pas de même nature que celle de l’accès au dossier personnel établi sur un enfant pris en charge ou celle de la recherche des preuves d’une paternité alléguée. La Cour se trouve, en effet, dans le cas d’espèce en présence d’une personne dotée d’une filiation adoptive qui recherche une autre personne, sa mère biologique, qui l’a abandonnée dès sa naissance et qui a expressément demandé le secret de celle-ci.
63. La Cour note que l’expression « toute personne » de l’article 8 de la Convention s’applique à l’enfant comme à la mère. D’un côté, il y a le droit de l’enfant à la connaissance de ses origines qui trouve son fondement dans la notion de vie privée (voir § 45 ci-dessus). L’intérêt vital de l’enfant dans son épanouissement est également largement reconnu dans l’économie générale de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, les arrêts Johansen c. Norvège, 7 août 1996, § 78, Recueil 1996-III, Mikulić précité, § 64, ou Kutzner c. Allemagne, no 46544/99, § 66, CEDH 2002-I). De l’autre, on ne saurait dénier l’intérêt d’une femme à conserver l’anonymat pour sauvegarder sa santé en accouchant dans des conditions médicales appropriées.
64. L’intérêt général n’est pas non plus absent dans la mesure où la loi italienne s’inscrit dans le souci de protéger la santé de la mère et de l’enfant lors de la grossesse et de l’accouchement et d’éviter des avortements clandestins, ou des abandons « sauvages ».
65. La Cour rappelle que le choix des mesures propres à garantir l’observation de l’article 8 de la Convention dans les rapports interindividuels relève en principe de la marge d’appréciation des Etats contractants. Il existe à cet égard différentes manières d’assurer le respect de la vie privée et la nature de l’obligation de l’Etat dépend de l’aspect de la vie privée qui se trouve en cause (Odièvre, précitée, § 46). Or, l’ampleur de cette marge d’appréciation de l’Etat dépend non seulement du ou des droits concernés mais également, pour chaque droit, de la nature même de ce qui est en cause. La Cour considère que le droit à l’identité, dont relève le droit de connaître son ascendance, fait partie intégrante de la notion de vie privée. Dans pareil cas, un examen d’autant plus approfondi s’impose pour peser les intérêts concurrents.
66. La Cour doit rechercher si, en l’espèce, un juste équilibre a été ménagé dans la pondération des droits et des intérêts concurrents, à savoir, d’un côté, celui de la requérante à connaître ses origines et, de l’autre, celui de la mère à garder l’anonymat.
67. La Cour a affirmé que les Etats doivent pouvoir choisir les moyens qu’ils estiment les plus adaptés pour assurer équitablement la conciliation entre la protection de la mère et la demande légitime de l’intéressée à avoir accès à ses origines dans le respect de l’intérêt général.
68. En l’espèce, la Cour observe que, contrairement à la situation dans l’affaire Odièvre (précitée § 48), la requérante n’a eu accès à aucune information sur sa mère et sa famille biologique lui permettant d’établir quelques racines de son histoire dans le respect de la préservation des intérêts des tiers. Sans une pesée des droits et des intérêts en présence et sans aucune possibilité de recours, la requérante s’est vue opposer un refus absolu et définitif d’accéder à ses origines personnelles.
69. S’il est vrai que la requérante, qui est âgée aujourd’hui de soixante neuf ans, a pu construire sa personnalité même en l’absence d’informations quant à l’identité de sa mère biologique, il faut admettre que l’intérêt que peut avoir un individu à connaître son ascendance ne cesse nullement avec l’âge, bien au contraire. La requérante a d’ailleurs démontré un intérêt authentique à connaître l’identité de sa mère, puisqu’elle a tenté d’acquérir une certitude à cet égard. Un tel comportement suppose des souffrances morales et psychiques, même si elles ne sont pas médicalement constatées (Jäggi c. Suisse, no 58757/00, § 40, CEDH 2006 X).
70. La Cour note qu’à la différence du système français examiné dans l’arrêt Odièvre, la législation italienne ne tente de ménager aucun équilibre entre les droits et les intérêts concurrents en cause. En l’absence de tout mécanisme destiné à mettre en balance le droit de la requérante à connaître ses origines avec les droits et les intérêts de la mère à maintenir son anonymat, une préférence aveugle est inévitablement donnée à cette dernière. Par ailleurs, dans l’arrêt Odièvre, la Cour observe que la nouvelle loi du 22 janvier 2002 renforce la possibilité de lever le secret de l’identité et facilite la recherche des origines biologiques grâce à la mise en place d’un Conseil national pour l’accès aux origines personnelles. D’application immédiate, elle permet désormais aux personnes intéressées de solliciter la réversibilité du secret de l’identité de la mère, sous réserve de l’accord de celle-ci (§ 49), ainsi que d’avoir accès à des informations non identifiantes. En Italie, le projet de loi de réforme de la loi no 184/1983 est toujours en examen au Parlement depuis 2008 (§ 27 ci-dessus).
71. Dans le cas d’espèce, la Cour note que, si la mère biologique a décidé de garder l’anonymat, la législation italienne ne donne aucune possibilité à l’enfant adopté et non reconnu à la naissance de demander soit l’accès à des informations non identifiantes sur ses origines, soit la réversibilité du secret. Dans ces conditions, la Cour estime que l’Italie n’a pas cherché à établir un équilibre et une proportionnalité entre les intérêts des parties concernées et a donc excédé la marge d’appréciation qui doit lui être reconnue.
72. Partant, il y a eu violation de l’article 8 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
73. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
74. La requérante réclame 250 000 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’elle aurait subi.
75. Le Gouvernement s’y oppose et estime qu’aucune indemnité ne doit être reconnue à la requérante.
76. La Cour considère que l’intéressée a pu ressentir une certaine détresse affective et de l’angoisse en raison de l’impossibilité d’accéder à des informations concernant ses origines et estime qu’il y a lieu d’octroyer 5 000 EUR pour le préjudice moral.
B. Frais et dépens
77. Justificatifs à l’appui, la requérante demande également 18 821 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour.
78. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
79. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 10 000 EUR tous frais confondus et l’accorde à la requérante.
C. Intérêts moratoires
80. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR,
1. Déclare, à l’unanimité, la requête recevable ;

2. Dit, par six voix contre une, qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;

3. Dit, par six voix contre une,
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes:
i) 5 000 EUR (cinq mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour dommage moral ;
ii) 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

4. Rejette, à l’unanimité, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 25 septembre 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion séparée du juge A. Sajó.
F.T.
F.E.P.

OPINION DISSIDENTE DU JUGE SAJÓ
(Traduction)
Je dois, à regret, marquer mon dissentiment avec l’avis de la majorité selon lequel il y a eu en l’espèce violation de l’article 8.
Dans une situation où les droits consacrés par la Convention de deux titulaires de droits sont en conflit, le rôle de la Cour est de veiller à ce qu’un juste équilibre soit ménagé dans l’affaire. Cela suppose que l’on laisse aux autorités nationales une marge d’appréciation adéquate aux fins de la mise en balance, la Cour ayant un rôle de surveillance. « Si la mise en balance par les autorités nationales s’est faite dans le respect des critères établis par la jurisprudence de la Cour, il faut des raisons sérieuses pour que celle-ci substitue son avis à celui des juridictions internes » (Von Hannover c. Allemagne (no 2) [GC], nos 40660/08 et 60641/08, § 107, CEDH 2012).
Cette affaire concerne la mise en balance entre le droit de la mère, fondé sur l’article 8, de ne pas révéler d’informations sur un aspect des plus intimes de sa vie, et le droit de son enfant – la requérante – de connaître ses origines. Si c’était là la seule question soulevée par l’affaire, je n’aurais aucun mal à adopter les arguments de la majorité. De plus, seules les raisons les plus impérieuses sont acceptables lorsqu’un droit est nié en toutes circonstances par une interdiction générale. Cependant, la législation, avec son interdiction absolue de divulguer des informations concernant la mère (au cas où celle-ci a refusé pareille divulgation en application de cette législation), sert raisonnablement les droits reconnus par la Convention, au-delà du champ d’application de l’article 8. La protection de l’anonymat est une mesure qui concourt au droit à la vie de l’enfant : en l’espèce, la possibilité de l’accouchement sous X, associée aux garanties absolues de l’anonymat, a sans doute contribué à permettre la naissance de la requérante, et qui plus est sa naissance dans des circonstances où les risques pour sa santé ou celle de sa mère étaient écartés. L’anonymat est lié à l’obligation de l’Etat de protéger le droit à la vie, lequel est l’émanation directe de la plus haute des valeurs défendues par la Convention. En dépit de l’idée généralement applicable selon laquelle tous les droits consacrés par la Convention sont égaux dans l’abstrait, le droit à la vie est reconnu comme étant un droit suprême. Certes, le droit à la vie n’est protégé que de manière indirecte par l’anonymat. Cependant, cette suprématie est à mon sens déterminante dans la mise en balance, qui ne peut se limiter au conflit entre deux personnes titulaires de droits au regard de l’article 8. J’ajouterai que la requérante – contrairement à la position prise dans l’affaire Jäggi c. Suisse (no 58757/00, § 44, CEDH 2006 X) et au paragraphe 67 du présent arrêt – n’a pas fait montre d’une préoccupation particulière et durable quant à ses origines, puisqu’elle a attendu vingt-trois ans avant de saisir la justice. S’il m’appartenait de procéder à la mise en balance, c’est là un aspect que je prendrais en considération. Cependant, telle n’est pas ici ma mission. La mise en balance a été effectuée par la Cour constitutionnelle italienne dans une affaire semblable (arrêt no 425/2005).
« Dans une affaire issue d’une requête individuelle, la Cour n’a pas pour tâche de contrôler dans l’abstrait une législation ou une pratique contestées, mais elle doit autant que possible se limiter, sans oublier le contexte général, à traiter les questions soulevées par le cas concret dont elle se trouve saisie (…). Elle n’a donc pas à substituer sa propre appréciation à celle des autorités nationales compétentes s’agissant de déterminer le meilleur moyen de réglementer les questions » (S. H. et autres c. Autriche [GC], no 57813/00, § 92, CEDH 2011) que pose l’accouchement sous X. Il n’appartient pas à la Cour de contrôler la nécessité de l’interdiction absolue, jugée constitutionnelle par le législateur italien, dès lors que cette mesure n’est pas arbitraire et que la mise en balance tient raisonnablement compte de l’ensemble des droits en jeu. Il est vrai que nous ne disposons d’aucune étude connue montrant que la garantie de l’anonymat a bien fait diminuer le nombre d’avortements, et que nous n’avons pas non plus d’informations sur le sentiment de soulagement que la garantie de l’anonymat apporterait aux mères. Cependant, la mesure en question n’est certainement pas arbitraire, et nombre de femmes comptent véritablement sur les garanties du système. Si la présente affaire avait porté sur les marqueurs génétiques de la requérante, que celle-ci aurait eu besoin de connaître pour des raisons de santé, mes conclusions auraient peut-être été différentes ; mais l’espèce porte sur l’intérêt d’une dame d’un âge respectable qui n’a pas eu besoin, pour construire sa personnalité, de connaître certains éléments spécifiques. La Cour constitutionnelle italienne a pris en compte l’ensemble des aspects pertinents de la situation, et il n’y a dans cette affaire aucun élément particulier qui commanderait que l’on s’écarte des conclusions de cette juridiction.

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Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

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