Conclusione: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita privata
SECONDA SEZIONE
CAUSA GODELLI C. ITALIA
( Richiesta no 33783/09)
SENTENZA
STRASBURGO
25 settembre 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Godelli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, juges,et
di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 agosto,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33783/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui una cittadina di questo Stato, OMISSIS (“la richiedente”), ha investito la Corte il 16 giugno 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Trieste. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. La richiedente adduce che il segreto della sua nascita e l’impossibilità che ne risulta per lei da conoscere le sue origini costituisce una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare garantita con l’articolo 8 della Convenzione.
4. Il 9 novembre 2010, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. La richiedente, nato il 28 marzo 1943 a Trieste, fu abbandonata da sua madre biologica.
6. Risulta dell’atto di nascita che:
“In questo giorno, il 28 marzo 1943, alle 7 ore 30, una moglie che non consentiva ad essere nominata, diede nascita ad una bambina. “
7. La richiedente fu di prima collocata in un orfanotrofio ed affidata poi al famiglia OMISSIS. All’età di sei anni, con una decisione del giudice delle tutele di Trieste del 10 ottobre 1949, fu oggetto di un’adozione semplice (“affiliazione”) con i coniugi OMISSIS.
8. All’età di dieci anni, la richiedente avendo appreso che non era la figlia biologica dei suoi genitori, chiese loro a potere conoscere le sue origini, ma non ottenne nessuna risposta. Ad una data non precisata, scoprì che una piccola figlia che viveva nel suo villaggio, nato lo stesso giorno che lei, era stata abbandonata e poi era stata oggetto di un’adozione semplice (“affiliazione”) con un’altra famiglia. La richiedente sospettava che si trattava del suo sœur gemello. I genitori adottivi delle due ragazze impedirono i contatti tra esse.
9. La richiedente afferma avere vissuto un’infanzia molto difficile in ragione dell’impossibilità di conoscere le sue origini.
10. Nel 2006, la richiedente chiese all’ufficio dello stato civile del municipio di Trieste delle informazioni sulle sue origini, conformemente all’articolo 28 della legge no 184 del 4 maggio 1983, la legge sull’adozione: “la legge no 184/1993”), dato che la regolamentazione che regola l’adozione semplice (“affiliazione”) era stata abrogata da questa legge. L’ufficio dello stato civile diede al richiedente il suo atto di nascita in che non appariva il nome della madre biologica poiché questa non aveva consentito alla divulgazione della sua identità.
11. Il 19 marzo 2007, la richiedente introdusse un ricorso dinnanzi al tribunale di Trieste per chiedere, conformemente all’articolo 96 del decreto del Presidente della Repubblica no 396/2000, la rettifica del suo atto di nascita. Il 4 maggio 2007, il tribunale si dichiarò incompetente e respinse il ricorso al motivo che l’articolo 28, capoverso 5, della legge no 184/1983, contemplava che in ciò che riguarda l’accesso alle informazione sui genitori biologici, dopo l’età di venticinque anni, il tribunale competente era il tribunale per bambini.
12. Il 5 giugno 2007, la richiedente investe il tribunale per bambini di Trieste. Il 11 giugno 2008, il tribunale respinse la domanda poiché, conformemente all’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/983, l’accesso alle informazione sulle sue origini era vietato perché la madre, al momento della nascita del richiedente non aveva consentito alla divulgazione della sua identità.
13. La richiedente investe la corte di appello. Con una decisione del 23 dicembre 2008, la corte di appello respinse il suo ricorso.
14. In particolare, la corte osservò che il tribunale per bambini aveva sottolineato che la madre biologica del richiedente aveva chiesto il segreto della sua identità e che il tribunale aveva fatto dunque correttamente applicazione dell’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184 del 1983, anche se la richiedente era stato oggetto di un’adozione semplice, tenuto conto di ciò che l’adozione semplice creava tuttavia un statuto familiare. Peraltro, la corte di appello sottolineò che il capoverso 7 dell’articolo 28 mirava a garantire il rispetto della volontà della madre. L’interdizione per la richiedente di aderire alle informazione che riguardano le sue origini rispondeva anche ad un interesse pubblico.
15. La richiedente non si ricorse in cassazione.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA ED IL DIRITTO COMPARATO PERTINENTI
A. Il diritto e le pratica interna
16. L’articolo 250 del codice civile accorda ad uno dei genitori la possibilità di non riconoscere il suo bambino. Per ciò, la madre deve chiedere all’ospedale di preservare il suo anonimato all’epoca del parto. In questo caso, una pratica medica che comprende delle informazioni mediche sulla madre ed il bambino sono costituite. Solo il medico curante del bambino può avere accesso su autorizzazione del tutore del bambino.
17. L’adozione semplice (“affiliazione”) fu creata in 1942 per portare assistenza ai bambini abbandonati o senza affine di età inferiore a diciotto anni. Alla differenza dell’adozione plenaria, non creava di legame di parentela effettiva e non era necessario che la persona adottata non abbia bambini, ma occorreva che il bambino abbia meno di diciotto anni. L’adozione semplice poteva essere chiesta o col nessuno a cui il bambino era stato affidato, o con l’assistenza pubblica, o con l’individuo che l’alzava della sua propria iniziativa.
18. Gli articoli del codice civile che contempla l’adozione semplice (“affiliazione”) sono stati abrogati in vigore dall’effetto dell’entrata della legge no 184 del 4 maggio 1983, rivista poi dalla legge no 149 di 2001 e col decreto legislativo no 196 del 30 giugno 2003.
19. L’articolo 27 della legge no 184/1983 garantisce il segreto delle origini salvo se l’autorità giudiziale dà un’autorizzazione espressa.
20. L’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983 permette alla madre che decide di non tenere il bambino, di partorire in un ospedale e di guardarsi l’anonimato nella dichiarazione da nascita allo stesso tempo. Questo anonimato ha una durata di cento anni. Dopo questo termine, l’accesso all’atto di nascita è possibile.
21. La decisione di adozione, una volta presa dal tribunale, è comunicata ai servizi dello stato civile per essere menzionata in margine dell’atto di nascita. Le copie degli atti di stato civile dello adottato devono essere rilasciate con la sola indicazione del suo nuovo nome, senza menzione della paternità o della maternità di origine né dell’annotazione relativa all’adozione. Tuttavia, se l’ufficiale di stato civile ha un’autorizzazione espressa del tribunale, può comunicare queste informazioni.
22. L’adottato può avere accesso alle informazione che riguardano le sue origini e l’identità dei suoi genitori col sangue quando ha raggiunto l’età di 25 anni. Può ottenere queste stesse informazione fin dalla maggioranza se esistono dei motivi gravi e provati concernente la sua salute fisica e mentale. La domanda è presentata al tribunale per bambini del luogo di residenza che rende la sua decisione dopo valutazione della situazione particolare ed ascolto delle persone che giudica opportuno di intendere.
23. L’accesso alle informazione è rifiutato quando la madre biologica non ha riconosciuto il bambino alla nascita e quando uno dei genitori biologici ha dichiarato volere non essere nominato nell’atto di nascita o ha dato il suo consenso all’adozione sotto riserva di conservare l’anonimato.
24. Con una sentenza del 16 novembre 2005, la Corte costituzionale si è espressa positivamente sulla questione di sapere se l’impossibilità di aderire alle informazione concernente le origini, senza avere verificato la persistenza della volontà della madre a non essere nominata, era compatibile con gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
25. In particolare, l’alta giurisdizione ha sottolineato che l’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983 mira a proteggere la madre che – nelle circostanze difficili-decido di non tenere il bambino, ne che gli dà la possibilità di partorire in un ospedale e di guardarsi l’anonimato nella dichiarazione da nascita allo stesso tempo. Così, secondo la Corte si permette alla madre di partorire nelle domestiche condizioni impedendolo di prendere delle decisioni irreparabili. Questa possibilità sarebbe più difficile se la disposizione contemplasse la possibilità per la madre di sapere che un giorno, potrebbe essere chiamata dall’autorità giudiziale a confermare o revocare la sua decisione.
26. L’articolo 111, capoverso 7, della Costituzione italiana contempla che: “Il ricorso in cassazione per violazione della legge è ammesso sempre contro i giudizi e le misure toccare alla libertà personale, pronunciata dagli organi giurisdizionali giudiziali o speciali”.
27. Un progetto di legge relativa all’accesso alle origini personali è all’esame del Parlamento italiano dal 2008. Questo progetto di legge insegue due obiettivi principali:
-permettere ed organizzare la reversibilità del segreto senza rimettere in causa le conseguenze giuridiche della decisione inizialmente presa dalla moglie;
-subordinare la levata del segreto all’accordo espresso della madre e del bambino.
Secondo questo progetto di legge, all’età di 25 anni ogni persona adottata e non riconosciuta alla nascita, può chiedere al tribunale per bambini l’accesso alle sue origini sotto riserva dell’accordo della madre. All’epoca della ricerca col bambino delle sue origini, il tribunale per bambini si occuperà di ricercare la madre e di raccogliere il suo consenso per la levata del segreto, questo, nel rispetto della sua vita privata. Se la madre è deceduta e se il padre è deceduto o non è stato identificabile, il tribunale raccoglie gli elementi relativi alla loro identità così come i dati medici permettendo di segnare delle eventuali patologie ereditarie trasmissibili.
B. Il diritto alla cognizione delle sue origini negli altri Stati membri del Consiglio dell’Europa
28. In Europa il parto sotto X o nell’anonimato appare minoritario senza essere per tanto eccezionale. Accanto alla Francia di cui il diritto positivo contempla da numerosi anni il parto sotto X, delle legislazioni, relativamente recente perché decretate durante l’ultimo decennio, organizzano la nascita di bambini in queste condizioni (Austria, Lussemburgo, Russia, Slovacchia).
In Francia, il parto sotto X tende ad avvicinarsi del parto nel segreto come ciò che si usa in Repubblica ceca dove la confidenzialità in quanto ai dati nominativi sulla madre biologica è allora temporanea, e non definitiva, poiché l’accesso a queste informazione è differito nel tempo.
29. La situazione dei bambini nata in seguito ad un parto anonimo o segreto può essere paragonata a queste in che il bambino si trova esposizione alle difficoltà, addirittura l’impossibilità di avere accesso alle sue origini biologiche. La mancanza di menzione dei nomi di uno o dei due genitori può essere prevista dalla legge talvolta, ma questa ipotesi è rarissima (Italia, Lussemburgo, Francia). Spesso, i dati di fatto faranno ostacolo a ciò che l’ufficiale di stato civile possa assolvere completamente l’atto di nascita del bambino; delle azioni in giustizia sono aperte in ricerca di paternité/maternité e sono eventualmente accessibili ad altre persone che il solo bambino. Nonostante il fatto che l’efficacia delle tali azioni possa, avuto riguardo alle circostanze particolari, essere aleatorio, l’esistenza del tali ricorso, permettendo di impegnare delle ricerche sui legami personali tenuti con un bambino nei confronti la sua famiglia biologica, costituisci, per le persone interessate, una garanzia.
30. Peraltro, deve essere constatato che la pratica dell’abbandono di bambino perdura sotto le notizie forme; le “finestre” o “scatole a bambino”, reminiscenza dei turni di abbandono del moyen-âge, conoscono un sviluppo incontestabile. Il bambino sarà, praticamente, nell’impossibilità patrimoniale di aderire alle informazione che riguardano la sua famiglia di origine; lo stato civile darà dei nomi “fittizi” al bambino senza legame con la sua filiazione reale. Il segreto delle circostanze della nascita può essere relativo solamente (Spagna, Ungheria) ma questa relatività implica allora necessariamente che i dati preesistono. Delle azioni giudiziali sono contemplate generalmente al profitto del bambino che ricerca sua madre di nascita (Bulgaria, Croazia, ex Repubblica iugoslava del Macedonia, o della madre che può ricercare il suo bambino (Ucraina).
31. In caso di adozione plenaria, il bambino perde spesso ogni contatto con la sua famiglia di origine; la nuova filiazione cancella totalmente i legami che sono potuti esistere durante la vita anteriore del bambino con altri adulti (Austria, Francia, Monaco, Bulgaria, Russia ed ex Repubblica iugoslava del Macedonia. L’accesso all’atto di nascita è possibile a partire da un’età minima talvolta (Germania, Croazia, Ungheria, Lettonia Portogallo. Il bambino può essere abilitato ad aderire alle informazione più larghe (Bulgaria, Estonia, Lituania, Svizzera, Spagna,), ciò che suppone allora spesso l’impegno di un’azione in giustizia che permette di valutare gli interessi in gioco.
32. Il Regno Unito e l’Irlanda hanno instaurato un meccanismo che permette un avvicinamento delle persone adottate ai dati afferenti alla loro adozione che presenta un grado spinto di conciliazione tra i diritti all’informazione degli interessati ed il rispetto della vita privata e familiare della madre o più largamente della famiglia di origine.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
33. A titolo principale, il Governo sostiene che la richiesta è inammissibile per no-esaurimento delle vie di ricorso interni al motivo che la richiedente non avrebbe introdotto un ricorso straordinario dinnanzi alla Corte di cassazione al senso dell’articolo 111 della Costituzione italiana. Secondo il Governo, questo ricorso è possibile contro le decisioni che hanno carattere décisoire in materia di diritti soggettivi (vedere sentenza della Corte di cassazione no 23032 del 30 ottobre 2009).
34. La richiedente contesta la tesi del Governo e fa osservare che l’azione in causa non è un ricorso “effettivo” dato che il ricorso straordinario in cassazione ai termini dell’articolo 111, capoverso 7, non può essere introdotto quando le decisioni pronunciate in camera di consiglio sono rese in materia di giurisdizione gratuita (“volontaria giurisdizione”), perché queste decisioni, pure coprendo delle posizioni di diritti soggettivi, non hanno nessuno carattere décisoire e non hanno l’efficacia di cosa giudicata, perché sono sempre modificabili con la stessa camera del consiglio.
35. La richiedente ricorda che la posizione della Corte di cassazione è a questo riguardo chiara e la sua giurisprudenza è consolidata sull’inammissibilità del ricorso straordinario. Nota che le decisioni che rilevano della giurisdizione gratuita, in particolare nei casi relativi alla responsabilità parentale, sono private di carattere décisoire e definitivo, e non possono essere sottoposte al ricorso straordinario in cassazione (vedere le sentenze della Corte di Cassazione no 11771 del 14 maggio 2010) no 11756 del 14 maggio 2010, no14091 del 17 giugno 2009, no 24423 del 23 novembre 2007, no 22628 del 20 ottobre 2006, no 11026 del 15 luglio 2003, no 11582 del 2 agosto 2002, no2099 del 14 febbraio 2001, no 1493 del 23 febbraio 1999, no2934 del 20 marzo 1998.
36. La Corte ricorda che incombe sul Governo che eccepisce della no-esaurimento dei ricorsi interni di dimostrare che un ricorso effettivo era tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile, era suscettibile di offrire ai richiedenti il risarcimento dei loro motivi di appello e presentava delle prospettive ragionevoli di successo, V. c. Regno Unito [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999-IX.
37. La Corte nota innanzitutto che la giurisprudenza della Corte di cassazione era molto divisa sul punto di sapere se era possibile ricorrersi in cassazione secondo l’articolo 111 della Costituzione contro una decisione privata di carattere definitivo, preso dalla camera del consiglio in materia di giurisdizione gratuita.
38. Di più, la Corte stima che il Governo non ha dimostrato che un eventuale ricorso in cassazione secondo l’articolo 111 della Costituzione che la richiedente avrebbe potuto formare in quanto all’applicazione dell’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983, aveva delle probabilità di arrivare. Difatti, la Corte di cassazione poteva confermare solamente che le giurisdizioni avevano fatto correttamente applicazione della disposizione legislativa applicabile nello specifico, a sapere l’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184 del 1983, tanto più che la Corte costituzionale aveva giudicato che suddetta legge era conforme alla Costituzione, § 24 sopra,
39. Alla luce di ciò che precede e senza prendere in considerazione lo fa che la giurisprudenza della Corte di cassazione era molto divisa sul punto di sapere se era possibile ricorrersi in cassazione contro una decisione privata di carattere definitivo, preso da una camera di consiglio in materia di giurisdizione gratuita, la Corte considero che nel caso di specifico, un eventuale ricorso straordinario in cassazione secondo l’articolo 111 della Costituzione, non avrebbe avuto per effetto di risanare il motivo di appello del richiedente.
40. Di conseguenza, c’è luogo di respingere l’eccezione di no-esaurimento sollevata dal Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
41. La richiedente si lamenta di non potere ottenere comunicazione di elementi non identificati sulla sua famiglia naturale. Denuncia il pesante danno che ne risulta per lei nella misura in cui è privata della possibilità di conoscere la sua storia personale. Afferma non avere avuto accesso alle informazione non identificati su sua madre e la sua famiglia biologica permettendogli di stabilire alcune radici della sua storia nel rispetto della preservazione degli interessi dei terzo. Afferma, inoltre che nel collocamento in bilancia di due interessi, il legislatore ha dato preferenza ai soli interessi della madre senza che ci sia la possibilità per la richiedente di chiedere come in dritto francesi, la reversibilità del segreto sull’identità della madre sotto riserva dell’accordo di questa. Peraltro, fa valere che era stata oggetto di un’adozione semplice (“affiliazione”) che non creava di legame di parentela effettiva. Invoca l’articolo 8 della Convenzione che è formulata così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
42. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Applicabilità dell’articolo 8
1. Tesi delle parti
a) La richiedente
43. La richiedente sostiene che la sua domanda di ottenimento di informazioni su degli aspetti eminentemente personali della sua storia e della sua infanzia entra nel campo di applicazione dell’articolo 8 della Convenzione. La ricerca della sua identità fa parte integrante della sua “vita privata” ma anche della sua “vita familiare.”
b) Il Governo
44. Il Governo esclude questa ultima ipotesi ricordando che garantendo il diritto al rispetto della vita familiare, l’articolo 8 presuppone l’esistenza di una famiglia, Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie Ha no 31. Se la giurisprudenza non esige una coabitazione tra i differenti membri della “famiglia”, deve esistere a tutto il meno dei rapporti personali stretti tra essi. L’esistenza di legami che dimostrerebbero una relazione affettiva tra due esseri e le loro volontà di intrattenere questa relazione sarebbe fondamentale per gli organi della Convenzione. Questi ultimi stimano anche che il solo legame biologico è insufficiente, mancanza di legami personali stretti tra gli interessati per costituire una vita familiare al senso dell’articolo 8. Nello specifico, il Governo sostiene che non esiste tra la richiedente e sue madri biologica nessuna vita familiare al senso dell’articolo 8 della Convenzione perché la prima non ha visto mai sua madre, al motivo che questa non ha desiderato mai conoscerla e considerarla come il suo bambino. Ha espresso difatti espressamente la sua volontà di abbandonarlo e ha accettato che il suo bambino sia adottato.
2. Valutazione della Corte
45. Nello specifico, la Corte rileva che il questua del richiedente non è di rimettere in causa l’esistenza della sua filiazione adottiva ma di conoscere le circostanze della sua nascita e del suo abbandono che ingloba la cognizione dell’identità dei suoi genitori biologici. Nello specifico, la Corte non è chiamata a determinare se il procedimento che prevede il legame di filiazione tra i richiedenti e sua madre rilevano della “vita familiare” al senso dell’articolo 8, poiché ad ogni modo il diritto di conoscere la sua ascendenza si trovi nel campo di applicazione della nozione di “vita privata” che ingloba degli aspetti importanti dell’identità personale di cui l’identità dei riproduttori fatti parte, Odièvre c. Francia [GC], no 42326/98, § 29, CEDH 2003-III, e Mikulić c. Croazia, no 53176/99, § 53, CEDH 2002-I.
46. La Corte ricorda a questo riguardo che “l’articolo 8 protegge un diritto all’identità ed all’espressione personale e quello di annodare e di sviluppare delle relazioni coi suoi simili ed il mondo esterno. ” A questa espressione contribuiscono la determinazione dei dettagli della sua identità di essere umano e l’interesse vitale, protetto con la Convenzione, ad ottenere delle informazione necessarie alla scoperta della verità che riguarda un aspetto importante della sua identità personale, per esempio l’identità dei suoi riproduttori (Mikulić, precitata, §§ 54 e 64. La nascita, e singolarmente le circostanze di questa, cambio della vita privata del bambino, poi dell’adulto, garanzia con l’articolo 8 della Convenzione che trova così ad applicarsi nello specifico.
47. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) La richiedente
48. La richiedente ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 8 della Convenzione si applica al bambino come alla madre, e che il diritto alla cognizione delle sue origini non può produrre semplicemente l’effetto di denaro l’interesse di una moglie a conservare l’anonimato per salvaguardare la sua salute partorendo nelle condizioni mediche adeguate: il conflitto è tra due interessi privati che toccano due adulti godendo ciascuno dell’autonomia della sua volontà del resto, difficilmente conciliabili in ragione del carattere complesso e delicato della questione che solleva il segreto delle origini allo sguardo del diritto di ciascuno alla sua storia, della scelta dei genitori biologici, del legame familiare che esiste e dei genitori adottivi. Stima che la Corte deve ricercare la ponderatezza degli interessi ed esaminare se il sistema italiano, nel caso di specifico, ha mantenuto un equilibrio ragionevole tra i diritti e gli interessi concorrenti.
49. Difatti, la richiedente fa valere che nessuno altro sistema legislativo non conosce anche un regime di anonimato della maternità spinta, con in cascata il parto segreto e l’abbandono segreto, come è formalizzato e è istituzionalizzato in Italia.
50. Così, la richiedente ricorda che la Convenzione delle Nazioni unite relative ai diritti del bambino del 20 novembre 1989 dispongo che il bambino ha “per quanto possibile fin dalla sua nascita, il diritto di conoscere i suoi genitori” (articolo 7). Parimenti, la Convenzione di L’Aia del 29 maggio 1993 sulla protezione dei bambini e la cooperazione in materia di adozione internazionale, ratificata dall’Italia, contempla che le autorità competenti dello stato contraente badano a conservare le informazione che detengono sulle origini del bambino, in particolare queste relative all’identità di sua madre e di suo padre, così come i dati sul passato medico del bambino e della sua famiglia. Garantiscono l’accesso del bambino o del suo rappresentante a queste informazione coi consigli appropriati, nella misura permessa dalla legge del loro Stato (articolo 30).
51. Nella Raccomandazione 1443 (2000) del 26 gennaio 2000 “Per un rispetto dei diritti del bambino nell’adozione internazionale”, l’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa ha invitato gli Stati “a garantire il diritto del bambino adottato di conoscere al più tardi le sue origini alla sua maggioranza ed ad eliminare delle loro legislazioni nazionali ogni disposizione contraria.”
52. Secondo la richiedente, l’Italia avrebbe superato il limite del suo margine di valutazione perché il sistema messo in posto non tiene conto dell’interesse del bambino. A questo riguardo, ricorda che il sistema italiano è molto differente del sistema francese che la Corte ha esaminato nel causa Odièvre c. Francia ([GC], no 42326/98, CEDH 2003-III, poiché non permette di ottenere delle informazioni relative all’identità della madre e stessi delle informazione non identificati sulla madre e sulla famiglia biologica. Il sistema non contempla l’accesso alla pratica, anche sotto riserva dell’accordo della madre. In queste condizioni l’interesse del bambino alla cognizione delle sue origini è sacrificato interamente, senza nessuno equilibrio tra gli interessi concorrenti e senza ponderatezza di interessi possibili. La legge italiana accetta, come un ostacolo assoluto ad ogni ricerca di informazione impresa col richiedente la decisione della madre, qualunque sia la ragione o la legittimità di questa decisione. In ogni circostanza ed in modo irreversibile, il rifiuto della madre si imporsi al bambino che non dispone di nessuno mezzo giuridico di combattere la volontà unilaterale di questa. La madre dispone così di un diritto puramente discrezionale di mettere al mondo un bambino in sofferenza e di condannarlo, per tutta la sua vita, all’ignoranza. Una preferenza cieca è data ai soli interessi della madre. Di più, la madre può anche, dello stesso modo, paralizzare i diritti dei terzo, in particolare quelli del padre biologico o dei fratelli e sorelle che possono essi anche essere privati dei diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione
53. La richiedente rimprovera all’Italia di non garantire il rispetto della sua vita privata col suo sistema giuridico che, in modo assoluta, fatto ostacolo all’azione in ricerca di maternità quando la madre biologica ha chiesto il segreto e che, soprattutto, non permette la comunicazione di dati non identificati su questa, né tramite i servizi di aiuto sociale all’infanzia né con quello di un altro organismo che gli darebbe accesso a queste informazioni.
54. Inoltre, la richiedente sostiene che anche se ha chiesto l’accesso alle origini all’età adulta, l’interesse vitale degli individui ad ottenere le informazione necessarie alla scoperta della verità che riguarda un aspetto importante della loro identità personale, parte integrante del diritto ha la vita privata ai termini dell’articolo 8 della Convenzione, è un diritto soggettivo e reazionario-personale e dunque imprescrittibile.
b) Il Governo
55. Il Governo ricorda che la possibilità per una moglie di chiedere il segreto del suo parto e della sua identità risulti dall’articolo 250 del codice civile e dell’articolo 28, capoverso 7, della legge no 184/1983 che garantisce il segreto delle origini, salvo se l’autorità giudiziale dà un’autorizzazione espressa. Si tratta bene, secondo il Governo, di un’ingerenza prevista dalla legge che ha anche una finalità di protezione dell’interesse generale.
56. Il Governo non nega che la nozione di vita privata, mira anche con l’articolo 8 della Convenzione, possa inglobare gli elementi di identificazione fisica e sociale dell’individuo talvolta. Tuttavia, ricorda che lo stato non ha negato di fornire delle informazioni al richiedente ma ha tenuto conto della volontà di sua madre che ha rifiutato, fin dalla partenza, di vedere comunicare la sua identità.
57. Sulla proporzionalità dell’ingerenza, il Governo rileva che la domanda eventuale del bambino di avere accesso alla sua identità può introdurre in conflitto con la libertà di ogni moglie di rifiutare il suo statuto di madre e di non assumere il suo bambino. Il diritto italiano considera la maternità come uno degli aspetti della vita privata che è a questo titolo protetto dalla legge. Questa protezione è stata confermata dalla Corte costituzionale che ha dichiarato male fondata la domanda di controllo di costituzionalità dell’articolo 28, capoverso 7 della legge no 184 del 1983. La Corte costituzionale ha affermato che la legge no 149 del 28 marzo 2001 che ha modificato la legge no 184/1983, ha introdotto nel nuovo articolo 28, capoverso 1, l’obbligo per i genitori adottivi di informare il minore adottato della sua condizione. Se i genitori adottivi non hanno permesso al richiedente di conoscere le sue origini, è importante di rilevare che la richiedente ha deciso di chiedere solamente delle informazione sulle sue origini nel 2006.
58. Secondo il Governo, la Corte dovrebbe prendere in conto lo fa che la richiedente che ha quasi oggi settant’ anni, è stata adottata fin dall’età di sei anni e che la levata non consensuale del segreto della sua nascita potrebbe rivelarsi molto difficile a questo stadio, avuto riguardo ai possibili rischi non trascurabili per la sua salute e per la sua famiglia reale.
59. Il Governo stima che quando due interessi privati si trovano in conflitto, lo stato dispone di un certo margine di valutazione che è rinforzata del resto, nello specifico, nella misura in cui non esiste sulla questione dell’accesso del bambino alla cognizione delle sue origini nessuno consenso al piano europeo.
2. Valutazione della Corte
60. La Corte ricorda che se l’articolo 8 tende per l’essenziale a premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, non si accontenta di comandare allo stato di astenersi delle uguali ingerenze: degli obblighi positivi inerenti possono aggiungersi a questo impegno piuttosto negativo ad un rispetto effettivo della vita privata. Possono implicare l’adozione di misure che mirano al rispetto della vita privata fino nelle relazioni degli individui tra essi, X e Ci c. Paesi Bassi, sentenza del 26 marzo 1985, § 23, serie Ha no 91. La frontiera tra gli obblighi positive e negative dello stato a titolo dell’articolo 8 non si presta ad una definizione precisa; i principi applicabili sono tuttavia comparabili. In particolare, nei due casi, bisogna avere esattamente riguardo equilibrio a predisporre tra gli interessi concorrenti; parimenti, nelle due ipotesi, lo stato gode di un certo margine di valutazione (Mikulić precitata, § 58,).
61. Siccome era il caso nella causa Odièvre, precitata, la richiedente rimprovera allo stato convenuto di non garantire il rispetto della sua vita privata col suo sistema giuridico che fatto ostacolo, in modo assoluta, all’azione in ricerca di maternità quando la madre biologica ha chiesto il segreto e che, soprattutto, non permette la comunicazione di dati non identificati su questa, né tramite i servizi di aiuto sociale all’infanzia né con quello di un altro organismo che gli darebbe accesso a queste informazioni.
62. La Corte ricorda avere sottolineato già (Odièvre, precitata § 43, che la questione dell’accesso alle sue origini e della cognizione dell’identità dei suoi genitori biologici non è parimenti al naturale che quella dell’accesso alla pratica personale invalsa su un bambino prese incaricato o quella della ricerca delle prove di una paternità addotta. La Corte si trova, difatti, nel caso di specifico in presenza di una persona dotata di una filiazione adottiva che ricerca un’altra persona, sua madre biologica che l’ha abbandonata fin dalla sua nascita e che ha chiesto espressamente il segreto di questa.
63. La Corte nota che l’espressione “ogni persona” dell’articolo 8 della Convenzione si applica al bambino come alla madre. Da un lato, c’è il diritto del bambino alla cognizione delle sue origini che trova il suo fondamento nella nozione di vita privata (vedere sopra § 45). L’interesse vitale del bambino nella sua espressione è anche largamente riconosciuto nell’economia generale della Convenzione (vedere, tra molto altri, i sentenze Johansen c. Norvegia, 7 agosto 1996, § 78, Raccolta 1996-III, Mikulić precitata, § 64, o Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 66, CEDH 2002-I. Dell’altro, non si saprebbe negare l’interesse di una moglie a conservare l’anonimato per salvaguardare la sua salute partorendo nelle condizioni mediche adeguate.
64. L’interesse generale non è neanche assente nella misura in cui la legge italiana si inserisce nella preoccupazione di proteggere la salute della madre e del bambino all’epoca della gravidanza e del parto e di evitare degli aborti clandestini, o degli abbandoni “selvaggi.”
65. La Corte ricorda che la scelta delle misure proprie a garantire l’osservazione dell’articolo 8 della Convenzione nei rapporti interindividuali rilevi in principio del margine di valutazione degli Stati contraenti. Esistono a questo riguardo differenti modi di garantire il rispetto della vita privata e la natura dell’obbligo dello stato dipende dell’aspetto della vita privata che si trova in causa (Odièvre, precitata, § 46. Ora, l’ampiezza di questo margine di valutazione dello stato dipende non solo dall’o dei diritti riguardati ma anche, per ogni diritto, della natura stessa di ciò che è in causa. La Corte considera che il diritto all’identità di cui rileva il diritto di conoscere la sua ascendenza, fatta parte integrante della nozione di vita privata. In simile caso, un esame di tanto più approfonditi si imporsi per pesare gli interessi concorrenti.
66. La Corte deve ricercare se, nello specifico, un giusto equilibrio è stato predisposto da un lato nella ponderatezza dei diritti e degli interessi concorrenti, a sapere, quello del richiedente a conoscere le sue origini e, dell’altro, quello della madre a tenere l’anonimato.
67. La Corte ha affermato che gli Stati devono potere scegliere i mezzi che stimano più adattati per garantire equamente la conciliazione tra le protezioni della madre e la domanda legittime dell’interessata ad avere accesso alle sue origini nel rispetto dell’interesse generale.
68. Nello specifico, la Corte osserva che, contrariamente alla situazione nel causa Odièvre, precitata § 48, la richiedente non ha avuto accesso a nessuna informazione su sua madre e la sua famiglia biologica permettendogli di stabilire alcune radici della sua storia nel rispetto della preservazione degli interessi dei terzo. Senza un pesata dei diritti e degli interessi in presenza e senza nessuna possibilità di ricorso, la richiedente si è visto opporre un rifiuto assoluto e definitivo di aderire alle sue origini personali.
69. Se è vero che la richiedente che è vecchia oggi di sessantanove anni, ha potuto costruire la sua personalità stessa nella mancanza di informazione in quanto all’identità di sua madre biologica, bisogna ammettere che l’interesse che può avere un individuo a conoscere la sua ascendenza non cessi per niente con l’età, bene al contrario. La richiedente ha dimostrato un interesse autentico a conoscere l’identità di sua madre del resto, poiché ha tentato di acquisire a questo riguardo una certezza. Un tale comportamento suppone delle sofferenze giuridiche e psichiche, anche se non sono constatate da un punto di vista medico, Jäggi c. Svizzera, no 58757/00, § 40, CEDH 2006-X.
70. La Corte nota che alla differenza del sistema francese esaminato nel sentenza Odièvre, la legislazione italiana non tenta di predisporre nessuno equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti ne causano. Nella mancanza di ogni meccanismo destinato a mettere in bilancia il diritto del richiedente a conoscere le sue origini coi diritti e gli interessi della madre a mantenere il suo anonimato, una preferenza cieca è data inevitabilmente a questa ultima. Peraltro, nel sentenza Odièvre, la Corte osserva che la nuova legge del 22 gennaio 2002 rinforzo la possibilità di togliere il segreto dell’identità e facilita la ricerca delle origini biologiche grazie al collocamento in posto di un Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali. Di applicazione immediata, permette oramai alle persone interessate di sollecitare la reversibilità del segreto dell’identità della madre, sotto riserva dell’accordo di questa (§ 49), così come di avere accesso alle informazione non identificati. In Italia, il progetto di legge di riforma della legge no 184/1983 è sempre in esame al Parlamento dal 2008, § 27 sopra.
71. Nel caso di specifico, la Corte nota che, se la madre biologica ha deciso di tenere l’anonimato, la legislazione italiana non dà nessuna possibilità al bambino adottato e non riconosciuto alla nascita di chiedere sia l’accesso alle informazione non identificati sulle sue origini, o la reversibilità del segreto. In queste condizioni, la Corte stima che l’Italia non ha cercato a stabilire un equilibrio ed una proporzionalità tra gli interessi delle parti riguardate e ha superato dunque il margine di valutazione che deve essere riconosciutagli.
72. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
73. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
74. La richiedente richiede 250 000 euro (EUR, a titolo del danno giuridico che avrebbe subito,).
75. Il Governo si oppone e stimi che nessuna indennità deve essere riconosciuta al richiedente.
76. La Corte considera che l’interessata ha potuto provare un certo sconforto affettivo e dell’angoscia in ragione dell’impossibilità di aderire alle informazione che riguardano le sue origini e stima che c’è luogo di concedere 5 000 EUR per il danno giuridico.
B. Oneri e spese
77. Giustificativi in appoggio, la richiedente chiede anche 18 821 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
78. Il Governo contesta queste pretese.
79. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 10 000 EUR ogni onere confuso e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
80. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce, per sei voci contro una,
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 5 000 EUR, cinquemila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, per danno giuridico,;
ii, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
4. Respinge, all’unanimità, la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 25 settembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice A. Sajó.
F.T.
F.E.P.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE SAJÓ
(Traduzione)
Devo, a malincuore, segnare il mio dissenso col parere della maggioranza secondo che c’è stata nella specifico violazione dell’articolo 8.
In una situazione dove i diritti consacrati dalla Convenzione di due titolari di diritti sono in conflitto, il ruolo della Corte è di badare a ciò che un giusto equilibrio sia predisposto nella causa. Ciò suppone che si lasci alle autorità nazionali un margine di valutazione adeguata alle fini del collocamento in bilancia, la Corte che ha un ruolo di sorveglianza. “Se il collocamento in bilancia con le autorità nazionali si è fatto nel rispetto dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, occorre delle ragioni serie affinché questa sostituisce il suo parere a quello delle giurisdizioni interne”, Von Hannover c. Germania (no 2) [GC], numeri 40660/08 e 60641/08, § 107, CEDH 2012.
Questa causa riguarda il collocamento in bilancia tra i diritti della madre, fondato sull’articolo 8, di non rivelare di informazione su un aspetto di più intimo della sua vita, ed il diritto del suo bambino-la richiedente-di conoscere le sue origini. Se fosse là la sola questione sollevata dalla causa, non farei nessuno fatica ad adottare gli argomenti della maggioranza. Di più, uniche le ragioni più imperiose sono accettabili quando un diritto è negato in ogni circostanza con un’interdizione generale. Però, la legislazione, con la sua interdizione assoluta di divulgare delle informazione concernente la madre, nel caso in cui questa ha rifiutato uguale divulgazione in applicazione di questa legislazione, serve ragionevolmente i diritti riconosciuti dalla Convenzione, al di là del campo di applicazione dell’articolo 8. La protezione dell’anonimato è una misura che concorre al diritto alla vita del bambino: nello specifico, la possibilità del parto sotto X, associata alle garanzie assolute dell’anonimato, ha contribuito probabilmente a permettere la nascita del richiedente, e che è più la sua nascita nelle circostanze dove i rischi per la sua salute o quella di sua madre era allontanato. L’anonimato è legato all’obbligo dello stato di proteggere il diritto alla vita che è l’emanazione diretta di più alta dei valori difesi dalla Convenzione. In dispetto dell’idea generalmente applicabile secondo la quale tutti i diritti consacrati dalla Convenzione sono uguali nell’astratto, il diritto alla vita è riconosciuto come essendo un diritto supremo. Il diritto alla vita è protetto certo, solamente in modo indiretta con l’anonimato. Però, questa supremazia è al mio senso determini nel collocamento in bilancia che non può limitarsi al conflitto tra due persone titolari di diritti allo sguardo dell’articolo 8. Aggiungerò che la richiedente-contrariamente alla posizione presa nel causa Jäggi c. Svizzera (no 58757/00) § 44, CEDH 2006-X, ed al paragrafo 67 della presente sentenza-non ha fatto orologio di una preoccupazione particolare e duratura in quanto alle sue origini, poiché ha aspettato ventitre anni prima di investire la giustizia. Se mi apparteneva di procedere al collocamento in bilancia, è là un aspetto che prenderei in considerazione. Però, tale non è qui la mia missione. Il collocamento in bilancia è stato effettuato dalla Corte costituzionale italiana in una causa simile, sentenza no 425/2005.
“In una causa conclusione di una richiesta individuale, la Corte non ha per compito di controllare nell’astratto una legislazione o una pratica contestata, ma deve limitarsi per quanto possibile, senza dimenticare il contesto generale, a trattare le questioni sollevate dal caso concreto di cui si trova sequestro. Non ha a sostituire la sua propria valutazione a quella delle autorità nazionali competenti che si trattano di determinare il migliore mezzo di regolamentare le questioni”, S. H. ed altri c dunque. Austria [GC], no 57813/00, § 92, CEDH 2011 che pone il parto sotto X. non appartiene alla Corte di controllare la necessità dell’interdizione assoluta, giudicata costituzionale col legislatore italiano, dal momento che questa misura non è arbitraria e che il collocamento in bilancia tiene ragionevolmente conto dell’insieme dei diritti in gioco. È vero che non disponiamo di nessuno studio conosciuto che mostra che la garanzia dell’anonimato ha fatto sminuire bene il numero di aborti, e che non abbiamo neanche informazione sul sentimento di sollievo che la garanzia dell’anonimato porterebbe alle madri. Però, la misura in questione non è certamente arbitraria, e numero di mogli conta veramente sulle garanzie del sistema. Se lei presente causa era caduta sugli evidenziatore genetici del richiedente che questa avrebbe avuto bisogno di conoscere per le ragioni di salute, i miei conclusioni sarebbero stati forse differenti; ma lo specifico cade sull’interesse di una signora di un’età rispettabile che non ha avuto bisogno, per costruire la sua personalità, di conoscere certi elementi specifici. La Corte costituzionale italiana ha preso in conto l’insieme degli aspetti pertinenti della situazione, e ha non c’in questa causa nessuno elemento particolare che comanderebbe che il si scosta dei conclusioni di questa giurisdizione.