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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GOBEL c. ALLEMAGNE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: P1-1
Numero: 35023/04/2011
Stato: Germania
Data: 2011-12-08 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Non -violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA GÖBEL C. GERMANIA
( Richiesta no 35023/04)
SENTENZA
STRASBURGO
8 dicembre 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Göbel c. Germania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Dean Spielmann, presidente, Karel Jungwiert, Boštjan il Sig. Zupančič, Marco Villiger, Ann Power-Forde, André Potocki, giudici, Klaus Köpp, giudice ad hoc,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 novembre 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 35023/04) diretta contro la Repubblica federale della Germania e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), nato nel 1948 e residente ad Aljezur (Portogallo), ha investito la Corte il 24 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da W. U., giurista (Ass. Jur) risiedente a Kassel (Germania). Il governo tedesco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra A. Wittling-Vogel, Ministerialdirigentin, del ministero federale della giustizia, così come dal Professore J.A. Frowein, direttore emerito dell’istituto Max Planck di Heidelberg.
3. Il richiedente adduceva in particolare che le decisioni delle giurisdizioni interne basate sulle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio hanno recato offesa al suo diritto al rispetto dei beni contemplato all’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. La Sig.ra Renate Jaeger, all’epoca giudice eletto a titolo della Germania, ha deciso di astenersi dalla causa (articolo 28 dell’ordinamento della Corte). Il Governo ha designato perciò Klaus Köpp, avvocato a Bonn, per riunirsi in qualità di giudice ad hoc (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell’ordinamento come in vigore all’epoca).
5. Con una decisione del 13 ottobre 2009, la camera ha dichiarato la richiesta ammissibile.
6. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte complementari (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
A. La genesi della causa
8. Il terreno controverso, di una superficie di 759 m2, consta di una casa di abitazione così come un negozio, ed è situato ad Erfurt, sul territorio della vecchia Repubblica democratica tedesca (RDT).
9. Con contratto notarile del 4 ottobre 1938, i fratelli S, di confessione ebraica, avevano venduto questo terreno per un importo di 256.000 Reichsmark, RM, ad un industriale, il Sig. D. I fratelli S. lasciarono la Germania nazional-socialista in seguito e si rifugiarono in Australia.
10. Dopo il 1945, il terreno, situato in zona di occupazione sovietica, fu requisito provvisoriamente dallo stato.
11. Il 28 febbraio 1946, il Presidente del Land di Turingia (RDT) designò un amministratore ed indicò che il terreno che era stato venduto sotto costrizione politica nel contesto dell’epoca ostile agli ebrei, ricadeva nel campo di applicazione della legge sui risarcimenti (Wiedergutmachungsgesetz) del 14 settembre 1945. Doveva essere restituito ai vecchi proprietari o ai loro eredi dunque.
12. In seguito, il procedimento di restituzione fu sospeso, perché c’era stata l’ intenzione di modificare la legge sui risarcimenti e di procedere ad un’espropriazione generalizzata dei terreni in questione.
13. Il 18 ottobre 1948, l’amministratore del bene controverso concluse un ordinamento amichevole a nome dei fratelli S. con la moglie ed erede del Sig. D., in virtù del quale questa ultima rimaneva proprietaria dei due terzi del terreno ed i fratelli S. ottennero il terzo restante rinunciando in compenso ad ogni richiesta di indennizzo contro la Sig.ra D.
14. In seguito, i fratelli S. contestarono questo ordinamento amichevole, al motivo che non erano stati consultati.
15. Dopo il decesso della Sig.ra D., i due terzi del terreno di cui era restata proprietaria ritornarono ad una comunità di eredi.
B. La situazione dopo la riunificazione tedesca
16. Con contratto notarile dell’ 11 aprile 1992, uno degli eredi della Sig.ra D. vendette una prima parte in comunione (Anteil anno der Miterbengemeinschaft) al richiedente per un importo di 90 000 Marchi Tedeschi, DM, ed una seconda parte in comunione ad un altro acquirente, il Sig. P., per lo stesso importo. In questo contratto era indicato che il richiedente aveva preso cognizione della descrizione degli avvenimenti che avevano condotto al regime di proprietà reale del bene in questione (“wie è zu den momentanen Eigentumsverhältnissen gekommen ist”) e che questa descrizione copriva il periodo che andava dal 22 aprile 1904 al 25 settembre 1987.
17. Il 30 ottobre 1992, il richiedente fu iscritto in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario.
18. Con due lettere dell’ 8 settembre e del 17 dicembre 1992, gli eredi del fratelli S. chiesero la restituzione dei due terzi restanti del terreno, conformemente all’articolo 1 § 6 della legge sul regolamentazione delle questioni patrimoniali in sospeso – legge sul patrimonio, Gesetz über die Regelung offener Vermögensfragen – Vermögensgesetz, del 23 settembre 1990, vedere diritto e pratica interne pertinenti, paragrafo 30 sotto.
19. Con contratto notarile del 15 marzo 1993, gli eredi dei fratelli S. vendettero il terzo del terreno controverso per un importo di 3 700 000 DM alla Sig.ra T. Nello stesso contratto figurava una clausola che indicava che gli eredi dei fratelli S. vendevano anche i due terzi restanti del terreno per un importo di 6 800 000 DM sotto la condizione sospensiva di realizzazione della restituzione di cui il procedimento era in corso dinnanzi alle autorità e giurisdizioni nazionali -paragrafi 23 e s. sotto.
20. Il 31 gennaio 1997, il richiedente acquisì una seconda parte in comunione con la Sig. P., il che fu inserito anche nel libro fondiario il 4 maggio 1998. Il Governo sostiene che il richiedente non porta la prova di avere versato una somma di denaro per questo riscatto, mentre il richiedente indica che anche il valore di questa seconda parte ammontava a 90 000 DM, come stipolato nel contratto iniziale dell’ 11 aprile 1992, e che aveva acquisito questa parte del Sig. P. in cambio di debiti che questo ultimo aveva contratto a suo riguardo.
21. Il 17 giugno 1997, il richiedente concluse un contratto di vendita delle due parti per un importo globale di 600 000 DM alla società G. P. I. T. con sede a Vaduz (Liechtenstein). In questo contratto era indicato che le parti avevano liberato il notaio dal suo obbligo di consultare il libro fondiario malgrado la messa in guardia di questo che si non poteva escludere totalmente l’esistenza di diritti di terze persone.
22. In ragione della restituzione del bene controverso, il richiedente indica che non ha potuto onorare i suoi obblighi derivanti da questo contratto in seguito.
C. I procedimenti dinnanzi alle autorità e giurisdizioni interne
23. Con una decisione dell’ 8 novembre 1995, l’ufficio per la regolamentazione delle questioni patrimoniali in sospeso( Amt für die Regelung offener Vermögensfragen) della città di Erfurt respinse in un primo tempo la richiesta degli eredi dei fratelli S., al motivo che l’ordinamento amichevole validamente concluso il 18 ottobre 1948 escludeva ogni istanza di restituzione. Gli eredi del fratelli S. fecero opposizione contro questa decisione.
24. Con una decisione del 13 ottobre 1997, l’ufficio per la regolamentazione delle questioni patrimoniali in sospeso del Land della Turingia (Ufficio del Land della Turingia) fece diritto alla loro istanza ed ordinò la restituzione dei due terzi restanti del terreno. L’ufficio considerò che bisognava partire dalla presunzione che il terreno controverso era stato venduto sotto costrizione nel 1938, perché il prezzo di vendita non era stato adeguato e che non era stato stabilito che la vendita avrebbe avuto luogo a prescindere dal “regno” dello partito nazional-socialista. Peraltro, la restituzione non era esclusa in ragione dell’ordinamento amichevole concluso nella vecchia RDT sotto la pressione di espropriazioni a venire e senza l’accordo degli interessati, né per altre ragioni enunciate all’articolo 4 della legge sul patrimonio, ossia un’acquisizione in buona fede all’epoca della vecchia RDT, vedere diritto e pratica interna pertinenti, paragrafo 30 sotto. In virtù dell’articolo 7a § 2 della legge sul patrimonio, il richiedente aveva diritto al versamento di una contropartita (Gegenleistung) che rappresentava l’equivalente del prezzo di vendita da parte sua nel 1938 al tasso di conversione di 1 DM per 20 RM, o un importo di 1 250 DM.
25. Il richiedente investì allora il tribunale amministrativo di Gera, al motivo che gli acquirenti reali non erano responsabili della situazione all’epoca nazional-socialista, che l’ordinamento amichevole era stato concluso validamente e che la decisione dell’ufficio recava offesa alla protezione del suo diritto di proprietà previsto all’articolo 1 del Protocollo no 1.
26. Con una sentenza del 17 aprile 2003, il tribunale amministrativo di Gera confermò in ogni punto la decisione dell’ufficio del Land di Turingia basandosi sugli articoli 2 § 1 e 3 § 1 combinati con l’articolo 1 § 6 della legge sul patrimonio, vedere diritto e pratica interna pertinenti, § 30 sotto. Precisò che la legge sul patrimonio doveva essere compresa come una legge che regolamentava l’uso dei beni ai sensi del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, con obiettivo legittimo il risarcimento dell’ingiustizia commessa a riguardo dei cittadini di confessione ebraica. Supponendo anche che il richiedente disponeva di un bene ai sensi di questo articolo, le disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio avevano potuto definire validamente la portata del suo diritto di proprietà, (zulässige Inhaltsbestimmung des Eigentumsrechts). Non disponeva dunque che di un diritto ristretto, eingeschränkte Rechtsposition. Il tribunale amministrativo concluse che la restituzione del terreno non era esclusa in virtù dell’articolo 4 § 2 della legge sul patrimonio, perché il richiedente non aveva acquisito un diritto di proprietà sul valore patrimoniale, kein Eigentum anno dem Vermögenswert, ed aveva acquisito la sua parte dopo l’entrata in vigore della legge sul patrimonio. Non aveva neanche potuto disporre (verfügen) del suo bene e questo perché era iscritto semplicemente in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario.
Il tribunale amministrativo non autorizzò il richiedente ad interporre appello a questa sentenza né ad investire la Corte federale amministrativa federale di un ricorso per revisione.
27. Con una decisione del 29 gennaio 2004, la Corte amministrativa federale respinse il ricorso del richiedente contro la decisione del tribunale amministrativo di non autorizzare di ricorso per revisione.
28. Con una decisione del 31 marzo 2004, la Corte costituzionale federale, deliberando in comitato di tre membri, negò di considerare il ricorso costituzionale del richiedente.
29. Il 26 luglio 2004, il richiedente fece istanza di ottenimento di un indennizzo in virtù della legge del 27 settembre 1994 sull’indennizzo secondo la legge sul patrimonio-legge sull’indennizzo, Gesetz über die Entschädigung nach dem Vermögensgesetz-Entschädigungsgesetz – vedere diritto e pratica intern< pertinenti, paragrafo 31 sotto di cui il procedimento è sempre pendente a questo giorno.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
La legge sull’ordinamento delle questioni patrimoniali in sospeso / legge sul patrimonio
30. Il 29 settembre 1990 entrò in vigore la legge sul patrimonio del 23 settembre 1990 che doveva fare anche parte del Trattato di unificazione (Einigungsvertrag). Secondo questo ultimo, la legge sul patrimonio continuerebbe ad esistere in Germania dopo la riunificazione dei due Stati tedeschi il 3 ottobre 1990. Intendeva regolare in particolare i conflitti relativi ai beni situati sul territorio della RDT in un modo accettabile sul piano sociale, per garantire in modo duraturo la pace giuridica in Germania.
L’articolo 1 § 1 della legge sul patrimonio contempla che questa si trova ad applicare ai diritti patrimoniali su dei beni espropriati all’epoca della vecchia RDT e l’articolo 1 § 6 contempla che si trova anche ad applicare ai diritti patrimoniali di persone perseguite tra il 30 gennaio 1933 e l’ 8 maggio 1945 in Germania per i motivi razzisti, politici, religiosi o ideologici, weltanschauliche Gründe, e che hanno perso i loro beni “tramite vendita forzata per questo fatto, espropriazione o in un altro modo.” Gli articoli 2 e 3 della legge completano l’articolo 1.
L’articolo 3 § 1 della legge sul patrimonio contempla che i beni trasformati in “proprietà del popolo” sono restituiti su richiesta salvo se la legge l’esclude. L’articolo 3 § 2 contempla che se parecchie persone depositano istanza di restituzione riguardante lo stesso bene, è quello che è stato leso “in primo” che diventa avente diritto. Ciò significa che se come nello specifico un stesso bene viene venduto poi ulteriormente sotto costrizione durante il periodo nazional-socialista espropriato nella vecchia RDT, gli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica dispongono di un diritto di restituzione prioritaria.
La restituzione è esclusa se questa si rivela impossibile in pratica, articolo 4 § 1 della legge, o se gli acquirenti hanno acquisito il bene in buona fede dopo il 8 maggio 1945 e fino alla data cerniera del 18 ottobre 1989, articolo 4 § 2 della legge. In compenso, non è esclusa se come nello specifico l’acquisizione è stata fatta dopo questa data.
L’articolo 30a § 1, prima frase, della legge sul patrimonio dispongono che le domande di restituzione dovevano essere depositate al più tardi al 31 dicembre 1992.
31. In caso di restituzione del bene, l’articolo 7a § 2 della legge sul patrimonio contempla che una contropartita che rappresenta l’equivalente del prezzo di vendita iniziale deve essere versata ai nuovi acquirenti. Il tasso di conversione è di 1 DM per 20 RM. A questo riguardo, nessuna distinzione è operata tra gli eredi dell’acquirente iniziale all’epoca nazional-socialista ed un nuovo acquirente che come nello specifico ha acquisito in seguito in comunione delle parti della comunità degli eredi dell’acquirente iniziale.
L’articolo 7a § 3b contempla che gli eredi dell’acquirente iniziale o il nuovo acquirente possono optare anche per il versamento di un indennizzo conformemente alla legge del 27 settembre 1994 sull’indennizzo, se il prezzo di vendita iniziale fosse stato versato in Reichsmark (RM) all’epoca nazional-socialista. L’obiettivo era stato di attenuare gli effetti delle svalutazioni dovute a due cambiamenti di moneta operati in questa epoca. Solo le persone che avevano agito contro i principi di umanità o abusato della loro posizione all’epoca nazional-socialista erano escluse della possibilità di ottenere il versamento di questo indennizzo.
IN DIRITTO
SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
32. Il richiedente sostiene che le decisioni delle giurisdizioni interne basate sulle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio hanno recato offesa al suo diritto al rispetto dei beni contemplato all’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
33. Il Governo combatte questa tesi.
A. Argomenti delle parti
34. Il richiedente considera che è stato vittima di una privazione di proprietà senza indennizzo come questo fu il caso dei richiedenti nella causa Jahn ed altri, Jahn ed altri c. Germania [GC], numeri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, CEDH 2005-VI.
Non contesta né la restituzione in quanto tale né lo scopo legittimo perseguito dal legislatore tedesco ed il margine di valutazione di cui questo dispone in materia. Però, il richiedente stima che aveva diritto ad un indennizzo equo e che il versamento di una contropartita di 1250 DM previsto dalla legge sul patrimonio fa pesare su lui un carico sproporzionato. Avrebbe acquisito difatti, legalmente il suo bene e in buona fede dopo la riunificazione tedesca degli eredi legittimi dell’acquirente iniziale all’epoca nazional-socialista. Secondo lui, se la RFT in quanto stato successore voleva riparare le ingiustizie commesse dallo stato nazional-socialista, apparteneva a lui la responsabilità di assumerne le conseguenze e non poteva farlo a scapito di un semplice acquirente che era completamente estraneo agli avvenimenti dell’epoca. Ora contrariamente a ciò che afferma il Governo, l’obiettivo dello stato non sarebbe stato proprio a ricercare un giusto equilibrio tra gli interessi in presenza, ma di evitare di pagare dei danni ed interessi basandosi su degli argomenti giuridici.
35. In quanto al Governo, accetta che il richiedente disponeva di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, anche se rileva che disponeva solamente di una parte di eredità (Miterbenanteil) e non di un diritto di proprietà sul terreno controverso che ritornava alla comunità da eredi nel suo insieme (Gesamthandseigentum). Aggiunge che se si partiva dall’ipotesi che si trattava nello specifico di una privazione di proprietà, questa era fondata sulle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio e dunque “prevista dalla legge”; serviva anche una “causa di utilità pubblica” dato che aveva per obiettivo di restituire i beni agli eredi dei vecchi proprietari di confessione ebraica vittime di persecuzioni sotto il regime nazional-socialista.
Il Governo sostiene anche che l’ingerenza era giustificata e che predisponeva un giusto equilibrio tra gli interessi in presenza alla luce del margine di valutazione di cui lo stato dispone nella cornice della riunificazione tedesca e prendendo in conto l’imperativo di risarcimento delle ingiustizie commesse sotto il regime nazional-socialista. Difatti in mancanza di regolamentazione generale in questo senso da parte della RDT, la RFT aveva desiderato colmare questa lacuna dopo la riunificazione tedesca.
In più, il richiedente aveva acquisito le sue parti dopo l’entrata in vigore della legge sul patrimonio del 1990 per un prezzo modico ed aveva preso cognizione della cronistoria della proprietà in questione; aveva preso dunque volontariamente il rischio di vedere il suo bene gravato di un’istanza di restituzione da parte degli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica. Conformemente agli obiettivi della legge sul patrimonio, il richiedente aveva diritto al versamento di una contropartita basata sul prezzo di vendita all’epoca nazional-socialista; aveva anche la possibilità di chiedere il versamento di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo che – secondo il Governo – ammontava a 15 000 DM. In realtà, il richiedente avrebbe proceduto ad un’operazione immobiliare a carattere speculativo ed aveva fatto forse una cattiva causa in mancanza di non poter onorare i suoi obblighi che derivavano dalla vendita ulteriore da parte sua. Però, la speranza di fare una “buona causa” non faceva parte dei diritti garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un’ingerenza nel diritto al rispetto di un “bene”
36. Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di “beni” dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali: certi altri diritti ed interessi costituenti degli attivi possono passare anche per “diritti di proprietà” e dunque per “beni” ai fini di questa disposizione, vedere in particolare Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH c. Paesi Bassi, 23 febbraio 1995, § 53, serie A no 306-B, e Wittek c. Germania, no 37290/97, § 42, CEDH 2002-X.
37. La Corte rileva che nello specifico il richiedente aveva tramite contratti notarili dell’ 11 aprile 1992 e del 31 gennaio 1997 acquisito in comunione due parti della comunità degli eredi dell’acquirente iniziale per un importo globale di 180 000 DM ed era stato iscritto in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario. Anche se non aveva acquisito di diritto di proprietà sul terreno in questione, aveva acquisito tuttavia delle parti in comunione della successione. Disponeva di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, il che non è contestato dal Governo del resto, dunque.
38. Quindi la restituzione del terreno agli eredi dei proprietari iniziali, conformemente alle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio e mediante il versamento al richiedente di una contropartita di 1250 DM che rappresentavano l’equivalente del prezzo di vendita di queste parti nel 1938 o di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo, costituiva un’ingerenza nel suo diritto al rispetto di un bene.
39. Avendo riguardo alla sua giurisprudenza in materia, la Corte considera che l’ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente si deve analizzare in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Le occorre ricercare dunque se l’ingerenza denunciata si giustifica sotto l’angolo di questa disposizione.
2. Sulla giustificazione dell’ingerenza
a) “Prevista dalla legge”
40. La Corte nota che la misura controversa era fondata sugli articoli 2 § 1 e 3 § 1 combinati con l’articolo 1 § 6 della legge sul patrimonio del 23 settembre 1990. Questo ultimo indica che la legge sul patrimonio che comprende delle disposizioni molto chiare sulle condizioni di restituzione di terreni espropriati all’epoca della vecchia RDT, si trova ad applicare anche ai diritti patrimoniali di persone perseguite durante il periodo nazional-socialista. L’articolo 7a § 2 di questa stessa legge contempla il versamento ai nuovi acquirenti di una contropartita che rappresenta l’equivalente del prezzo di vendita iniziale e l’articolo 7a § 3b il versamento di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo.
41. La privazione di proprietà era prevista dalla legge dunque, come vuole l’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) “a causa di utilità pubblica”,
42. La Corte ricorda che, grazie ad una cognizione diretta della loro società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è di “utilità pubblica.” Nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, appartiene loro di conseguenza pronunciarsi per primi sull’esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Quindi, godono qui di un certo margine di valutazione, come in altri ambiti ai quali si estendono le garanzie della Convenzione.
In più, la nozione di “utilità pubblica” è ampia per natura. La decisione di adottare delle leggi che portano privazione di proprietà implica in particolare, di solito l’esame di questioni politiche, economiche e sociali. Stimando normale che il legislatore disponga di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo in cui concepisce gli imperativi di ‘ “utilità pubblica”, salvo sei il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 46, serie A no 98, Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia [GC], no 25701/94, § 87, CEDH 2000-XII, e Zvolský e Zvolská c. Repubblica ceca, no 46129/99, § 67 in fini, CEDH 2002-IX.
43. Nello specifico, la Corte non ha dubbio-e ciò non è contestato del resto dal richiedente – che l’obiettivo perseguito dal legislatore tedesco di restituire i beni agli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica e vittime di persecuzioni sotto il regime nazional-socialista serviva una “causa di utilità pubblica.”
c) “Proporzionalità dell’ingerenza”
44. La Corte ricorda che una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, serie A no 52, p. 26, § 69). La preoccupazione di garantire tale equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, dunque anche nella seconda frase che si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima. In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, 20 novembre 1995, serie A no 332, p. 23, § 38.
La Corte, controllando il rispetto di questa esigenza, riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa, Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III. Non potrebbe rinunciare per tanto al suo potere di controllo, in virtù del quale gli appartiene di verificare che l’equilibrio voluto è stato preservato in modo compatibile col diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni, ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1, Zvolský e Zvolská precitata, § 69,
45. Per determinare se la misura controversa rispetta “il giusto equilibrio” voluto e, in particolare, se non fa pesare sui richiedenti un carico sproporzionato, c’è luogo di prendere in considerazione le modalità di indennizzo previste dalla legislazione interna. A questo riguardo, la Corte ha già detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, ed una mancanza totale di indennizzo saprebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali, Jahn ed altri precitate, 94.
46. La Corte rileva innanzitutto che la legge sul patrimonio che regola i conflitti relativi ai beni situati sul territorio della vecchia RDT, accorda un diritto di restituzione prioritaria agli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica lesi per primi rispetto agli eredi dei proprietari i cui terreni sono stati espropriati nella vecchia RDT e lesi dunque per secondi, come questo fu il caso della comunità di eredi presso cui il richiedente aveva nello specifico acquisito le sue parti dopo la riunificazione tedesca. Questi ultimi dispongono sia del diritto al versamento di una contropartita rappresentante il prezzo di vendita iniziale, sia di un diritto all’indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo (vedere diritto e pratica interna pertinenti, paragrafi 30-31 sopra). Ne va parimenti per il richiedente che è stato iscritto in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario.
47. A questo riguardo, ricorda anche che lo stato dispone di un grande margine di valutazione per ciò che riguarda l’adozione di leggi nel contesto unico della riunificazione tedesca, avendo riguardo all’immenso compito al quale il legislatore era confrontato per regolare tutte le questioni che si sono poste necessariamente all’epoca del passaggio da un regime comunista ad un regime democratico di economia di mercato, vedere in particolare Von Maltzan ed altri c. Germania, (dec.) [GC], numeri 71916/01, 71917/01 e 10260/02, §§ 74, 77 e 110, CEDH 2005-V, Jahn ed altri precitata, § 113, e per ultimo, mutatis mutandis, Vistiņš e Perepjolkins c. Lettonia, no 71243/01, § 85, 8 marzo 2011.
48. Nello specifico, la Corte nota che il richiedente aveva acquisito la sua prima parte della comunità di eredi l’ 11 aprile 1992, dopo l’entrata in vigore il 29 settembre 1990 della legge sul patrimonio del 23 settembre 1990 e prima della scadenza del termine per depositare un’istanza di restituzione che era fissato al 31 dicembre 1992. In più, il richiedente era stato informato debitamente dal notaio della cronistoria del bene dall’inizio del secolo.
49. La Corte dunque accetta il ragionamento del Governo quando afferma che il richiedente ha preso volontariamente il rischio di vedere il suo bene gravato di un’istanza di restituzione. Ciò è ancora più vero per l’acquisizione della sua seconda parte il 31 gennaio 1997, più di cinque anni dopo il deposito delle istanza di restituzione dell’ 8 settembre e del 17 dicembre 1992 da parte degli eredi dei proprietari iniziali, ed alcuni mesi prima della decisione del 13 ottobre 1997 dell’ufficio del Land di Turingia di fare diritto alla loro istanza.
50. Però, il richiedente non contesta la restituzione in quanto tale, ma l’esiguo importo della contropartita prevista dall’articolo 7a § 2 della legge sul patrimonio basato sul prezzo di vendita iniziale delle parti all’epoca nazional-socialista. A questo riguardo, la Corte nota che l’articolo 7a § 3b della legge sul patrimonio contempla anche la possibilità per il richiedente di richiedere il versamento di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo, il che fece il 26 luglio 2004. Il procedimento è a questo riguardo sempre pendente ed il Governo valuta l’importo dell’indennizzo al quale il richiedente avrebbe diritto a 15 000 DM.
51. Nello specifico, ciò che sembra determinante agli occhi della Corte è da una parte lo scopo della legge sul patrimonio che era di accordare un diritto di restituzione prioritaria agli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica spogliati all’epoca nazional-socialista e dall’ altra parte il fatto che il richiedente aveva acquisito le sue parti dopo l’entrata in vigore della legge sul patrimonio ed in ogni cognizione di causa del rischio che il terreno controverso fosse gravato di un’istanza di restituzione da parte degli eredi dei proprietari iniziali. A questo riguardo l’importo della contropartita o dell’indennizzo al quale il richiedente avrebbe diritto in virtù della legge sul patrimonio o della legge sull’indennizzo, la Corte ricorda che non potrebbe fare valere dei diritti che vanno al di là di quelli previsti da queste due leggi, Von Maltzan ed altri precitati, §§ 112-113, e Leuschner c. Germania, déc.), no 58623/00, 15 maggio 2007. Il fatto che il richiedente poteva pretendere il versamento di un indennizzo distingue anche il presente caso dalla causa Jahn ed altri precitata, dove la seconda legge sulla modifica del diritto patrimoniale non contemplava nessuno indennizzo per i richiedenti (§ 110).
52. Tenuto conto di tutti questi elementi, ed in particolare delle circostanze eccezionali legate all’unificazione tedesca, la Corte stima che lo stato convenuto non ha superato il suo margine di valutazione e che non ha mancato, avuto riguardo all’obiettivo legittimo perseguito, nel predisporre un “giusto equilibrio” tra gli interessi del richiedente e l’interesse generale della società tedesca.
Non c’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese ed in inglese, poi comunicato per iscritto l’ 8 dicembre 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Dean Spielmann
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Non-violation de P1-1
CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE GÖBEL c. ALLEMAGNE
(Requête no 35023/04)
ARRÊT
STRASBOURG
8 décembre 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Göbel c. Allemagne,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Dean Spielmann, président,
Karel Jungwiert,
Boštjan M. Zupančič,
Mark Villiger,
Ann Power-Forde,
André Potocki, juges,
Klaus Köpp, juge ad hoc,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 15 novembre 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 35023/04) dirigée contre la République fédérale d’Allemagne et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS (« le requérant »), né en 1948 et résidant à Aljezur (Portugal), a saisi la Cour le 24 septembre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant, qui a été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire, est représenté par Me W. U., juriste (Ass. Jur.) résidant à Kassel (Allemagne). Le gouvernement allemand (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme A. Wittling-Vogel, Ministerialdirigentin, du ministère fédéral de la justice, ainsi que par M. le Professeur J.A. Frowein, directeur émérite de l’institut Max Planck de Heidelberg.
3. Le requérant alléguait en particulier que les décisions des juridictions internes basées sur les dispositions pertinentes de la loi sur le patrimoine ont porté atteinte à son droit au respect des biens prévu à l’article 1 du Protocole no 1.
4. Mme Renate Jaeger, à l’époque juge élue au titre de Allemagne, a décidé de se déporter dans l’affaire (article 28 du règlement de la Cour). Le Gouvernement a en conséquence désigné Me Klaus Köpp, avocat à Bonn, pour siéger en qualité de juge ad hoc (articles 27 § 2 de la Convention et 29 § 1 du règlement tel qu’en vigueur à l’époque).
5. Par une décision du 13 octobre 2009, la chambre a déclaré la requête recevable.
6. Tant les requérants que le Gouvernement ont déposé des observations écrites complémentaires (article 59 § 1 du règlement).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
7. Les faits de la cause, tels qu’ils ont été exposés par les parties, peuvent se résumer comme suit.
A. La genèse de l’affaire
8. Le terrain litigieux, d’une surface de 759 m2, comprend une maison d’habitation ainsi qu’un commerce, et est situé à Erfurt, sur le territoire de l’ancienne République démocratique allemande (RDA).
9. Par contrat notarié du 4 octobre 1938, les frères S, de confession juive, avaient vendu ce terrain pour un montant de 256.000 Reichsmark (RM) à un industriel, M. D. Les frères S. quittèrent par la suite l’Allemagne national-socialiste et se réfugièrent en Australie.
10. Après 1945, le terrain, situé en zone d’occupation soviétique, fut provisoirement réquisitionné par l’Etat.
11. Le 28 février 1946, le Président du Land de Thuringe (RDA) désigna un administrateur et indiqua que le terrain, qui avait été vendu sous la contrainte dans le contexte politique de l’époque hostile aux Juifs, tombait dans le champ d’application de la loi sur les réparations (Wiedergutmachungsgesetz) du 14 septembre 1945. Il devait donc être restitué aux anciens propriétaires ou à leurs héritiers.
12. Par la suite, la procédure de restitution fut suspendue, car il était envisagé de modifier la loi sur les réparations et de procéder à une expropriation généralisée des terrains en question.
13. Le 18 octobre 1948, l’administrateur du bien litigieux conclut un règlement amiable au nom des frères S. avec l’épouse et héritière de M. D., en vertu duquel cette dernière demeurait propriétaire des deux tiers du terrain et les frères S. obtinrent le tiers restant en renonçant en contrepartie à toute demande d’indemnisation à l’encontre de Mme D.
14. Par la suite, les frères S. contestèrent ce règlement amiable, au motif qu’ils n’avaient pas été consultés.
15. Après le décès de Mme D., les deux tiers du terrain dont elle était restée propriétaire revinrent à une communauté d’héritiers.
B. La situation après la réunification allemande
16. Par contrat notarié du 11 avril 1992, un des héritiers de Mme D. vendit une première part en indivision (Anteil an der Miterbengemeinschaft) au requérant pour un montant de 90 000 Deutsch Mark (DM) et une deuxième part en indivision à un autre acquéreur, M. P., pour le même montant. Dans ce contrat était indiqué que le requérant avait pris connaissance de la description des événements ayant conduit au régime de propriété actuel du bien en question (« wie es zu den momentanen Eigentumsverhältnissen gekommen ist ») et que cette description couvrait la période allant du 22 avril 1904 au 25 septembre 1987.
17. Le 30 octobre 1992, le requérant fut inscrit en tant que membre de l’indivision successorale dans le livre foncier.
18. Par deux lettres des 8 septembre et 17 décembre 1992, les héritiers des frères S. demandèrent la restitution des deux tiers restant du terrain, conformément à l’article 1 § 6 de la loi sur la règlementation des questions patrimoniales en suspens – loi sur le patrimoine (Gesetz über die Regelung offener Vermögensfragen – Vermögensgesetz) du 23 septembre 1990 (voir droit et pratique internes pertinents, paragraphe 30 ci-dessous).
19. Par contrat notarié du 15 mars 1993, les héritiers des frères S. vendirent le tiers du terrain litigieux pour un montant de 3 700 000 DM à Mme T. Dans le même contrat figurait une clause indiquant que les héritiers des frères S. vendaient également les deux tiers restant du terrain pour un montant de 6 800 000 DM sous la condition suspensive de réalisation de la restitution (dont la procédure était en cours devant les autorités et juridictions nationales – paragraphes 23 et s. ci-dessous).
20. Le 31 janvier 1997, le requérant acquis une deuxième part en indivision de M. P., ce qui fut également inscrit dans le livre foncier le 4 mai 1998. Le Gouvernement soutient que le requérant n’apporte pas la preuve d’avoir versé une somme d’argent pour ce rachat, alors que le requérant indique que la valeur de cette deuxième part s’élevait également à 90 000 DM, comme stipulé dans le contrat initial du 11 avril 1992, et qu’il avait acquis cette part de M. P. en échange de dettes que ce dernier avait contractées à son égard.
21. Le 17 juin 1997, le requérant conclut un contrat de vente des deux deux parts pour un montant global de 600 000 DM à la société G. P. I. T. avec siège à Vaduz (Liechtenstein). Dans ce contrat était indiqué que les parties avaient libéré le notaire de son obligation de consulter le livre foncier malgré la mise en garde de celui-ci qu’on ne pouvait totalement exclure l’existence de droits de tierces personnes.
22. En raison de la restitution du bien litigieux, le requérant indique qu’il n’a pu par la suite honorer ses obligations découlant de ce contrat.
C. Les procédures devant les autorités et juridictions internes
23. Par une décision du 8 novembre 1995, l’Office pour la réglementation des questions patrimoniales en suspens (Amt für die Regelung offener Vermögensfragen) de la ville de Erfurt rejeta dans un premier temps la demande des héritiers des frères S., au motif que le règlement amiable valablement conclu le 18 octobre 1948 excluait toute demande de restitution. Les héritiers des frères S. firent opposition contre cette décision.
24. Par une décision du 13 octobre 1997, l’Office pour la règlementation des questions patrimoniales en suspens du Land de Thuringe (Office du Land de Thuringe) fit droit à leur demande et ordonna la restitution des deux tiers restant du terrain. L’Office considéra qu’il fallait partir de la présomption que le terrain litigieux avait été vendu sous la contrainte en 1938, car le prix de vente n’avait pas été adéquat et qu’il n’avait pas été établi que la vente aurait eu lieu indépendamment du « règne » du parti national-socialiste. Par ailleurs, la restitution n’était exclue ni en raison du règlement amiable conclu dans l’ancienne RDA sous la pression d’expropriations à venir et sans l’accord des intéressés, ni pour les autres raisons énoncées à l’article 4 de la loi sur le patrimoine, à savoir une acquisition de bonne foi à l’époque de l’ancienne RDA (voir droit et pratique internes pertinents, paragraphe 30 ci-dessous). En vertu de l’article 7a § 2 de la loi sur le patrimoine, le requérant avait droit au versement d’une contrepartie (Gegenleistung) représentant l’équivalent du prix de vente de ses parts en 1938 au taux de conversion de 1 DM pour 20 RM, soit un montant de 1 250 DM.
25. Le requérant saisit alors le tribunal administratif de Gera, au motif que les acquéreurs actuels n’étaient pas responsables de la situation à l’époque national-socialiste, que le règlement amiable avait été valablement conclu et que la décision de l’Office portait atteinte à la protection de son droit de propriété prévue à l’article 1 du Protocole no 1.
26. Par un arrêt du 17 avril 2003, le tribunal administratif de Gera confirma en tous points la décision de l’Office du Land de Thuringe en se fondant sur les articles 2 § 1 et 3 § 1 combinés avec l’article 1 § 6 de la loi sur le patrimoine (voir droit et pratique internes pertinents, § 30 ci-dessous). Il précisa que la loi sur le patrimoine devait être comprise comme une loi réglementant l’usage des biens au sens du second paragraphe de l’article 1 du Protocole no 1, avec pour objectif légitime la réparation de l’injustice commise à l’égard des citoyens de confession juive. Même à supposer que le requérant disposait d’un bien au sens de cet article, les dispositions pertinentes de la loi sur le patrimoine avaient valablement pu définir la portée de son droit de propriété (zulässige Inhaltsbestimmung des Eigentumsrechts). Il ne disposait donc que d’un droit restreint (eingeschränkte Rechtsposition). Le tribunal administratif conclut que la restitution du terrain n’était pas exclue en vertu de l’article 4 § 2 de la loi sur le patrimoine, car le requérant n’avait pas acquis un droit de propriété sur la valeur patrimoniale (kein Eigentum an dem Vermögenswert) et avait acquis sa part après l’entrée en vigueur de la loi sur le patrimoine. Il n’avait également pas pu disposer (verfügen) de son bien et c’est pourquoi il était simplement inscrit en tant que membre de l’indivision successorale dans le livre foncier.
Le tribunal administratif n’autorisa pas le requérant à interjeter appel de cet arrêt ni à saisir la Cour fédérale administrative fédérale d’un recours en révision.
27. Par une décision du 29 janvier 2004, la Cour administrative fédérale rejeta le recours du requérant contre la décision du tribunal administratif de ne pas autoriser de recours en révision.
28. Par une décision du 31 mars 2004, la Cour constitutionnelle fédérale, statuant en comité de trois membres, refusa de retenir le recours constitutionnel du requérant.
29. Le 26 juillet 2004, le requérant fit une demande d’obtention d’une indemnisation en vertu de la loi du 27 septembre 1994 sur l’indemnisation d’après la loi sur le patrimoine – loi sur l’indemnisation (Gesetz über die Entschädigung nach dem Vermögensgesetz – Entschädigungsgesetz – voir droit et pratique internes pertinents, paragraphe 31 ci-dessous) dont la procédure est toujours pendante à ce jour.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
La loi sur le règlement des questions patrimoniales en suspens / loi sur le patrimoine
30. Le 29 septembre 1990 entra en vigueur la loi sur le patrimoine du 23 septembre 1990, qui devait également faire partie du Traité d’unification (Einigungsvertrag). Selon ce dernier, la loi sur le patrimoine continuerait d’exister en Allemagne après la réunification des deux Etats allemands le 3 octobre 1990. Elle entendait notamment régler les conflits relatifs à des biens situés sur le territoire de la RDA d’une manière acceptable sur le plan social, afin d’assurer de façon durable la paix juridique en Allemagne.
L’article 1 § 1 de la loi sur le patrimoine prévoit que celle-ci trouve à s’appliquer aux droits patrimoniaux sur des biens expropriés à l’époque de l’ancienne RDA et l’article 1 § 6 prévoit qu’elle trouve également à s’appliquer aux droits patrimoniaux de personnes poursuivies entre le 30 janvier 1933 et le 8 mai 1945 en Allemagne pour des motifs racistes, politiques, religieux ou idéologiques (weltanschauliche Gründe) et qui de ce fait ont perdu leurs biens « par vente forcée, expropriation ou d’une autre manière ». Les articles 2 et 3 de la loi complètent l’article 1.
L’article 3 § 1 de la loi sur le patrimoine prévoit que des biens transformés en « propriété du peuple » sont restitués sur demande sauf si la loi l’exclut. L’article 3 § 2 prévoit que si plusieurs personnes déposent une demande de restitution portant sur le même bien, c’est celle qui a été lésée « en premier » qui devient ayant droit. Cela signifie que si comme en l’espèce un même bien a vendu sous la contrainte pendant la période national-socialiste puis ultérieurement exproprié dans l’ancienne RDA, les héritiers des propriétaires initiaux de confession juive disposent d’un droit de restitution prioritaire.
La restitution est exclue si celle-ci se révèle impossible en pratique (article 4 § 1 de la loi) ou si les acquéreurs ont acquis le bien de bonne foi après le 8 mai 1945 et jusqu’à la date charnière du 18 octobre 1989 (article 4 § 2 de la loi). En revanche, elle n’est pas exclue si comme en l’espèce l’acquisition a été faite après cette date.
L’article 30a § 1, première phrase, de la loi sur le patrimoine dispose que les demandes de restitution devaient être déposées au plus tard au 31 décembre 1992.
31. En cas de restitution du bien, l’article 7a § 2 de la loi sur le patrimoine prévoit qu’une contrepartie représentant l’équivalent du prix de vente initial doit être versée aux nouveaux acquéreurs. Le taux de conversion est de 1 DM pour 20 RM. A cet égard, aucune distinction n’est opérée entre les héritiers de l’acquéreur initial à l’époque national-socialiste et un nouvel acquéreur qui comme en l’espèce a par la suite acquis en indivision des parts de la communauté des héritiers de l’acquéreur initial.
L’article 7a § 3b prévoit que les héritiers de l’acquéreur initial ou le nouvel acquéreur peuvent également opter pour le versement d’une indemnisation conformément à la loi du 27 septembre 1994 sur l’indemnisation, si le prix de vente initial avait été versé en Reichsmark (RM) à l’époque national-socialiste. L’objectif avait été d’atténuer les effets des dévaluations dues à deux changements de monnaie opérés depuis cette époque. Seuls les personnes qui avaient agi contre les principes d’humanité ou abusé de leur position à l’époque national-socialiste étaient exclues de la possibilité d’obtenir le versement de cette indemnisation.
EN DROIT
SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
32. Le requérant soutient que les décisions des juridictions internes basées sur les dispositions pertinentes de la loi sur le patrimoine ont porté atteinte à son droit au respect des biens prévu à l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
33. Le Gouvernement combat cette thèse.
A. Arguments des parties
34. Le requérant considère qu’il a été victime d’une privation de propriété sans indemnisation comme ce fut le cas des requérants dans l’affaire Jahn et autres (Jahn et autres c. Allemagne [GC], nos 46720/99, 72203/01 et 72552/01, CEDH 2005-VI).
Il ne conteste ni la restitution en tant que telle ni le but légitime poursuivi par le législateur allemand et la marge d’appréciation dont celui-ci dispose en la matière. Cependant, le requérant estime qu’il avait droit à une indemnisation équitable et que le versement d’une contrepartie de 1250 DM prévu par la loi sur le patrimoine fait peser sur lui une charge disproportionnée. En effet, il aurait acquis son bien légalement et de bonne foi après la réunification allemande des héritiers légitimes de l’acquéreur initial à l’époque national-socialiste. D’après lui, si la RFA en tant qu’Etat successeur voulait réparer les injustices commises par l’Etat national-socialiste, c’était à lui qu’incombait la responsabilité d’en assumer les conséquences et il ne pouvait le faire au détriment d’un simple acquéreur qui était complètement étranger aux événements de l’époque. Or contrairement à ce qu’affirme le Gouvernement, l’objectif de l’Etat n’aurait justement pas été de rechercher un juste équilibre entre les intérêts en présence, mais d’éviter de payer des dommages et intérêts en se basant sur des arguments juridiques.
35. Quant au Gouvernement, il accepte que le requérant disposait d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1, même s’il relève qu’il ne disposait que d’une part d’héritage (Miterbenanteil) et pas d’un droit de propriété sur le terrain litigieux qui revenait à la communauté d’héritiers dans son ensemble (Gesamthandseigentum). Il ajoute que si l’on partait de l’hypothèse qu’il s’agissait en l’espèce d’une privation de propriété, celle-ci était fondée sur les dispositions pertinentes de la loi sur le patrimoine et donc « prévue par la loi » ; elle servait également une « cause d’utilité publique » étant donné qu’elle avait pour objectif de restituer les biens aux héritiers des anciens propriétaires de confession juive victimes de persécutions sous le régime national-socialiste.
Le Gouvernement soutient également que l’ingérence était justifiée et qu’elle ménageait un juste équilibre entre les intérêts en présence à la lumière de la marge d’appréciation dont l’Etat dispose dans le cadre de la réunification allemande et en prenant en compte l’impératif de réparation des injustices commises sous le régime national-socialiste. En effet à défaut de réglementation générale en ce sens par la RDA, la RFA avait souhaité combler cette lacune après la réunification allemande.
De plus, le requérant avait acquis ses parts après l’entrée en vigueur de la loi sur le patrimoine de 1990 pour un prix modique et avait pris connaissance de l’historique de la propriété en question ; il avait donc sciemment pris le risque de voir son bien grevé d’une demande de restitution par les héritiers des propriétaires initiaux de confession juive. Conformément aux objectifs de la loi sur le patrimoine, le requérant avait droit au versement d’une contrepartie basée sur le prix de vente à l’époque national-socialiste ; il avait également la possibilité de demander le versement d’une indemnisation en vertu de la loi sur l’indemnisation qui – d’après le Gouvernement – s’élevait à 15 000 DM. En réalité, le requérant aurait procédé à une opération immobilière à caractère spéculatif et avait peut-être fait une mauvaise affaire à défaut de ne pouvoir honorer ses obligations découlant de la vente ultérieure de ses parts. Cependant, l’espoir de faire une « bonne affaire » ne faisait pas partie des droits garantis par l’article 1 du Protocole no 1.
B. Appréciation de la Cour
1. Sur l’existence d’une ingérence dans le droit au respect d’un « bien »
36. D’après la jurisprudence de la Cour, la notion de « biens » de l’article 1 du Protocole no 1 a une portée autonome qui ne se limite pas à la propriété de biens corporels : certains autres droits et intérêts constituant des actifs peuvent aussi passer pour des « droits de propriété » et donc pour des « biens » aux fins de cette disposition (voir notamment Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH c. Pays-Bas, 23 février 1995, § 53, série A no 306-B, et Wittek c. Allemagne, no 37290/97, § 42, CEDH 2002-X).
37. La Cour relève qu’en l’espèce le requérant avait par contrats notariés des 11 avril 1992 et 31 janvier 1997 acquis en indivision deux parts de la communauté des héritiers de l’acquéreur initial pour un montant global de 180 000 DM et avait été inscrit en tant que membre de l’indivision successorale dans le livre foncier. Même s’il n’avait pas acquis de droit de propriété sur le terrain en question, il avait néanmoins acquis des parts en indivision de la succession. Il disposait donc d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1, ce qui n’est d’ailleurs pas contesté par le Gouvernement.
38. Dès lors la restitution du terrain aux héritiers des propriétaires initiaux, conformément aux dispositions pertinentes de la loi sur le patrimoine et moyennant le versement au requérant d’une contrepartie de 1250 DM représentant l’équivalent du prix de vente de ces parts en 1938 ou d’une indemnisation en vertu de la loi sur l’indemnisation, constituait une ingérence dans son droit au respect d’un bien.
39. Eu égard à sa jurisprudence en la matière, la Cour considère que l’ingérence dans le droit de propriété du requérant doit s’analyser en une « privation » de propriété au sens de la seconde phrase de l’article 1 du Protocole no 1. Il lui faut donc rechercher si l’ingérence dénoncée se justifie sous l’angle de cette disposition.
2. Sur la justification de l’ingérence
a) « Prévue par la loi »
40. La Cour note que la mesure litigieuse était fondée sur les articles 2 § 1 et 3 § 1 combinés avec l’article 1 § 6 de la loi sur le patrimoine du 23 septembre 1990. Ce dernier indique que la loi sur le patrimoine, qui comporte des dispositions très claires sur les conditions de restitution de terrains expropriés à l’époque de l’ancienne RDA, trouve également à s’appliquer aux droits patrimoniaux de personnes poursuivies pendant la période national-socialiste. L’article 7a § 2 de cette même loi prévoit le versement aux nouveaux acquéreurs d’une contrepartie représentant l’équivalent du prix de vente initial et l’article 7a § 3b le versement d’une indemnisation en vertu de la loi sur l’indemnisation.
41. La privation de propriété était donc prévue par la loi, comme le veut l’article 1 du Protocole no 1.
b) « Pour cause d’utilité publique »
42. La Cour rappelle que, grâce à une connaissance directe de leur société et de ses besoins, les autorités nationales se trouvent en principe mieux placées que le juge international pour déterminer ce qui est d’« utilité publique ». Dans le mécanisme de protection créé par la Convention, il leur appartient par conséquent de se prononcer les premières sur l’existence d’un problème d’intérêt général justifiant des privations de propriété. Dès lors, elles jouissent ici d’une certaine marge d’appréciation, comme en d’autres domaines auxquels s’étendent les garanties de la Convention.
De plus, la notion d’« utilité publique » est ample par nature. En particulier, la décision d’adopter des lois portant privation de propriété implique d’ordinaire l’examen de questions politiques, économiques et sociales. Estimant normal que le législateur dispose d’une grande latitude pour mener une politique économique et sociale, la Cour respecte la manière dont il conçoit les impératifs de l’« utilité publique », sauf si son jugement se révèle manifestement dépourvu de base raisonnable (James et autres c. Royaume-Uni, 21 février 1986, § 46, série A no 98, Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce [GC], no 25701/94, § 87, CEDH 2000-XII, et Zvolský et Zvolská c. République tchèque, no 46129/99, § 67 in fine, CEDH 2002-IX).
43. En l’espèce, la Cour n’a pas de doute – et cela n’est d’ailleurs pas contesté par le requérant – que l’objectif poursuivi par le législateur allemand de restituer les biens aux héritiers des propriétaires initiaux de confession juive victimes de persécutions sous le régime national-socialiste servait une « cause d’utilité publique ».
c) « Proportionnalité de l’ingérence »
44. La Cour rappelle qu’une mesure d’ingérence dans le droit au respect des biens doit ménager un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, parmi d’autres, Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, série A no 52, p. 26, § 69). Le souci d’assurer un tel équilibre se reflète dans la structure de l’article 1 du Protocole no 1 tout entier, donc aussi dans la seconde phrase qui doit se lire à la lumière du principe consacré par la première. En particulier, il doit exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé par toute mesure privant une personne de sa propriété (Pressos Compania Naviera S.A. et autres c. Belgique, 20 novembre 1995, série A no 332, p. 23, § 38).
La Cour, en contrôlant le respect de cette exigence, reconnaît à l’Etat une grande marge d’appréciation tant pour choisir les modalités de mise en œuvre que pour juger si leurs conséquences se trouvent légitimées, dans l’intérêt général, par le souci d’atteindre l’objectif de la loi en cause (Chassagnou et autres c. France [GC], nos 25088/94, 28331/95 et 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). Elle ne saurait renoncer pour autant à son pouvoir de contrôle, en vertu duquel il lui appartient de vérifier que l’équilibre voulu a été préservé de manière compatible avec le droit des requérants au respect de leurs biens, au sens de la première phrase de l’article 1 du Protocole no 1 (Zvolský et Zvolská précité, § 69)
45. Afin de déterminer si la mesure litigieuse respecte le « juste équilibre » voulu et, notamment, si elle ne fait pas peser sur les requérants une charge disproportionnée, il y a lieu de prendre en considération les modalités d’indemnisation prévues par la législation interne. A cet égard, la Cour a déjà dit que, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive, et un manque total d’indemnisation ne saurait se justifier sur le terrain de l’article 1 du Protocole no 1 que dans des circonstances exceptionnelles (Jahn et autres précité, 94).
46. La Cour relève tout d’abord que la loi sur le patrimoine, qui règle les conflits relatifs à des biens situés sur le territoire de l’ancienne RDA, accorde un droit de restitution prioritaire aux héritiers des propriétaires initiaux de confession juive lésés en premier par rapport aux héritiers des propriétaires dont les terrains ont été expropriés dans l’ancienne RDA et donc lésés en second, comme ce fut le cas de la communauté d’héritiers auprès de qui le requérant avait en l’espèce acquis ses parts après la réunification allemande. Ces derniers disposent soit du droit au versement d’une contrepartie représentant le prix de vente initial soit d’un droit à indemnisation en vertu de la loi sur l’indemnisation (voir droit et pratique internes pertinents, paragraphes 30-31 ci-dessus). Il en va de même pour le requérant qui a été inscrit en tant que membre de l’indivision successorale dans le livre foncier.
47. A cet égard, elle rappelle également que l’Etat dispose d’une grande marge d’appréciation en ce qui concerne l’adoption de lois dans le contexte unique de la réunification allemande, eu égard à l’immense tâche auquel le législateur était confronté pour régler toutes les questions qui se sont nécessairement posées lors du passage d’un régime communiste à un régime démocratique d’économie de marché (voir notamment Von Maltzan et autres c. Allemagne (déc.) [GC], nos 71916/01, 71917/01 et 10260/02, §§ 74, 77 et 110, CEDH 2005-V, Jahn et autres précité, § 113, et en dernier lieu, mutatis mutandis, Vistiņš et Perepjolkins c. Lettonie, no 71243/01, § 85, 8 mars 2011).
48. En l’espèce, la Cour note que le requérant avait acquis sa première part de la communauté d’héritiers le 11 avril 1992, après l’entrée en vigueur le 29 septembre 1990 de la loi sur le patrimoine du 23 septembre 1990 et avant l’expiration du délai pour déposer une demande de restitution qui était fixé au 31 décembre 1992. De plus, le requérant avait été dûment informé par le notaire de l’historique du bien depuis le début du siècle.
49. La Cour accepte donc le raisonnement du Gouvernement lorsqu’il affirme que le requérant a sciemment pris le risque de voir son bien grevé d’une demande en restitution. Cela est encore plus vrai pour l’acquisition de sa deuxième part le 31 janvier 1997, plus de cinq ans après le dépôt des demandes de restitution des 8 septembre et 17 décembre 1992 par les héritiers des propriétaires initiaux, et quelques mois avant la décision du 13 octobre 1997 de l’Office du Land de Thuringe de faire droit à leur demande.
50. Cependant, le requérant ne conteste pas la restitution en tant que telle, mais le faible montant de la contrepartie prévue par l’article 7a § 2 de la loi sur le patrimoine basée sur le prix de vente initial des parts à l’époque national-socialiste. A cet égard, la Cour note que l’article 7a § 3b de la loi sur le patrimoine prévoit également la possibilité pour le requérant de réclamer le versement d’une indemnisation en vertu de la loi sur l’indemnisation, ce qu’il fit le 26 juillet 2004. La procédure à cet égard est toujours pendante et le Gouvernement évalue le montant de l’indemnisation auquel le requérant aurait droit à 15 000 DM.
51. En l’espèce, ce qui paraît déterminant aux yeux de la Cour est d’une part le but de la loi sur le patrimoine qui était d’accorder un droit de restitution prioritaire aux héritiers des propriétaires initiaux de confession juive spoliés à l’époque national-socialiste et d’autre part le fait que le requérant avait acquis ses parts après l’entrée en vigueur de la loi sur le patrimoine et en toute connaissance de cause du risque que le terrain litigieux soit grevé d’une demande en restitution par les héritiers des propriétaires initiaux. En ce concerne le montant de la contrepartie ou de l’indemnisation auquel le requérant aurait droit en vertu de la loi sur le patrimoine ou de la loi sur l’indemnisation, la Cour rappelle qu’il ne saurait faire valoir de droits allant au-delà de ceux prévus par ces deux lois (Von Maltzan et autres précité, §§ 112-113, et Leuschner c. Allemagne (déc.), no 58623/00, 15 mai 2007). Le fait que le requérant pouvait prétendre au versement d’une indemnisation distingue également la présente espèce de l’affaire Jahn et autres précitée, où la deuxième loi sur la modification du droit patrimonial ne prévoyait aucune indemnisation pour les requérants (§ 110).
52. Compte tenu de tous ces éléments, et notamment des circonstances exceptionnelles liées à l’unification allemande, la Cour estime que l’Etat défendeur n’a pas excédé sa marge d’appréciation et qu’il n’a pas manqué, eu égard à l’objectif légitime poursuivi, à ménager un « juste équilibre » entre les intérêts du requérant et l’intérêt général de la société allemande.
Il n’y a donc pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
Fait en français et en anglais, puis communiqué par écrit le 8 décembre 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Claudia Westerdiek Dean Spielmann
Greffière Président

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