Conclusione Non -violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA GÖBEL C. GERMANIA
( Richiesta no 35023/04)
SENTENZA
STRASBURGO
8 dicembre 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Göbel c. Germania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Dean Spielmann, presidente, Karel Jungwiert, Boštjan il Sig. Zupančič, Marco Villiger, Ann Power-Forde, André Potocki, giudici, Klaus Köpp, giudice ad hoc,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 novembre 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 35023/04) diretta contro la Repubblica federale della Germania e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), nato nel 1948 e residente ad Aljezur (Portogallo), ha investito la Corte il 24 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da W. U., giurista (Ass. Jur) risiedente a Kassel (Germania). Il governo tedesco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra A. Wittling-Vogel, Ministerialdirigentin, del ministero federale della giustizia, così come dal Professore J.A. Frowein, direttore emerito dell’istituto Max Planck di Heidelberg.
3. Il richiedente adduceva in particolare che le decisioni delle giurisdizioni interne basate sulle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio hanno recato offesa al suo diritto al rispetto dei beni contemplato all’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. La Sig.ra Renate Jaeger, all’epoca giudice eletto a titolo della Germania, ha deciso di astenersi dalla causa (articolo 28 dell’ordinamento della Corte). Il Governo ha designato perciò Klaus Köpp, avvocato a Bonn, per riunirsi in qualità di giudice ad hoc (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell’ordinamento come in vigore all’epoca).
5. Con una decisione del 13 ottobre 2009, la camera ha dichiarato la richiesta ammissibile.
6. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte complementari (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
A. La genesi della causa
8. Il terreno controverso, di una superficie di 759 m2, consta di una casa di abitazione così come un negozio, ed è situato ad Erfurt, sul territorio della vecchia Repubblica democratica tedesca (RDT).
9. Con contratto notarile del 4 ottobre 1938, i fratelli S, di confessione ebraica, avevano venduto questo terreno per un importo di 256.000 Reichsmark, RM, ad un industriale, il Sig. D. I fratelli S. lasciarono la Germania nazional-socialista in seguito e si rifugiarono in Australia.
10. Dopo il 1945, il terreno, situato in zona di occupazione sovietica, fu requisito provvisoriamente dallo stato.
11. Il 28 febbraio 1946, il Presidente del Land di Turingia (RDT) designò un amministratore ed indicò che il terreno che era stato venduto sotto costrizione politica nel contesto dell’epoca ostile agli ebrei, ricadeva nel campo di applicazione della legge sui risarcimenti (Wiedergutmachungsgesetz) del 14 settembre 1945. Doveva essere restituito ai vecchi proprietari o ai loro eredi dunque.
12. In seguito, il procedimento di restituzione fu sospeso, perché c’era stata l’ intenzione di modificare la legge sui risarcimenti e di procedere ad un’espropriazione generalizzata dei terreni in questione.
13. Il 18 ottobre 1948, l’amministratore del bene controverso concluse un ordinamento amichevole a nome dei fratelli S. con la moglie ed erede del Sig. D., in virtù del quale questa ultima rimaneva proprietaria dei due terzi del terreno ed i fratelli S. ottennero il terzo restante rinunciando in compenso ad ogni richiesta di indennizzo contro la Sig.ra D.
14. In seguito, i fratelli S. contestarono questo ordinamento amichevole, al motivo che non erano stati consultati.
15. Dopo il decesso della Sig.ra D., i due terzi del terreno di cui era restata proprietaria ritornarono ad una comunità di eredi.
B. La situazione dopo la riunificazione tedesca
16. Con contratto notarile dell’ 11 aprile 1992, uno degli eredi della Sig.ra D. vendette una prima parte in comunione (Anteil anno der Miterbengemeinschaft) al richiedente per un importo di 90 000 Marchi Tedeschi, DM, ed una seconda parte in comunione ad un altro acquirente, il Sig. P., per lo stesso importo. In questo contratto era indicato che il richiedente aveva preso cognizione della descrizione degli avvenimenti che avevano condotto al regime di proprietà reale del bene in questione (“wie è zu den momentanen Eigentumsverhältnissen gekommen ist”) e che questa descrizione copriva il periodo che andava dal 22 aprile 1904 al 25 settembre 1987.
17. Il 30 ottobre 1992, il richiedente fu iscritto in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario.
18. Con due lettere dell’ 8 settembre e del 17 dicembre 1992, gli eredi del fratelli S. chiesero la restituzione dei due terzi restanti del terreno, conformemente all’articolo 1 § 6 della legge sul regolamentazione delle questioni patrimoniali in sospeso – legge sul patrimonio, Gesetz über die Regelung offener Vermögensfragen – Vermögensgesetz, del 23 settembre 1990, vedere diritto e pratica interne pertinenti, paragrafo 30 sotto.
19. Con contratto notarile del 15 marzo 1993, gli eredi dei fratelli S. vendettero il terzo del terreno controverso per un importo di 3 700 000 DM alla Sig.ra T. Nello stesso contratto figurava una clausola che indicava che gli eredi dei fratelli S. vendevano anche i due terzi restanti del terreno per un importo di 6 800 000 DM sotto la condizione sospensiva di realizzazione della restituzione di cui il procedimento era in corso dinnanzi alle autorità e giurisdizioni nazionali -paragrafi 23 e s. sotto.
20. Il 31 gennaio 1997, il richiedente acquisì una seconda parte in comunione con la Sig. P., il che fu inserito anche nel libro fondiario il 4 maggio 1998. Il Governo sostiene che il richiedente non porta la prova di avere versato una somma di denaro per questo riscatto, mentre il richiedente indica che anche il valore di questa seconda parte ammontava a 90 000 DM, come stipolato nel contratto iniziale dell’ 11 aprile 1992, e che aveva acquisito questa parte del Sig. P. in cambio di debiti che questo ultimo aveva contratto a suo riguardo.
21. Il 17 giugno 1997, il richiedente concluse un contratto di vendita delle due parti per un importo globale di 600 000 DM alla società G. P. I. T. con sede a Vaduz (Liechtenstein). In questo contratto era indicato che le parti avevano liberato il notaio dal suo obbligo di consultare il libro fondiario malgrado la messa in guardia di questo che si non poteva escludere totalmente l’esistenza di diritti di terze persone.
22. In ragione della restituzione del bene controverso, il richiedente indica che non ha potuto onorare i suoi obblighi derivanti da questo contratto in seguito.
C. I procedimenti dinnanzi alle autorità e giurisdizioni interne
23. Con una decisione dell’ 8 novembre 1995, l’ufficio per la regolamentazione delle questioni patrimoniali in sospeso( Amt für die Regelung offener Vermögensfragen) della città di Erfurt respinse in un primo tempo la richiesta degli eredi dei fratelli S., al motivo che l’ordinamento amichevole validamente concluso il 18 ottobre 1948 escludeva ogni istanza di restituzione. Gli eredi del fratelli S. fecero opposizione contro questa decisione.
24. Con una decisione del 13 ottobre 1997, l’ufficio per la regolamentazione delle questioni patrimoniali in sospeso del Land della Turingia (Ufficio del Land della Turingia) fece diritto alla loro istanza ed ordinò la restituzione dei due terzi restanti del terreno. L’ufficio considerò che bisognava partire dalla presunzione che il terreno controverso era stato venduto sotto costrizione nel 1938, perché il prezzo di vendita non era stato adeguato e che non era stato stabilito che la vendita avrebbe avuto luogo a prescindere dal “regno” dello partito nazional-socialista. Peraltro, la restituzione non era esclusa in ragione dell’ordinamento amichevole concluso nella vecchia RDT sotto la pressione di espropriazioni a venire e senza l’accordo degli interessati, né per altre ragioni enunciate all’articolo 4 della legge sul patrimonio, ossia un’acquisizione in buona fede all’epoca della vecchia RDT, vedere diritto e pratica interna pertinenti, paragrafo 30 sotto. In virtù dell’articolo 7a § 2 della legge sul patrimonio, il richiedente aveva diritto al versamento di una contropartita (Gegenleistung) che rappresentava l’equivalente del prezzo di vendita da parte sua nel 1938 al tasso di conversione di 1 DM per 20 RM, o un importo di 1 250 DM.
25. Il richiedente investì allora il tribunale amministrativo di Gera, al motivo che gli acquirenti reali non erano responsabili della situazione all’epoca nazional-socialista, che l’ordinamento amichevole era stato concluso validamente e che la decisione dell’ufficio recava offesa alla protezione del suo diritto di proprietà previsto all’articolo 1 del Protocollo no 1.
26. Con una sentenza del 17 aprile 2003, il tribunale amministrativo di Gera confermò in ogni punto la decisione dell’ufficio del Land di Turingia basandosi sugli articoli 2 § 1 e 3 § 1 combinati con l’articolo 1 § 6 della legge sul patrimonio, vedere diritto e pratica interna pertinenti, § 30 sotto. Precisò che la legge sul patrimonio doveva essere compresa come una legge che regolamentava l’uso dei beni ai sensi del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, con obiettivo legittimo il risarcimento dell’ingiustizia commessa a riguardo dei cittadini di confessione ebraica. Supponendo anche che il richiedente disponeva di un bene ai sensi di questo articolo, le disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio avevano potuto definire validamente la portata del suo diritto di proprietà, (zulässige Inhaltsbestimmung des Eigentumsrechts). Non disponeva dunque che di un diritto ristretto, eingeschränkte Rechtsposition. Il tribunale amministrativo concluse che la restituzione del terreno non era esclusa in virtù dell’articolo 4 § 2 della legge sul patrimonio, perché il richiedente non aveva acquisito un diritto di proprietà sul valore patrimoniale, kein Eigentum anno dem Vermögenswert, ed aveva acquisito la sua parte dopo l’entrata in vigore della legge sul patrimonio. Non aveva neanche potuto disporre (verfügen) del suo bene e questo perché era iscritto semplicemente in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario.
Il tribunale amministrativo non autorizzò il richiedente ad interporre appello a questa sentenza né ad investire la Corte federale amministrativa federale di un ricorso per revisione.
27. Con una decisione del 29 gennaio 2004, la Corte amministrativa federale respinse il ricorso del richiedente contro la decisione del tribunale amministrativo di non autorizzare di ricorso per revisione.
28. Con una decisione del 31 marzo 2004, la Corte costituzionale federale, deliberando in comitato di tre membri, negò di considerare il ricorso costituzionale del richiedente.
29. Il 26 luglio 2004, il richiedente fece istanza di ottenimento di un indennizzo in virtù della legge del 27 settembre 1994 sull’indennizzo secondo la legge sul patrimonio-legge sull’indennizzo, Gesetz über die Entschädigung nach dem Vermögensgesetz-Entschädigungsgesetz – vedere diritto e pratica intern< pertinenti, paragrafo 31 sotto di cui il procedimento è sempre pendente a questo giorno.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
La legge sull’ordinamento delle questioni patrimoniali in sospeso / legge sul patrimonio
30. Il 29 settembre 1990 entrò in vigore la legge sul patrimonio del 23 settembre 1990 che doveva fare anche parte del Trattato di unificazione (Einigungsvertrag). Secondo questo ultimo, la legge sul patrimonio continuerebbe ad esistere in Germania dopo la riunificazione dei due Stati tedeschi il 3 ottobre 1990. Intendeva regolare in particolare i conflitti relativi ai beni situati sul territorio della RDT in un modo accettabile sul piano sociale, per garantire in modo duraturo la pace giuridica in Germania.
L’articolo 1 § 1 della legge sul patrimonio contempla che questa si trova ad applicare ai diritti patrimoniali su dei beni espropriati all’epoca della vecchia RDT e l’articolo 1 § 6 contempla che si trova anche ad applicare ai diritti patrimoniali di persone perseguite tra il 30 gennaio 1933 e l’ 8 maggio 1945 in Germania per i motivi razzisti, politici, religiosi o ideologici, weltanschauliche Gründe, e che hanno perso i loro beni “tramite vendita forzata per questo fatto, espropriazione o in un altro modo.” Gli articoli 2 e 3 della legge completano l’articolo 1.
L’articolo 3 § 1 della legge sul patrimonio contempla che i beni trasformati in “proprietà del popolo” sono restituiti su richiesta salvo se la legge l’esclude. L’articolo 3 § 2 contempla che se parecchie persone depositano istanza di restituzione riguardante lo stesso bene, è quello che è stato leso “in primo” che diventa avente diritto. Ciò significa che se come nello specifico un stesso bene viene venduto poi ulteriormente sotto costrizione durante il periodo nazional-socialista espropriato nella vecchia RDT, gli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica dispongono di un diritto di restituzione prioritaria.
La restituzione è esclusa se questa si rivela impossibile in pratica, articolo 4 § 1 della legge, o se gli acquirenti hanno acquisito il bene in buona fede dopo il 8 maggio 1945 e fino alla data cerniera del 18 ottobre 1989, articolo 4 § 2 della legge. In compenso, non è esclusa se come nello specifico l’acquisizione è stata fatta dopo questa data.
L’articolo 30a § 1, prima frase, della legge sul patrimonio dispongono che le domande di restituzione dovevano essere depositate al più tardi al 31 dicembre 1992.
31. In caso di restituzione del bene, l’articolo 7a § 2 della legge sul patrimonio contempla che una contropartita che rappresenta l’equivalente del prezzo di vendita iniziale deve essere versata ai nuovi acquirenti. Il tasso di conversione è di 1 DM per 20 RM. A questo riguardo, nessuna distinzione è operata tra gli eredi dell’acquirente iniziale all’epoca nazional-socialista ed un nuovo acquirente che come nello specifico ha acquisito in seguito in comunione delle parti della comunità degli eredi dell’acquirente iniziale.
L’articolo 7a § 3b contempla che gli eredi dell’acquirente iniziale o il nuovo acquirente possono optare anche per il versamento di un indennizzo conformemente alla legge del 27 settembre 1994 sull’indennizzo, se il prezzo di vendita iniziale fosse stato versato in Reichsmark (RM) all’epoca nazional-socialista. L’obiettivo era stato di attenuare gli effetti delle svalutazioni dovute a due cambiamenti di moneta operati in questa epoca. Solo le persone che avevano agito contro i principi di umanità o abusato della loro posizione all’epoca nazional-socialista erano escluse della possibilità di ottenere il versamento di questo indennizzo.
IN DIRITTO
SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
32. Il richiedente sostiene che le decisioni delle giurisdizioni interne basate sulle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio hanno recato offesa al suo diritto al rispetto dei beni contemplato all’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
33. Il Governo combatte questa tesi.
A. Argomenti delle parti
34. Il richiedente considera che è stato vittima di una privazione di proprietà senza indennizzo come questo fu il caso dei richiedenti nella causa Jahn ed altri, Jahn ed altri c. Germania [GC], numeri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, CEDH 2005-VI.
Non contesta né la restituzione in quanto tale né lo scopo legittimo perseguito dal legislatore tedesco ed il margine di valutazione di cui questo dispone in materia. Però, il richiedente stima che aveva diritto ad un indennizzo equo e che il versamento di una contropartita di 1250 DM previsto dalla legge sul patrimonio fa pesare su lui un carico sproporzionato. Avrebbe acquisito difatti, legalmente il suo bene e in buona fede dopo la riunificazione tedesca degli eredi legittimi dell’acquirente iniziale all’epoca nazional-socialista. Secondo lui, se la RFT in quanto stato successore voleva riparare le ingiustizie commesse dallo stato nazional-socialista, apparteneva a lui la responsabilità di assumerne le conseguenze e non poteva farlo a scapito di un semplice acquirente che era completamente estraneo agli avvenimenti dell’epoca. Ora contrariamente a ciò che afferma il Governo, l’obiettivo dello stato non sarebbe stato proprio a ricercare un giusto equilibrio tra gli interessi in presenza, ma di evitare di pagare dei danni ed interessi basandosi su degli argomenti giuridici.
35. In quanto al Governo, accetta che il richiedente disponeva di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, anche se rileva che disponeva solamente di una parte di eredità (Miterbenanteil) e non di un diritto di proprietà sul terreno controverso che ritornava alla comunità da eredi nel suo insieme (Gesamthandseigentum). Aggiunge che se si partiva dall’ipotesi che si trattava nello specifico di una privazione di proprietà, questa era fondata sulle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio e dunque “prevista dalla legge”; serviva anche una “causa di utilità pubblica” dato che aveva per obiettivo di restituire i beni agli eredi dei vecchi proprietari di confessione ebraica vittime di persecuzioni sotto il regime nazional-socialista.
Il Governo sostiene anche che l’ingerenza era giustificata e che predisponeva un giusto equilibrio tra gli interessi in presenza alla luce del margine di valutazione di cui lo stato dispone nella cornice della riunificazione tedesca e prendendo in conto l’imperativo di risarcimento delle ingiustizie commesse sotto il regime nazional-socialista. Difatti in mancanza di regolamentazione generale in questo senso da parte della RDT, la RFT aveva desiderato colmare questa lacuna dopo la riunificazione tedesca.
In più, il richiedente aveva acquisito le sue parti dopo l’entrata in vigore della legge sul patrimonio del 1990 per un prezzo modico ed aveva preso cognizione della cronistoria della proprietà in questione; aveva preso dunque volontariamente il rischio di vedere il suo bene gravato di un’istanza di restituzione da parte degli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica. Conformemente agli obiettivi della legge sul patrimonio, il richiedente aveva diritto al versamento di una contropartita basata sul prezzo di vendita all’epoca nazional-socialista; aveva anche la possibilità di chiedere il versamento di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo che – secondo il Governo – ammontava a 15 000 DM. In realtà, il richiedente avrebbe proceduto ad un’operazione immobiliare a carattere speculativo ed aveva fatto forse una cattiva causa in mancanza di non poter onorare i suoi obblighi che derivavano dalla vendita ulteriore da parte sua. Però, la speranza di fare una “buona causa” non faceva parte dei diritti garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un’ingerenza nel diritto al rispetto di un “bene”
36. Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di “beni” dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali: certi altri diritti ed interessi costituenti degli attivi possono passare anche per “diritti di proprietà” e dunque per “beni” ai fini di questa disposizione, vedere in particolare Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH c. Paesi Bassi, 23 febbraio 1995, § 53, serie A no 306-B, e Wittek c. Germania, no 37290/97, § 42, CEDH 2002-X.
37. La Corte rileva che nello specifico il richiedente aveva tramite contratti notarili dell’ 11 aprile 1992 e del 31 gennaio 1997 acquisito in comunione due parti della comunità degli eredi dell’acquirente iniziale per un importo globale di 180 000 DM ed era stato iscritto in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario. Anche se non aveva acquisito di diritto di proprietà sul terreno in questione, aveva acquisito tuttavia delle parti in comunione della successione. Disponeva di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, il che non è contestato dal Governo del resto, dunque.
38. Quindi la restituzione del terreno agli eredi dei proprietari iniziali, conformemente alle disposizioni pertinenti della legge sul patrimonio e mediante il versamento al richiedente di una contropartita di 1250 DM che rappresentavano l’equivalente del prezzo di vendita di queste parti nel 1938 o di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo, costituiva un’ingerenza nel suo diritto al rispetto di un bene.
39. Avendo riguardo alla sua giurisprudenza in materia, la Corte considera che l’ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente si deve analizzare in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Le occorre ricercare dunque se l’ingerenza denunciata si giustifica sotto l’angolo di questa disposizione.
2. Sulla giustificazione dell’ingerenza
a) “Prevista dalla legge”
40. La Corte nota che la misura controversa era fondata sugli articoli 2 § 1 e 3 § 1 combinati con l’articolo 1 § 6 della legge sul patrimonio del 23 settembre 1990. Questo ultimo indica che la legge sul patrimonio che comprende delle disposizioni molto chiare sulle condizioni di restituzione di terreni espropriati all’epoca della vecchia RDT, si trova ad applicare anche ai diritti patrimoniali di persone perseguite durante il periodo nazional-socialista. L’articolo 7a § 2 di questa stessa legge contempla il versamento ai nuovi acquirenti di una contropartita che rappresenta l’equivalente del prezzo di vendita iniziale e l’articolo 7a § 3b il versamento di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo.
41. La privazione di proprietà era prevista dalla legge dunque, come vuole l’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) “a causa di utilità pubblica”,
42. La Corte ricorda che, grazie ad una cognizione diretta della loro società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è di “utilità pubblica.” Nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, appartiene loro di conseguenza pronunciarsi per primi sull’esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Quindi, godono qui di un certo margine di valutazione, come in altri ambiti ai quali si estendono le garanzie della Convenzione.
In più, la nozione di “utilità pubblica” è ampia per natura. La decisione di adottare delle leggi che portano privazione di proprietà implica in particolare, di solito l’esame di questioni politiche, economiche e sociali. Stimando normale che il legislatore disponga di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo in cui concepisce gli imperativi di ‘ “utilità pubblica”, salvo sei il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 46, serie A no 98, Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia [GC], no 25701/94, § 87, CEDH 2000-XII, e Zvolský e Zvolská c. Repubblica ceca, no 46129/99, § 67 in fini, CEDH 2002-IX.
43. Nello specifico, la Corte non ha dubbio-e ciò non è contestato del resto dal richiedente – che l’obiettivo perseguito dal legislatore tedesco di restituire i beni agli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica e vittime di persecuzioni sotto il regime nazional-socialista serviva una “causa di utilità pubblica.”
c) “Proporzionalità dell’ingerenza”
44. La Corte ricorda che una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, serie A no 52, p. 26, § 69). La preoccupazione di garantire tale equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, dunque anche nella seconda frase che si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima. In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, 20 novembre 1995, serie A no 332, p. 23, § 38.
La Corte, controllando il rispetto di questa esigenza, riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa, Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III. Non potrebbe rinunciare per tanto al suo potere di controllo, in virtù del quale gli appartiene di verificare che l’equilibrio voluto è stato preservato in modo compatibile col diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni, ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1, Zvolský e Zvolská precitata, § 69,
45. Per determinare se la misura controversa rispetta “il giusto equilibrio” voluto e, in particolare, se non fa pesare sui richiedenti un carico sproporzionato, c’è luogo di prendere in considerazione le modalità di indennizzo previste dalla legislazione interna. A questo riguardo, la Corte ha già detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, ed una mancanza totale di indennizzo saprebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali, Jahn ed altri precitate, 94.
46. La Corte rileva innanzitutto che la legge sul patrimonio che regola i conflitti relativi ai beni situati sul territorio della vecchia RDT, accorda un diritto di restituzione prioritaria agli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica lesi per primi rispetto agli eredi dei proprietari i cui terreni sono stati espropriati nella vecchia RDT e lesi dunque per secondi, come questo fu il caso della comunità di eredi presso cui il richiedente aveva nello specifico acquisito le sue parti dopo la riunificazione tedesca. Questi ultimi dispongono sia del diritto al versamento di una contropartita rappresentante il prezzo di vendita iniziale, sia di un diritto all’indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo (vedere diritto e pratica interna pertinenti, paragrafi 30-31 sopra). Ne va parimenti per il richiedente che è stato iscritto in quanto membro della comunione successoria nel libro fondiario.
47. A questo riguardo, ricorda anche che lo stato dispone di un grande margine di valutazione per ciò che riguarda l’adozione di leggi nel contesto unico della riunificazione tedesca, avendo riguardo all’immenso compito al quale il legislatore era confrontato per regolare tutte le questioni che si sono poste necessariamente all’epoca del passaggio da un regime comunista ad un regime democratico di economia di mercato, vedere in particolare Von Maltzan ed altri c. Germania, (dec.) [GC], numeri 71916/01, 71917/01 e 10260/02, §§ 74, 77 e 110, CEDH 2005-V, Jahn ed altri precitata, § 113, e per ultimo, mutatis mutandis, Vistiņš e Perepjolkins c. Lettonia, no 71243/01, § 85, 8 marzo 2011.
48. Nello specifico, la Corte nota che il richiedente aveva acquisito la sua prima parte della comunità di eredi l’ 11 aprile 1992, dopo l’entrata in vigore il 29 settembre 1990 della legge sul patrimonio del 23 settembre 1990 e prima della scadenza del termine per depositare un’istanza di restituzione che era fissato al 31 dicembre 1992. In più, il richiedente era stato informato debitamente dal notaio della cronistoria del bene dall’inizio del secolo.
49. La Corte dunque accetta il ragionamento del Governo quando afferma che il richiedente ha preso volontariamente il rischio di vedere il suo bene gravato di un’istanza di restituzione. Ciò è ancora più vero per l’acquisizione della sua seconda parte il 31 gennaio 1997, più di cinque anni dopo il deposito delle istanza di restituzione dell’ 8 settembre e del 17 dicembre 1992 da parte degli eredi dei proprietari iniziali, ed alcuni mesi prima della decisione del 13 ottobre 1997 dell’ufficio del Land di Turingia di fare diritto alla loro istanza.
50. Però, il richiedente non contesta la restituzione in quanto tale, ma l’esiguo importo della contropartita prevista dall’articolo 7a § 2 della legge sul patrimonio basato sul prezzo di vendita iniziale delle parti all’epoca nazional-socialista. A questo riguardo, la Corte nota che l’articolo 7a § 3b della legge sul patrimonio contempla anche la possibilità per il richiedente di richiedere il versamento di un indennizzo in virtù della legge sull’indennizzo, il che fece il 26 luglio 2004. Il procedimento è a questo riguardo sempre pendente ed il Governo valuta l’importo dell’indennizzo al quale il richiedente avrebbe diritto a 15 000 DM.
51. Nello specifico, ciò che sembra determinante agli occhi della Corte è da una parte lo scopo della legge sul patrimonio che era di accordare un diritto di restituzione prioritaria agli eredi dei proprietari iniziali di confessione ebraica spogliati all’epoca nazional-socialista e dall’ altra parte il fatto che il richiedente aveva acquisito le sue parti dopo l’entrata in vigore della legge sul patrimonio ed in ogni cognizione di causa del rischio che il terreno controverso fosse gravato di un’istanza di restituzione da parte degli eredi dei proprietari iniziali. A questo riguardo l’importo della contropartita o dell’indennizzo al quale il richiedente avrebbe diritto in virtù della legge sul patrimonio o della legge sull’indennizzo, la Corte ricorda che non potrebbe fare valere dei diritti che vanno al di là di quelli previsti da queste due leggi, Von Maltzan ed altri precitati, §§ 112-113, e Leuschner c. Germania, déc.), no 58623/00, 15 maggio 2007. Il fatto che il richiedente poteva pretendere il versamento di un indennizzo distingue anche il presente caso dalla causa Jahn ed altri precitata, dove la seconda legge sulla modifica del diritto patrimoniale non contemplava nessuno indennizzo per i richiedenti (§ 110).
52. Tenuto conto di tutti questi elementi, ed in particolare delle circostanze eccezionali legate all’unificazione tedesca, la Corte stima che lo stato convenuto non ha superato il suo margine di valutazione e che non ha mancato, avuto riguardo all’obiettivo legittimo perseguito, nel predisporre un “giusto equilibrio” tra gli interessi del richiedente e l’interesse generale della società tedesca.
Non c’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese ed in inglese, poi comunicato per iscritto l’ 8 dicembre 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Dean Spielmann
Cancelliera Presidentessa