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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GIUSTI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 41, 06
Numero: 13175/03/2011
Stato: Italia
Data: 2011-10-18 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA GIUSTI C. ITALIA
(Richiesta no 13175/03)
SENTENZA
STRASBURGO
18 ottobre 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Giusti c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Davide Thór Björgvinsson, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 Settembre 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 13175/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. G. e T. G. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 13 gennaio 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 6 luglio 2009, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permetteva il paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, aveva deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della richiesta allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1933 e 1936 e risiedono a Benevento.
A. Il procedimento principale
5. Il 20 maggio 1985, i richiedenti furono citati dai fratelli I. dinnanzi al tribunale di Benevento nella cornice dell’esecuzione di un contratto di vendita che contemplava il trasferimento di proprietà di un appartamento in compenso parziale della cessione di un terreno, RG no 701/85.
6. Delle ventotto udienze fissate tra il 23 settembre 1985 ed li 9 giugni 1998, due furono rinviate su richiesta dei richiedenti e due su richiesta dei richiedenti.
7. Con un giudizio depositato il 5 novembre 1998, il tribunale fece diritto all’istanza dei fratelli I.
8. Il 30 dicembre 1998, i richiedenti investirono la corte di appello di Napoli, RG no 19/99 che li respinse con una sentenza depositata il 28 novembre 2000.
B. Il procedimento “Pinto”
9. Il 13 gennaio 1999, mentre il procedimento principale era ancora pendente in appello, i richiedenti si rivolsero alla Corte denunciando la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
10. Il 25 settembre 2001, in seguito all’entrata in vigore della legge “Pinto”, investirono la corte di appello di Roma chiedendo il risarcimento dei danni subiti a causa della durata del procedimento principale, RG no 5822 /2001).
11. Con una decisione depositata il 20 marzo 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole, respinse la domanda di risarcimento e compensò gli oneri e le spese.
12. Il 19 aprile 2002, i richiedenti ricorsero in cassazione. Il 29 maggio 2002, l’amministrazione formò un ricorso incidentale. Con una sentenza depositata il 30 gennaio 2003, la Corte di cassazione respinse le istanze dei richiedenti e compensò gli oneri e spese.
13. Con una lettera del 29 marzo 2003, i richiedenti pregarono la Corte di riprendere l’esame della loro richiesta e formularono dei nuovi motivi di appello relativi al procedimento “Pinto.”
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
14. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
15. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata del procedimento principale e della mancanza di indennizzo nella cornice del rimedio “Pinto.”
16. Il Governo si oppone a questa tesi.
17. L’articolo 6 § 1 della Convenzione nella sua parte pertinente è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
A. Sull’ammissibilità
1. Requisito di “vittima”
18. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto della corte di appello “Pinto” una constatazione di violazione. Il comportamento dei richiedenti durante il procedimento principale e la conclusione sfavorevole di questa giustificherebbe pienamente la mancanza di ogni risarcimento per la durata controversa.
19. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la sola constatazione di violazione costituisce una correzione insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella precitatao, §§ 69-98). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
2. Mancanza di danno importante
20. Nelle sue osservazioni depositate alla cancelleria il 27 ottobre 2009, sette mesi circa prima dell’entrata in vigore del Protocollo no 14, il Governo sollevava un’eccezione derivata dalla mancanza di danno importante per i richiedenti. Affermava che la posta del procedimento o la mancanza di angoscia con l’attesa di ciò che era dovuto, così come di altre circostanze particolari della causa, come il carattere manifestamente mal fondato di una rivendicazione o i vantaggi collaterali che il passaggio del tempo può provocare per una parte, giocano un ruolo importante per stabilire l’esistenza di un danno importante. Il Governo sottolineava che i richiedenti non avevano dimostrato nessun interesse a giungere ad una conclusione veloce del procedimento a cui erano parti.
21. Il Governo si riferiva al testo dell’articolo 37 § 1 c, della Convenzione, interpretato alla luce dell’articolo 35 § 3 b) come modificato dal Protocollo no 14 secondo cui la Corte può dichiarare una richiesta inammissibile quando “il richiedente non ha subito nessun danno importante, salvo se il rispetto dei diritti dell’uomo garantito dalla Convenzione e dai suoi Protocolli esigono un esame della richiesta al merito ed a patto di non respingere per questo motivo nessuna causa che non è stata esaminata debitamente da un tribunale interno.”
22. La Corte osserva al primo colpo che il Protocollo no 14 è entrato in vigore il 1 giugno 2010. Ai termini del suo articolo 20, la nuova disposizione si applica a partire dalla data della sua entrata in vigore a tutte le richieste pendenti dinnanzi alla Corte che non sono state dichiarate prima ammissibili. Di conseguenza, la Corte deve esaminare se c’è luogo di applicare nello specifico questo nuovo criterio di ammissibilità.
23. In applicazione del paragrafo 3 b) dell’articolo 35, la Corte ha il dovere di verificare se il richiedente ha subito un “danno importante” e, in caso negativo, controllare che nessuna delle due clausole di salvaguardia si trovi ad applicarsi.
24. La Corte ricorda che questo nuovo criterio è stato concepito per permetterle di trattare velocemente le richieste a carattere futile per concentrarsi sulla sua missione essenziale che è di garantire a livello europeo la protezione giuridica dei diritti garantiti dalla Convenzione e dei suoi Protocolli (Stefanescu c. Romania, (dec.), no 12 aprile 2011n § 35). Conclusione del principio di de minimis non curat praetor, la nuova condizione di ammissibilità rinvia all’idea che la violazione di un diritto, qualunque sia la sua realtà da un punto di vista rigorosamente giuridico, deve raggiungere una soglia minima di gravità per giustificare un esame da parte di una giurisdizione internazionale (Korolev, precitata).
25. La Corte ha dovuto già pronunciarsi sul nuovo criterio di ammissibilità. Nelle cause Adrian Mihai Ionescu c. Romania, (dec.), no 36659/04, 1 giugno 2010, e Korolev c. Russia (dec). no 25551/05, 1 luglio 2010 che riguardavano rispettivamente l’equità di un procedimento civile e l’inadempimento di una sentenza, la Corte ha preso in conto, nella determinazione della mancanza di danno importante, la posta dei procedimenti interni.
26. Nella prima causa, il danno finanziario subito dal richiedente in ragione del mancata osservanza di clausole contrattuali era di 90 EUR mentre nel secondo, lo stato non aveva versato al richiedente la somma che gli era stata accordata dai tribunali interni e che ammontava a meno di un euro.
27. Nella causa Rinck c. Francia (dec). no 18774/09, 19 ottobre 2010, concernente l’equità di un procedimento penale, la Corte si è dedicata esclusivamente alla conclusione del procedimento, ossia la gravità della condanna del richiedente, senza prendere in conto la natura e la gravità della violazione addotta della Convenzione. La Corte ha stimato così che la condanna a 150 EUR di multa più il ritiro di un punto della patente non poteva costituire un danno importante e che, ad ogni modo, il richiedente non aveva subito delle “conseguenze significative sulla sua situazione personale” in ragione della condanna.
28. Nella causa Holub c. Repubblica ceco (dec). no 24880/05, 14 dicembre 2010, il richiedente adduceva che una violazione del principio del contraddittorio si era prodotta nel procedimento dinnanzi alla Corte Costituzionale. La Corte ha stabilito che ” non si potrebbe assimilare il “danno” ai sensi dell’articolo 35 § 3 b) al valore economico della disputa che era all’origine del procedimento civile interno, ma che c’è luogo di esaminare l’esistenza di un eventuale danno risultante dalla violazione addotta nell’esercizio del diritto del richiedente, ossia il difetto di comunicazione al richiedente dei commenti delle altre parti al procedimento sul suo ricorso costituzionale. La Corte ha dichiarato poi il motivo di appello inammissibile in applicazione del nuovo criterio al motivo che il richiedente non aveva indicato quali mezzi, in aggiunta a quelli sollevati nel suo ricorso costituzionale, avrebbe voluto sottoporre alla Corte Costituzionale: di conseguenza, non aveva dimostrato in nessun modo che avrebbe potuto portare degli elementi in replica a detti commenti che non contenevano niente che gli fosse sconosciuto (vedere anche Bratři Zátkové, a.s,. c. Repubblica ceco, (dec.) no 20862/06, 8 febbraio 2011 ed Benet Praha, spol. s r.o. c. Repubblica ceca, no 33908/04, 24 febbraio 2011 con cui la Corte ha confermato l’approccio adottato nel causa Holub, precitata). Nella causa Benet Praha, spol. s r.o., precitata, la Corte, senza prendere in considerazione la posta del procedimento civile, ha concluso all’inapplicabilità del nuovo criterio in ragione del fatto che la violazione del principio del contraddittorio aveva avuto un’incidenza importante nell’esercizio del diritto ad un processo equo.
29. Nella causa Gaglione ed altri c. Italia, no 45867/07 ed altri, 21 dicembre 2010, concernente il ritardo nel pagamento di somme accordate dai corsi di appello “Pinto”, per valutare l’applicabilità del nuovo criterio di ammissibilità, la Corte ha preso in conto tanto la somma, oggetto della decisione da eseguire, che la gravità della violazione, ossia il numero di mesi di ritardo nell’esecuzione.
30. Nella causa Sancho Cruz ed altre cause “Riforma agraria” c. Portogallo, no 8851/07 e 14 altre richieste, 18 gennaio 2011, concernenti i procedimenti di indennizzo, la Corte ha riaffermato che l’articolo 35 § 3 b) “richiama un esame riguardante la posta, e non unicamente la conclusione, della causa”.
31. Nella causa Graftoniuc c. Romania (dec). no 30934/05, 22 febbraio 2011, riguardante la mancanza di indicizzazione al tasso di inflazione di una somma dovuta dallo stato durante il periodo di ritardo del suo pagamento, la Corte ha stimato che suddetta somma, circa 25 EUR, non costituiva un danno importante.
32. Nella causa Giuran c. Romania (no 24360/04, 21 giugno 2011,) relativa ad un procedimento penale per furto di beni mobili appartenenti al richiedente, la Corte ha respinto l’eccezione del governo convenuto che prende in conto, entra altri, il valore affettivo che l’interessato legava ai beni in gioco ed il fatto che il problema sottomesso ai giudici nazionali costituiva per il richiedente una questione di principio.
33. Si è obbligato a constatare che ad oggi, la giurisprudenza, ancora limitata, fornisce solamente parzialmente i criteri che permettono di verificare se la violazione del diritto ha raggiunto la “soglia minima” di gravità per giustificare un esame da parte di una giurisdizione internazionale. La valutazione di questa soglia è, per natura, relativa e dipende dalle circostanze dello specifico (Rinck, precitata).
34. Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che per verificare se la violazione di un diritto raggiunge la soglia minima di gravità, c’è luogo di prendere in conto in particolare i seguenti elementi: la natura del diritto presumibilmente violato, la gravità dell’incidenza della violazione addotta nell’esercizio di un dritto e/o le conseguenze eventuali della violazione sulla situazione personale del richiedente. Nella valutazione di queste conseguenze, la Corte esaminerà, in particolare, la posta del procedimento nazionale o la sua conclusione.
35. La Corte rileva che nello specifico i richiedenti si lamentavano della durata di un procedimento civile, riguardante l’esecuzione di un contratto (paragrafo 5 sopra) essendosi dilungata per quindici anni e sei mesi circa per due gradi di giurisdizione. All’evidenza, tale durata non potrebbe essere compatibile col principio del termine ragionevole previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione. Secondo la Corte, per valutare la gravità delle conseguenze di questo tipo di affermazione, la posta della causa dinnanzi ai giudici nazionali potrebbe essere determinante solamente nell’ipotesi dove il valore fosse debole o irrisorio, il che non è il caso nell’occorrenza poiché il valore dell’esecuzione del contratto in questione è importante.
36. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte stima che la prima condizione dell’articolo 35 § 3 b) della Convenzione, ossia la mancanza di danno importante per i richiedenti non è stata assolta e che c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
3. Conclusione
37. La Corte rileva che questo motivo di appello non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Lo dichiaralo allo stesso modo ammissibile.
B. Sul merito
38. La Corte constata che il procedimento principale è cominciato il 20 maggio 1985 e si è concluso il 28 novembre 2000. È durato circa quindici anni e sei mesi per due gradi di giurisdizione dunque.
39. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per lo stesso motivo.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
40. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata del procedimento “Pinto.”
41. La Corte constata che il procedimento “Pinto” è cominciato il 25 settembre 2001 e si è concluso il 30 gennaio 2003. È durato dunque globalmente un anno e quattro mesi per due gradi di giurisdizione.
42. Alla luce della sua giurisprudenza, la Corte stima che la durata globale del procedimento non si rivela sufficientemente importante affinché si possa concludere ad una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Belperio e Ciarmoli c. Italia, no 7932/04, 21 dicembre 2010).
43. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti denunciano anche la non effettività del rimedio “Pinto” al motivo che non garantirebbe una correzione sufficiente rispetto a quello che si potrebbe ottenere applicando i criteri elaborati dalla Corte.
44. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado precitata, §§ 43-46, e Simaldone c. Italia, no 22644/03, §§ 71-72, CEDH 2009 -… (brani), l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso.
45. Ne segue che questi motivi di appello sono manifestamente mal fondati e devono essere respinti in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
46. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
47. I richiedenti richiedono 20 000 euro (EUR) ciascuno a titolo del danno morale che avrebbero subito.
48. Il Governo contesta queste pretese, stimandole eccessive.
49. La Corte stima che avrebbe potuto accordare ai richiedenti, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto dei ritardi che sono loro imputabili, la somma di 14 000 EUR ciascuno. Il fatto che le giurisdizioni “Pinto” non abbiano concesso ai richiedenti nessun indennizzo a questo titolo arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che è giunta però ad una constatazione di violazione, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella precitata, §§ 139-142 e 146, e deliberando in equità, la Corte accorda ad ogni richiedente 6 300 EUR per danno morale.
B. Oneri e spese
50. I richiedenti chiedono anche 4 281,59 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni “Pinto” e 3 127,06 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte.
51. Il Governo contesta queste pretese.
52. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 500 EUR di cui 1 000 EUR a titolo degli oneri e spese del procedimento nazionale e 1 500 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte, e l’accorda congiuntamente ai richiedenti.
C. Interessi moratori
53. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento principale ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, entro tre mesi a contare dal giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione:
i. 6 300 EUR (seimila tre cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale, ad ogni richiedente;
ii. 2 500 EUR (duemila cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto congiuntamente a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese, ai richiedenti;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 18 Ottobre 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE GIUSTI c. ITALIE
(Requête no 13175/03)
ARRÊT
STRASBOURG
18 Octobre 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Giusti c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Danutė Jočienė,
David Thór Björgvinsson,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 13 Septembre 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 13175/03) dirigée contre la République italienne et dont deux ressortissants de cet Etat, MM. G. et T. G.(« les requérants »), ont saisi la Cour le 13 janvier 1999 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me S. F., avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et son coagent, M. N. Lettieri.
3. Le 6 juillet 2009, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permettait le paragraphe 3 de l’article 29 de la Convention, en vigueur à l’époque, elle avait en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de la requête.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants sont nés respectivement en 1933 et 1936 et résident à Bénévent.
A. La procédure principale
5. Le 20 mai 1985, les requérants furent assignés par les frères I. devant le tribunal de Bénévent dans le cadre de l’exécution d’un contrat de vente prévoyant le transfert de propriété d’un appartement en contrepartie partielle de la cession d’un terrain (RG no 701/85).
6. Des vingt-huit audiences fixées entre le 23 septembre 1985 et le 9 juin 1998, deux furent renvoyées à la demande des requérants et deux à la demande des demandeurs.
7. Par un jugement déposé le 5 novembre 1998, le tribunal fit droit à la demande des frères I.
8. Le 30 décembre 1998, les requérants saisirent la cour d’appel de Naples (RG no 19/99), qui les débouta par un arrêt déposé le 28 novembre 2000.
B. La procédure « Pinto »
9. Le 13 janvier 1999, alors que la procédure principale était encore pendante en appel, les requérants s’adressèrent à la Cour en dénonçant la violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
10. Le 25 septembre 2001, suite à l’entrée en vigueur de la loi « Pinto », ils saisirent la cour d’appel de Rome demandant le dédommagement des préjudices subis du fait de la durée de la procédure principale (RG no 5822 /2001).
11. Par une décision déposée le 20 mars 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable, rejeta la demande de dédommagement et compensa les frais et dépens.
12. Le 19 avril 2002, les requérants se pourvurent en cassation. Le 29 mai 2002, l’administration forma un pourvoi incident. Par un arrêt déposé le 30 janvier 2003, la Cour de cassation rejeta les demandes des requérants et compensa les frais et dépens.
13. Par une lettre du 29 mars 2003, les requérants prièrent la Cour de reprendre l’examen de leur requête et formulèrent des nouveaux griefs relatifs à la procédure « Pinto ».
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
14. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
15. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants se plaignent de la durée de la procédure principale et de l’absence d’indemnisation dans le cadre du remède « Pinto ».
16. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
17. L’article 6 § 1 de la Convention dans sa partie pertinente est ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) ».
A. Sur la recevabilité
1. Qualité de « victime »
18. Le Gouvernement soutient que les requérants ne peuvent plus se prétendre « victimes » de la violation de l’article 6 § 1 car ils ont obtenu de la cour d’appel « Pinto » un constat de violation. Le comportement des requérants pendant la procédure principale et l’issue défavorable de celle-ci justifieraient pleinement l’absence de tout dédommagement pour la durée litigieuse.
19. La Cour, après avoir examiné l’ensemble des faits de la cause et les arguments des parties, considère que le seul constat de violation constitue un redressement insuffisant (voir Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 ; Cocchiarella précité, §§ 69-98). Partant, les requérants peuvent toujours se prétendre « victimes », au sens de l’article 34 de la Convention.
2. Absence de préjudice important
20. Dans ses observations déposées au greffe le 27 octobre 2009, sept mois environ avant l’entrée en vigueur du Protocole no 14, le Gouvernement soulevait une exception tirée de l’absence de préjudice important pour les requérants. Il affirmait que l’enjeu de la procédure ou le manque d’angoisse par l’attente de ce qui est dû, ainsi que d’autres circonstances particulières de l’affaire, tels le caractère manifestement mal fondé d’une revendication ou les avantages collatéraux que le passage du temps peut entraîner pour une partie, jouent un rôle important afin d’établir l’existence d’un préjudice important. Le Gouvernement soulignait que les requérants n’avait démontré aucun intérêt à parvenir à une conclusion rapide de la procédure à laquelle ils étaient parties.
21. Le Gouvernement se référait au texte de l’article 37 § 1 c) de la Convention, interprété à la lumière de l’article 35 § 3 b), tel que modifié par le Protocole no 14, selon lequel la Cour peut déclarer une requête irrecevable lorsque « le requérant n’a subi aucun préjudice important, sauf si le respect des droits de l’homme garantis par la Convention et ses Protocoles exige un examen de la requête au fond et à condition de ne rejeter pour ce motif aucune affaire qui n’a pas été dûment examinée par un tribunal interne ».
22. La Cour observe d’emblée que le Protocole no 14 est entré en vigueur le 1er juin 2010. Aux termes de son article 20, la nouvelle disposition s’applique à partir de la date de son entrée en vigueur à toutes les requêtes pendantes devant la Cour qui n’ont pas été déclarées recevables auparavant. Par conséquent, la Cour doit examiner s’il y a lieu d’appliquer en l’espèce ce nouveau critère de recevabilité.
23. En application du paragraphe 3 b) de l’article 35, la Cour se doit de vérifier si le requérant a subi un « préjudice important » et, dans la négative, contrôler qu’aucune des deux clauses de sauvegarde ne trouve à s’appliquer.
24. La Cour rappelle que ce nouveau critère a été conçu pour lui permettre de traiter rapidement les requêtes à caractère futile afin de se concentrer sur sa mission essentielle, qui est d’assurer au niveau européen la protection juridique des droits garantis par la Convention et ses Protocoles (Stefanescu c. Roumanie (déc.), no 12 avril 2011n § 35). Issue du principe de minimis non curat praetor, la nouvelle condition de recevabilité renvoie à l’idée que la violation d’un droit, quelle que soit sa réalité d’un point de vue strictement juridique, doit atteindre un seuil minimum de gravité pour justifier un examen par une juridiction internationale (Korolev, précitée).
25. La Cour a déjà eu à se prononcer sur le nouveau critère de recevabilité. Dans les affaires Adrian Mihai Ionescu c. Roumanie (déc.), no 36659/04, 1er juin 2010) et Korolev c. Russie (déc. no 25551/05, 1er juillet 2010), qui portaient respectivement sur l’équité d’une procédure civile et sur la non-execution d’un arrêt, la Cour a pris en compte, dans la determination de l’absence de préjudice important, l’enjeu des procédures internes.
26. Dans la première affaire, le préjudice financier subi par le requérant en raison du non-respect de clauses contractuelles était de 90 EUR tandis que dans le deuxième, l’Etat n’avait pas versé au requérant la somme qui lui avait été accordée par les tribunaux internes et qui s’élevait à moins d’un euro.
27. Dans l’affaire Rinck c. France (déc. no 18774/09, 19 octobre 2010), concernant l’équité d’une procédure pénale, la Cour s’est penchée exclusivement sur l’issue de la procédure, à savoir la gravité de la condamnation du requérant, sans prendre en compte la nature et la gravité de la violation alléguée de la Convention. La Cour a ainsi estimé que la condamnation à 150 EUR d’amende plus le retrait d’un point du permis de conduire ne pouvait pas constituer un préjudice important et que, en tout état de cause, le requérant n’avait pas subi des « conséquences significatives sur sa situation personnelle » en raison de la condamnation.
28. Dans l’affaire Holub c. République Tchèque (déc. no 24880/05, 14 décembre 2010), le requérant alléguait qu’une violation du principe du contradictoire s’était produite dans la procédure devant la Cour Constitutionnelle. La Cour a établi que « l’on ne saurait assimiler le « préjudice » au sens de l’article 35 § 3 b) à la valeur économique du différend qui était à l’origine de la procédure civile interne, mais qu’il y a lieu d’examiner l’existence d’un éventuel préjudice résultant de la violation alléguée dans l’exercice du droit du requérant, à savoir le défaut de communication au requérant des commentaires des autres parties à la procédure sur son recours constitutionnel. La Cour a ensuite déclaré le grief irrecevable en application du nouveau critère au motif que le requérant n’avait pas indiqué quels moyens, en sus de ceux soulevés dans son recours constitutionnel, il aurait voulu soumettre à la Cour Constitutionnelle : par conséquent, il n’avait aucunement démontré qu’il aurait pu apporter des éléments en réplique auxdits commentaires qui ne contenaient rien qui lui fût inconnu (voir aussi Bratři Zátkové, a.s. c. Republique Tchèque, déc. no 20862/06, 8 février 2011 et Benet Praha, spol. s r.o. c. République tchèque, no 33908/04, 24 février 2011, avec lesquelles la Cour a confirmé l’approche adoptée dans l’affaire Holub, précitée). Dans l’affaire Benet Praha, spol. s r.o., précitée, la Cour, sans prendre en considération l’enjeu de la procédure civile, a conclu à l’inapplicabilité du nouveau critère en raison du fait que la violation du principe du contradictoire avait eu une incidence importante dans l’exercice du droit à un procès équitable.
29. Dans l’affaire Gaglione et autres c. Italie (no 45867/07 et autres, 21 décembre 2010), concernant le retard dans le paiement de sommes accordées par les cours d’appel « Pinto », afin d’évaluer l’applicabilité du nouveau critère de recevabilité, la Cour a pris en compte tant la somme, objet de la décision à exécuter, que la gravité de la violation, à savoir le nombre de mois de retard dans l’exécution.
30. Dans l’affaire Sancho Cruz et autres affaires « Réforme agraire » c. Portugal (no 8851/07 et 14 autres requêtes, 18 janvier 2011), concernant des procédures d’indemnisation, la Cour a réaffirmé que l’article 35 § 3 b) « appelle un examen portant sur l’enjeu, et non uniquement l’issue, de l’affaire ».
31. Dans l’affaire Graftoniuc c. Roumanie (déc. no 30934/05, 22 février 2011), portant sur l’absence d’indexation au taux d’inflation d’une somme due par l’Etat durant la période de retard de son paiement, la Cour a estimé que ladite somme, environ 25 EUR, ne constitue pas un préjudice important.
32. Dans l’affaire Giuran c. Roumanie (no 24360/04, 21 juin 2011), relative à une procédure pénale pour vol de biens meubles appartenant au requérant, la Cour a rejeté l’exception du gouvernement défendeur en prenant en compte, entre autres, la valeur affective que l’intéressé attachait aux biens en jeu et le fait que le problème soumis aux juges nationaux constituait pour le requérant une question de principe.
33. Force est de constater qu’à ce jour, la jurisprudence, encore limitée, ne fournit que partiellement les critères permettant de vérifier si la violation du droit a atteint le « seuil minimum » de gravité pour justifier un examen par une juridiction internationale. L’appréciation de ce seuil est, par nature, relative et dépend des circonstances de l’espèce (Rinck, précité).
34. Au vu de ce qui précède, la Cour estime qu’afin de vérifier si la violation d’un droit atteint le seuil minimum de gravité, il y a lieu de prendre en compte notamment les éléments suivants : la nature du droit prétendument violé, la gravité de l’incidence de la violation alléguée dans l’exercice d’un droit et/ou les conséquences éventuelles de la violation sur la situation personnelle du requérant. Dans l’évaluation de ces conséquences, la Cour examinera, en particulier, l’enjeu de la procédure nationale ou son issue.
35. La Cour relève qu’en l’espèce les requérants se plaignaient de la durée d’une procédure civile, portant sur l’exécution d’un contrat (paragraphe 5 ci-dessus), s’étant étalée sur quinze ans et six mois environ pour deux degrés de juridiction. A l’évidence, une telle durée ne saurait être compatible avec le principe du délai raisonnable prévu par l’article 6 § 1 de la Convention. Selon la Cour, afin d’évaluer la gravité des conséquences de ce type d’allégation, l’enjeu de l’affaire devant les juges nationaux ne saurait être déterminant que dans l’hypothèse où la valeur serait faible ou dérisoire, ce qui n’est pas le cas en l’occurrence puisque la valeur de l’exécution du contrat en question est importante.
36. Compte tenu de ce qui précède, la Cour estime que la première condition de l’article 35 § 3 b) de la Convention, à savoir l’absence de préjudice important pour les requérants n’a pas été remplie et qu’il y a lieu de rejeter l’exception du Gouvernement.
3. Conclusion
37. La Cour relève que ce grief ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Aussi, le déclare-t-elle recevable.
B. Sur le fond
38. La Cour constate que la procédure principale a débuté le 20 mai 1985 et s’est terminée le 28 novembre 2000. Elle a donc duré environ quinze ans et six mois pour deux degrés de juridiction.
39. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1 de la Convention pour le même motif.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
40. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants se plaignent de la durée de la procédure « Pinto ».
41. La Cour constate que la procédure « Pinto » a débuté le 25 septembre 2001 et s’est terminée le 30 janvier 2003. Elle a donc duré globalement un an et quatre mois pour deux degrés de juridiction.
42. À la lumière de sa jurisprudence, la Cour estime que la durée globale de la procédure ne se révèle pas suffisamment importante pour que l’on puisse conclure à une violation de l’article 6 § 1 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Belperio et Ciarmoli c. Italie, no 7932/04, 21 décembre 2010).
43. Invoquant l’article 13 de la Convention, les requérants dénoncent également l’ineffectivité du remède « Pinto » au motif qu’il ne garantirait pas un redressement suffisant par rapport à celui qu’on pourrait obtenir en appliquant les critères élaborés par la Cour.
44. La Cour rappelle que, selon la jurisprudence Delle Cave et Corrado précité (§§ 43-46) et Simaldone c. Italie, no 22644/03, §§ 71-72, CEDH 2009-… (extraits), l’insuffisance de l’indemnisation « Pinto » ne remet pas en cause l’effectivité de cette voie de recours.
45. Il s’ensuit que ces griefs sont manifestement mal fondés et doivent être rejetés en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
46. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
47. Les requérants réclament 20 000 euros (EUR) chacun au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi.
48. Le Gouvernement conteste ces prétentions, les estimant excessives.
49. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder aux requérants, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu des retards qui leur sont imputables, la somme de 14 000 EUR chacun. Le fait que les juridictions « Pinto » n’aient octroyé aux requérants aucune indemnisation à ce titre aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle est tout de même parvenue à un constat de violation, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella précité (§§ 139-142 et 146) et statuant en équité, la Cour accorde à chaque requérant 6 300 EUR pour dommage moral.
B. Frais et dépens
50. Les requérants demandent également 4 281,59 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions « Pinto » et 3 127,06 EUR pour ceux engagés devant la Cour.
51. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
52. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 2 500 EUR, dont 1 000 EUR au titre des frais et dépens de la procédure nationale et 1 500 EUR pour la procédure devant la Cour, et l’accorde aux requérants conjointement.
C. Intérêts moratoires
53. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée excessive de la procédure principale et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention :
i. 6 300 EUR (six mille trois cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral, à chaque requérant ;
ii. 2 500 EUR (deux mille cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants, pour frais et dépens, aux requérants conjointement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 18 Octobre 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Greffier Présidente

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