SECONDA SEZIONE
CAUSA GIUSEPPE SCANNELLA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 33873/04)
SENTENZA
STRASBURGO
9 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Giuseppe Scannella ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33873/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui quattro cittadini di questo Stato, i Sigg. G. S., S. S. e R. S. così come la Sig.ra S. S. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 6 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, il Sig. I.M. Braguglia, il Sig. R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 3 luglio 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare il motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1929, 1967, 1958 e 1960 e risiedono a Roma.
5. Con un giudizio del 13 ottobre 1993, il tribunale di Roma dichiarò il fallimento personale del Sig. G. S..
6. In seguito a questa dichiarazione, il richiedente fu sottoposto ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del suo diritto alla corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, conformemente all’articolo 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”) così come alla limitazione del suo diritto di voto.
7. In una data non precisata posteriore alla dichiarazione di fallimento, la cancelleria del tribunale inserì il nome del richiedente nel registro dei falliti, ai sensi dell’articolo 50 della legge sul fallimento. In ragione di questa iscrizione, il richiedente fu sottoposto automaticamente ad una serie di altre incapacità personali regolamentate dalla legislazione speciale (vedere Campagnano c. Italia, no 77955/01, § 54, 23 marzo 2006).
8. A differenza delle incapacità derivanti dalla dichiarazione di fallimento che si conclude con la chiusura del procedimento, le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro cessano solamente una volta ottenuto l’annullamento di questa iscrizione.
9. Questo annullamento ha luogo con la riabilitazione civile che, al di là delle ipotesi di pagamento integrale dei crediti e di esecuzione regolare del concordato di fallimento, può essere chiesta solo dal fallito che ha fatto prova di una “buona condotta effettiva e consolidata” per almeno cinque anni a contare dalla chiusura del procedimento (articolo 143 della legge sul fallimento).
10. In una data non precisata, il Sig. G. S. fece opposizione alla sua dichiarazione di fallimento e, con un giudizio di una data non precisata, il tribunale respinse questa istanza.
11. Tra il 13 gennaio 1994 ed il 14 gennaio 1995, ebbero luogo quattro udienze per la verifica dello stato del passivo del fallimento.
12. Due udienze per l’asta pubblica di certi beni facenti parte del fallimento furono fissate al 26 maggio 1998 e al 14 dicembre 2001.
13. Il 21 aprile 2004, il curatore depositò un rapporto.
14. Nel frattempo, con un giudizio depositato il 22 agosto 1994, il tribunale dichiarò il fallimento della Sig.ra S. S..
15. Secondo le informazione fornite dal Governo, i due procedimenti di fallimento erano pendenti al 29 marzo 2007.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
16. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (precitata, §§ 19-22), Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
17. Invocando gli articoli 1, 5, 6, 7, 8, 13 della Convenzione, 3 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, i richiedenti si lamentano in particolare della violazione del diritto al rispetto dei loro beni, della loro corrispondenza e della loro libertà di circolazione, in ragione della durata del procedimento. Si lamentano anche della limitazione del loro diritto di voto e delle incapacità personali derivanti dal loro collocamento in fallimento e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile.
18. Il Governo si oppone a questi argomenti.
19. La Corte nota da prima che i Sigg. S. S. e R. S. non sono stati oggetto di un procedimento di fallimento. Non potendo definirsi vittime questi richiedenti delle violazioni della Convenzione che adducono, la Corte stima che la loro parte della richiesta deve essere respinta per difetto manifesto di fondamento, secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
20. In quanto ai motivi di appello riguardanti il diritto al rispetto dei beni e della corrispondenza e sulla libertà di circolazione del Sig. G. S. e della Sig.ra S. S., la Corte rileva da prima che questi devono essere analizzati rispettivamente sotto l’angolo degli articoli 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 8 della Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione.
21. La Corte considera poi che i richiedenti avrebbero potuto introdurre efficacemente un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla “legge Pinto” (vedere Sgattoni c. Italia, no 7131/01, sentenza del 15 settembre 2005, § 48). Constata dunque che questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Albanese c. Italia, precitata, §§ 38 e 39, Collarile c. Italia, precitata, § 20 e Falzarano e Balletta c. Italia, no 6683/03, § 31, 12 giugno 2007).
22. In quanto al motivo di appello riguardante il diritto di voto che si deve analizzare sotto l’angolo dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, la Corte nota che la perdita del diritto di voto in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, questo motivo di appello avrebbe dovuto essere introdotto al più tardi il 13 aprile 1999 (per ciò che riguarda il Sig. G. S.) ed il 22 febbraio 2000 (in quanto alla Sig.ra S. S.) tenuto conto del termine dei sei mesi previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Essendo stata introdotta la richiesta il 6 settembre 2004, la Corte constata che questo motivo di appello è tardivo e lo respinge conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
23. In quanto alla parte della richiesta che riguarda le incapacità personali che perdurano fino alla riabilitazione civile, la Corte stima che questa deve essere analizzata sotto l’angolo del diritto al rispetto della vita privata del Sig. G. e della Sig.ra S. S. (articolo 8 della Convenzione). Constata, inoltre che questo non incontra nessun dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione e che conviene dunque dichiararlo ammissibile.
24. Per ciò che riguarda il merito di questo motivo di appello, la Corte constata di avere già trattato cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altri, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62). La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
25. Infine, per ciò che riguarda l’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, i richiedenti non richiedono nessuna somma di denaro a titolo di risarcimento degli oneri e delle spese. Chiedono alla Corte “di potere reintegrare la proprietà della loro casa.”
26. Il Governo si oppone a queste pretese.
27. La Corte constata che la domanda dei richiedenti non ha nessuno rapporto con la violazione della Convenzione che ha constatato. Pertanto, la respinge.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara, la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione (per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata del Sig. G. e della Sig.ra S. S.) ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Respinge la domanda di soddisfazione equa.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa