Conclusioni: Parzialmente inammissibile Non -violazione dell’articolo 14+P1-1 – Interdizione della discriminazione, Articolo 14 – Discriminazione, (articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione del proprietà articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni,
PRIMA SEZIONE
CAUSA GIAVI C. GRECIA
( Richiesta no 25816/09)
SENTENZA
STRASBURGO
3 ottobre 2013
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Giavi c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Isabelle Berro-Lefèvre, presidentessa,
Elisabetta Steiner,
Khanlar Hajiyev,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Julia Laffranque,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Erik Møse, giudici e
di Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 settembre 2013,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 25816/09) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra A. G. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 15 aprile 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da Me L. P., avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato presso dalle delegate del suo agente, la Sig.ra G. Papadaki, assessore del Consulente legale dello stato, e la Sig.ra Z. Hadjipavlou, ascoltatrice presso del Consulente legale dello stato.
3. Il richiedente adduce una violazione dell’articolo 6 § 1 (termine ragionevole) della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1, preso isolatamente e/o combinato con l’articolo 14 della Convenzione.
4. Il 24 marzo 2010, la vicepresidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciara sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1931 e ha risieduto a Glyka Nera.
6. Il 18 giugno 1997, il richiedente, donna delle pulizie all’ospedale generale della prefettura dell’Attica dell’ovest, investe il tribunale di prima istanza di Atene di un’azione contro l’ospedale con la quale richiedeva una somma di 27 413 254 dracme (80 449,75 euro, corrispondente ai complementi di stipendi ed indennità che non gli sarebbero state versate tra il 1 giugno 1994 ed i 21 marzi 1997, data della sua partenza alla pensione. Chiedeva anche degli interessi su questa somma a contare della notificazione dell’azione alla parte avversa e fino al versamento. L’azione fu notificata alla parte avversa il 24 giugno 1997.
7. L’udienza ebbe luogo il 16 dicembre 1997.
8. Con un giudizio del 28 aprile 1998, il tribunale respinse l’azione al motivo che a contare del 1 luglio 1988, il regime degli stipendi del personale degli ospedali pubblici non si applicava più alla situazione contrattuale del richiedente che era stato modificato. Il giudizio fu messo al netto e fu certificato conforme il 22 settembre 1998.
9. Il 24 marzo 2000, il richiedente interpose appello contro questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Atene ed il 5 aprile 2000 invitò questa a fissare la data dell’udienza. I dibattimenti ebbero luogo il 30 maggio 2000.
10. Il 5 luglio 2001, la corte di appello annullò parzialmente il giudizio ed accordò al richiedente l’intimo di 22 244 224 dracme. Negò di accordargli degli interessi sulla somma accordata, a contare della notificazione dell’azione, il 24 giugno 1997, e fino al versamento, al motivo che il richiedente aveva rinunciato a percepire degli interessi perché aveva trasformato la sua azione in recupero, katapsifistiki agogi, in azione declaratoria, anagnoristiki agogi. Giudicò, inoltre, che le pretese del richiedente per il periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 1994 erano estinte dalla prescrizione biennale prevista all’articolo 48 § 3 del decreto 496/1974, relativo alla contabilità delle persone giuridiche di dritto pubblico, ai contratti ed alle prescrizioni, che prese in conto di ufficio in applicazione dell’articolo 52, 3 frase, dello stesso decreto.
11. La sentenza fu messa al netta e fu certificata conforme il 24 agosto 2001.
12. Il 10 settembre 2001, il richiedente si ricorse in cassazione. Si basava, entra altri, sugli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Sosteneva che nessuno motivo valido poteva giustificare l’applicazione di un termine di prescrizione di due anni alle pretese degli impiegati di persone giuridiche pubbliche contro queste, mentre il termine di diritto comune era di cinque anni, articolo 250 del codice civile che quell’applicabile agli altri creditori delle stesse persone giuridiche era anche di cinque anni, articolo 48 § 1 del decreto, e che quell’applicabile ai crediti delle stesse persone giuridiche verso i terzo era anche di cinque anni (articolo 44 del decreto). Sottolineava che gli interessi di tesoreria delle persone giuridiche pubbliche non avrebbero saputo valere essi un trattamento di favore allo scapito dei loro impiegati.
13. L’udienza, inizialmente fissata al 2 aprile 2002, fu rinviata, alla domanda del richiedente, al 21 gennaio 2003. A questa data, fu rinviata ancora alla domanda di questa. Il 11 gennaio 2007, il richiedente chiese la determinazione di una notizia dato di udienza. Questa fu fissato al 16 ottobre 2007 ma fu rinviata, di nuovo alla domanda del richiedente, al 23 settembre 2008, data alla quale ebbe luogo.
14. Il richiedente ammette che il suo avvocato sollecitò il rinvio delle udienze del 2 aprile 2002 e 21 gennaio 2003 perché il rapporto redatto dal giudice delatore era sfavorevole alle tesi di questa e stimava opportuno di aspettare delle sentenze del Consiglio di stato e della Corte dei conti che sarebbero favorevoli ai suoi interessi.
15. Con una sentenza del 4 novembre 2008, messi al netto e certificato conforme il 15 dicembre 2008, la Corte di cassazione respinse il ricorso.
16. Affermò che la prescrizione stabilita dagli articoli 48 § 3 e 49 del decreto, più corta di quella stabilito dall’articolo 44 per i crediti delle persone giuridiche di dritto pubblico al riguardo di terzo, non disconosceva 4 § 1 l’articolo della Costituzione (uguaglianza dinnanzi alla legge) perché era giustificata dal bisogno di liquidazione veloce degli obblighi delle persone giuridiche di dritto pubblico. Aggiunse che la determinazione di termini di prescrizione differente secondo il tipo di pretese, di debitori e di creditori non violava l’articolo 6 § 1 della Convenzione né l’articolo 1 del Protocollo no 1 che non impedisce il legislatore di stabilire delle regole che fissano un termine di prescrizione differente secondo i casi. Di conseguenza, la corte di appello, considerando che le pretese del richiedente stabilito fino al 31 dicembre 1994 erano estinte da prescrizione alla data dell’introduzione della sua azione, due anni dopo la fine dell’anno durante quale erano nate, non aveva violato gli articoli 6 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
17. Infine, la Corte di cassazione sottolineò che l’esame di ufficio coi tribunali del gioco della prescrizione al profitto dello stato e delle persone giuridiche di dritto pubblico, contemplata all’articolo 52, 3 frase del decreto ed istituita per i motivi di interesse pubblico, non era contrario agli articoli 4 § 1 della Costituzione, 6 § 1 della Convenzione, perché le parti avverse delle persone giuridiche non erano private del loro diritto di sollevare delle obiezioni per confutare il gioco della prescrizione, e 1 del Protocollo no 1, perché questo articolo non impediva il legislatore di stabilire delle regole concernente la prescrizione delle pretese e la presa in conto di ufficio di questa coi tribunali.
18. La somma accordata al richiedente con la corte di appello gli fu versata il 9 luglio 2002.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. La prescrizione
19. L’articolo 250 del codice civile contempla:
Si prescrivono con cinque anni le pretese [che riguardano]: (…) 17o gli stipendi e stipendio di ogni genere, i redditi arretrati, le pensioni di pensione, gli assegni alimentari, così come tutta altra prestazione periodicamente rinnovabile “
20. Il decreto legislativo no 496/1974 del 19 luglio 1974, relativo alla contabilità delle persone giuridiche di dritto pubblico ai contratti ed ai termini di prescrizione, disponi ciò che segue:
Articolo 44 § 1
“Ogni debito verso una persona giuridica di dritto pubblico è estinta da prescrizione dopo lo scorrimento di cinque anni a contare della fine dell’anno economico nella quale è stata constatata. “
Articolo 48
“1. Il termine di prescrizione delle pretese pecuniarie contro le persone giuridiche di dritto pubblico è di cinque anni, salvo se è precisato diversamente nel presente decreto.
(…)
3. Il termine di prescrizione per le pretese degli impiegati delle persone giuridiche di dritto pubblico contro queste, che questi impiegati siano legati loro coi contratti di dritti pubblico o di diritto privato, a causa di ritardo nel versamento di stipendi altri sussidi o delle indennità è di due anni. “
Articolo 49
“Il termine di prescrizione comincia a decorrere a contare della fine dell’anno economico durante la quale la pretesa è nata ed il suo recupero con via giudiziale è possibile. “
Articolo 52
“(…) La prescrizione è presa in conto di ufficio coi tribunali. “
21. L’articolo 90 § 3 della legge no 2362/1995 sulla contabilità pubblica dispone:
“Le pretese dei funzionari che hanno una relazione contrattuale di dritta pubblico o di diritto privato contro lo stato che riguarda la loro rimunerazione o tutto altro tipo di indennità sono prescritte entro due anni a contare della loro nascita. “
22. Con una sentenza no 9/2009 del 4 maggio 2009, la Corte speciale suprema, incaricata di deliberare tra altri sui conflitti di giurisprudenza tra le giurisdizioni, ha tolto una divergenza che era nata di sentenze contraddittorie del Consiglio di stato e della Corte di cassazione a proposito della costituzionalità dell’articolo 48 § 3 del decreto legislativo no 496/1974. La Corte speciale suprema ha giudicato che la prescrizione biennale prevista a questo articolo era stata stabilita per le ragioni di interesse generale ed in particolare il bisogno di una liquidazione veloce dei crediti che derivano dei sussidi mensili accordati con le persone giuridiche di dritto pubblico. Una liquidazione veloce era necessaria alla protezione del patrimonio e della situazione finanziaria di queste persone giuridiche ai quali contribuivano i cittadini col pagamento delle imposte. Di conseguenza, la disposizione dell’articolo 48 § 3 che imponevano una prescrizione biennale per i crediti dei funzionari delle persone giuridiche di dritto pubblici, non ignorava il principio di uguaglianza garantita dall’articolo 4 della Costituzione.
23. Deliberando così, la Corte speciale suprema ha seguito in materia la giurisprudenza della Corte di cassazione.
24. Inoltre, tanto la Corte di cassazione, sentenze 31/2007 e 272/2009, che il Consiglio di stato (sentenza 3546/2004) ha giudicato che la prescrizione biennale non creava una discriminazione tra, da una parte, i funzionari delle persone giuridiche di dritto pubblico e, altro parte, gli impiegati delle imprese private o gli imprenditori nelle loro relazioni con queste persone giuridiche che essi beneficiavano di una prescrizione di cinque anni, perché questa differenziazione si giustificava non solo con la necessità di proteggere il patrimonio delle persone giuridiche di dritto pubblico ma anche in ragione dello statuto speciale dei funzionari e del regime giuridico differente che si applicava ai rapporti dei funzionari e degli impiegati delle imprese private coi loro datori di lavoro.
25. Deliberando sulla compatibilità dell’articolo 90 § 3 della legge no 2362/1995 recentemente sulla contabilità pubblica con la Costituzione, la Corte speciale suprema ha giudicato che questo articolo non era contrario all’articolo 4 § 1, uguaglianza dinnanzi alla legge, della Costituzione, sentenza no 1/2012 del 4 aprile 2012. Considerò che la prescrizione biennale era stata istituita da questo articolo per i motivi di interesse generale ed in particolare il bisogno di liquidare velocemente le pretese che risultano dai pagamenti periodici e degli obblighi dello stato e che era necessario per la protezione del patrimonio e della situazione finanziaria di questo. Era anche necessaria per evitare ogni modifica dei dati economici sul fondamento dai quali lo stato contemplava il funzionamento dell’amministrazione, le spese e la preparazione del bilancio, ed ogni conseguenza nefasta che poteva avere sull’esecuzione del bilancio la soddisfazione delle pretese che potrebbero essere accumulate col passare degli anni da numerose azioni di funzionari portate contro lo stato. L’interesse di questo di contemplare le sue entrate e le sue spese senza che sia ostacolato dai debiti non regolate giustificava la determinazione dei termini per l’introduzione delle azioni giudiziali. La differenziazione che comprendeva l’articolo 90 § 3 rispetto alle prescrizioni contemplate 90 § agli articoli 1 e 86 §§ 2 e 3 della stessa legge, si giustificava anche con le differenze esistenti tra funzionari pubblici ed impiegati di diritto privato così come con lo statuto giuridico differente che regolava le relazioni di queste due categorie di professionisti coi loro datori di lavoro.
B. Il codice di procedura civile
26. L’articolo 672A del codice di procedimento civile contempla:
“Le decisioni giudiziali sulle controversie relative agli stipendi versati devono essere rese tardivamente obbligatoriamente, in prima istanza, entro quindici giorni a contare dell’udienza e, in appello, entro un mese a contare di questa. “
C. La Costituzione
27. L’articolo 103 § 4 della Costituzione dispongono:
“I funzionari che occupano una stazione statutaria sono inamovibili, finché questa stazione esiste. (…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1, COMPOSTO CON L’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE
28. Il richiedente si lamenta che la determinazione di termini di prescrizione più corta per i crediti degli impiegati di persone pubbliche contro queste rispetto a quelli che si applica allo stato in quanto creditore o a quelli che rileva del diritto comune, e che sono presi in conto di ufficio coi tribunali, l’ha privata di una parte dei suoi complementi di stipendi ed indennità insolute, senza che ciò sia giustificato da nessuno scopo di interesse pubblico. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, composto con l’articolo 14 della Convenzione. Questi articoli sono formulati così:
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 14 della Convenzione
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
29. In primo luogo, il Governo sostiene che il richiedente non è titolare di un “bene” al senso della Convenzione e che sarebbe riconosciuto dal diritto interno. Le pretese di questa contro l’ospedale per il periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 1994 sono state respinte come prescritte con le giurisdizioni interne. Queste pretese non possono essere fondate né sul diritto interno né sulla giurisprudenza, in particolare dopo l’adozione della sentenza della Corte speciale suprema che è costrittivo per tutte le giurisdizioni.
30. In secondo luogo, il Governo pretende che la scelta del legislatore di contemplare per le pretese degli impiegati delle persone giuridiche di dritto pubblico un termine di prescrizione più corta che quell’applicabile agli impiegati del settore privato o ai crediti delle persone giuridiche loro stesse non costituisce un attentato al diritto al rispetto dei beni. L’articolo 48 § 3 del decreto 496/1974 non privano il funzionario del suo bene, ma fisso di anticipo un termine sufficiente in che l’interessato deve tentare il recupero dei suoi crediti con via giudiziale o extragiudiziale. Nello specifico, questo articolo esisteva prima della nascita delle pretese del richiedente e questa doveva conoscerlo.
31. Secondo il Governo, la determinazione di una prescrizione biennale insegue un scopo legittimo di interesse pubblico: la liquidazione veloce, giudiziale o extragiudiziale, delle pretese che derivano dei sussidi accordati dalle persone giuridiche di dritto pubblico, è necessaria per la protezione del patrimonio e della situazione finanziaria di queste. Una tale liquidazione veloce è giustificata tanto dall’importo alzato delle pretese cumulate di un gran numero di funzionari che sono introdotti spesso collettivamente che con le conseguenze nefaste che l’introduzione intempestiva di queste pretese potrebbe avere sul bilancio delle persone giuridiche. L’articolo 48 § 3 si applicano all’insieme dei funzionari, in attività o alla pensione, ed alla maggioranza schiacciante delle pretese di questi; si tratta dunque non di un’eccezione introdotta dal legislatore al diritto civile o al diritto del lavoro, ma di una regolamentazione che riguarda una grande categoria di pretese. Dovere riservare dei denari pubblici per coprire degli obblighi potendo concretarsi in modo imprevedibili parecchi anni dopo i fatti generatori delle pretese afferenti sarebbe sorgente dell’importa disfunzioni per le persone giuridiche di dritto pubblico ed introdurrebbe dei rischi nella loro gestione finanziaria.
32. Infine, il Governo afferma che è compatibile col diritto comunitario di contemplare nel diritto interno delle regole meno favorevoli per l’introduzione delle vie di ricorso contro lo stato rispetto a queste che riguarda gli individui (sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee) Aprile (C-228/1996, § 19, Dillexport (C-343/1996, § 26, e Marchi e Spencer, (C-62/2000), §§ 35, 41-42,).
33. Sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione, il Governo reitera per l’essenziale gli stessi argomenti.
34. Il richiedente sostiene che il suo diritto a percepire la differenza degli stipendi per il periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 1994 è stato riconosciuto dalla sentenza della corte di appello del 5 luglio 2001 e che se è stata privata di questa somma, questo è perché questa stessa corte ha applicato nel suo caso l’articolo 48 § 3.
35. Si avvale, inoltre, del sentenza Zouboulidis c. Grecia (no 2) (no 36963/06, 25 giugno 2009 in che la Corte ha giudicato che l’applicazione con le giurisdizioni interne di disposizioni speciali che accordano allo stato dei privilegi aveva recato offesa al diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni ed aveva rotto appena l’equilibro a predisporre tra le protezioni della proprietà e le esigenze dell’interesse generale. Sottolinea che la sentenza della Corte suprema speciale che è stata resa prima della sentenza Zouboulidis precitato non è dirimant perché non ha preso in conto l’articolo 1 del Protocollo no 1.
36. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 1 del Protocollo nº 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, figurando che nel secondo, fraseggia dello stesso capoverso, prevedi la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, entra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporti tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, per esempio, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 78, CEDH 2006-V, e Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 48, 19 febbraio 2009.
37. La Corte ricorda che la nozione di “bene”, menzionato alla prima parte dell’articolo 1 del Protocollo nº 1, ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali. In ogni causa, importa di esaminare se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo nº 1, Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, Beyeler c. Italia, [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH 2000-I, e Broniowski c. Polonia [GC], nº 31443/96, § 129, CEDH 2004-V.
38. Di più, una distinzione è discriminatoria al senso dell’articolo 14, se “manca di giustificazione obiettiva e ragionevole”, questo essere-a-argomento se non insegue un “scopo legittimo” o se non c’è “rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.” Peraltro, gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e delle distinzioni giustificano in quale misura delle differenze tra situazioni analoghe ad altri riguardi di trattamento, Zeïbek c. Grecia, no 46368/06, § 46, 9 luglio 2009.
39. Nella presente causa, la Corte nota che con la sua sentenza del 5 luglio 2001, la corte di appello ha accordato una somma di 22 244 224 dracme che corrispondeva ai complementi di stipendi ed indennità al richiedente non versati. Ha negato di accordargli degli interessi moratori sulla somma accordata al motivo che l’azione aveva un carattere declaratorio e ha giudicato che le pretese del richiedente per il periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 1994 erano estinte da prescrizione.
40. Ne risulta che le pretese del richiedente entrano nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e del diritto al rispetto dei beni che garantisce, ciò che basta a rendere l’articolo 14 della Convenzione applicabile, Fabris c. Francia [GC], no 16574/08, §§ 48-55, 7 febbraio 2013.
41. La Corte constata che questo aspetto della richiesta non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
42. La Corte ricorda che il solo fatto che le pretese del richiedente erano sottoposte ad un termine di prescrizione non dà nessun problema a riguardo della Convenzione. L’istituzione di termini di prescrizione è un fatto riferimento comune ai sistemi giuridici degli Stati contraenti, mirando a garantire la sicurezza ́giuridica fissando un termine alle azioni ed ad impedire l’ingiustizia che potrebbe prodursi se i tribunali fossero chiamati a pronunciarsi su degli avvenimenti sopraggiunti lontano nel passaggio (́J.A). Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c,). Regno Unito [GC], no 44302/02, § 68, Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 51, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV.
43. In generale, la Corte ricorda che un’ampia latitudine ha lasciato di solito allo stato per prendere delle misure di ordine generale in materia economica o sociale (vedere, James ed altri c, per esempio). Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 46, serie Ha no 98; Nazionale & Provinciale Edificio Society, Leeds Permanente Edificio Society e Yorkshire Edificio Society c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, § 80, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VII. Di più, la Corte gode di una competenza limitata per verificare il rispetto del diritto interno, Håkansson e Sturesson c. Svezia, 21 febbraio 1990, § 47, serie Ha no 171-ha, e lei non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, in particolare ai corsi e tribunali, che tocca di interpretare la legislazione interna, Waite e Kennedy c. Germania [GC], no 26083/94, § 54, CEDH 1999-I.
44. Tuttavia, il ruolo della Corte è di ricercare se i risultati ai quali sono giunti le giurisdizioni nazionali sono compatibili coi diritti garantiti dalla Convenzione ed i suoi Protocolli. La Corte rileva che, nonostante il silenzio dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in materia di esigenze procedurali, un procedimento giudiziale afferente al diritto al rispetto dei beni deve offrire anche alla persona riguardata un’occasione adeguata di esporre la sua causa alle autorità competenti per contestare infatti le misure che recano offesa ai diritti garantiti da questa disposizione. Per assicurarsi del rispetto di questa condizione, c’è luogo di considerare i procedimenti applicabili di un punto di vista generale (vedere Ad c Capitale Bank). Bulgaria, no 49429/99, § 134, CEDH 2005-XII (brani); Zafranas c. Grecia, no 4056/08, § 36, 4 ottobre 2011.
45. La Corte nota che il Governo reitera e sviluppa i suoi argomenti del causa Zouboulidis secondo che è in un scopo di interesse generale che le persone giuridiche di dritto pubblico beneficiano di termini di prescrizione più corta, nell’occorrenza due anni, per potere quadrare velocemente conti loro. Per rispondere al rimprovero che la Corte gli aveva indirizzato nella sentenza precitata e secondo che non forniva di elementi concreti sull’impatto sulla situazione finanziaria dello stato che avrebbe una decisione favorevole alle pretese di persone nella stessa situazione che il richiedente, ibid. § 35, il Governo porta degli elementi per dimostrare nella presente causa che l’è rivendicata dai funzionari delle persone giuridiche di dritto pubblico raggiungono degli importi molto importanti, ciò che comprometterebbe seriamente la realizzazione degli scopi di servizio pubblico di queste persone giuridiche se il termine di prescrizione fosse di cinque anni, tenendo conto della situazione economica e finanziaria reale.
46. Così il Governo indica che sono pendenti dinnanzi al Consiglio di stato i ricorsi di 257 impiegati attualmente dello stesso ospedale che quello dove lavora il richiedente e di cui le pretese ammontano a 2 570 000 euros. Indica anche che in esecuzione di decisioni giudiziali, lo stato ha versato agli impiegati di 34 ospedali dell’Attica una somma globale di 38 247 297,50 euros, interessi inclusi. Il sono accordate ai funzionari dello stato per il periodo 2003-2009 a titolo di stipendi e sussidi, in virtù di decisioni giudiziali, ammontano a 224 418 473,77 euros di cui 101 280 045,93 euros per il solo ministero della Salute e della Solidarietà sociale. Il Governo sostiene che se i funzionari beneficiassero di un termine di prescrizione di cinque anni, l’importo di queste somme sarebbe di più del doppio.
47. La Corte nota che la presente causa si distingue del causa Zouboulidis con almeno due aspetti. Da una parte, all’epoca delle circostanze di fatto del sentenza Zouboulidis, esisteva una divergenza di giurisprudenza tra i Consigli di stato e la Corte di cassazione che non era stata tolta ancora dalla Corte suprema speciale, paragrafo 22 sopra. Altra parte, gli argomenti invocati dal Governo a sostegno della sua tesi in questa causa, era di al naturale generale ed astratta (§§ 35-36 della sentenza precitata). Ora, la situazione non è più lo stesso nella cornice della presente causa, considerando le precisioni portate dal Governo e riassunte al paragrafo precedente.
48. La Corte non mette in dubbio il diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale (vedere, tra molto altri, Meïdanis c. Grecia, no 33977/06, § 26, 22 maggio 2008, né il diritto delle giurisdizioni nazionali di interpretare le disposizioni del diritto interno, diritti sottolineati dal Governo nello specifico. Ora, le pretese dei salariati delle persone giuridiche di dritto pubblico possono giustificare una regolamentazione nel senso dell’interesse della tesoreria, della gestione efficace dei denari pubblici e della continuità del servizio pubblico. La Corte constata a questo riguardo che il termine di prescrizione di due anni è stato istituito dal decreto legislativo no 496/1974 del 19 luglio 1974, relativo alla contabilità delle persone giuridiche di dritto pubblico, ai contratti ed ai termini di prescrizione. Secondo le alte giurisdizioni nazionali (Corte di cassazione) Consiglio di stato e Corte speciale suprema, l’interesse pubblico previsto dal termine speciale di due anni è, in particolare, il bisogno di un pronto ordinamento dei crediti derivando dei sussidi mensili accordati con le persone giuridiche di dritto pubblico, una liquidazione veloce che è necessario alla protezione del patrimonio e della situazione finanziaria di queste persone giuridiche ai quali contribuivano i cittadini col pagamento delle imposte. Questo interesse è ad avvicinare di quello misi in evidenza con la Corte speciale suprema, nella sua sentenza 1/2012 che prevede la prescrizione delle pretese dei funzionari contro lo stato, di evitare ogni modifica dei dati economici sul fondamento dai quali lo stato contemplava il funzionamento dell’amministrazione, le spese, la preparazione e l’esecuzione corrette del bilancio. L’interesse di contemplare le entrate e le spese senza che sia ostacolato dai debiti non regolate giustificava la determinazione di un termine di prescrizione di due anni per l’introduzione delle azioni giudiziali, per evitare le conseguenze nefaste che potrebbero avere sull’esecuzione del bilancio la soddisfazione delle pretese accumulate col passare degli anni da numerose azioni di funzionari portate contro lo stato, paragrafo 25 sopra. Ne va parimenti per il bilancio delle persone giuridiche, secondo il Governo che rileva l’importo alzato delle pretese cumulate, spesso introdotte collettivamente, di un gran numero di funzionari contro queste.
49. I dati forniti dal Governo, paragrafo 46 sopra, illustrano il carattere imprevedibile che potrebbe avere, per le persone giuridiche, delle pretese introdotte parecchi anni dopo i fatti generatori afferenti, che li obbligano a riservare dei denari pubblici per coprire degli obblighi potendo concretarsi in modo imprevedibile, così come le conseguenze nefaste delle uguali pretese sul loro bilancio. È, inoltre, indubitabile che la determinazione della fondatezza di queste azioni dipenderebbe dai tribunali e rischierebbe di ingombrare di più il loro ruolo.
50. Il Governo spiega sebbene l’articolo 48 § 3 si applicano all’insieme dei funzionari, in attività o alla pensione, ed alla maggioranza schiacciante delle pretese di questi; si tratta dunque non di un’eccezione introdotta dal legislatore al diritto civile o al diritto del lavoro, ma di una regolamentazione che riguarda una grande categoria di pretese alla scala della funzione pubblica tutta intera. La Corte rileva su questo punto che, per la Corte di cassazione ed il Consiglio di stato, la differenziazione tra funzionari delle persone giuridiche ed impiegati delle imprese private si giustifica non solo con la necessità di proteggere il patrimonio delle persone giuridiche, ma anche a causa dello statuto speciale dei funzionari e del regime giuridico differente che si applicava ai rapporti dei funzionari pubblici e degli impiegati privati coi loro datori di lavoro rispettivi. Un ragionamento analogo è stato fatto nella sentenza 1/2012 precitata della Corte suprema speciale in ciò che riguarda le pretese dei funzionari contro lo stato. La Corte suprema speciale ha considerato in particolare che la differenziazione che comprendeva l’articolo 90 § 3 rispetto alle prescrizioni contemplate 90 § agli articoli 1 e 86 §§ 2 e 3 della stessa legge, si giustificava anche con le differenze esistenti tra funzionari pubblici ed impiegati di diritto privato così come con lo statuto giuridico differente che regolava le relazioni di queste due categorie di professionisti coi loro datori di lavoro, paragrafo 25 sopra.
51. Appartiene all’ordine giuridico interno dello stato riguardato di regolare le modalità procedurali dei ricorsi in giustizia in modo da garantire la salvaguardia dei diritti dei funzionari per quanto queste modalità non rendono in pratiche impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordine giuridico interno. Un termine di prescrizione di due anni non limito eccessivamente, del parere della Corte, la possibilità per i funzionari di rivendicare in giustizia degli stipendi e dei sussidi che sono dovuti loro con l’amministrazione. Nell’occorrenza, il richiedente non ha invocato di elementi concreti che l’avrebbero impedita dissuasi o di un modo qualsiasi di esercitare il suo ricorso nei due anni da quando la sua pretesa ha preso nascita.
52. Infine, la Corte rileva che contrariamente alla sentenza Zouboulidis precitato, nello specifico, il richiedente focalizza piuttosto il suo motivo di appello sulla differenza di trattamento che esisterebbe tra i funzionari pubblici, da una parte, ed i salariati del settore privato o i creditori dello stato altri che i suoi propri funzionari di altra parte. La Corte considera che si tratta là delle situazioni che non sono comparabili: non c’è nessuna analogia tra funzionari pubblici e salariati del settore privato ed in quanto agli altri creditori, si tratta per la maggior parte dei fornitori dello stato che hanno una relazione puntuale con questo, in occasione dell’esecuzione di un contratto, e non una relazione salariale che è consolidata, come questo è il caso dei funzionari. Del resto, la Corte nota, nell’occorrenza, che la Corte speciale suprema ha messo in evidenza lo statuto giuridico differente che regolava le relazioni di queste due categorie di professionisti coi loro datori di lavoro, paragrafi 24-25 sopra. Ne va così in modo particolare per il fatto che i funzionari pubblici sono inamovibili in virtù della Costituzione, paragrafo 27 sopra. Queste differenze di statuto potrebbero giustificare dei periodi più lunghi in favore dei salariati del settore privato affinché possano portare in giustizia le loro dispute salariali.
53. Alla luce di ciò che precede, la Corte constata che l’applicazione con le giurisdizioni interne delle disposizioni speciali che contemplano un termine di prescrizione di due anni per le pretese degli impiegati delle persone giuridiche di dritto pubblico contro queste non hanno rotto appena l’equilibro a predisporre tra le protezioni della proprietà e le esigenze dell’interesse generale.
54. Non c’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in combinazione con l’articolo 14 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE ALLO SGUARDO DELLA DURATA DEL PROCEDIMENTO
55. Il richiedente si lamenta del superamento di un “termine ragionevole” per il procedimento. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione di cui la parte pertinente dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
56. Il periodo da prendere in considerazione ha cominciato il 18 giugno 1997, con l’immissione nel processo della corte d’appello col richiedente, e si è conclusa il 15 dicembre 2008, col collocamento al netto della sentenza della Corte di cassazione. Si è stesa su undici anni e cinque mesi dunque circa per tre gradi di giurisdizione di cui sette anni e tre mesi dinnanzi alla Corte di cassazione.
57. Il Governo sostiene che un ritardo di un anno sei mesi e tredici giorni dinnanzi alla corte d’appello, del collocamento al netto del giudizio del tribunale di prima istanza alla domanda di determinazione della data di udienza dinnanzi alla corte di appello, ed un ritardo di sei anni, cinque mesi e ventuno giorni dinnanzi alla Corte di cassazione, in ragione della domanda di rinvio dell’udienza e della domanda tardiva per la determinazione di una notizia dato, sono imputabili all’unica richiesta che non ha preso l’iniziativa di fare avanzare il procedimento.
58. Il richiedente sostiene che nessuno ritardo gli è imputabile.
59. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento dei richiedenti e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molto altri, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII.
60. La Corte nota che la controversia del richiedente riguardava dei complementi di stipendi ed indennità che stimava essere dovuti egli su un certo periodo e che non gli erano stati versati. Nelle controversie di questo tipo, l’articolo 672A del codice di procedimento civile contempla che le decisioni giudiziali devono essere rese velocemente tanto in prima istanza che in appello, paragrafo 26 sopra.
61. Nello specifico, la Corte rileva che l’udienza dinnanzi al tribunale di prima istanza ha avuto luogo il 16 dicembre 1997 e che il giudizio è stato reso il 28 aprile 1998 e messi al netto il 22 settembre 1998. L’udienza dinnanzi alla corte di appello ha avuto luogo il 30 maggio 2000 e la sentenza è stata resa il 5 luglio 2001 e messi al netto il 24 agosto 2001. Dei tali termini non sono compatibili con quegli indicati nell’articolo 672A precitato. La Corte nota, inoltre, che il procedimento in prima istanza è durato un anno e tre mesi e quell’in appello un anno e cinque mesi, ciò che non è eccessivo secondo i suoi standard.
62. Tuttavia, la Corte non saprebbe fare astrazione per il fatto che l’udienza dinnanzi alla Corte di cassazione è stata rinviata a tre riprese alla domanda del richiedente, o dal 2 aprile 2002 al 21 gennaio 2003, poi fino al 16 ottobre 2007 ed al 23 settembre 2008. Se il periodo di inattività dopo il secondo rinvio è stato così lungo, questo è perché il richiedente non ha invitato la Corte di cassazione a fissare una nuova udienza che il 11 gennaio 2007. Siccome l’ammette lei stessa, il suo avvocato ha chiesto il rinvio delle udienze del 2 aprile 2002 e 21 gennaio 2003 perché il rapporto redatto dal giudice delatore era sfavorevole alle sue tesi e ha stimato opportuno di aspettare delle sentenze del Consiglio di stato e della Corte dei conti che sarebbero favorevoli ai suoi interessi.
63. Risulta della cronologia del procedimento che quella dinnanzi alla Corte di cassazione sarebbe stato anche ragionevole se l’udienza inizialmente fissata al 2 aprile 2002 non era stata rinviata alla domanda del richiedente. Del resto, la sentenza della Corte di cassazione è stata resa il 4 novembre 2008, o un mese ed undici giorni dopo l’udienza del 23 settembre 2008.
64. Nelle circostanze della causa, la Corte considera che i termini suddetti non sono incompatibili con l’esigenza di un termine ragionevole del procedimento posto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
65. Segue che questo motivo di appello è manifestamente male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
66. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta di una violazione del suo diritto ad un processo equo in ciò che i motivi della sentenza della Corte di cassazione sarebbero arbitrari, erronei ed impresso di parzialità.
67. La Corte nota che nell’occorrenza, il richiedente ha potuto presentare senza ostacoli tutti gli argomenti che giudicava pertinente per la difesa dei suoi interessi. I suoi diritti procedurali sono stati rispettati allo stesso titolo che quelli della parte avversa e lei non si sono visti rifiutare nessuno vantaggio di procedimento di cui avrebbe goduto questo ultimo. Le affermazioni del richiedente cadono difatti, esclusivamente sul fondo della controversia e la Corte non può esaminarli dunque.
68. Segue che questo motivo di appello è manifestamente male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, composto con l’articolo 14 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, composto con l’articolo 14 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 3 ottobre 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Isabelle Berro-Lefèvre
Cancelliere Presidentessa