Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA GIACOBBE ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 16041/02)
SENTENZA
STRASBURGO
15 dicembre 2005
DEFINITIVO
15/03/2006
Questa sentenza diventer� definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 � 2 della Convenzione. Pu� subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Giacobbe ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta di:
SIGG.. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, C. B�rsan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. Davide Th�r Bj�rgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 novembre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 16041/02) diretta contro la Repubblica italiana e di cui tre cittadini di questo Stato, G. A. G., S. G. e C. Di V. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 19 marzo 2001 in virt� dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert� fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo italiano (“il Governo”) � rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 24 maggio 2004, la Corte, prima sezione, ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 � 3, ha deciso che sarebbero esaminati l’ammissibilit� e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 � 1 dell’ordinamento. La presente richiesta � stata assegnata alla terza sezione cos� ricomposta, articolo 52 � 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono rispettivamente dei cittadini italiani nati nel 1949, 1950 e 1923 e residenti a Villafranca.
6. erano proprietari di un terreno di circa 853 metri quadrati ubicati a Villafranca.
7. Con un’ordinanza del 22 dicembre 1975 il servizio competente in materia di lavori pubblici (Provveditorato alle opere pubbliche) di Palermo approv� il progetto di ripianificazione delle strade del comune di Villafranca.
8. Con un’ordinanza del 23 aprile 1977, il prefetto di Messina autorizz� la municipalit� di Villafranca ad occupare di emergenza il terreno dei richiedenti. Questa occupazione fu autorizzata per il periodo di due anni.
9. Il 10 maggio 1977, la municipalit� procedette all’occupazione del terreno ed inizi� i lavori di costruzione.
10. Risulta dalla pratica che i lavori di costruzione della strada si conclusero il 13 dicembre 1978.
11. Il 4 luglio 1979, essendo scaduto il termine di occupazione temporanea, la municipalit� di Villafranca chiese alla regione la proroga di suddetto termine.
12. Con un’ordinanza del 20 dicembre 1979, il servizio adott� una modifica al piano precedente di ripianificazione delle strade e prorog� l’occupazione dei terreni per un anno.
13. Il 10 dicembre 1982, il prefetto di Messina dichiar� l’espropriazione definitiva del terreno dei richiedenti.
14. Nel 1983 i richiedenti citarono la municipalit� di Villafranca dinnanzi al tribunale di Messina per ottenere i danno-interessi che derivano della privazione del terreno. Facevano valere che l’occupazione del terreno era illegale al motivo che questa si era protratta al di l� del termine autorizzato mentre i lavori della strada si erano gi� conclusi. Facevano valere, inoltre, che l’ordinanza del servizio del 20 dicembre 1979, era illegale al motivo che era stato adottata dopo la scadenza del termine fissato nell’ordinanza del 22 dicembre 1975.
15. Con un giudizio del 16 ottobre 1989, il tribunale di Messina dichiar� che in seguito all’occupazione dei terreni, ed alla vista della costruzione della strada, lavoro che risponde all’interesse pubblico, il diritto di propriet� dei richiedenti era stato neutralizzato conformemente al principio dell’espropriazione indiretta. C’era luogo dunque di considerare che la propriet� dei terreni era passata ab origine alla municipalit� il 13 dicembre 1978, ossia irreversibilmente una volta trasformati i terreni . Di conseguenza l’ordinanza di espropriazione del 10 dicembre 1982 era illegale. Dato che il trasferimento di propriet� aveva avuto luogo nella cornice di un’occupazione di terreno diventata senza titolo, i richiedenti avevano diritto ai danno-interessi.
16. Il tribunale condann� la municipalit� a pagare 98 238 585 lire italiane (ITL), per la perdita della propriet� e 4 120 185 ITL, ai richiedenti a titolo di indennit� di occupazione temporanea, pi� interessi e rivalutazione.
17. Il 2 febbraio 1990, l’amministrazione interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Messina. Faceva valere in particolare che il diritto al risarcimento dei richiedenti era prescritto.
18. Con una sentenza dell� 8 luglio 1991 la corte di appello conferm� il giudizio del tribunale al motivo che l’azione di danno-interessi era sottoposta ad un termine di prescrizione di dieci anni, cominciando a decorrere, nello specifico, a contare della data di compimento dei lavori.
19. Il 2 aprile 1992, l’amministrazione ricorse in cassazione. Da una sentenza del 4 giugno 1996, la Corte di cassazione accolse il ricorso dell’amministrazione. Osserv� in particolare che l’azione di danno-interessi era sottoposta ad un termine di prescrizione di cinque anni e rinvi� la causa dinnanzi alla corte di appello di Catania per verificare se, al momento dell’introduzione del procedimento di danno-interessi dinnanzi al tribunale di Messina, il diritto al risarcimento dei richiedenti era prescritto.
20. Con una sentenza del 21 luglio 2000, la corte di appello dichiar� prescritto il diritto dei richiedenti ai danno-interessi. I giudici presero in considerazione la data alla quale la strada era stata costruita: ossia nel settembre 1978. Perci�, avendo i richiedenti citato in giustizia l’amministrazione il 7 novembre 1983, il termine di cinque anni era stato superato.
21. Questa sentenza � diventata definitiva il 20 ottobre 2001.
22. Ad una data non precisata, dopo il primo procedimento in appello, i richiedenti erano stati risarciti.
23. Con una lettera del 3 dicembre 2001, l’amministrazione chiese ai richiedenti la restituzione di 234 092,18 EUR.
24. Con un ricorso del 8 novembre 2002, l’amministrazione chiese al tribunale di Catania un’ingiunzione di pagamento (“decreto ingiuntivo”) contro i richiedenti.
25. Con un decreto del 29 novembre 2002, il tribunale rilasci� questa ingiunzione.
26. Il 16 dicembre 2002, 24 gennaio 2003 il richiedente restitu� all’amministrazione l’intimo di 181 290, 50 EUR.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. L’occupazione di emergenza di un terreno
27. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all’amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell’espropriazione. Una volta dichiarato di utilit� pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l’amministrazione pu� decretare l’occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni (articolo 20 della legge no 865 del 1971). Questa ordinanza diventa nulla se l’occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre mesi seguenti la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un’ordinanza di espropriazione formale deve essere presa.
28. L’occupazione autorizzata di un terreno d� diritto ad un’indennit� di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l’indennit� di occupazione appena il terreno � occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l’amministrazione proceda ad un’offerta di indennizzo.
B. Il principio dell’espropriazione indiretta (“occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”)
29. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero alle occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da ordinanze di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto il domino di questo in ragione dell’occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l’interessato aveva perso anche la propriet� terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
30. La giurisprudenza era molto condivisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un’occupazione illegale ab initio, o un’occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo annullato il titolo o proseguendo l’occupazione al di l� della scadenza autorizzata senza che un’ordinanza di espropriazione sia sopraggiunta.
31. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la propriet� del terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un’azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poich� l’illegalit� derivante dall’occupazione era permanente. L’amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l’azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l’indennit� di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore l�ordinanza di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere,tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
32. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la propriet� del terreno e poteva chiedere la rimessa in stato, quando l’amministrazione aveva agito senza che ci fosse utilit� pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
33. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione perdeva automaticamente la propriet� del terreno al momento della trasformazione irreversibile del bene, ossia al momento del completamento del lavoro pubblico. L’interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
34. Da una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adott� la terza soluzione. Cos� fu consacrato il principio dell’espropriazione indiretta (accessione invertita od occupazione acquisitiva). In virt� di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la propriet� di un terreno senza procedere ad un’espropriazione formale quando, dopo l’occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalit� dell’occupazione, il lavoro pubblico � stato realizzato. Quando l’occupazione � ab initio senza titolo, il trasferimento di propriet� ha luogo al momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l’occupazione del terreno � stata inizialmente autorizzata, il trasferimento di propriet� ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precis� che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l’interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, avendo avuto luogo l’acquisizione del terreno senza titolo. Questo risarcimento non � versato tuttavia, automaticamente; incombe sull’interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto al risarcimento � abbinato al termine di prescrizione contemplato in caso di responsabilit� da delitto, ossia cinque anni, che cominciano a decorrere al momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
35. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione si trovava ad applicare, poich� l’occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, afferm� che il diritto al risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione afferm� che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi (sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992). Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione � di cinque anni e che comincia a decorrere al momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
36. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell’espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio � radicato in una disposizione legislativa, ossia l’articolo 2043 del codice civile che regge la responsabilit� da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l’amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo beneficio dal suo comportamento illegale non d� nessun problemi sul piano costituzionale, poich� l’interesse pubblico, ossia la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull’interesse dell’individuo, e dunque sul diritto di propriet� di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l’applicazione all’azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall’articolo 2043 del codice civile per responsabilit� da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell’espropriazione indiretta
37. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di propriet� del terreno a favore dell’amministrazione conosce delle eccezioni.
38. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c’� espropriazione indiretta quando le decisioni della municipalit� e l’ordinanza di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; cos� se non fosse tale caso, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
39. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l’amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilit� pubblica devono essere considerate come nulle ab initio. In questo caso, l’interessato mantiene la propriet� dal terreno e pu� chiedere in integrum il restitutio. Pu� come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L’illegalit� in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione trova applicazione.
40. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione delibeando in camere riunite ha affermato che non c’� trasferimento di propriet� quando la dichiarazione di utilit� pubblica � stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell’espropriazione indiretta non si trova dunque ad applicare. L’interessato che mantiene la propriet� dal terreno, ha la possibilit� di chiedere in integrum il restitutio. L’introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia al restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere nel momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
41. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di propriet� per effetto dell’espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilit� pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato � stata considerata come invalida ab initio.
42. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c’� trasferimento di propriet� in mancanza di dichiarazione di utilit� pubblica valida.
43. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull’espropriazione, entrato in vigore il 30 giugno 2003 (paragrafo 46 sotto).
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
44. Ai termini dell’articolo 3 di questa legge:
“Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un’espropriazione dichiarata illegale da una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non pu� pretendere la restituzione del suo bene. Ha anche dritto, in pi� del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a quelle menzionate all’articolo 1224 � 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell’occupazione illegale.”
45. Interpretando l’articolo 3 della legge del 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n� 384), ha considerato:
“Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni – ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni – e l’interesse pubblico – concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalit� di costruzioni residenziali pubbliche a condizioni favorevoli o convenzionate – ha dato la precedenza a questo ultimo interesse.”
5. L’importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
46. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuto all’interessato in compenso della perdita di propriet� che provoca l’occupazione illegale.
47. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis del decreto-legge no 333 dell� 11 luglio 1992, modific� questa giurisprudenza, nel senso che l’importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l’importo dell’indennit� contemplata per il caso di un’espropriazione formale. Dalla sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiar� incostituzionale questa disposizione.
48. In virt� della legge di bilancio no 662 del 1996 che segu� la disposizione dichiarata incostituzionale, l’indennizzo integrale non pu� essere accordato per un’occupazione di terreno avente avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l’indennizzo equivale all’importo dell’indennit� contemplata per il caso di un’espropriazione formale, nell’ipotesi pi� favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
49. Dalla sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato una tale indennit� compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un’indennit� integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, pu� essere richiesta quando l’occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilit� pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte europea dei Diritti dell’uomo del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
50. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si � pronunciata di nuovo sul principio dell’espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte europea dei Diritti dell’uomo.
51. Alla vista della constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell’espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che � compatibile con la Convenzione.
52. Pi� specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell’espropriazione indiretta -ha detto che alla vista dell’uniformit� della giurisprudenza in materia, il principio dell’espropriazione indiretta deve passare per pienamente “prevedibile” a contare dal 1983. Di fatto, l’espropriazione indiretta deve essere considerata come essendo rispettosa del principio di legalit�. Trattandosi delle occupazioni di terreni che hanno luogo senza dichiarazione di utilit� pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la propriet� del bene allo stato. In quanto all’indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se � inferiore al danno subito dall’interessato, ed in particolare al valore del terreno, l’indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta � sufficiente per garantire un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della societ� e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
53. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale che annulla la dichiarazione di utilit� pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiedente che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e nel frattempo trasformato, il Consiglio di stato definitivamente, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si � pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro “pubblico” poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ci� facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta � manchevole in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ci� che riguarda tra altri il punto di sapere a quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come “realizzato” e dunque a quale data vi � stato trasferimento di propriet� a favore dello stato;
b) accolto la giurisprudenza della Corte, ed in particolare la sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorit� pubbliche non pu�, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l’articolo 43 del Repertorio (paragrafo 55 sotto) nel senso in cui la non-restituzione di un terreno pu� essere ammessa solamente nei casi eccezionali, ossia quando l’amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato alla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l’espropriazione indiretta non potrebbe costituire un’alternativa (“una mera alternativa”) ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilit� pubblica (“il Repertorio”)
54. Il 30 giugno 2003 � entrato in vigore il decreto presidenziale no 327 dell� 8 giugno 2001, modificato dal decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regge il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistente in materia. In particolare, codifica il principio dell’espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si � sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all’insieme della legislazione e della giurisprudenza precedente in materia di espropriazione.
55. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che nella mancanza di un’ordinanza di espropriazione, o nella mancanza di dichiarazione di utilit� pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico � acquisito al patrimonio dell’autorit� che l’ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L’autorit� pu� acquisire anche un bene quando il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilit� pubblica sono stati annullati. Il proprietario pu� chiedere al giudice la restituzione del terreno. L’autorit� in causa si pu� opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
56. I richiedenti adducono essere stati privati dei loro beni nelle circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1, cos� formulato,:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu� essere privato della sua propriet� che a causa di utilit� pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilit�
57. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne al motivo che i richiedenti non sono ricorsi in cassazione contro la sentenza della corte di appello. Questo ricorso non era destinato al fallimento tenuto conto del fatto che la Corte di cassazione si sarebbe potuta pronunciare sulla nozione di realizzazione del lavoro pubblico ed avrebbe potuto affermare che il momento iniziale del termine di prescrizione doveva essere fissato alla data di scadenza del periodo autorizzato.
58. Secondo il Governo, nel caso di specifico non c’era prescrizione.
59. Per di pi�, il Governo fa valere che i richiedenti avrebbero potuto attaccare la sentenza della corte di appello dinnanzi alla Corte di cassazione per difetto di motivazione, per ci� che riguarda la data di realizzazione del lavoro pubblico.
60. Il Governo eccepisce, inoltre, che la richiesta � tardiva al motivo che sarebbe stata introdotta il 31 maggio 2002, o sei mesi dopo la decisione interna definitiva.
61. I richiedenti si oppongono all�eccezione del Governo di non-esaurimento e fanno valere che un altro ricorso in cassazione non avrebbe ovviato alla situazione denunciata, tanto pi� che il loro primo ricorso in cassazione era stato respinto gi� nel 1996. Ricordano che l’obbligo di esaurire le vie di ricorso interne impone l’utilizzazione di un ricorso che sia adeguato ed effettivo. Nel caso specifico, secondo i richiedenti, il Governo non ha dimostrato che l’utilizzazione di questo ricorso avrebbe permesso loro di ottenere il pagamento di danno-interessi.
62. In quanto all’eccezione derivata dalla mancata osservanza del termine di sei mesi, i richiedenti affermano che hanno introdotto il ricorso il 19 marzo 2002.
63. Trattandosi della prima eccezione, la Corte ricorda che in virt� della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne enunciata all’articolo 35 � 1 della Convenzione, un richiedente deve avvalersi normalmente dei ricorsi disponibili e sufficienti per permettergli di ottenere risarcimento delle violazioni che adduce, essendo inteso che incombe sul Governo che eccepisce del non-esaurimento di convincere la Corte che il ricorso invocato era effettivo e disponibile tanto in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cio� che era accessibile e suscettibile di offrire al richiedente la correzione delle sue lagnanze, e che presentava delle prospettive ragionevoli di successo (vedere, tra altri riferimenti, Akdivar ed altri c. Turchia, sentenza del 16 settembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, p. 1210, � 66).
64. A questo riguardo, la Corte nota innanzitutto che il primo ricorso dei richiedenti � stato respinto al motivo che la Corte di cassazione aveva dichiarato che l’azione in danno-interessi era sottoposta ad un termine di prescrizione di cinque anni. Il Governo si limita a dire che i richiedenti avrebbero potuto ricorrere di nuovo in cassazione, senza dimostrare che, nelle cause similari alla presente, suddetto ricorso avrebbe potuto ovviare alla lagnanza relativa all’applicazione della prescrizione. Del resto, la Corte osserva che la Corte di cassazione (sentenza 22 novembre 1992) deliberando in camere riunite, ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione � di cinque anni e che comincia a decorrere al momento della trasformazione irreversibile del terreno. Di conseguenza, l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne deve essere respinta.
65. In quanto alla seconda eccezione, la Corte nota che il ricorso � stato introdotto il 19 marzo 2002, e non come afferma il Governo, il 31 maggio 2002. Respinge quindi la seconda eccezione del Governo.
66. La Corte constata inoltre che la richiesta non � manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 � 3 della Convenzione e non si urtara con nessuno altro motivo di inamissibilit�. Conviene dichiararla accettabile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
67. Il Governo fa osservare che, nel caso di specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilit� pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non � stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui non � stata adottata nessuna ordinanza di espropriazione.
68. Primariamente, ci sarebbe utilit� pubblica, ci� che non � stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali.
69. Secondariamente, la privazione del bene come risultante dall’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.” Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al pi� tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
70. Il Governo ne conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
71. A questo riguardo, il Governo ricorda che la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto che l’idea di legge � comprensiva dei principi generali da lei enunciati o implicati ( Winterwerp c. Paesi Bassi, sentenza del 24 ottobre 1979, serie A no 33 � 45) cos� come del diritto non scritto (Sunday Time c. Regno Unito (no1), sentenza del 26 aprile 1979, serie A no 30, � 47).
72. Segue che la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione non potrebbe essere esclusa dala nozione di legge al senso della Convenzione.
73. Il Governo ricorda che in una causa tedesca ,Forrer-Niedenthal c. Germania ( sentenza del 20 febbraio 2003) la Corte ha considerato una legge tedesca del 1997 come sufficiente, malgrado la sua imprevedibilit� manifesta, per fornire una base legale alle decisioni che hanno privato il richiedente di ogni protezione contro l’attentato portato alla sua propriet�. Chiede alla Corte di applicare lo stesso criterio di giudizio alla presente causa.
74. Trattandosi della qualit� della legge, il Governo riconosce che il fatto che un’ordinanza di espropriazione non sia stata pronunciata � in s� una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
75. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno � stato trasformato in modo irreversibile in ragione della costruzione un lavoro di utilit� pubblica, la restituzione di questo non � pi� possibile.
76. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, tendente a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico � stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponde all’utilit� pubblica.
77. In quanto all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra i sacrifici imposti agli individui ed il compenso concesso a questi, il Governo riconosce che l’amministrazione � tenuta di indennizzare l’individuo.
78. Per�, questo indennizzo pu� essere inferiore al danno subito dall’interessato, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l’illegalit� commessa dall’amministrazione riguarda solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
79. Tuttavia, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo, il Governo sostiene che l’importo dell’indennit� in causa rientra nel margine di valutazione lasciata agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. Ricorda inoltre che l’indennit� come plafonata dalla legge in causa, � in ogni caso superiore a quella che sarebbe stato accordata se l’espropriazione fosse stata regolare.
80. Trattandosi del caso di specifico, il Governo fa osservare che il procedimento in danno-interessi � stato intentato dai richiedenti nel 1983, quando il principio dell’espropriazione indiretta era gi� consolidato. Non si pone nessuna questione di legalit� allora nello specifico.
81. In quanto al termine di prescrizione che � stato applicato nello specifico, e che ha avuto per conseguenza di privare i richiedenti di ogni indennizzo, il Governo sostiene che questa situazione � imputabile ai richiedenti stessi che si sarebbero dovuti affrettare nei cinque anni seguenti la fine dei lavori di costruzione e chiedere i danno-interessi.
82. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che la situazione denunciata � compatibile da tutti i punti di vista con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) I richiedenti,
83. I richiedenti fanno osservare che sono stati privati del loro bene in virt� del principio dell’espropriazione indiretta, come applicato dalle giurisdizioni nazionali. Chiedono alla Corte di dichiarare che l’espropriazione del terreno non sia conforme al principio di legalit�. Riferendosi alle sentenze Belvedere Alberghiera c. Italia ( no 31524/96, CEDH 2000-VI) e Carbonara e Ventura c. Italia (no 24638/94, sentenza del 30 maggio 2000, CEDH 2000-VI) osservano che l’espropriazione indiretta � un meccanismo che permette all’autorit� pubblica di acquisire un bene in ogni illegalit�, ci� che non � ammissibile in un Stato di diritto.
84. Infine, in quanto all’indennizzo, i richiedenti osservano che non c’� stato “risarcimento” del danno subito in ragione dell’applicazione retroattiva del termine di prescrizione.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
85. La Corte ricorda che, per determinare se c’� stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di l� delle apparenze ed analizzare la realt� della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa di ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e L�nnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, � 63).
86. La Corte rileva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni nazionali hanno considerato i richiedenti come essendo privati del loro bene a contare dal momento in cui il terreno era stato trasformato irreversibilmente dai lavori pubblici. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalit� da parte del giudice � l’elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della corte di appello ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura precitato, � 61, e Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, � 77, CEDH 1999-VII).
87. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 una tale ingerenza deve essere operata “a causa di utilit� pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale.” L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunit� e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e L�nnroth, precitato, p. 26, � 69). Inoltre, la necessit� di esaminare la questione del giusto equilibrio pu� farsi non “sentire che quando si � rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalit� e non era arbitraria” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, � 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, � 107, CEDH 2000-I).
88. Allora, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore dei richiedenti non ha avuto luogo (Carbonara, precitato, � 62).
b) Sul rispetto del principio di legalit�
89. L’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorit� pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una societ� democratica, � inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis precitato, � 58,). Il principio di legalit� notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296 – Ha, pp. 19-20, � 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, � 110).
90. Nelle sentenze Belvedere Alberghiera srl e Carbonara e Ventura precitate, la Corte non aveva stimato utile giudicare in abstracto se il ruolo che un principio giurisprudenziale, come quello dell’espropriazione indiretta, occupa in un sistema di diritto continentale � assimilabile a quell’occupato dalle disposizioni legislative, ci� che conta essendo-in ogni stato di causa-che la base legale risponda ai criteri di prevedibilit�, accessibilit� e precisione enunciati pi� sopra. La Corte � sempre convinta che l’esistenza in quanto tale di una base legale non basti a soddisfare il principio di legalit� e stima utile propendersi sulla questione della qualit� della legge.
91. La Corte prende nota dell’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all’elaborazione del principio dell’espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio � stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, la legge no 662 del 1996 e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo cos�, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie che hanno luogo nella cronistoria della giurisprudenza. Questo punto di vista � stato adottato del resto dal Consiglio di stato (paragrafo 53 sopra) che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
92. La Corte rileva anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i testi di suddetta legge. A titolo di esempio, nota che se � vero che la giurisprudenza ha escluso, a contare dal 1996-1997, che l’espropriazione indiretta possa applicarsi quando la dichiarazione di utilit� pubblica � stata annullata, � anche vero che il Repertorio ha ultimamente contemplato che nella mancanza di dichiarazione di utilit� pubblica, ogni terreno pu� essere acquisito al patrimonio pubblico, se il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno occupato e trasformato dall’amministrazione.
93. Alla vista di questi elementi, la Corte non esclude che rimanga il rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati.
94. La Corte nota poi che il meccanismo dell’espropriazione indiretta permette in generale all’amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione, col rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati, sia che si tratti di un’illegalit� dall’inizio o di un’illegalit� sopraggiunta in seguito. L’espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione di fatto che deriva dalle illegalit� commesse dall’amministrazione, a regolare le conseguenze per l’individuo e per l’amministrazione, a favore di questa. Che sia in virt� di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l’articolo 43 del Repertorio, l’espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, al paragrafo 53 sopra).
95. A questo riguardo, la Corte nota che l’espropriazione indiretta permette all’amministrazione di occupare un terreno e di trasformarlo irreversibilmente, in modo tale che sia considerato come acquisito al patrimonio pubblico, senza che in confronto non sia adottato un atto formale dichiarante il trasferimento di propriet�. Nella mancanza di un atto che formalizza l’espropriazione e sopraggiungendo al pi� tardi nel momento in cui il proprietario ha perso ogni padronanza del bene, l’elemento che permetter� di trasferire al patrimonio pubblico il bene occupato e di raggiungere una sicurezza giuridica � la constatazione di illegalit� da parte del giudice, valendo come dichiarazione di trasferimento di propriet�. Incombe sull’interessato – che continua ad essere formalmente proprietario – di sollecitare al giudice competente una decisione che constata, all’occorrenza, l’illegalit� abbinata alla realizzazione di un lavoro di interesse pubblico, condizioni necessarie affinch� sia dichiarato in modo retroattivo privato del suo bene.
96. Alla vista di questi elementi, la Corte stima che il meccanismo dell’espropriazione indiretta non � atto a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica.
97. La Corte nota poi che l’espropriazione indiretta permette inoltre all’amministrazione di occupare un terreno e di trasformarlo senza per questo versare indennit� allo stesso tempo. L’indennit� deve essere richiesta dall’interessato e ci� entro prescrizione di cinque anni, cominciando a contare della data alla quale il giudice stima che la trasformazione irreversibile del terreno ha avuto luogo. Questo pu� provocare delle conseguenze nefaste per l’interessato, e rendere vano ogni speranza di risarcimento (Carbonara e Ventura, precitato, � 71).
98. La Corte rileva infine che il meccanismo dell’espropriazione indiretta permette all’amministrazione di derivare partito dal suo comportamento illegale, e che il prezzo da pagare � solamente del 10% pi� elevato che nel caso di un’espropriazione in buona e dovuta forma. Secondo la Corte, questa situazione non � di natura tale da favorire la buona amministrazione dei procedimenti di espropriazione ed a prevenire degli episodi di illegalit�.
99. Ad ogni modo, la Corte � chiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno � interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
100. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato i richiedenti privati del loro bene a contare dal momento in cui l’occupazione aveva smesso di essere autorizzata, essendo collegate le condizioni di illegalit� dell’occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruiscono. Ora, nella mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come “prevedibile”, poich� � solamente dalla decisione definitiva �avendo acquisito la sentenza della corte di appello forza di cosa giudicata-che si pu� considerare il principio dell’espropriazione indiretta come essendo stato applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico � stata consacrata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione del terreno che il 20 ottobre 2001, data alla quale la sentenza della corte di appello di Catania � diventata definitiva.
101. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di derivare partito da un’occupazione di terreno illegale. In altri termini, l’amministrazione si � potuta appropriare il terreno a disprezzo delle regole che reggono l’espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra altri, senza che un’indennit� sia messa in confronto a disposizione degli interessati.
102. Trattandosi dell’indennit�, la Corte constata che l’applicazione retroattiva del termine di prescrizione di cinque anni al caso di specifico ha avuto per effetto di privare i richiedenti di ogni risarcimento del danno subito.
103. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non � compatibile col principio di legalit� e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dunque.
104. Da allora, c’� stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
105. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’� stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’� luogo, una soddisfazione equa. “
106. I richiedenti richiedono 193 684,50 euro (EUR) a titolo del danno materiale corrispondente alla somma riconosciuta dal tribunale e la corte di appello a titolo di danno-interessi e che hanno dovuto restituire all’amministrazione seguito all’applicazione della prescrizione.
107. In quanto al danno morale, i richiedenti chiedono 25 000 EUR ciascuno, o un importo globale di 75 000 EUR.
108. Inoltre, i richiedenti sollecitano il rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, senza tuttavia valutarlo.
109. Il Governo sostiene che nessuna somma � dovuta ai richiedenti a titolo di danno materiale dato che le giurisdizioni interne hanno affermato che il loro diritto ai danno-interessi era prescritto.
110. Sussidiariamente, il Governo afferma che la somma che hanno di restituire l’era stato assegnato loro provvisoriamente, le decisioni delle giurisdizioni interne non avendo acquisito ancora forza di cosa giudicata. I richiedenti hanno ricevuto una somma pure sapendo che un giorno avrebbero potuto doverla rimborsare.
111. Trattandosi del danno morale, il Governo osserva che la somma chiesta � esorbitante e chiede alla Corte di decidere in equit�.
112. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno valutato le loro pretese.
113. In quanto all’onere di procedimento dinnanzi alla Corte, il Governo fa valere che nessuna somma � dovuta ai richiedenti a questo titolo per la loro mancanza di non avere presentato a questo riguardo richiesta.
114. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perci�, la riserva e fisser� ulteriore procedimento, tenuto conto della possibilit� che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT�,
1. Dichiara la richiesta accettabile;
2. Stabilisce che c’� stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perci�,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad inviarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sar� diventata definitiva conformemente all’articolo 44 � 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 dicembre 2005 in applicazione dell’articolo 77 �� 2 e 3 dell’ordinamento.
Vincent Pastore Bo�tjan Sig. Zupančič
Cancelliere Pr�sident
SENTENZA GIACOBBE ED ALTRI C. ITALIA
SENTENZA GIACOBBE ED ALTRI C. ITALIA