Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA GHIROTTI E BENASSI C. ITALIA
( Richieste numeri 28104/02 e 28217/02)
SENTENZA
STRASBURGO
6 aprile 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ghirotti e Benassi c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottatati in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste (numeri 28104/02 e 28217/02) dirette contro la Repubblica italiana e in cui dei cittadini di questo Stato, i Sigg. M. G. e G. B. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da G. Fregni e dal Sig. G., avvocati a Modena. I dettagli concernenti i richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano sotto nel riquadro.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 30 marzo 2006, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono stati parti a procedimenti giudiziali interni. In date differenti, hanno investito i corsi di appello competenti ai sensi delka legge “Pinto”, per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazione contenute sotto nel riquadro.
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli requérant(s, Procedimento principale e procedimento “Pinto” ci relativa
1. no 28104/02introdotta il 15 luglio 2002 M. G. cittadino italiano, nato nel 1946, residente a Ravenna, Procedimento principale: Oggetto: concessione di una pensione militare .Prima istanza: Corte dei conti, dal 1 aprile 1971 al 20 marzo 2001, data decisione definitiva: 4 maggio 2002 .Procedimento “Pinto”: Autorità investita: corte di appello di Ancona, ricorso introdotta il 17 ottobre 2001, somma chiesta 51 646 EUR per danno morale .Decisione: 31 gennaio 2002, depositata il 13 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 4 000 EUR per danno morale; 690 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 31 marzo 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 2 settembre 2002 (somma ricevuta): 4 065,42 EUR per danno morale e 815,44 per oneri e spese.
2. no 32917/02introdotta il 16 luglio 2002 G. B. cittadino italiano, nato nel 1945, residente a Ravenna, Procedimento principale: Oggetto: concessione di una pensione militare. Prima istanza: Corte dei conti, dal 24 novembre 1973 al 11 settembre 2001. Procedimento “Pinto”: Autorità investita: corte di appello di Ancona, ricorso introdotto il 17 ottobre 2001, somma chiesta 46 481 EUR per danno morale .Decisione: 31 gennaio 2002, depositata il 13 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 000 EUR per danno morale; 550 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 31 marzo 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 29 ottobre 2002 (somma ricevuta): 2034,36 EUR per danno giuridico e 644,08 EUR per oneri e spese.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decide di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
9. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza degli indennizzi “Pinto.”
10. Il Governo si oppone a questa tesi.
11. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
A. Sull’ammissibilità
1. Tardività delle richieste
12. Il Governo eccepisce della tardività delle richieste per il fatto che i richiedenti avrebbero omesso di introdurre le loro richieste nei sei mesi seguenti le decisioni interne contestate.
13. La Corte rileva che le decisioni interne definitive, ai sensi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, sono le decisioni della corte di appello di Ancona depositate il 13 febbraio 2002 e passate in giudicato il 31 marzo 2003. Essendo state introdotte le richieste rispettivamente il 15 e il 16 luglio 2002, la Corte stima che vi è luogo di respingere questa eccezione.
2. Requisito di “vittime”
14. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dei corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
15. Afferma che i corsi di appello “Pinto” hanno deciso le cause in conformità coi criteri di indennizzo emanati dalla giurisprudenza della Corte disponibili all’epoca dei procedimenti “Pinto.” Sottolinea che sarebbe inadatto valutare la valutazione dei corsi di appello, fatta alcuni mesi dopo l’entrata in vigore della legge “Pinto”, sulla base dei parametri introdotti dalla Corte all’epoca delle sentenze della Grande Camera del 29 marzo 2006 (ex pluribus, Cocchiarella c,. Italia, precitata). Secondo il Governo, gli indennizzi che risulterebbero dall’applicazione alle “cause del passato” di questi criteri, concepiti per l’epoca reale, sarebbero almeno doppi e talvolta tripli rispetto a quelli accordati nelle richieste italiane di durata decise prima dalla Corte.
16. Secondo il Governo, i parametri stabiliti dalla Grande Camera, formulati in modo apodittico, giungerebbero ai risultati irragionevoli, ingiusti ed incompatibili con lo spirito e gli scopi della Convenzione. Gli indennizzi che la Corte concede nelle richieste italiane di durata in applicazione di questi criteri sarebbero prima doppi o tripli rispetto a quelli accordati in cause simili di altri paesi che non disporrebbero allo stesso modo di un rimedio interno contro la durata eccessiva dei procedimenti.
17. Il Governo precisa infine che ai termini della legge “Pinto”, solamente gli anni che superano la durata “ragionevole” possono essere presi in conto per determinare l’importo dell’indennizzo da concedere dalla corte di appello.
18. La Corte ricorda di avere respinto già gli argomenti del Governo nelle sentenze Aragosa c. Italia (no 20191/03) § § 17-24, 18 dicembre 2007) e Simaldone c. Italia, (no 22644/03, §§19-33, CEDH 2009 -… (brani)). Non vede nessun motivo di deroga alle suoi precedenti conclusioni e respinge dunque questa eccezione.
19. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti delle cause e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98) e che, nella richiesta no 28217/02, l’indennizzo “Pinto” non è stato versato nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello “Pinto” diventò esecutiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 89). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Concessione di interessi moratori in compenso del ritardo nel pagamento degli indennizzi “Pinto”
20. Il Governo stima infine che gli eventuali ritardi nell’esecuzione delle decisioni “Pinto” sarebbero compensati dalla concessione di interessi moratori al momento del pagamento.
21. In quanto a questo argomento, pertinente alla sola richiesta no 28217/02, la Corte stima che avuto riguardo alla natura della via di ricorso interno, il versamento degli interessi moratori non potrebbero essere determinante (vedere, mutatis mutandis, Simaldone c. Italia, precitata, § 63). Respinge dunque questa eccezione.
4. Conclusione
22. La Corte constata che questi motivi di appello non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Li dichiara allo stesso modo ammissibili.
B. Sul merito
23. La Corte constata che i procedimenti controversi hanno avuto la seguente durata:
i. richiesta no 28104/02: ventisette anni e sette mesi per un grado di giurisdizione, il procedimento è cominciato il 1 aprile 1971 per concludersi il 20 marzo 2001, il periodo da considerare comincia tuttavia solamente con la presa d’ effetto, il 1 agosto 1973, della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte dell’Italia (vedere Andreozzi c. Italia, no 54288/00, § 12, 28 marzo 2002);
ii. richiesta no 28217/02: ventisette anni e nove mesi per un grado di giurisdizione, dal 24 novembre 1973 al 11 settembre 2001.
24. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a quella dei casi di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati dalla sua giurisprudenza in materia ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nelle due richieste in questione, la Corte stima che c’è luogo di constatare, in ogni richiesta, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
25. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
26. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46) e Simaldone c. Italia (precitata, §§ 71-72) l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
27. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
28. I richiedenti richiedono le seguenti somme a titolo del danno morale che avrebbero subito.
No richiesta Pretese a titolo del danno morale
1. 28104/02 50 000 EUR
2. 28217/02 45 000 EUR
29. Il Governo stima che i richiedenti sono stati risarciti in modo adeguato nella cornice dei ricorsi “Pinto.”
30. Tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, la Corte assegna ad ogni richiedente la somma indicata sotto nel riquadro, paragonata agli importi che avrebbe concesso in mancanza di vie di ricorso interne, alla visto dell’oggetto delle controversie.
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato nella mancanza di vie di ricorso interne Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale
28104/02 39 000 EUR il 10,25% 13 550 EUR
28217/02 39 000 EUR il 5,13% 15 750 EUR
B. Oneri e spese
31. I richiedenti non avendo presentato alcuna richiesta di rimborso degli oneri e delle spese nel termine assegnato a questo effetto, la Corte decide di non accordare niente a questo titolo.
C. Interessi moratori
32. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati dalla durata eccessiva dei procedimenti (articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. richiesta no 28104/02:
13 550 EUR (tredicimila cinque cento cinquanta euro) per danno morale;
ii. richiesta no 28217/02:
15 750 EUR (quindicimila sette cento cinquanta euro) per danno morale;
b) che a queste somme occorre aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respingele domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 6 aprile 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa