TERZA SEZIONE
CAUSA GĂRDEAN E S.C. GROUP 95 SA c. ROMANIA
( Richiesta no 25787/04)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
1 dicembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Gărdean e S.C. Group 95 SA c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan il Sig. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 25787/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. G., come una società per azioni di dritto rumeno, S.C. Group 95 SA (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 1 aprile 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Horaţiu Răzvan Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 3 gennaio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Co0me permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il primo richiedente è nato nel 1964 e risiede a Snagov. È azionista della società richiedente che ha la sua sede sociale a Petroşani.
5. Con un contratto di cessione di azioni concluso il 25 agosto 1999 tra la società commerciale G. e la società richiedente, questa ultima acquisì il 30% delle quote sociali di una terza società I. (“la terza società “), o un numero di 17 464 azioni nominative il cui l valore totale ammontava all’epoca a 436 600 000 lei rumeni. Sul fondamento delle stipulazioni contrattuali, dei nuovi statuti della terza società furono adottati il 2 giugno 2000.
6. Il 21 febbraio 2001, la società G. investì i tribunali di un’azione contro la società richiedente chiedendo la risoluzione del contratto di cessione delle suddette azioni, al motivo che questa ultima non aveva rispettato le condizioni contrattuali convenute intervenendo indebitamente nel funzionamento della terza società.
7. Con una sentenza definitiva del 10 ottobre 2002, la corte di appello di Piteşti respinse l’azione, al motivo che la mancata osservanza delle condizioni contrattuali non presentava importanza nello specifico, nella misura in cui i nuovi statuti della terza società erano stati adottati ulteriormente al contratto, con l’accordo del società G., e che il suddetto contratto aveva smesso di produrre degli effetti giuridici dopo l’adozione di suddetti statuti.
8. Il 24 luglio 2003, il procuratore generale della Romania formò un ricorso per annullamento contro la sentenza definitiva, adducendo una cattiva applicazione delle disposizioni interne applicabili dalle giurisdizioni interne.
9. Con una sentenza definitiva del 23 ottobre 2003, la Corte suprema di giustizia fece diritto al ricorso ed annullò la sentenza definitiva in causa. Considerò che il contratto di cessione di azioni continuava a produrre degli effetti congiuntamente agli statuti adottati ed ordinò la risoluzione di suddetto contratto in ragione della mancata osservanza delle condizioni contrattuali convenute. La Corte citò a sostegno della sua interpretazione l’articolo 98 § 1 della legge no 31/1990 delle società commerciali secondo cui il diritto di proprietà sulle azioni nominative si trasmette con l’iscrizione del nome del portatore nel libro degli azionisti e conclude che il trasferimento del diritto di proprietà sulle azioni in questione poteva avere luogo solo dopo l’adozione dei nuovi statuti della terza società.
10. In seguito alle querele penali depositate dalla società richiedente da terzi nel 2001 e nel 2002, dei perseguimenti penali furono impegnati contro il gerente della società G., essendo questi pendenti ad oggi.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
11. Le disposizioni legali pertinenti, in vigore all’epoca dei fatti, sono descritte nella sentenza SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03, § 22, 1 dicembre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
12. La società richiedente adduce che l’annullamento della sentenza definitiva del 10 ottobre 2002 con l’ammissione del ricorso per annullamento formato dal procuratore generale ha
portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Invoca gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
13. Il Governo solleva un’eccezione in quanto al difetto di requisito di “vittima” del primo richiedente. Considera che questo ultimo non ha provato di avere subito un danno diretto con l’annullamento del contratto di cessione di azioni concluse tra la società richiedente e la società G. e che, per di più, non è stato parte al procedimento interno.
14. Il richiedente contesta questa tesi. Stima che ha subito una perdita congiuntamente alla società nella sua qualità di azionista maggioritario.
15. La Corte rileva al primo colpo che solo la società richiedente è stata parte al procedimento controverso. Il richiedente pretende di essere vittima della decisione definitiva controversa che annulla il contratto di cessione di azioni, al motivo che con questa misura la società richiedente è incorsa in delle perdite di cui subisce direttamente gli effetti nella sua qualità di azionista. Ora, secondo la sua giurisprudenza (Agrotexim ed altri c. Grecia, 24 ottobre 1995, § 66, serie A no 330-a) stima giustificato togliere il “velo sociale” o di fare astrazione della personalità giuridica della società solo in circostanze eccezionali, in particolare quando viene stabilito chiaramente che questa si trova nell’impossibilità di investire tramite i suoi organi statutari gli organi della Convenzione. Ora, all’evidenza, tale non è il caso nello specifico, nella misura in cui la società richiedente ha potuto investire la Corte senza nessuna difficoltà.
16. La Corte osserva poi che il richiedente non ha supportato le sue affermazioni che riguardano la sua qualità di azionista maggioritario della società richiedente. Ad ogni modo, la detenzione di una parte anche sostanziale delle azioni non potrebbe bastare, in principio, per qualificare il richiedente come “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione (Agrotexim ed altri, precitata, § 63). Ancora occorre che abbia degli interessi personali nell’oggetto della richiesta, in particolare prevedendo un attentato ai suoi diritti in quanto azionista (Olczak c. Polonia,(dec.), no 30417/96, §§ 58-60, CEDH 2002-X (brani), e Pokis c. Lettonia, (dec.), no 528/02, CEDH 2006-XV). Si è obbligati tuttavia a constatare che tale non è il caso del richiedente che non intende invocare un altro danno se non quello subito dalla società di cui è azionista.
17. Pertanto, la Corte stima che il richiedente non può pretendere di essere la vittima di una violazione degli articoli invocati della Convenzione ed accoglie l’eccezione del Governo in quanto al difetto di requisito di vittima del primo richiedente. Di conseguenza, la Corte dichiara la richiesta, per quanto lo riguarda, incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e la respinge in applicazione dell’articolo 35 § 4.
18. La Corte constata che i motivi di appello formulati dalla società richiedente non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
19. Il Governo reitera i suoi argomenti invocati nelle cause simili concernenti i ricorsi per annullamento. In particolare, pure riconoscendo che il diritto ad un processo equo implica anche il rispetto del principio di sicurezza dei rapporti giuridici e che la Corte ha sanzionato già il riesame da parte della Corte suprema di giustizia di una sentenza definitiva in seguito ad un ricorso per annullamento, sottolinea che questa via di ricorso è stata annullata nel 2003 dal codice di procedura civile.
Per ciò che riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, il Governo considera che l’ingerenza nel diritto di proprietà della società richiedente era prevista dalla legge all’epoca dei fatti, inseguiva un scopo legittimo, ossia l’applicazione corretta della legge, ed era proporzionata allo scopo previsto, nella misura in cui è lecito alla società richiedente investire le giurisdizioni interne di un’azione che mira ad ottenere la restituzione del prezzo delle azioni in questione.
20. La società richiedente sostiene che accogliendo il ricorso per annullamento del procuratore generale, la Corte suprema di giustizia ha proceduto ad un nuovo esame della causa e ha recato offesa al suo diritto di proprietà sulle quote sociali detenute.
21. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del presente caso in cui ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, in ragione della rimessa in causa della soluzione data in modo definitivo ad una controversia e dell’attentato portato ai beni della società richiedente di cui beneficiava alla conclusione del procedimento, consecutivo ad un ricorso per annullamento (vedere, tra altre, Brumãrescu c. Romania [GC], no 28342/95, §§ 61, 77 e 80, CEDH 1999-VII; SC Maşinexportimport Industrial Group SA, precitata, §§ 32 e 46-47, e Piata Bazar Dorobanti SRL c. Romania, no 37513/03, §§ 23 e 33, 4 ottobre 2007).
22. Avendo esaminato la presente causa, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. In particolare, rileva che la Corte suprema di giustizia, investita dal procuratore generale, ha riesaminato la causa e che, con un’interpretazione differente dei documenti versati alla pratica, ha annullato la sentenza definitiva resa a favore della società richiedente.
23. Alla vista di ciò che precede e degli elementi della pratica, la Corte considera che l’annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della decisione definitiva del 10 ottobre 2002 ha infranto il principio della sicurezza dei rapporti giuridici, recando offesa al diritto della società richiedente ad un processo equo ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
24. Questi elementi bastano alla Corte per concludere alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
25. La società richiedente stima che l’annullamento della sentenza definitiva resa a suo favore e la mancanza di un ricorso effettivo contro la sentenza resa dalla Corte suprema di giustizia ha portato attentato ai suoi diritti protetti dall’articolo 13 della Convenzione, così formulato nella sua parte pertinente:
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
26. Tenuto conto dei suoi conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 21-24, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 30 marzo 2009).
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
27. Sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione, la società richiedente adduce che l’annullamento della sentenza definitiva in causa è stato reso possibile in ragione dell’influenza politica del gerente del società G., influenza di cui è testimone la lentezza dei perseguimenti penali a suo carico.
28. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantite dagli articoli della Convenzione. Ne segue che questa parte della richiesta
è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
29. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
Danno
30. La società richiedente richiede 408 010 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale di cui 83 460 EUR per i servizi fatturati alla terza società dalla società G. ma mai effettuati, 163 235 EUR che rappresentano il valore di un immobile appartenente alla terza società messo in vendita abusivamente dalla società G., così come 12 841 EUR, il valore delle azioni perse in seguito alla risoluzione del contratto di cessione delle azioni e 184 474 EUR rappresentanti i dividendi non versati durante il periodo 2003-2007. Fornisce un rapporto di perizia per supportare le sue pretese. In quanto al danno morale, chiede una somma di 589 000 EUR.
Per ciò che riguarda gli oneri e le spese impegnati, la società richiedente sollecita una somma di 3 000 EUR, rappresentanti la parcella di avvocato nel procedimento dinnanzi alla Corte. Fornisce a questo riguardo una ricevuta di pagamento di suddetta somma.
31. Il Governo contesta queste pretese, stimando che le somme chieste hanno un carattere speculativo e non hanno nessun legame di causalità con le violazioni invocate. Reitera che la sentenza resa dalla Corte suprema di giustizia ha avuto per scopo solo garantire l’applicazione corretta del diritto interno applicabile e che ad ogni modo, è lecito alla società richiedente investire le giurisdizioni interne di un’azione che mira ad ottenere la restituzione del prezzo pagato per le azioni in questione. Trattandosi del danno morale, il Governo stima che l’importo chiesto è eccessivo.
Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, il Governo non si oppone al fatto che una somma gli venga assegnata a titolo degli oneri e delle spese esposti, ma considera che l’importo chiesto è sproporzionato in rapporto con le somme assegnate a questo titolo dalla Corte in cause simili.
32. Nelle circostanze dello specifico, la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla tenendo anche conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto e le interessate (articolo 75 §§ 1 e 4 dell’ordinamento della Corte).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Accoglie l’eccezione del Governo in quanto al difetto di requisito di vittima del primo richiedente e dichiara la richiesta inammissibile per quanto lo riguarda;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, ed inammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 14 della Convenzione;
3. Stbilisce che c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente l’ammissibilità e la
fondatezza del motivo di appello derivato dall’articolo 13 della Convenzione;
5. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò:
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo e la società richiedente ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 dicembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente