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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE GARDEAN ET S.c. GROUP 95 SA c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 25787/04/2009
Stato: Italia
Data: 2009-12-01 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA GĂRDEAN E S.C. GROUP 95 SA c. ROMANIA
( Richiesta no 25787/04)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
1 dicembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Gărdean e S.C. Group 95 SA c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan il Sig. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 25787/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. G., come una società per azioni di dritto rumeno, S.C. Group 95 SA (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 1 aprile 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Horaţiu Răzvan Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 3 gennaio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Co0me permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il primo richiedente è nato nel 1964 e risiede a Snagov. È azionista della società richiedente che ha la sua sede sociale a Petroşani.
5. Con un contratto di cessione di azioni concluso il 25 agosto 1999 tra la società commerciale G. e la società richiedente, questa ultima acquisì il 30% delle quote sociali di una terza società I. (“la terza società “), o un numero di 17 464 azioni nominative il cui l valore totale ammontava all’epoca a 436 600 000 lei rumeni. Sul fondamento delle stipulazioni contrattuali, dei nuovi statuti della terza società furono adottati il 2 giugno 2000.
6. Il 21 febbraio 2001, la società G. investì i tribunali di un’azione contro la società richiedente chiedendo la risoluzione del contratto di cessione delle suddette azioni, al motivo che questa ultima non aveva rispettato le condizioni contrattuali convenute intervenendo indebitamente nel funzionamento della terza società.
7. Con una sentenza definitiva del 10 ottobre 2002, la corte di appello di Piteşti respinse l’azione, al motivo che la mancata osservanza delle condizioni contrattuali non presentava importanza nello specifico, nella misura in cui i nuovi statuti della terza società erano stati adottati ulteriormente al contratto, con l’accordo del società G., e che il suddetto contratto aveva smesso di produrre degli effetti giuridici dopo l’adozione di suddetti statuti.
8. Il 24 luglio 2003, il procuratore generale della Romania formò un ricorso per annullamento contro la sentenza definitiva, adducendo una cattiva applicazione delle disposizioni interne applicabili dalle giurisdizioni interne.
9. Con una sentenza definitiva del 23 ottobre 2003, la Corte suprema di giustizia fece diritto al ricorso ed annullò la sentenza definitiva in causa. Considerò che il contratto di cessione di azioni continuava a produrre degli effetti congiuntamente agli statuti adottati ed ordinò la risoluzione di suddetto contratto in ragione della mancata osservanza delle condizioni contrattuali convenute. La Corte citò a sostegno della sua interpretazione l’articolo 98 § 1 della legge no 31/1990 delle società commerciali secondo cui il diritto di proprietà sulle azioni nominative si trasmette con l’iscrizione del nome del portatore nel libro degli azionisti e conclude che il trasferimento del diritto di proprietà sulle azioni in questione poteva avere luogo solo dopo l’adozione dei nuovi statuti della terza società.
10. In seguito alle querele penali depositate dalla società richiedente da terzi nel 2001 e nel 2002, dei perseguimenti penali furono impegnati contro il gerente della società G., essendo questi pendenti ad oggi.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
11. Le disposizioni legali pertinenti, in vigore all’epoca dei fatti, sono descritte nella sentenza SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03, § 22, 1 dicembre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
12. La società richiedente adduce che l’annullamento della sentenza definitiva del 10 ottobre 2002 con l’ammissione del ricorso per annullamento formato dal procuratore generale ha
portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Invoca gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
13. Il Governo solleva un’eccezione in quanto al difetto di requisito di “vittima” del primo richiedente. Considera che questo ultimo non ha provato di avere subito un danno diretto con l’annullamento del contratto di cessione di azioni concluse tra la società richiedente e la società G. e che, per di più, non è stato parte al procedimento interno.
14. Il richiedente contesta questa tesi. Stima che ha subito una perdita congiuntamente alla società nella sua qualità di azionista maggioritario.
15. La Corte rileva al primo colpo che solo la società richiedente è stata parte al procedimento controverso. Il richiedente pretende di essere vittima della decisione definitiva controversa che annulla il contratto di cessione di azioni, al motivo che con questa misura la società richiedente è incorsa in delle perdite di cui subisce direttamente gli effetti nella sua qualità di azionista. Ora, secondo la sua giurisprudenza (Agrotexim ed altri c. Grecia, 24 ottobre 1995, § 66, serie A no 330-a) stima giustificato togliere il “velo sociale” o di fare astrazione della personalità giuridica della società solo in circostanze eccezionali, in particolare quando viene stabilito chiaramente che questa si trova nell’impossibilità di investire tramite i suoi organi statutari gli organi della Convenzione. Ora, all’evidenza, tale non è il caso nello specifico, nella misura in cui la società richiedente ha potuto investire la Corte senza nessuna difficoltà.
16. La Corte osserva poi che il richiedente non ha supportato le sue affermazioni che riguardano la sua qualità di azionista maggioritario della società richiedente. Ad ogni modo, la detenzione di una parte anche sostanziale delle azioni non potrebbe bastare, in principio, per qualificare il richiedente come “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione (Agrotexim ed altri, precitata, § 63). Ancora occorre che abbia degli interessi personali nell’oggetto della richiesta, in particolare prevedendo un attentato ai suoi diritti in quanto azionista (Olczak c. Polonia,(dec.), no 30417/96, §§ 58-60, CEDH 2002-X (brani), e Pokis c. Lettonia, (dec.), no 528/02, CEDH 2006-XV). Si è obbligati tuttavia a constatare che tale non è il caso del richiedente che non intende invocare un altro danno se non quello subito dalla società di cui è azionista.
17. Pertanto, la Corte stima che il richiedente non può pretendere di essere la vittima di una violazione degli articoli invocati della Convenzione ed accoglie l’eccezione del Governo in quanto al difetto di requisito di vittima del primo richiedente. Di conseguenza, la Corte dichiara la richiesta, per quanto lo riguarda, incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e la respinge in applicazione dell’articolo 35 § 4.
18. La Corte constata che i motivi di appello formulati dalla società richiedente non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
19. Il Governo reitera i suoi argomenti invocati nelle cause simili concernenti i ricorsi per annullamento. In particolare, pure riconoscendo che il diritto ad un processo equo implica anche il rispetto del principio di sicurezza dei rapporti giuridici e che la Corte ha sanzionato già il riesame da parte della Corte suprema di giustizia di una sentenza definitiva in seguito ad un ricorso per annullamento, sottolinea che questa via di ricorso è stata annullata nel 2003 dal codice di procedura civile.
Per ciò che riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, il Governo considera che l’ingerenza nel diritto di proprietà della società richiedente era prevista dalla legge all’epoca dei fatti, inseguiva un scopo legittimo, ossia l’applicazione corretta della legge, ed era proporzionata allo scopo previsto, nella misura in cui è lecito alla società richiedente investire le giurisdizioni interne di un’azione che mira ad ottenere la restituzione del prezzo delle azioni in questione.
20. La società richiedente sostiene che accogliendo il ricorso per annullamento del procuratore generale, la Corte suprema di giustizia ha proceduto ad un nuovo esame della causa e ha recato offesa al suo diritto di proprietà sulle quote sociali detenute.
21. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del presente caso in cui ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, in ragione della rimessa in causa della soluzione data in modo definitivo ad una controversia e dell’attentato portato ai beni della società richiedente di cui beneficiava alla conclusione del procedimento, consecutivo ad un ricorso per annullamento (vedere, tra altre, Brumãrescu c. Romania [GC], no 28342/95, §§ 61, 77 e 80, CEDH 1999-VII; SC Maşinexportimport Industrial Group SA, precitata, §§ 32 e 46-47, e Piata Bazar Dorobanti SRL c. Romania, no 37513/03, §§ 23 e 33, 4 ottobre 2007).
22. Avendo esaminato la presente causa, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. In particolare, rileva che la Corte suprema di giustizia, investita dal procuratore generale, ha riesaminato la causa e che, con un’interpretazione differente dei documenti versati alla pratica, ha annullato la sentenza definitiva resa a favore della società richiedente.
23. Alla vista di ciò che precede e degli elementi della pratica, la Corte considera che l’annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della decisione definitiva del 10 ottobre 2002 ha infranto il principio della sicurezza dei rapporti giuridici, recando offesa al diritto della società richiedente ad un processo equo ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
24. Questi elementi bastano alla Corte per concludere alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
25. La società richiedente stima che l’annullamento della sentenza definitiva resa a suo favore e la mancanza di un ricorso effettivo contro la sentenza resa dalla Corte suprema di giustizia ha portato attentato ai suoi diritti protetti dall’articolo 13 della Convenzione, così formulato nella sua parte pertinente:
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
26. Tenuto conto dei suoi conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 21-24, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 30 marzo 2009).
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
27. Sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione, la società richiedente adduce che l’annullamento della sentenza definitiva in causa è stato reso possibile in ragione dell’influenza politica del gerente del società G., influenza di cui è testimone la lentezza dei perseguimenti penali a suo carico.
28. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantite dagli articoli della Convenzione. Ne segue che questa parte della richiesta
è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
29. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
Danno
30. La società richiedente richiede 408 010 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale di cui 83 460 EUR per i servizi fatturati alla terza società dalla società G. ma mai effettuati, 163 235 EUR che rappresentano il valore di un immobile appartenente alla terza società messo in vendita abusivamente dalla società G., così come 12 841 EUR, il valore delle azioni perse in seguito alla risoluzione del contratto di cessione delle azioni e 184 474 EUR rappresentanti i dividendi non versati durante il periodo 2003-2007. Fornisce un rapporto di perizia per supportare le sue pretese. In quanto al danno morale, chiede una somma di 589 000 EUR.
Per ciò che riguarda gli oneri e le spese impegnati, la società richiedente sollecita una somma di 3 000 EUR, rappresentanti la parcella di avvocato nel procedimento dinnanzi alla Corte. Fornisce a questo riguardo una ricevuta di pagamento di suddetta somma.
31. Il Governo contesta queste pretese, stimando che le somme chieste hanno un carattere speculativo e non hanno nessun legame di causalità con le violazioni invocate. Reitera che la sentenza resa dalla Corte suprema di giustizia ha avuto per scopo solo garantire l’applicazione corretta del diritto interno applicabile e che ad ogni modo, è lecito alla società richiedente investire le giurisdizioni interne di un’azione che mira ad ottenere la restituzione del prezzo pagato per le azioni in questione. Trattandosi del danno morale, il Governo stima che l’importo chiesto è eccessivo.
Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, il Governo non si oppone al fatto che una somma gli venga assegnata a titolo degli oneri e delle spese esposti, ma considera che l’importo chiesto è sproporzionato in rapporto con le somme assegnate a questo titolo dalla Corte in cause simili.
32. Nelle circostanze dello specifico, la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla tenendo anche conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto e le interessate (articolo 75 §§ 1 e 4 dell’ordinamento della Corte).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Accoglie l’eccezione del Governo in quanto al difetto di requisito di vittima del primo richiedente e dichiara la richiesta inammissibile per quanto lo riguarda;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, ed inammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 14 della Convenzione;
3. Stbilisce che c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente l’ammissibilità e la
fondatezza del motivo di appello derivato dall’articolo 13 della Convenzione;
5. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò:
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo e la società richiedente ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 dicembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE GĂRDEAN ET S.C. GROUP 95 SA c. ROUMANIE
(Requête no 25787/04)
ARRÊT
(fond)
STRASBOURG
1er décembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Gărdean et S.C. Group 95 SA c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 novembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 25787/04) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat, M. A. G., de même qu’une société par actions de droit roumain, S.C. Group 95 SA (« les requérants »), ont saisi la Cour le 1er avril 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, M. Horaţiu Răzvan Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 3 janvier 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le premier requérant est né en 1964 et réside à Snagov. Il est actionnaire de la société requérante, qui a son siège social à Petroşani.
5. Par un contrat de cession d’actions conclu le 25 août 1999 entre la société commerciale G. et la société requérante, cette dernière acquit 30% des parts sociales d’une société tierce I. (« la société tierce »), soit un nombre de 17 464 actions nominatives dont la valeur totale s’élevait à l’époque à 436 600 000 lei roumains. Sur le fondement des stipulations contractuelles, des nouveaux statuts de la société tierce furent adoptés le 2 juin 2000.
6. Le 21 février 2001, la société G. saisit les tribunaux d’une action contre la société requérante demandant la résolution du contrat de cession d’actions susmentionné, au motif que cette dernière n’avait pas respecté les conditions contractuelles convenues en intervenant indûment dans le fonctionnement de la société tierce.
7. Par un arrêt définitif du 10 octobre 2002, la cour d’appel de Piteşti rejeta l’action, au motif que le non-respect des conditions contractuelles ne présentait pas d’importance en l’espèce, dans la mesure où les nouveaux statuts de la société tierce avaient été adoptés ultérieurement au contrat, avec l’accord de la société G., et que le contrat susmentionné avait cessé de produire des effets juridiques après l’adoption desdits statuts.
8. Le 24 juillet 2003, le procureur général de la Roumanie forma un recours en annulation contre l’arrêt définitif, alléguant une mauvaise application des dispositions internes applicables par les juridictions internes.
9. Par un arrêt définitif du 23 octobre 2003, la Cour suprême de justice fit droit au recours et annula l’arrêt définitif en cause. Elle retint que le contrat de cession d’actions continuait à produire des effets conjointement avec les statuts adoptés et ordonna la résolution dudit contrat en raison du non-respect des conditions contractuelles convenues. La Cour cita à l’appui de son interprétation l’article 98 § 1 de la loi no 31/1990 des sociétés commerciales, selon lequel le droit de propriété sur les actions nominatives se transmet par l’inscription du nom du porteur dans le livre des actionnaires et conclut que le transfert du droit de propriété sur les actions en question
ne pouvait avoir lieu qu’après l’adoption des nouveaux statuts de la société tierce.
10. Suite à des plaintes pénales déposées par la société requérante et par des tiers en 2001 et 2002, des poursuites pénales furent engagées à l’encontre du gérant de la société G., celles-ci étant pendantes à ce jour.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
11. Les dispositions légales pertinentes, en vigueur à l’époque des faits, sont décrites dans l’arrêt SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Roumanie (no 22687/03, § 22, 1er décembre 2005).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 DE LA CONVENTION ET 1 DU PROTOCOLE NO 1 À LA CONVENTION
12. La société requérante allègue que l’annulation de l’arrêt définitif du 10 octobre 2002 par l’admission du recours en annulation formé par le procureur général a porté atteinte au principe de la sécurité des rapports juridiques et à son droit au respect de ses biens. Elle invoque les articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, ainsi libellés dans leurs parties pertinentes :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal indépendant et impartial (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
13. Le Gouvernement soulève une exception quant au défaut de qualité de « victime » du premier requérant. Il considère que ce dernier n’a pas prouvé avoir subi un préjudice direct par l’annulation du contrat de cession d’actions conclu entre la société requérante et la société G. et que, de surcroît, il n’a pas été partie à la procédure interne.
14. Le requérant conteste cette thèse. Il estime qu’il a subi une perte conjointement avec la société en sa qualité d’actionnaire majoritaire.
15. La Cour relève d’emblée que seule la société requérante a été partie à la procédure litigieuse. Le requérant prétend être victime de la décision définitive litigieuse annulant le contrat de cession d’actions, au motif que par cette mesure la société requérante a encouru des pertes dont il subit directement les effets en sa qualité d’actionnaire. Or, selon sa jurisprudence (Agrotexim et autres c. Grèce, 24 octobre 1995, § 66, série A no 330-A), elle n’estime justifié de lever le « voile social » ou de faire abstraction de la personnalité juridique de la société que dans des circonstances exceptionnelles, notamment lorsqu’il est clairement établi que celle-ci se trouve dans l’impossibilité de saisir par l’intermédiaire de ses organes statutaires les organes de la Convention. Or, à l’évidence, tel n’est pas le cas en l’espèce, dans la mesure où la société requérante a pu saisir la Cour sans aucune difficulté.
16. La Cour observe ensuite que le requérant n’a pas étayé ses affirmations concernant sa qualité d’actionnaire majoritaire de la société requérante. En tout état de cause, la détention d’une part même substantielle des actions ne saurait suffire, en principe, pour qualifier le requérant de « victime » au sens de l’article 34 de la Convention (Agrotexim et autres, précité, § 63). Encore faut-il qu’il ait des intérêts personnels dans l’objet de la requête, notamment visant une atteinte à ses droits en tant qu’actionnaire (Olczak c. Pologne (déc.), no 30417/96, §§ 58-60, CEDH 2002-X (extraits), et Pokis c. Lettonie (déc.), no 528/02, CEDH 2006-XV). Force est toutefois de constater que tel n’est pas le cas du requérant, qui n’entend pas invoquer un autre préjudice que celui subi par la société dont il est actionnaire.
17. Partant, la Cour estime que le requérant ne peut pas prétendre être la victime d’une violation des articles invoqués de la Convention et accueille l’exception du Gouvernement quant au défaut de qualité de victime du premier requérant. Par conséquent, la Cour déclare la requête, pour autant qu’elle le concerne, incompatible ratione personae avec les dispositions de la Convention au sens de l’article 35 § 3 et la rejette en application de l’article 35 § 4.
18. La Cour constate que les griefs formulés par la société requérante ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’ils ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
19. Le Gouvernement réitère ses arguments invoqués dans des affaires similaires concernant des recours en annulation. En particulier, tout en reconnaissant que le droit à un procès équitable implique également le respect du principe de la sécurité des rapports juridiques et que la Cour a déjà sanctionné le réexamen par la Cour suprême de justice d’un arrêt définitif à la suite d’un recours en annulation, il souligne que cette voie de recours a été supprimée en 2003 du code de procédure civile.
En ce qui concerne le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1, le Gouvernement considère que l’ingérence dans le droit de propriété de la société requérante était prévue par la loi à l’époque des faits, poursuivait un but légitime, à savoir l’application correcte de la loi, et était proportionnée au but visé, dans la mesure où il est loisible à la société requérante de saisir les juridictions internes d’une action visant à obtenir la restitution du prix des actions en question.
20. La société requérante soutient qu’en accueillant le recours en annulation du procureur général, la Cour suprême de justice a procédé à un nouvel examen de l’affaire et a porté atteinte à son droit de propriété sur les parts sociales détenues.
21. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle de la présente espèce, dans lesquelles elle a conclu à la violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, en raison de la remise en cause de la solution donnée de manière définitive à un litige et de l’atteinte portée aux biens de la société requérante dont elle bénéficiait à l’issue de la procédure, consécutives à un recours en annulation (voir, entre autres, Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, §§ 61, 77 et 80, CEDH 1999-VII ; SC Maşinexportimport Industrial Group SA, précité, §§ 32 et 46-47, et Piata Bazar Dorobanti SRL c. Roumanie, no 37513/03, §§ 23 et 33, 4 octobre 2007).
22. Ayant examiné la présente affaire, la Cour considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. En particulier, elle relève que la Cour suprême de justice, saisie par le procureur général, a réexaminé l’affaire et que, par une interprétation différente des pièces versées au dossier, elle a annulé l’arrêt définitif rendu en faveur de la société requérante.
23. Au vu de ce qui précède et des éléments du dossier, la Cour considère que l’annulation par la Cour suprême de justice de la décision définitive du 10 octobre 2002 a enfreint le principe de la sécurité des rapports juridiques, portant atteinte au droit de la société requérante à un procès équitable et à son droit au respect de ses biens.
24. Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure à la violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
25. La société requérante estime que l’annulation de l’arrêt définitif rendu en sa faveur et l’absence d’un recours effectif contre l’arrêt rendu par la Cour suprême de justice ont porté atteinte à ses droits protégés par l’article 13 de la Convention, ainsi libellé dans sa partie pertinente :
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
26. Compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 21-24
ci-dessus, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé de ce grief (voir, mutatis mutandis et entre autres,
Laino c. Italie [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, et Denes et autres c. Roumanie, no 25862/03, § 59, 30 mars 2009).
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
27. Sous l’angle de l’article 14 de la Convention, la société requérante allègue que l’annulation de l’arrêt définitif en cause a été rendue possible en raison de l’influence politique du gérant de la société G., influence dont témoigne la lenteur des poursuites pénales à son encontre.
28. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par les articles de la Convention. Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de
l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
29. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
Dommage
30. La société requérante réclame 408 010 euros (EUR) au titre du préjudice matériel, dont 83 460 EUR pour des services facturés à la société tierce par la société G. mais jamais effectués, 163 235 EUR représentant la valeur d’un immeuble appartenant à la société tierce mis en vente abusivement par la société G., ainsi que 12 841 EUR, la valeur des actions perdues suite à la résolution du contrat de cession d’actions et 184 474 EUR représentant les dividendes non versés pendant la période 2003 – 2007. Elle fournit un rapport d’expertise pour étayer ses prétentions. Quant au préjudice moral, elle demande une somme de 589 000 EUR.
Pour ce qui est des frais et dépens engagés, la société requérante sollicite une somme de 3 000 EUR, représentant des honoraires d’avocat dans la procédure devant la Cour. Elle fournit à cet égard une quittance de paiement de ladite somme.
31. Le Gouvernement conteste ces prétentions, estimant que les sommes demandées ont un caractère spéculatif et n’ont aucun lien de causalité avec les violations invoquées. Il réitère que l’arrêt rendu par la Cour suprême de justice n’a eu pour but que d’assurer l’application correcte du droit interne applicable et qu’en tout état de cause, il est loisible à la société requérante de saisir les juridictions internes d’une action visant à obtenir la restitution du prix payé pour les actions en question. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement estime que le montant demandé est excessif.
Pour ce qui est des frais et dépens, Gouvernement ne s’oppose pas à ce qu’une somme lui soit allouée au titre des frais et dépens exposés, mais considère que le montant demandé est disproportionné en rapport avec les sommes allouées à ce titre par la Cour dans des affaires similaires.
32. Dans les circonstances de l’espèce, la Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état, de sorte qu’il convient de la réserver en tenant également compte de l’éventualité d’un accord entre l’Etat défendeur et l’intéressée (article 75 §§ 1 et 4 du règlement de la Cour).
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Accueille l’exception du Gouvernement quant au défaut de qualité de victime du premier requérant et déclare la requête irrecevable pour autant qu’elle le concerne ;
2. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, et irrecevable quant au grief tiré de l’article 14 de la Convention ;
3. Dit qu’il y a eu violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner séparément la recevabilité et le bien-fondé du grief tiré de l’article 13 de la Convention ;
5. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ; en conséquence :
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et la société requérante à lui adresser par écrit, dans le délai de trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 1er décembre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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