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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE G.C. c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 73869/10/2014
Stato: Italia
Data: 2014-04-22 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento degradante Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale,)
Non -violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento degradante Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale)

SECONDA SEZIONE

CAUSA G.C. c. ITALIA

( Richiesta no 73869/10)

SENTENZA

STRASBURGO

22 aprile 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa G.C. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Nebojša Vuinić,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano, giudici,
e da Abele Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 aprile 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 73869/10) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G.C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 30 novembre 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Monaco. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce che le sue condizioni di detenzione così come le cure di cui ha beneficiato in prigione e che stima essere stato inadeguato hanno ignorato l’articolo 3 della Convenzione.
4. Il 6 maggio 2013, la richiesta è stata comunicata al Governo. In virtù dell’articolo 47 § 4 dell’ordinamento della Corte, è stato deciso anche di accordare di ufficio l’anonimato al richiedente.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1972 e ha detenuto al penitenziario di Bellizzi Irpino (Avellino) attualmente.
A. Le condizioni di detenzione del richiedente ed il suo stato di salute
6. Il richiedente fu arrestato il 3 febbraio 2009. Fu di prima detenuto al penitenziario Poggioreale di Napoli, il 28 marzo 2009, beneficiò poi, di una detenzione a domicilio. Dal 8 ottobre 2009, è detenuto alla prigione di Bellizzi Irpino, dove è supposto scontare una pena di dieci anni di detenzione. La data della sua liberazione è fissata al 25 febbraio 2018.
7. Prima, nel 2007, mentre era detenuto alla prigione di Larino, il richiedente era stato operato per le emorroidi. Da questa operazione, soffre di un rilassamento dello sfintere anale e di problemi di incontinenza. Fin dal suo arrivo al penitenziario di Bellizzi Irpino, il richiedente informò il personale carcerario della sua patologia, questo che, secondo lui, avrebbe dovuto condurre al suo collocamento in un’unità individuale attrezzata di sanitari ed alla possibilità di lavarsi quotidianamente. Afferma essere stato però posto in un’unità che dispone di un solo luogo di spigliatezza con sei altri detenuti, ed egli indica che ogni detenuto beneficiava di un spazio personale di circa 2,5 metri quadrati (m²).
8. Il Governo contesta la versione del richiedente; afferma che l’interessato era stato citato all’unità numero 10 situato al secondo piano della prigione e divisa con quattro altri detenuti, che questa unità misurava 24 m² e che un bagno interno di 4,83 m² si trovava.
9. All’epoca della sua entrata al penitenziario di Bellizzi Irpino, il richiedente fu considerato come essendo in buona salute col medico della prigione. Dopo altri esami condotti tra il 21 ed i 25 ottobre 2009, il suo stato di salute fu stimato soddisfacente, condizioni generali discreto. Il 30 ottobre 2009, fu deciso che il richiedente doveva essere sottomesso ai test medici, in particolare ad un esame delle feci ed ad un manométrie dello sfintere anale. Questi test furono effettuati il 10 febbraio 2010 all’ospedale pubblico di Avellino; secondo il Governo, indicavano che lo stato di salute del richiedente aveva migliorato.
10. Il 5 novembre 2009, il richiedente fu trasferito “per le ragioni mediche” in un’unità a dividere con un altro detenuto e fu attrezzato di un studio di bagno. Secondo il richiedente, questa unità non disponeva né di doccia né di bidè; secondo il Governo, misurava 10 m² e disponeva di un bagno interno di 4,77 m².
11. L’interessato fu sottoposto ad altre visite mediche il 11 e 18 novembre 2009.
12. Il richiedente indica che ha dovuto di facto annunciare i suoi problemi di incontinenza ai suoi compagni di detenzione. Aggiunge che questi problemi l’avevano messo in una tale difficoltà all’epoca di un incidente sopraggiunto durante un corso scolastico che aveva tentato di suicidarsi il 20 novembre 2009. Il Governo indica che a questa occasione il personale della prigione era intervenuto in tempo utile e che il richiedente non aveva avuto nessuna conseguenza fisica; l’interessato non contesta questo punto.
13. In seguito a questo tentativo di suicidio, il richiedente fu visitato da un psichiatra, messi per “ragioni di salute” in isolamento, reparto separati, e collocato sotto alta sorveglianza, ivi compreso sotto quella di un psichiatra. Fu denudato e collocato in un’unità che misura 10 m² che constano di un bagno e non comprendendo nessuno elemento di mobilio eccetto un letto, e questo fino al 27 novembre 2009. Secondo il Governo, l’interessato poteva disporre di biancheria e di vestiti.
14. Dopo una visita psichiatrica, il richiedente fu tenuto sotto sorveglianza ed autorizzato, durante un mese, a fare una doccia con giorno, al posto di due con settimana. Fu posto in un’unità individuale attrezzata di un bagno con l’acqua decorri fredda. Secondo il richiedente, questa unità misurava due metri su tre metri, e la luce naturale e l’aria penetravano non ci che con una finestra minuscola protetta da una griglia spessa e dando sulla corte di passeggiata. Il richiedente indica anche che la corte era lei anche di dimensioni ridotte, coperta con una griglia metallica spessa di un centimetro, e che era dotata di servizi alla turca maleodorante e senza acqua decorri. Aggiunge che in inverno l’arrostisco si annuvolava di ghiaccioli che cadevano sui passeggiatori coi grani di ruggine e che le docce non funzionavano bene e si riempivano di acqua.
15. Il Governo contesta le affermazioni del richiedente in quanto alle dimensioni dell’unità in questione e garantisca che questa misurava 10 m² e constava di un bagno interno.
16. Il richiedente sostiene che, trovandosi in un settore di isolamento da dove non poteva uscire, secondo lui che per le visite, non ha potuto partecipare alle attività sociali o di trattamento penitenziario né ha potuto seguire dei corsi. Il Governo contesta questa affermazione ed indica che il collocamento in isolamento del richiedente durante il periodo che va dal 27 novembre 2009 al 1 luglio 2010 si spiegava con la preoccupazione di evitargli la difficoltà che aveva provato nell’unità comune. Durante il periodo in questione, l’interessato sarebbe stato assistito costantemente e controllato col personale della prigione e coi medici.
17. Il richiedente indica essere rimasto nel settore di isolamento fino al 3 luglio 2010, fino al 1 luglio 2010 secondo il Governo. Afferma non avere beneficiato di nessuna altra terapia che l’amministrazione di calmanti. Aggiunge avere chiesto a più riprese, in vano secondo lui, ad incontrare il direttore del penitenziario o il magistrato di applicazione delle pene o ad essere trasferito in un altro penitenziario. Dichiara avere chiesto anche ad essere sottomessi agli esami medici, colonscopia ed esame delle feci che non sono state realizzate che il 10 febbraio 2010, paragrafo 9 sopra, in ragione, ai suoi argomenti, di problemi di organizzazione.
Il richiedente fu autorizzato di nuovo a fare una doccia con giorno durante un mese.
18. Nessuna unità individuale che non è disponibile nel settore ordinario della prigione, il richiedente fu trasferito all’infermeria inizio luglio 2010. Il Governo afferma che questo trasferimento si è operato il 2 luglio 2010 e che l’interessato aveva acconsentito. Il richiedente sostiene che questo trasferimento è stato effettuato il 3 luglio 2010 che nessuna terapia gli è stata amministrata, e che la sola ragione del suo trasferimento era la presenza di un studio di bagno con l’acqua decorri calda. Aggiunge che questo collocamento l’impediva di partecipare alle attività sociali o di trattamento penitenziario e di seguire dei corsi.
19. Trattandosi delle sue condizioni di detenzione all’infermeria, il richiedente indica che poteva passeggiare nella corte durante venti minuti la mattina e venti minuti il pomeriggio, e che l’accesso all’aria ed alla luce naturale era limitato. Il Governo contesta queste affermazioni e sostiene che durante il suo collocamento all’infermeria il richiedente aveva la libertà di aderire alla corte di passeggiata per una durata di due ore con giorno.
20. L’amministrazione del penitenziario che non fornisce di strati, il richiedente era obbligato ad acquistare ne all’esterno per i suoi problemi di incontinenza. Un esame gastroenterologico previsto il 2 febbraio 2010 fu effettuato inizialmente solamente il 3 luglio 2010.
21. Risulta di una nota del penitenziario del 10 luglio 2013 che fin dall’arrivo del richiedente l’amministrazione aveva chiesto all’ospedale di fornirgli degli strati, che nella mancanza di una dichiarazione di invalidità queste protezioni non potevano essere fornite gratuitamente, che l’interessato non aveva chiesto ad essere dichiarato invalido, e che, i volontari dell’associazione Caritas, il curato ed i medici della prigione avevano dato comunque, a più riprese degli strati al richiedente.
22. Il Governo indica che, all’epoca della sua detenzione all’infermeria, il richiedente è stato portato ad occupare alternativamente due unità: l’unità individuale numero 6 (misurando 10 m² con un bagno interno di 4,74 m²) del 2 luglio 2010 al 14 febbraio 2012 e del 17 maggio 2012 al 17 gennaio 2014 (data delle ultime informazione fornite), così come l’unità numero 3 (misurando 16 m² con un bagno interno di 7,41 m²), diviso con un altro detenuto occasionalmente, dal 16 aprile al 17 maggio 2012. Dal 14 febbraio al 16 aprile 2012, si trovava alla prigione di Spoleto, paragrafo 25 sopra. Le informazione fornite sopra dal Governo in quanto alle dimensioni delle unità (vedere anche i paragrafi 8) 10 e 15, si basano su dei documenti che provengono dall’amministrazione carceraria tra cui figurano delle planimetrie .
23. Il Governo afferma che il collocamento all’infermeria ha permesso una sorveglianza più regolare dei bisogni del richiedente.
Il 13 novembre 2010, fu certificato che lo stato di salute di questo ultimo era “buono”; fu considerato poi come “decente” alla conclusione di controlli medici realizzati in prigione il 26 settembre, 7 ottobre, 15 e 28 novembre 2011. Nel frattempo, il medico della prigione aveva qualificato di “minore” i problemi di incontinenza dell’interessato il 21 marzo 2011, e degli esami (colonscopia ) effettuati all’infuori della prigione il 20 maggio 2011 avevano mostrato che il suo problema di ipotonia dello sfintere anale era “leggero.” Dal 23 agosto al 13 novembre 2012, il richiedente seguì, due volte con settimana, un trattamento di rieducazione (“biofeedback”) all’ospedale pubblico di Avellino che era stato ordinato dal medico della prigione il 5 aprile 2011 e con un medico dell’ospedale pubblico il 20 maggio 2011. Secondo il Governo, questo trattamento ha dato di molto buoni risultati. In una lettera manoscritto del 31 maggio 2013, il richiedente si dichiarò “guarito” grazie al trattamento medico che gli era stato amministrato e chiese ad essere ammesso al lavoro in prigione.
24. Il Governo indica che la capacità regolamentare del penitenziario di Bellizzi Irpino è di 306 posti e che la capacità massimale di questa determinazione è di 549 posti. Aggiunge che il numero di persone detenute era di 495 al 11 agosto 2010 e di 667 al 9 luglio 2013. Precisa che i detenuti sono ammessi alla passeggiata all’esterno di 9 ore a 11 ore e di 15 ore alle 16, 17 ore in estate, che hanno la possibilità di andare alla sala comune per le attività di socializzazione, che si trovano normalmente all’infuori delle loro unità quando lavorano o partecipano alle attività educative, e che il richiedente è stato ammesso a queste ultime.
25. Il Governo indica anche che il 14 febbraio al 16 aprile 2012 il richiedente è stato trasferito alla prigione di Spoleto, e che è stato posto di prima in un’unità di 20 m² attrezzati di un bagno interno e divisa con due o tre altri detenuti, poi, dopo un secondo tentativo di suicidio, paragrafo 26 sopra, in un’unità individuale che misura 30 m².
26. L’interessato replica che il penitenziario di Spoleto non è attrezzato di un centro clinico. Adduce essere stato posto in un’unità dotata di un solo studio di bagno ed avere diviso questa unità con cinque altri detenuti fumatori.
Il 17 marzo 2012, il richiedente tentò di nuovo di suicidarsi. Fu trasferito poi in un’unità individuale. Nell’aprile 2012, iniziò un ciclo di sedute di cinesiterapia, ma il 16 aprile 2012 tornò al penitenziario di Bellizzi Irpino.
Il richiedente afferma inoltre che si era lasciato cadere di un muro il 19 maggio 2012 e che era stato ricoverato allora durante cinque giorni in un stato comatoso.
27. Secondo le informazione fornite dal Governo il 17 gennaio 2014, a questa ultima dato, il richiedente era posto ancora, col suo consenso, all’infermeria del penitenziario di Bellizzi Irpino dove, secondo il Governo, poteva essere assistito meglio e controllato ed aveva la possibilità quotidiana di fare una doccia con l’acqua calda. Peraltro, il richiedente frequenta la scuola della prigione, dove ha cominciato a studiare nel novembre 2009, e segue un corso di inserzione professionale.
B. I ricorsi tentati dal richiedente
28. Ad una data non precisata, il richiedente chiese a beneficiare della detenzione a domicilio.
29. Con un’ordinanza del 7 ottobre 2011, il magistrato di applicazione delle pene di Avellino respinse questa domanda. Osservò che risultava di un rapporto medico del 26 settembre 2011 che il richiedente soffriva di una vecchia tossicodipendenza, di un stato ansioso, di hyperchromie della ghianda e di incontinenza, che aveva subito degli interventi chirurgici per un’ernia e per le emorroidi, e che il suo stato di salute prova generale era soddisfacente, discreta, e non era quindi incompatibile con la detenzione.
30. Il richiedente chiese anche la sospensione dell’esecuzione della sua pena per motivi di salute.
31. Con un’ordinanza del 20 dicembre 2011 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 4 gennaio 2012, il tribunale di applicazione delle pene di Napoli respinse questa domanda. Notò che la sospensione dell’esecuzione della pena poteva essere ordinata solamente in presenza di condizioni di salute di una gravità tale a fare temere un pericolo per la vita o a rendere la detenzione disumana o ancora in presenza di condizioni di salute che esige delle terapie che non possono essere amministrate in ambiente carcerario. Ora, sulla base di un rapporto medico datato del 28 novembre 2011 ed in sostanza simile a quello del 26 settembre 2011, il tribunale considerò che tale non era il caso del richiedente che questo ultimo era stato sottoposto agli esami gastoenterologici e che un ciclo di rieducazione (“biofeedback rettale”) era stato sollecitato.
32. Peraltro, il richiedente indica avere messo in casa le autorità di amministrare egli un trattamento medico appropriato alla sua patologia, in vano secondo lui. Indica anche avere chiesto essi, sempre in vano secondo lui, di pronunciarsi sulle sue condizioni di detenzione, che stima disumana e degradanti.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
33. Il richiedente si lamenta delle sue condizioni di detenzione e denuncia anche la no-amministrazione di cure adattate al suo stato di salute.
Invoca l’articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
34. Il Governo contesta questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. L’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni
35. Nelle sue osservazioni complementari e sulla soddisfazione equa del 17 gennaio 2014, il Governo solleva per la prima volta un’eccezione di no-esaurimento delle vie di ricorso interni. Sostiene che, al momento dell’introduzione della richiesta, il richiedente non aveva ottenuto ancora una decisione in quanto alla compatibilità delle sue condizioni di detenzione col suo stato di salute, e che, di più, non si è ricorso in cassazione contro l’ordinanza del tribunale di applicazione delle pene di Napoli del 20 dicembre 2011, paragrafo 31 sopra.
36. La Corte ricorda che, ai termini dell’articolo 55 del suo ordinamento, se la Parte contraente convenuta intende sollevare un’eccezione di inammissibilità, deve farlo, per quanto la natura dell’eccezione e le circostanze lo permettono, nelle osservazioni scritte od orali sull’ammissibilità della richiesta presentata da lei (N.C). c. Italia [GC], no 24952/94, § 44, CEDH 2002 X. Osserva che, nello specifico, il Governo non ha eccepito della no-esaurimento delle vie di ricorso interni nelle sue osservazioni del 2 ottobre 2013 sull’ammissibilità e sul fondo della causa, e che si è limitato a sollevare questa questione in modo esplicita nelle sue osservazioni complementari e sulla soddisfazione equa. Constata che il Governo non ha prodotto nessuna giustificazione e non rileva nessuna circostanza eccezionale di natura tale da esonerarlo del suo obbligo di sollevare la sua eccezione di inammissibilità in tempo utile.
37. Segue che il Governo è precluso ad eccepire della no-esaurimento delle vie di ricorso interni.
2. Altri motivi di inammissibilità
38. Constatando che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità, la Corte la dichiara ammissibile.
B. Sul fondo
1. Le cure somministrate al richiedente
a) Argomenti delle parti
i. Il richiedente
39. Il richiedente considera che non ha beneficiato di cure adattate al suo stato di salute. Sostiene che l’amministrazione penitenziaria non gli forniva gli strati necessari ai suoi problemi di incontinenza. Indica avere informato il personale carcerario della sua patologia fin dal suo arrivo alla prigione di Bellizzi Irpino, questo che-ai suoi argomenti-sarebbe dovuto arrivare al suo collocamento in un’unità individuale attrezzata di sanitari ed alla possibilità di lavarsi quotidianamente. Precisa che tale non è stato il caso: secondo lui, si è ritrovato collocato dal 9 ottobre al 5 novembre 2009 in un’unità collettiva che dispone di un solo luogo di spigliatezza con sei altri detenuti, e non quattro compagni di detenzione, siccome lo sostiene il Governo, ed egli ha diviso poi con un compagno di detenzione un’altra unità attrezzata di un solo studio di bagno ma non disponendo di doccia, di bidè e di acqua calda.
40. Il richiedente ricorda che è stato costretto di informare i suoi compagni di detenzione dei suoi problemi di incontinenza e che, in ragione di questi problemi, era stato umiliato ad un punto come aveva tentato di suicidarsi il 20 novembre 2009. Indica essere passato poi sette giorni in isolamento in un’unità detta “liscio”, liscia, non comprendendo nessuno elemento di mobilio eccetto un materasso e di una coperta, ed avere ricevuto unicamente la visita di un psichiatra il giorno del suo tentativo di suicidio. Aggiunge che la visita contemplata per l’indomani era stata rinviata al 27 novembre 2009 e che a questa data il psichiatra aveva consigliato il suo trasferimento nel settore comune della prigione. Indica che il Comitato per la Prevenzione della Tortura, il “CPT”), nel suo rapporto conseguente alla sua visita in Italia del 14 al 18 giugno 2010 (paragrafo 27), aveva raccomandato di non porre i detenuti nelle unità dette “lisce” dopo un tentativo di suicidio al motivo che uguale misura poteva essere percepita come una punizione.
41. Il richiedente indica anche che dicembre 2009 al febbraio 2010 non ha potuto fare una doccia che due volte con settimana. Aggiunge che il CPT, nel suo rapporto suddetto (paragrafo 23), aveva sconsigliato peraltro l’isolamento dei detenuti alle tendenze suicida. Dichiara anche che, durante il suo isolamento, non è stato sottomesso a nessuna altra terapia che l’amministrazione di calmanti e che, a causa di problemi di organizzazione, la colonscopia è stato effettuata solo il 10 febbraio 2010.
42. Il richiedente indica di più di quanto sia stato trasferito all’infermeria della prigione il 3 luglio 2010, e che è ancora attualmente detenuto. Sostiene che è stato non ci sottomesso a nessuna terapia, che la sola ragione di questo trasferimento era la presenza di un studio di bagno con l’acqua decorri calda, e che aveva accettato così questo trasferimento per beneficiare di condizioni di detenzione più rispettosa-secondo lui-della sua dignità umana. Ora, secondo il richiedente, il CPT aveva raccomandato che le ammissioni all’infermeria siano autorizzate solamente per le ragioni di ordine medico, paragrafo 109 del rapporto relativo alla visita del CPT effettuato in Italia dal 13 al 25 febbraio 2000.
43. Il richiedente sostiene anche che le visite mediche effettuate nel 2010 ed il 20 maggio 2011 avevano sbucato sulla raccomandazione di sottoporrlo ad un ciclo di “biofeedback rettale”, e che questo ciclo non è stato condotto però che il 23 agosto al 13 novembre 2012, e dunque, ai suoi occhi, in modo tardiva. Su questo ultimo spunta, stima che non si saprebbe considerare come normale un termine di due anni e dieci mesi. Aggiunge che il ciclo in questione aveva avuto dei risultati “molto positivi”, che il medico dell’ospedale pubblico aveva raccomandato di rivalutare entro tre mesi la necessità di un secondo ciclo, ma che questo non era stato realizzato ancora.
44. Il richiedente si lamenta anche, nelle condizioni descritte sopra al paragrafo 26, del suo trasferimento alla prigione di Spoleto, durante una durata di circa due mesi, del 14 febbraio al 16 aprile 2012, suddetta prigione che non è secondo lui attrezzata di un centro clinico. Indica che, il 17 marzo 2012, è stato posto in un’unità con un altro detenuto in seguito alla sua notizia allettante di suicidio. Indica anche che, mentre aveva cominciato un ciclo di sedute di cinesiterapia, era stato trasferito di nuovo, senza nessuno motivo valido secondo lui, al penitenziario di Bellizzi Irpino, dove niente sarebbe stato fatto per trattare il suo problema da salute.
ii. Il Governo
45. Il Governo considera che le cure adeguate sono state amministrate al richiedente. Espone che, fin dal suo arrivo alla prigione di Bellizzi Irpino, questo ultimo è stato sottoposto all’interno agli esami medici ed all’esterno della prigione coi tempi di attesa ragionevole e comparabile a quegli applicati col servizio di salute nazionale. In particolare, indica che il ciclo di rieducazione pelvi-périnéale (“biofeedback”), ordinato col medico dell’ospedale pubblico il 20 maggio 2011, paragrafo 23 sopra, è stato condotto dal 23 agosto al 13 novembre 2012. Stima che questo termine non saprebbe passare per eccessivo, dato che la malattia del richiedente non l’avrebbe esposto ad un rischio di morte e che, allo visto della sua durata, il trattamento avrebbe necessitato una certa organizzazione logistica in ciò che riguarda i trasferimenti del detenuto per esempio. Il Governo sostiene che, comunque, l’amministrazione della prigione ha agito con lo zelo richiesto contattando l’ospedale il più presto possibile e che ogni ritardo ulteriore è imputabile al servizio di salute nazionale che sarebbe competente in materia di cure ai detenuti da giugno 2008. Peraltro, il Governo stima che il trattamento in questione ha dato dei risultati soddisfacenti, ed egli nota che l’interessato sé l’ha riconosciuto per iscritto. Indica che questo ha beneficiato inoltre di controlli medici quasi settimanali, che è stato oggetto di una sorveglianza efficace in quanto all’evoluzione del suo stato di salute e che in particolare ha partecipato alle sedute di rieducazione settimanale durante l’anno 2013.
46. Il Governo indica anche che il richiedente non ha potuto ottenere gratuitamente degli strati da parte del servizio sanitario nazionale per i suoi problemi di incontinenza perché non avrebbe chiesto ad essere dichiarato invalido e che, ad ogni modo, queste protezioni gli sono state date coi volontarii, paragrafo 21 sopra.
47. Peraltro, il Governo considera che lo stato di salute dell’interessato non era incompatibile con la detenzione, siccome l’hanno affermato secondo lui le giurisdizioni nazionali sulla base di perizie mediche che menzionano una mancanza di pericolo per la vita del richiedente ed il carattere non preoccupante della sua situazione.
48. Del parere del Governo, lo stress che il richiedente ha potuto provare era legato al carattere collettivo della vita in prigione e la difficoltà di cui ha potuto soffrire a causa di episodi di incontinenza sopraggiunta era in pubblico una conseguenza inevitabile della sua privazione di libertà. Ad ogni modo, agli occhi del Governo, questo stress e questa difficoltà non hanno raggiunto la soglia minima di gravità per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione.
49. Di più, per il Governo, la risposta dell’amministrazione carceraria nei confronti i tentativi di suicidio del richiedente è stata adeguata. A questo riguardo, il Governo sostiene che all’epoca della sua entrata in prigione, il 8 ottobre 2009, il richiedente ha beneficiato di un controllo medico generale e poi, il 20 novembre 2009, di una visita psichiatrica. Indica che i collocamento alternativi che non saprebbero secondo analizzarsi egli in una “punizione”, sono stati trovati unicamente per trattare la patologia dall’interessato. Parimenti, il Governo aggiunge che, allo visto della specificità dei problemi di questo ultimo, la sua partecipazione alle attività collettive era sconsigliata. Precisa a questo riguardo che l’incidente di incontinenza avendo sbucato sul primo tentativo di suicidio si era prodursi all’epoca di un corso scolastico e che, peraltro, grazie all’intervento del personale competente, nessuna di postumi fisici non avevano provocato dei tentativi di suicidio.
50. Il Governo considera anche che la richiesta dovrebbe essere cancellata del ruolo in applicazione dell’articolo 37 § 1 b, della Convenzione, la controversia essendo stata decisa secondo lui. Sostiene a questo titolo che il richiedente è stato posto alla sua domanda nelle unità individuali in ragione dei suoi problemi di salute e che questi ultimi sono stati trattati da. Aggiunge di è sottoposto più dell’interessato ad un seguito regolare che cade sul suo programma di rieducazione per evitare ogni eventuale deterioramento della sua salute.
b, Valutazione della Corte
i. Principi generali
51. Conformemente alla giurisprudenza consolidata della Corte, per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione, un cattivo trattamento deve raggiungere un minimo di gravità. La valutazione di questo minimo è relativa; dipende dall’insieme dei dati della causa, in particolare della durata del trattamento e dei suoi effetti fisici o mentali così come, talvolta, del sesso, dell’età e dello stato di salute della vittima (vedere, entra altri, Price c. Regno Unito, no 33394/96, § 24, CEDH 2001 VII, Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 37, CEDH 2002 IX, e Gennadi Naoumenko c. Ucraina, no 42023/98, § 108, 10 febbraio 2004. Le affermazioni dei cattivi trattamenti devono essere supportate dagli elementi di prova adeguati (vedere, mutatis mutandis, Klaas c. Germania, 22 settembre 1993, § 30, serie Ha no 269. Per la valutazione di questi elementi, la Corte aderisce al principio della prova “al di là di ogni dubbio ragionevole”, ma aggiungi che una tale prova può risultare da un fascio di indizi, o di presunzioni non confutate, sufficientemente gravi, precisi e concordanti, Irlanda c. Regno Unito, 18 gennaio 1978, § 161 in fini, serie Ha no 25, e Labita c. Italia [GC], no 26772/95, § 121, CEDH 2000 IV.
52. Affinché una pena ed il trattamento di cui si accompagna possano essere qualificati d ‘ “disumani” o di “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione devono andare in ogni caso al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pena legittima, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, 11 luglio 2006.
53. Trattandosi in particolare delle persone private di libertà, l’articolo 3 della Convenzione impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kuda łc. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000 XI, e Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006. Così, la mancanza di cure mediche adeguate, e, più generalmente, la detenzione di una persona malata nelle condizioni inadeguate, può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione (vedere, per esempio, İlhan c. Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000 VII, e Gennadi Naoumenko, precitato, § 112. Oltre la salute del prigioniero, è il suo benessere che deve essere garantito di un modo adeguato (Mouisel, precitato, § 40.
54. Le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della sua salute, avuta riguardo alle contigenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Se il non si può dedurre un obbligo generale di rimettere in libertà o di trasferire in un ospedale civile un detenuto, anche se questo ultimo soffre di una malattia particolarmente difficile a curare (Mouisel, precitato, § 40, e Tellissi c. Italia, déc.), no 15434/11, § 27, 5 marzo 2013, l’articolo 3 della Convenzione impone in ogni caso allo stato di proteggere l’integrità fisica delle persone private di libertà. La Corte saprebbe escludere solamente, nelle condizioni particolarmente gravi, si possa trovarsi in presenza di situazioni dove una buona amministrazione della giustizia penale esige che le misure di natura umanitaria siano prese per ornare, Matencio c. Francia, no 58749/00, § 76, 15 gennaio 2004, e Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004.
55. Facendo applicazione dei principi suddetti, la Corte ha concluso già che il mantenimento in detenzione per un periodo prolungato di una persona di un’età avanzata, e per di più malata, può entrare nel campo di protezione dell’articolo 3 della Convenzione, Papon c. Francia (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001 VI, Sawoniuk c. Regno Unito, déc.), no 63716/00, CEDH 2001 VI, e Priebke c. Italia, déc.), no 48799/99, 5 aprile 2001. Di più, ha giudicato che il mantenimento in detenzione di una persona tetraplegica nelle condizioni inadatte al suo stato di salute era costitutivo di un trattamento degradante (Price, precitato, § 30. Ha considerato anche che certi trattamenti possono infrangere l’articolo 3 della Convenzione in ragione del loro infliction ad una persona che soffre di agitazioni mentali, Keenan c. Regno Unito, no 27229/95, §§ 111-115, CEDH 2001 III. Ciò che è, la Corte deve tenere conto, in particolare, di tre elementi per esaminare la compatibilità del mantenimento in detenzione di un richiedente con un stato di salute preoccupando, a sapere la condizione del detenuto, la qualità delle cure dispensate e l’opportunità di mantenere la detenzione allo visto dello stato di salute del richiedente, Farbtuhs c. Lettonia, no 4672/02, § 53, 2 dicembre 2004, e Sakkopoulos, precitato, § 39.
ii. Applicazione di questi principi al presente genere
56. La Corte rileva innanzitutto che dinnanzi a lei il richiedente non ha sostenuto che il suo stato di salute era incompatibile col suo mantenimento in detenzione. La sola questione posta nello specifico è quella di sapere se le cure amministrate in prigione sono state adeguate, tenuto conto dell’esigenza di proteggere l’integrità fisica dell’interessato (Tellissi, decisione precitata, § 29.
57. A questo riguardo, la Corte nota che il richiedente afferma avere informato l’amministrazione del penitenziario della sua patologia (rilassamento dello sfintere anale e problemi di incontinenza) fin dal suo arrivo alla prigione di Bellizzi Irpino, il 8 ottobre 2009, paragrafo 7 sopra. Comunque sia, stima che la gravità della situazione sarebbe dovuta essere al più tardi chiara per le autorità a partire dal 20 novembre 2009, data del primo tentativo di suicidio del richiedente, paragrafo 12 sopra. Agli occhi della Corte, questo gesto che era legato direttamente ad un episodio di incontinenza sopraggiunta all’epoca di un corso scolastico, poteva mostrare solamente lo smarrimento, l’angoscia e l’umiliazione che il richiedente provava in pubblico a causa della sua patologia e delle sue manifestazioni.
58. In dispetto di ciò, la Corte constata che la colonscopia anale e l’esame delle feci che avrebbero permesso di provare le condizioni di salute del richiedente e che erano stati ordinati il 30 ottobre 2009, non sono stati effettuati che il 10 febbraio 2010, paragrafo 9 sopra, e che un esame gastroenterologico previsto per il 2 febbraio 2010 non è stato realizzato che il 3 luglio 2010, paragrafo 20 sopra. Osserva che dieci mesi e mezzo sono passati poi prima del compimento di un nuovo manométrie dello sfintere, il 20 maggio 2011, e che, a questa occasione, un medico dell’ospedale pubblico aveva ripetuto la raccomandazione fatta dal medico della prigione il 5 aprile 2011, a sapere la sottomissione del richiedente ad un trattamento di rieducazione pelvi-périnéale dice “biofeedback.” Nota anche che le parti si accordano a considerare che questo trattamento ha migliorato lo stato di salute del richiedente e ha permesso di trattare in modo significativa i suoi problemi di incontinenza, ma rileva che non è stato seguito dall’interessato che il 23 agosto al 13 novembre 2012, paragrafo 23 sopra, o un anno e tre mesi dopo essere stato ordinato dal medico dell’ospedale pubblico.
59. A questo titolo, la Corte nota che il Governo afferma che questo ultimo ritardo non saprebbe essere imputato all’amministrazione penitenziaria, ma a quella dell’ospedale pubblico di Avellino, paragrafo 45 sopra. Considera che non ha a dedicarsi su questa questione poiché, ad ogni modo, apparteneva allo stato di organizzare i suoi differenti servizi ed innesta in modo da proteggere in modo adeguata ed efficace l’integrità fisica e psichica del richiedente.
60. Peraltro, la Corte non sottovaluta certa degli sforzi fatti dalle autorità interne alle fini di garantire un seguito della situazione del richiedente, a sapere in particolare il suo collocamento occasionale nelle unità individuali e, col suo consenso, all’infermeria, così come la possibilità che gli è stata accordata di fare una doccia con giorno, come l’intervento del personale della prigione in tempo utile ed in modo efficace per evitare ogni conseguenza consecutiva ai tentativi di suicidio dell’interessato. Nota che non ne rimane meno di quanto abbia bisognato aspettare più di due anni e nove mesi tra i primi tentativi di suicidio, il 20 novembre 2009, e l’inizio del ciclo rieducazione che ha potuto decidere alla fine i problemi di incontinenza del richiedente, il 23 agosto 2012. A supporre anche che, siccome lo sostiene il Governo, la partecipazione del richiedente a questo trattamento chiedeva una certa organizzazione, allo visto in particolare della necessità di garantire il trasporto dell’interessato dalla prigione all’ospedale pubblico, la Corte stima che un tale termine non saprebbe passare per ragionevole e non saprebbe essere accettato nelle circostanze particolari della presente causa, conto tenuto in particolare della natura della patologia del richiedente così come dello stato psicologico derivando e risultando dei suoi due tentativi di suicidio accertato (vedere, ha contrario, Tellissi, decisione precitata, §§ 31-36. Ricorda peraltro che una violazione dell’articolo 3 della Convenzione può rimanere anche nella mancanza dell’intenzione di umiliare o di abbassare il richiedente, Peers c. Grecia, no 28524/95, § 74, CEDH 2001 III, e Ramirez Sanchez c. Francia [GC], no 59450/00, § 118, CEDH 2006 IX.
61. Alla luce di ciò che precede, la Corte considera che la mancanza prolungata di cure adattate alla patologia del richiedente ha posto questo ultimo in una situazione suscettibile di suscitare, a casa lui, dei sentimenti consolidati di angoscia, di inferiorità e di umiliazione sufficientemente forte per costituire un “trattamento degradante” al senso dell’articolo 3 della Convenzione. Sebbene in una lettera del 31 maggio 2013 l’interessato sé abbia ammesso “essere guarito”, paragrafo 23 sopra, la Corte rileva che nessuna misura di risarcimento non gli è stata offerta per il lungo periodo durante la quale è restato nell’attesa di un trattamento medico adeguato. Di conseguenza, stima che la domanda del Governo che mira all’ottenimento della radiazione della causa del ruolo, paragrafo 50 sopra, al motivo che la controversia sarebbe stata decisa non saprebbe essere accettata.
62. Queste constatazioni bastano per concludere che ci sia stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione di questo capo.
63. Questa conclusione dispensa la Corte di dedicarsi sulla questione di sapere se questa disposizione è stata violata anche in ragione del collocamento del richiedente in un settore di isolamento della prigione di Bellizzi Irpino e del rifiuto dell’amministrazione di fornirgli gratuitamente degli strati.
2. La sovrappopolazione carceraria al penitenziario di Bellizzi Irpino
64. Il richiedente si lamenta anche in particolare delle sue condizioni di vita al penitenziario di Bellizzi Irpino in ragione di una sovrappopolazione carceraria.
ha, Argomenti delle parti
i. Il richiedente
65. Il richiedente espone che la sovrappopolazione carceraria è un problema sistemico in Italia. Indica che 68 206 persone erano detenute al 26 giugno 2010 mentre la capacità regolamentare delle prigioni era di 43 012 posti che al 30 giugno 2013 i detenuti erano 68 945 per una capacità regolamentare delle prigioni di 47 022 posti, e che il numero di giudici di applicazione delle pene è solamente di 193. Aggiunge che al 31 dicembre 2010 la prigione di Bellizzi Irpino di cui la capacità regolamentare era di 306 posti, questa cifra che ammonta secondo l’interessato a 407 in 2011 ed a 566 in 2013, ospitava 458 prigionieri e che ne accoglie attualmente 667. Il richiedente si chiede come la capacità regolamentare della stessa prigione è potuto passare-secondo i dati che fornisce-di 306 a 566 posti nello spazio di tre anni, ed egli sostiene che non sarebbe stato posto in settore di isolamento se ci fosse stato del posto in settore ordinario.
66. Di più, secondo il richiedente, le osservazioni del Governo non sono cadute sulla sua situazione specifica: secondo lui, non è stato indicato se ha seguito dei corsi di formazione o frequentato la scuola, quanto tempo è passato all’infuori della sua unità, quale erano le sue condizioni di vita in questa ultima (riscaldamento, accesso alla luce, e lo stato dei sanitari. Secondo l’interessato, il Governo si è limitato ad indicare le dimensioni delle unità occupate da lui e non ha precisato che non c’era acqua calda e non di protezione contro la pioggia ed il sole nella corte di passeggiata attigua all’infermeria. Peraltro, il richiedente insiste sul numero di prigionieri con che dice avere diviso suddette unità: sei altri detenuti dal 8 ottobre al 5 novembre 2009, un altro detenuto del 5 al 20 novembre 2009, ed un altro detenuto occasionalmente per il seguente periodo.
67. Il richiedente indica che quando divideva l’unità con sei altri detenuti disponeva di meno di 4 m² di spazio personale; considera che le informazione prodotte dal Governo a proposito delle dimensioni e delle condizioni di vita nelle unità non sono corrette. Il richiedente aggiunge che non ha potuto praticare di attività sportive o beneficiare della passeggiata dato che, secondo lui, non poteva spostarsi senza strati e che non c’erano servizi nella corte di passeggiata. Precisa che ne era parimenti per la compagnia della scuola, dei corsi di formazione, del programma di trattamento penitenziario e dell’accesso al lavoro in prigione.
68. Di più, il richiedente sostiene che è stato posto durante sei mesi in un settore di isolamento in una situazione igienica precaria, senza potere lavarsi tutti i giorni e senza avere accesso all’acqua calda, mentre la sua patologia avrebbe necessitato un trattamento individualizzato. Aggiunge che la luce naturale e l’aria erano insufficienti, che l’accesso alla passeggiata era limitato allora alle due o tre da giorno, che non poteva partecipare alle attività sociali e di trattamento penitenziario, e che la sua unità non disponeva di un sistema di riscaldamento.
69. Infine, il richiedente indica che all’epoca della sua detenzione al penitenziario di Poggioreale passava ventidue ore da giorno nella sua unità, che dice avere diviso con dieci o dodici altre persone talvolta, mentre alla prigione di Bellizzi Irpino restava circa le venti con giorno in unità.
ii. Il Governo
70. Il Governo sostiene che l’amministrazione penitenziaria ha preso in considerazione i bisogni particolari legati allo stato di salute del richiedente che prova a porrlo nelle unità individuali in dispetto di difficoltà logistiche e strutturali. Indica che i collocamento in questione miravano a soddisfare per il meglio le esigenze del richiedente come espresse da questo ultimo (in particolare, per palliare la difficoltà che la sua incontinenza poteva provocare, e che non costituivano una forma di isolamento e non erano dovuti alla sovrappopolazione carceraria.
71. Il Governo indica peraltro che il collocamento dell’interessato in un’unità collettiva che misura 24 m² e dotata di un bagno interno di 4,83 m², divisa-ai suoi argomenti-con quattro altri detenuti, è durato meno di un mese, dal 8 ottobre al 5 novembre 2009. Indica anche che, alla prigione di Spoleto, l’interessato ha beneficiato peraltro di un’unità individuale molto grande. Ad ogni modo, sostiene che il richiedente ha avuto almeno a sua disposizione 4 m² di spazio personale, escludendo il bagno, e che tutte le unità disponevano di un bagno separato così come di una grande finestra che misura circa 1,20 m su 1,20 m e permettendo la circolazione dell’aria e l’accesso alla luce naturale. Si riferisce, a questo riguardo, ai principi enunciati dalla Corte nella sua decisione resa nella causa Tellissi precitato.
72. Di più, contestando le affermazioni formulate dal richiedente, il Governo sostiene che l’accesso di questo ultimo al trattamento penitenziario non è stato escluso mai o ridotto. Trattandosi della detenzione dell’interessato alla prigione di Bellizzi Irpino, precisa così come il richiedente ha potuto beneficiare delle attività all’esterno, a sapere la passeggiata, durante due, all’epoca del suo collocamento all’infermeria, alle quattro con giorno, della sala comune durante un’alle due, in estate, con giorno e delle attività educative. Indica che, anche nella mancanza di servizi nello spazio di passeggiata, i detenuti potevano fare vicino uso dei bagni delle loro unità situate. Infine, indica che all’infermeria, dove l’interessato sarebbe posto attualmente, questo può aderire quotidianamente alle docce con l’acqua calda, che questo accesso era limitato a tre volte con settimana quando si trovava in isolamento, e che simile regime è compatibile con le regole penitenziarie europee.
b, Valutazione della Corte
i. Principi generali
73. La Corte rileva che le misure privative di libertà implicano abitualmente per un detenuto certi inconvenienti. Tuttavia, ricorda che la carcerazione non fa perdere ad un detenuto l’utile dei diritti garantiti dalla Convenzione. Al contrario, in certi casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una protezione aumentata in ragione della vulnerabilità della sua situazione e perché si trova interamente sotto la responsabilità dello stato. In questo contesto, l’articolo 3 della Convenzione fa pesare sulle autorità un obbligo positivo che consiste in assicurarsi che ogni prigioniero è detenuto nelle condizioni che sono compatibili col rispetto della dignità umana e che le modalità di esecuzione della misura in causa non sottopongono l’interessato ad un sconforto o ad una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione (Kuda, łprecitato, § 94, e Norbert Sikorski c. Polonia, no 17599/05, § 131, 22 ottobre 2009.
74. Trattandosi delle condizioni di detenzione, la Corte prende in conto gli effetti cumulativi di queste così come le affermazioni specifiche del richiedente, Dougoz c. Grecia, nº 40907/98, § 46, CEDH 2001-II. In particolare, il tempo durante che un individuo è stato detenuto nelle condizioni incriminate costituisce un fattore importante, Kalashnikov c. Russia, no 47095/99, § 102, CEDH 2002-VI, Kehayov c,. Bulgaria, no 41035/98, § 64, 18 gennaio 2005, ed Alver c. Estonia, no 64812/01, § 50, 8 novembre 2005.
75. Peraltro, quando la sovrappopolazione carceraria raggiunta un certo livello, la Corte considera che la mancanza di spazio in una determinazione penitenziaria può costituire l’elemento centrale a prendere in conto nella valutazione della conformità di una situazione data all’articolo 3 della Convenzione (vedere, in questo senso, Karaleviius čc. Lituania, no 53254/99, § 40, 7 aprile 2005.
76. Così, quando è stata confrontata alle situazioni di sovrappopolazione severa, la Corte ha giudicato che questo elemento, a lui solo, bastava per concludere alla violazione di questa disposizione. Si trattava, in modo prova generale, di caso di figura dove lo spazio personale accordato ad un richiedente era inferiore a 3 m², mentre il CPT aveva stimato che lo spazio individuale augurabile nelle unità collettive doveva essere di 4 m², Kantyrev c. Russia, no 37213/02, §§ 50-51, 21 giugno 2007, Andreï Frolov c,. Russia, no 205/02, §§ 47-49, 29 marzo 2007, Kadikis c,. Lettonia, no 62393/00, § 55, 4 maggio 2006; Sulejmanovic c. Italia, no 22635/03, § 43, 16 luglio 2009, e Torreggiani ed altri c. Italia, nostri 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10, § 68, 8 gennaio 2013,.
77. In compenso, nelle cause dove la sovrappopolazione non era importante al punto di sollevare a lei unica un problema sotto l’angolo dell’articolo 3 della Convenzione, la Corte ha notato che altri aspetti delle condizioni di detenzione erano a prendere in conto nell’esame del rispetto di questa disposizione. Tra questi elementi raffigurano la possibilità di utilizzare i servizi in modo privati, l’aerazione disponibile, l’accesso alla luce ed alle aria naturalezze, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base. Anche, anche nelle cause dove ogni detenuto disponeva di 3 a 4 m², la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 3 della Convenzione dal momento che la mancanza di spazio corredava di una mancanza di ventilazione e di luce, Moisseiev c. Russia, no 62936/00, §§ 125-127, 9 ottobre 2008; vedere anche Vlassov c. Russia, no 78146/01, § 84, 12 giugno 2008, e Babouchkine c. Russia, no 67253/01, § 44, 18 ottobre 2007, di un accesso limitato all’aperto alla passeggiata, István Gábor Kovács c,. Ungheria, no 15707/10, § 26, 17 gennaio 2012, o di una mancanza totale di intimità nelle unità (vedere, mutatis mutandis, Belevitskiy c. Russia, no 72967/01, §§ 73-79, 1 marzo 2007, Khudoyorov c,. Russia, no 6847/02, §§ 106-107, ECHR 2005-X (brani), e Novoselov c. Russia, no 66460/01, §§ 32 e 40-43, 2 giugno 2005.
ii. Applicazione di questi principi al presente genere
78. La Corte nota innanzitutto che non è sopra competente per pronunciarsi sulle condizioni di detenzione del richiedente al penitenziario di Poggioreale, condizioni menzionate dall’interessato nelle sue osservazioni in risposta, paragrafo 69. A questo riguardo, si limita ad osservare che, avendo beneficiato di una detenzione a domicilio a contare del 28 marzo 2009, paragrafo 6 sopra, il richiedente ha lasciato questa determinazione più di sei mesi prima della data di introduzione della richiesta, il 30 novembre 2010.
79. Per ciò che è dei penitenziari di Bellizzi Irpino e di Spoleto, la Corte nota che risulta delle informazione fornite dal Governo, (paragrafi 8, 10, 13, 15, 22 e 25 sopra, che l’interessato è stato posto nelle unità che misurano 24, 10, 16, 20 e 30 m², successivamente. Constata che il richiedente contesta unicamente la superficie dell’unità nella quale è stato posto dal 20 al 27 novembre 2009 e che misurava 6 m² secondo lui, paragrafo 14 sopra. Agli occhi della Corte, non ne rimane meno delle informazione del Governo sono basate sui documenti pertinenti che provengono dalle amministrazioni penitenziarie riguardate e che il richiedente non ha fornito di elementi suscettibili di dimostrare che i dati contenuti in questi erano erronei.
80. Parimenti, la Corte nota che le parti sono anche in disaccordo sul numero degli occupanti delle unità in ciò che riguarda il seguente periodi: dal 8 ottobre al 5 novembre 2009, il Governo sostenitore che il richiedente aveva diviso un’unità di 24 m² con quattro altri detenuti, e l’interessato indicando che egli si trovava con sei altri prigionieri, paragrafi 7 e 8 sopra, e dal 14 febbraio al 17 marzo 2012, il Governo che afferma che due o tre altre persone si trovavano in un’unità di 20 m² con l’interessato, e questo ultimo adducendo essere stato posto con cinque altre persone, paragrafi 25 e 26 sopra. Per il resto, nota che non è contestato entra le parti che il richiedente era il solo detenuto nell’unità o che la divideva con un altro prigioniero.
81. La Corte rileva che, se la versione del Governo in quanto al numero degli occupanti delle unità è esatta, mai il richiedente non avrebbe disposto da un spazio personale inferiore allo spazio individuale stimato augurabile col CPT per le unità collettive, a sapere 4 m². Ad ogni modo, osserva che, a supporre anche che le affermazioni del richiedente possano essere accettate, l’interessato avrebbe goduto comunque di un spazio personale non inferiore a 3 m² durante i periodi in questione, paragrafo 80 sopra, questo che, ai termini della giurisprudenza della Corte, non saprebbe essere costitutivo, a lui solo, di una violazione dell’articolo 3 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Tellissi, decisione precitata, § 53,.
82. Di più, la Corte rileva che il richiedente denuncia anche una mancanza di luce, di illuminazione e di riscaldamento nelle unità occupate da egli così come un cattivo funzionamento di certi insediamenti sanitari. Però, constata che l’interessato non ha fornito nessuno elemento che permette di contestare l’affermazione del Governo, paragrafo 71 sopra secondo la quale ogni unità era dotata di una grande finestra (misurando circa 1,20 m su 1,20 m, permettendo la circolazione dell’aria e della luce naturale,). Questa affermazione è basata sui documenti che provengono dall’amministrazione carceraria tra che dei planimétries, paragrafo 22 sopra. Nota di più che, durante i lunghi periodi, il richiedente era stato autorizzato a fare quotidianamente una doccia con l’acqua calda. Considera dunque che il cattivo funzionamento occasionale degli insediamenti sanitari non saprebbe analizzarsi in un trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione.
83. Peraltro, la Corte osserva che il richiedente non si è lamentato di una mancanza totale di intimità nelle unità e non ha contestato l’affermazione del Governo secondo la quale gli studi di bagno erano divisi. Di più, a supporre anche che il collocamento del richiedente nell’infermeria abbia potuto di facto limitare la durata del suo accesso alla passeggiata, la Corte constata che il collocamento controverso è stato fatto alla domanda dell’interessato per trattare i suoi problemi da incontinenza e che ad ogni modo questo non ha sostenuto avere sofferto di un isolamento completo o di un’impossibilità totale di rendersi nella corte di passeggiata. A questo riguardo, conviene notare che da novembre 2009 il richiedente ha potuto frequentare la scuola della prigione e ha potuto seguire un corso di inserzione professionale, paragrafo 27 sopra.
84. In queste condizioni, la Corte stima che le condizioni di detenzione del richiedente non saprebbero essere considerate come contrarii all’articolo 3 della Convenzione, in particolare sotto l’angolo degli effetti della sovrappopolazione carceraria (vedere, mutatis mutandis, Tellissi, decisione precitata, §§ 52-57,.
85. Segue che non c’è stata violazione di questa disposizione di questo capo.
II. Su L’applicazione Di L’articolo 41 Di La Convenzione
86. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Dommage
87. Il richiedente richiede 30 000 euros (EUR, a titolo del danno giuridico che dice avere subito,). Sostiene essere stato oggetto dal 2009 di condizioni di detenzione contraria alla Convenzione.
88. Il Governo considera che il richiedente non ha supportato la sua domanda dato che avrebbe omesso di produrre delle prove relative all’esistenza, alla natura ed all’importo del danno addotto. Di più, stima che l’interessato non ha dimostrato l’esistenza di un legame di causalità tra le violazioni della Convenzione ed il danno giuridico di cui si lamenta, ed egli è di parere che l’importo sollecitato è ad ogni modo eccessivo.
89. La Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 20 000 EUR a titolo del danno giuridico.
B. Oneri e spese
90. Basandosi su una nota spese del suo consiglio, il richiedente chiede anche 6 545 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
91. Il Governo considera questo importo eccessivo ed indichi che il richiedente non ha dimostrato che gli oneri addotti erano necessari e ragionevoli.
92. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico, e tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 5 000 EUR e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
93. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione a ragione del ritardo nell’amministrazione di cure adattate allo stato di salute del richiedente;

3. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione a ragione della sovrappopolazione carceraria;

4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i. 20 000 EUR, ventimila euro , più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno giuridico,
ii. 5 000 EUR, cinquemila euro , più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, per oneri e spese,
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;

5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 aprile 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento della Corte.
Abele Campos Egli ıKarakaş
Cancelliere aggiunto Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusions: Violation de l’article 3 – Interdiction de la torture (Article 3 – Traitement dégradant Traitement inhumain) (Volet matériel)
Non-violation de l’article 3 – Interdiction de la torture (Article 3 -Traitement dégradant Traitement inhumain) (Volet matériel)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE G.C. c. ITALIE

(Requête no 73869/10)

ARRÊT

STRASBOURG

22 avril 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire G.C. c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano, juges,
et de Abel Campos, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er avril 2014,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 73869/10) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, M. G.C. (« le requérant »), a saisi la Cour le 30 novembre 2010 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par OMISSIS, avocate à Munich. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agente, Mme E. Spatafora.
3. Le requérant allègue que ses conditions de détention ainsi que les soins dont il a bénéficié en prison et qu’il estime avoir été inadéquats ont méconnu l’article 3 de la Convention.
4. Le 6 mai 2013, la requête a été communiquée au Gouvernement. En vertu de l’article 47 § 4 du règlement de la Cour, il a également été décidé d’accorder d’office l’anonymat au requérant.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1972 et est actuellement détenu au pénitencier de Bellizzi Irpino (Avellino).
A. Les conditions de détention du requérant et son état de santé
6. Le requérant fut arrêté le 3 février 2009. Il fut d’abord détenu au pénitencier Poggioreale de Naples, puis, le 28 mars 2009, il bénéficia d’une détention à domicile. Depuis le 8 octobre 2009, il est détenu à la prison de Bellizzi Irpino, où il est censé purger une peine de dix ans d’emprisonnement. La date de sa libération est fixée au 25 février 2018.
7. Auparavant, en 2007, alors qu’il était détenu à la prison de Larino, le requérant avait été opéré pour des hémorroïdes. Depuis cette opération, il souffre d’un relâchement du sphincter anal et de problèmes d’incontinence. Dès son arrivée au pénitencier de Bellizzi Irpino, le requérant informa le personnel carcéral de sa pathologie, ce qui, selon lui, aurait dû conduire à son placement dans une cellule individuelle équipée de sanitaires et à la possibilité de se laver quotidiennement. Il affirme cependant avoir été placé dans une cellule disposant d’un seul lieu d’aisance avec six autres détenus, et il indique que chaque détenu bénéficiait d’un espace personnel d’environ 2,5 mètres carrés (m²).
8. Le Gouvernement conteste la version du requérant ; il affirme que l’intéressé avait été assigné à la cellule numéro 10 située au deuxième étage de la prison et partagée avec quatre autres détenus, que cette cellule mesurait 24 m² et qu’une salle de bain interne de 4,83 m² s’y trouvait.
9. Lors de son entrée au pénitencier de Bellizzi Irpino, le requérant fut considéré comme étant en bonne santé par le médecin de la prison. Après d’autres examens conduits entre le 21 et le 25 octobre 2009, son état de santé fut estimé satisfaisant (condizioni generali discrete). Le 30 octobre 2009, il fut décidé que le requérant devait être soumis à des tests médicaux, notamment à un examen des selles et à une manométrie du sphincter anal. Ces tests furent effectués le 10 février 2010 à l’hôpital public d’Avellino ; selon le Gouvernement, ils indiquaient que l’état de santé du requérant s’était amélioré.
10. Le 5 novembre 2009, le requérant fut transféré « pour des raisons médicales » dans une cellule à partager avec un autre détenu et équipée d’un cabinet de toilette. D’après le requérant, cette cellule ne disposait ni de douche ni de bidet ; selon le Gouvernement, elle mesurait 10 m² et disposait d’une salle de bain interne de 4,77 m².
11. L’intéressé fut soumis à d’autres visites médicales les 11 et 18 novembre 2009.
12. Le requérant indique qu’il a dû de facto faire part de ses problèmes d’incontinence à ses codétenus. Il ajoute que ces problèmes l’avaient mis dans un tel embarras lors d’un incident survenu pendant un cours scolaire qu’il avait tenté de se suicider le 20 novembre 2009. Le Gouvernement indique qu’à cette occasion le personnel de la prison était intervenu en temps utile et que le requérant n’avait eu aucune séquelle physique; l’intéressé ne conteste pas ce point.
13. À la suite de cette tentative de suicide, le requérant fut visité par un psychiatre, mis pour « raisons de santé » en isolement (reparto separati) et placé sous haute surveillance, y compris sous celle d’un psychiatre. Il fut dénudé et placé dans une cellule mesurant 10 m² comprenant une salle de bain et ne comportant aucun élément de mobilier à l’exception d’un lit, et ce jusqu’au 27 novembre 2009. Selon le Gouvernement, l’intéressé pouvait disposer de linge et de vêtements.
14. Après une visite psychiatrique, le requérant fut gardé sous surveillance et autorisé, pendant un mois, à prendre une douche par jour (au lieu de deux par semaine). Il fut placé dans une cellule individuelle équipée d’une salle de bain avec l’eau courante froide. Selon le requérant, cette cellule mesurait deux mètres sur trois mètres, et la lumière naturelle et l’air n’y pénétraient que par une fenêtre minuscule protégée par une grille épaisse et donnant sur la cour de promenade. Le requérant indique également que la cour était elle aussi de dimensions réduites, couverte par une grille métallique épaisse d’un centimètre, et qu’elle était dotée de toilettes à la turque malodorantes et sans eau courante. Il ajoute qu’en hiver la grille se couvrait de glaçons qui tombaient sur les promeneurs avec des grains de rouille et que les douches ne fonctionnaient pas bien et se remplissaient d’eau.
15. Le Gouvernement conteste les affirmations du requérant quant aux dimensions de la cellule en question et assure que celle-ci mesurait 10 m² et comprenait une salle de bain intérieure.
16. Le requérant soutient que, se trouvant dans un secteur d’isolement d’où il ne pouvait sortir, d’après lui, que pour les visites, il n’a pu ni participer à des activités sociales ou de traitement pénitentiaire ni suivre des cours. Le Gouvernement conteste cette allégation et il indique que le placement en isolement du requérant pendant la période allant du 27 novembre 2009 au 1er juillet 2010 s’expliquait par le souci de lui éviter l’embarras qu’il avait ressenti dans la cellule commune. Au cours de la période en question, l’intéressé aurait été constamment assisté et contrôlé par le personnel de la prison et par des médecins.
17. Le requérant indique être demeuré dans le secteur d’isolement jusqu’au 3 juillet 2010 (jusqu’au 1er juillet 2010 selon le Gouvernement). Il affirme n’avoir bénéficié d’aucune autre thérapie que l’administration de calmants. Il ajoute avoir demandé à plusieurs reprises, en vain d’après lui, à rencontrer le directeur du pénitencier ou le magistrat d’application des peines ou à être transféré dans un autre pénitencier. Il déclare également avoir demandé à être soumis à des examens médicaux (manométrie du sphincter et examen des selles), lesquels n’ont été réalisés que le 10 février 2010 (paragraphe 9 ci-dessus) en raison, à ses dires, de problèmes d’organisation.
Le requérant fut à nouveau autorisé à prendre une douche par jour pendant un mois.
18. Aucune cellule individuelle n’étant disponible dans le secteur ordinaire de la prison, le requérant fut transféré à l’infirmerie début juillet 2010. Le Gouvernement affirme que ce transfert s’est opéré le 2 juillet 2010 et que l’intéressé y avait consenti. Le requérant soutient que ce transfert a été effectué le 3 juillet 2010, qu’aucune thérapie ne lui a été administrée, et que la seule raison de son transfert était la présence d’un cabinet de toilette avec l’eau courante chaude. Il ajoute que ce placement l’empêchait de participer à des activités sociales ou de traitement pénitentiaire et de suivre des cours.
19. S’agissant de ses conditions de détention à l’infirmerie, le requérant indique qu’il pouvait se promener dans la cour pendant vingt minutes le matin et vingt minutes l’après-midi, et que l’accès à l’air et à la lumière naturelle était limité. Le Gouvernement conteste ces affirmations et soutient que pendant son placement à l’infirmerie le requérant avait le loisir d’accéder à la cour de promenade pour une durée de deux heures par jour.
20. L’administration du pénitencier ne fournissant pas de couches, le requérant était obligé d’en acheter à l’extérieur pour ses problèmes d’incontinence. Un examen gastroentérologique prévu initialement le 2 février 2010 ne fut effectué que le 3 juillet 2010.
21. Il ressort d’une note du pénitencier du 10 juillet 2013 que dès l’arrivée du requérant l’administration avait demandé à l’hôpital de lui fournir des couches, qu’en l’absence d’une déclaration d’invalidité ces protections ne pouvaient pas être fournies gratuitement, que l’intéressé n’avait pas demandé à être déclaré invalide, et que, de toute manière, les volontaires de l’association Caritas, le curé et les médecins de la prison avaient donné à plusieurs reprises des couches au requérant.
22. Le Gouvernement indique que, lors de sa détention à l’infirmerie, le requérant a été amené à occuper alternativement deux cellules : la cellule individuelle numéro 6 (mesurant 10 m² avec une salle de bain intérieure de 4,74 m²) du 2 juillet 2010 au 14 février 2012 et du 17 mai 2012 au 17 janvier 2014 (date des dernières informations fournies), ainsi que la cellule numéro 3 (mesurant 16 m² avec une salle de bain intérieure de 7,41 m²), partagée occasionnellement avec un autre détenu, du 16 avril au 17 mai 2012. Du 14 février au 16 avril 2012, il se trouvait à la prison de Spoleto (paragraphe 25 ci-dessus). Les informations fournies par le Gouvernement quant aux dimensions des cellules (voir également les paragraphes 8, 10 et 15 ci-dessus) se fondent sur des documents provenant de l’administration carcérale, parmi lesquels figurent des planimétries.
23. Le Gouvernement affirme que le placement à l’infirmerie a permis une surveillance plus régulière des besoins du requérant.
Le 13 novembre 2010, il fut certifié que l’état de santé de ce dernier était « bon » ; il fut ensuite considéré comme « décent » à l’issue de contrôles médicaux réalisés en prison les 26 septembre, 7 octobre, 15 et 28 novembre 2011. Entre-temps, le 21 mars 2011, le médecin de la prison avait qualifié de « mineurs » les problèmes d’incontinence de l’intéressé, et des examens (manométrie du sphincter) effectués en dehors de la prison le 20 mai 2011 avaient montré que son problème d’hypotonie du sphincter anal était « léger ». Du 23 août au 13 novembre 2012, le requérant suivit, deux fois par semaine, un traitement de rééducation (« biofeedback ») à l’hôpital public d’Avellino, qui avait été ordonné par le médecin de la prison le 5 avril 2011 et par un médecin de l’hôpital public le 20 mai 2011. Selon le Gouvernement, ce traitement a donné de très bons résultats. Dans une lettre manuscrite du 31 mai 2013, le requérant se déclara « guéri » grâce au traitement médical qui lui avait été administré et il demanda à être admis au travail en prison.
24. Le Gouvernement indique que la capacité réglementaire du pénitencier de Bellizzi Irpino est de 306 places et que la capacité maximale de cet établissement est de 549 places. Il ajoute que le nombre de personnes détenues était de 495 au 11 août 2010 et de 667 au 9 juillet 2013. Il précise que les détenus sont admis à la promenade à l’extérieur de 9 heures à 11 heures et de 15 heures à 16 heures (17 heures en été), qu’ils ont la possibilité de se rendre à la salle commune pour des activités de socialisation, qu’ils se trouvent normalement en dehors de leurs cellules lorsqu’ils travaillent ou participent à des activités éducatives, et que le requérant a été admis à ces dernières.
25. Le Gouvernement indique également que du 14 février au 16 avril 2012 le requérant a été transféré à la prison de Spoleto, et qu’il a été placé d’abord dans une cellule de 20 m² équipée d’une salle de bain intérieure et partagée avec deux ou trois autres détenus, puis, après une deuxième tentative de suicide (paragraphe 26 ci-dessus), dans une cellule individuelle mesurant 30 m².
26. L’intéressé réplique que le pénitencier de Spoleto n’est pas équipé d’un centre clinique. Il allègue avoir été placé dans une cellule dotée d’un seul cabinet de toilette et avoir partagé cette cellule avec cinq autres détenus fumeurs.
Le 17 mars 2012, le requérant tenta à nouveau de se suicider. Il fut ensuite transféré dans une cellule individuelle. En avril 2012, il entama un cycle de séances de kinésithérapie, mais le 16 avril 2012 il retourna au pénitencier de Bellizzi Irpino.
Le requérant affirme en outre qu’il s’était laissé tomber d’un mur le 19 mai 2012 et qu’il avait été alors hospitalisé pendant cinq jours dans un état comateux.
27. Selon les informations fournies par le Gouvernement le 17 janvier 2014, à cette dernière date, le requérant était encore placé, avec son consentement, à l’infirmerie du pénitencier de Bellizzi Irpino où, d’après le Gouvernement, il pouvait être mieux assisté et contrôlé et avait la possibilité quotidienne de prendre une douche avec de l’eau chaude. Par ailleurs, le requérant fréquente l’école de la prison, où il a commencé à étudier en novembre 2009, et suit un cours d’insertion professionnelle.
B. Les recours tentés par le requérant
28. À une date non précisée, le requérant demanda à bénéficier de la détention à domicile.
29. Par une ordonnance du 7 octobre 2011, le magistrat d’application des peines d’Avellino rejeta cette demande. Il observa qu’il ressortait d’un rapport médical du 26 septembre 2011 que le requérant souffrait d’une ancienne toxicomanie, d’un état anxieux, d’hyperchromie du gland et d’incontinence, qu’il avait subi des interventions chirurgicales pour une hernie et pour des hémorroïdes, et que son état de santé général était satisfaisant (discrete) et n’était dès lors pas incompatible avec la détention.
30. Le requérant demanda également la suspension de l’exécution de sa peine pour motifs de santé.
31. Par une ordonnance du 20 décembre 2011, dont le texte fut déposé au greffe le 4 janvier 2012, le tribunal d’application des peines de Naples rejeta cette demande. Il nota que la suspension de l’exécution de la peine pouvait être ordonnée seulement en présence de conditions de santé d’une gravité telle à faire redouter un danger pour la vie ou à rendre la détention inhumaine ou encore en présence de conditions de santé exigeant des thérapies ne pouvant pas être administrées en milieu carcéral. Or, sur la base d’un rapport médical daté du 28 novembre 2011 et en substance similaire à celui du 26 septembre 2011, le tribunal considéra que tel n’était pas le cas du requérant, que ce dernier avait été soumis à des examens gastroentérologiques et qu’un cycle de rééducation (« biofeedback rectal ») avait été sollicité.
32. Par ailleurs, le requérant indique avoir mis en demeure les autorités de lui administrer un traitement médical approprié à sa pathologie, en vain d’après lui. Il indique également leur avoir demandé, toujours en vain selon lui, de se prononcer sur ses conditions de détention, qu’il estime inhumaines et dégradantes.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
33. Le requérant se plaint de ses conditions de détention et il dénonce également la non-administration de soins adaptés à son état de santé.
Il invoque l’article 3 de la Convention, ainsi libellé :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
34. Le Gouvernement conteste cette thèse.
A. Sur la recevabilité
1. L’exception du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes
35. Dans ses observations complémentaires et sur la satisfaction équitable du 17 janvier 2014, le Gouvernement soulève pour la première fois une exception de non-épuisement des voies de recours internes. Il soutient que, au moment de l’introduction de la requête, le requérant n’avait pas encore obtenu une décision quant à la compatibilité de ses conditions de détention avec son état de santé, et que, de plus, il ne s’est pas pourvu en cassation contre l’ordonnance du tribunal d’application des peines de Naples du 20 décembre 2011 (paragraphe 31 ci-dessus).
36. La Cour rappelle que, aux termes de l’article 55 de son règlement, si la Partie contractante défenderesse entend soulever une exception d’irrecevabilité, elle doit le faire, pour autant que la nature de l’exception et les circonstances le permettent, dans les observations écrites ou orales sur la recevabilité de la requête présentées par elle (N.C. c. Italie [GC], no 24952/94, § 44, CEDH 2002 X). Elle observe que, en l’espèce, le Gouvernement n’a pas excipé du non-épuisement des voies de recours internes dans ses observations du 2 octobre 2013 sur la recevabilité et sur le fond de l’affaire, et qu’il s’est borné à soulever cette question de manière explicite dans ses observations complémentaires et sur la satisfaction équitable. Elle constate que le Gouvernement n’a produit aucune justification et elle ne relève aucune circonstance exceptionnelle de nature à l’exonérer de son obligation de soulever son exception d’irrecevabilité en temps utile.
37. Il s’ensuit que le Gouvernement est forclos à exciper du non-épuisement des voies de recours internes.
2. Autres motifs d’irrecevabilité
38. Constatant que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité, la Cour la déclare recevable.
B. Sur le fond
1. Les soins administrés au requérant
a) Arguments des parties
i. Le requérant
39. Le requérant considère qu’il n’a pas bénéficié de soins adaptés à son état de santé. Il soutient que l’administration pénitentiaire ne lui fournissait pas les couches nécessaires à ses problèmes d’incontinence. Il indique avoir informé le personnel carcéral de sa pathologie dès son arrivée à la prison de Bellizzi Irpino, ce qui – à ses dires – aurait dû aboutir à son placement dans une cellule individuelle équipée de sanitaires et à la possibilité de se laver quotidiennement. Il précise que tel n’a pas été le cas : selon lui, il s’est retrouvé placé du 9 octobre au 5 novembre 2009 dans une cellule collective disposant d’un seul lieu d’aisance avec six autres détenus (et non quatre codétenus, comme le soutient le Gouvernement), et il a ensuite partagé avec un codétenu une autre cellule équipée d’un seul cabinet de toilette mais ne disposant pas de douche, de bidet et d’eau chaude.
40. Le requérant rappelle qu’il a été contraint d’informer ses codétenus de ses problèmes d’incontinence et que, en raison de ces problèmes, il avait été humilié à un point tel qu’il avait tenté de se suicider le 20 novembre 2009. Il indique avoir passé ensuite sept jours en isolement dans une cellule dite « lisse » (liscia) ne comportant aucun élément de mobilier à l’exception d’un matelas et d’une couverture, et avoir reçu la visite d’un psychiatre uniquement le jour de sa tentative de suicide. Il ajoute que la visite prévue pour le lendemain avait été renvoyée au 27 novembre 2009 et qu’à cette date le psychiatre avait conseillé son transfert dans le secteur commun de la prison. Il indique que le Comité pour la Prévention de la Torture (le « CPT »), dans son rapport consécutif à sa visite en Italie du 14 au 18 juin 2010 (paragraphe 27), avait recommandé de ne pas placer les détenus dans des cellules dites « lisses » après une tentative de suicide au motif que pareille mesure pouvait être perçue comme une punition.
41. Le requérant indique également que de décembre 2009 à février 2010 il n’a pu prendre une douche que deux fois par semaine. Il ajoute que le CPT, dans son rapport susmentionné (paragraphe 23), avait par ailleurs déconseillé l’isolement des détenus aux tendances suicidaires. Il déclare aussi que, durant son isolement, il n’a été soumis à aucune autre thérapie que l’administration de calmants et que, à cause de problèmes d’organisation, la manométrie du sphincter n’a été effectuée que le 10 février 2010.
42. Le requérant indique de plus qu’il a été transféré à l’infirmerie de la prison le 3 juillet 2010, et qu’il y est encore actuellement détenu. Il soutient qu’il n’y a été soumis à aucune thérapie, que la seule raison de ce transfert était la présence d’un cabinet de toilette avec l’eau courante chaude, et qu’il avait ainsi accepté ce transfert afin de bénéficier de conditions de détention plus respectueuses – d’après lui – de sa dignité humaine. Or, selon le requérant, le CPT avait recommandé que les admissions à l’infirmerie ne soient autorisées que pour des raisons d’ordre médical (paragraphe 109 du rapport relatif à la visite du CPT effectuée en Italie du 13 au 25 février 2000).
43. Le requérant soutient aussi que les visites médicales effectuées en 2010 et le 20 mai 2011 avaient débouché sur la recommandation de le soumettre à un cycle de « biofeedback rectal », et que ce cycle n’a cependant été mené que du 23 août au 13 novembre 2012, et donc, à ses yeux, de manière tardive. Sur ce dernier point, il estime qu’on ne saurait considérer comme normal un délai de deux ans et dix mois. Il ajoute que le cycle en question avait eu des résultats « très positifs », que le médecin de l’hôpital public avait recommandé de réévaluer dans un délai de trois mois la nécessité d’un deuxième cycle, mais que celui-ci n’avait pas encore été réalisé.
44. Le requérant se plaint également, dans les conditions décrites au paragraphe 26 ci-dessus, de son transfert à la prison de Spoleto, pendant une durée d’environ deux mois, du 14 février au 16 avril 2012, ladite prison n’étant pas selon lui équipée d’un centre clinique. Il indique que, à la suite de sa nouvelle tentative de suicide le 17 mars 2012, il a été placé dans une cellule avec un autre détenu. Il indique également que, alors qu’il avait commencé un cycle de séances de kinésithérapie, il avait été à nouveau transféré, sans aucun motif valable d’après lui, au pénitencier de Bellizzi Irpino, où rien n’aurait été fait pour traiter son problème de santé.
ii. Le Gouvernement
45. Le Gouvernement considère que des soins adéquats ont été administrés au requérant. Il expose que, dès son arrivée à la prison de Bellizzi Irpino, ce dernier a été soumis à des examens médicaux à l’intérieur et à l’extérieur de la prison avec des temps d’attente raisonnables et comparables à ceux appliqués par le service de santé national. En particulier, il indique que le cycle de rééducation pelvi-périnéale (« biofeedback »), ordonné par le médecin de l’hôpital public le 20 mai 2011 (paragraphe 23 ci-dessus), a été mené du 23 août au 13 novembre 2012. Il estime que ce délai ne saurait passer pour excessif, étant donné que la maladie du requérant ne l’aurait pas exposé à un risque de mort et que, au vu de sa durée, le traitement aurait nécessité une certaine organisation logistique par exemple en ce qui concerne les transferts du détenu. Le Gouvernement soutient que, de toute manière, l’administration de la prison a agi avec la diligence requise en contactant l’hôpital dans les meilleurs délais et que tout retard ultérieur est imputable au service de santé national, lequel serait compétent en matière de soins aux détenus depuis juin 2008. Par ailleurs, le Gouvernement estime que le traitement en question a donné des résultats satisfaisants, et il note que l’intéressé lui-même l’a reconnu par écrit. Il indique que celui-ci a en outre bénéficié de contrôles médicaux quasi hebdomadaires, qu’il a fait l’objet d’une surveillance efficace quant à l’évolution de son état de santé et qu’en particulier il a participé à des séances de rééducation hebdomadaires au cours de l’année 2013.
46. Le Gouvernement indique également que le requérant n’a pas pu obtenir gratuitement des couches de la part du service sanitaire national pour ses problèmes d’incontinence car il n’aurait pas demandé à être déclaré invalide et que, en tout état de cause, ces protections lui ont été données par des volontaires (paragraphe 21 ci-dessus).
47. Par ailleurs, le Gouvernement considère que l’état de santé de l’intéressé n’était pas incompatible avec la détention, comme l’ont affirmé selon lui les juridictions nationales sur la base d’expertises médicales mentionnant une absence de danger pour la vie du requérant et le caractère non préoccupant de sa situation.
48. De l’avis du Gouvernement, le stress que le requérant a pu ressentir était lié au caractère collectif de la vie en prison et l’embarras dont il a pu souffrir à cause d’épisodes d’incontinence survenus en public était une conséquence inévitable de sa privation de liberté. En tout état de cause, aux yeux du Gouvernement, ce stress et cet embarras n’ont pas atteint le seuil minimum de gravité pour tomber sous le coup de l’article 3 de la Convention.
49. De plus, pour le Gouvernement, la réponse de l’administration carcérale vis-à-vis des tentatives de suicide du requérant a été adéquate. À cet égard, le Gouvernement soutient que lors de son entrée en prison, le 8 octobre 2009, le requérant a bénéficié d’un contrôle médical général et ensuite, le 20 novembre 2009, d’une visite psychiatrique. Il indique que des placements alternatifs, qui ne sauraient selon lui s’analyser en une « punition », ont été trouvés uniquement pour traiter la pathologie de l’intéressé. De même, le Gouvernement ajoute que, au vu de la spécificité des problèmes de ce dernier, sa participation à des activités collectives était déconseillée. Il précise à cet égard que l’incident d’incontinence ayant débouché sur la première tentative de suicide s’était produit lors d’un cours scolaire et que, par ailleurs, grâce à l’intervention du personnel compétent, aucune des tentatives de suicide n’avait entraîné de séquelles physiques.
50. Le Gouvernement considère également que la requête devrait être rayée du rôle en application de l’article 37 § 1 b) de la Convention, le litige ayant été d’après lui résolu. Il soutient à ce titre que le requérant a été placé à sa demande dans des cellules individuelles en raison de ses problèmes de santé et que ces derniers ont été traités depuis. Il ajoute de plus que l’intéressé est soumis à un suivi régulier portant sur son programme de rééducation afin d’éviter toute éventuelle détérioration de sa santé.
b) Appréciation de la Cour
i. Principes généraux
51. Conformément à la jurisprudence constante de la Cour, pour tomber sous le coup de l’article 3 de la Convention, un mauvais traitement doit atteindre un minimum de gravité. L’appréciation de ce minimum est relative ; elle dépend de l’ensemble des données de la cause, notamment de la durée du traitement et de ses effets physiques ou mentaux ainsi que, parfois, du sexe, de l’âge et de l’état de santé de la victime (voir, entre autres, Price c. Royaume-Uni, no 33394/96, § 24, CEDH 2001 VII, Mouisel c. France, no 67263/01, § 37, CEDH 2002 IX, et Gennadi Naoumenko c. Ukraine, no 42023/98, § 108, 10 février 2004). Les allégations de mauvais traitements doivent être étayées par des éléments de preuve appropriés (voir, mutatis mutandis, Klaas c. Allemagne, 22 septembre 1993, § 30, série A no 269). Pour l’appréciation de ces éléments, la Cour se rallie au principe de la preuve « au-delà de tout doute raisonnable », mais ajoute qu’une telle preuve peut résulter d’un faisceau d’indices, ou de présomptions non réfutées, suffisamment graves, précis et concordants (Irlande c. Royaume-Uni, 18 janvier 1978, § 161 in fine, série A no 25, et Labita c. Italie [GC], no 26772/95, § 121, CEDH 2000 IV).
52. Pour qu’une peine et le traitement dont elle s’accompagne puissent être qualifiés d’« inhumains » ou de « dégradants », la souffrance ou l’humiliation doivent en tout cas aller au-delà de celles que comporte inévitablement une forme donnée de traitement ou de peine légitimes (Jalloh c. Allemagne [GC], no 54810/00, § 68, 11 juillet 2006).
53. S’agissant en particulier des personnes privées de liberté, l’article 3 de la Convention impose à l’État l’obligation positive de s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate, notamment par l’administration des soins médicaux requis (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000 XI, et Riviere c. France, no 33834/03, § 62, 11 juillet 2006). Ainsi, le manque de soins médicaux appropriés, et, plus généralement, la détention d’une personne malade dans des conditions inadéquates, peut en principe constituer un traitement contraire à l’article 3 de la Convention (voir, par exemple, İlhan c. Turquie [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000 VII, et Gennadi Naoumenko, précité, § 112). Outre la santé du prisonnier, c’est son bien-être qui doit être assuré d’une manière adéquate (Mouisel, précité, § 40).
54. Les conditions de détention d’une personne malade doivent garantir la protection de sa santé, eu égard aux contingences ordinaires et raisonnables de l’emprisonnement. Si l’on ne peut en déduire une obligation générale de remettre en liberté ou bien de transférer dans un hôpital civil un détenu, même si ce dernier souffre d’une maladie particulièrement difficile à soigner (Mouisel, précité, § 40, et Tellissi c. Italie (déc.), no 15434/11, § 27, 5 mars 2013), l’article 3 de la Convention impose en tout cas à l’État de protéger l’intégrité physique des personnes privées de liberté. La Cour ne saurait exclure que, dans des conditions particulièrement graves, l’on puisse se trouver en présence de situations où une bonne administration de la justice pénale exige que des mesures de nature humanitaire soient prises pour y parer (Matencio c. France, no 58749/00, § 76, 15 janvier 2004, et Sakkopoulos c. Grèce, no 61828/00, § 38, 15 janvier 2004).
55. Faisant application des principes susmentionnés, la Cour a déjà conclu que le maintien en détention pour une période prolongée d’une personne d’un âge avancé, et de surcroît malade, peut entrer dans le champ de protection de l’article 3 de la Convention (Papon c. France (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001 VI, Sawoniuk c. Royaume-Uni (déc.), no 63716/00, CEDH 2001 VI, et Priebke c. Italie (déc.), no 48799/99, 5 avril 2001). De plus, elle a jugé que le maintien en détention d’une personne tétraplégique dans des conditions inadaptées à son état de santé était constitutif d’un traitement dégradant (Price, précité, § 30). Elle a aussi considéré que certains traitements peuvent enfreindre l’article 3 de la Convention en raison de leur infliction à une personne souffrant de troubles mentaux (Keenan c. Royaume-Uni, no 27229/95, §§ 111-115, CEDH 2001 III). Cela étant, la Cour doit tenir compte, notamment, de trois éléments afin d’examiner la compatibilité du maintien en détention d’un requérant avec un état de santé préoccupant, à savoir la condition du détenu, la qualité des soins dispensés et l’opportunité de maintenir la détention au vu de l’état de santé du requérant (Farbtuhs c. Lettonie, no 4672/02, § 53, 2 décembre 2004, et Sakkopoulos, précité, § 39).
ii. Application de ces principes à la présente espèce
56. La Cour relève tout d’abord que devant elle le requérant n’a pas soutenu que son état de santé était incompatible avec son maintien en détention. La seule question posée en l’espèce est celle de savoir si les soins administrés en prison ont été adéquats, compte tenu de l’exigence de protéger l’intégrité physique de l’intéressé (Tellissi, décision précitée, § 29).
57. À cet égard, la Cour note que le requérant affirme avoir informé l’administration du pénitencier de sa pathologie (relâchement du sphincter anal et problèmes d’incontinence) dès son arrivée à la prison de Bellizzi Irpino, le 8 octobre 2009 (paragraphe 7 ci-dessus). Quoi qu’il en soit, elle estime que la gravité de la situation aurait dû être claire pour les autorités au plus tard à partir du 20 novembre 2009, date de la première tentative de suicide du requérant (paragraphe 12 ci-dessus). Aux yeux de la Cour, ce geste, qui était directement lié à un épisode d’incontinence survenu lors d’un cours scolaire, ne pouvait que montrer le désarroi, l’angoisse et l’humiliation que le requérant ressentait à cause de sa pathologie et de ses manifestations en public.
58. En dépit de cela, la Cour constate que la manométrie du sphincter anal et l’examen des selles, qui auraient permis de tester les conditions de santé du requérant et qui avaient été ordonnés le 30 octobre 2009, n’ont été effectués que le 10 février 2010 (paragraphe 9 ci-dessus) et qu’un examen gastroentérologique prévu pour le 2 février 2010 n’a été réalisé que le 3 juillet 2010 (paragraphe 20 ci-dessus). Elle observe que dix mois et demi se sont ensuite écoulés avant l’accomplissement d’une nouvelle manométrie du sphincter (le 20 mai 2011) et que, à cette occasion, un médecin de l’hôpital public avait répété la recommandation faite par le médecin de la prison le 5 avril 2011, à savoir la soumission du requérant à un traitement de rééducation pelvi-périnéale dit « biofeedback ». Elle note aussi que les parties s’accordent à considérer que ce traitement a amélioré l’état de santé du requérant et a permis de traiter de manière significative ses problèmes d’incontinence, mais elle relève qu’il n’a été suivi par l’intéressé que du 23 août au 13 novembre 2012 (paragraphe 23 ci-dessus), soit un an et trois mois après avoir été ordonné par le médecin de l’hôpital public.
59. À ce titre, la Cour note que le Gouvernement affirme que ce dernier retard ne saurait être imputé à l’administration pénitentiaire, mais à celle de l’hôpital public d’Avellino (paragraphe 45 ci-dessus). Elle considère qu’elle n’a pas à se pencher sur cette question puisque, en tout état de cause, il appartenait à l’État d’organiser ses différents services et branches de manière à protéger de façon adéquate et efficace l’intégrité physique et psychique du requérant.
60. Par ailleurs, la Cour ne sous-estime pas certains des efforts faits par les autorités internes aux fins d’assurer un suivi de la situation du requérant, à savoir notamment son placement occasionnel dans des cellules individuelles et, avec son consentement, à l’infirmerie, ainsi que la possibilité qui lui a été accordée de prendre une douche par jour, de même que l’intervention du personnel de la prison en temps utile et de manière efficace afin d’éviter toute séquelle consécutive aux tentatives de suicide de l’intéressé. Elle note qu’il n’en demeure pas moins qu’il a fallu attendre plus de deux ans et neuf mois entre la première tentative de suicide (le 20 novembre 2009) et le début du cycle de rééducation qui a finalement pu résoudre les problèmes d’incontinence du requérant (le 23 août 2012). À supposer même que, comme le soutient le Gouvernement, la participation du requérant à ce traitement demandait une certaine organisation, au vu notamment de la nécessité d’assurer le transport de l’intéressé de la prison à l’hôpital public, la Cour estime qu’un tel délai ne saurait passer pour raisonnable et ne saurait être accepté dans les circonstances particulières de la présente affaire, compte tenu notamment de la nature de la pathologie du requérant ainsi que de l’état psychologique en découlant et ressortant de ses deux tentatives de suicide avérées (voir, a contrario, Tellissi, décision précitée, §§ 31-36). Elle rappelle par ailleurs qu’une violation de l’article 3 de la Convention peut subsister même en l’absence de l’intention d’humilier ou de rabaisser le requérant (Peers c. Grèce, no 28524/95, § 74, CEDH 2001 III, et Ramirez Sanchez c. France [GC], no 59450/00, § 118, CEDH 2006 IX).
61. À la lumière de ce qui précède, la Cour considère que le manque prolongé de soins adaptés à la pathologie du requérant a placé ce dernier dans une situation susceptible de susciter, chez lui, des sentiments constants d’angoisse, d’infériorité et d’humiliation suffisamment forts pour constituer un « traitement dégradant » au sens de l’article 3 de la Convention. Bien que dans une lettre du 31 mai 2013 l’intéressé lui-même ait admis être « guéri » (paragraphe 23 ci-dessus), la Cour relève qu’aucune mesure de réparation ne lui a été offerte pour la longue période au cours de laquelle il est resté dans l’attente d’un traitement médical adéquat. Par conséquent, elle estime que la demande du Gouvernement visant à l’obtention de la radiation de l’affaire du rôle (paragraphe 50 ci-dessus) au motif que le litige aurait été résolu ne saurait être acceptée.
62. Ces constats suffisent pour conclure qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention de ce chef.
63. Cette conclusion dispense la Cour de se pencher sur la question de savoir si cette disposition a également été violée en raison du placement du requérant dans un secteur d’isolement de la prison de Bellizzi Irpino et du refus de l’administration de lui fournir gratuitement des couches.
2. La surpopulation carcérale au pénitencier de Bellizzi Irpino
64. Le requérant se plaint également de ses conditions de vie au pénitencier de Bellizzi Irpino en raison notamment d’une surpopulation carcérale.
a) Arguments des parties
i. Le requérant
65. Le requérant expose que la surpopulation carcérale est un problème systémique en Italie. Il indique que 68 206 personnes étaient détenues au 26 juin 2010 alors que la capacité réglementaire des prisons était de 43 012 places, qu’au 30 juin 2013 les détenus étaient 68 945 pour une capacité réglementaire des prisons de 47 022 places, et que le nombre de juges d’application des peines est seulement de 193. Il ajoute qu’au 31 décembre 2010 la prison de Bellizzi Irpino, dont la capacité réglementaire était de 306 places (ce chiffre s’élevant d’après l’intéressé à 407 en 2011 et à 566 en 2013), hébergeait 458 prisonniers et qu’elle en accueille actuellement 667. Le requérant se demande comment la capacité réglementaire de la même prison a pu passer – d’après les données qu’il fournit – de 306 à 566 places en l’espace de trois ans, et il soutient qu’il n’aurait pas été placé en secteur d’isolement s’il y avait eu de la place en secteur ordinaire.
66. De plus, selon le requérant, les observations du Gouvernement n’ont pas porté sur sa situation spécifique : selon lui, il n’a pas été indiqué s’il a suivi des cours de formation ou fréquenté l’école, combien de temps il a passé en dehors de sa cellule, quels étaient ses conditions de vie dans cette dernière (chauffage, accès à la lumière) et l’état des sanitaires. D’après l’intéressé, le Gouvernement s’est borné à indiquer les dimensions des cellules occupées par lui et il n’a pas précisé qu’il n’y avait pas d’eau chaude et pas de protection contre la pluie et le soleil dans la cour de promenade attenante à l’infirmerie. Par ailleurs, le requérant insiste sur le nombre de prisonniers avec lesquels il dit avoir partagé lesdites cellules : six autres détenus du 8 octobre au 5 novembre 2009, un autre détenu du 5 au 20 novembre 2009, et un autre détenu occasionnellement pour la période suivante.
67. Le requérant indique que lorsqu’il partageait la cellule avec six autres détenus il disposait de moins de 4 m² d’espace personnel; il considère que les informations produites par le Gouvernement au sujet des dimensions et des conditions de vie dans les cellules ne sont pas correctes. Le requérant ajoute qu’il n’a pas pu pratiquer d’activités sportives ou bénéficier de la promenade étant donné que, d’après lui, il ne pouvait pas se déplacer sans couches et qu’il n’y avait pas de toilettes dans la cour de promenade. Il précise qu’il en était de même pour la fréquentation de l’école, des cours de formation, du programme de traitement pénitentiaire et de l’accès au travail en prison.
68. De plus, le requérant soutient qu’il a été placé pendant six mois dans un secteur d’isolement dans une situation hygiénique précaire, sans pouvoir se laver tous les jours et sans avoir accès à l’eau chaude, alors que sa pathologie aurait nécessité un traitement individualisé. Il ajoute que la lumière naturelle et l’air y étaient insuffisants, que l’accès à la promenade était alors limité à deux ou trois heures par jour, qu’il ne pouvait pas participer aux activités sociales et de traitement pénitentiaire, et que sa cellule ne disposait pas d’un système de chauffage.
69. Enfin, le requérant indique que lors de sa détention au pénitencier de Poggioreale il passait vingt-deux heures par jour dans sa cellule (qu’il dit avoir partagée parfois avec dix ou douze autres personnes), alors qu’à la prison de Bellizzi Irpino il restait environ vingt heures par jour en cellule.
ii. Le Gouvernement
70. Le Gouvernement soutient que l’administration pénitentiaire a pris en considération les besoins particuliers liés à l’état de santé du requérant en essayant de le placer dans des cellules individuelles en dépit de difficultés logistiques et structurelles. Il indique que les placements en question visaient à répondre au mieux aux exigences du requérant telles qu’exprimées par ce dernier (en particulier, pour pallier l’embarras que son incontinence pouvait entraîner), et qu’ils ne constituaient pas une forme d’isolement et n’étaient pas dus à la surpopulation carcérale.
71. Le Gouvernement indique par ailleurs que le placement de l’intéressé dans une cellule collective mesurant 24 m² et dotée d’une salle de bain intérieure de 4,83 m², partagée – à ses dires – avec quatre autres détenus, a duré moins d’un mois (du 8 octobre au 5 novembre 2009). Il indique également que, à la prison de Spoleto, l’intéressé a par ailleurs bénéficié d’une cellule individuelle très grande. En tout état de cause, il soutient que le requérant a eu à sa disposition au moins 4 m² d’espace personnel, en excluant la salle de bain, et que toutes les cellules disposaient d’une salle de bain séparée ainsi que d’une grande fenêtre mesurant environ 1,20 m sur 1,20 m et permettant la circulation de l’air et l’accès à la lumière naturelle. Il se réfère, à cet égard, aux principes énoncés par la Cour dans sa décision rendue dans l’affaire Tellissi précitée.
72. De plus, contestant les allégations formulées par le requérant, le Gouvernement soutient que l’accès de ce dernier au traitement pénitentiaire n’a jamais été exclu ou réduit. S’agissant de la détention de l’intéressé à la prison de Bellizzi Irpino, il précise ainsi que le requérant a pu bénéficier des activités à l’extérieur (à savoir la promenade) pendant deux (lors de son placement à l’infirmerie) à quatre heures par jour, de la salle commune pendant une à deux heures (en été) par jour et des activités éducatives. Il indique que, même en l’absence de toilettes dans l’espace de promenade, les détenus pouvaient faire usage des salles de bain de leurs cellules situées à proximité. Enfin, il indique qu’à l’infirmerie, où l’intéressé serait actuellement placé, celui-ci peut accéder quotidiennement aux douches avec l’eau chaude, que cet accès était limité à trois fois par semaine lorsqu’il se trouvait en isolement, et que pareil régime est compatible avec les règles pénitentiaires européennes.
b) Appréciation de la Cour
i. Principes généraux
73. La Cour relève que les mesures privatives de liberté impliquent habituellement pour un détenu certains inconvénients. Toutefois, elle rappelle que l’incarcération ne fait pas perdre à un détenu le bénéfice des droits garantis par la Convention. Au contraire, dans certains cas, la personne incarcérée peut avoir besoin d’une protection accrue en raison de la vulnérabilité de sa situation et parce qu’elle se trouve entièrement sous la responsabilité de l’État. Dans ce contexte, l’article 3 de la Convention fait peser sur les autorités une obligation positive qui consiste à s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions qui sont compatibles avec le respect de la dignité humaine et que les modalités d’exécution de la mesure en cause ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou à une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention (Kudła, précité, § 94, et Norbert Sikorski c. Pologne, no 17599/05, § 131, 22 octobre 2009).
74. S’agissant des conditions de détention, la Cour prend en compte les effets cumulatifs de celles-ci ainsi que les allégations spécifiques du requérant (Dougoz c. Grèce, nº 40907/98, § 46, CEDH 2001–II). En particulier, le temps pendant lequel un individu a été détenu dans les conditions incriminées constitue un facteur important (Kalashnikov c. Russie, no 47095/99, § 102, CEDH 2002–VI, Kehayov c. Bulgarie, no 41035/98, § 64, 18 janvier 2005, et Alver c. Estonie, no 64812/01, § 50, 8 novembre 2005).
75. Par ailleurs, lorsque la surpopulation carcérale atteint un certain niveau, la Cour considère que le manque d’espace dans un établissement pénitentiaire peut constituer l’élément central à prendre en compte dans l’appréciation de la conformité d’une situation donnée à l’article 3 de la Convention (voir, en ce sens, Karalevičius c. Lituanie, no 53254/99, § 40, 7 avril 2005).
76. Ainsi, lorsqu’elle a été confrontée à des situations de surpopulation sévère, la Cour a jugé que cet élément, à lui seul, suffisait pour conclure à la violation de cette disposition. Il s’agissait, de manière générale, de cas de figure où l’espace personnel accordé à un requérant était inférieur à 3 m², alors que le CPT avait estimé que l’espace individuel souhaitable dans les cellules collectives devait être de 4 m² (Kantyrev c. Russie, no 37213/02, §§ 50-51, 21 juin 2007, Andreï Frolov c. Russie, no 205/02, §§ 47-49, 29 mars 2007, Kadikis c. Lettonie, no 62393/00, § 55, 4 mai 2006 ; Sulejmanovic c. Italie, no 22635/03, § 43, 16 juillet 2009, et Torreggiani et autres c. Italie, nos 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 et 37818/10, § 68, 8 janvier 2013).
77. En revanche, dans des affaires où la surpopulation n’était pas importante au point de soulever à elle seule un problème sous l’angle de l’article 3 de la Convention, la Cour a noté que d’autres aspects des conditions de détention étaient à prendre en compte dans l’examen du respect de cette disposition. Parmi ces éléments figurent la possibilité d’utiliser les toilettes de manière privée, l’aération disponible, l’accès à la lumière et à l’air naturels, la qualité du chauffage et le respect des exigences sanitaires de base. Aussi, même dans des affaires où chaque détenu disposait de 3 à 4 m², la Cour a conclu à la violation de l’article 3 de la Convention dès lors que le manque d’espace s’accompagnait d’un manque de ventilation et de lumière (Moisseiev c. Russie, no 62936/00, §§ 125-127, 9 octobre 2008 ; voir également Vlassov c. Russie, no 78146/01, § 84, 12 juin 2008, et Babouchkine c. Russie, no 67253/01, § 44, 18 octobre 2007), d’un accès limité à la promenade en plein air (István Gábor Kovács c. Hongrie, no 15707/10, § 26, 17 janvier 2012) ou d’un manque total d’intimité dans les cellules (voir, mutatis mutandis, Belevitskiy c. Russie, no 72967/01, §§ 73-79, 1er mars 2007, Khudoyorov c. Russie, no 6847/02, §§ 106-107, ECHR 2005–X (extraits), et Novoselov c. Russie, no 66460/01, §§ 32 et 40-43, 2 juin 2005).
ii. Application de ces principes à la présente espèce
78. La Cour note tout d’abord qu’elle n’est pas compétente pour se prononcer sur les conditions de détention du requérant au pénitencier de Poggioreale, conditions mentionnées par l’intéressé dans ses observations en réponse (paragraphe 69 ci-dessus). À cet égard, elle se borne à observer que, ayant bénéficié d’une détention à domicile à compter du 28 mars 2009 (paragraphe 6 ci-dessus), le requérant a quitté cet établissement plus de six mois avant la date d’introduction de la requête (le 30 novembre 2010).
79. Pour ce qui est des pénitenciers de Bellizzi Irpino et de Spoleto, la Cour note qu’il ressort des informations fournies par le Gouvernement, (paragraphes 8, 10, 13, 15, 22 et 25 ci-dessus) que l’intéressé a été successivement placé dans des cellules mesurant 24, 10, 16, 20 et 30 m². Elle constate que le requérant conteste uniquement la surface de la cellule dans laquelle il a été placé du 20 au 27 novembre 2009 et qui selon lui mesurait 6 m² (paragraphe 14 ci-dessus). Aux yeux de la Cour, il n’en demeure pas moins que les informations du Gouvernement sont basées sur les documents pertinents provenant des administrations pénitentiaires concernées et que le requérant n’a pas fourni d’éléments susceptibles de démontrer que les données contenues dans ceux-ci étaient erronées.
80. De même, la Cour note que les parties sont également en désaccord sur le nombre des occupants des cellules en ce qui concerne les périodes suivantes : du 8 octobre au 5 novembre 2009, le Gouvernement soutenant que le requérant avait partagé une cellule de 24 m² avec quatre autres détenus, et l’intéressé indiquant qu’il s’y trouvait avec six autres prisonniers (paragraphes 7 et 8 ci-dessus), et du 14 février au 17 mars 2012, le Gouvernement affirmant que deux ou trois autres personnes se trouvaient dans une cellule de 20 m² avec l’intéressé, et ce dernier alléguant y avoir été placé avec cinq autres personnes (paragraphes 25 et 26 ci-dessus). Pour le reste, elle note qu’il n’est pas contesté entre les parties que le requérant était le seul détenu dans la cellule ou bien qu’il la partageait avec un autre prisonnier.
81. La Cour relève que, si la version du Gouvernement quant au nombre des occupants des cellules est exacte, à aucun moment le requérant n’aurait disposé d’un espace personnel inférieur à l’espace individuel estimé souhaitable par le CPT pour les cellules collectives (à savoir 4 m²). En tout état de cause, elle observe que, à supposer même que les allégations du requérant puissent être acceptées, l’intéressé aurait de toute manière joui d’un espace personnel non inférieur à 3 m² pendant les périodes en question (paragraphe 80 ci-dessus), ce qui, aux termes de la jurisprudence de la Cour, ne saurait être constitutif, à lui seul, d’une violation de l’article 3 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Tellissi, décision précitée, § 53).
82. De plus, la Cour relève que le requérant dénonce également un manque de lumière, d’éclairage et de chauffage dans les cellules occupées par lui ainsi qu’un mauvais fonctionnement de certaines installations sanitaires. Cependant, elle constate que l’intéressé n’a fourni aucun élément permettant de contester l’affirmation du Gouvernement (paragraphe 71 ci-dessus) selon laquelle chaque cellule était dotée d’une grande fenêtre (mesurant environ 1,20 m sur 1,20 m) permettant la circulation de l’air et de la lumière naturelle. Cette affirmation est basée sur les documents provenant de l’administration carcérale, parmi lesquels des planimétries (paragraphe 22 ci-dessus). Elle note de plus que, durant de longues périodes, le requérant avait été autorisé à prendre quotidiennement une douche avec de l’eau chaude. Elle considère donc que le mauvais fonctionnement occasionnel des installations sanitaires ne saurait s’analyser en un traitement contraire à l’article 3 de la Convention.
83. Par ailleurs, la Cour observe que le requérant ne s’est pas plaint d’un manque total d’intimité dans les cellules et n’a pas contesté l’affirmation du Gouvernement selon laquelle les cabinets de toilette étaient séparés. De plus, à supposer même que le placement du requérant dans l’infirmerie ait pu de facto limiter la durée de son accès à la promenade, la Cour constate que le placement litigieux a été fait à la demande de l’intéressé pour traiter ses problèmes d’incontinence et qu’en tout état de cause celui-ci n’a pas soutenu avoir souffert d’un isolement complet ou d’une impossibilité totale de se rendre dans la cour de promenade. À cet égard, il convient de noter que depuis novembre 2009 le requérant a pu fréquenter l’école de la prison et suivre un cours d’insertion professionnelle (paragraphe 27 ci-dessus).
84. Dans ces conditions, la Cour estime que les conditions de détention du requérant ne sauraient être considérées comme contraires à l’article 3 de la Convention, notamment sous l’angle des effets de la surpopulation carcérale (voir, mutatis mutandis, Tellissi, décision précitée, §§ 52-57).
85. Il s’ensuit qu’il n’y a pas eu violation de cette disposition de ce chef.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
86. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
87. Le requérant réclame 30 000 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’il dit avoir subi. Il soutient avoir fait l’objet depuis 2009 de conditions de détention contraires à la Convention.
88. Le Gouvernement considère que le requérant n’a pas étayé sa demande étant donné qu’il aurait omis de produire des preuves relatives à l’existence, à la nature et au montant du préjudice allégué. De plus, il estime que l’intéressé n’a pas démontré l’existence d’un lien de causalité entre la violation de la Convention et le dommage moral dont il se plaint, et il est d’avis que le montant sollicité est en tout état de cause excessif.
89. La Cour considère qu’il y a lieu d’octroyer au requérant 20 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
90. Se fondant sur une note de frais de son conseil, le requérant demande également 6 545 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour.
91. Le Gouvernement considère ce montant excessif et indique que le requérant n’a pas démontré que les frais allégués étaient nécessaires et raisonnables.
92. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, et compte tenu des documents dont elle dispose et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 5 000 EUR et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
93. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention à raison du retard dans l’administration de soins adaptés à l’état de santé du requérant ;

3. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 3 de la Convention à raison de la surpopulation carcérale ;

4. Dit
a) que l’État défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 20 000 EUR (vingt mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral,
ii. 5 000 EUR (cinq mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens,
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 avril 2014, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement de la Cour.
Abel Campos Işıl Karakaş
Greffier adjoint Présidente

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    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 18/09/2024