SECONDA SEZIONE
CAUSA FONTANA C. ITALIA
( Richiesta no 1452/03)
SENTENZA
STRASBURGO
13 novembre 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Fontana c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 ottobre 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 1452/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. R. F. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 gennaio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da V. M, avvocato a Reggio Emilia. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e dalla Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 2 settembre 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1934 e ha risieduto a Parma.
A. Il procedimento principale
5. Il 12 marzo 1985, il richiedente citò la banca C.R.R.E. dinnanzi al tribunale di Reggio Emilia nella cornice di una causa concernente il rimborso dei danni subiti a seguito della revoca del suo conto corrente (RG. no 645/85).
6. Delle trentasei udienze fissate tra il 9 maggio 1985 ed i l21 settembre 2000, ventitre furono rinviati su richiesta delle parti, cinque d’ufficio, tre riguardarono le istanze delle parti, una il deposito di documenti, tre la presentazione delle conclusioni, una la discussione.
7. Con un giudizio del 20 ottobre 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 9 novembre 2000, il tribunale fece diritto alla domanda del richiedente.
8. Il 7 novembre 2001, il richiedente attaccò questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Bologna. Con una sentenza del 4 giugno 2004, depositata il 5 gennaio 2005, l’appello fu respinto alla cancelleria.
B. Il procedimento “Pinto”
9. Il 12 aprile 2002, il richiedente investe la corte di appello di Ancona ai sensi della legge “Pinto” e chiese la constatazione di una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (durata eccessiva del procedimento) così come il risarcimento dei danni materiali e morali subiti.
10. Con una decisione del 27 giugno 2002 il cui il testo fu depositato alla cancelleria l’ 11 luglio 2002, la corte di appello considerò il procedimento fino alla data del deposito alla cancelleria del giudizio di prima istanza, constatò il superamento di una durata ragionevole ma respinse la domanda di indennizzo del richiedente al motivo che non aveva fornito la prova di nessuno danno.
11. Non avendo formato ricorso in cassazione il richiedente, la decisione della corte di appello diventò definitiva al più tardi il 15 settembre 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULL’ “OSSERVAZIONE PROCEDURALE” DEL GOVERNO
13. A titolo preliminare, il Governo contesta la decisione della Corte di esaminare l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo, adducendo che il presente caso solleverebbe dei nuovi aspetti.
14. La Corte ricorda che la possibilità di esaminare l’ammissibilità ed il merito di una richiesta allo stesso tempo è prevista chiaramente dagli articoli 29 § 3 della Convenzione e 54A dell’ordinamento. La Corte non vede, nello specifico, nessuna ragione di ritornare sulla decisione di esaminare congiuntamente l’ammissibilità ed il merito (vedere, mutatis mutandis, Marcello Viola c. Italia, no 45106/04, § 33, 5 ottobre 2006, e Bagarella c. Italia, no 15625/04, § 15, 15 gennaio 2008).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
15. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
16. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. Non – esaurimento delle vie di ricorso interne
17. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne per il fatto che il richiedente non è ricorso in cassazione contro la decisione della corte di appello “Pinto.”
18. Alla luce della sua giurisprudenza in materia (vedere, mutatis mutandis, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 17-20, 5 giugno 2007) la Corte respinge questa eccezione.
2. Requisito di “vittima”
19. Per sapere se un richiedente può definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, c’è luogo di esaminare se le autorità nazionali hanno riconosciuto e poi riparato in modo adeguato e sufficiente la violazione controversa (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, precitata, §§ 25-31; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98).
20. Dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte considera che la correzione si è rivelata insufficiente. Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Conclusione
21. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontrano nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
22. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 12 marzo 1985, data dell’introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al tribunale di Reggio Emilia, fino al 9 novembre 2000, giorno del deposito alla cancelleria del giudizio di suddetto tribunale. La fase posteriore a questa data non potrebbe essere presa in considerazione dalla Corte perché il richiedente era tenuto ad esaurire di nuovo le vie di ricorso interne investendo una nuova volta la corte di appello ai sensi della “legge Pinto” (vedere Gattuso c. Italia,( déc.), no 24715/04, 18 novembre 2004). Il procedimento controverso è durato dunque quindici anni ed otto mesi per un grado di giurisdizione.
23. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazioni fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso sia eccessiva e non soddisfi l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
24. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
25. Il richiedente richiede una somma per risarcimento del danno morale subito, pure lasciando alla Corte la cura di fissare l’importo da concedere.
26. Il Governo contesta queste pretese.
27. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto dei ritardi imputabili al richiedente così come della posta della controversia, la somma di 13 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Ancona non abbia concesso al richiedente nessuna somma come risarcimento arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto”, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 5 850 EUR.
B. Oneri e spese
28. Il richiedente non ha fatto richiesta di rimborso di oneri e spese impegnati dinnanzi alla Corte. Pertanto, la Corte stima che non c’è luogo di concedergli alcuna somma a questo titolo.
C. Interessi moratori
29. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 5 850 EUR (cinquemila otto cento cinquanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddetta somma, per danno morale,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 novembre 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice di sezione Presidentessa