Conclusione Non-violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA FIUME C. ITALIA
( Richiesta no 20774/05)
SENTENZA
STRASBURGO
30 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Fiume c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 9 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 20774/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. F. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 maggio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da M. T., avvocato a Salerno. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce l’impossibilità di ottenere l’esecuzione di decisioni di giustizia.
4. Il 17 settembre 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1940 e risiede a Fisciano.
6. Il richiedente è un agente delle dogane esercitante le funzioni di direttore.
7. Con una decisione del 22 marzo 2002, l’amministrazione delle dogane destinò provvisoriamente il suo collega D.C. alla direzione regionale delle dogane di Salerno fino al 7 agosto 2004.
8. In una data che non è stata precisata, il richiedente investì il giudice del lavoro di Salerno di un ricorso per direttissimo, chiedendo l’annullamento di emergenza della decisione del 22 marzo 2002, al motivo che D.C. non aveva il profilo richiesto per esercitare le funzioni di direttore.
9. Con un’ordinanza provvisoria (“ordinanza cautelare”) del 3 dicembre 2002, il giudice del lavoro di Salerno accolse l’istanza per direttissima del richiedente. Osservò che D.C. che non aveva diploma di studi superiori, non era atto ad occupare una posizione di direttore. Pertanto, il giudice sostenne che la decisione di destinazione di questo doveva essere annullata a titolo conservatorio.
Il giudice del lavoro rilevò anche che il richiedente aveva un interesse ad agire poiché poteva, alla vista della sua anzianità e dei suoi titoli, partecipare al concorso interno e sperare di ottenere legittimamente la stazione controversa.
10. L’amministrazione delle dogane introdusse dinnanzi al tribunale di Salerno un reclamo contro suddetta ordinanza per direttissima. Il tribunale respinse il reclamo con un’ordinanza del 23 aprile 2003.
11. L’amministrazione delle dogane non ubbidì e D.C. restò nelle sue funzioni.
12. Il richiedente chiese allora al giudice del lavoro di Salerno di precisare le modalità di esecuzione dell’ordinanza per direttissima resa il 3 dicembre 2002.
13. Il 3 ottobre 2003, il giudice affermò che la sua precedente ordinanza rinchiudeva un obbligo di agire a carico dell’amministrazione delle dogane ed ordinò che questa procedesse, entro quarantacinque giorni, all’organizzazione di un concorso interno (“interpello”) che prevedeva la destinazione alla posizione di direttore di un agente avente il profilo previsto dalla legge.
14. Nel frattempo, il 18 gennaio 2003, il richiedente aveva introdotto dinnanzi al tribunale di Salerno un ricorso per annullamento della decisione di destinazione di D.C.
15. Con un giudizio del 17 ottobre 2003, il tribunale di Salerno accolse il ricorso del richiedente. Rilevò che la nomina di D.C. era illegale e doveva essere annullata, perché, ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo no 29 di 1993 così come dell’ordinamento delle dogane, il possesso di un diploma di studi superiori è una condizione necessaria per occupare la posizione di direttore. Essendo così, il tribunale, reiterando il contenuto dell’ordinanza del 3 ottobre 2003, ordinò all’amministrazione di attivare un procedimento di reclutamento per occupare la posizione in causa.
16. L’amministrazione e D.C. attaccarono il giudizio.
17. Il 26 aprile 2003, il richiedente notificò all’amministrazione un primo comando di eseguire l’ordinanza per direttissima.
18. L’amministrazione formò opposizione. Con un giudizio del 27 febbraio 2004, il tribunale di Salerno affermò che il richiedente non aveva più interesse ad ottenere l’esecuzione dell’ordinanza per direttissima poiché nel frattempo era stato reso il giudizio sul merito del 17 ottobre 2003.
19. Il 19 gennaio 2004, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale di Salerno un ricorso per esecuzione del giudizio del 17 ottobre 2003 e chiese la destituzione di D.C. Questo ricorso fu dichiarato inammissibile dal giudice d’esecuzione presso il tribunale di Salerno, al motivo che il giudice ordinario non è competente per decidere dell’esecuzione di obblighi di esecuzione a carico dell’amministrazione pubblica.
20. Il 23 febbraio 2004, il richiedente introdusse un ricorso per esecuzione (“giudizio di ottemperanza”) dinnanzi al tribunale amministrativo regionale (“TAR”) della Campania. Fece valere che il giudizio del 17 ottobre 2003 rinchiudeva l’ obbligo di diventare immediatamente esecutivo.
21. Con un giudizio del 27 luglio 2004, il TAR respinse il ricorso del richiedente. Affermò che il giudizio del 17 ottobre 2003 di cui il richiedente chiedeva l’esecuzione, non aveva acquisito autorità di cosa giudicata e non poteva essere dunque oggetto di un procedimento di esecuzione. Il TAR affermò peraltro che il carattere provvisoriamente esecutivo del giudizio del tribunale non era determinante nello specifico, trattandosi di una decisione resa da una giurisdizione giudiziale e non da una giurisdizione amministrativa.
22. Il richiedente interpose appello. Con una decisione del 2 dicembre 2004, depositata il 7 dicembre 2004, il Consiglio di stato respinse l’appello alla cancelleria e confermò il giudizio reso dal TAR. L’alta giurisdizione amministrativa affermò che il diritto interno permette l’esecuzione immediata di una decisione colpita solamente d’appello se la decisione in questione è presa da una giurisdizione amministrativa.
23. Nel frattempo, con una sentenza del 30 giugno 2004, depositata il 25 agosto 2004, la corte di appello di Salerno respinse alla cancelleria tutti i motivi di appello dell’amministrazione e di D.C. e confermò il giudizio del 17 ottobre 2003.
24. L’amministrazione ricorse in cassazione adducendo tra l’altro un errore di interpretazione delle norme pertinenti. Con una sentenza del 23 maggio 2007, depositata il 14 settembre 2007, la Corte di cassazione respinse l’amministrazione del suo ricorso.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
25. Il richiedente adduce l’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio del tribunale di Salerno che ordinava la destituzione del suo collega dalla posizione di direttore delle dogane. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
26. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
27. Il Governo eccepisce la non applicabilità dell’articolo 6 al motivo che il diritto rivendicato dal richiedente durante il procedimento interno non riveste, sotto differenti aspetti, il carattere di dritto civile ai sensi della Convenzione.
28. Sostiene innanzitutto che il ricorso intentato a livello nazionale non aveva per scopo l’attribuzione al richiedente di una posizione di funzionario ma la destituzione di un terzo della posizione di dirigente della direzione delle dogane di Palermo. Ora, il diritto interno non garantisce il diritto a vedere un terza persona destituita della sua posizione.
29. Ad ogni modo, anche ammettendo che il richiedente perseguisse con la sua azione la sua destinazione alla stazione di dirigente delle dogane, il diritto interno non garantisce neanche il diritto del richiedente ad essere assegnato alla posizione controversa, beneficiando l’amministrazione pubblica di un largo potere discrezionale in materia di scelta dei suoi propri funzionari. A questo riguardo, il Governo fa valere la mancanza di legame diretto tra le decisioni di cui il richiedente adduce l’inadempienza, dichiarando la destinazione di D.C. illegale, ed il diritto rivendicato dall’interessato.
30. L’inapplicabilità dell’articolo 6 nello specifico deriverebbe infine, comunque dal legame speciale di fiducia e di lealtà che esiste tra un funzionario destinato alla posizione di dirigente delle dogane e lo stato.
31. Il richiedente contesta l’argomento del Governo secondo cui l’oggetto del suo ricorso era di ottenere l’annullamento della destinazione di D.C alla posizione di direttore delle dogane.
Sostiene che lo scopo della sua azione di giustizia era di ottenere che la posizione di direttore delle dogane fosse assegnata tramite un concorso interno istituito conformemente alle disposizioni della legge nazionale, ossia il decreto legislativo no 29 di 1993 e l’ordinamento delle dogane. Si riferisce a questo proposito al testo del giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003, confermato in ultima istanza dalla Corte di cassazione.
32. Il richiedente rivendica il suo diritto di vedere le norme nazionali in materia di diritto di lavoro correttamente applicate, il che gli avrebbe permesso di ambire alla posizione controversa e, all’occorrenza, di esservi assegnato. A questo riguardo, il richiedente sottolinea che aveva il profilo richiesto per la posizione di direttore e che avrebbe potuto sperare legittimamente di ottenere la posizione nel caso in cui un concorso interno fosse stato messo in atto.
33. La Corte ricorda che nella causa Vilho Eskelinen ed altri c. Finlandia (precitata, § 62) ha introdotto due criteri da esaminare cumulativamente affinché lo stato convenuto possa opporre validamente ad un richiedente funzionario l’inapplicabilità dell’articolo 6 § 1: il richiedente funzionario deve essere espressamente privato da una parte del diritto di accedere ad un tribunale secondo il diritto nazionale; dall’ altra parte, l’esclusione dei diritti garantiti all’articolo 6 deve fondarsi su dei motivi obiettivi legati all’interesse dello stato.
34. Nello specifico, si è obbligati a constatare che il richiedente ha avuto accesso ad un tribunale per fare valere le sue pretese. Pertanto, il Governo non potrebbe invocare l’inapplicabilità dell’articolo 6 in ragione dello statuto di funzionario del richiedente.
35. Peraltro, la Corte osserva che il diritto di beneficiare di un procedimento di reclutamento condotto secondo le vie legali e nel rispetto del principio di trasparenza, rivendicato dal richiedente e riconosciuto a più riprese dalle giurisdizioni interne, riguarda l’esercizio della carriera professionale dell’interessato e, di conseguenza, la situazione patrimoniale di questo.
Inoltre, le autorità interne avendo riconosciuto che il richiedente assolveva i criteri richiesti per partecipare ad un concorso e poteva sperare legittimamente di ottenere la posizione da assegnare (vedere sopra paragrafo 9), la Corte considera che la conclusione del procedimento controverso era direttamente determinante per il diritto rivendicato dall’interessato (a contrario, Revel e Mora c. Francia, (dec.), no 171/03, del 15 novembre 2005).
36. Dato che la regolarità di un procedimento che ha fatto riferimento ad un diritto di carattere civile suscitava un ricorso giudiziale che è stato esercitato dal richiedente, conviene concludere che una “contestazione” relativa ad un “diritto di carattere civile” è sorta nell’occorrenza ed è stata decisa dalla giurisdizione giudiziale (mutatis mutandis, Kök c. Turchia, no 1855/02, § 37, 19 ottobre 2006).
37. Di conseguenza, l’articolo 6 si trova ad applicare nello specifico.
38. Conviene dunque respingere l’eccezione di incompatibilità del Governo. La Corte constata peraltro che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
39. Il richiedente sostiene che il giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003 era immediatamente esecutivo ai sensi del diritto interno e condannava chiaramente l’amministrazione ad eseguire un obbligo di facere, ossia il collocamento in opera del procedimento di un concorso interno. Peraltro, suddetto giudizio non faceva altro che confermare l’ordinanza provvisoria del 3 dicembre 2002.
Ora, in ragione dell’inerzia dell’amministrazione delle dogane, fu costretto ad iniziare un procedimento di esecuzione forzata dinnanzi al tribunale ordinario prima ed al tribunale amministrativo poi. Ottenne però, solamente una decisione che respingeva la sua azione per delle ragioni procedurali, il che ha generato una violazione del suo diritto di accesso alla giustizia.
40. Il richiedente adduce che l’inadempimento del giudizio controverso ha permesso all’amministrazione di trarre profitto da una situazione di illegalità che diventò irreversibile il 7 agosto 2004, quando il mandato provvisorio di D.C. giunse a scadenza.
41. Il Governo ribatte che lo stato non aveva nessuno obbligo di eseguire le decisioni controverse poiché non avevano acquisito autorità di cosa giudicata. Fa valere che l’ordinanza provvisoria del 3 dicembre 2002 fu sostituita dal giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003. Ora, essendo attaccato suddetto giudizio in giustizia dall’amministrazione, non era immediatamente esecutivo e diventò definitivo solamente molto dopo l’introduzione della presente richiesta dinnanzi alla Corte.
42. A questo proposito, sottolinea che, secondo il diritto interno, solamente una decisione di giustizia che provoca una condanna di pagamento è immediatamente esecutiva mentre una condanna di facere è esecutiva solamente quando la decisione ha acquisito autorità di cosa giudicata.
43. La Corte ricorda che il diritto di accesso ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di un Stato contraente permettesse che una decisione giudiziale definitiva ed obbligatoria resti inoperante a scapito di una parte (vedere la sentenza Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II, pp. 510-511, § 40).
44. Per ciò che riguarda la presente causa, la Corte nota che il giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003 la cui inadempienza è motivo di appello del richiedente, non era una decisione definitiva perché era resa in prima istanza ed era suscettibile di essere colpita d’appello da parte dell’amministrazione, il che fu il caso del resto. Inoltre, il carattere non definitivo di suddetto giudizio fu affermato dal giudice d’esecuzione quando sostenne che il diritto interno non ne permetteva l’esecuzione forzata (paragrafo 21 sopra).
45. Certo, la Corte non ignora il fatto che il giudice del lavoro, dopo avere riconosciuto il diritto del richiedente ad agire, aveva dichiarato provvisoriamente l’illegittimità della destinazione di D.C. ed aveva condannato l’amministrazione a mettere in opera un concorso interno conforme alla legge (paragrafi 9 e 13 sopra). Però, l’ordinanza provvisoria del 3 dicembre 2002 perse la sua efficacia conservatoria in seguito all’adozione del giudizio sul merito del 17 ottobre 2003.
Peraltro, la decisione che chiuse a titolo definitivo il procedimento sul merito, ossia la sentenza della Corte di cassazione del 23 maggio 2007, sebbene favorevole al richiedente e confermante il contenuto del giudizio controverso, intervenne solamente mentre il mandato provvisorio di D.C. era giunto a scadenza il 7 agosto 2004.
46. La Corte non potrebbe ammettere che l’articolo 6 protegge non solo il collocamento in opera di decisioni giudiziali definitive ed obbligatorie, ma anche quello di decisioni che possono essere sottoposte al controllo di più alte istanze e, eventualmente, annullate” (Ouzounis ed altri c. Grecia, no 49144/99, § 21, 18 aprile 2002). Nell’occorrenza, alla vista in particolare delle regole di diritto interno concernente l’esecuzione dei giudizi ed applicabili nello specifico, la Corte non potrebbe giudicare contraria alle esigenze dell’articolo 6 l’omissione dell’amministrazione di eseguire il giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003 in attesa della conclusione del procedimento.
Pertanto non c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 30 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa