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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE FIUME c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 06
Numero: 20774/05/2009
Stato: Italia
Data: 2009-06-30 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Non-violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA FIUME C. ITALIA
( Richiesta no 20774/05)
SENTENZA
STRASBURGO
30 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Fiume c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 9 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 20774/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. F. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 maggio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da M. T., avvocato a Salerno. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce l’impossibilità di ottenere l’esecuzione di decisioni di giustizia.
4. Il 17 settembre 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1940 e risiede a Fisciano.
6. Il richiedente è un agente delle dogane esercitante le funzioni di direttore.
7. Con una decisione del 22 marzo 2002, l’amministrazione delle dogane destinò provvisoriamente il suo collega D.C. alla direzione regionale delle dogane di Salerno fino al 7 agosto 2004.
8. In una data che non è stata precisata, il richiedente investì il giudice del lavoro di Salerno di un ricorso per direttissimo, chiedendo l’annullamento di emergenza della decisione del 22 marzo 2002, al motivo che D.C. non aveva il profilo richiesto per esercitare le funzioni di direttore.
9. Con un’ordinanza provvisoria (“ordinanza cautelare”) del 3 dicembre 2002, il giudice del lavoro di Salerno accolse l’istanza per direttissima del richiedente. Osservò che D.C. che non aveva diploma di studi superiori, non era atto ad occupare una posizione di direttore. Pertanto, il giudice sostenne che la decisione di destinazione di questo doveva essere annullata a titolo conservatorio.
Il giudice del lavoro rilevò anche che il richiedente aveva un interesse ad agire poiché poteva, alla vista della sua anzianità e dei suoi titoli, partecipare al concorso interno e sperare di ottenere legittimamente la stazione controversa.
10. L’amministrazione delle dogane introdusse dinnanzi al tribunale di Salerno un reclamo contro suddetta ordinanza per direttissima. Il tribunale respinse il reclamo con un’ordinanza del 23 aprile 2003.
11. L’amministrazione delle dogane non ubbidì e D.C. restò nelle sue funzioni.
12. Il richiedente chiese allora al giudice del lavoro di Salerno di precisare le modalità di esecuzione dell’ordinanza per direttissima resa il 3 dicembre 2002.
13. Il 3 ottobre 2003, il giudice affermò che la sua precedente ordinanza rinchiudeva un obbligo di agire a carico dell’amministrazione delle dogane ed ordinò che questa procedesse, entro quarantacinque giorni, all’organizzazione di un concorso interno (“interpello”) che prevedeva la destinazione alla posizione di direttore di un agente avente il profilo previsto dalla legge.
14. Nel frattempo, il 18 gennaio 2003, il richiedente aveva introdotto dinnanzi al tribunale di Salerno un ricorso per annullamento della decisione di destinazione di D.C.
15. Con un giudizio del 17 ottobre 2003, il tribunale di Salerno accolse il ricorso del richiedente. Rilevò che la nomina di D.C. era illegale e doveva essere annullata, perché, ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo no 29 di 1993 così come dell’ordinamento delle dogane, il possesso di un diploma di studi superiori è una condizione necessaria per occupare la posizione di direttore. Essendo così, il tribunale, reiterando il contenuto dell’ordinanza del 3 ottobre 2003, ordinò all’amministrazione di attivare un procedimento di reclutamento per occupare la posizione in causa.
16. L’amministrazione e D.C. attaccarono il giudizio.
17. Il 26 aprile 2003, il richiedente notificò all’amministrazione un primo comando di eseguire l’ordinanza per direttissima.
18. L’amministrazione formò opposizione. Con un giudizio del 27 febbraio 2004, il tribunale di Salerno affermò che il richiedente non aveva più interesse ad ottenere l’esecuzione dell’ordinanza per direttissima poiché nel frattempo era stato reso il giudizio sul merito del 17 ottobre 2003.
19. Il 19 gennaio 2004, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale di Salerno un ricorso per esecuzione del giudizio del 17 ottobre 2003 e chiese la destituzione di D.C. Questo ricorso fu dichiarato inammissibile dal giudice d’esecuzione presso il tribunale di Salerno, al motivo che il giudice ordinario non è competente per decidere dell’esecuzione di obblighi di esecuzione a carico dell’amministrazione pubblica.
20. Il 23 febbraio 2004, il richiedente introdusse un ricorso per esecuzione (“giudizio di ottemperanza”) dinnanzi al tribunale amministrativo regionale (“TAR”) della Campania. Fece valere che il giudizio del 17 ottobre 2003 rinchiudeva l’ obbligo di diventare immediatamente esecutivo.
21. Con un giudizio del 27 luglio 2004, il TAR respinse il ricorso del richiedente. Affermò che il giudizio del 17 ottobre 2003 di cui il richiedente chiedeva l’esecuzione, non aveva acquisito autorità di cosa giudicata e non poteva essere dunque oggetto di un procedimento di esecuzione. Il TAR affermò peraltro che il carattere provvisoriamente esecutivo del giudizio del tribunale non era determinante nello specifico, trattandosi di una decisione resa da una giurisdizione giudiziale e non da una giurisdizione amministrativa.
22. Il richiedente interpose appello. Con una decisione del 2 dicembre 2004, depositata il 7 dicembre 2004, il Consiglio di stato respinse l’appello alla cancelleria e confermò il giudizio reso dal TAR. L’alta giurisdizione amministrativa affermò che il diritto interno permette l’esecuzione immediata di una decisione colpita solamente d’appello se la decisione in questione è presa da una giurisdizione amministrativa.
23. Nel frattempo, con una sentenza del 30 giugno 2004, depositata il 25 agosto 2004, la corte di appello di Salerno respinse alla cancelleria tutti i motivi di appello dell’amministrazione e di D.C. e confermò il giudizio del 17 ottobre 2003.
24. L’amministrazione ricorse in cassazione adducendo tra l’altro un errore di interpretazione delle norme pertinenti. Con una sentenza del 23 maggio 2007, depositata il 14 settembre 2007, la Corte di cassazione respinse l’amministrazione del suo ricorso.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
25. Il richiedente adduce l’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio del tribunale di Salerno che ordinava la destituzione del suo collega dalla posizione di direttore delle dogane. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
26. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
27. Il Governo eccepisce la non applicabilità dell’articolo 6 al motivo che il diritto rivendicato dal richiedente durante il procedimento interno non riveste, sotto differenti aspetti, il carattere di dritto civile ai sensi della Convenzione.
28. Sostiene innanzitutto che il ricorso intentato a livello nazionale non aveva per scopo l’attribuzione al richiedente di una posizione di funzionario ma la destituzione di un terzo della posizione di dirigente della direzione delle dogane di Palermo. Ora, il diritto interno non garantisce il diritto a vedere un terza persona destituita della sua posizione.
29. Ad ogni modo, anche ammettendo che il richiedente perseguisse con la sua azione la sua destinazione alla stazione di dirigente delle dogane, il diritto interno non garantisce neanche il diritto del richiedente ad essere assegnato alla posizione controversa, beneficiando l’amministrazione pubblica di un largo potere discrezionale in materia di scelta dei suoi propri funzionari. A questo riguardo, il Governo fa valere la mancanza di legame diretto tra le decisioni di cui il richiedente adduce l’inadempienza, dichiarando la destinazione di D.C. illegale, ed il diritto rivendicato dall’interessato.
30. L’inapplicabilità dell’articolo 6 nello specifico deriverebbe infine, comunque dal legame speciale di fiducia e di lealtà che esiste tra un funzionario destinato alla posizione di dirigente delle dogane e lo stato.
31. Il richiedente contesta l’argomento del Governo secondo cui l’oggetto del suo ricorso era di ottenere l’annullamento della destinazione di D.C alla posizione di direttore delle dogane.
Sostiene che lo scopo della sua azione di giustizia era di ottenere che la posizione di direttore delle dogane fosse assegnata tramite un concorso interno istituito conformemente alle disposizioni della legge nazionale, ossia il decreto legislativo no 29 di 1993 e l’ordinamento delle dogane. Si riferisce a questo proposito al testo del giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003, confermato in ultima istanza dalla Corte di cassazione.
32. Il richiedente rivendica il suo diritto di vedere le norme nazionali in materia di diritto di lavoro correttamente applicate, il che gli avrebbe permesso di ambire alla posizione controversa e, all’occorrenza, di esservi assegnato. A questo riguardo, il richiedente sottolinea che aveva il profilo richiesto per la posizione di direttore e che avrebbe potuto sperare legittimamente di ottenere la posizione nel caso in cui un concorso interno fosse stato messo in atto.
33. La Corte ricorda che nella causa Vilho Eskelinen ed altri c. Finlandia (precitata, § 62) ha introdotto due criteri da esaminare cumulativamente affinché lo stato convenuto possa opporre validamente ad un richiedente funzionario l’inapplicabilità dell’articolo 6 § 1: il richiedente funzionario deve essere espressamente privato da una parte del diritto di accedere ad un tribunale secondo il diritto nazionale; dall’ altra parte, l’esclusione dei diritti garantiti all’articolo 6 deve fondarsi su dei motivi obiettivi legati all’interesse dello stato.
34. Nello specifico, si è obbligati a constatare che il richiedente ha avuto accesso ad un tribunale per fare valere le sue pretese. Pertanto, il Governo non potrebbe invocare l’inapplicabilità dell’articolo 6 in ragione dello statuto di funzionario del richiedente.
35. Peraltro, la Corte osserva che il diritto di beneficiare di un procedimento di reclutamento condotto secondo le vie legali e nel rispetto del principio di trasparenza, rivendicato dal richiedente e riconosciuto a più riprese dalle giurisdizioni interne, riguarda l’esercizio della carriera professionale dell’interessato e, di conseguenza, la situazione patrimoniale di questo.
Inoltre, le autorità interne avendo riconosciuto che il richiedente assolveva i criteri richiesti per partecipare ad un concorso e poteva sperare legittimamente di ottenere la posizione da assegnare (vedere sopra paragrafo 9), la Corte considera che la conclusione del procedimento controverso era direttamente determinante per il diritto rivendicato dall’interessato (a contrario, Revel e Mora c. Francia, (dec.), no 171/03, del 15 novembre 2005).
36. Dato che la regolarità di un procedimento che ha fatto riferimento ad un diritto di carattere civile suscitava un ricorso giudiziale che è stato esercitato dal richiedente, conviene concludere che una “contestazione” relativa ad un “diritto di carattere civile” è sorta nell’occorrenza ed è stata decisa dalla giurisdizione giudiziale (mutatis mutandis, Kök c. Turchia, no 1855/02, § 37, 19 ottobre 2006).
37. Di conseguenza, l’articolo 6 si trova ad applicare nello specifico.
38. Conviene dunque respingere l’eccezione di incompatibilità del Governo. La Corte constata peraltro che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
39. Il richiedente sostiene che il giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003 era immediatamente esecutivo ai sensi del diritto interno e condannava chiaramente l’amministrazione ad eseguire un obbligo di facere, ossia il collocamento in opera del procedimento di un concorso interno. Peraltro, suddetto giudizio non faceva altro che confermare l’ordinanza provvisoria del 3 dicembre 2002.
Ora, in ragione dell’inerzia dell’amministrazione delle dogane, fu costretto ad iniziare un procedimento di esecuzione forzata dinnanzi al tribunale ordinario prima ed al tribunale amministrativo poi. Ottenne però, solamente una decisione che respingeva la sua azione per delle ragioni procedurali, il che ha generato una violazione del suo diritto di accesso alla giustizia.
40. Il richiedente adduce che l’inadempimento del giudizio controverso ha permesso all’amministrazione di trarre profitto da una situazione di illegalità che diventò irreversibile il 7 agosto 2004, quando il mandato provvisorio di D.C. giunse a scadenza.
41. Il Governo ribatte che lo stato non aveva nessuno obbligo di eseguire le decisioni controverse poiché non avevano acquisito autorità di cosa giudicata. Fa valere che l’ordinanza provvisoria del 3 dicembre 2002 fu sostituita dal giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003. Ora, essendo attaccato suddetto giudizio in giustizia dall’amministrazione, non era immediatamente esecutivo e diventò definitivo solamente molto dopo l’introduzione della presente richiesta dinnanzi alla Corte.
42. A questo proposito, sottolinea che, secondo il diritto interno, solamente una decisione di giustizia che provoca una condanna di pagamento è immediatamente esecutiva mentre una condanna di facere è esecutiva solamente quando la decisione ha acquisito autorità di cosa giudicata.
43. La Corte ricorda che il diritto di accesso ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di un Stato contraente permettesse che una decisione giudiziale definitiva ed obbligatoria resti inoperante a scapito di una parte (vedere la sentenza Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II, pp. 510-511, § 40).
44. Per ciò che riguarda la presente causa, la Corte nota che il giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003 la cui inadempienza è motivo di appello del richiedente, non era una decisione definitiva perché era resa in prima istanza ed era suscettibile di essere colpita d’appello da parte dell’amministrazione, il che fu il caso del resto. Inoltre, il carattere non definitivo di suddetto giudizio fu affermato dal giudice d’esecuzione quando sostenne che il diritto interno non ne permetteva l’esecuzione forzata (paragrafo 21 sopra).
45. Certo, la Corte non ignora il fatto che il giudice del lavoro, dopo avere riconosciuto il diritto del richiedente ad agire, aveva dichiarato provvisoriamente l’illegittimità della destinazione di D.C. ed aveva condannato l’amministrazione a mettere in opera un concorso interno conforme alla legge (paragrafi 9 e 13 sopra). Però, l’ordinanza provvisoria del 3 dicembre 2002 perse la sua efficacia conservatoria in seguito all’adozione del giudizio sul merito del 17 ottobre 2003.
Peraltro, la decisione che chiuse a titolo definitivo il procedimento sul merito, ossia la sentenza della Corte di cassazione del 23 maggio 2007, sebbene favorevole al richiedente e confermante il contenuto del giudizio controverso, intervenne solamente mentre il mandato provvisorio di D.C. era giunto a scadenza il 7 agosto 2004.
46. La Corte non potrebbe ammettere che l’articolo 6 protegge non solo il collocamento in opera di decisioni giudiziali definitive ed obbligatorie, ma anche quello di decisioni che possono essere sottoposte al controllo di più alte istanze e, eventualmente, annullate” (Ouzounis ed altri c. Grecia, no 49144/99, § 21, 18 aprile 2002). Nell’occorrenza, alla vista in particolare delle regole di diritto interno concernente l’esecuzione dei giudizi ed applicabili nello specifico, la Corte non potrebbe giudicare contraria alle esigenze dell’articolo 6 l’omissione dell’amministrazione di eseguire il giudizio del tribunale di Salerno del 17 ottobre 2003 in attesa della conclusione del procedimento.
Pertanto non c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 30 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Non-violation de l’art. 6-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE FIUME c. ITALIE
(Requête no 20774/05)
ARRÊT
STRASBOURG
30 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Fiume c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 9 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 20774/05) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. F. F. (« le requérant »), a saisi la Cour le 28 mai 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me M. T., avocat à Salerne. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le requérant allègue l’impossibilité d’obtenir l’exécution de décisions de justice.
4. Le 17 septembre 2007, la présidente de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que la Chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1940 et réside à Fisciano.
6. Le requérant est un agent des douanes exerçant les fonctions de directeur.
7. Par une décision du 22 mars 2002, l’administration des douanes affecta provisoirement son collègue D.C. à la direction régionale des douanes de Salerne jusqu’au 7 août 2004.
8. A une date qui n’a pas été précisée, le requérant saisit le juge du travail de Salerne d’un recours en référé, demandant l’annulation d’urgence de la décision du 22 mars 2002, au motif que D.C. n’avait pas le profil exigé pour exercer les fonctions de directeur.
9. Par une ordonnance provisoire (« ordinanza cautelare ») du 3 décembre 2002, le juge du travail de Salerne accueillit la demande en référé du requérant. Il observa que D.C., qui n’avait pas de diplôme d’études supérieures, n’était pas apte à occuper un poste de directeur. Partant, le juge soutint que la décision d’affectation de celui-ci devait être annulée à titre conservatoire.
Le juge du travail releva également que le requérant avait un intérêt à agir puisqu’il pouvait, au vu de son ancienneté et de ses titres, participer au concours interne et espérer légitimement obtenir le poste litigieux.
10. L’administration des douanes introduisit devant le tribunal de Salerne une réclamation contre ladite ordonnance de référé. Le tribunal rejeta la réclamation par une ordonnance du 23 avril 2003.
11. L’administration des douanes ne s’exécuta pas et D.C. resta dans ses fonctions.
12. Le requérant demanda alors au juge du travail de Salerne de préciser les modalités d’exécution de l’ordonnance de référé rendue le 3 décembre 2002.
13. Le 3 octobre 2003, le juge affirma que sa précédente ordonnance renfermait une obligation de faire à la charge de l’administration des douanes et ordonna que celle-ci procède, dans un délai de quarante-cinq jours, à l’organisation d’un concours interne (« interpello ») visant l’affectation au poste de directeur d’un agent ayant le profil prévu par la loi.
14. Entre-temps, le 18 janvier 2003, le requérant avait introduit devant le tribunal de Salerne un recours en annulation de la décision d’affectation de D.C.
15. Par un jugement du 17 octobre 2003, le tribunal de Salerne accueillit le recours du requérant. Il releva que la nomination de D.C. était illégale et devait être annulée, car, au sens de l’article 26 du décret législatif no 29 de 1993 ainsi que du règlement des douanes, la possession d’un diplôme d’études supérieures est une condition nécessaire pour intégrer le poste de directeur. Ceci étant, le tribunal, réitérant le contenu de l’ordonnance du 3 octobre 2003, ordonna à l’administration d’activer une procédure de recrutement afin de pourvoir le poste en cause.
16. L’administration et D.C. attaquèrent le jugement.
17. Le 26 avril 2003, le requérant notifia à l’administration un premier commandement d’exécuter l’ordonnance de référé.
18. L’administration forma opposition. Par un jugement du 27 février 2004, le tribunal de Salerne affirma que le requérant n’avait plus intérêt à obtenir l’exécution de l’ordonnance de référé puisqu’entre-temps avait été rendu le jugement sur le fond du 17 octobre 2003.
19. Le 19 janvier 2004, le requérant introduisit devant le tribunal de Salerne un recours en exécution du jugement du 17 octobre 2003 et demanda la destitution de D.C. Ce recours fut déclaré irrecevable par le juge de l’exécution près le tribunal de Salerne, au motif que le juge ordinaire n’est pas compétent pour décider de l’exécution d’obligations de faire à la charge de l’administration publique.
20. Le 23 février 2004, le requérant introduisit un recours en exécution (« giudizio di ottemperanza ») devant le tribunal administratif régional (« TAR ») de la Campane. Il fit valoir que le jugement du 17 octobre 2003 renfermait une obligation de faire immédiatement exécutoire.
21. Par un jugement du 27 juillet 2004, le TAR rejeta le recours du requérant. Il affirma que le jugement du 17 octobre 2003, dont le requérant demandait l’exécution, n’avait pas acquis l’autorité de la chose jugée et ne pouvait donc faire l’objet d’une procédure d’exécution. Le TAR affirma par ailleurs que le caractère provisoirement exécutoire du jugement du tribunal n’était pas déterminant en l’espèce, s’agissant d’une décision rendue par une juridiction judiciaire et non pas par une juridiction administrative.
22. Le requérant interjeta appel. Par une décision du 2 décembre 2004, déposé au greffe le 7 décembre 2004, le Conseil d’Etat rejeta l’appel et confirma le jugement rendu par le TAR. La haute juridiction administrative affirma que le droit interne permet l’exécution immédiate d’une décision frappée d’appel seulement si la décision en question est prise par une juridiction administrative.
23. Entre-temps, par un arrêt du 30 juin 2004, déposé au greffe le 25 août 2004, la cour d’appel de Salerne rejeta tous les motifs d’appel de l’administration et de D.C. et confirma le jugement du 17 octobre 2003.
24. L’administration se pourvut en cassation alléguant entre autre une erreur d’interprétation des normes pertinentes. Par un arrêt du 23 mai 2007, déposé le 14 septembre 2007, la Cour de cassation débouta l’administration de son pourvoi.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
25. Le requérant allègue l’impossibilité d’obtenir l’exécution du jugement du tribunal de Salerne ordonnant la destitution de son collègue du poste de directeur des douanes. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) ».
26. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
27. Le Gouvernement excipe la non applicabilité de l’article 6 au motif que le droit revendiqué par le requérant au cours de la procédure interne ne revêt pas, sous différents aspects, le caractère de droit civil au sens de la Convention.
28. Il soutient tout d’abord que le recours intenté au niveau national n’avait pas pour but l’attribution au requérant d’un poste de fonctionnaire mais la destitution d’un tiers du poste de dirigeant de la direction des douanes de Palerme. Or, le droit interne ne garantit pas le droit à voir une tierce personne destituée de son poste.
29. En tout état de cause, même en admettant que le requérant poursuivait par son action son affectation au poste de dirigeant des douanes, le droit interne ne garantit pas non plus le droit du requérant à être pourvu au poste litigieux, l’administration publique bénéficiant d’un large pouvoir discrétionnaire en matière de choix de ses propres fonctionnaires. A cet égard, le Gouvernement fait valoir le manque de lien direct entre la décision dont le requérant allègue l’inexécution, déclarant l’affectation de D.C. illégale, et le droit revendiqué par l’intéressé.
30. Enfin, l’inapplicabilité de l’article 6 en l’espèce découlerait de toute manière du lien spécial de confiance et de loyauté existant entre un fonctionnaire affecté au poste de dirigeant des douanes et l’Etat.
31. Le requérant conteste l’argument du Gouvernement selon lequel l’objet de son recours était d’obtenir l’annulation de l’affectation de D.C au poste de directeur des douanes.
Il soutient que le but de son action de justice était d’obtenir que le poste de directeur des douanes fût pourvu par le biais d’un concours interne mis en place conformément aux dispositions de la loi nationale, à savoir le décret législatif no 29 de 1993 et le règlement des douanes. Il se réfère à ce propos au texte du jugement du tribunal de Salerne du 17 octobre 2003, confirmé en dernière instance par la Cour de cassation.
32. Le requérant revendique son droit de voir les normes nationales en matière de droit de travail correctement appliquées, ce qui lui aurait permis de postuler au poste litigieux et, le cas échéant, d’y être affecté. A cet égard, le requérant souligne qu’il avait le profil requis pour le poste de directeur et qu’il aurait pu légitimement espérer obtenir le poste à pouvoir si un concours interne avait été mis en place.
33. La Cour rappelle que dans l’affaire Vilho Eskelinen et autres c. Finlande (précité, § 62), elle a introduit deux critères à examiner cumulativement pour que l’Etat défendeur puisse valablement opposer à un requérant fonctionnaire l’inapplicabilité de l’article 6 § 1 : d’une part, le requérant fonctionnaire doit être expressément privé du droit d’accéder à un tribunal d’après le droit national ; d’autre part, l’exclusion des droits garantis à l’article 6 doit reposer sur des motifs objectifs liés à l’intérêt de l’Etat.
34. En l’espèce, force est de constater que le requérant a eu accès à un tribunal pour faire valoir ses prétentions. Partant, le Gouvernement ne saurait invoquer l’inapplicabilité de l’article 6 en raison du statut de fonctionnaire du requérant.
35. Par ailleurs, la Cour observe que le droit de bénéficier d’une procédure de recrutement menée selon les voies légales et dans le respect du principe de transparence, revendiqué par le requérant et reconnu à plusieurs reprises par les juridictions internes, concerne l’exercice de la carrière professionnelle de l’intéressé et, par voie de conséquence, la situation patrimoniale de celui-ci.
En outre, les autorités internes ayant reconnu que le requérant remplissait les critères requis pour participer à un concours et pouvait légitimement espérer d’obtenir le poste à pourvoir (voir paragraphe 9 ci-dessus), la Cour considère que l’issue de la procédure litigieuse était directement déterminante pour le droit revendiqué par l’intéressé (a contrario, Revel et Mora c. France (déc.), no 171/03, du 15 novembre 2005).
36. Étant donné que la régularité d’une procédure ayant trait à un droit de caractère civil se prêtait à un recours judiciaire qui a été exercé par le requérant, il convient de conclure qu’une « contestation » relative à un « droit de caractère civil » a surgi en l’occurrence et a été tranchée par la juridiction judiciaire (mutatis mutandis, Kök c. Turquie, no 1855/02, § 37, 19 octobre 2006).
37. Par conséquent, l’article 6 trouve à s’appliquer en l’espèce.
38. Il convient donc de rejeter l’exception d’incompatibilité du Gouvernement. La Cour constate par ailleurs que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
39. Le requérant soutient que le jugement du tribunal de Salerne du 17 octobre 2003 était immédiatement exécutoire au sens du droit interne et condamnait clairement l’administration à exécuter une obligation de facere, à savoir la mise en place de la procédure d’un concours interne. Par ailleurs, ledit jugement ne faisait que confirmer l’ordonnance provisoire du 3 décembre 2002.
Or, en raison de l’inertie de l’administration des douanes, il fut contraint d’entamer une procédure d’exécution forcée devant le tribunal ordinaire d’abord et le tribunal administratif ensuite. Cependant, il n’obtint qu’une décision rejetant son action pour des raisons procédurales, ce qui a engendré une violation de son droit d’accès à la justice.
40. Le requérant allègue que la non-exécution du jugement litigieux a permis à l’administration de tirer profit d’une situation d’illégalité qui devint irréversible le 7 août 2004, lorsque le mandat provisoire de D.C. vint à échéance.
41. Le Gouvernement rétorque que l’Etat n’avait aucune obligation d’exécuter les décisions litigieuses puisqu’elles n’avaient pas acquis l’autorité de la chose jugée. Il fait valoir que l’ordonnance provisoire du 3 décembre 2002 fut remplacée par le jugement du tribunal de Salerne du 17 octobre 2003. Or, ledit jugement, qui fut attaqué en justice par l’administration, n’était pas immédiatement exécutoire et ne devint définitif que bien après l’introduction de la présente requête devant la Cour.
42. A ce propos, il souligne que, selon le droit interne, seulement une décision de justice entraînant une condamnation de payer est immédiatement exécutoire tandis qu’une condamnation de facere n’est exécutoire que lorsque la décision a acquis l’autorité de la chose jugée.
43. La Cour rappelle que le droit d’accès à un tribunal garanti par l’article 6 § 1 de la Convention serait illusoire si l’ordre juridique interne d’un Etat contractant permettait qu’une décision judiciaire définitive et obligatoire reste inopérante au détriment d’une partie (voir l’arrêt Hornsby c. Grèce du 19 mars 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997-II, pp. 510-511, § 40).
44. Pour ce qui est de la présente affaire, la Cour note que le jugement du tribunal de Salerne du 17 octobre 2003, dont l’inexécution fait grief au requérant, n’était pas une décision définitive car elle était rendue en première instance et était susceptible d’être frappée d’appel par l’administration, ce qui fut d’ailleurs le cas. En outre, le caractère non définitif dudit jugement fut affirmé par le juge de l’exécution lorsqu’il soutint que le droit interne n’en permettait pas l’exécution forcée (paragraphe 21 ci-dessus).
45. Certes, la Cour n’ignore pas le fait que le juge du travail, après avoir reconnu le droit du requérant à agir, avait déclaré l’illégitimité de l’affectation de D.C. à titre provisoire et condamné l’administration à mettre en place un concours interne conforme à la loi (paragraphes 9 et 13 ci-dessus). Cependant, l’ordonnance provisoire du 3 décembre 2002 perdit son efficacité conservatoire suite à l’adoption du jugement sur le fond du 17 octobre 2003.
Par ailleurs, la décision qui clôtura à titre définitif la procédure sur le fond, à savoir l’arrêt de la Cour de cassation du 23 mai 2007, bien que favorable au requérant et confirmant le contenu du jugement litigieux, n’intervint qu’alors que le mandat provisoire de D.C. était venu à expiration le 7 août 2004.
46. La Cour « ne saurait admettre que l’article 6 protège non seulement la mise en œuvre de décisions judiciaires définitives et obligatoires, mais aussi celle de décisions qui peuvent être soumises au contrôle de plus hautes instances et, éventuellement, infirmées » (Ouzounis et autres c. Grèce, no 49144/99, § 21, 18 avril 2002). En l’occurrence, au vu notamment des règles de droit interne concernant l’exécution des jugements et applicables en l’espèce, la Cour ne saurait juger contraire aux exigences de l’article 6 l’omission de l’administration d’exécuter le jugement du tribunal de Salerne du 17 octobre 2003 en l’attente de l’issue de la procédure.
Partant il n’y a pas eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 30 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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