Conclusione Violazione dell’art. 6-1; danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento pecuniario; Oneri e spese (procedimento nazionale) – domanda respinta; Rimborso parziale onere e spese – procedimento della Convenzione
QUARTA SEZIONE
CAUSA FERRARI C. ITALIA (N° 2)
( Richiesta n° 44525/98)
SENTENZA
STRASBURGO
25 ottobre 2001
DEFINITIVO
25/01/2002
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ferrari c. Italia (n° 2),
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. G. Ress, presidente,
A. Pastor Ridruejo, L. Caflisch, I. Cabral Barreto, V.H,. Butkevych, il Sig.re N. Vajiæ, giudici,
M. Del Tufo, giudice ad hoc, e dal Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 ottobre 2001,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina italiana, la Sig.ra M F. V. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo il 25 settembre 1997 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”). La richiesta è stata registrata il 13 novembre 1998 sotto il numero di pratica 44525/98. Il richiedente è rappresentato da E.F. A., avvocato ad Orte (Viterbo). Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. U. Leanza, e dal suo coagente, il Sig. V. Esposito.
2. La Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile il 9 novembre 2000.
IN FATTO
3. Il 12 novembre 1975, il richiedente citò la municipalità di Roma e la regione del Lazio dinnanzi al tribunale amministrativo del Lazio per ottenere l’annullamento parziale del decreto di espropriazione del suo terreno.
4. L’udienza ebbe luogo il 16 febbraio 1977. Con un giudizio dello stesso giorno il cui testo fu depositato alla cancelleria il 16 marzo 1977, il tribunale respinse l’istanza del richiedente.
5. Il 18 aprile 1978, il richiedente interpose appello dinnanzi al Consiglio di stato. Un’udienza si tenne il 7 gennaio 1986. Con un’ordinanza fuori udienza dello stesso giorno, il Consiglio di stato ordinò alla municipalità di versare certi documenti alla pratica. La seguente udienza ebbe luogo il 17 marzo 1987. Con una decisione dello stesso giorno il cui testo fu depositato alla cancelleria il 27 aprile 1987, il Consiglio di stato constatò che la municipalità non aveva versato tutta la documentazione chiesta alla pratica e gli diede un nuovo termine. Un’udienza si tenne il 15 marzo 1988. Con una decisione dello stesso giorno il cui testo fu depositato alla cancelleria il 31 maggio 1988, il Consiglio di stato ordinò al richiedente di versare certi documenti alla pratica.
6. Parallelamente, il richiedente citò le due convenute dinnanzi al tribunale amministrativo del Lazio per ottenere l’annullamento della deliberazione che dichiarava il terreno del richiedente “di utilità pubblica” il 17 maggio 1986.
7. Con un giudizio del 18 gennaio 1990 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 6 settembre 1990, il tribunale respinse l’istanza del richiedente.
8. Il 24 dicembre 1990, il richiedente interpose appello dinnanzi al Consiglio di stato.
9. In una data non precisata, i due procedimenti furono uniti. Con una sentenza del 17 dicembre 1996 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 7 aprile 1997, il Consiglio di stato fece diritto alla prima istanza del richiedente e respinse la seconda.
10. Nel frattempo, il richiedente aveva citato le stesse convenute dinnanzi alla corte di appello di Roma per ottenere un nuovo calcolo dell’importo dell’indennità di espropriazione il 5 maggio 1976.
11. Il collocamento in stato era cominciato il 5 luglio 1976. Delle diciannove udienze che erano state fissate tra questa data ed l’ 8 luglio 1985, tre avevano riguardato una questione di costituzionalità di un articolo della legge sull’espropriazione, undici erano state rinviate su richiesta delle parti o del richiedente o in ragione della sua mancanza, e due erano state rinviate d’ufficio. Il 20 gennaio 1986, era stato nominato un perito che aveva prestato giuramento il 28 aprile 1986. Quattro udienze più tardi di cui due avevano riguardato la perizia, il 4 maggio 1987 il giudice aveva fissato l’udienza di presentazione delle conclusioni al 25 maggio 1987. In questa data, l’udienza delle arringhe dinnanzi alla camera competente era stata fissata al 17 maggio 1988; tuttavia, era stata rinviata una volta su richiesta del richiedente e quattro volte su richiesta delle parti e aveva avuto luogo solo il 23 giugno 1992. Con un’ordinanza fuori udienza del 7 luglio 1992 il cui testo era stato depositato alla cancelleria il 27 luglio 1992, la corte aveva sospeso il procedimento in attesa della sentenza del Consiglio di stato.
12. Il 3 ottobre 1997, il richiedente riprese il procedimento dinnanzi alla corte di appello di Roma. Il 23 ottobre 1997, la seguente udienza fu fissata al 2 dicembre 1997; tuttavia, fu rinviata al 23 marzo 1999 su richiesta delle parti. Giunto il giorno, le parti presentarono le loro conclusioni.
13. Con una sentenza del 29 marzo 1999 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 21 giugno 1999, la corte di appello respinse l’istanza del richiedente.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
14. Il richiedente adduce che la durata dei due procedimenti ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
15. Il Governo si oppone a questa tesi.
16. In quanto al primo procedimento, il periodo da considerare è cominciato il 12 novembre 1975 e si è concluso il 7 aprile 1997. In quanto al secondo procedimento, il periodo da considerare è cominciato il 5 maggio 1976 e si è concluso il 21 giugno 1999.
17. Sono durate dunque rispettivamente più di vent’ anni e quattro mesi per due istanze e ventitre anni ed un mese per due istanze.
18. La Corte ricorda di avere constatato in numerose sentenze (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], n° 34884/97, § 22, CEDH 1999-V) l’esistenza in Italia di una pratica contraria alla Convenzione che risulta da un accumulo di trasgressioni all’esigenza del “termine ragionevole.” Nella misura in cui la Corte constata tale trasgressione, questo accumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell’articolo 6 § 1.
19. Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che la durata del procedimento controverso non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” e che c’è ancora là una manifestazione della pratica precitata.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
20. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
21. Il richiedente richiede 1 915 794 816 lire italiane (ITL) a titolo del danno materiale e chiede, senza valutarla, una somma a titolo del danno morale che avrebbe subito.
22. La Corte non vede di legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In compenso, considera che c’è luogo di concedere al richiedente 75 000 000 ITL a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
23. Il richiedente chiede anche 36 148 942 ITL per gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne e 80 514 648 ITL per quelli sostenuti dinnanzi alla Corte.
24. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, per esempio, la sentenza Bottazzi precitata, § 30). Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 5 000 000 ITL per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
25. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia in data di adozione della presente sentenza era del 3,5% l’anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza è diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 75 000 000 (settantacinque milioni) di lire italiane per danno morale e 5 000 000 (cinque milioni) di lire italiane per oneri e spese;
b) che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 3,5% l’anno a contare dalla scadenza di questo termine e fino al versamento;
3. Respinge la domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 25 ottobre 2001, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Vincent Pastore Georg Ress
Cancelliere Presidente