SECONDA SEZIONE
CAUSA FALZARANO E BALLETTA C. ITALIA
( Richiesta no 6683/03)
SENTENZA
STRASBURGO
12 giugno 2007
DEFINITIVO
12/09/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Falzarano c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
La Sig.ra F. Tulkens, presidentessa, Sigg. A.B. Baka, I. Cabral Barreto, V. Zagrebelsky, il Sig.re A. Mularoni, D. Jočienė, il Sig. D. Popović, giudici,
e dalla Sig.ra S. Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 maggio 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6683/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui il Sig. B. F. e la Sig.ra L. B., cittadini di questo Stato, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 3 febbraio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da A. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 18 febbraio 2005, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1942 e 1947 e risiedono a San Nicola La Strada (Caserta).
5. Con un giudizio depositato il 16 novembre 1992, il tribunale di Benevento (qui di seguito, “il tribunale”) dichiarò il fallimento della società di fatto esistente tra i richiedenti, che esercitavano un’attività di vendita di mobili, così come il fallimento personale di questi.
6. Il 30 novembre 1992, lo stato del passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo.
7. Con un ricorso notificato il 3 dicembre 1992, i richiedenti fecero opposizione alla loro dichiarazione di fallimento. Le parti non hanno fornito informazioni concernenti il risultato di questo procedimento.
8. Il 20 gennaio 1993, fu redatto l’inventario dei beni.
9. Su richiesta del giudice delegato (qui di seguito, “il giudice”), l’ 11 marzo 1993, il curatore depositò un rapporto.
10. Il 16 marzo 1993, il curatore chiese al giudice l’autorizzazione ad aprire un conto corrente a nome del fallimento e, il 22 marzo 1993, il giudice fece diritto a questa richiesta.
11. Il 24 marzo e 5 maggio 1993, il curatore chiese l’autorizzazione a vendere certi beni facenti parte dell’attivo del fallimento ed il giudice chiese al curatore di sollecitare le offerte di acquisto.
12. Il 3 novembre 1993, il curatore chiese al giudice di nominare il comitato provvisorio dei creditori così come un rappresentante legale del fallimento.
13. Al 25 novembre 1993, nove domande di ammissione al passivo del fallimento erano state depositate dinnanzi al tribunale.
14. Il 1 dicembre 1993, ebbe luogo l’apposizione dei sigilli.
15. Il 17 dicembre 1993, la società “B.D.N. ” fece opposizione allo stato del passivo del fallimento dinnanzi al tribunale.
16. Il 12 gennaio 1994, il curatore chiese al giudice l’autorizzazione a far demolire un’automobile facente parte dell’attivo del fallimento.
17. Il 29 aprile 1994, il rappresentante legale del fallimento informò il curatore dell’impossibilità di esercitare un’azione di revoca riguardante un bene immobile venduto dai richiedenti più di due anni prima della loro dichiarazione di fallimento.
18. Con un giudizio depositato il 15 giugno 1996, il tribunale ammise la società “B.D.N. ” al passivo del fallimento.
19. Il 17 gennaio 2001, il giudice, rilevando che, dopo più di otto anni, il procedimento di fallimento era ancora pendente, chiese al curatore di spiegare le ragioni per cui il procedimento non era ancora stato chiuso e di presentare senza termine il piano di ripartizione dell’attivo del fallimento.
20. Il 15 febbraio 2001, l’ufficio di recupero delle imposte di Caserta, chiese l’ammissione al passivo del fallimento e, il 9 luglio 2001, il giudice fece diritto a questa richiesta.
21. Il 4 maggio 2001, il giudice revocò il mandato del curatore in ragione della sua inattività e nominò un nuovo curatore.
22. Il 9 maggio 2005 altri beni facenti parte dell’attivo del fallimento furono venduti all’ asta e, il 28 novembre 2005, il curatore depositò il resoconto di gestione.
23. Secondo le informazione fornite dal Governo, il procedimento era pendente al 30 gennaio 2006.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
24. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia,( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
15. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza e della limitazione della sua libertà di espressione in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito è sottoposta al controllo del curatore. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l’abbia privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati così nelle loro parti pertinenti:
Articolo 8 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 10 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare delle informazioni o delle idee senza che possa esserci ingerenza di autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. (…)
2. L’esercizio di queste libertà che comprende dei doveri e delle responsabilità può essere sottomesso a certe formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge che costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla protezione dei diritti altrui “
Articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica,(…) alla protezione dei diritti e libertà altrui.
26. Il Governo sostiene che i richiedenti avrebbero potuto lamentarsi delle incapacità prolungate derivanti dal loro collocamento in fallimento dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge Pinto. Si riferisce, tra la’ltro, alla sentenza della Corte di cassazione no 362 del 2003.
27. I richiedenti osservano che la legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso effettivo per lamentarsi della durata delle incapacità personali derivanti dal collocamento in fallimento.
28. In quanto all’articolo 10 della Convenzione, la Corte rileva al primo colpo che questo articolo vieta essenzialmente ad un governo impedire qualcuno di ricevere delle informazione alle quali altri aspirano o che altri possono acconsentire a fornirgli (vedere Leander c. Svezia, sentenza del 26 marzo 1987, serie A no 116, § 74). Tuttavia, trattandosi nel caso di specifico del controllo della corrispondenza del fallito da parte del curatore del fallimento, la Corte stima che il motivo di appello dei richiedenti deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione (Collarile c. Italia, no 10644/02, 8 giugno 2006).
29. Per ciò che riguarda il restante di questi motivi di appello, la Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità derivanti dallo statuto di fallito.
30. La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che deve essere richiesto dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
31. Avendo omesso i richiedenti di introdurre un ricorso conformemente alla legge Pinto, questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere Albanese c. Italia e Collarile c. Italia, precitate).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
32. Invocando l’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, i richiedenti si lamentano della limitazione dei loro diritti elettorali. Questo articolo è formulato così:
“Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, in condizioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.”
33. La Corte nota che la perdita del diritto di voto in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, questo giudizio essendo stato depositato il 16 novembre 1992, i richiedenti avrebbero dovuto introdurre il loro motivo di appello al più tardi il 16 maggio 1998. Essendo stata introdotta la richiesta il 3 febbraio 2003, la Corte constata che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE
34. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, precitato, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare nella misura in cui, in ragione dell’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
A. Sull’ammissibilità
35. In quanto alla parte di questo motivo di appello che riguarda il diritto al rispetto della vita familiare, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportare questo motivo di appello e decide di respingerlo per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
36. In quanto al restante del motivo di appello che riguarda il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
37. La Corte considera che l’insieme delle incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro provoca in sé un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata dei richiedenti che, tenuto conto della natura automatica dell’iscrizione, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, non è “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
38. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
39. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che li hanno riguardati per tutto il procedimento di fallimento. Questi articoli sono formulati così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
40. La Corte nota al primo colpo che, nella sentenza Bottaro c. Italia (no 56298/00) del 17 luglio 2003, ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione in ragione della mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della limitazione prolungata del diritto al rispetto della corrispondenza del richiedente. Stima dunque che il motivo di appello sollevato dal richiedente deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo di questa disposizione.
41. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legato a quella concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso all’inammissibilità di questi ultimi. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
42. In quanto alla parte del motivo di appello che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
43. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
44. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
45. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
46. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
47. I richiedenti richiedono ciascuno 126 689,43 euro (EUR) a titolo del danno materiale e 200 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbero subito.
48. Il Governo si oppone a queste pretese.
49. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la richiesta. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo a tutte le circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
50. I richiedenti si rimettono alla saggezza della Corte in quanto agli oneri e le spese sostenuti dinnanzi a questa.
51. Il Governo si oppone a queste pretese.
52. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda ai richiedenti, congiuntamente.
C. Interessi moratori
53. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 8 della Convenzione (rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 1 500 EUR (mille cinque cento euro), per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 12 giugno 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa