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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE FALZARANO ET BALLETTA c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 6683/03/2007
Stato: Italia
Data: 2007-06-12 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA FALZARANO E BALLETTA C. ITALIA
( Richiesta no 6683/03)
SENTENZA
STRASBURGO
12 giugno 2007
DEFINITIVO
12/09/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Falzarano c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
La Sig.ra F. Tulkens, presidentessa, Sigg. A.B. Baka, I. Cabral Barreto, V. Zagrebelsky, il Sig.re A. Mularoni, D. Jočienė, il Sig. D. Popović, giudici,
e dalla Sig.ra S. Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 maggio 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6683/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui il Sig. B. F. e la Sig.ra L. B., cittadini di questo Stato, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 3 febbraio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da A. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 18 febbraio 2005, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1942 e 1947 e risiedono a San Nicola La Strada (Caserta).
5. Con un giudizio depositato il 16 novembre 1992, il tribunale di Benevento (qui di seguito, “il tribunale”) dichiarò il fallimento della società di fatto esistente tra i richiedenti, che esercitavano un’attività di vendita di mobili, così come il fallimento personale di questi.
6. Il 30 novembre 1992, lo stato del passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo.
7. Con un ricorso notificato il 3 dicembre 1992, i richiedenti fecero opposizione alla loro dichiarazione di fallimento. Le parti non hanno fornito informazioni concernenti il risultato di questo procedimento.
8. Il 20 gennaio 1993, fu redatto l’inventario dei beni.
9. Su richiesta del giudice delegato (qui di seguito, “il giudice”), l’ 11 marzo 1993, il curatore depositò un rapporto.
10. Il 16 marzo 1993, il curatore chiese al giudice l’autorizzazione ad aprire un conto corrente a nome del fallimento e, il 22 marzo 1993, il giudice fece diritto a questa richiesta.
11. Il 24 marzo e 5 maggio 1993, il curatore chiese l’autorizzazione a vendere certi beni facenti parte dell’attivo del fallimento ed il giudice chiese al curatore di sollecitare le offerte di acquisto.
12. Il 3 novembre 1993, il curatore chiese al giudice di nominare il comitato provvisorio dei creditori così come un rappresentante legale del fallimento.
13. Al 25 novembre 1993, nove domande di ammissione al passivo del fallimento erano state depositate dinnanzi al tribunale.
14. Il 1 dicembre 1993, ebbe luogo l’apposizione dei sigilli.
15. Il 17 dicembre 1993, la società “B.D.N. ” fece opposizione allo stato del passivo del fallimento dinnanzi al tribunale.
16. Il 12 gennaio 1994, il curatore chiese al giudice l’autorizzazione a far demolire un’automobile facente parte dell’attivo del fallimento.
17. Il 29 aprile 1994, il rappresentante legale del fallimento informò il curatore dell’impossibilità di esercitare un’azione di revoca riguardante un bene immobile venduto dai richiedenti più di due anni prima della loro dichiarazione di fallimento.
18. Con un giudizio depositato il 15 giugno 1996, il tribunale ammise la società “B.D.N. ” al passivo del fallimento.
19. Il 17 gennaio 2001, il giudice, rilevando che, dopo più di otto anni, il procedimento di fallimento era ancora pendente, chiese al curatore di spiegare le ragioni per cui il procedimento non era ancora stato chiuso e di presentare senza termine il piano di ripartizione dell’attivo del fallimento.
20. Il 15 febbraio 2001, l’ufficio di recupero delle imposte di Caserta, chiese l’ammissione al passivo del fallimento e, il 9 luglio 2001, il giudice fece diritto a questa richiesta.
21. Il 4 maggio 2001, il giudice revocò il mandato del curatore in ragione della sua inattività e nominò un nuovo curatore.
22. Il 9 maggio 2005 altri beni facenti parte dell’attivo del fallimento furono venduti all’ asta e, il 28 novembre 2005, il curatore depositò il resoconto di gestione.
23. Secondo le informazione fornite dal Governo, il procedimento era pendente al 30 gennaio 2006.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
24. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia,( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
15. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza e della limitazione della sua libertà di espressione in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito è sottoposta al controllo del curatore. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l’abbia privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati così nelle loro parti pertinenti:
Articolo 8 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 10 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare delle informazioni o delle idee senza che possa esserci ingerenza di autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. (…)
2. L’esercizio di queste libertà che comprende dei doveri e delle responsabilità può essere sottomesso a certe formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge che costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla protezione dei diritti altrui “
Articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica,(…) alla protezione dei diritti e libertà altrui.
26. Il Governo sostiene che i richiedenti avrebbero potuto lamentarsi delle incapacità prolungate derivanti dal loro collocamento in fallimento dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge Pinto. Si riferisce, tra la’ltro, alla sentenza della Corte di cassazione no 362 del 2003.
27. I richiedenti osservano che la legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso effettivo per lamentarsi della durata delle incapacità personali derivanti dal collocamento in fallimento.
28. In quanto all’articolo 10 della Convenzione, la Corte rileva al primo colpo che questo articolo vieta essenzialmente ad un governo impedire qualcuno di ricevere delle informazione alle quali altri aspirano o che altri possono acconsentire a fornirgli (vedere Leander c. Svezia, sentenza del 26 marzo 1987, serie A no 116, § 74). Tuttavia, trattandosi nel caso di specifico del controllo della corrispondenza del fallito da parte del curatore del fallimento, la Corte stima che il motivo di appello dei richiedenti deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione (Collarile c. Italia, no 10644/02, 8 giugno 2006).
29. Per ciò che riguarda il restante di questi motivi di appello, la Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità derivanti dallo statuto di fallito.
30. La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che deve essere richiesto dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
31. Avendo omesso i richiedenti di introdurre un ricorso conformemente alla legge Pinto, questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere Albanese c. Italia e Collarile c. Italia, precitate).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
32. Invocando l’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, i richiedenti si lamentano della limitazione dei loro diritti elettorali. Questo articolo è formulato così:
“Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, in condizioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.”
33. La Corte nota che la perdita del diritto di voto in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, questo giudizio essendo stato depositato il 16 novembre 1992, i richiedenti avrebbero dovuto introdurre il loro motivo di appello al più tardi il 16 maggio 1998. Essendo stata introdotta la richiesta il 3 febbraio 2003, la Corte constata che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE
34. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, precitato, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare nella misura in cui, in ragione dell’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.

A. Sull’ammissibilità
35. In quanto alla parte di questo motivo di appello che riguarda il diritto al rispetto della vita familiare, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportare questo motivo di appello e decide di respingerlo per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
36. In quanto al restante del motivo di appello che riguarda il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.

B. Sul merito

37. La Corte considera che l’insieme delle incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro provoca in sé un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata dei richiedenti che, tenuto conto della natura automatica dell’iscrizione, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, non è “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
38. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
39. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che li hanno riguardati per tutto il procedimento di fallimento. Questi articoli sono formulati così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
40. La Corte nota al primo colpo che, nella sentenza Bottaro c. Italia (no 56298/00) del 17 luglio 2003, ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione in ragione della mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della limitazione prolungata del diritto al rispetto della corrispondenza del richiedente. Stima dunque che il motivo di appello sollevato dal richiedente deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo di questa disposizione.
41. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legato a quella concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso all’inammissibilità di questi ultimi. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
42. In quanto alla parte del motivo di appello che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
43. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
44. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
45. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
46. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
47. I richiedenti richiedono ciascuno 126 689,43 euro (EUR) a titolo del danno materiale e 200 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbero subito.
48. Il Governo si oppone a queste pretese.
49. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la richiesta. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo a tutte le circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
50. I richiedenti si rimettono alla saggezza della Corte in quanto agli oneri e le spese sostenuti dinnanzi a questa.
51. Il Governo si oppone a queste pretese.
52. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda ai richiedenti, congiuntamente.
C. Interessi moratori
53. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 8 della Convenzione (rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 1 500 EUR (mille cinque cento euro), per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 12 giugno 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE FALZARANO ET BALLETTA c. ITALIE
(Requête no 6683/03)
ARRÊT
STRASBOURG
12 juin 2007
DÉFINITIF
12/09/2007
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Falzarano c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Mme F. Tulkens, présidente,
MM. A.B. Baka,
I. Cabral Barreto,
V. Zagrebelsky,
Mmes A. Mularoni,
D. Jočienė,
M. D. Popović, juges,
et de Mme S. Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 22 mai 2007,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 6683/03) dirigée contre la République italienne et dont M. B. F. et Mme L. B., ressortissants de cet Etat, (« les requérants »), ont saisi la Cour le 3 février 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me A. F., avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Ivo Maria Braguglia, par son coagent, M. Francesco Crisafulli, et par son coagent adjoint, M. Nicola Lettieri.
3. Le 18 février 2005, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants sont nés respectivement en 1942 et 1947 et résident à San Nicola La Strada (Caserte).
5. Par un jugement déposé le 16 novembre 1992, le tribunal de Bénévent (ci-après, « le tribunal ») déclara la faillite de la société de fait existant entre les requérants, exerçant une activité de vente de meubles, ainsi que la faillite personnelle de ceux-ci.
6. Le 30 novembre 1992, l’état du passif de la faillite fut déclaré exécutoire.
7. Par un recours notifié le 3 décembre 1992, les requérants firent opposition à leur déclaration de faillite. Les parties n’ont pas fourni d’informations concernant le résultat de cette procédure.
8. Le 20 janvier 1993, l’inventaire des biens fut rédigé.
9. A la demande du juge délégué (ci-après, « le juge »), le 11 mars 1993, le syndic déposa un rapport.
10. Le 16 mars 1993, le syndic demanda au juge l’autorisation d’ouvrir un compte courant au nom de la faillite et, le 22 mars 1993, le juge fit droit à cette demande.
11. Les 24 mars et 5 mai 1993, le syndic demanda l’autorisation à vendre certains biens faisant partie de l’actif de la faillite et le juge demanda au syndic de solliciter les offres d’achat.
12. Le 3 novembre 1993, le syndic demanda au juge de nommer le comité provisoire des créanciers ainsi qu’un représentant légal de la faillite.
13. Au 25 novembre 1993, neuf demandes d’amission au passif de la faillite avaient été déposées devant le tribunal.
14. Le 1er décembre 1993, l’apposition des scellés eut lieu.
15. Le 17 décembre 1993, la société « B.D.N. » fit opposition à l’état du passif de la faillite devant le tribunal.
16. Le 12 janvier 1994, le syndic demanda au juge l’autorisation de mettre à la ferraille une voiture faisant partie de l’actif de la faillite.
17. Le 29 avril 1994, le représentant légal de la faillite informa le syndic de l’impossibilité d’exercer une action en révocation concernant un bien immeuble vendu par les requérants plus de deux ans avant leur déclaration de faillite.
18. Par un jugement déposé le 15 juin 1996, le tribunal admit la société « B.D.N. » au passif de la faillite.
19. Le 17 janvier 2001, le juge, relevant que, après plus de huit ans, la procédure de faillite était encore pendante, demanda au syndic d’expliquer les raisons pour lesquelles la procédure n’avait pas encore été close et de présenter sans délai le plan de répartition de l’actif de la faillite.
20. Le 15 février 2001, le bureau de recouvrement des impôts de Caserte, demanda l’admission au passif de la faillite et, le 9 juillet 2001, le juge fit droit à cette demande.
21. Le 4 mai 2001, le juge révoqua le mandat du syndic en raison de son inactivité et nomma un nouveau syndic.
22. Le 9 mai 2005, d’autres biens faisant partie de l’actif de la faillite furent vendus aux enchères et, le 28 novembre 2005, le syndic déposa le compte-rendu de gestion.
23. Selon les informations fournies par le Gouvernement, la procédure était pendante au 30 janvier 2006.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
24. Le droit interne pertinent est décrit dans les arrêts Campagnano c. Italie (no 77955/01, §§ 19-22, 23 mars 2006), Albanese c. Italie (no 77924/01, §§ 23-26, 23 mars 2006) et Vitiello c. Italie (no 77962/01, §§ 17-20, 23 mars 2006).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 8 ET 10 DE LA CONVENTION, QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA CORRESPONDANCE, 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION ET 2 DU PROTOCOLE No 4 À LA CONVENTION
25. Invoquant les articles 8 et 10 de la Convention, les requérants se plaignent de la violation de leur droit au respect de la correspondance et de la limitation de leur liberté d’expression en raison de ce que la correspondance du failli est soumise au contrôle du syndic. Invoquant l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, ils se plaignent que la déclaration de faillite les a privés de leurs biens, notamment en raison de la durée de la procédure. Invoquant l’article 2 du Protocole no 4 à la Convention, ils dénoncent la limitation de leur liberté de circulation, notamment en raison de la durée de la procédure. Ces articles sont ainsi libellés dans leurs parties pertinentes :
Article 8 de la Convention
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale (…) et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire (…) à la protection des droits et libertés d’autrui. »
Article 10 de la Convention
« 1. Toute personne a droit à la liberté d’expression. Ce droit comprend la liberté d’opinion et la liberté de recevoir ou de communiquer des informations ou des idées sans qu’il puisse y avoir ingérence d’autorités publiques et sans considération de frontière. (…)
2. L’exercice de ces libertés comportant des devoirs et des responsabilités peut être soumis à certaines formalités, conditions, restrictions ou sanctions prévues par la loi, qui constituent des mesures nécessaires, dans une société démocratique (…) à la protection (…) des droits d’autrui (…) »
Article 1 du Protocole no 1 à la Convention
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
Article 2 du Protocole no 4 à la Convention
« 1. Quiconque se trouve régulièrement sur le territoire d’un Etat a le droit d’y circuler librement et d’y choisir librement sa résidence.
2. Toute personne est libre de quitter n’importe quel pays, y compris le sien.
3. L’exercice de ces droits ne peut faire l’objet d’autres restrictions que celles qui, prévues par la loi, constituent des mesures nécessaires, dans une société démocratique (…) à la protection des droits et libertés d’autrui. »
26. Le Gouvernement soutient que les requérants auraient pu se plaindre des incapacités prolongées dérivant de leur mise en faillite devant la cour d’appel compétente conformément à la loi Pinto. Il se réfère, entre autres, à l’arrêt de la Cour de cassation no 362 de 2003.
27. Les requérants observent que la loi Pinto ne constitue pas un moyen de recours effectif pour se plaindre de la durée des incapacités personnelles dérivant de la mise en faillite.
28. Quant à l’article 10 de la Convention, la Cour relève d’emblée que cet article interdit essentiellement à un gouvernement d’empêcher quelqu’un de recevoir des informations auxquelles d’autres aspirent ou que d’autres peuvent consentir à lui fournir (voir Leander c. Suède, arrêt du 26 mars 1987, série A no 116, § 74). Toutefois, s’agissant dans le cas d’espèce du contrôle de la correspondance du failli par le syndic de la faillite, la Cour estime que le grief des requérants doit être examiné uniquement sous l’angle de l’article 8 de la Convention (Collarile c. Italie, no 10644/02, 8 juin 2006).
29. En ce qui concerne le restant de ces griefs, la Cour relève que, dans son arrêt no 362 de 2003, déposé le 14 janvier 2003, la Cour de cassation a pour la première fois reconnu que le dédommagement moral relatif à la durée des procédures de faillite doit tenir compte, entre autres, de la prolongation des incapacités dérivant du statut de failli.
30. La Cour rappelle avoir retenu que, à partir du 14 juillet 2003, l’arrêt no 362 de 2003 ne peut plus être ignoré du public et que c’est à compter de cette date qu’il doit être exigé des requérants qu’ils usent de ce recours aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention (voir Sgattoni c. Italie, no 77132/01, § 48, 6 octobre 2005).
31. Les requérants ayant omis d’introduire un recours conformément à la loi Pinto, cette partie de la requête est irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes et doit être rejetée au sens de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention (voir Albanese c. Italie et Collarile c. Italie, précités).
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
32. Invoquant l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention, les requérants se plaignent de la limitation de leurs droits électoraux. Cet article est ainsi libellé :
« Les Hautes Parties contractantes s’engagent à organiser, à des intervalles raisonnables, des élections libres au scrutin secret, dans les conditions qui assurent la libre expression de l’opinion du peuple sur le choix du corps législatif. »
33. La Cour note que la perte du droit de vote suite à la mise en faillite ne peut pas excéder cinq ans à partir de la date du jugement déclarant la faillite. Or, ce jugement ayant été déposé le 16 novembre 1992, les requérants auraient dû introduire leur grief au plus tard le 16 mai 1998. La requête ayant été introduite le 3 février 2003, la Cour constate que ce grief est tardif et doit être rejeté conformément à l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA VIE PRIVÉE ET FAMILIALE
34. Invoquant l’article 8 de la Convention (précité), les requérants se plaignent d’une atteinte à leur droit au respect de leur vie privée et familiale dans la mesure où, en raison de l’inscription de leur nom dans le registre des faillis, ils ne peuvent exercer aucune activité professionnelle ou commerciale. En outre, ils dénoncent le fait que, selon l’article 143 de la loi sur la faillite, leur réhabilitation, qui met fin à ces incapacités personnelles, ne peut être demandée que cinq ans après la clôture de la procédure de faillite.
A. Sur la recevabilité
35. Quant à la partie de ce grief portant sur le droit au respect de la vie familiale, la Cour note que les requérants ont omis d’étayer ce grief et décide de rejeter cette partie de la requête pour défaut manifeste de fondement selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
36. Quant au restant du grief, la Cour constate que celui-ci n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
37. La Cour considère que l’ensemble des incapacités dérivant de l’inscription du nom du failli dans le registre entraîne en soi une ingérence dans le droit au respect de la vie privée des requérants qui, compte tenu de la nature automatique de l’inscription, de l’absence d’une évaluation et d’un contrôle juridictionnels sur l’application des incapacités y relatives ainsi que du laps de temps prévu pour l’obtention de la réhabilitation, n’est pas « nécessaire dans une société démocratique » au sens de l’article 8 § 2 de la Convention (voir Campagnano c. Italie, précité, §§ 50-66, Albanese c. Italie, précité, §§ 50-66 et Vitiello c. Italie, précité, §§ 44-62).
38. La Cour estime donc qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention.
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 6 § 1 ET 13 DE LA CONVENTION
39. Invoquant les articles 6 § 1 et 13 de la Convention, les requérants se plaignent de ne pas disposer d’un recours effectif pour se plaindre des incapacités les touchant tout au long de la procédure de faillite. Ces articles sont ainsi libellés :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…). »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
A. Sur la recevabilité
40. La Cour note d’emblée que, dans l’arrêt Bottaro c. Italie (no 56298/00, du 17 juillet 2003), elle a constaté la violation de l’article 13 de la Convention en raison de l’absence d’un recours effectif pour se plaindre de la limitation prolongée du droit au respect de la correspondance du requérant. Elle estime donc que le grief soulevé par les requérants doit être examiné uniquement sous l’angle de cette disposition.
41. Ensuite, quant à la partie du grief liée à ceux concernant la limitation prolongée du droit au respect des biens (article 1 du Protocole no 1 à la Convention), de la correspondance (article 8 de la Convention) et de la liberté de circulation des requérants (article 2 du Protocole no 4 à la Convention), la Cour rappelle avoir conclu à l’irrecevabilité de ces derniers. Elle estime donc que, ne s’agissant pas de griefs « défendables » au regard de la Convention, cette partie de la requête doit être rejetée comme étant manifestement mal fondée selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
42. Quant à la partie du grief portant sur les incapacités personnelles dérivant de l’inscription du nom du failli dans le registre des faillis et perdurant jusqu’à l’obtention de la réhabilitation civile, la Cour constate qu’elle n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celle-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
43. La Cour a déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 13 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Bottaro c. Italie, précité, §§ 41-46 et Campagnano c. Italie, précité, §§ 67-77).
44. La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent.
45. Partant, la Cour conclut qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention.
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
46. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
47. Les requérants réclament chacun 126 689,43 euros (EUR) au titre du préjudice matériel et 200 000 EUR au titre du préjudice moral qu’ils auraient subis.
48. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
49. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre les violations constatées et le dommage matériel allégué et rejette la demande. Quant au préjudice moral, elle estime que, eu égard à toutes les circonstances de l’affaire, les constats de violation figurant dans le présent arrêt fournissent par eux-mêmes une satisfaction équitable suffisante.
B. Frais et dépens
50. Les requérants s’en remettent à la sagesse de la Cour quant aux frais et dépens encourus devant celle-ci.
51. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
52. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 2 000 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde aux requérants, conjointement.
C. Intérêts moratoires
53. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 8 de la Convention, en ce qui concerne le droit au respect de la vie privée des requérants, et 13 de la Convention, en ce qui concerne l’absence d’un recours pour se plaindre des incapacités personnelles dérivant de l’inscription du nom du failli dans le registre des faillis, et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention ;
4. Dit que les constats de violation figurant dans le présent arrêt fournissent par eux-mêmes une satisfaction équitable suffisante pour le dommage moral ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser aux requérants, conjointement, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 2 000 EUR (deux mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 12 juin 2007 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
S. Dollé F. Tulkens
Greffière Présidente

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