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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE FABRIS c. FRANCE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 14, 46, P1-1
Numero: 16574/08/2013
Stato: Francia
Data: 2013-02-07 00:00:00
Organo: Grande Camera
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 14+P1-1 – Interdizione della discriminazione, Articolo 14 – Discriminazione, (articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione del proprietà articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni, Soddisfazione equa riservata,

GRANDE CAMERA

CAUSA FABRIS C. FRANCIA

( Richiesta no 16574/08)

SENTENZA
(Fondo)

STRASBURGO

7 febbraio 2013

Questa sentenza è definitiva. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Fabris c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunendosi in una Grande Camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Francesca Tulkens,
Nina Vajić,
Lech Garlicki,
Karel Jungwiert,
Elisabetta Steiner,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Dragoljub Popović,
George Nicolaou,
András Sajó,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Işil Karakaş
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
André Potocki, giudici,
e di Johan Callewaert, cancelliere aggiunge della Grande Camera,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 aprile e 24 ottobre
2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 16574/08) diretta contro la Repubblica francese e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 1 aprile 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Lunel. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente, un bambino “adulterino”, adduceva avere subito, nella cornice della successione di sua madre, una discriminazione fondata sulla nascita contraria all’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1 e con l’articolo 8 della Convenzione.
4. La richiesta è stata assegnata alla quinta sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell’ordinamento. Il 10 febbraio 2010, il presidente della sezione ha deciso di comunicarla al Governo. Siccome lo permettevano il vecchio articolo 29 § 3 della Convenzione, articolo 29 § 1 reali, e l’articolo 54 All’ordinamento, ha deciso che sarebbero esaminati l’ammissibilità ed il fondo della causa allo stesso tempo. Il 21 luglio 2011, una camera della quinta sezione, composta dei giudici di cui i nomi seguono,: Dean Spielmann, Presidente, Jean-Paul Costa, Boštjan il Sig. Zupančič, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefčvre, Ann Power ed Angelika Nußberger, giudici, così come di Claudia Westerdiek, greffière di sezione, ha dichiarato la richiesta ammissibile. Ha concluso, con cinque voci contro due, che non c’era stata violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1 e, all’unanimità, che non c’era luogo di esaminare separatamente il motivo di appello derivato dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 8.
5. Il 6 settembre 2011, il richiedente ha chiesto il rinvio della causa dinnanzi alla Grande Camera in virtù dell’articolo 43 della Convenzione e dell’articolo 73 dell’ordinamento. Il 28 novembre 2011, il collegio della Grande Camera ha fatto diritto a questa domanda.
6. La composizione della Grande Camera è stata arrestata conformemente agli articoli 26 §§ 4 e 5 della Convenzione e 24 dell’ordinamento.
7. Tanto il richiedente che il Governo ha depositato delle memorie dinnanzi alla Grande Camera.
8. Un’udienza si è svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 4 aprile 2012, articolo 59 § 3 dell’ordinamento.

Sono comparsi:
-per il Governo
A. – F. Tissier, coagente,
E. Topin, ministero delle Cause estere ed europee,
SIG. – A. Recher, ministero della Giustizia,
C. Azar, ministero della Giustizia, consigliera;

-OMISSIS
La Corte ha inteso nelle loro dichiarazioni OMISSIS.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
9. Il richiedente è nato in 1943 e ha risieduto ad Orléans.
A. Contesto della causa
10. Il richiedente fu riconosciuto alla sua nascita con suo padre. Al tempo della sua concezione, sua madre, la Sig.ra R. sposa Sig., era impegnata in legami del matrimonio e di questa unione erano nati due bambini, A. nato in 1923 e J.L. nato nel 1941. Con un giudizio del 28 febbraio 1967, la separazione di corpo fu pronunciata tra la madre del richiedente e il suo sposo, Signore M.
11. Con un atto del 24 gennaio 1970, gli sposi M. fecero donazione-divisione dei loro beni tra i loro due bambini legittimi. Questo atto, passato dinnanzi a notaio, conteneva una riserva di usufrutto ed un’azione revocatoria per garantire i carichi e condizioni della donazione. All’epoca della sua conclusione, gli sposi il Sig. dichiararono non avere altri bambini che i due donatari.
12. Con un giudizio del 24 novembre 1983, la corte d’appello di Montpellier dichiarò il richiedente bambino naturale di Sig.ra Sig., dopo avere constatato che il possesso di stato di bambino naturale era stabilita ampiamente.
13. Nel 1984, il richiedente emise il desiderio di fare opposizione alla donazione-divisione acconsentita nel 1970. A questa data, il suo avvocato gli indicò che questo atto non poteva essere contestato del vivente del donatore e che unica un’azione in riduzione potrebbe essere impegnata nei cinque anni a contare del decesso di questo.
14. Nel luglio 1994, la madre del richiedente decedette. Con una lettera del 7 settembre 1994, il notaio incaricato della successione ricordò al richiedente che in quanto bambino “adulterino”, aveva solamente diritto alla metà di ciò che avrebbe raccolto se era stato legittimo, la legislazione applicabile che contempla per metà a questo momento un diritto successorio ridotto rispetto ad un bambino legittimo – vedere sotto 26 e 27 i paragrafi. Gli indicò che suo fratellastro e sorellastra erano pronti a pagargli in contanti la somma di 298 311 franchi francesi (FRF) (circa 45 477 euro (EUR)) precisando che “nel caso di una riduzione per sopraggiungere di bambino ulteriore, non può trattarsi che una riduzione in argento ed in nessun caso in natura.” Nessuno accordo fu concluso tra i tre bambini.
B. L’azione per riduzione intentata dal richiedente
15. Con prodezza del 7 gennaio 1998, il richiedente citò suo fratellastro J.L. e sua sorellastra A. in riduzione della donazione-divisione, conformemente all’articolo 1077-1 del codice civile, paragrafo 25 sotto. Chiese una parte riservataria uguale ai loro sulla massa successoria di sua madre.
16. Dopo la sua condanna con la Corte nel causa Mazurek c. Francia, no 34406/97, 1 febbraio 2000, CEDH 2000-II, la Francia modificò, con la legge no 2001-1135 del 3 dicembre 2001 (qui di seguito, la “legge di 2001”), la sua legislazione ed accordò ai bambino “adulterini” dei diritti successori identici ai bambini legittimi, paragrafo 28 sotto. Questa nuova legge entrò in vigore prima che un giudizio sia pronunciato nella controversia in corso. Secondo le sue disposizioni transitorie, sotto riserva degli accordi amichevoli intervenuta già e delle decisioni giudiziali irrevocabili, le disposizioni relative ai nuovi diritti successori dei bambini naturali di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnato nei legami del matrimonio erano applicabili alle successioni aperte alla data di pubblicazione della legge alla Gazzetta ufficiale, 4 dicembre 2001, e non avendo dato luogo a divisione prima di questa data (articolo 25-II della legge di 2001) paragrafo 30 sotto.
17. Nei suoi conclusioni riassuntivi del 20 febbraio 2003, il richiedente si appellò sulle disposizioni della legge di 2001. Sostenne che questa abrogava l’articolo 14 della legge del 3 gennaio 1972 sulla filiazione (qui di seguito, la “legge del 1972”, paragrafi 27 e 29 sotto, disposizione transitoria che contemplava che i diritti dei riservatari istituiti da suddetta legge non potevano essere esercitati al danno delle donazioni tra vive acconsentite in vigore prima della sua entrata. Secondo il richiedente, l’abrogazione di questa disposizione lo rendeva ammissibile ad esercitare l’azione in riduzione prevista all’articolo 1077-1 del codice civile buono che il donazione-divido sia stata acconsentita il 24 gennaio 1970.
1. Il giudizio di prima istanza
18. Con un giudizio del 6 settembre 2004, la corte d’appello di Béziers fece diritto alla domanda del richiedente. Considerò che l’articolo 14 della legge del 1972 era contrario agli articoli 8 e 14 della Convenzione. A questo riguardo, si riferì al sentenza Marckx c. Belgio, 13 giugno 1979, serie Ha no 31, riconoscente “che la vita familiare comprendeva anche gli interessi patrimoniali”, così come a parecchie sentenze della Corte “che hanno continuato ad affermare il carattere discriminatorio delle differenze di trattamento in materia successoria tra bambini legittimi e bambini naturali, sentenze Mazurek, Inze e Vermeire.” Stimò anche che questo articolo era contrario al loinouvelle
di 2001. Giudicò che l’interessato disponeva degli stessi diritti successori che suo fratellastro e sorellastra nella successione motivando la sua decisione come segue:
“Che l’articolo 25-1 della legge del 3 dicembre 2001 dispongo che questa legge è applicabile alle successioni aperte a contare del suo collocamento in applicazione; che sotto riserva degli accordi amichevoli intervenuta già e delle decisioni giudiziali irrevocabili le disposizioni di questa legge sono applicabili alle successioni aperte alla data della pubblicazione della legge alla Gazzetta ufficiale della Repubblica francese nella misura in cui queste successioni non hanno dato adito a divisione prima di questa data;
Che nello specifico, la successione di Signora Sig. non ha dato ancora luogo a divisione e che così si applicano le disposizioni relative ai nuovi diritti successori dei bambini naturali di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnato nei legami del matrimonio. (…)
Che difatti, non è serio sostenere che il legislatore, adottando la legge del 3 dicembre 2001, ha desiderato mantenere una disposizione contraria allo spirito ed allo scopo della nuova legge. “
2. La sentenza d’ appello
19. In ottobre e dicembre 2004, J.L. e gli eredi di A., deceduta durante procedimento, fecero appello del giudizio.
20. Con una sentenza del 14 febbraio 2006, la corte di appello di Montpellier annullò il giudizio e dichiarò che il richiedente non era ammesso 14 capoverso 2 ad esercitare l’azione in riduzione della donazione-divisione con applicazione dell’articolo della legge del 1972. Precisò che:
“(…) ai termini di [questo articolo], i diritti dei riservatari istituiti dalla presente legge o risultante delle regole nuove concernente la determinazione della filiazione potuti stato esercitate al danno delle donazioni tra vive acconsentite in vigore prima della sua entrata.
Questo testo che decreta in particolare una regola generale in quanto agli effetti retroattivi delle regole nuove relative alle filiazione conclusioni della legge del 3 gennaio 1972, non è stato abrogato espressamente dalla legge del 3 dicembre 2001, e la sua abrogazione tacita non si esclude neanche dei termini di questa legge, da una parte in ciò che non gli è contrario, e di altra parte in ciò che non era accantonato alla sola applicazione dell’articolo 915 del codice civile abrogato da suddetta legge. “
La corte di appello stimò che una tale conclusione non era inconciliabile col principio generale di uguaglianza dei diritti qualunque sia la nascita, come risulta degli articoli 1 del Protocollo no 1, 8 e 14 della Convenzione:
“Di prima, le disposizioni dell’articolo 14 della legge del 1972 hanno per solo oggetto di vietare l’esercizio dei diritti dei riservatari istituiti da questa legge ed allargati con la legge del 3 dicembre 2001, al danno delle donazioni tra vivi acconsentito prima del 1 agosto 1972, senza privare suddetti riservatari dei loro diritti a successione. Presentano poi, talvolta una giustificazione obiettiva e ragionevole allo sguardo dello scopo legittimo perseguito, a sapere garantire una certa pace dei rapporti familiari assicurando dei diritti acquisiti in questa cornice, di molto lunga data, senza per questo creare di distorsione eccessiva tra eredi, essendo osservato che [queste disposizioni] hanno una portata limitata al tempo stesso nel tempo ed in quanto alle liberalità riguardate. “
3. La sentenza della Corte di cassazione
21. Il richiedente formò un ricorso in cassazione. Nel suo mezzo in cassazione fondata sulla violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 14 della Convenzione, fece valere che la pace dei rapporti familiari non poteva avere una legittimità superiore all’uguaglianza, in materia di diritti di carattere civile, entra bambino nato dal matrimonio e bambini nati fuori matrimonio.
22. Nel suo parere trasmise alle parti, l’avvocato generale della Corte di cassazione propose di respingere il ricorso. Si rivolse ai giudici della prima camera civile della Corte di cassazione in questi termini:
“(…) non bisogna considerare che la successione aperta non abbia dato adito a prima della data di pubblicazione della legge, dal momento che un’azione in riduzione concernente la donazione divide è pendente a questa data?
Sono buono, difatti, dell’approccio differente proposto dalle disposizioni transitorie delle leggi di 1972 e di 2001 che nascono la difficoltà che vi è sottoposta. Mentre né le successioni aperte, né le donazioni tra vivi acconsentite in vigore prima dell’entrata della legge del 1972, non potevano essere rimesse in causa con questa legge, la legge di 2001 permette ai bambini naturali di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnato nei legami del matrimonio di avere dei diritti successori nelle successioni aperte prima della pubblicazione di questa ultima legge.
Questa differenza giustifica che le disposizioni della legge di 2001 non siano applicate in modo restrittive. Solo una divisione realizzata, un accordo amichevole intervenuto, o una decisione giudiziale irrevocabile, permettono di escludere già i diritti nuovi di questi bambini nelle successioni aperte. Con l’esercizio dell’azione in riduzione, la successione aperta alla data di pubblicazione della legge di 2001 “ha potuto dare luogo a divisione” alla data di pubblicazione della legge.
Mi sembra, perciò, difficile di sostenere che la legge del 3 dicembre 2001 non è applicabile. In compenso, i termini dell’articolo 14 della legge del 3 gennaio 1972 sono privo di ogni ambiguità. I diritti dei riservatari istituiti da questa legge non possono essere esercitati “al danno delle donazioni tra vive acconsentite in vigore” prima della sua entrata. Occorre, allora, ammettere che queste disposizioni sono state abrogate tacitamente?
Facendo astrazione del tempo, l’esposto integrativo sostiene che la contraddizione manifesta tra le disposizioni transitorie di queste due leggi porta abrogazione tacita di queste che regola la legge del 1972. Se l’approccio è differente tra i regimi transitori instaurato nel 1972 e quello trattenuto in 2001, non mi sembra, però, che ci sia contraddizione.
Escludendo la rimessa in causa delle donazioni tra vive acconsentito in vigore prima dell’entrata della legge del 1972, il legislatore ha inteso garantire la sicurezza giuridica che queste donazioni chiamavano. Niente giustifica solamente questa sicurezza giuridica sia rimessa in causa nel 2002, le disposizioni transitorie anteriori che sono complementari di queste definite con la legge di 2001.
È ciò che mi conduce a proporvi di respingere il primo ramo del mezzo, la donazione tra vivi intervenuta il 24 gennaio 1970 che non può essere rimessa in causa coi diritti successori nati di regole notizie concernente la determinazione della filiazione. A questo riguardo, se la realtà della divisione prima della data di pubblicazione della legge del 3 dicembre 2001 è discutibile, l’esistenza di una donazione tra vivi acconsentita in vigore prima dell’entrata della legge del 3 gennaio 1972 non è discussa. (…) “
23. Con una sentenza del 14 novembre 2007, la Corte di cassazione respinse il ricorso sollevando di ufficio un motivo di puro diritto. Ricordò che in applicazione delle disposizioni transitorie della legge di 2001, i nuovi diritti successori dei bambini naturali di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnata nei legami del matrimonio, erano applicabili solamente alle successioni aperte e non ancora condivise prima del 4 dicembre 2001, paragrafo 16 sopra. Rilevò che una divisione successoria essendo realizzata si col decesso di Sig.ra Sig., sopraggiunto nel luglio 1994 e dunque prima del 4 dicembre 2001, le disposizioni precitate non erano applicabili.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNE PERTINENTI
A. Donazione- divisione ed azione di riduzione
24. La legge francese permette di procedere sé stesso alla divisione della sua successione tra i suoi eredi. Nella cornice di una donazione-divisione, il donatore decide di una distribuzione immediata dei suoi beni (trasferimento tra vivi). È una divisione anticipata, definitivo e pattuito. La proprietà dei beni riguardati è trasferita al momento della donazione che costituisce il primo atto, anticipato, di una successione destinata ad aprirsi più tardi allo stesso tempo. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, il donazione-divido diventa una divisione successoria col decesso del donatore. La successione è al tempo stesso aperta e liquidata definitivamente o condivisa al giorno del decesso del discendente (Cass). Civ. 7 marzo 1876; 1re Civ, 5 ottobre 1994, Bull. 1994, I, no 27.
25. Il discendente che non è stato alloti nella divisione è invitato a comporre la sua parte di riserva sui beni che esistono all’apertura della successione. Se questi beni non bastano, dispone di un’azione in riduzione, ad esercitare entro cinque anni a partire dal decesso del donatore. È la via di ricorso che ha utilizzato il richiedente conformemente agli articoli 1077-1 e 1077-2 del codice civile, così formulato all’epoca dei fatti,:
Articolo 1077-1
“Il discendente che non ha concorso alla donazione-divisione, o che ha ricevuto un lotto inferiore alla sua parte di riserva, può esercitare l’azione in riduzione, se non esiste all’apertura della successione dei beni non compresi nella divisione e sufficienti per comporre o completare la sua riserva, tenuto conto delle liberalità di cui ha potuto beneficiare. “
Articolo 1077-2
“Le donazione-divisioni seguono le regole delle donazioni tra vive per tutto ciò che riguarda l’imputazione, il calcolo della riserva e la riduzione.
L’azione in riduzione non può essere introdotta che dopo il decesso del discendente che ha fatto la divisione o del superstite dei discendenti in caso di divisione congiuntiva. Si prescrive con cinque anni a contare di suddetto decesso.
Il bambino non concepito ancora al momento della donazione-divisione dispongo di una simile azione per comporre o completare la sua parte ereditaria. “
26. Gli articoli 913 e 915 del codice civile relativo a “la porzione di beni disponibili” nelle donazioni tra vivi e testamenti, da allora abrogati, si leggevano come segue:
Articolo 913
“Le liberalità, o con atto tra vivi, o con testamento non potranno superare la metà dei beni di disponendolo, se non lascia al suo decesso che un bambino; il terzo se lascia due bambini, il quarto, se ne lascia tre o un più grande numero; senza che ci sia luogo di distinguere tra i bambini legittimi ed i bambini naturali, eccetto il caso dell’articolo 915. “
Articolo 915
“Quando un bambino naturale di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnato nei legami del matrimonio con un’altra persona, è chiamato alla successione del suo autore concorso coi bambini legittimi issus di questo matrimonio, conta con la sua presenza per il calcolo della quota disponibile; ma la sua parte nella riserva ereditaria è uguale solamente alla metà di quella che avrebbe avuto se tutti i bambini, ivi compreso sé, fossero stati legittimi.
La frazione di cui la sua parte nella riserva è sminuita aumenterà così ai soli bambini issus del matrimonio al quale l’adulterio ha portato attentato, si dividerà tra essi con uguali portavamo. “
B. Evoluzione del diritto dei bambino “adulterini”
27. Il regime successorio delle bambini naturalezze è stato modificato dalla legge del 1972 sulla filiazione che consacrò la loro uguaglianza nella successione con un’eccezione costituita dalla situazione del bambino “adulterino” (Mazurek, precitata, § 17, questo vedente il suo diritto ristretto a “la metà della parte alla quale [avrebbe] avuto diritto se tutti i bambini del defunto, ivi compreso sé, fossero stati legittimi” (vedere 757 e 760 i vecchi articoli del codice civile) ibidem; vedere, anche, per le donazioni, paragrafo 26 sopra.
28. Introdotta in seguito al sentenza Mazurek, la legge di 2001 fatto sparire le restrizioni ai diritti successori dei bambino “adulterini” e consacra l’uguaglianza successoria tra tutti i bambini, legittimi, naturalezze semplici o “adulterini.” Il suo articolo 1 dispone che non distingue tra la filiazione legittima e le filiazioni naturali per determinare i genitori chiamati a succedere” (articolo 733 del codice civile) e che “i bambini o i loro discendenti succedono a loro padre e madre o altri discendenti, senza distinzione di sesso, né di primogenitura, anche se sono issus di unioni differenti” (articolo 735 del codice civile). I testi che regolavano la restrizione della riserva ereditaria del bambino “adulterino” e la sua capacità di ricevere a titolo gratuito sono abrogati. Alla fine, l’ordinanza no 2005-759 del 4 luglio 2005 portando riforma della filiazione consacra il principio di uguaglianza delle filiazioni, facendo sparire le nozioni stesse di bambino legittimo e naturale.
C. Disposizioni transitorie
1. Disposizioni transitorie della legge del 1972
29. Limitavano la portata della riforma introdotta dalla legge del 1972. Il suo articolo 14 aveva escluso ogni applicazione immediata dei diritti successori nuovi del bambino naturale semplice o “adulterino”, nelle successioni aperte in vigore anteriori la sua entrata, ed impossibilitato questo bambino di rimettere in causa delle donazioni tra vive acconsentito in vigore prima dell’entrata della legge, il 1 agosto 1972. È sulla base di questa disposizione che la corte di appello di Montpellier ha respinto l’azione del richiedente, paragrafo 20 sopra.
2. L’articolo 25 della legge di 2001
30. Secondo l’articolo 25-I della legge di 2001, in principio, l’entrata in vigore della legge è differita al 1 luglio 2002. Tuttavia, trattandosi dell’abrogazione delle disposizioni del codice civile relativo ai diritti dei bambino “adulterini”, il legislatore ha deciso, con eccezione, una regola di entrata in vigore immediata alla data della pubblicazione della legge alla Gazzetta ufficiale sia il 4 dicembre 2001. Così l’articolo 25-II dispone che:
“La presente legge sarà applicabile alle successioni aperte a contare [del 1 luglio 2002], sotto il seguente eccezioni: (…)
2o Sotto riserva degli accordi amichevoli intervenuti già e delle decisioni giudiziali irrevocabili, saranno applicabili alle successioni aperte alla data di pubblicazione della
presente legge alla Gazzetta ufficiale della Repubblica francese e non avendo dato luogo a divisione prima di questa data:
– le disposizioni relative ai nuovi diritti successori dei bambini naturali di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnato nei legami del matrimonio; (…) “
31. Per quanto cade sui diritti dei bambino “adulterini”, la legge di 2001 ha vocazione ad applicarsi a tutte le successioni aperte al 4 dicembre 2001 dunque, purché non ci sia divisione prima di questa data.
3. La legge del 23 giugno 2006 portando riforma delle successioni e delle liberalità
32. Questa legge ha modificato l’articolo 25-II della legge di 2001 abrogando i termini “di cui il padre o la madre erano, al tempo della concezione, impegnato nei legami del matrimonio.” L’articolo 25-II 2o non contiene più nessuno riferimento al carattere adulterino della filiazione.
4. Giurisprudenza della Corte di cassazione pertinente
33. Con una sentenza del 6 gennaio 2004, 1re Civ, Bull. 2004, I, no 10, la Corte di cassazione ha fatto applicazione delle disposizioni transitorie della legge di 2001, senza riferirsi alle disposizioni della Convenzione, per annullare una sentenza di appello del 2002 che aveva annullato delle donazioni consentite ad un bambino “adulterino” facendo applicazione dei testi vecchi mentre la successione non era stata divisa. In una sentenza del 7 giugno 2006, 1re Civ, Bull. 2006, I, no 297, facendo anche applicazione delle disposizioni transitorie, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso formato da un bambino “adulterino” che aveva ricevuto una parte uguale alla metà di quella che avrebbe ricevuto se fosse stato legittimo, dal momento che la divisione era intervenuta prima del 4 dicembre 2001, nello specifico il 13 marzo 1996. In una sentenza del 15 maggio 2008, la Corte di cassazione ha giudicato che le disposizioni della legge di 2001 relative ai nuovi diritti dei bambino “adulterini” erano applicabili ad una successione aperta prima del 1 agosto 1972, nell’occorrenza nel 1962, dal momento che non era stata oggetto di una divisione prima del 4 dicembre 2001, 1re Civ, Bull. 2008, I, no 139.
III. ELEMENTI DI DIRITTO COMPARATO
34. Nella grande maggioranza dei paesi studiati, quaranta Stati su quarantadue, lo statuto del bambino in materia successoria è indipendente della situazione matrimoniale dei suoi genitori. Ventuno paesi conferiscono lo stesso statuto a tutti i bambini, mentre diciannove altri (Albania, Azerbaigian, Bosnia-Erzegovina, Cipro, Spagna, Grecia, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Repubblica di Moldova, Monaco, Montenegro, San Marin, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Regno Unito, Turchia ed Ucraina, stabilisce una distinzione tra i bambini legittimi ed i bambino naturali/illegittimi, ma ne che accorda loro espressamente un’uguaglianza successoria. La nozione del bambino “adulterino” è molto poco diffusa, questi bambini essendo assimilati in generale ai bambini naturali. Certe differenze tra i bambini legittimi ed i bambino naturali/illegittimi in materia successoria perdurano a Malta. Il solo Stato partito a fare ancora una distinzione chiara in materia di vocazione successoria al riguardo dei bambini nato fuori matrimonio è l’Andorra, dove questi sono posti in una situazione meno favorevole che i bambini legittimi.
IV. DOCUMENTI E GIURISPRUDENZA EUROPEI PERTINENTI
35. Il Gruppo di delatori del Comitato dei Ministri (GR-J) insegue il suo esame del progetto di raccomandazione [CM/Rec (2012)] agli Stati membri sui diritti e lo statuto giuridico dei bambini e le responsabilità parentali, con la sua esposizione dei motivi che è stata presentata al Comitato dei Ministri. Il progetto di raccomandazione mira a sostituire le norme obsolete della Convenzione europea del 1975 sullo statuto giuridico dei bambini nati fuori matrimonio (Convenzione che la Francia non ha ratificato che non è più conformi alla giurisprudenza della Corte). Nello stato reale del testo, contiene un elemento centrale che è il principio di non discriminazione enunciato al principio 1 che dispone:
“I bambini non dovrebbero essere oggetto di nessuna discriminazione fondata su dei motivi come la nascita
I bambini non dovrebbero, in particolare, essere oggetto di nessuna discriminazione fondata sullo stato civile dei loro genitori. “
Peraltro, il principio 5 “diritto di successione” enuncia che sotto riserva della definizione dei genitori dati al principio 2 e del principio 17.2, procreazione post mortem, “i bambini dovrebbero, qualunque sia le circostanze della loro nascita, avere gli stessi diritti di successione sui beni di ciascuno dei loro genitori e delle famiglie di questi.”
Il capoverso pertinente dell’esposizione dei motivi è redatto così:
“22. Avuto riguardo al principio generale di non discriminazione come enunciato al principio 1 ed alle decisioni della Corte in Mazurek c. Francia, Campo e Bourimi c. Paesi Bassi e Marckx c. Belgio che conclude rispettivamente che la discriminazione contro i bambini nata di relazioni adulteri e dei bambini nati fuori matrimonio nella tenuta dei diritti di successione costituiva una violazione dell’articolo 14 del CEDH, composto all’articolo 1 del primo Protocollo nella prima causa ed all’articolo 8 nella seconda, il principio 5 indica, in termini generali, che i bambini dovrebbero avere dei diritti di successione uguali, qualunque sia le circostanze della loro nascita. A questo riguardo, questo principio ha un’applicazione più larga che l’articolo 9 della Convenzione europea del 1975 sullo statuto giuridico dei bambini nato fuori matrimonio che conferisce a questi bambini gli stessi diritti di successione che quelli dei bambini nato nel matrimonio. Il principio 5 è subordinato alla definizione dei genitori dati al principio 2. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
36. Il richiedente si lamenta dell’impossibilità di fare valere i suoi diritti successori in quanto bambino “adulterino” e denuncia la persistenza di una discriminazione ingiustificata dopo il sentenza Mazurek e malgrado l’adozione della legge di 2001.
Adduce la violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge rispettivamente così:
Articolo 14
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sulla nascita. “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. La sentenza della camera
37. Nella sua sentenza del 21 luglio 2011, la camera ha giudicato che il motivo di appello del richiedente entrava nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ciò che bastava per rendere l’articolo 14 della Convenzione applicabile. Difatti, in ragione della riconoscenza della sua filiazione materna nel 1983, il richiedente disponeva di un interesse, sanctionnable dinnanzi ai tribunali interni, a fare valere i suoi diritti nella successione di sua madre di un modo compatibile con l’articolo 14 della Convenzione, paragrafi 38-42 della sentenza della camera.
38. Sul fondo, la camera ha osservato che le leggi di 1972 e 2001 avevano messo in opera delle disposizioni transitorie precise in quanto all’applicazione dei nuovi diritti successori che consacravano. Ha rilevato che le giurisdizioni interne avevano considerato che il richiedente non poteva beneficiare al momento dell’introduzione dell’azione in riduzione della donazione-divisione del 1970. Difatti, secondo la corte di appello, la disposizione transitoria della legge del 1972 escludeva la rimessa in causa di donazioni acconsentite in vigore tra vivi prima dell’entrata di questa legge. La Corte di cassazione, in quanto a lei, aveva stimato che la realizzazione della divisione successoria all’epoca del decesso della madre nel 1994 costituiva una situazione che fa ostacolo, in virtù dell’articolo 25-II della legge di 2001, all’applicazione delle nuove disposizioni che consacrano l’uguaglianza successoria. Queste interpretazioni del diritto interno inseguivano lo scopo legittimo di garantire il principio di sicurezza giuridica ed i diritti acquisiti di lunga data coi bambini legittimi; di più, non apparivano irragionevoli, arbitrari o in flagrante contraddizione con l’interdizione della discriminazione. La camera ha distinto la situazione specifica del presente genere delle cause in che la divisione successoria non era stata realizzata ancora (Mazurek, precitata, e Merger e Cros c. Francia, no 68864/01, 22 dicembre 2004, per arrivare alla conclusione che la differenza di trattamento controverso era proporzionata allo scopo perseguito e che non c’era stata violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafi 50-59 della sentenza della camera).
B. Argomenti delle parti
1. Il Governo
a) Sull’applicabilità dell’articolo 14 della Convenzione
39. Il Governo sostiene che i fatti denunciati dal richiedente non cadono sotto l’impero dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ciò che rende l’articolo 14 della Convenzione inapplicabile. Osserva a questo riguardo che il donazione-divido del 1970 ha operato un trasferimento di proprietà dei beni ai due bambini legittimi ed instaurato una situazione giuridica acquisita che ha impedito il richiedente di beneficiare della successione. Né la legge del 1972, né quella di 2001 non ha potuto provocare la realizzazione della parte successoria alla quale avrebbe avuto diritto se l’atto del 1970 non era esistito. Alla differenza dei cause Mazurek e Merger e Cros in che i richiedenti hanno acquisito automaticamente dei diritti ereditari in seguito al decesso di loro genitore, la successione nello specifico è stata regolata nel 1970 prima del decesso della madre del richiedente. Per di più, questa divisione dei beni è anteriore di parecchi anni alla determinazione della sua filiazione nel 1983. Quindi, secondo il Governo, l’interessato non aveva nessuno diritto ereditario sulla successione (vedere, mutatis mutandis, Alboize-Barthes ed Alboize-Montezume c. Francia, déc.), no 44421/04, 21 ottobre 2008.
b) Sul merito
40. Come sottolineato dinnanzi alla camera, il Governo sostiene che il richiedente “non è stato escluso” della successione di sua madre, ma che, nella misura in cui era stato disposto già dei beni di questa nella cornice della donazione-divisione del 1970, non poteva realizzare la parte successoria che gli sarebbe ritornata a causa delle leggi da 1972 e 2001 nella mancanza di un tale atto. Così, non sono le decisioni giurisdizionali in causa che hanno impedito il richiedente di beneficiare della successione di sua madre, ma un atto anteriore di trasferimento di proprietà avendo instaurato una situazione giuridica acquisita.
41. Sono di questi diritti acquisiti dagli altri eredi che il legislatore di 2001, avendo risposto del resto perfettamente agli obblighi a carattere generale che erano al suo carico per eseguire il sentenza Mazurek, ha dovuto tenere conto pianificando in vigore l’entrata della legge. L’applicazione della nuova legge alle situazioni anteriori doveva prendere necessariamente in conto i principi di sicurezza giuridica e di prevedibilità della legge consacrata dalla giurisprudenza della Corte. L’articolo 25 della legge di 2001 ha escluso l’applicazione dei nuovi diritti alle successioni aperte alla data della sua pubblicazione dunque ed avendo dato adito a prima di questa data. Del parere del Governo, in queste circostanze, l’interpretazione considerata dalla Corte di cassazione non è in contraddizione col sentenza Mazurek. Alla differenza di questo e del causa Merger e Cros in che i richiedenti hanno contestato delle situazioni che non erano acquisite ancora al momento dell’introduzione del loro ricorso interno, l’azione in riduzione intentata dal richiedente nel 1998 mirava a rimettere in causa una situazione di divisione già realizzata.
42. Il Governo riconosce che una sentenza concludente ad una violazione della Convenzione può provocare delle misure generali nello stato convenuto ed avere una portata che vale al di là della controversia concernente le parti dinnanzi alla Corte. Per tanto, afferma che la Corte non ha riconosciuto mai un effetto retroattivo alle sue sentenze. Sostenere che il sentenza Mazurek doveva applicarsi alla presente causa, questo cioè ad una situazione giuridica definitivamente acquisita prima di suo pronunziato, e che dovrebbe avere un effetto retroattivo, svuoterebbe della sua portata l’articolo 46 della Convenzione.
2. Il richiedente
a) Sull’applicabilità dell’articolo 14 della Convenzione
43. Il richiedente non produce di osservazioni supplementari dinnanzi alla Grande Camera a queste prodotto dinnanzi alla camera e ragguardevole il suo disaccordo col Governo su questo punto (paragrafo 37 della sentenza della camera). Stima che la determinazione della sua filiazione materna nel 1983 gli dava dei diritti ereditari all’apertura della successione di sua madre-appendi al giorno dell’introduzione della sua richiesta-che entrano nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b,)Sul merito
44. Secondo il richiedente, l’effettività dell’articolo 14 della Convenzione deve essere garantito ed uniche delle ragioni “molto forti” possono portare a stimare compatibile con la Convenzione una distinzione fondata sulla nascita. La sicurezza giuridica non è né un diritto garantito dalla Convenzione né una causa di utilità pubblica suscettibile di giustificare un attentato al rispetto dei beni sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
45. Ciò che poteva essere tollerato nel 1972, al nome del concetto di sicurezza giuridica, per mettere in fallimento il principio di non discriminazione garantito dall’articolo 14, non può più l’essere dopo il sentenza Mazurek. In compenso, il richiedente sottolinea che i diritti ingiustamente acquisizioni non dovevano essere garantiti dalle disposizioni transitorie della legge di 2001, supposta mettere fine alla violazione constatata in questa sentenza. Stima che riparando il danno causato al Sig. Mazurek, la Corte ha rifiutato di garantire le situazioni giuridiche anteriori alla sua sentenza. Il richiedente considera che l’incomprensione della forza obbligatorio del sentenza Mazurek deve essere constatato nello specifico e sanzionata. Concludere equivarrebbe diversamente ad ammettere che un Stato che adotta una legislazione supposta trarre le conseguenze dalla giurisprudenza della Corte dispone di un termine indefinito di trasposizione delle decisioni di questa, per non occuparsi, nella circostanza, che le successioni future, e possa così convalidare a posteriori delle violazioni accertate della Convenzione. Il richiedente denuncia il mantenimento di una discriminazione che conserva gli effetti della legge di 1972 sanzionati dalla Corte e rinnegato nella sua ispirazione col legislatore di 2001.
46. Sottolinea anche che l’azione in riduzione che ha impegnato nel 1998 era pendente all’epoca della pubblicazione della legge di 2001, ciò che doveva provocare al suo riguardo l’utile dei diritti nuovi accordati ai bambino “adulterini”. Stima di conseguenza che a causa di questo causae pendentiae, la successione di sua madre non poteva essere divisa definitivamente salva a fare dell’azione in riduzione della donazione-divisione una via di ricorso inefficace.
C. Valutazione della Corte
1. Sull’applicabilità dell’articolo 14 della Convenzione
a) Principi generali
47. Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, l’articolo 14 della Convenzione completa le altre clausole normative della Convenzione e dei Protocolli. Non ha esistenza indipendente, poiché vale unicamente per “il godimento dei diritti e libertà” che garantiscono. Certo, può entrare in gioco stesso senza una trasgressione nelle loro esigenze e, in questa misura, possiede una portata autonoma, ma non saprebbe trovare ad applicarsi se i fatti della controversia non cadono almeno sotto l’impero di una di suddette clausole (vedere, tra molto altri, Van Raalte c. Paesi Bassi, 21 febbraio 1997, § 33, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-I; Petrovic c. Austria, 27 marzo 1998, § 22, Raccolta 1998-II; Zarb Adami c. Malta, no 17209/02, § 42, CEDH 2006-VIII, e Konstantin Markin c. Russia [GC], no 30078/06, § 124, CEDH 2012 (brani)).
b) Sulla questione di sapere se i fatti dello specifico cadono sotto l’impero dell’articolo 1 del Protocollo no 1
48. Nel presente genere, conviene stabilire dunque se il motivo di appello del richiedente, cadendo sull’impossibilità di fare valere i suoi diritti successori per mezzo di un’azione in riduzione della donazione-divisione fatta da sua madre in incomprensione del suo parte riservatario, tomba sotto l’impero, cioè nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
49. La Corte ricorda che la nozione di menzionata “bene” alla prima parte di questa disposizione ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali e che è indipendente delle qualifiche formali del diritto interno: certi altri diritti ed interessi costituendo degli attivi può passare anche per i “diritti patrimoniali” e dunque dei “beni” alle fini di questa disposizione, Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 100, CEDH 2000-I.
50. L’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto di acquisire dei beni, Slivenko ed altri c. Lettonia, déc.) [GC], no 48321/99, § 121, CEDH 2002-II (brani), ed Ališić ed altri c. Bosnia-Erzegovina, Croazia, Serbia, Slovenia e l’ex Repubblica iugoslava del Macedonia, déc.), no 60642/08, § 52, 17 ottobre 2011, in particolare con via di successione ab intestato o di liberalità (vedere, mutatis mutandis, Marckx, precitata, § 50, e Merger e Cros, precitata, § 37. Però, la nozione di “beni” può ricoprire tanta i “beni reali” che i valori patrimoniali, ivi compreso dei crediti, in virtù dalle quali il richiedente può pretendere avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (vedere, entra altri, Pressos Companía Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, 20 novembre 1995, § 31, serie Ha no 332; Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX, ed Associazione nazionale degli orfani di guerra c. Francia, déc.), no 22718/08, 6 ottobre 2009. La speranza legittima deve fondarsi su una “base sufficiente in dritta interno”, vedere § 52 Kopecký, precitata,; Depalle c. Francia [GC], no 34044/02, § 63, CEDH 2010, e Saghinadze ed altri c. Georgia, no 18768/05, § 103, 27 maggio 2010. Parimenti, la nozione di “beni” può dilungarsi ad una prestazione dato di cui gli interessati sono stati privati in virtù di una condizione di concessione discriminatoria, Andrejeva c. Lettonia [GC], no 55707/00, § 79, CEDH 2009. Invece, la speranza di vedere riconoscere la sopravvivenza di un vecchio diritto di proprietà che è molto tempo da bene impossibile esercitare infatti non può essere considerato come un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ed egli va parimenti di un credito condizionale che si estingue a causa del mancata realizzazione della condizione (vedere il richiamo dei principi pertinenti in Malhous c). Repubblica ceca, déc.) [GC], no 33071/96, CEDH 2000-XII, coi riferimenti ulteriori alla giurisprudenza della Commissione; vedere anche Principe Hans-Adamo II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, § 85, CEDH 2001-VIII; Nerva ed altri c. Regno Unito, no 42295/98, § 43, CEDH 2002-VIII; Stretch c. Regno Unito, no 44277/98, § 32, 24 giugno 2003.
51. In ogni causa, importa di esaminare se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1, Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakfi c. Turchia, nostri 37639/03, 37655/03, 26736/04 e 42670/04, § 41, 3 marzo 2009; Depalle, precitata, § 62; Plalam S.P.A. c. Italia (fondo), no 16021/02, § 37, 18 maggio 2010, e Di Marco c. Italia (fondo), no 32521/05, § 50, 26 aprile 2011. In questa ottica, la Corte stima che c’è luogo di tenere conto degli elementi di diritto e di seguenti fa.
52. Nello specifico, la Corte rileva che è unicamente in considerazione del carattere “adulterino” della sua filiazione che il richiedente si è visto negare il diritto di chiedere la riduzione della donazione-divisione fatta da sua madre, questa qualifica della sua filiazione che è all’origine della decisione della Corte di cassazione-interpretando le disposizioni transitorie della legge di 2001-di escludere l’applicazione al suo riguardo delle disposizioni relative ai nuovi diritti successori riconosciuti con questa legge. Ora, nei casi dove, siccome nello specifico, un richiedente formula sul terreno dell’articolo 14 composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1 un motivo di appello ai termini del quale è stato privato, in tutto o partire ne e per un motivo discriminatorio mirato all’articolo 14, di un valore patrimoniale, il criterio pertinente consisto a ricercare se, non fosse stato questo motivo discriminatorio, l’interessato avrebbe avuto un diritto, sanzionabile dai tribunali interni, su questo valore patrimoniale (vedere, mutatis mutandis, Stec ed altri c. Regno Unito, déc.) [GC], i nostri 65731/01 e 65900/01, § 55, CEDH 2005-X; Andrejeva, precitata, § 79. Tale è il caso nello specifico.
53. Il Governo sostiene che il richiedente non poteva pretendere a nessuno diritto ereditario sulla donazione-divisione del 1970 perché questa aveva avuto per effetto di distribuire, immediatamente ed in modo irrevocabile, i beni di sua madre, e questo anteriormente alla sua filiazione materna giudizialmente constatata, paragrafo 39 sopra. La Corte non saprebbe aderire però a questa tesi. Rileva che se donazione-dividila ha per effetto immediato di realizzare un trasferimento di proprietà, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, non diventa una divisione successoria che all’epoca del decesso del donatore. La successione è al tempo stesso aperta e liquidata definitivamente o condivisa al giorno del decesso del discendente, paragrafo 24 sopra che è sopraggiunto solamente nel 1994 nello specifico. Ora, a questa data, la filiazione del richiedente era stabilita. È bene con l’effetto del carattere “adulterino” di questa dunque che il richiedente è stato allontanato della successione di sua madre.
54. A questo riguardo, la presente causa si avvicina dei cause Mazurek e Merger e Cros precitati, e distinguiti del causa Alboize-Barthes ed Alboize-Montezume c. Francia, precitata nella quale è stato deciso che l’ordinamento della successione del padre dei richiedenti, sopraggiunto nel 1955 e dunque molto prima la determinazione della loro filiazione, li impediva di disporre di diritti ereditari sulla successione del de cujus e di definirsi titolari di un “bene.”
55. Ne risulta che gli interessi patrimoniali del richiedente entrano nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e del diritto al rispetto dei beni che garantisce, ciò che basta a rendere l’articolo 14 della Convenzione applicabile.
2. Sul merito
a) Principi generali
56. La Corte ricorda che nel godimento dei diritti e libertà riconosciute dalla Convenzione, l’articolo 14 vietato di trattare in modo differente, salvo giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone poste nelle situazioni comparabili. Allo sguardo di questa disposizione, una distinzione è discriminatoria se “manca di giustificazione obiettiva e ragionevole”, cioè se non insegue uno “scopo legittimo” o se non c’è “rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto” (Mazurek, precitata, §§ 46 e 48. Peraltro, gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e delle differenze giustificano in quale misura delle differenze tra le situazioni ad altri riguardi analoghi di trattamento, Stec ed altri c. Regno Unito [GC], i nostri 65731/01 e 65900/01, §§ 51 e 52, CEDH 2006-VI. La superficie di questo margine di valutazione varia secondo le circostanze, le tenute ed il contesto, ma appartiene alla Corte di deliberare in ultima istanza sul rispetto delle esigenze della Convenzione. Questa che è innanzitutto un meccanismo di protezione dei diritti dell’uomo, la Corte deve tenere però conto dell’evoluzione della situazione negli Stati contraenti e deve reagire, per esempio, al consenso suscettibile di farsi giorno in quanto alle norme da raggiungere, Konstantin Markin, precitata, § 126.
57. Secondo una giurisprudenza consolidata dal sentenza Marckx, precitata, la distinzione stabilita in materia successoria tra bambino “naturali” e bambini “legittimo” posa problema sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione prese isolatamente, Johnston ed altri c. Irlanda, 18 dicembre 1986, serie Ha no 112, così come sotto quello dell’articolo 14 della Convenzione combinata con gli articoli 8, Vermeire c. Belgio, 29 novembre 1991, serie Ha no 214-C; Brauer c. Germania, no 3545/04, 28 maggio 2009, e 1 del Protocollo no 1, Inze c. Austria, 28 ottobre 1987, serie Ha no 126; Mazurek, precitata, e Merger e Cros, precitata). La Corte ha esteso questa giurisprudenza alle liberalità confermando il divieto della discriminazione nella tenuta testamentaria, Pla e Puncernau c. Andorra, no 69498/01, CEDH 2004-VIII. Così, la Corte affermava l’incompatibilità con la Convenzione delle limitazioni ai diritti successori dei bambini fondati sulla nascita fin da 1979, nel sentenza Marckx. Non ha avuto di cesso di riaffermare questo principio fondamentale, erigendo l’interdizione di discriminazione fondata sul carattere “naturale” del legame di parentela in norma di protezione dell’ordine pubblico europeo.
58. La Corte ricorda anche che la comunità di vista tra gli Stati membri del Consiglio dell’Europa in quanto all’importanza dell’uguaglianza di trattamento tra bambino issus del matrimonio e bambini nato fuori matrimonio è stabilita da molto, ciò che ha condotto del resto in materia oggi all’uniformità delle legislazioni nazionali -il principio di uguaglianza che fa sparire li notava anche di bambino legittimo e naturale-così come ad un’evoluzione sociale e giuridica che interina definitivamente sopra l’obiettivo di uguaglianza tra i bambini (paragrafi 28) 34 e 35.
59. Anche, uniche di molto forti ragioni possono portare a stimare compatibile con la Convenzione una distinzione fondata sulla nascita fuori matrimonio (Inze, precitata, § 41; Campo e Bourimi c. Paesi Bassi, no 28369/95, § 38, CEDH 2000-X, e Brauer, precitata, § 40.
60. La Corte non è chiamata, in principio, a regolare delle dispute puramente private. Ciò essendo, nell’esercizio del controllo europeo che gli spetta, non saprebbe restare inerte quando l’interpretazione fatta da una giurisdizione nazionale di un atto giuridico, che si trattasse di una clausola testamentaria, di un contratto privato, di un documento pubblico, di una disposizione legale o ancora pratica amministrativa, appare come essendo irragionevole, arbitrario o in flagrante contraddizione con l’interdizione di discriminazione invalsa all’articolo 14 e più largamente coi principi sottostanti alla Convenzione, Larkos c. Cipro [GC], no 29515/95, §§ 30-31, CEDH 1999-I; Pla e Puncernau, precitata, § 59, e Karaman c. Turchia, no 6489/03, § 30, 15 gennaio 2008.
b) Applicazione nello specifico
i. Sull’esistenza di una differenza di trattamento fondata sulla nascita fuori matrimonio
61. Nello specifico, nessuno contestazione lo fa che il richiedente si è visto priva da una parte definitivamente di riserva ereditaria e collocata in una situazione differente di quella dei bambini legittimi in quanto alla successione di loro madre. Si è trovato impossibilitato di ottenere la riduzione della donazione-divisione di cui era stato escluso difatti ed un parte riservataria in ragione del suo statuto del bambino “adulterino.”
62. Questa differenza di trattamento tra il richiedente e suoi fratellastri e sorellastra risulta dall’articolo 25-II della legge di 2001 che mette come condizione all’applicazione dei nuovi diritti successori dei bambino “adulterini” alle successioni aperte prima del 4 dicembre 2001 che non abbiano dato adito a divisione prima di questa data, paragrafo 30 sopra. Ora, interpretando la disposizione transitoria riguardata, la Corte di cassazione ha stimato che la divisione successoria aveva avuto luogo nel 1994, al momento del decesso della madre del richiedente, paragrafo 23 sopra, seguendo in ciò una giurisprudenza vecchia secondo la quale in materia di donazione-divisione, la successione è al tempo stesso aperta e divisa dal decesso del donatore, paragrafo 24 sopra. Un bambino legittimo, taciuti della donazione-divisione o non concepito ancora all’epoca di questa, non si sarebbe visto opporre un tale ostacolo per ottenere la sua riserva o la sua parte ereditaria conformemente agli articoli 1077-1 e 1077-2 del codice civile, paragrafo 25 sopra. Non è contestato quindi che la differenza di trattamento subito dal richiedente ha per solo motivo la sua nascita fuori matrimonio.
63. La Corte ricorda che il suo ruolo non è di pronunciarsi sull’interpretazione più corretta della legislazione interna, ma di ricercare se il modo di cui questa legislazione è stata applicata ha infranto i diritti garantiti al richiedente con l’articolo 14 della Convenzione (vedere, tra molto altri e mutatis mutandis, Padovani c. Italia, 26 febbraio 1993, § 24, serie Ha no 257-B, e Pla e Puncernau, precitata, § 46. Nello specifico, è chiamata a stabilire dunque se la differenza di trattamento controverso, avendo la sua sorgente in una disposizione della legge interna, aveva una giustificazione obiettiva e ragionevole.
ii. Sulla giustificazione della differenza di trattamento
α) Sul perseguimento di un scopo legittimo,
64. Il Governo non avanza più nessuna giustificazione alla discriminazione tra bambini legittimi e “adulterini.” La Corte constata difatti che lo stato francese ha accettato di modificare la sua legislazione in seguito al sentenza Mazurek, precitata, e ha riformato il diritto delle successioni abrogando l’insieme delle disposizioni discriminatorie al riguardo del bambino “adulterino” meno di due anni dopo suo pronunziati. Si rallegra di questo collocamento in conformità del diritto francese col principio convenzionale di non discriminazione del resto.
65. Tuttavia, secondo il Governo, non era possibile recare offesa ai diritti acquisiti dai terzo, nell’occorrenza gli altri eredi, e ciò ha giustificato di limitare l’effetto retroattivo della legge di 2001 alle sole successioni che erano aperte alla data della sua pubblicazione e non avevano dato luogo a divisione a questa data. Le disposizioni transitorie sarebbero state pianificate così per garantire la pace delle famiglie garantendo i diritti acquisii già dei beneficiari di successioni condivise.
66. La Corte non è convinta che la negazione dei diritti ereditari di uno o di parecchi dei suoi membri possa contribuire a rinforzare la pace in seno ad una famiglia. In compenso, ammette che la protezione dei diritti acquisì può servire gli interessi della sicurezza giuridica, valore sottostante alla Convenzione, Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 61, CEDH 1999-VII; Beian c. Romania (no 1), no 30658/05, § 39, CEDH 2007-V (brani); Nejdet Şahin e Perihan Şahin c. Turchia [GC], no 13279/05, §§ 56-57, 20 ottobre 2011; Albu ed altri c. Romania, no 34796/09 e segue, § 34, 10 maggio 2012. Così, a proposito di una successione accettata da un bambino “adulterino” all’apertura di questa, nel 1993, e liquidata nel 1996, la Corte ha giudicato già che l’inammissibilità dell’azione decisa dalla Corte di cassazione al motivo che la successione era stata già oggetto di una divisione-ciò che non gli permetteva di beneficiare dei diritti nuovi in applicazione delle disposizioni transitorie della legge di 2001-era conforme al principio di sicurezza giuridica come ricordato nel sentenza Marckx. Difatti, si saprebbe esigere solamente l’istituzione giudiziale annullo liberamente una divisione accettata allo visto di una sentenza della Corte intervenuto dopo suddetta divisione” (E.S). c. Francia, déc.), no 49714/06, 10 febbraio 2009. La Corte ne conclude che la preoccupazione di garantire la stabilità degli ordinamenti successori compiuti che era preponderante agli occhi del legislatore e del giudice investito nello specifico, costituisci un scopo legittimo suscettibile di giustificare la differenza di trattamento di cui si tratta nell’occorrenza. Ancora occorre che questa fosse proporzionato rispetto a questo scopo.
Β) Sulla proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto
67. La Corte osserva che nello specifico, sotto la riserva dell’azione in riduzione prevista dalla legge, il fratellastro ed la sorellastra dei diritti patrimoniali hanno ottenuto del richiedente con l’effetto della donazione-divisione del 1970, questa operante divisione successoria all’epoca del decesso di Sig.ra Sig., sopraggiunto nel luglio 1994. Questa circostanza permette di distinguere la presente causa dei cause Mazurek e Merger e Cros, precitate, dove la divisione successoria non era stata realizzata ancora.
68. Però, la Corte ricorda che “la protezione della “fiducia” del de cujus e della sua famiglia deve cancellarsi dinnanzi all’imperativo dell’uguaglianza di trattamento tra bambini nato fuori matrimonio e bambini issus del matrimonio” (Brauer, precitata, § 43. A questo riguardo, stima che il fratellastro ed il sorellastradel richiedente sapevano-o avrebbero dovuto sapere-che i loro diritti potevano vedersi rimisi in causa. Difatti, all’epoca del decesso di loro madre nel 1994, la legge contemplava un termine di cinque anni per esercitare un’azione in riduzione della donazione-divisione. Gli eredi legittimi dovevano sapere dunque che loro fratellastro poteva chiedere la sua parte ereditaria fino nel 1999 e che questa azione era suscettibile di rimettere in causa, non la divisione come tale, ma la superficie dei diritti di ciascuno dei discendenti. Peraltro, l’azione in riduzione che il richiedente aveva impegnato alla fine nel 1998 era pendente dinnanzi alle giurisdizioni nazionali al momento del pronunziate del sentenza Mazurek che dichiarava incompatibile con la Convenzione una disuguaglianza successoria fondata sulla nascita fuori matrimonio, e della pubblicazione della legge di 2001 che dava esecuzione a questa sentenza incorporando in dritto francesi i principi che erano affermati. Infine, il richiedente non era un discendente di cui ignoravano l’esistenza, perché era stato riconosciuto come figlio naturale di loro madre con un giudizio reso nel 1983, paragrafo 12 sopra; vedere, mutatis mutandis, Campo e Bourimi, precitata, § 39. Questo bastava a nutrire dei dubbi giustificati sulla realtà della divisione successoria realizzata dal decesso di Sig.ra Sig. nel 1994, (vedere i conclusioni dell’avvocato generale), paragrafo 22 sopra.
69. Su questo ultimo spunta, la Corte rileva che, secondo il Governo, la specificità della donazione-divisione impediva una qualsiasi rimessa in causa di una situazione giuridica esistente, nell’occorrenza lo divido dei beni operati nel 1970 e diventato definitivo al decesso del di cujus, nonostante il ricorso giurisdizionale in corso, paragrafi 40 e 41 sopra. Il richiedente oppone a questa tesi, paragrafo 46 sopra. Nelle circostanze particolari dello specifico, dove la giurisprudenza europea e le riforme legislative nazionali mostravano una tendenza chiara verso la soppressione di ogni discriminazione dei bambini nati fuori matrimonio che si tratta dei loro diritti ereditari, la Corte stima che il ricorso esercitato dal richiedente nel 1998 dinnanzi al giudice nazionale e respinto da questo nel 2007 peso pesante nell’esame della proporzionalità della differenza di trattamento (vedere sopra 22 e 68 paragrafi) e paragrafo 72 sotto. Il fatto che questo ricorso era sempre durante in 2001 non poteva, difatti che relativizzare l’attesa degli altri eredi di Sig.ra Sig. di vedersi riconoscere dei diritti incontestati sulla successione di questa.
70. Aussi, à la lumière de ce qui précède, la Cour considère-t-elle que le but légitime de la protection des droits successoraux du demi-frère et de la demi-sœur du requérant n’était pas d’un poids tel qu’il dût l’emporter sur la prétention du requérant d’obtenir une part de l’héritage de sa mère.
71. Del resto, sembra che, anche agli occhi delle autorità nazionali, le attese degli eredi avendo beneficiato di una donazione-divisione non sono a proteggere in ogni circostanza. Difatti, se la stessa azione in riduzione della donazione-divisione era stata esercitata allo stesso momento da un altro bambino legittimo, nato dopo questa o escluso volontariamente della divisione, questa fine di no-ricevere non gli sarebbe stata opposta.
72. A questo riguardo, la Corte giudica contestabile che nel 2007, degli anni dopo i sentenze Marckx e Mazurek precitati, il giudice nazionale abbia potuto modulare differentemente la protezione della sicurezza giuridica a seconda che era opposta ad un bambino legittimo o ad un bambino “adulterino.” Nota anche che la Corte di cassazione non ha risposto al mezzo principale invocato dal richiedente e tirato dell’incomprensione del principio di non discriminazione come garantito con l’articolo 14 della Convenzione. Ora, ha giudicato già che i tribunali debbano esaminare con rigore i mezzi che hanno fatto riferimento ai “diritti e libertà” garantite dalla Convenzione di cui sono investiti e che si tratta là di un corollario del principio di sussidiarietà, Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo, no 76240/01, § 96, 28 giugno 2007, e Magnin c. Francia, déc.), no 26219/08, 10 maggio 2012.
Γ) Conclusione,
73. Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte conclude che non esisteva di rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo legittimo perseguito. La differenza di trattamento di cui il richiedente ha fatto l’oggetto non aveva giustificazione obiettiva e ragionevole dunque. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
74. Questa conclusione non mette in causa il diritto degli Stati di contemplare delle disposizioni transitorie quando adottano una riforma legislativa in vista di liberarsi dai loro obblighi che derivano dell’articolo 46 § 1 della Convenzione (vedere, per esempio, Antoni c. Repubblica ceca, no 18010/06, 25 novembre 2010; Compagnia dei gas di petrolio Primagaz c. Francia, no 29613/08, § 18, 21 dicembre 2010; Mork c. Germania, i nostri 31047/04 e 43386/08, §§ 28 a 30 e 54, 9 giugno 2011, e Taron c. Germania, dec.), no 53126/07, 29 maggio 2012.
75. Tuttavia, se il carattere essenzialmente declaratorio delle sentenze della Corte lascia allo stato la scelta dei mezzi per cancellare le conseguenze della violazione (Marckx, precitata, § 58, e Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT, c,). Svizzera (no 2) [GC], no 32772/02, § 61, CEDH 2009, c’è luogo di ricordare nello stesso momento in cui l’adozione di misure prove generale implica per lo stato l’obbligo di prevenire, con zelo, delle notizie violazioni simili a queste constatato nelle sentenze della Corte (vedere, per esempio, Salah c. Paesi Bassi, no 8196/02, § 77, CEDH 2006-IX (brani)). Ciò provoca l’obbligo per il giudice nazionale di garantire, conformemente al suo ordine costituzionale e nel rispetto del principio di sicurezza giuridica, il pieno effetto delle norme della Convenzione, come interpretate con la Corte. Ora, tale non è stato il caso nello specifico.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L’ARTICOLO 8
76. Il richiedente si lamenta, per le stesse ragioni che queste invocato sotto l’angolo del diritto al rispetto dei suoi beni, di una discriminazione ingiustificata che reca offesa al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare garantita con l’articolo 8 della Convenzione che dispone, precedentemente:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà

Testo Tradotto

Conclusions : Violation de l’article 14+P1-1 – Interdiction de la discrimination (Article 14 – Discrimination) (article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Respect des biens) Satisfaction équitable réservée

GRANDE CHAMBRE

AFFAIRE FABRIS c. FRANCE

(Requête no 16574/08)

ARRÊT
(Fond)

STRASBOURG

7 février 2013

Cet arrêt est définitif. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Fabris c. France,
La Cour européenne des droits de l’homme, siégeant en une Grande Chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Françoise Tulkens,
Nina Vajić,
Lech Garlicki,
Karel Jungwiert,
Elisabeth Steiner,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Dragoljub Popović,
George Nicolaou,
András Sajó,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Işil Karakaş
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
André Potocki, juges,
et de Johan Callewaert, greffier adjoint de la Grande Chambre,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil les 4 avril et 24 octobre
2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 16574/08) dirigée contre la République française et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 1er avril 2008 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par OMISSIS, avocat à Lunel. Le gouvernement français (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Belliard, directrice des affaires juridiques au ministère des Affaires étrangères.
3. Le requérant, un enfant « adultérin », alléguait avoir subi, dans le cadre de la succession de sa mère, une discrimination fondée sur la naissance contraire à l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 et avec l’article 8 de la Convention.
4. La requête a été attribuée à la cinquième section de la Cour (article 52 § 1 du règlement). Le 10 février 2010, le président de la section a décidé de la communiquer au Gouvernement. Comme le permettaient l’ancien article 29 § 3 de la Convention (article 29 § 1 actuel) et l’article 54 A du règlement, il a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire. Le 21 juillet 2011, une chambre de la cinquième section, composée des juges dont les noms suivent : Dean Spielmann, Président, Jean-Paul Costa, Boštjan M. Zupančič, Mark Villiger, Isabelle Berro Lefèvre, Ann Power et Angelika Nußberger, juges, ainsi que de Claudia Westerdiek, greffière de section, a déclaré la requête recevable. Elle a conclu, par cinq voix contre deux, qu’il n’y avait pas eu violation de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 et, à l’unanimité, qu’il n’y avait pas lieu d’examiner séparément le grief tiré de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 8.
5. Le 6 septembre 2011, le requérant a demandé le renvoi de l’affaire devant la Grande Chambre en vertu de l’article 43 de la Convention et de l’article 73 du règlement. Le 28 novembre 2011, le collège de la Grande Chambre a fait droit à cette demande.
6. La composition de la Grande Chambre a été arrêtée conformément aux articles 26 §§ 4 et 5 de la Convention et 24 du règlement.
7. Tant le requérant que le Gouvernement ont déposé des mémoires devant la Grande Chambre.
8. Une audience s’est déroulée en public au Palais des droits de l’homme, à Strasbourg, le 4 avril 2012 (article 59 § 3 du règlement).

Ont comparu :
– pour le Gouvernement
Mmes A.-F. TISSIER, coagente,
E. TOPIN, ministère des Affaires étrangères et européennes,
M.-A. RECHER, ministère de la Justice,
C. AZAR, ministère de la Justice, conseillères ;

– pour le requérant
OMISSIS
La Cour a entendu en leurs déclarations OMISSIS.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
9. Le requérant est né en 1943 et réside à Orléans.
A. Contexte de l’affaire
10. Le requérant fut reconnu à sa naissance par son père. Au temps de sa conception, sa mère, Mme R. épouse M., était engagée dans les liens du mariage et de cette union étaient nés deux enfants, A. née en 1923 et J.L. né en 1941. Par un jugement du 28 février 1967, la séparation de corps fut prononcée entre la mère du requérant et son époux, Monsieur M.
11. Par un acte du 24 janvier 1970, les époux M. firent donation-partage de leurs biens entre leurs deux enfants légitimes. Cet acte, passé devant notaire, contenait une réserve d’usufruit et une action révocatoire pour garantir les charges et conditions de la donation. Lors de sa conclusion, les époux M. déclarèrent ne pas avoir d’autres enfants que les deux donataires.
12. Par un jugement du 24 novembre 1983, le tribunal de grande instance de Montpellier déclara le requérant enfant naturel de Mme M., après avoir constaté que la possession d’état d’enfant naturel était amplement établie.
13. En 1984, le requérant émit le souhait de faire opposition à la donation-partage consentie en 1970. A cette date, son avocat lui indiqua que cet acte ne pouvait être contesté du vivant du donateur et que seule une action en réduction pourrait être engagée dans les cinq ans à compter du décès de celui-ci.
14. En juillet 1994, la mère du requérant décéda. Par une lettre du 7 septembre 1994, le notaire en charge de la succession rappela au requérant qu’en tant qu’enfant « adultérin », il n’avait droit qu’à la moitié de ce qu’il aurait recueilli s’il avait été légitime (la législation applicable prévoyant à ce moment là un droit successoral réduit de moitié par rapport à un enfant légitime – voir les paragraphes 26 et 27 ci-dessous). Il lui indiqua que ses demi-frère et demi-sœur étaient prêts à lui payer comptant la somme de 298 311 francs français (FRF) (environ 45 477 euros (EUR)) en précisant que « dans le cas d’une réduction pour survenance d’enfant ultérieur, il ne peut s’agir que d’une réduction en argent et en aucun cas en nature ». Aucun accord ne fut conclu entre les trois enfants.
B. L’action en réduction intentée par le requérant
15. Par exploit du 7 janvier 1998, le requérant assigna son demi-frère J.L. et sa demi-sœur A. en réduction de la donation-partage, conformément à l’article 1077 1 du code civil (paragraphe 25 ci-dessous). Il demanda une part réservataire égale aux leurs sur la masse successorale de sa mère.
16. Après sa condamnation par la Cour dans l’affaire Mazurek c. France (no 34406/97, 1er février 2000, CEDH 2000 II), la France modifia, par la loi no 2001-1135 du 3 décembre 2001 (ci-après, la « loi de 2001 »), sa législation et accorda aux enfants « adultérins » des droits successoraux identiques aux enfants légitimes (paragraphe 28 ci-dessous). Cette nouvelle loi entra en vigueur avant qu’un jugement soit prononcé dans le litige en cours. Selon ses dispositions transitoires, sous réserve des accords amiables déjà intervenus et des décisions judiciaires irrévocables, les dispositions relatives aux nouveaux droits successoraux des enfants naturels dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagé dans les liens du mariage étaient applicables aux successions ouvertes à la date de publication de la loi au Journal officiel (4 décembre 2001), et n’ayant pas donné lieu à partage avant cette date (article 25-II de la loi de 2001, paragraphe 30 ci dessous).
17. Dans ses conclusions récapitulatives du 20 février 2003, le requérant s’appuya sur les dispositions de la loi de 2001. Il soutint que celle-ci abrogeait l’article 14 de la loi du 3 janvier 1972 sur la filiation (ci-après, la « loi de 1972 », paragraphes 27 et 29 ci-dessous), disposition transitoire qui prévoyait que les droits des réservataires institués par ladite loi ne pouvaient être exercés au préjudice des donations entre vifs consenties avant son entrée en vigueur. Selon le requérant, l’abrogation de cette disposition le rendait recevable à exercer l’action en réduction prévue à l’article 1077-1 du code civil bien que la donation-partage ait été consentie le 24 janvier 1970.
1. Le jugement de première instance
18. Par un jugement du 6 septembre 2004, le tribunal de grande instance de Béziers fit droit à la demande du requérant. Il considéra que l’article 14 de la loi de 1972 était contraire aux articles 8 et 14 de la Convention. A cet égard, il se référa à l’arrêt Marckx c. Belgique (13 juin 1979, série A no 31) reconnaissant « que la vie familiale comprenait également les intérêts matériels », ainsi qu’à plusieurs arrêts de la Cour « qui ont continué à affirmer le caractère discriminatoire des différences de traitement en matière successorale entre enfants légitimes et enfants naturels (arrêts Mazurek, Inze et Vermeire) ». Il estima également que cet article était contraire à la loi
nouvelle de 2001. Il jugea que l’intéressé disposait des mêmes droits successoraux que ses demi-frère et demi-sœur dans la succession en motivant sa décision comme suit :
« Que l’article 25-1 de la loi du 3 décembre 2001 dispose que cette loi est applicable aux successions ouvertes à compter de sa mise en application ; que sous réserve des accords amiables déjà intervenus et des décisions judiciaires irrévocables les dispositions de cette loi sont applicables aux successions ouvertes à la date de la publication de la loi au Journal Officiel de la République française dans la mesure où ces successions n’ont pas donné lieu à un partage avant cette date ;
Qu’en l’espèce, la succession de Madame M. n’a pas encore donné lieu à partage et qu’ainsi s’appliquent les dispositions relatives aux nouveaux droits successoraux des enfants naturels dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagé dans les liens du mariage. (…)
Qu’en effet, il n’est pas sérieux de soutenir que le législateur, en adoptant la loi du 3 décembre 2001, a souhaité maintenir une disposition contraire à l’esprit et au but de la nouvelle loi. »
2. L’arrêt d’appel
19. En octobre et décembre 2004, J.L. et les héritiers de A., décédée en cours de procédure, firent appel du jugement.
20. Par un arrêt du 14 février 2006, la cour d’appel de Montpellier infirma le jugement et déclara que le requérant n’était pas admis à exercer l’action en réduction de la donation-partage par application de l’article 14 alinéa 2 de la loi de 1972. Elle précisa que :
« (…) aux termes de [cet article], les droits des réservataires institués par la présente loi ou résultant des règles nouvelles concernant l’établissement de la filiation ne pourront être exercés au préjudice des donations entre vifs consenties avant son entrée en vigueur.
Ce texte, qui édicte une règle générale notamment quant aux effets rétroactifs des règles nouvelles relatives à la filiation issues de la loi du 3 janvier 1972, n’a pas été expressément abrogé par la loi du 3 décembre 2001, et son abrogation tacite ne s’évince pas non plus des termes de cette loi, d’une part en ce qu’il ne lui est pas contraire, et d’autre part en ce qu’il n’était pas cantonné à la seule application de l’article 915 du code civil abrogé par ladite loi. »
La cour d’appel estima qu’une telle conclusion n’était pas inconciliable avec le principe général d’égalité des droits quelle que soit la naissance, tel qu’il ressort des articles 1 du Protocole no 1, 8 et 14 de la Convention :
« D’abord, les dispositions de l’article 14 de la loi de 1972 ont pour seul objet d’interdire l’exercice des droits des réservataires institués par cette loi et élargis par la loi du 3 décembre 2001, au préjudice des donations entre vifs consenties avant le 1er août 1972, sans priver lesdits réservataires de leurs droits à succession. Ensuite, elles présentent une justification objective et raisonnable au regard du but légitime poursuivi, à savoir garantir une certaine paix des rapports familiaux en sécurisant des droits acquis dans ce cadre, parfois de très longue date, sans pour autant créer de distorsion excessive entre héritiers, étant observé que [ces dispositions] ont une portée limitée à la fois dans le temps et quant aux libéralités concernées. »
3. L’arrêt de la Cour de cassation
21. Le requérant forma un pourvoi en cassation. Dans son moyen en cassation fondé sur la violation des articles 1 du Protocole no 1 et 14 de la Convention, il fit valoir que la paix des rapports familiaux ne pouvait pas avoir une légitimité supérieure à l’égalité, en matière de droits de caractère civil, entre enfants issus du mariage et enfants nés hors mariage.
22. Dans son avis transmis aux parties, l’avocat général de la Cour de cassation proposa de rejeter le pourvoi. Il s’adressa aux juges de la première chambre civile de la Cour de cassation en ces termes :
« (…) ne faut-il pas considérer que la succession ouverte n’a pas donné lieu à partage avant la date de publication de la loi, dès lors qu’une action en réduction concernant la donation partage est pendante à cette date ?
C’est bien, en effet, de l’approche différente proposée par les dispositions transitoires des lois de 1972 et de 2001 que naît la difficulté qui vous est soumise. Alors que ni les successions ouvertes, ni les donations entre vifs consenties avant l’entrée en vigueur de la loi de 1972, ne pouvaient être remises en cause par cette loi, la loi de 2001 permet aux enfants naturels dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagé dans les liens du mariage d’avoir des droits successoraux dans des successions ouvertes avant la publication de cette dernière loi.
Cette différence justifie que les dispositions de la loi de 2001 ne soient pas appliquées de façon restrictive. Seul un partage réalisé, un accord amiable intervenu, ou une décision judiciaire irrévocable, permettent d’exclure les droits nouveaux de ces enfants dans les successions déjà ouvertes. Par l’exercice de l’action en réduction, la succession ouverte à la date de publication de la loi de 2001 ne peut pas avoir « donné lieu à partage » à la date de publication de la loi.
Il me paraît, en conséquence, difficile de soutenir que la loi du 3 décembre 2001 n’est pas applicable. En revanche, les termes de l’article 14 de la loi du 3 janvier 1972 sont dénués de toute ambiguïté. Les droits des réservataires institués par cette loi ne peuvent être exercés « au préjudice des donations entre vifs consenties avant son entrée en vigueur ». Faut-il, alors, admettre que ces dispositions ont été tacitement abrogées ?
Faisant abstraction du temps, le mémoire ampliatif soutient que la contradiction manifeste entre les dispositions transitoires de ces deux lois emporte abrogation tacite de celles régissant la loi de 1972. Si l’approche est différente entre le régime transitoire instauré en 1972 et celui retenu en 2001, il ne me paraît pas, cependant, qu’il y ait contradiction.
En excluant la remise en cause des donations entre vifs consenties avant l’entrée en vigueur de la loi de 1972, le législateur a entendu garantir la sécurité juridique que ces donations appelaient. Rien ne justifie que cette sécurité juridique soit remise en cause en 2002, les dispositions transitoires antérieures étant complémentaires de celles définies par la loi de 2001.
C’est ce qui me conduit à vous proposer de rejeter la première branche du moyen, la donation entre vifs intervenue le 24 janvier 1970 ne pouvant être remise en cause par les droits successoraux nés de règles nouvelles concernant l’établissement de la filiation. A cet égard, si la réalité du partage avant la date de publication de la loi du 3 décembre 2001 est discutable, l’existence d’une donation entre vifs consentie avant l’entrée en vigueur de la loi du 3 janvier 1972 n’est pas discutée. (…) »
23. Par un arrêt du 14 novembre 2007, la Cour de cassation rejeta le pourvoi en soulevant d’office un motif de pur droit. Elle rappela qu’en application des dispositions transitoires de la loi de 2001, les nouveaux droits successoraux des enfants naturels dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagés dans les liens du mariage, n’étaient applicables qu’aux successions ouvertes et non encore partagées avant le 4 décembre 2001 (paragraphe 16 ci-dessus). Elle releva qu’un partage successoral s’étant réalisé par le décès de Mme M., survenu en juillet 1994 et donc avant le 4 décembre 2001, les dispositions précitées n’étaient pas applicables.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. Donation-partage et action en réduction
24. La loi française permet de procéder soi-même au partage de sa succession entre ses héritiers. Dans le cadre d’une donation-partage, le donateur décide d’une distribution immédiate de ses biens (transfert entre vifs). C’est un partage anticipé, définitif et négocié. La propriété des biens concernés est transférée au moment de la donation, qui constitue en même temps le premier acte (anticipé) d’une succession destinée à s’ouvrir plus tard. Selon la jurisprudence de la Cour de cassation, la donation-partage devient un partage successoral par le décès du donateur. La succession est à la fois ouverte et définitivement liquidée ou partagée au jour du décès de l’ascendant (Cass. Civ. 7 mars 1876 ; 1re Civ, 5 octobre 1994, Bull. 1994, I, no 27).
25. Le descendant qui n’a pas été alloti dans le partage est invité à composer sa part de réserve sur les biens existant à l’ouverture de la succession. Si ces biens n’y suffisent pas, il dispose d’une action en réduction, à exercer dans un délai de cinq ans à partir du décès du donateur. C’est la voie de recours qu’a utilisée le requérant conformément aux articles 1077-1 et 1077-2 du code civil, ainsi libellés à l’époque des faits :
Article 1077-1
« Le descendant qui n’a pas concouru à la donation-partage, ou qui a reçu un lot inférieur à sa part de réserve, peut exercer l’action en réduction, s’il n’existe pas à l’ouverture de la succession des biens non compris dans le partage et suffisants pour composer ou compléter sa réserve, compte tenu des libéralités dont il a pu bénéficier. »
Article 1077-2
« Les donations-partages suivent les règles des donations entre vifs pour tout ce qui concerne l’imputation, le calcul de la réserve et la réduction.
L’action en réduction ne peut être introduite qu’après le décès de l’ascendant qui a fait le partage ou du survivant des ascendants en cas de partage conjonctif. Elle se prescrit par cinq ans à compter dudit décès.
L’enfant non encore conçu au moment de la donation-partage dispose d’une semblable action pour composer ou compléter sa part héréditaire. »
26. Les articles 913 et 915 du code civil relatifs à « la portion de biens disponible » dans les donations entre vifs et testaments, depuis lors abrogés, se lisaient comme suit :
Article 913
« Les libéralités, soit par acte entre vifs, soit par testament ne pourront excéder la moitié des biens du disposant, s’il ne laisse à son décès qu’un enfant ; le tiers s’il laisse deux enfants, le quart, s’il en laisse trois ou un plus grand nombre ; sans qu’il y ait lieu de distinguer entre les enfants légitimes et les enfants naturels, hormis le cas de l’article 915. »
Article 915
« Quand un enfant naturel dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagé dans les liens du mariage avec une autre personne, est appelé à la succession de son auteur en concours avec les enfants légitimes issus de ce mariage, il compte par sa présence pour le calcul de la quotité disponible ; mais sa part dans la réserve héréditaire n’est égale qu’à la moitié de celle qu’il aurait eue si tous les enfants, y compris lui-même, eussent été légitimes.
La fraction dont sa part dans la réserve est ainsi diminuée accroîtra aux seuls enfants issus du mariage auquel l’adultère a porté atteinte, elle se divisera entre eux par égales portions. »
B. Evolution du droit des enfants « adultérins »
27. Le régime successoral des enfants naturels a été modifié par la loi de 1972 sur la filiation, qui consacra leur égalité dans la succession avec une exception constituée par la situation de l’enfant « adultérin » (Mazurek, précité, § 17), celui-ci voyant son droit restreint à « la moitié de la part à laquelle [il aurait] eu droit si tous les enfants du défunt, y compris lui même, eussent été légitimes » (voir les anciens articles 757 et 760 du code civil, ibidem ; voir, également, pour les donations, paragraphe 26 ci dessus).
28. Introduite à la suite de l’arrêt Mazurek, la loi de 2001 fait disparaître les restrictions aux droits successoraux des enfants « adultérins » et consacre l’égalité successorale entre tous les enfants, légitimes, naturels simples ou « adultérins ». Son article 1 dispose qu’elle « ne distingue pas entre la filiation légitime et la filiation naturelle pour déterminer les parents appelés à succéder » (article 733 du code civil) et que « les enfants ou leurs descendants succèdent à leurs père et mère ou autres ascendants, sans distinction de sexe, ni de primogéniture, même s’ils sont issus d’unions différentes » (article 735 du code civil). Les textes qui régissaient la restriction de la réserve héréditaire de l’enfant « adultérin » et sa capacité de recevoir à titre gratuit sont abrogés. Finalement, l’ordonnance no 2005-759 du 4 juillet 2005 portant réforme de la filiation consacre le principe d’égalité des filiations, faisant disparaître les notions mêmes d’enfant légitime et naturel.
C. Dispositions transitoires
1. Dispositions transitoires de la loi de 1972
29. Elles limitaient la portée de la réforme introduite par la loi de 1972. Son article 14 avait exclu toute application immédiate des droits successoraux nouveaux de l’enfant naturel simple ou « adultérin », dans les successions ouvertes avant son entrée en vigueur, et empêché cet enfant de remettre en cause des donations entre vifs consenties avant l’entrée en vigueur de la loi, le 1er août 1972. C’est sur la base de cette disposition que la cour d’appel de Montpellier a rejeté l’action du requérant (paragraphe 20 ci-dessus).
2. L’article 25 de la loi de 2001
30. Selon l’article 25-I de la loi de 2001, en principe, l’entrée en vigueur de la loi est différée au 1er juillet 2002. Toutefois, s’agissant de l’abrogation des dispositions du code civil relatives aux droits des enfants « adultérins », le législateur a décidé, par exception, une règle d’entrée en vigueur immédiate à la date de la publication de la loi au Journal officiel soit le 4 décembre 2001. Ainsi l’article 25-II dispose que :
« La présente loi sera applicable aux successions ouvertes à compter [du 1er juillet 2002], sous les exceptions suivantes : (…)
2o Sous réserve des accords amiables déjà intervenus et des décisions judiciaires irrévocables, seront applicables aux successions ouvertes à la date de publication de la
présente loi au Journal officiel de la République française et n’ayant pas donné lieu à partage avant cette date :
– les dispositions relatives aux nouveaux droits successoraux des enfants naturels dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagé dans les liens du mariage ; (…) »
31. Pour autant qu’elle porte sur les droits des enfants « adultérins », la loi de 2001 a donc vocation à s’appliquer à toutes les successions ouvertes au 4 décembre 2001, à condition qu’il n’y ait pas partage avant cette date.
3. La loi du 23 juin 2006 portant réforme des successions et des libéralités
32. Cette loi a modifié l’article 25-II de la loi de 2001 en abrogeant les termes « dont le père ou la mère était, au temps de la conception, engagé dans les liens du mariage ». L’article 25-II 2o ne contient plus aucune référence au caractère adultérin de la filiation.
4. Jurisprudence de la Cour de cassation pertinente
33. Par un arrêt du 6 janvier 2004 (1re Civ, Bull. 2004, I, no 10), la Cour de cassation a fait application des dispositions transitoires de la loi de 2001, sans se référer aux dispositions de la Convention, pour casser un arrêt d’appel de 2002 qui avait annulé des donations consenties à un enfant « adultérin » en faisant application des textes anciens alors que la succession n’avait pas été partagée. Dans un arrêt du 7 juin 2006 (1re Civ, Bull. 2006, I, no 297), en faisant également application des dispositions transitoires, la Cour de cassation a rejeté le pourvoi formé par un enfant « adultérin » qui avait reçu une part égale à la moitié de celle qu’il aurait reçue s’il avait été légitime, dès lors que le partage était intervenu avant le 4 décembre 2001 (en l’espèce le 13 mars 1996). Dans un arrêt du 15 mai 2008, la Cour de cassation a jugé que les dispositions de la loi de 2001 relatives aux nouveaux droits des enfants « adultérins » étaient applicables à une succession ouverte avant le 1er août 1972 (en l’occurrence en 1962) dès lors qu’elle n’avait pas fait l’objet d’un partage avant le 4 décembre 2001 (1re Civ, Bull. 2008, I, no 139).
III. ÉLÉMENTS DE DROIT COMPARÉ
34. Dans la grande majorité des pays étudiés (quarante Etats sur quarante-deux), le statut de l’enfant en matière successorale est indépendant de la situation matrimoniale de ses parents. Vingt et un pays confèrent le même statut à tous les enfants, tandis que dix-neuf autres (Albanie, Azerbaïdjan, Bosnie-Herzégovine, Chypre, Espagne, Grèce, Italie, Lettonie, Luxembourg, République de Moldova, Monaco, Monténégro, San Marin, Serbie, Slovaquie, Slovénie, Royaume-Uni, Turquie et Ukraine) établissent une distinction entre les enfants légitimes et les enfants naturels/illégitimes, mais en leur accordant expressément une égalité successorale. La notion d’enfant « adultérin » est très peu répandue, ces enfants étant en général assimilés aux enfants naturels. Certaines différences entre les enfants légitimes et les enfants naturels/illégitimes en matière successorale perdurent à Malte. Le seul Etat partie à faire encore une distinction claire en matière de vocation successorale à l’égard des enfants nés hors mariage est l’Andorre, où ceux-ci sont placés dans une situation moins favorable que les enfants légitimes.
IV. DOCUMENTS ET JURISPRUDENCE EUROPÉENNE PERTINENTS
35. Le Groupe de rapporteurs du Comité des Ministres (GR-J) poursuit son examen du projet de recommandation [CM/Rec (2012)] aux Etats membres sur les droits et le statut juridique des enfants et les responsabilités parentales (avec son exposé des motifs) qui a été présenté au Comité des Ministres. Le projet de recommandation vise à remplacer les normes obsolètes de la Convention européenne de 1975 sur le statut juridique des enfants nés hors mariage (Convention que la France n’a pas ratifiée) qui ne sont plus conformes à la jurisprudence de la Cour. Dans l’état actuel du texte, il contient un élément central qui est le principe de non-discrimination énoncé au principe 1 qui dispose :
« Les enfants ne devraient faire l’objet d’aucune discrimination fondée sur des motifs tels que (…) la naissance (…)
Les enfants ne devraient, en particulier, faire l’objet d’aucune discrimination fondée sur l’état civil de leurs parents. »
Par ailleurs, le principe 5 « droit de succession » énonce que sous réserve de la définition des parents donnée au principe 2 et du principe 17.2 (procréation post mortem), « les enfants devraient, quelles que soient les circonstances de leur naissance, avoir les mêmes droits de succession sur les biens de chacun de leurs parents et des familles de ceux-ci ».
L’alinéa pertinent de l’exposé des motifs est ainsi rédigé :
« 22. Eu égard au principe général de non-discrimination tel qu’énoncé au principe 1 et aux décisions de la Cour dans Mazurek c. France, Camp et Bourimi c. Pays-Bas et Marckx c. Belgique, qui concluent respectivement que la discrimination à l’encontre des enfants nés de relations adultères et des enfants nés hors mariage dans le domaine des droits de succession constituait une violation de l’article 14 de la CEDH, combiné à l’article 1 du premier Protocole dans la première affaire et à l’article 8 dans la deuxième, le principe 5 indique, en termes généraux, que les enfants devraient avoir des droits de succession égaux, quelles que soient les circonstances de leur naissance. À cet égard, ce principe a une application plus large que l’article 9 de la Convention européenne de 1975 sur le statut juridique des enfants nés hors mariage, lequel confère à ces enfants les mêmes droits de succession que ceux des enfants nés dans le mariage. Le principe 5 est subordonné à la définition des parents donnée au principe 2. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 14 DE LA CONVENTION COMBINÉ AVEC L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
36. Le requérant se plaint de l’impossibilité de faire valoir ses droits successoraux en tant qu’enfant « adultérin » et dénonce la persistance d’une discrimination injustifiée après l’arrêt Mazurek et malgré l’adoption de la loi de 2001.
Il allègue la violation de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1, lesquels se lisent respectivement ainsi :
Article 14
« La jouissance des droits et libertés reconnus dans la (…) Convention doit être assurée, sans distinction aucune, fondée notamment sur (…) la naissance (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. L’arrêt de la chambre
37. Dans son arrêt du 21 juillet 2011, la chambre a jugé que le grief du requérant entrait dans le champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1, ce qui suffisait pour rendre l’article 14 de la Convention applicable. En effet, en raison de la reconnaissance de sa filiation maternelle en 1983, le requérant disposait d’un intérêt, sanctionnable devant les tribunaux internes, à faire valoir ses droits dans la succession de sa mère d’une manière compatible avec l’article 14 de la Convention (paragraphes 38-42 de l’arrêt de la chambre).
38. Sur le fond, la chambre a observé que les lois de 1972 et 2001 avaient mis en place des dispositions transitoires précises quant à l’application des nouveaux droits successoraux qu’elles consacraient. Elle a relevé que les juridictions internes avaient considéré que le requérant ne pouvait en bénéficier au moment de l’introduction de l’action en réduction de la donation-partage de 1970. En effet, selon la cour d’appel, la disposition transitoire de la loi de 1972 excluait la remise en cause de donations consenties entre vifs avant l’entrée en vigueur de cette loi. La Cour de cassation, quant à elle, avait estimé que la réalisation du partage successoral lors du décès de la mère en 1994 constituait une situation faisant obstacle, en vertu de l’article 25-II de la loi de 2001, à l’application des nouvelles dispositions consacrant l’égalité successorale. Ces interprétations du droit interne poursuivaient le but légitime de garantir le principe de sécurité juridique et les droits acquis de longue date par les enfants légitimes ; de plus, elles n’apparaissaient pas déraisonnables, arbitraires ou en flagrante contradiction avec l’interdiction de la discrimination. La chambre a distingué la situation spécifique de la présente espèce des affaires dans lesquelles le partage successoral n’avait pas encore été réalisé (Mazurek, précité, et Merger et Cros c. France, no 68864/01, 22 décembre 2004) pour arriver à la conclusion que la différence de traitement litigieuse était proportionnée au but poursuivi et qu’il n’y avait pas eu violation de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 (paragraphes 50-59 de l’arrêt de la chambre).
B. Arguments des parties
1. Le Gouvernement
a) Sur l’applicabilité de l’article 14 de la Convention
39. Le Gouvernement soutient que les faits dénoncés par le requérant ne tombent pas sous l’empire de l’article 1 du Protocole no 1, ce qui rend l’article 14 de la Convention inapplicable. Il observe à cet égard que la donation-partage de 1970 a opéré un transfert de propriété des biens aux deux enfants légitimes et instauré une situation juridique acquise qui a empêché le requérant de bénéficier de la succession. Ni la loi de 1972, ni celle de 2001 n’ont pu entraîner la réalisation de la part successorale à laquelle il aurait eu droit si l’acte de 1970 n’avait pas existé. A la différence des affaires Mazurek et Merger et Cros, dans lesquelles les requérants ont acquis automatiquement des droits héréditaires à la suite du décès de leur parent, la succession en l’espèce a été réglée en 1970 avant le décès de la mère du requérant. De surcroît, ce partage des biens est antérieur de plusieurs années à l’établissement de sa filiation en 1983. Dès lors, selon le Gouvernement, l’intéressé n’avait aucun droit héréditaire sur la succession (voir, mutatis mutandis, Alboize-Barthes et Alboize-Montezume c. France (déc.), no 44421/04, 21 octobre 2008).
b) Sur le fond
40. A l’instar de ce qu’il a souligné devant la chambre, le Gouvernement soutient que le requérant n’a pas été « exclu » de la succession de sa mère, mais que, dans la mesure où il avait déjà été disposé des biens de celle-ci dans le cadre de la donation-partage de 1970, il ne pouvait pas réaliser la part successorale qui lui serait revenue du fait des lois de 1972 et 2001 en l’absence d’un tel acte. Ainsi, ce ne sont pas les décisions juridictionnelles en cause qui ont empêché le requérant de bénéficier de la succession de sa mère, mais un acte antérieur de transfert de propriété ayant instauré une situation juridique acquise.
41. C’est de ces droits acquis par les autres héritiers que le législateur de 2001, ayant au demeurant parfaitement répondu aux obligations à caractère général qui étaient à sa charge pour exécuter l’arrêt Mazurek, a dû tenir compte en aménageant l’entrée en vigueur de la loi. L’application de la nouvelle loi à des situations antérieures devait nécessairement prendre en compte les principes de sécurité juridique et de prévisibilité de la loi consacrés par la jurisprudence de la Cour. L’article 25 de la loi de 2001 a donc exclu l’application des nouveaux droits aux successions ouvertes à la date de sa publication et ayant donné lieu à partage avant cette date. De l’avis du Gouvernement, dans ces circonstances, l’interprétation retenue par la Cour de cassation n’est pas en contradiction avec l’arrêt Mazurek. A la différence de celui-ci et de l’affaire Merger et Cros, dans lesquels les requérants ont contesté des situations qui n’étaient pas encore acquises au moment de l’introduction de leur recours interne, l’action en réduction intentée par le requérant en 1998 visait à remettre en cause une situation de partage déjà réalisé.
42. Le Gouvernement reconnaît qu’un arrêt concluant à une violation de la Convention peut entraîner des mesures générales dans l’Etat défendeur et avoir une portée qui vaut au-delà du litige concernant les parties devant la Cour. Pour autant, il affirme que la Cour n’a jamais reconnu un effet rétroactif à ses arrêts. Soutenir que l’arrêt Mazurek devait s’appliquer à la présente affaire, c’est-à-dire à une situation juridique définitivement acquise avant son prononcé, et qu’il devrait avoir un effet rétroactif, viderait de sa portée l’article 46 de la Convention.
2. Le requérant
a) Sur l’applicabilité de l’article 14 de la Convention
43. Le requérant ne produit pas d’observations supplémentaires devant la Grande Chambre à celles produites devant la chambre et marquant son désaccord avec le Gouvernement sur ce point (paragraphe 37 de l’arrêt de la chambre). Il estime que l’établissement de sa filiation maternelle en 1983 lui donnait des droits héréditaires à l’ouverture de la succession de sa mère – pendante au jour de l’introduction de sa requête – qui entrent dans le champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1.
b) Sur le fond
44. Selon le requérant, l’effectivité de l’article 14 de la Convention doit être garantie et seules des raisons « très fortes » peuvent amener à estimer compatible avec la Convention une distinction fondée sur la naissance. La sécurité juridique n’est ni un droit garanti par la Convention ni une cause d’utilité publique susceptible de justifier une atteinte au respect des biens sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1.
45. Ce qui pouvait être toléré en 1972, au nom du concept de sécurité juridique, pour mettre en échec le principe de non-discrimination garanti par l’article 14, ne peut plus l’être après l’arrêt Mazurek. En revanche, le requérant souligne que des droits injustement acquis ne devaient pas être sécurisés par les dispositions transitoires de la loi de 2001, censée mettre fin à la violation constatée dans cet arrêt. Il estime qu’en réparant le dommage causé à M. Mazurek, la Cour a refusé de sécuriser les situations juridiques antérieures à son arrêt. Le requérant considère que la méconnaissance de la force obligatoire de l’arrêt Mazurek doit être constatée en l’espèce et sanctionnée. Conclure autrement équivaudrait à admettre qu’un Etat adoptant une législation censée tirer les conséquences de la jurisprudence de la Cour dispose d’un délai indéfini de transposition des décisions de celle ci, pour ne s’occuper, en la circonstance, que des successions futures, et puisse ainsi valider a posteriori des violations avérées de la Convention. Le requérant dénonce le maintien d’une discrimination conservant les effets de la loi de 1972 sanctionnée par la Cour et désavouée dans son inspiration par le législateur de 2001.
46. Il souligne également que l’action en réduction qu’il a engagée en 1998 était pendante lors de la publication de la loi de 2001, ce qui devait entraîner à son égard le bénéfice des droits nouveaux accordés aux enfants « adultérins ». Il estime par voie de conséquence que du fait de cette causae pendentiae, la succession de sa mère ne pouvait être définitivement partagée sauf à faire de l’action en réduction de la donation-partage une voie de recours inefficace.
C. Appréciation de la Cour
1. Sur l’applicabilité de l’article 14 de la Convention
a) Principes généraux
47. Selon une jurisprudence constante de la Cour, l’article 14 de la Convention complète les autres clauses normatives de la Convention et des Protocoles. Il n’a pas d’existence indépendante, puisqu’il vaut uniquement pour « la jouissance des droits et libertés » qu’elles garantissent. Certes, il peut entrer en jeu même sans un manquement à leurs exigences et, dans cette mesure, il possède une portée autonome, mais il ne saurait trouver à s’appliquer si les faits du litige ne tombent pas sous l’empire de l’une au moins desdites clauses (voir, parmi beaucoup d’autres, Van Raalte c. Pays Bas, 21 février 1997, § 33, Recueil des arrêts et décisions 1997 I ; Petrovic c. Autriche, 27 mars 1998, § 22, Recueil 1998 II ; Zarb Adami c. Malte, no 17209/02, § 42, CEDH 2006 VIII, et Konstantin Markin c. Russie [GC], no 30078/06, § 124, CEDH 2012 (extraits)).
b) Sur la question de savoir si les faits de l’espèce tombent sous l’empire de l’article 1 du Protocole no 1
48. En la présente espèce, il convient donc d’établir si le grief du requérant, portant sur l’impossibilité de faire valoir ses droits successoraux au moyen d’une action en réduction de la donation-partage faite par sa mère en méconnaissance de sa part réservataire, tombe sous l’empire, c’est-à-dire dans le champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1.
49. La Cour rappelle que la notion de « bien » évoquée à la première partie de cette disposition a une portée autonome qui ne se limite pas à la propriété de biens corporels et qui est indépendante des qualifications formelles du droit interne : certains autres droits et intérêts constituant des actifs peuvent aussi passer pour des « droits patrimoniaux » et donc des « biens » aux fins de cette disposition (Beyeler c. Italie [GC], no 33202/96, § 100, CEDH 2000 I).
50. L’article 1 du Protocole no 1 ne garantit pas le droit d’acquérir des biens (Slivenko et autres c. Lettonie (déc.) [GC], no 48321/99, § 121, CEDH 2002-II (extraits), et Ališić et autres c. Bosnie-Herzégovine, Croatie, Serbie, Slovénie et l’ex République yougoslave de Macédoine (déc.), no 60642/08, § 52, 17 octobre 2011), en particulier par voie de succession ab intestat ou de libéralités (voir, mutatis mutandis, Marckx, précité, § 50, et Merger et Cros, précité, § 37). Cependant, la notion de « biens » peut recouvrir tant des « biens actuels » que des valeurs patrimoniales, y compris des créances, en vertu desquelles le requérant peut prétendre avoir au moins une « espérance légitime » d’obtenir la jouissance effective d’un droit de propriété (voir, entre autres, Pressos Companía Naviera S.A. et autres c. Belgique, 20 novembre 1995, § 31, série A no 332 ; Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX, et Association nationale des pupilles de la Nation c. France (déc.), no 22718/08, 6 octobre 2009). L’espérance légitime doit reposer sur une « base suffisante en droit interne » (voir Kopecký, précité, § 52 ; Depalle c. France [GC], no 34044/02, § 63, CEDH 2010, et Saghinadze et autres c. Géorgie, no 18768/05, § 103, 27 mai 2010). De même, la notion de « biens » peut s’étendre à une prestation donnée dont les intéressés ont été privés en vertu d’une condition d’octroi discriminatoire (Andrejeva c. Lettonie [GC], no 55707/00, § 79, CEDH 2009). Par contre, l’espoir de voir reconnaître la survivance d’un ancien droit de propriété qu’il est depuis bien longtemps impossible d’exercer effectivement ne peut être considéré comme un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1, et il en va de même d’une créance conditionnelle s’éteignant du fait de la non-réalisation de la condition (voir le rappel des principes pertinents dans Malhous c. République tchèque (déc.) [GC], no 33071/96, CEDH 2000-XII, avec des références ultérieures à la jurisprudence de la Commission ; voir aussi Prince Hans-Adam II de Liechtenstein c. Allemagne [GC], no 42527/98, § 85, CEDH 2001 VIII ; Nerva et autres c. Royaume-Uni, no 42295/98, § 43, CEDH 2002 VIII ; Stretch c. Royaume-Uni, no 44277/98, § 32, 24 juin 2003).
51. Dans chaque affaire, il importe d’examiner si les circonstances, considérées dans leur ensemble, ont rendu le requérant titulaire d’un intérêt substantiel protégé par l’article 1 du Protocole no 1 (Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakfi c. Turquie, nos 37639/03, 37655/03, 26736/04 et 42670/04, § 41, 3 mars 2009 ; Depalle, précité, § 62 ; Plalam S.P.A. c. Italie (fond), no 16021/02, § 37, 18 mai 2010, et Di Marco c. Italie (fond), no 32521/05, § 50, 26 avril 2011). Dans cette optique, la Cour estime qu’il y a lieu de tenir compte des éléments de droit et de fait suivants.
52. En l’espèce, la Cour relève que c’est uniquement en considération du caractère « adultérin » de sa filiation que le requérant s’est vu refuser le droit de demander la réduction de la donation-partage faite par sa mère, cette qualification de sa filiation étant à l’origine de la décision de la Cour de cassation – interprétant les dispositions transitoires de la loi de 2001 – d’exclure l’application à son égard des dispositions relatives aux nouveaux droits successoraux reconnus par cette loi. Or, dans des cas où, comme en l’espèce, un requérant formule sur le terrain de l’article 14 combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 un grief aux termes duquel il a été privé, en tout ou en partie et pour un motif discriminatoire visé à l’article 14, d’une valeur patrimoniale, le critère pertinent consiste à rechercher si, n’eût été ce motif discriminatoire, l’intéressé aurait eu un droit, sanctionnable par les tribunaux internes, sur cette valeur patrimoniale (voir, mutatis mutandis, Stec et autres c. Royaume-Uni (déc.) [GC], nos 65731/01 et 65900/01, § 55, CEDH 2005 X ; Andrejeva, précité, § 79). Tel est le cas en l’espèce.
53. Le Gouvernement soutient que le requérant ne pouvait prétendre à aucun droit héréditaire sur la donation-partage de 1970 car celle-ci avait eu pour effet de distribuer, immédiatement et de manière irrévocable, les biens de sa mère, et ce antérieurement à sa filiation maternelle judiciairement constatée (paragraphe 39 ci-dessus). La Cour ne saurait cependant souscrire à cette thèse. Elle relève que si la donation partage a pour effet immédiat de réaliser un transfert de propriété, selon la jurisprudence de la Cour de cassation, elle ne devient un partage successoral que lors du décès du donateur. La succession est à la fois ouverte et définitivement liquidée ou partagée au jour du décès de l’ascendant (paragraphe 24 ci-dessus), qui en l’espèce n’est survenu qu’en 1994. Or, à cette date, la filiation du requérant était établie. C’est donc bien par l’effet du caractère « adultérin » de celle-ci que le requérant a été écarté de la succession de sa mère.
54. A cet égard, la présente affaire se rapproche des affaires Mazurek et Merger et Cros précitées, et se distingue de l’affaire Alboize-Barthes et Alboize-Montezume c. France (précitée), dans laquelle il a été décidé que le règlement de la succession du père des requérantes, survenu en 1955 et donc bien avant l’établissement de leur filiation, les empêchait de disposer de droits héréditaires sur la succession du de cujus et de se prétendre titulaires d’un « bien ».
55. Il en résulte que les intérêts patrimoniaux du requérant entrent dans le champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1 et du droit au respect des biens qu’il garantit, ce qui suffit à rendre l’article 14 de la Convention applicable.
2. Sur le fond
a) Principes généraux
56. La Cour rappelle que dans la jouissance des droits et libertés reconnus par la Convention, l’article 14 interdit de traiter de manière différente, sauf justification objective et raisonnable, des personnes placées dans des situations comparables. Au regard de cette disposition, une distinction est discriminatoire si elle « manque de justification objective et raisonnable », c’est-à-dire si elle ne poursuit pas un « but légitime » ou s’il n’y a pas de « rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé » (Mazurek, précité, §§ 46 et 48). Par ailleurs, les Etats contractants jouissent d’une certaine marge d’appréciation pour déterminer si et dans quelle mesure des différences entre des situations à d’autres égards analogues justifient des différences de traitement (Stec et autres c. Royaume-Uni [GC], nos 65731/01 et 65900/01, §§ 51 et 52, CEDH 2006 VI). L’étendue de cette marge d’appréciation varie selon les circonstances, les domaines et le contexte, mais il appartient à la Cour de statuer en dernier ressort sur le respect des exigences de la Convention. Celle-ci étant avant tout un mécanisme de protection des droits de l’homme, la Cour doit cependant tenir compte de l’évolution de la situation dans les Etats contractants et réagir, par exemple, au consensus susceptible de se faire jour quant aux normes à atteindre (Konstantin Markin, précité, § 126).
57. Selon une jurisprudence constante depuis l’arrêt Marckx, précité, la distinction établie en matière successorale entre enfants « naturels » et enfants « légitimes » pose problème sous l’angle de l’article 8 de la Convention pris isolément (Johnston et autres c. Irlande, 18 décembre 1986, série A no 112) ainsi que sous celui de l’article 14 de la Convention combiné avec les articles 8 (Vermeire c. Belgique, 29 novembre 1991, série A no 214 C ; Brauer c. Allemagne, no 3545/04, 28 mai 2009) et 1 du Protocole no 1 (Inze c. Autriche, 28 octobre 1987, série A no 126 ; Mazurek, précité, et Merger et Cros, précité). La Cour a étendu cette jurisprudence aux libéralités en confirmant la prohibition de la discrimination dans le domaine testamentaire (Pla et Puncernau c. Andorre, no 69498/01, CEDH 2004 VIII). Ainsi, dès 1979, dans l’arrêt Marckx, la Cour affirmait l’incompatibilité avec la Convention des limitations aux droits successoraux des enfants fondées sur la naissance. Elle n’a eu de cesse de réaffirmer ce principe fondamental, érigeant l’interdiction de discrimination fondée sur le caractère « naturel » du lien de parenté en norme de protection de l’ordre public européen.
58. La Cour rappelle également que la communauté de vue entre les Etats membres du Conseil de l’Europe quant à l’importance de l’égalité de traitement entre enfants issus du mariage et enfants nés hors mariage est établie depuis longtemps, ce qui a d’ailleurs conduit aujourd’hui à l’uniformité des législations nationales en la matière – le principe d’égalité faisant disparaître les notions même d’enfant légitime et naturel – ainsi qu’à une évolution sociale et juridique qui entérine définitivement l’objectif d’égalité entre les enfants (paragraphes 28, 34 et 35 ci-dessus).
59. Aussi, seules de très fortes raisons peuvent amener à estimer compatible avec la Convention une distinction fondée sur la naissance hors mariage (Inze, précité, § 41 ; Camp et Bourimi c. Pays-Bas, no 28369/95, § 38, CEDH 2000 X, et Brauer, précité, § 40).
60. La Cour n’est pas appelée, en principe, à régler des différends purement privés. Cela étant, dans l’exercice du contrôle européen qui lui incombe, elle ne saurait rester inerte lorsque l’interprétation faite par une juridiction nationale d’un acte juridique, qu’il s’agisse d’une clause testamentaire, d’un contrat privé, d’un document public, d’une disposition légale ou encore d’une pratique administrative, apparaît comme étant déraisonnable, arbitraire ou en flagrante contradiction avec l’interdiction de discrimination établie à l’article 14 et plus largement avec les principes sous-jacents à la Convention (Larkos c. Chypre [GC], no 29515/95, §§ 30 31, CEDH 1999-I ; Pla et Puncernau, précité, § 59, et Karaman c. Turquie, no 6489/03, § 30, 15 janvier 2008).
b) Application en l’espèce
i. Sur l’existence d’une différence de traitement fondée sur la naissance hors mariage
61. En l’espèce, nul ne conteste le fait que le requérant s’est vu privé d’une part de réserve héréditaire et placé définitivement dans une situation différente de celle des enfants légitimes quant à la succession de leur mère. Il s’est en effet trouvé empêché d’obtenir la réduction de la donation partage dont il avait été exclu et une part réservataire en raison de son statut d’enfant « adultérin ».
62. Cette différence de traitement entre le requérant et ses demi-frère et demi-sœur résulte de l’article 25-II de la loi de 2001 qui met comme condition à l’application des nouveaux droits successoraux des enfants « adultérins » aux successions ouvertes avant le 4 décembre 2001 qu’elles n’aient pas donné lieu à un partage avant cette date (paragraphe 30 ci dessus). Or, interprétant la disposition transitoire concernée, la Cour de cassation a estimé que le partage successoral avait eu lieu en 1994, au moment du décès de la mère du requérant (paragraphe 23 ci-dessus), suivant en cela une jurisprudence ancienne selon laquelle en matière de donation partage, la succession est à la fois ouverte et partagée par le décès du donateur (paragraphe 24 ci-dessus). Un enfant légitime, omis de la donation-partage ou non encore conçu lors de celle-ci, ne se serait pas vu opposer un tel obstacle pour obtenir sa réserve ou sa part héréditaire conformément aux articles 1077-1 et 1077-2 du code civil (paragraphe 25 ci-dessus). Il n’est dès lors pas contesté que la différence de traitement subie par le requérant a pour seul motif sa naissance hors mariage.
63. La Cour rappelle que son rôle n’est pas de se prononcer sur l’interprétation la plus correcte de la législation interne, mais de rechercher si la manière dont cette législation a été appliquée a enfreint les droits garantis au requérant par l’article 14 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres et mutatis mutandis, Padovani c. Italie, 26 février 1993, § 24, série A no 257-B, et Pla et Puncernau, précité, § 46). En l’espèce, elle est donc appelée à établir si la différence de traitement litigieuse, ayant sa source dans une disposition de la loi interne, avait une justification objective et raisonnable.
ii. Sur la justification de la différence de traitement
α) Sur la poursuite d’un but légitime
64. Le Gouvernement n’avance plus aucune justification à la discrimination entre enfants légitimes et « adultérins ». La Cour constate en effet que l’Etat français a accepté de modifier sa législation à la suite de l’arrêt Mazurek, précité, et a réformé le droit des successions en abrogeant l’ensemble des dispositions discriminatoires à l’égard de l’enfant « adultérin » moins de deux ans après son prononcé. Elle se félicite d’ailleurs de cette mise en conformité du droit français avec le principe conventionnel de non-discrimination.
65. Toutefois, selon le Gouvernement, il n’était pas possible de porter atteinte aux droits acquis par les tiers, en l’occurrence les autres héritiers, et cela a justifié de limiter l’effet rétroactif de la loi de 2001 aux seules successions qui étaient ouvertes à la date de sa publication et n’avaient pas donné lieu à partage à cette date. Les dispositions transitoires auraient ainsi été aménagées pour garantir la paix des familles en sécurisant les droits acquis des bénéficiaires de successions déjà partagées.
66. La Cour n’est pas convaincue que la négation des droits héréditaires de l’un ou de plusieurs de ses membres puisse contribuer à renforcer la paix au sein d’une famille. En revanche, elle admet que la protection des droits acquis peut servir les intérêts de la sécurité juridique, valeur sous-jacente à la Convention (Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 61, CEDH 1999-VII ; Beian c. Roumanie (no 1), no 30658/05, § 39, CEDH 2007 V (extraits) ; Nejdet Şahin et Perihan Şahin c. Turquie [GC], no 13279/05, §§ 56-57, 20 octobre 2011 ; Albu et autres c. Roumanie, no 34796/09 et suivants, § 34, 10 mai 2012). Ainsi, à propos d’une succession acceptée par un enfant « adultérin » à l’ouverture de celle-ci, en 1993, et liquidée en 1996, la Cour a déjà jugé que l’irrecevabilité de l’action décidée par la Cour de cassation au motif que la succession avait déjà fait l’objet d’un partage – ce qui ne lui permettait pas de bénéficier des droits nouveaux en application des dispositions transitoires de la loi de 2001 – était conforme au principe de sécurité juridique tel que rappelé dans l’arrêt Marckx. En effet, « l’on ne saurait exiger que l’institution judiciaire annule un partage librement accepté au vu d’un arrêt de la Cour intervenu après ledit partage » (E.S. c. France (déc.), no 49714/06, 10 février 2009). La Cour en conclut que le souci d’assurer la stabilité des règlements successoraux achevés, lequel était prépondérant aux yeux du législateur et du juge saisi en l’espèce, constitue un but légitime susceptible de justifier la différence de traitement dont il s’agit en l’occurrence. Encore faut-il que celle-ci fût proportionnée par rapport à ce but.
β) Sur la proportionnalité entre les moyens employés et le but visé
67. La Cour observe qu’en l’espèce, sous la réserve de l’action en réduction prévue par la loi, le demi-frère et la demi-sœur du requérant ont obtenu des droits patrimoniaux par l’effet de la donation partage de 1970, celle-ci opérant partage successoral lors du décès de Mme M., survenu en juillet 1994. Cette circonstance permet de distinguer la présente affaire des affaires Mazurek et Merger et Cros, précitées, où le partage successoral n’avait pas encore été réalisé.
68. Cependant, la Cour rappelle que « la protection de la « confiance » du de cujus et de sa famille doit s’effacer devant l’impératif de l’égalité de traitement entre enfants nés hors mariage et enfants issus du mariage » (Brauer, précité, § 43). A cet égard, elle estime que le demi-frère et la demi sœur du requérant savaient – ou auraient dû savoir – que leurs droits pouvaient se voir remis en cause. En effet, lors du décès de leur mère en 1994, la loi prévoyait un délai de cinq ans pour exercer une action en réduction de la donation-partage. Les héritiers légitimes devaient donc savoir que leur demi-frère pouvait demander sa part héréditaire jusqu’en 1999 et que cette action était susceptible de remettre en cause, non pas le partage comme tel, mais l’étendue des droits de chacun des descendants. Par ailleurs, l’action en réduction que le requérant avait finalement engagée en 1998 était pendante devant les juridictions nationales au moment du prononcé de l’arrêt Mazurek, qui déclarait incompatible avec la Convention une inégalité successorale fondée sur la naissance hors mariage, et de la publication de la loi de 2001, qui donnait exécution à cet arrêt en incorporant en droit français les principes qui y étaient affirmés. Enfin, le requérant n’était pas un descendant dont ils ignoraient l’existence, car il avait été reconnu comme fils naturel de leur mère par un jugement rendu en 1983 (paragraphe 12 ci-dessus ; voir, mutatis mutandis, Camp et Bourimi, précité, § 39). Ceci suffisait à nourrir des doutes justifiés sur la réalité du partage successoral réalisé par le décès de Mme M. en 1994 (voir les conclusions de l’avocat général, paragraphe 22 ci-dessus).
69. Sur ce dernier point, la Cour relève que, selon le Gouvernement, la spécificité de la donation-partage empêchait une quelconque remise en cause d’une situation juridique existante, en l’occurrence le partage des biens opéré en 1970 et devenu définitif au décès du de cujus, nonobstant le recours juridictionnel en cours (paragraphes 40 et 41 ci-dessus). Le requérant s’oppose à cette thèse (paragraphe 46 ci-dessus). Dans les circonstances particulières de l’espèce, où la jurisprudence européenne et les réformes législatives nationales montraient une tendance claire vers la suppression de toute discrimination des enfants nés hors mariage s’agissant de leurs droits héréditaires, la Cour estime que le recours exercé par le requérant en 1998 devant le juge national et rejeté par celui-ci en 2007 pèse lourd dans l’examen de la proportionnalité de la différence de traitement (voir paragraphes 22 et 68 ci-dessus, et paragraphe 72 ci dessous). Le fait que ce recours était toujours pendant en 2001 ne pouvait, en effet, que relativiser l’attente des autres héritiers de Mme M. de se voir reconnaître des droits incontestés sur la succession de celle-ci.
70. Aussi, à la lumière de ce qui précède, la Cour considère-t-elle que le but légitime de la protection des droits successoraux du demi-frère et de la demi sœur du requérant n’était pas d’un poids tel qu’il dût l’emporter sur la prétention du requérant d’obtenir une part de l’héritage de sa mère.
71. Au demeurant, il semble que, même aux yeux des autorités nationales, les attentes des héritiers ayant bénéficié d’une donation-partage ne sont pas à protéger en toutes circonstances. En effet, si la même action en réduction de la donation-partage avait été exercée au même moment par un autre enfant légitime, né après celle-ci ou volontairement exclu du partage, cette fin de non-recevoir ne lui aurait pas été opposée.
72. A cet égard, la Cour juge contestable qu’en 2007, des années après les arrêts Marckx et Mazurek précités, le juge national ait pu moduler différemment la protection de la sécurité juridique selon qu’elle était opposée à un enfant légitime ou à un enfant « adultérin ». Elle note aussi que la Cour de cassation n’a pas répondu au moyen principal invoqué par le requérant et tiré de la méconnaissance du principe de non-discrimination tel que garanti par l’article 14 de la Convention. Or, elle a déjà jugé que les tribunaux doivent examiner avec rigueur les moyens ayant trait aux « droits et libertés » garantis par la Convention dont ils sont saisis et qu’il s’agit là d’un corollaire du principe de subsidiarité (Wagner et J.M.W.L. c. Luxembourg, no 76240/01, § 96, 28 juin 2007, et Magnin c. France (déc.), no 26219/08, 10 mai 2012).
γ) Conclusion
73. A la lumière de toutes ces considérations, la Cour conclut qu’il n’existait pas de rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but légitime poursuivi. La différence de traitement dont le requérant a fait l’objet n’avait donc pas de justification objective et raisonnable. Partant, il y a eu violation de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1.
74. Cette conclusion ne met pas en cause le droit des Etats de prévoir des dispositions transitoires lorsqu’ils adoptent une réforme législative en vue de s’acquitter de leurs obligations découlant de l’article 46 § 1 de la Convention (voir, par exemple, Antoni c. République tchèque, no 18010/06, 25 novembre 2010 ; Compagnie des gaz de pétrole Primagaz c. France, no 29613/08, § 18, 21 décembre 2010 ; Mork c. Allemagne, nos 31047/04 et 43386/08, §§ 28 à 30 et 54, 9 juin 2011, et Taron c. Allemagne (dec.), no 53126/07, 29 mai 2012).
75. Toutefois, si le caractère essentiellement déclaratoire des arrêts de la Cour laisse à l’Etat le choix des moyens pour effacer les conséquences de la violation (Marckx, précité, § 58, et Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT) c. Suisse (no 2) [GC], no 32772/02, § 61, CEDH 2009), il y a lieu de rappeler en même temps que l’adoption de mesures générales implique pour l’Etat l’obligation de prévenir, avec diligence, de nouvelles violations semblables à celles constatées dans les arrêts de la Cour (voir, par exemple, Salah c. Pays-Bas, no 8196/02, § 77, CEDH 2006 IX (extraits)). Cela entraîne l’obligation p

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