SECONDA SEZIONE
CAUSA FABIANO C. ITALIA
( Richiesta no 40807/05)
SENTENZA
STRASBURGO
10 marzo 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Fabiano c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e di Sally Dollé, canceliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 40807/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. F. (“il richiedente”), ha investito la Corte l’ 8 novembre 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da E.P. R., avvocato a Siracusa. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e la Sig.ra E. Spatafora, ed i suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come col suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 28 marzo 2007, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il meio allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1946 e ha risieduto a Siracusa.
5. Con un giudizio depositato il 10 novembre 1986, il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento del richiedente.
6. In seguito a questa dichiarazione, il richiedente fu sottoposto ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del suo diritto alla corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, conformemente all’articolo 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”).
7. In una data non precisata posteriore alla dichiarazione di fallimento, la cancelleria del tribunale inserì il nome del richiedente nel registro dei falliti, ai sensi dell’articolo 50 della legge sul fallimento. In ragione di questa iscrizione, il richiedente fu sottoposto automaticamente ad una serie di altre incapacità personali regolamentate dalla legislazione speciale (vedere Campagnano c. Italia, no 77955/01, § 54, 23 marzo 2006).
8. A differenza delle incapacità derivanti dalla dichiarazione di fallimento che si conclude con la chiusura del procedimento, le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro cessano solamente una volta ottenuto l’annullamento di questa iscrizione.
9. Questo annullamento ha luogo con la riabilitazione civile che, al di là delle ipotesi di pagamento integrale dei crediti e di esecuzione regolare del concordato di fallimento, può essere chiesta solo dal fallito che ha fatto prova di una “buona condotta effettiva e consolidata” per almeno cinque anni a contare dalla chiusura del procedimento (articolo 143 della legge sul fallimento).
10. Il tribunale di Siracusa fissò poi al 15 gennaio 1987 l’udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento.
11. Secondo le informazione fornite dal richiedente il 3 febbraio 2009, il procedimento era a questa data ancora pendente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
12. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (precitata, §§ 19-22) Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
13. Invocando gli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta in particolare della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta anche di non potere stare in giudizio per la difesa dei suoi interessi, in particolare in ragione della durata del procedimento.
Il Governo contesta queste tesi.
Tenuto conto della sua giurisprudenza consolidata in materia, la Corte stima che il richiedente avrebbe potuto introdurre efficacemente un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge Pinto (vedere Sgattoni c. Italia, no 77131/01, sentenza del 15 settembre 2005, § 48). Stima dunque questa parte della richiesta inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Albanese c. Italia, precitata, §§ 38-39 e Falzarano e Balletta c. Italia, no 6683/03, § 31, 12 giugno 2007).
14. Il richiedente si lamenta anche delle incapacità derivanti dall’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti e del fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la riabilitazione che mette fine a queste incapacità, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento.
Il Governo si oppone a questi argomenti.
La Corte constata al primo colpo che questo motivo di appello si deve analizzare sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione in quanto al diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata. Nota poi che questo motivo di appello non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
15. Per ciò che riguarda il merito, la Corte constata di avere già trattato cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessun fatto né argomento convincente che possano condurre ad una conclusione differente nel presente caso. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
16. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che lo riguardano per tutto il procedimento di fallimento.
Il Governo contesta queste affermazioni.
In quanto alla parte del motivo di appello legata a quelli concernenti la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso sopra all’inammissibilità di questi motivi di appello. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente male fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
In quanto alla parte del motivo di appello riguardante la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
17. Per ciò che riguarda il merito, la Corte rileva di avere già trattato cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che possano condurre ad una conclusione differente nel presente caso. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
18. Infine, per ciò che riguarda l’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, il richiedente richiede 50 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento materiale e morale per il danno che avrebbe subito così come 2 500 EUR per gli oneri e spese impegnati dinnanzi alla Corte.
Il Governo si oppone a queste pretese.
Non vedendo legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto, la Corte respinge la prima istanza. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo all’insieme delle circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
In quanto agli oneri e spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si trovino stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR e l’accorda al richiedente, abbinata ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati degli articoli 8 della Convenzione (in quanto al diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione (in quanto alla mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti) ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 10 marzo 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa