Conclusione Non-violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l’arte. 6-1; violazione dell’art. 13; danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese – procedimento della Convenzione
PRIMA SEZIONE
CAUSA F.L. c. ITALIA
, Richiesta n? 25639/94,
SENTENZA
STRASBURGO
20 dicembre 2001
DEFINITIVO
20/03/2002
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa F.L. c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
IL SIG. C.L. Rozakis, presidente, la
Sig.ra F. Tulkens,
Sigg.. B. Conforti, P. Lorenzen, la Sig.ra N. Vajić,
Sigg.. E. Levits, A. Kovler, giudici, e del Sig. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 novembre 1999 e 29 novembre 2001,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (n? 25639/94) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. L. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) l? 8 settembre 1994 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che ? avvocato, ha agito in persona dinnanzi agli organi della Convenzione. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, il Sig. U. Leanza ed il suo coagente, il Sig. V. Esposito.
3. Il richiedente adduceva in particolare che non aveva potuto ottenere il pagamento delle somme che gli erano dovute e che non poteva investire nessuna giurisdizione per coprire il suo credito.
4. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo n? 11 alla Convenzione (articolo 5 ? 2 del Protocollo n? 11).
5. La richiesta ? stata assegnata alla seconda sezione della Corte (articolo 52 ? 1 dell’ordinamento). In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa (articolo 27 ? 1 della Convenzione) ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 dell’ordinamento.
6. Con una decisione del 25 novembre 1999, la Corte ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile.
7. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 ? 1 dell’ordinamento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente aveva lavorato come consigliere della compagnia di assicurazioni C. Spa.
9. Con un decreto ministeriale del 12 luglio 1984, questa societ? fu posta in liquidazione amministrativa (liquidazione coatta amministrativ) sotto la direzione di un commissario. A questa epoca, il richiedente era creditore della societ? C. per un importo di 89 242 987 lire italiane.
10. Il 22 luglio 1991, il commissario deposit? alla cancelleria del tribunale civile di Roma lo stato dei crediti. Risulta da questo documento che il richiedente era un creditore privilegiato per l’importo indicato.
11. Ad una data non precisata, il richiedente fu informato del deposito dello stato di crediti con lettera raccomandata. Non fece opposizione.
12. Il 1 febbraio 1994, il richiedente indirizz? una lettera al ministro dell’industria che segnalava i ritardi accumulati dal commissario nel procedimento di liquidazione amministrativa della societ? C. e chiedendo delle spiegazioni.
13. Secondo le ultime informazione fornite dal Governo il 29 gennaio 2001, a questa data la liquidazione amministrativa era sempre in corso a causa dell’esistenza di migliaia di procedimenti pendenti delle quali la compagnia di assicurazioni C. faceva parte. Il richiedente non aveva ottenuto nessuno pagamento asuo favore.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
14. Il procedimento di liquidazione amministrativa ? regolamentato dal decreto reale n? 267 del 16 marzo 1942 ( qui di seguito indicato come “legge del fallimento”). Si applica normalmente alle compagnie di assicurazioni, alle banche ed alle societ? cooperative, imprese sottomesse ad un controllo da parte dello stato in ragione dell’interesse generale della loro attivit?. Il collocamento in liquidazione ? preceduto da una fase preliminare dinnanzi al tribunale civile che dichiara che l’impresa ? in stato di cessazione dei pagamenti. Il collocamento in liquidazione amministrativa propriamente detto ? pronunciato poi dall’autorit? amministrativa competente per controllare l’attivit? dell’impresa in questione (autorit? amministrativa di vigilanza). Il procedimento ? diretto da uno o tre commissari liquidatori che nell’esercizio delle loro funzioni vengono assimilati agli ufficiali pubblici (articoli 198 e 199 ?1 della legge del fallimento). Sono sottoposti al controllo dell’autorit? amministrativa.
15. Durante il procedimento di liquidazione amministrativa, nessuno creditore pu? introdurre dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali delle domande individuali in esecuzione che mirano ad attaccare direttamente il patrimonio della societ? debitrice (articoli 201 e 51 della legge del fallimento). Ogni credito, anche privilegiato, deve essere di prima verificato secondo il procedimento stabilito agli articoli 207 e 209 della legge del fallimento che, nelle loro parti pertinenti, si leggono cos?:
“Entro un mese a partire dalla sua nomina, il commissario liquidatore comunica ad ogni creditore l’importo del valore del suo credito che risulta dai documenti contabili dell’impresa. Entro quindici giorni a partire dal ricevimento di suddetta comunicazione, i creditori, possono indirizzare al commissario osservazioni o richieste. “
“(…) Entro novanta giorni il commissario redige un stato dei crediti accettati e respinti e li deposita alla cancelleria del tribunale. In seguito al deposito alla cancelleria, lo stato dei crediti diventa esecutivo. “
16. Il(I) commissario(i) si incarica (no), poi della liquidazione dell’attivo (articoli 210 e 211 della legge del fallimento) e della ripartizione ai creditori delle somme ottenute (articolo 212 della legge del fallimento). I crediti che dispongono di un diritto di prelazione, detti privilegiati sono pagati in precedenza. I creditori chirografari sono soddisfatti sul resto dell’attivo. Secondo il principio dell’uguaglianza dei creditori (par condicio credito rum) questi ultimi partecipano alla ripartizione dell’attivo e sono pagati proporzionalmente al valore dei loro crediti rispettivi (articoli 52, primo capoverso e 111, 3, della legge del fallimento).
17. Ai termini dell’articolo 213 della legge del fallimento, il bilancio finale della liquidazione ed il piano di ripartizione ai creditori ? depositato alla cancelleria del tribunale. Entro venti giorni a partire dalla comunicazione di questo deposito, i creditori hanno la facolt? di contestare il bilancio ed il piano di ripartizione dinnanzi al tribunale civile (paragrafo 2 dell’articolo 213 precitato).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N? 1
18. Il richiedente adduce che l’impossibilit? prolungata di ricoprire il suo credito, in ragione della lentezza delle operazioni di liquidazione delal societ? C., si analizza in una violazione del suo diritto al rispetto dei suoi beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo n?1. Questa disposizione si legge come segue:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
19. Il Governo sostiene che il procedimento di liquidazione amministrativa di una compagnia di assicurazioni non pu? essere finito in un breve termine. Prima di procedere alla ripartizione definitiva dell’attivo, il commissario deve aspettare la conclusione di tutti i numerosi procedimenti civili pendenti nei quali la compagnia di assicurazioni ? parte. Deve anche ricoprire tutti i crediti di questa presso i debitori della societ?. Difatti, a differenza del procedimento di fallimento, la liquidazione amministrativa permette di introdurre o di continuare dei processi in materia di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore. Si tratta di parecchie migliaia di dispute nelle quali i danni sono rimborsati da un fondo di garanzia. Questo fondo pu? sostituirsi poi alle persone danneggiate per ottenere il pagamento da parte della societ? di assicurazioni in liquidazione. Segue che prima della fine dell’ultimo processo in materia di assicurazione obbligatoria, il commissario liquidatore non pu? conoscere l’importo ad iscrivere al passivo e non pu? chiudere di conseguenza il procedimento di liquidazione. La durata di questa ? dunque direttamente condizionata dalla lunghezza di altri procedimenti giudiziali.
20. Il Governo fa osservare per? che nello specifico l’impossibilit? di pagare il credito del richiedente non era dovuta alla durata del procedimento, ma all’insufficienza dell’attivo realizzato. L’importo globale dei debiti della societ? C. supera venti miliardi di lire italiane difatti. A questa somma devono aggiungersi gli interessi e le somme che saranno chieste dal fondo di garanzia. L’attivo della compagnia, invece, ? costituito da una liquidit? di circa 350 milioni di lire e di certi immobili di cui il valore ammonta a circa un miliardo e cinque cento milioni di lire e che, malgrado numerosi tentativi di asta pubblica, non hanno potuto essere venduti. Tenuto conto del fatto che una parte dell’attivo dovuto ? stata utilizzata per pagare gli oneri di procedimento e che altri creditori hanno la precedenza sul richiedente, il credito di questo ultimo non potr? probabilmente essere pagato.
21. Il richiedente considera che in ragione della sua durata irragionevole, l’ingerenza col suo diritto di propriet? ? sproporzionata. Sottolinea che l’esistenza di numerosi procedimenti nelle quali la societ? C. ? parte potrebbe non giustificare la durata globale del procedimento di liquidazione. Difatti, se questi differenti procedimenti fossero stati condotti con lo zelo richiesto, si sarebbero concluse da molto.
22. Il richiedente osserva infine che l’insufficienza dell’attivo per soddisfare il suo credito ? dovuta principalmente al fatto che la societ? C. ? stata autorizzata a continuare la sua attivit? malgrado la sua difficile situazione finanziaria.
A. Sull’esistenza di un “bene” al senso dell’articolo 1
23. Secondo la giurisprudenza degli organi della Convenzione, un guadagno futuro costituisce un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo n? 1 se il guadagno ? stato acquisito o se ? oggetto di un credito esigibile (sentenza Ambruosi c. Italia del 19 ottobre 2000, non pubblicato, ? 20; vedere anche St?rksen c. Norvegia, richiesta n? 19819/92, decisione della Commissione del 5 luglio 1994, Decisioni e rapporti, (DR, 78-B, pp,). 88-89 e 94-95).
24. Nello specifico, la Corte osserva che il richiedente aveva lavorato in quanto consigliere della societ? C. e che il commissario liquidatore ha riconosciuto, nello stato dei crediti, l’esistenza del credito del richiedente (paragrafi 8 e 10 sopra). In queste circostanze, la Corte considera che il richiedente ? titolare di un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
B. Sull’esistenza di un’ingerenza
25. La Corte stima che c’? stata ingerenza nel diritto di propriet? del richiedente come garantisce l’articolo 1 del Protocollo n? 1. Difatti, a seguito all’adozione del procedimento di liquidazione amministrativa, il suo “bene” ? stato gestito da un organo dello stato e l’interessato si ? trovato, durante un certo tempo, nell’impossibilit? di esigere il pagamento del suo credito.
C. la regola applicabile
26. L’articolo 1 del Protocollo n? 1 che garantisce in sostanza il diritto di propriet?, contiene tre norme distinte( sentenza James ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie A n? 98, pp. 29-30, ? 37, ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], n? 22774/93, ? 44, CEDH 1999-V): la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, mira la privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza norma che mirano a delle situazioni private di attentati al diritto di propriet?, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (sentenza Aria Canada c. Regno Unito del 5 maggio 1995, serie A n? 316-ha, p. 15, ? 30).
27. La Corte nota che non si ha avuto nello specifico n? espropriazione di fatto n? trasferimento di propriet?, perch? il diritto del richiedente a ricoprire il suo credito non ? mai stato messo in dubbio. L’applicazione del procedimento di liquidazione amministrativa si analizza in una regolamentazione dell’uso dei beni. Il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo n? 1 gioca all’occorrenza dunque.
D. Il rispetto delle condizioni del secondo capoverso
1. Scopo dell’ingerenza
28. La Corte riconosce che il procedimento di liquidazione amministrativa mira a garantire una gestione equa dei beni dell’impresa in liquidazione, in vista di garantire una protezione identica per tutti i creditori. Segue che l’ingerenza in questione inseguiva un scopo legittimo conforme all’interesse generale, ossia una buona amministrazione della giustizia e la protezione dei diritti altrui.
2. Proporzionalit? dell’ingerenza
29. La Corte ricorda che una misura di ingerenza, in particolare quella in esame che dipende dal secondo paragrafo dell’articolo 1, deve predisporre un “giusto equilibro” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 tutto intero, dunque anche nel secondo capoverso: deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalit? di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (sentenze Chassagnou ed altri c. Francia [GC], nostri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, ? 75, CEDH 1999-III, ed Immobiliare Saffi c. Italia, precitato, ? 49.)
30. La Corte stima che un sistema di sospensione temporanea del pagamento dei crediti di un’impresa in liquidazione non ? criticabile in s?, visto in particolare il margine di valutazione autorizzato dal secondo capoverso dell’articolo 1. Per?, un tale sistema porta il rischio di imporre ai creditori un carico eccessivo in quanto alla possibilit? di ricoprire i loro beni e deve contemplare certe garanzie di procedimento per badare al fatto che il collocamento in opera del sistema e la sua incidenza sul diritto di propriet? degli individui non siano dunque n? arbitrari n? imprevedibili (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Immobiliare Saffi c. Italia, precitato, ? 54).
31. Ora, la Corte fa osservare che il sistema italiano soffre di una certa rigidit?: difatti, una volta iniziato il procedimento di liquidazione amministrativo, nessuno creditore non pu? introdurre dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali delle domande individuali in esecuzione che mirano ad attaccare direttamente anche il patrimonio della societ? debitrice, dovendo essere ogni credito, anche privilegiato, prima verificato dai commissari liquidatori (paragrafo 15 sopra). Solo il deposito, da parte di questi ultimi, del bilancio finale della liquidazione e del piano di ripartizione apre ai creditori la possibilit? di contestare, dinnanzi al tribunale civile, le somme che sono state accordate loro (paragrafo 17 sopra). In pi?, i creditori non dispongono di nessuno mezzo effettivo per controllare l’attivit? dei commissari liquidatori o per sollecitare il compimento dei compiti che sono affidati loro.
32. La Corte deve verificare per? se, tenuto conto dello stato finanziario della societ? C. e delle circostanze private del caso specifico, la durata del procedimento di liquidazione amministrativa ha violato il diritto di propriet? del richiedente.
33. Ora, il Governo ha indicato che i debiti del societ? C. superano largamente l’attivo della compagnia, costituito principalmente da certi immobili di cui la vendita sembra difficile (paragrafo 20 sopra). Il richiedente non contesta l’insufficienza dell’attivo per soddisfare il suo credito, limitandosi ad osservare che questa situazione sarebbe dovuta al fatto che la compagnia di assicurazioni ? stata autorizzata a continuare la sua attivit? malgrado la sua difficile situazione finanziaria (paragrafo 22 sopra).
34. Alla vista di ci? che precede, la Corte stima che la causa principale del ritardo nel pagamento del credito del richiedente non ? la lunghezza o la natura del procedimento di liquidazione, ma piuttosto la mancanza di risorse finanziarie del debitore e le difficolt? di ricuperare i suoi crediti, delle circostanze che non si potrebbero mettere a carico dello stato. Questo ultimo non ha infranto dunque, nel caso specifico, l’equilibrio che deve esistere in materia tra le protezioni del diritto degli individui al rispetto dei loro beni e le esigenze dell’interesse generale.
Di conseguenza, non c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 ? 1 DELLA CONVENZIONE
35. Il richiedente si lamenta di un ostacolo al suo diritto di accesso ad un tribunale. Invoca l’articolo 6 ? 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, ? formulato cos?:
“Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia sentita da un tribunale chi decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
36. Il Governo sottolinea innanzitutto che la liquidazione amministrativa ? un procedimento alternativo al fallimento, specialmente prevista per le imprese la cui l’attivit? dipende da un interesse generale (banche, societ? di assicurazioni, societ? cooperative). La liquidazione ? gestita da un commissario che ? nominato da un’autorit? amministrativa. Contro gli atti del commissario, ? ammesso un ricorso dinnanzi alla giurisdizione civile.
37. Il Governo sottolinea poi che il richiedente non si ? opposto allo stato dei crediti (paragrafo 11 sopra). Di conseguenza, non ci sarebbe stata “contestazione” al senso dell’articolo 6 della Convenzione e questa disposizione non sarebbe stata violata.
38. Il richiedente ricorda che secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 6 della Convenzione si applica ai procedimenti di esecuzione e sostiene che la liquidazione amministrativa sarebbe comparabile ad un processo di esecuzione. Fa valere anche che non pu? investire nessuna giurisdizione per ricoprire il suo credito mentre il procedimento amministrativo ? in corso. Il richiedente sottolinea infine che le azioni giudiziali contro gli atti del commissario hanno per scopo di sottoporre questi atti ad un controllo di legalit? da parte dei tribunali. Tuttavia, non permettono di ottenere il pagamento dei crediti o l’accelerazione del procedimento di liquidazione.
39. La Corte osserva che l’essenza della lagnanza del richiedente ricade sull’impossibilit? di sottoporre ad un’istanza nazionale, prima del deposito dello stato di crediti, una richiesta di pagamento delle somme dovute o di contestare gli atti del commissario liquidatore. Per questo fatto, stima pi? indicato esaminare questa lagnanza sotto l’angolo dell’obbligo pi? generale, che l’articolo 13 della Convenzione fa pesare sugli Stati, di offrire un ricorso effettivo che permette di lamentarsi di violazioni della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, il sentenza Aksoy c. Turchia del 18 dicembre 1996, Raccolta 1996-VI, pp. 2285-2286, ?? 92-94).
III. SULLA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
40. L’articolo 13 della Convenzione ? formulato cos?:
“Ogni persona i cui i diritti e libert? riconosciuti nella presente Convenzione sono stati violati ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
41. Ai termini della giurisprudenza della Corte, l’articolo 13 garantisce l’esistenza in diritto interno di un ricorso che permette di prevalersi dei diritti e libert? della Convenzione, come vi si possono trovare consacrati. Questa disposizione ha per conseguenza di esigere, per le lamentele che si possono stimare “difendibili” allo sguardo della Convenzione o dei suoi Protocolli, un ricorso interno che abilita dunque l’istanza nazionale competente a conoscere del contenuto della lagnanza ed ad offrire la correzione appropriata, anche se gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione in quanto al modo di conformarsi agli obblighi che questa disposizione d? loro. La portata dell’obbligo che deriva dell’articolo 13 varia in funzione della natura della lagnanza che il richiedente fonda sulla Convenzione. Tuttavia, il ricorso esatto deve essere “effettivo” in pratica come in diritto, ed il suo esercizio non deve essere ostacolato in modo ingiustificato dagli atti od dalle omissioni delle autorit? dello stato convenuto (sentenze Aydin c. Turchia del 25 settembre 1997, Raccolta 1997-VI, p. 1895, ? 103, e Kaya c. Turchia del 19 febbraio 1998, Raccolta 1998-I, pp. 329-330, ? 106); in quanto al carattere “difendibile” della lagnanza fondata sulla Convenzione 8vedere le sentenze Boyle e Rice c. Regno Unito del 27 aprile 1988, serie A n? 131, p. 23, ? 52, e Powell e Rayner c. Regno Unito del 21 febbraio 1990, serie A n? 172, p. 14, ? 31).
42. Nello specifico, il richiedente aveva una lagnanza difendibile sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
43. Aveva dunque. dritto di sottoporre la sua lagnanza ad un’istanza nazionale capace di offrirgli una correzione appropriata Per?, a seguito dell’adozione del procedimento di liquidazione amministrativa, per almeno sedici anni e sei mesi, il richiedente non ha potuto investire nessuna autorit? per fare valere il suo diritto a ricoprire il suo credito o per contestare gli atti del commissario liquidatore, non disponendo di nessuno mezzo effettivo per sollecitare allo stesso tempo l’esame della sua pratica.
44. Per questo fatto, la Corte stima che le regole che regolano il procedimento di liquidazione amministrativa, abbinate alla lunghezza della verifica dello stato dei crediti, hanno ostacolato in modo ingiustificato il diritto del richiedente di disporre di un ricorso “effettivo” al senso dell’articolo 13 della Convenzione.
Di conseguenza, c’? stata violazione di questa disposizione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
45. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
46. Il richiedente adduce avere subito un danno morale in ragione della durata del procedimento di liquidazione e sollecita il versamento della somma di 45 000 000 lire italiane, o la met? del suo credito. In quanto al danno materiale, osserva che dal 1984 il deprezzamento della moneta ? stato particolarmente forte in Italia. Secondo i calcoli del richiedente, il valore costante in lire del suo credito ammonterebbe oggi a 179 797 670. Per questo fatto, chiede la concessione della somma di 90 554 690 lire, risultante dalla differenza tra il valore reale del suo credito e l’importo originale di questo.
47. Il Governo non ha formulato osservazioni su questo argomento.
48. La Corte osserva che l’importo di 90 554 690 lire italiane, richiesto dal richiedente a titolo di danno materiale, che era stato oggetto del procedimento nazionale di liquidazione amministrativa, alla data delle ultime informazione, era ancora pendente,. La Corte non potrebbe speculare, a questo stadio, sui risultati ai quali questo procedimento potr? arrivare e sottolinea che ad ogni modo la violazione della Convenzione non condiziona, in s? la formazione dello stato di crediti da parte del commissario liquidatore e che il richiedente potr? beneficiare eventualmente di una somma per compensare il deprezzamento della moneta. C’? pertanto luogo di respingere la domanda formulata a titolo di danno materiale. Peraltro, la Corte stima che il richiedente ha subito un torto morale certo. Avuto riguardo alle circostanze della causa e deliberando su una base equa come vuole l’articolo 41 della Convenzione, decide di concedere egli 30 000 000 lire italiane.
B. Oneri e spese
49. Il richiedente sollecita il rimborso degli oneri e spese per il procedimento dinnanzi agli organi della Convenzione. Chiede 7 344 000 lire italiane.
50. Il Governo non ha formulato osservazioni a questo argomento.
51. La Corte, deliberando in equit? come vuole l’articolo 41 della Convenzione e tenuto in particolare conto del fatto che il richiedente essendo avvocato, ha agito in persona dinnanzi agli organi della Convenzione, gli assegna la somma di 1 500 000 lire italiane per oneri e spese (vedere la sentenza Saccomanno c). Italia del 12 maggio 1999, richiesta n? 36719/97, ? 33, non pubblicata.)
C. Interessi moratori
52. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza ? del 3,5% l’anno.
CON QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce ( con sei voci contro una) che non c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n? 1;
2. Stabilisce ( all’unanimit?) che non si impone di esaminare la lagnanza formulata dal richiedente sul terreno dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione;
3. Stabilisce ( all’unanimit?) che c’? stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce (all’unanimit?)
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le seguenti somme: 30 000 000, trenta milioni, lire italiane per danno morale, e 1 500 000, un milione cinque cento mila, lire per oneri e spese;
b )che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 3,5% l’anno a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento;
5. Respinge, all’unanimit?, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 20 dicembre 2001 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Erik Fribergh Christos Rozakis
Cancelliere Pr?sident
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 ? 2 della Convenzione e 74 ? 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione dissidente del Sig. Rozakis.
E. F.
C. L. R.
SENTENZA F.L. c. ITALIA
SENTENZA F.L. c. ITALIA
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE ROZAKIS
? con grande rammarico che io non sono capace di essere d’accordo con la conclusione a cui ? giunta la maggioranza in questo caso che l?Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 non ? stato violato. Il giudizio segue la linea del caso di Saggio v. L’Italia, che consiste in essenza nell’argomento che, dal momento che il debitore non aveva i beni per onorare i suoi obblighi vis-?-vis al richiedente, la ragione principale della dilazione del pagamento non era la lunghezza o la natura dei procedimenti di liquidazione ma la mancanza di risorse da parte della societ? debitrice (veda domanda N.ro 41879/98, giudizio di 25 ottobre 2001 inedito).
Io considero, come facevo anche nel caso summenzionato, che questo argomento della maggioranza trascura il problema legale e fondamentale che ? in questione nel caso presente – e che ? anche pi? chiaro nelle circostanze di questo caso di quanto lo era nel caso “pilota”: il richiedente aveva una propriet? che non dai beni della debitrice, ed il suo uso era stato controllato dall?applicazione delle attinenti leggi italiane riguardanti la soddisfazione di creditori. L?applicazione di queste leggi aveva dato luogo a dilazioni indebite ed eccessive nel processo di soddisfare i crediti privilegiati del candidato che condussero ad un danneggiamento del diritto del candidato al suo possesso. Anche se io sono d’accordo con la maggioranza che il debitore aveva problemi finanziari per soddisfare tutte le richieste dei suoi creditori, io trovo che questo elemento ? inconsistente nelle circostanze: il mio approccio ? che l? Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 ? stato violato perch? il controllo di uso del possesso del richiedente ha portato a dei ritardi che, in fine, hanno avuto effetti dannosi sul possesso nella misura in cui questo si ? tradotto nell’abilit? del richiedente di reclamare puntualmente isuoi diritti privilegiati -, e danneggi? molto l?essenza del diritto in una maniera sproporzionata allo scopo perseguito.
SENTENZA F.L. c. ITALIA
SENTENZA F.L. c. ITALIA