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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE EVOLCEANU c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 37522/05/2010
Stato: Romania
Data: 2010-02-09 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA EVOLCEANU C. ROMANIA
( Richiesta no 37522/05)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
9 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Evolceanu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37522/05) diretta contro la Romania da due cittadine di questo Stato, le Sig.re E. E. ed I. E. (“le richiedenti”) che hanno investito la Corte il 13 ottobre 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 15 novembre 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Le richiedenti sono nate rispettivamente nel 1966 e 1963 e risiedono a Parigi.
5. I fatti della causa, come esposti dalle richiedenti, si possono riepilogare come segue.
6. Nel 1950, in virtù del decreto di statalizzazione nº 92/1950, lo stato rumeno prese possesso degli appartamenti numeri 1 e 2 di un immobile ubicato a Bucarest al no 16 di via Popa Soare che apparteneva al padre delle richiedenti.
7. Con un contratto del 12 aprile 1975, concluso in virtù della legge no 4/1973 che autorizzava la vendita degli immobili per abitazione (“la legge no 4/1973) la società gerente dei beni appartenenti allo stato (“l’ICVL”), vendette l’appartamento no 1 ai coniugi B., inquilini dell’immobile in questione.
1. Azione di rivendicazione
8. In una data non precisata, il padre delle richiedenti investì il tribunale di prima istanza di Bucarest di un’azione di rivendicazione dei suddetti appartamenti, contro il consiglio locale di Bucarest e la società commerciale F. S.p.A. (“la società F.”), gerente dei beni che appartenevano allo stato.
9. Con un giudizio del 7 dicembre 1994, il tribunale fece diritto all’azione ed ordinò alle parti convenute di restituire al padre delle richiedenti i due appartamenti in controversia. Il tribunale giudicò che al momento della statalizzazione, l’interessato faceva parte di una categoria sociale esonerata di questa misura e che il decreto no 92/1950 violava le disposizioni in vigore della Costituzione all’epoca.
10. Con una sentenza del 18 aprile 1995, diventata definitiva in quanto non attaccata tramite un ricorso, il tribunale dipartimentale di Bucarest respinse come mal fondato l’appello rilevato dal consiglio locale di Bucarest contro il giudizio precitato.
2. Collocamento in esecuzione del giudizio del 7 dicembre 1994
11. Con una decisione del 21 agosto 1995, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione dei due appartamenti in controversia al padre delle richiedenti.
12. Il 9 ottobre 1995, i rappresentanti del società F. ed il mandatario del padre delle richiedenti firmarono un verbale di collocamento in possesso dell’appartamento nº 2 in cui constatarono che l’appartamento no 1 era stato venduto, il 12 aprile1975 ai coniugi B. Il 15 agosto 1996, il padre delle richiedenti decedette, e queste ultime furono dichiarate le sue eredi.
3. Procedimento iniziato in virtù della legge nº 10/2001
13. Il 6 luglio 2001, sul fondamento della legge nº 10/2001 sul regime giuridico dei beni statalizzati abusivamente (“la legge no 10/2001”), le richiedenti investirono il municipio di Bucarest di un’istanza di restituzione in natura dell’appartamento nº 1 del suddetto immobile e del terreno ivi afferente. Il 6 marzo 2003, le richiedenti chiesero la sospensione del procedimento amministrativo così iniziato, al motivo che un’azione di annullamento del contratto di vendita del 12 aprile 1975 era pendente dinnanzi ai tribunali.
4. Azione di annullamento del contratto di vendita dell’appartamento nº 1
14. Il 13 agosto 2002, le richiedenti investirono il tribunale di prima istanza di Bucarest di un’azione di annullamento del contratto di vendita del 12 aprile 1975, introdotta contro il municipio di Bucarest, i coniugi B. ed la società F. chiesero anche la restituzione dell’appartamento e lo sfratto dei coniugi B.
15. Con un giudizio del 16 aprile 2003, il tribunale respinse come mal fondata l’azione delle richiedenti. Giudicò che al momento della vendita, la validità del titolo dello stato non era rimessa in questione, dal momento che l’inapplicabilità del decreto 92/1950 al padre delle richiedenti era stato constatato solo col giudizio del 7 dicembre 1994. Il tribunale giudicò dunque che al momento della vendita, lo stato era il proprietario dell’appartamento e che non c’era stato errore delle parti su questa qualità.
16. Con una sentenza del 6 febbraio 2004, il tribunale dipartimentale di Bucarest respinse come male fondato l’appello interposto dalle richiedenti. Giudicò che tutte le condizioni della legge nº 4/1973 erano state rispettate all’epoca della vendita e che a questo momento il bene in questione non era colpito da inalienabilità. Peraltro, respinse il mezzo derivato dalla malafede delle parti, giudicando che il titolo dello stato era stato invalidato unicamente nel 1994.
17. Con una sentenza del 18 aprile 2005, la corte di appello di Bucarest respinse come male fondato il ricorso formato dalle richiedenti.
5. Azione di rivendicazione dell’appartamento nº 1
18. Con un giudizio del 20 ottobre 2008, il tribunale di prima istanza di Bucarest accolse l’azione di rivendicazione delle richiedenti ed ordinò la restituzione del loro bene. Il tribunale fece anche diritto all’azione di garanzia per esclusione introdotta dai coniugi B. contro lo stato rumeno rappresentato dal ministero delle finanze che fu condannato a pagare loro 102 907 EUR, per l’appartamento che avevano acquistato in buona fede. Il tribunale si appellò per concedere questa somma a una perizia che datava giugno 2008, che aveva ordinato.
19. Il 7 maggio 2009, i coniugi B. ed il ministero delle finanze interposero appello contro il giudizio precitato. Come risulta dagli ultimi documenti versati alla pratica, il procedimento è sempre pendente dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. La sentenza che sarà pronunciata eventualmente in appello sarà suscettibile di ricorso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
20. Le disposizioni legali e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005) e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 17 gennaio 2008,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
21. Le richiedenti adducono un attentato al diritto al rispetto dei loro beni in ragione dell’impossibilità nella quale si trovano di godere dell’appartamento di cui sono state riconosciute proprietarie con un giudizio definitivo ed irrevocabile. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
22. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
23. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati precedentemente in cause simili. Evidenzia in modo particolare le circostanze eccezionali che circondano in Romania il meccanismo di restituzione dei beni statalizzati o di indennizzo dei vecchi proprietari, facendo riferimento alla giurisprudenza Broniowski c. Polonia ([GC], no 31443/96, CEDH 2004-V) e Jahn ed altri c. Germania ([GC], numeri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, CEDH 2005-VI).
24. Le richiedenti contestano il carattere reale ed effettivo del sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 10/2001, modificata dalla legge no 247/2005.
25. La Corte ha affermato già in numerose cause che il collocamento in fallimento del diritto di proprietà delle richiedenti sui loro beni venduti dallo stato a terzi che li occupavano in quanto inquilini, combinato con la mancanza di indennizzo all’altezza il valore del bene è incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin precitata, §§ 39, 43 e 59; Porteanu c. Romania, no 4596/03, § 35, 16 febbraio 2006).
26. La Corte nota che la presente causa è particolare, perché, per il momento, le richiedenti hanno ottenuto guadagno di causa con un giudizio di prima giurisdizione, resa il 20 ottobre 2008 dal tribunale di prima istanza di Bucarest che ha ordinato la restituzione del loro bene ed il collegamento della garanzia per esclusione dello stato nei confronti dei coniugi B.,
27. Tuttavia, questo giudizio che non è ancora definitivo ed essendo contestato a livello interno, tanto dai coniugi B. che dal ministero delle finanze, la Corte non vede ragioni di scostarsi dal suo approccio nelle cause precitate. La vendita da parte dello stato del bene delle richiedenti impedisce, oggi ancora, a queste di godere del loro diritto di proprietà riconosciuto dal giudizio definitivo del 7 dicembre 1994 del tribunale dipartimentale di Bucarest. La Corte considera che tale situazione equivale ad una privazione di proprietà de facto, in mancanza di un qualsiasi indennizzo.
28. La Corte ricorda che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto nel luglio 2005 dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
29. Questa conclusione non pregiudica a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come le richiedenti, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva.
30. Pertanto, c’è stata e continua ad esserci violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
31. Le richiedenti adducono che il rigetto della loro azione di annullamento del contratto di vendita dell’appartamento no 1, così come il difetto dei tribunali di motivare le loro decisioni, hanno ignorato il loro diritto ad un processo equo come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
32. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli.
33. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
35. Le richiedenti hanno richiesto, in un primo tempo, 71 771 euro (EUR) rappresentanti il valore commerciale dell’appartamento controverso, dei suoi annessi e del terreno ivi afferente ai quali si aggiungono 39 200 EUR per la mancanza a guadagnare, così come 20 000 EUR di danni morali e 8 505 di oneri e spese. Hanno mandato una perizia tecnica che datava aprile 2007, a sostegno della loro richiesta. Ulteriormente, le richiedenti hanno chiesto, a titolo del danno patrimoniale, la somma fissata dalla perizia giudiziale del giugno 2008, o 102 907 EUR (vedere sopra § 18).
36. Il Governo stima che il valore commerciale dello stesso bene controverso è di 49 623 EUR e fornisce il parere di un perito, del settembre 2007.
37. Nelle circostanze dello specifico (vedere sopra §§ 26-27), la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla tenendo anche conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto e le interessate (articolo 75 §§ 1 e 4 dell’ordinamento della Corte).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, ed inammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò:
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed le richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nel termine dei sei mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarla all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE EVOLCEANU c. ROUMANIE
(Requête no 37522/05)
ARRÊT
(fond)
STRASBOURG
9 février 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Evolceanu c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 19 janvier 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 37522/05) dirigée contre la Roumanie par deux ressortissantes de cet État, Mmes Eva E. et I. E. (« les requérantes »), qui ont saisi la Cour le 13 octobre 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 15 novembre 2006, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérantes sont nées respectivement en 1966 et 1963 et résident à Paris.
5. Les faits de la cause, tels qu’exposés par les requérantes, peuvent se résumer comme suit.
6. En 1950, en vertu du décret de nationalisation nº 92/1950, l’État roumain prit possession des appartements nos 1 et 2 d’un immeuble sis à Bucarest au no 16, rue Popa Soare, qui appartenaient au père des requérantes.
7. Par un contrat du 12 avril 1975, conclu en vertu de la loi no 4/1973 autorisant la vente des immeubles à destination d’habitation (« la loi no 4/1973), la société gérante des biens appartenant à l’État (« la ICVL »), vendit l’appartement no 1 aux époux B., locataires de l’immeuble en question.
1. Action en revendication
8. A une date non précisée, le père des requérantes saisit le tribunal de première instance de Bucarest d’une action en revendication des appartements susmentionnés, contre le conseil local de Bucarest et la société commerciale F. S.A. (« la société F. »), gérante des biens qui appartenaient à l’État.
9. Par un jugement du 7 décembre 1994, le tribunal fit droit à l’action et ordonna aux parties défenderesses de restituer au père des requérantes les deux appartements en litige. Le tribunal jugea qu’au moment de la nationalisation, l’intéressé faisait partie d’une catégorie sociale exemptée de cette mesure et que le décret no 92/1950 violait les dispositions de la Constitution en vigueur à l’époque.
10. Par un arrêt du 18 avril 1995, devenu définitif à défaut d’être attaqué par un pourvoi en recours, le tribunal départemental de Bucarest rejeta comme mal fondé l’appel relevé par le conseil local de Bucarest contre le jugement précité.
2. Mise à exécution du jugement du 7 décembre 1994
11. Par une décision du 21 août 1995, le maire de Bucarest ordonna la restitution des deux appartements en litige au père des requérantes.
12. Le 9 octobre 1995, les représentants de la société F. et le mandataire du père des requérantes signèrent un procès-verbal de mise en possession de l’appartement nº 2, dans lequel ils constatèrent que l’appartement no 1 avait été vendu, le 12 avril 1975, aux époux B. Le 15 août 1996, le père des requérantes décéda et ces dernières furent déclarées ses héritières.
3. Procédure entamée en vertu de la loi nº 10/2001
13. Le 6 juillet 2001, sur le fondement de la loi nº 10/2001 sur le régime juridique des biens nationalisés abusivement (« la loi no 10/2001 »), les requérantes saisirent la mairie de Bucarest d’une demande de restitution en nature de l’appartement nº 1 de l’immeuble susmentionné et du terrain afférent. Le 6 mars 2003, les requérantes demandèrent la suspension de la procédure administrative ainsi entamée, au motif qu’une action en annulation du contrat de vente du 12 avril 1975 était pendante devant les tribunaux.
4. Action en annulation du contrat de vente de l’appartement nº 1
14. Le 13 août 2002, les requérantes saisirent le tribunal de première instance de Bucarest d’une action en annulation du contrat de vente du 12 avril 1975, introduite contre la mairie de Bucarest, les époux B. et la société F. Elles demandèrent également la restitution de l’appartement et l’expulsion des époux B.
15. Par un jugement du 16 avril 2003, le tribunal rejeta comme mal fondée l’action des requérantes. Il jugea qu’au moment de la vente, la validité du titre de l’État n’était pas remise en question, dès lors que l’inapplicabilité du décret 92/1950 au père des requérantes n’avait été constatée que par le jugement du 7 décembre 1994. Le tribunal jugea donc qu’au moment de la vente, l’État était le propriétaire de l’appartement et qu’il n’y avait pas eu erreur des parties sur cette qualité.
16. Par un arrêt du 6 février 2004, le tribunal départemental de Bucarest rejeta comme mal fondé l’appel interjeté par les requérantes. Il jugea que toutes les conditions de la loi nº 4/1973 avaient été respectées lors de la vente et qu’à ce moment le bien en question n’était pas frappé d’inaliénabilité. Par ailleurs, il rejeta le moyen tiré de la mauvaise foi des parties, jugeant que le titre de l’État avait été invalidé uniquement en 1994.
17. Par un arrêt du 18 avril 2005, la cour d’appel de Bucarest rejeta comme mal fondé le pourvoi en recours formé par les requérantes.
5. Action en revendication de l’appartement nº 1
18. Par un jugement du 20 octobre 2008, le tribunal de première instance de Bucarest accueillit l’action en revendication des requérantes et ordonna la restitution de leur bien. Le tribunal fit droit également à l’action en garantie pour éviction introduite par les époux B. contre l’État roumain représenté par le ministère des finances, lequel fut condamné à leur payer 102 907 EUR, pour l’appartement qu’ils avaient acheté de bonne foi. Le tribunal s’appuya pour octroyer cette somme sur une expertise datant de juin 2008, qu’il avait ordonnée.
19. Le 7 mai 2009, les époux B. et le ministère des finances interjetèrent appel contre le jugement précité. Tel qu’il résulte des derniers documents versés au dossier, la procédure est toujours pendante devant les juridictions nationales. L’arrêt qui sera éventuellement prononcé en appel sera susceptible de pourvoi en recours.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
20. Les dispositions légales et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 17 janvier 2008).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE NO 1 À LA CONVENTION
21. Les requérantes allèguent une atteinte au droit au respect de leur biens en raison de l’impossibilité dans laquelle elles se trouvent de jouir de l’appartement dont elles ont été reconnues propriétaires par un jugement définitif et irrévocable. Elles invoquent l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
22. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
23. Le Gouvernement réitère ses arguments présentés précédemment dans des affaires similaires. Il met en avant tout particulièrement les circonstances exceptionnelles entourant en Roumanie le mécanisme de restitution des biens nationalisés ou d’indemnisation des anciens propriétaires, faisant référence à la jurisprudence Broniowski c. Pologne ([GC], no 31443/96, CEDH 2004-V) et Jahn et autres c. Allemagne ([GC], nos 46720/99, 72203/01 et 72552/01, CEDH 2005-VI).
24. Les requérantes contestent le caractère réel et effectif du système d’indemnisation mis en place par la loi no 10/2001, modifiée par la loi no 247/2005.
25. La Cour a déjà affirmé dans de nombreuses affaires que la mise en échec du droit de propriété des requérants sur leurs biens vendus par l’État aux tiers qui les occupaient en tant que locataires, combinée avec l’absence d’indemnisation à hauteur de la valeur du bien est incompatible avec le droit au respect de leurs biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1 (Străin précité, §§ 39, 43 et 59; Porteanu c. Roumanie, no 4596/03, § 35, 16 février 2006).
26. La Cour note que l’affaire présente est particulière, car, pour le moment, les requérantes ont obtenu gain de cause par un jugement de premier ressort, rendu le 20 octobre 2008 par le tribunal de première instance de Bucarest, qui a ordonné la restitution de leur bien et l’enclenchement de la garantie pour éviction de l’État vis-à-vis des époux B.
27. Toutefois, ce jugement n’étant pas encore définitif et étant contesté au niveau interne, tant par les époux B. que par le ministère des finances, la Cour n’aperçoit pas de raisons de s’écarter de son approche dans les affaires précitées. La vente par l’État du bien des requérantes empêche, aujourd’hui encore, celles-ci de jouir de leur droit de propriété reconnu par le jugement définitif du 7 décembre 1994 du tribunal départemental de Bucarest. La Cour considère qu’une telle situation équivaut à une privation de propriété de facto, en l’absence de toute indemnisation.
28. La Cour rappelle qu’à ce jour, le Gouvernement n’a pas démontré que le système d’indemnisation mis en place en juillet 2005 par la loi no 247/2005 permettrait aux bénéficiaires de cette loi de toucher, selon une procédure et un calendrier prévisibles, une indemnité en rapport avec la valeur vénale des biens dont ils ont été privés.
29. Cette conclusion ne préjuger pas de toute évolution positive que pourraient connaître, à l’avenir, les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme les requérantes, se sont vu reconnaître la qualité de propriétaires, par une décision judiciaire définitive.
30. Partant, il y a eu et il continue d’y avoir violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
31. Les requérantes allèguent que le rejet de leur action en annulation du contrat de vente de l’appartement no 1, ainsi que le défaut des tribunaux de motiver leurs décisions, ont méconnu leur droit à un procès équitable tel que garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, qui est ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
32. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par la Convention ou ses Protocoles.
33. Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
34. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
35. Les requérantes ont réclamé, dans un premier temps, 71 771 euros (EUR) représentant la valeur marchande de l’appartement litigieux, de ses annexes et du terrain afférent, auxquels s’ajoutent 39 200 EUR pour le manque à gagner, ainsi que 20 000 EUR de dommages moraux et 8 505 de frais et dépens. Elles ont envoyé une expertise technique datant d’avril 2007, à l’appui de leur demande. Ultérieurement, les requérantes ont demandé, à titre du préjudice matériel, la somme fixée par l’expertise judiciaire de juin 2008, soit 102 907 EUR (voir § 18 ci-dessus).
36. Le Gouvernement estime que la valeur marchande du même bien litigieux est de 49 623 EUR et fournit l’avis d’un expert, datant de septembre 2007.
37. Dans les circonstances de l’espèce (voir §§ 26-27 ci-dessus), la Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état, de sorte qu’il convient de la réserver en tenant également compte de l’éventualité d’un accord entre l’État défendeur et l’intéressée (article 75 §§ 1 et 4 du règlement de la Cour).
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1, et irrecevable quant au grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ; en conséquence :
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et les requérantes à lui adresser par écrit, dans le délai de six mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 9 février 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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