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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ERRICO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 8
Numero: 29768/05/2009
Stato: Italia
Data: 2009-02-24 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Non-violazioni dell’art. 8; violazione dell’art. 8; danno MORALE – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA ERRICO C. ITALIA
( Richiesta no 29768/05)
SENTENZA
STRASBURGO
24 febbraio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Errico c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici, Nona Tsotsoria, giudice supplente,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 29768/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. E. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 6 agosto 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da S. F., avvocato a Telese Terme. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce che delle decisioni giudiziali ingiuste sono arrivate alla presa in carico di figlia, S., ed al suo allontanamento dalla sua famiglia. Denuncia anche la mancanza di equità e la durata dei procedimenti.
4. Il 27 ottobre 2006, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1950 e ha risieduto a Benevento.
6. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
7. Il richiedente e M.P.G, sposati in seconde nozze, abitavano con le loro tre figlie, A., I. e S., così come con G., figlio del primo matrimonio di M.P.G. All’epoca dei fatti, S. aveva sette anni e G. ventotto anni.
8. Il 25 maggio 2002, G. denunciò il suo patrigno, per abusi sessuali commessi sulla sua sorellastra S. Dei perseguimenti furono aperti contro il richiedente.
9. Risulta dalla pratica che S., ascoltato da un poliziotto il 13 giugno 2002, riferì che suo padre gli aveva indirizzato delle frasi oscene, a contenuto sessuale, “in presenza di un altro signore”.
10. Con due decisioni notificate al richiedente ed alla sua sposa il 25 luglio 2002, il tribunale dei minori di Napoli, in virtù delle investigazioni in corso per abusi sessuali, decise di sospendere la loro autorità parentale, di vietare gli incontri con la loro figlia, di nominare M.P. tutore provvisorio del minore e di porre S. in una casa di accoglienza (casa famiglia). Secondo il tribunale, l’allontanamento di S. rivestiva un carattere d’emergenza, sembrando suo padre implicato direttamente nei fatti e sua madre sembrando incapace di offrire la protezione necessaria al suo bambino.
11. Il 1 agosto 2002, i genitori di S. fecero opposizione a queste decisioni dinnanzi alla corte di appello di Napoli. Nella loro istanza, sostenevano che la vera ragione dell’azione di G. era da ricercare nel suo attaccamento “morboso” alla sua sorellastra e nel suo sentimento di profonda gelosia nei confronti del suo patrigno. Riferivano che, negli ultimi mesi in particolare, il comportamento di G. era stato violento al punto che, temendo un gesto pericoloso per la loro famiglia, il richiedente e sua moglie avevano dovuto fare appello alle forze di polizia per convincerlo a lasciare la casa. In più, per evitare ogni contatto, avevano loro stessi lasciato il loro domicilio per una quindicina di giorni. Gli sposi denunciavano il modo in cui aveva proceduto secondo loro il tribunale dei minori di Napoli, responsabile, di avere preso una decisione molto importante e grave senza averli ascoltati prima di tutto. Pure proclamando la sua innocenza, il richiedente si dichiarava però disposto a non tornare al domicilio familiare per la durata dei perseguimenti aperti a suo carico, purché sua figlia potesse essere affidata a sua madre e ritornare a casa. A titolo accessorio, il richiedente e sua moglie chiedevano che S. venisse affidata a suo zio e zia materni.
12. All’udienza del 6 novembre 2002, la madre di S. e la Sig.ra Z., la direttrice della casa di accoglienza, furono sentite dinnanzi alla corte di appello. Lo stesso giorno, la corte decise che la madre poteva rendere visita a S. alla casa di accoglienza, mentre fu vietato al suo fratellastro, G., di vederla.
13. In seguito, all’udienza del 5 dicembre 2002, la corte di appello mise fine alla tutela di S., affidò questa all’autorità parentale di sua madre e l’autorizzò a rientrare nella sua famiglia. Confermò l’interdizione agli incontri con S. tanto per suo padre che per G. . La casa fu rinviata all’udienza del 27 marzo 2003.
14. Il 18 febbraio 2003, la procura presso il tribunale di Benevento incaricò un perito di vegliare sullo stato psicologico di S. e di analizzare il suo stato emotivo dopo il suo ritorno al domicilio familiare. I tre incontri tra S. ed il perito ebbero luogo tra il 14 ed il 26 marzo 2003 in una sala della casa di accoglienza, in presenza della madre.
15. Il 19 febbraio 2003, la madre, preoccupata del cambiamento di umore mostrato da S. dopo il suo ritorno al domicilio familiare, aveva chiesto ad un perito di sua scelta di procedere ad un esame psicologico della bambina.
In una data non precisata, i perseguimenti penali furono allargati contro G., la Sig.ra Z. e M.P.
16. Il rapporto reso l’8 maggio 2003 dal perito incaricato dal tribunale indicava che le risposte date da S., il suo comportamento durante gli incontri ed i disegni che aveva prodotto erano da interpretare a favore della verosimiglianza di abusi sessuali commessi da suo padre. In più, l’atteggiamento aggressivo che aveva avuto la madre all’epoca degli incontri, così come le accuse di sottrazione di minore portate contro la direttrice della casa di accoglienza, la Sig.ra Z., e contro il tutore provvisorio di S., M.P, davano da pensare che il minore fosse stato obbligato da sua madre a ritrattare in quanto alle sue precedenti dichiarazioni. Infine, prendendo in considerazione l’attaccamento “morboso” di G. verso S., il perito consigliava di mantenere l’interdizione degli incontri tra loro.
17. Il 2 aprile 2003, lo stesso perito aveva incontrato la Sig.ra Z., la direttrice della casa di accoglienza. Nel suo rapporto, la descriveva come una persona matura e completamente competente.
18. Il 9 giugno 2003, conformemente alla richiesta della procura, il giudice delle investigazioni preliminari (“il GIP”) di Benevento decise di procedere a porte chiuse all’ascolto di S. durante un’udienza (incidente probatorio) fissata al 18 giugno 2003. In ragione del carattere delicato della causa e dell’età di S., fu deciso in particolare che l’incontro tra il perito ed il minore, accompagnato da sua madre, si svolgesse in una sala del tribunale appositamente pianificata a questo fine, dotata di un’attrezzatura di registrazione audiovisiva e di uno specchio senza foglia . Fu contemplato anche che il giudice, il ministero pubblico, il richiedente ed il suo avvocato potessero assistere nel locale vicino, essendo garantita la comunicazione tra le due sale da un telefono interno. Dopo un inizio disturbato dalla presenza della madre nella sala, il perito riuscì alla fine ad avere una conversazione intima con S. ed a porle le domande desiderate.
19. Il 10 novembre 2003, la procura del tribunale di Benevento chiese al GIP l’archiviazione della causa per tutti gli accusati.
20. Il 28 febbraio 2004, il richiedente fece istanza per ottenere l’accelerazione del procedimento dinnanzi al GIP.
21. Il 10 febbraio 2005, il GIP fece diritto all’istanza della procura e archiviò la causa.
22. Con una decisione del 16 marzo 2005 il cui testo è stato depositato alla cancelleria il 6 aprile 2005, la corte di appello di Napoli, prendendo in considerazione l’archiviazione dell’inchiesta preliminare, ristabilì l’autorità parentale del richiedente su sua figlia S.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
23. Ai termini dell’articolo 330 del codice civile:
“Il giudice può pronunciare il decadimento dell’autorità parentale quando il genitore infrange o trascura i suoi obblighi o abusa dei poteri derivanti, in modo seriamente pregiudizievole al bambino.
In questa ipotesi, in caso di motivi gravi, il giudice può ordinare l’allontanamento del bambino della sua residenza familiare. “
24. La legge no 149 del 28 marzo 2001 ha modificato certe disposizioni del libro I, titolo VIII, del codice civile e della legge no 184/1983.
L’articolo 333 del codice civile, come modificato dall’articolo 37 § 2 della legge no 149/2001, dispone ciò che segue:
“Quando il comportamento di uno o dei due genitori non è di natura tale da dare adito a decisione di decadenza prevista dall’articolo 330, pure essendo pregiudizievole al bambino, il giudice può, secondo le circostanze, adottare le misure che si impongono e può ordinare anche l’allontanamento del bambino dalla residenza familiare o l’allontanamento del genitore o concubino che maltratta o abusa del bambino.
Queste misure possono essere revocate in ogni momento. “
25. L’articolo 336 del codice civile, come modificato dall’articolo 37 § 3 della stessa legge, contempla:
“Le misure indicate negli articoli che precedono sono adottate in seguito ad un ricorso dell’altro genitore, di membri della famiglia o del ministero pubblico e, quando si tratta di revocare delle decisioni anteriori, anche del genitore riguardato. Il tribunale decide in camera del consiglio, dopo avere raccolto delle informazione e d ascoltato la procura. Se la misura viene richiesta contro uno dei genitori, questo deve essere ascoltato. In caso di emergenza, il tribunale può adottare, anche d’ufficio, delle misure interinali nell’interesse del minore.
Per le decisioni menzionate ai paragrafi precedenti, i genitori ed il minore sono assistiti da un avvocato, rimunerato dallo stato nei casi previsti dalla legge. “
26. Le decisioni dei tribunali dei minori ai termini degli articoli 330 e 333 del codice civile dipendono da un procedimento gratuito (“volontaria giurisdizione”). Non hanno un carattere definitivo e possono essere revocate quindi ogni momento. Inoltre, le decisioni in questione non sono suscettibili di appello ma possono essere oggetto di istanze di una delle parti in causa dinnanzi alla corte di appello affinché riesamini la situazione (“reclamo”).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
27. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta che la misura di allontanamento di S. l’abbia separato da sua figlia. Adduce che le ingerenze delle autorità hanno avuto per effetto di nuocere alla relazione tra i genitori e la loro figlia, mettendo in pericolo il loro legame familiare. Denuncia in particolare il fatto che le autorità competenti hanno deciso di allontanare S. senza le garanzie previste dall’articolo 8 e particolarmente senza avere ascoltato a priori i suoi genitori. Sostiene inoltre che la decisione di separarlo da sua figlia è stata presa in mancanza di carattere di eccezionalità e di emergenza richiesti da tale atto.
28. Invocando l’articolo 6 della Convenzione combinato con l’articolo 8, il richiedente si lamenta della durata eccessiva delle investigazioni preliminari sollecitate al suo carico che secondo lui ha prolungato la sua separazione da sua figlia per un periodo superiore a due anni ed otto mesi, in particolare dal 25 luglio 2002 al 6 aprile 2005, data del deposito alla cancelleria della decisione del 16 marzo 2005. Parimenti, denuncia la durata eccessiva del procedimento di allontanamento, che giudica anche iniquo in ragione della sua lentezza e della mancanza di dibattito contraddittorio tra le parti. Infine, denuncia la violazione dell’articolo 13 della Convenzione per il fatto che ha dovuto aspettare la decisione della corte di appello del 16 marzo 2005 per rivedere sua figlia, non essendo disponibile alcun ricorso in dritto italiano per accelerare il procedimento pendente dinnanzi alla corte di appello.
29. Il Governo combatte le tesi del richiedente.
30. Padrona della qualifica giuridica dei fatti della causa, la Corte stima appropriato esaminare i motivi di appello sollevati dal richiedente unicamente sotto l’angolo dell’articolo 8 che esige che il processo decisionale che deve arrivare a delle misure di ingerenza sia equo e rispetti come si deve gli interessi protetti da questa disposizione (Havelka ed altri c. Repubblica ceca, no 23499/06, §§ 34-35, 21 giugno 2007, Kutzner c,. Germania, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I, e Wallová e Walla c. Repubblica ceca, no 23848/04, § 47, 26 ottobre 2006).
L’articolo 8 della Convenzione dispone nelle sue parti pertinenti allo specifico:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita familiare.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
A. Sull’ammissibilità
31. Nella misura in cui il richiedente si lamenta della durata eccessiva dell’inchiesta preliminare, il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne,avendo il richiedente secondo lui omesso di introdurre un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente ai sensi della “legge Pinto.” Il Governo afferma che il procedimento Pinto copre anche le ulteriori violazioni che sono la conseguenza della durata del procedimento (Mascolo c. Italia, no 68792/01, 16 dicembre 2004).
32. Il richiedente combatte la tesi del Governo e si lamenta di essere stato separato da sua figlia per due anni ed otto mesi a causa della durata eccessiva delle investigazioni preliminari sollecitate al suo carico.
33. La Corte stima, alla luce dell’insieme degli argomenti delle parti, che l’eccezione del Governo è legata strettamente al fondo della richiesta e decida di unirla al merito.
34. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
35. Il richiedente sostiene di non essere stato implicato nel processo decisionale. Afferma di avere dovuto aspettare la decisione della corte di appello del 16 marzo 2005 per rivedere sua figlia, non essendo disponibile alcun ricorso in dritto italiano per accelerare il procedimento pendente dinnanzi alla corte di appello. Si lamenta anche della durata eccessiva delle investigazioni preliminari.
36. Il Governo obietta che l’ingerenza nel diritto del richiedente era prevista dalla legge. Secondo lui, il tribunale dei minori ha rispettato scrupolosamente le disposizioni legali in vigore adottando delle misure interinali urgenti per la protezione del minore, misure la cui necessità non potrebbe essere messa in dubbio. La presa in carico della bambina riguarderebbe il secondo paragrafo dell’articolo 8 e sarebbe conforme ai principi enunciati in materia dalla giurisprudenza della Corte.
37. Il Governo ricorda poi che le giurisdizioni italiane si sono investite della causa controversa in un contesto in cui dei gravi sospetti di abusi sessuali pesavano sul padre di S. in seguito alla denuncia del fratellastro di questa.
38. Il Governo fa notare anche che il tribunale dei minori ha stimato che S. aveva bisogno di un periodo di allontanamento da sua madre e dal resto della sua famiglia durante il quale doveva essere posta in una famiglia di accoglienza. Stima che questa misura fosse indispensabile per proteggerla contro un’eventuale ripetizione dei pretesi abusi e contro il rischio di eventuali pressioni durante il periodo dell’istruzione del procedimento penale. Il Governo ricorda che gli incontri hanno avuto luogo peraltro, in ambiente protetto, con la madre, e che il minore è stato affidato a sua madre dopo alcuni mesi di allontanamento.
39. Ricorda inoltre che la giurisprudenza della Corte riconosce che l’esistenza di sospetti di abusi sessuali commessi nella cornice familiare costituisce un motivo legittimo di allontanamento di un minore ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 8 (Scozzari e Giunta c. Italia [GC], numeri 39221/98 e 41963/98, § 143, CEDH 2000-VIII, Covezzi e Morselli c. Italia, no 52763/99, § 80, 9 maggio 2003, e Rodò e Bonfatti c. Italia, no 10427/02, § 103, 112-114, 21 novembre 2006).
40. Il Governo rileva che le autorità italiane hanno preso le misure necessarie per riunire progressivamente tutti i membri della famiglia e che risulta dalla pratica che la famiglia sia ad oggi riunita.
41. Trattandosi dell’equità del procedimento, il Governo, che si appella alla giurisprudenza della Corte (Covezzi e Morselli, precitate), afferma che il fatto di non avere ascoltato il richiedente prima della presa in carico di S. non ignora l’articolo 8 della Convenzione: difatti, secondo lui, le autorità hanno stimato necessario, nell’interesse della protezione del minore, di allontanarla senza termine, senza preavviso e senza ascolto preliminare dei genitori, per non pregiudicare a priori il seguito delle investigazioni penali. Del resto, il Governo nota che il richiedente ha potuto attaccare in appello il decreto del tribunale dei minori entro cinque giorni, con l’assistenza di un avvocato di sua scelta, che è stato personalmente sentito e che ha potuto presentare i suoi argomenti, e che al termine di questo procedimento la corte di appello ha reintegrato il richiedente nella sua autorità parentale.
2. Valutazione della Corte
42. La Corte stima che c’è luogo di esaminare separatamente i motivi di appello derivati dall’articolo 8.
a) L’allontanamento d’emergenza e la presa in carico della bambina
43. La Corte ricorda che, per un genitore ed il suo bambino, essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare (Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 58, CEDH 2002-I) e che le misure interne che lo impediscono costituiscono un’ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione (K. e T. c. Finlandia [GC], no 25702/94, § 151, CEDH 2001-VII). Simile ingerenza ignora l’articolo 8 salvo se, “prevista dalla legge”, insegue uno o degli scopi legittimi allo sguardo del secondo paragrafo di questa disposizione ed è “necessaria, in una società democratica”, per raggiungerli. La nozione di “necessità” implica un’ingerenza fondata su un bisogno sociale imperioso e, in particolare, proporzionata allo scopo legittimo ricercato (Couillard Maugery c. Francia, no 64796/01, § 237, 1 luglio 2004).
44. Se l’articolo 8 tende essenzialmente a premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, mette per di più a carico dello stato degli obblighi positivi inerenti al “rispetto” effettivo della vita familiare. Così, là dove l’esistenza di un legame familiare si trova stabilita, lo stato deve in principio agire in modo da permettere a questo legame di svilupparsi e prendere le misure proprie a riunire il genitore ed il bambino riguardato (vedere, per esempio, Eriksson c. Svezia, 22 giugno 1989, § 71, serie A no 156; Margareta e Roger Andersson c. Svezia, 25 febbraio 1992, § 91, serie A no 226-a; Olsson c. Svezia (no 2), 27 novembre 1992, § 90, serie A no 250; Ignaccolo-Zenide c. Romania, no 31679/96, § 94, CEDH 2000-I, e Gnahoré c. Francia, no 40031/98, § 51, CEDH 2000-IX). La frontiera tra gli obblighi positivi e negativi dello stato a titolo dell’articolo 8 non si presta ad una definizione precisa; i principi applicabili sono tuttavia comparabili. In particolare, nei due casi, bisogna avere esattamente riguardo all’equilibrio da predisporre tra interessi concorrenti; parimenti, nelle due ipotesi, lo stato gode di un certo margine di valutazione (vedere, per esempio, W., B. e R. c. Regno Unito, 8 luglio 1987, serie A no 121, §§ 60 e 61, e Gnahoré, precitato, § 52,).
45. Nello specifico, non vi é dubbio -ed il Governo non nega -che l’allontanamento, la presa in carico di S. ed il suo cololcamento in un centro di accoglienza si analizza in una “ingerenza” nell’esercizio del diritto del richiedente al rispetto della sua vita familiare. La Corte osserva che la misura controversa, fondata sugli articoli 330, 333 e 336 del codice civile, era “prevista dalla legge” e che inseguiva un scopo legittimo ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 8, ossia la “protezione della salute o della morale” e “la protezione dei diritti e libertà altrui”, nella misura in cui mirava a salvaguardare il benessere di S.
46. La Corte ha dichiarato in numerose riprese che l’articolo 8 implica il diritto di un genitore alle misure proprie a riunirlo al suo bambino e l’obbligo per le autorità nazionali di prenderle (vedere, per esempio, Ignaccolo-Zenide, precitata, § 94, e Nuutinen c. Finlandia, no 32842/96, § 127, CEDH 2000-VIII). Questo obbligo non è tuttavia assoluto. La sua natura e la sua estensione dipendono dalle circostanze di ogni caso specifico, ma la comprensione e la cooperazione dell’insieme delle persone riguardate ne costituiscono sempre un fattore importante. Nell’ipotesi in cui dei contatti coi genitori rischiano di minacciare gli interessi superiori del bambino o di recare offesa ai suoi diritti, spetta alle autorità nazionali badare ad un giusto equilibrio tra questi (Ignaccolo-Zenide, ibidem).
47. Nello specifico, la Corte rileva che il punto decisivo consiste nel sapere se le autorità nazionali hanno preso tutte le misure che si potevano esigere ragionevolmente da queste. Per ciò che riguarda l’allontanamento di S. e la sua presa in carico, nota che il tribunale dei minori ha giustificato la sua decisione del 25 luglio 2002 riferendosi alle forti presunzioni secondo cui S. aveva subito degli abusi sessuali da parte di suo padre ed ai dubbi relativi alla capacità di protezione di sua madre. Il ricorso ad un procedimento d’emergenza per allontanare S. si inserisce perfettamente nei passi che le autorità nazionali sono in diritto di intraprendere in cause di sevizie sessuali che costituiscono insindacabilmente un tipo odioso di malefatte che rendono fragili le vittime. I bambini ed altre persone vulnerabili hanno diritto alla protezione dello stato, sotto forma di una prevenzione efficace che li metta anche al riparo da forme gravi di ingerenza negli aspetti essenziali della loro vita privata (vedere Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 64, Raccolta 1996-IV; mutatis mutandis, Z ed altri c. Regno Unito [GC], no 29392/95, § 73, CEDH 2001-V; A. c. Regno Unito, 23 settembre 1998, § 22 Raccolta 1998-VI, e Covezzi e Morselli, precitato, § 103).
48. In queste condizioni, la Corte è del parere che l’allontanamento e la presa in carico di S. possano passare per delle misure proporzionate e “necessarie in una società democratica” allo sguardo della protezione della salute e dei diritti del bambino. L’esistenza di sospetti di abusi sessuali che pesavano sul richiedente poteva ragionevolmente portare le autorità nazionali a considerare che il mantenimento di S. nel suo focolare rischiava di arrecarle danno (vedere, mutatis mutandis, Rodò e Bonfatti, precitata, §§ 113-114). Per di più, la Corte nota che, il 5 dicembre 2002, la corte di appello ha messo un termine alla tutela di S., ha affidato questa a sua madre e l’ha autorizzata a rientrare nella sua famiglia. Inoltre, il 16 marzo 2005, prendendo in considerazione l’archiviazione dell’inchiesta preliminare condotta contro il richiedente, la corte di appello di Napoli ha ristabilito l’autorità parentale del richiedente su sua figlia.
49. Pertanto, stima che non ci sia stata nessuna violazione dell’articolo 8 in quanto alla decisione di allontanamento di’emergenza e di presa in carico del bambino.
b) La mancanza di ascolto preliminare del richiedente
50. Il richiedente rimprovera alle autorità di avere ordinato l’allontanamento di sua figlia senza prima di tutto averlo ascoltato .
51. La Corte ricorda di avere già ammesso che quando una decisione di presa in carico d’emergenza si impone, non è sempre possibile, a causa del carattere di emergenza della situazione, di associare le persone investite della custodia del bambino al processo decisionale. Ciò può anche essere anche non auspicabile, sebbene possibile, nel caso in cui i titolari della custodia vengano percepiti come rappresentanti una minaccia immediata per il bambino: difatti, avvertirli potrebbe privare la misura della sua efficacia. La Corte deve convincersi tuttavia che nello specifico le autorità interne avessero motivo di considerare che ci fosse l’esistenza di circostanze che giustificassero la sottrazione immediata del bambino dalle cure del richiedente senza mettersi in contatto con lui o consultarlo prima di tutto (Scozzari e Giunta, precitata, § 107, K. e T., precitata, no 25702/94, § 166, e Venema c. Paesi Bassi, no 35731/97, § 93, CEDH 2002-X). La Corte riconosce che l’esistenza dei sospetti di abusi sessuali che pesavano sul richiedente poteva ragionevolmente portare le autorità competenti a pensare che il fatto di informarlo prima di tutto del collocamento in opera del procedimento di allontanamento avrebbe potuto arrecare ulteriore danno a S., essendo stata motivata la decisione di allontanamento dal rischio di eventuali pressioni del padre su S. durante il periodo dell’istruzione del procedimento penale.
52. In questo contesto, la Corte non potrebbe rimproverare alle autorità di avere agito in modo sproporzionato dal momento che hanno considerato di dovere proteggere S. da ogni pressione che avrebbe potuto essere esercitata nell’ambiente familiare.
53. Perciò, la Corte stima che la mancanza di ascolto preliminare del richiedente non ha portato violazione dell’articolo 8.
c) Il ritardo nella chiusura dell’inchiesta preliminare condotta contro il richiedente
54. Il richiedente si lamenta che la durata eccessiva dell’inchiesta preliminare abbia prolungato la sua separazione con sua figlia.
55. La Corte rileva da prima che il richiedente era sospettato di avere commesso degli abusi sessuali sulla persona di sua figlia. Anche, aspettando la conclusione dell’inchiesta preliminare, l’interesse del minore legittimava la sospensione del diritto parentale e del diritto di visita del richiedente e giustificava l’ingerenza nel diritto dell’interessato al rispetto della sua vita familiare. L’ingerenza era dunque, fino al risultato dell’inchiesta preliminare, “necessaria alla protezione dei diritti altrui”, nell’occorrenza quelli della bambina S.
56. Tuttavia, questo stesso interesse del bambino esigeva anche di permettere al legame familiare di svilupparsi di nuovo, appena le misure prese non fossero apparse più necessarie (Olsson c. Svezia (no 2), § 90, serie A no 250).
57. La Corte ricorda poi che può prendere anche in conto, sul terreno dell’articolo 8 della Convenzione, la durata del processo decisionale delle autorità interne così come ogni procedimento giudiziale connesso. Un ritardo nel procedimento rischia difatti, sempre in simile caso di decidere la controversia con un fatto compiuto. Ora un rispetto effettivo della vita familiare comanda che le relazioni future tra affine e bambino si regolino sull’unica base dell’insieme degli elementi pertinenti, e non col semplice scorrimento del tempo (W. c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1987, serie A no 121, §§ 64 e 65, Covezzi e Morselli, precitata, § 136).
58. Nello specifico, la Corte nota che il 10 novembre 2003 la procura del tribunale di Benevento ha chiesto al GIP l’archiviazione della querela per il richiedente. Tre mesi più tardi, il 28 febbraio 2004, il richiedente ha fatto istanza che mirava all’accelerazione del procedimento dinnanzi al GIP. La Corte constata che il GIP ha aspettato più di quindici mesi prima di pronunciarsi sull’istanza di archiviazione della procura. Durante questo tempo, il richiedente non ha potuto esercitare la minima influenza sulla conclusione del procedimento.
59. La Corte non è persuasa del fatto che tale termine fosse necessario per pronunciarsi sull’istanza della procura. Perciò, rileva un ritardo ingiustificato da parte delle autorità nazionali. Inoltre, durante questo periodo, il richiedente non ha disposto di nessuna via di ricorso contro la decisione del tribunale dei minori che l’aveva sospeso dalla sua autorità parentale e che gli aveva vietato di incontrare sua figlia. Ha dovuto aspettare la decisione di archiviazione della querela per chiedere di essere ristabilito nella sua autorità parentale a riguardo di sua figlia S.
60. La Corte non condivide il parere del Governo secondo cui il richiedente avrebbe dovuto introdurre un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente ai senso della legge Pinto. Ricorda che la posta del procedimento per il richiedente esigeva un trattamento urgente perché il passaggio del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il bambino ed i genitori che non vivono con lui. Difatti, la rottura di contatto con un bambino molto giovane può condurre ad un’alterazione crescente della sua relazione con il suo genitore.
61. La Corte osserva che, se la sospensione delle relazioni tra il richiedente e sua figlia era giustificate fintanto le investigazioni sul richiedente non erano finite, dei ritardi irragionevoli sono sopraggiunti nel procedimento penale che hanno avuto un impatto diretto sul diritto alla vita familiare dell’interessato. Del fatto delle carenze constatate nello svolgimento di questo procedimento, non si potrebbe considerare dunque che le autorità italiane abbiano preso tutte le misure necessarie che si poteva ragionevolmente esigere da loro per restaurare la vita familiare del richiedente con sua figlia, nel loro interesse reciproco.
62. Alla vista di ciò che precede, la Corte respinge l’eccezione preliminare del Governo e conclude alla violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
63. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
64. Il richiedente richiede 20 000 euro (EUR) per danno morale subito in ragione della sua separazione da sua figlia.
65. Il Governo stima che la semplice constatazione di una violazione costituirebbe di per sé una soddisfazione equa sufficiente. A titolo accessorio, si rimette si alla saggezza della Corte pure considerando che la somma richiesta è esorbitante.
66. La Corte stima che il dolore provato dal richiedente ha provocato un danno morale certo che la constatazione di violazione della Convenzione non basta a compensare (vedere, per esempio, Elsholz c. Germania [GC], no 25735/94, §§ 70-71, CEDH 2000-VIII, e P., C. e S. c. Regno Unito, no 56547/00, § 150, CEDH 2002-VI). Considera che c’è luogo di concedere al richiedente 10 000 EUR a titolo di danno morale.
B. Oneri e spese
67. Il richiedente chiede, giustificativi in appoggio, 4 921,19 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alla Corte.
68. Il Governo considera che la somma richiesta sia eccessiva.
69. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 3 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte da cui conviene dedurre gli importi versati dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, o 850 EUR. Accorda così al richiedente una somma di 2 150 EUR a titolo di oneri e spese.
C. Interessi moratori
70. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 8 in quanto all’allontanamento ed alla presa incaricata di S;
3. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione in quanto alla mancanza di ascolto del richiedente prima della presa della decisione di allontanamento;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione a ragione del ritardo nella chiusura dell’inchiesta preliminare condotta contro il richiedente;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 10 000 EUR (diecimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,
ii. 2 150 EUR (duemila cento cinquanta euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dal richiedente a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 febbraio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Non-violations de l’art. 8 ; Violation de l’art. 8 ; Préjudice moral – réparation
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE ERRICO c. ITALIE
(Requête no 29768/05)
ARRÊT
STRASBOURG
24 février 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Errico c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
Nona Tsotsoria, juge suppléante,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 3 février 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 29768/05) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. G. E. (« le requérant »), a saisi la Cour le 6 août 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant, qui a été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire, est représenté par Me S. F., avocat à Telese Terme. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam et Mme E. Spatafora, et par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le requérant allègue que des décisions judiciaires injustes ont abouti à la prise en charge de sa fille, S., et à son éloignement de sa famille. Il dénonce également le manque d’équité et la durée des procédures.
4. Le 27 octobre 2006, le président de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1950 et réside à Bénévent.
6. Les faits de la cause, tels qu’ils ont été exposés par les parties, peuvent se résumer comme suit.
7. Le requérant et M.P.G, mariés en secondes noces, habitaient avec leurs trois filles, A., I. et S., ainsi qu’avec G., fils du premier mariage de M.P.G. A l’époque des faits, S. était âgée de sept ans et G. de vingt-huit ans.
8. Le 25 mai 2002, G. dénonça son beau-père, pour abus sexuels commis sur sa demi-sœur S. Des poursuites furent ouvertes à l’encontre du requérant.
9. Il ressort du dossier que S., entendue par un policier le 13 juin 2002, relata que son père lui avait adressé des phrases obscènes, à contenu sexuel, « en présence d’un autre monsieur ».
10. Par deux décisions notifiées au requérant et à son épouse le 25 juillet 2002, le tribunal pour enfants de Naples, en vertu des investigations en cours pour abus sexuels, décida de suspendre leur autorité parentale, d’interdire les rencontres avec leur fille, de nommer M.P. tuteur provisoire de la mineure et de placer S. dans une maison d’accueil (casa famiglia). Selon le tribunal, l’éloignement de S. revêtait un caractère d’urgence, son père apparaissant comme directement impliqué dans les faits et sa mère semblant incapable d’offrir la protection nécessaire à son enfant.
11. Le 1er août 2002, les parents de S. firent opposition à ces décisions devant la cour d’appel de Naples. Dans leur demande, ils soutenaient que la vraie raison de l’action de G. était à rechercher dans son attachement « morbide » à sa demi-sœur et dans son sentiment de profonde jalousie vis-à-vis de son beau-père. Ils relataient que, dans les derniers mois en particulier, le comportement de G. avait été violent au point que, craignant un geste dangereux pour leur famille, le requérant et son épouse avaient dû faire appel aux forces de police pour le convaincre de quitter la maison. De plus, afin d’éviter tous contacts, ils avaient eux-mêmes quitté leur domicile pour une quinzaine de jours. Les époux dénonçaient la manière dont avait procédé le tribunal pour enfants de Naples, responsable, à leur avis, d’avoir pris une décision très importante et grave sans les avoir entendus au préalable. Tout en proclamant son innocence, le requérant se déclarait cependant disposé à ne pas retourner au domicile familial pendant la durée des poursuites ouvertes à son encontre, à condition que sa fille pût être confiée à sa mère et rentrer chez elle. A titre subsidiaire, le requérant et son épouse demandaient que S. fût confiée à ses oncle et tante maternels.
12. A l’audience du 6 novembre 2002, la mère de S. et Mme Z., la directrice de la maison d’accueil, furent entendues devant la cour d’appel. Le même jour, la cour décida que la mère pouvait rendre visite à S. à la maison d’accueil, tandis qu’il fut interdit à son demi-frère, G., de la voir.
13. Par la suite, à l’audience du 5 décembre 2002, la cour d’appel mit fin à la tutelle de S., confia celle-ci à l’autorité parentale de sa mère et l’autorisa à rentrer dans sa famille. Elle confirma l’interdiction de rencontres avec S. tant pour son père que pour G. L’affaire fut renvoyée à l’audience du 27 mars 2003.
14. Le 18 février 2003, le parquet près le tribunal de Bénévent chargea un expert de veiller sur l’état psychologique de S. et d’analyser son état émotif après son retour au domicile familial. Les trois rencontres entre S. et l’expert eurent lieu entre le 14 et le 26 mars 2003 dans une salle de la maison d’accueil, en présence de la mère.
15. Le 19 février 2003, la mère, inquiète du changement d’humeur montré par S. après son retour au domicile familial, avait demandé à un expert de son choix de procéder à un examen psychologique de l’enfant.
A une date non précisée, les poursuites pénales furent élargies à l’encontre de G., Mme Z. et M.P.
16. Le rapport rendu le 8 mai 2003 par l’expert mandaté par le tribunal indiquait que les réponses données par S., son comportement pendant les rencontres et les dessins qu’elle avait produits étaient à interpréter en faveur de la vraisemblance d’abus sexuels commis par son père. De plus, l’attitude agressive qu’avait eue la mère lors des rencontres, ainsi que les accusations de détournement de mineure portées contre la directrice de la maison d’accueil, Mme Z., et contre le tuteur provisoire de S., M.P., donnaient à penser que la mineure avait été obligée par sa mère de se rétracter quant à ses précédentes déclarations. Enfin, prenant en considération l’attachement « morbide » de G. envers S., l’expert conseillait de maintenir l’interdiction de rencontres entre eux.
17. Le 2 avril 2003, le même expert avait rencontré Mme Z., la directrice de la maison d’accueil. Dans son rapport, il la décrivait comme une personne mûre et tout à fait compétente.
18. Le 9 juin 2003, conformément à la demande du parquet, le juge des investigations préliminaires (« le GIP ») de Bénévent décida de procéder à l’audition de S. au cours d’une audience à huis clos (incidente probatorio) fixée au 18 juin 2003. En raison du caractère délicat de l’affaire et de l’âge de S., il fut notamment décidé que la rencontre entre l’expert et la mineure, accompagnée par sa mère, se déroulerait dans une salle du tribunal spécialement aménagée à cet effet, dotée d’un équipement d’enregistrement audiovisuel et d’une glace sans tain. Il fut également prévu que le juge, le ministère public, le requérant et son avocat pourraient y assister dans la pièce voisine, la communication entre les deux salles étant assurée par un téléphone interne. Après un début perturbé par la présence de la mère dans la salle, l’expert parvint finalement à avoir une conversation intime avec S. et à lui poser les questions souhaitées.
19. Le 10 novembre 2003, le parquet du tribunal de Bénévent demanda au GIP le classement de l’affaire pour tous les inculpés.
20. Le 28 février 2004, le requérant présenta une demande tendant à l’accélération de la procédure devant le GIP.
21. Le 10 février 2005, le GIP fit droit à la demande du parquet et classa l’affaire.
22. Par une décision du 16 mars 2005, dont le texte a été déposé au greffe le 6 avril 2005, la cour d’appel de Naples, prenant en considération le classement de l’enquête préliminaire, rétablit l’autorité parentale du requérant sur sa fille S.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
23. Aux termes de l’article 330 du code civil :
« Le juge peut prononcer la déchéance de l’autorité parentale lorsque le parent enfreint ou néglige ses obligations ou abuse des pouvoirs en découlant, d’une manière sérieusement préjudiciable à l’enfant.
Dans cette hypothèse, en cas de motifs graves, le juge peut ordonner l’éloignement de l’enfant de sa résidence familiale. »
24. La loi no 149 du 28 mars 2001 a modifié certaines dispositions du livre I, titre VIII, du code civil et de la loi no 184/1983.
L’article 333 du code civil, tel que modifié par l’article 37 § 2 de la loi no 149/2001, dispose ce qui suit :
« Lorsque le comportement d’un ou des deux parents n’est pas de nature à donner lieu à la décision de déchéance prévue par l’article 330, tout en étant préjudiciable à l’enfant, le juge peut, selon les circonstances, adopter les mesures qui s’imposent et peut même ordonner l’éloignement de l’enfant de la résidence familiale ou l’éloignement du parent ou concubin qui maltraite ou abuse l’enfant.
Ces mesures peuvent être révoquées à tout moment. »
25. L’article 336 du code civil, tel que modifié par l’article 37 § 3 de la même loi, prévoit :
« Les mesures indiquées dans les articles qui précèdent sont adoptées à la suite d’un recours de l’autre parent, de membres de la famille ou du ministère public et, lorsqu’il s’agit de révoquer des décisions antérieures, aussi du parent concerné. Le tribunal décide en chambre du conseil, après avoir recueilli des informations et entendu le parquet. Si la mesure est demandée contre un des parents, celui-ci doit être entendu. En cas d’urgence, le tribunal peut adopter, même d’office, des mesures intérimaires dans l’intérêt du mineur.
Pour les décisions mentionnées aux paragraphes précédents, les parents et le mineur sont assistés par un avocat, rémunéré par l’Etat dans les cas prévus par la loi. »
26. Les décisions des tribunaux pour enfants aux termes des articles 330 et 333 du code civil relèvent d’une procédure gracieuse (« volontaria giurisdizione »). Elles n’ont pas un caractère définitif et peuvent dès lors être révoquées à tout moment. En outre, les décisions en question ne sont pas susceptibles d’appel mais peuvent faire l’objet de demandes de l’une des parties en cause devant la cour d’appel pour qu’elle réexamine la situation (« reclamo »).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
27. Invoquant l’article 8 de la Convention, le requérant se plaint que la mesure de placement de S. l’ait séparé de sa fille. Il allègue que les ingérences des autorités ont eu pour effet de nuire à la relation entre les parents et leur fille, mettant en péril leur lien familial. Il dénonce en particulier le fait que les autorités compétentes ont décidé de placer S. sans les garanties prévues par l’article 8 et notamment sans avoir préalablement entendu ses parents. Il soutient en outre que la décision de le séparer de sa fille a été prise en l’absence du caractère d’exceptionnalité et d’urgence exigé par un tel acte.
28. Invoquant l’article 6 de la Convention combiné avec l’article 8, le requérant se plaint de la durée excessive des investigations préliminaires diligentées à son encontre, lesquelles ont selon lui prolongé sa séparation d’avec sa fille pour une période supérieure à deux ans et huit mois (notamment du 25 juillet 2002 au 6 avril 2005, date du dépôt au greffe de la décision du 16 mars 2005). De même, il dénonce la durée excessive de la procédure de placement, qu’il juge également inéquitable en raison de sa lenteur et de l’absence de débat contradictoire entre les parties. Enfin, il dénonce la violation de l’article 13 de la Convention en ce qu’il a dû attendre la décision de la cour d’appel du 16 mars 2005 pour revoir sa fille, aucun recours en droit italien n’étant disponible pour accélérer la procédure pendante devant la cour d’appel.
29. Le Gouvernement combat les thèses du requérant.
30. Maîtresse de la qualification juridique des faits de la cause, la Cour estime approprié d’examiner les griefs soulevés par le requérant uniquement sous l’angle de l’article 8, lequel exige que le processus décisionnel débouchant sur des mesures d’ingérence soit équitable et respecte comme il se doit les intérêts protégés par cette disposition (Havelka et autres c. République tchèque, no 23499/06, §§ 34-35, 21 juin 2007, Kutzner c. Allemagne, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I, et Wallová et Walla c. République tchèque, no 23848/04, § 47, 26 octobre 2006).
L’article 8 de la Convention dispose dans ses parties pertinentes en l’espèce :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie (…) familiale (…).
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire (…) à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
A. Sur la recevabilité
31. Dans la mesure où le requérant se plaint de la durée excessive de l’enquête préliminaire, le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes, le requérant ayant selon lui omis d’introduire un recours devant la cour d’appel compétente au sens de la « loi Pinto ». Le Gouvernement affirme que la procédure Pinto couvre également les violations ultérieures qui sont la conséquence de la durée de la procédure (Mascolo c. Italie, no 68792/01, 16 décembre 2004).
32. Le requérant combat la thèse du Gouvernement et se plaint d’avoir été séparé de sa fille pendant deux ans et huit mois à cause de la durée excessive des investigations préliminaires diligentées à son encontre.
33. La Cour estime, à la lumière de l’ensemble des arguments des parties, que l’exception du Gouvernement est étroitement liée au fond de la requête et décide de la joindre au fond.
34. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
35. Le requérant soutient ne pas avoir été impliqué dans le processus décisionnel. Il affirme avoir dû attendre la décision de la cour d’appel du 16 mars 2005 pour revoir sa fille, aucun recours en droit italien n’étant disponible pour accélérer la procédure pendante devant la cour d’appel. Il se plaint également de la durée excessive des investigations préliminaires.
36. Le Gouvernement objecte que l’ingérence dans le droit du requérant était prévue par la loi. Selon lui, le tribunal pour enfants a scrupuleusement respecté les dispositions légales en vigueur en adoptant des mesures intérimaires urgentes pour la protection de la mineure, mesures dont la nécessité ne saurait être mise en doute. La prise en charge de l’enfant concernerait le deuxième paragraphe de l’article 8 et serait conforme aux principes énoncés par la jurisprudence de la Cour en la matière.
37. Le Gouvernement rappelle ensuite que les juridictions italiennes se sont saisies de l’affaire litigieuse dans un contexte où de graves soupçons d’abus sexuels pesaient sur le père de S. à la suite de la dénonciation du demi-frère de celle-ci.
38. Le Gouvernement fait également remarquer que le tribunal pour enfants a estimé que S. avait besoin d’une période d’éloignement de sa mère et du reste de sa famille, pendant laquelle elle devait être placée dans une famille d’accueil. Il estime que cette mesure était indispensable pour la protéger contre une éventuelle répétition des prétendus abus et contre le risque d’éventuelles pressions pendant la période de l’instruction de la procédure pénale. Le Gouvernement rappelle que des rencontres ont par ailleurs eu lieu, en milieu protégé, avec la mère, et que la mineure a été confiée à sa mère après quelques mois d’éloignement.
39. Il rappelle en outre que la jurisprudence de la Cour reconnaît que l’existence de soupçons d’abus sexuels commis dans le cadre familial constitue un motif légitime d’éloignement d’un mineur au sens du paragraphe 2 de l’article 8 (Scozzari et Giunta c. Italie [GC], nos 39221/98 et 41963/98, § 143, CEDH 2000-VIII, Covezzi et Morselli c. Italie, no 52763/99, § 80, 9 mai 2003, et Roda et Bonfatti c. Italie, no 10427/02, § 103, 112-114, 21 novembre 2006).
40. Le Gouvernement relève que les autorités italiennes ont pris les mesures nécessaires pour réunir progressivement tous les membres de la famille et qu’il ressort du dossier que la famille est à ce jour réunie.
41. S’agissant de l’équité de la procédure, le Gouvernement, s’appuyant sur la jurisprudence de la Cour (Covezzi et Morselli, précité), affirme que le fait de ne pas avoir entendu le requérant avant la prise en charge de S. ne méconnaît pas l’article 8 de la Convention : en effet, selon lui, les autorités ont estimé nécessaire, dans l’intérêt de la protection de la mineure, de l’éloigner sans délai, sans préavis et sans audition préalable des parents, afin de ne pas préjuger de la suite des investigations pénales. Au demeurant, le Gouvernement note que le requérant a pu attaquer en appel le décret du tribunal pour enfants dans un délai de cinq jours, avec l’assistance d’un avocat de son choix, qu’il a été entendu personnellement et qu’il a pu présenter ses arguments, et qu’à l’issue de cette procédure la cour d’appel a réintégré le requérant dans son autorité parentale.
2. Appréciation de la Cour
42. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner séparément les griefs tirés de l’article 8.
a) L’éloignement d’urgence et la prise en charge de l’enfant
43. La Cour rappelle que, pour un parent et son enfant, être ensemble représente un élément fondamental de la vie familiale (Kutzner c. Allemagne, no 46544/99, § 58, CEDH 2002-I) et que des mesures internes qui les en empêchent constituent une ingérence dans le droit protégé par l’article 8 de la Convention (K. et T. c. Finlande [GC], no 25702/94, § 151, CEDH 2001-VII). Pareille ingérence méconnaît l’article 8 sauf si, « prévue par la loi », elle poursuit un ou des buts légitimes au regard du second paragraphe de cette disposition et est « nécessaire, dans une société démocratique », pour les atteindre. La notion de « nécessité » implique une ingérence fondée sur un besoin social impérieux et, notamment, proportionnée au but légitime recherché (Couillard Maugery c. France, no 64796/01, § 237, 1er juillet 2004).
44. Si l’article 8 tend pour l’essentiel à prémunir l’individu contre des ingérences arbitraires des pouvoirs publics, il met de surcroît à la charge de l’Etat des obligations positives inhérentes au « respect » effectif de la vie familiale. Ainsi, là où l’existence d’un lien familial se trouve établie, l’Etat doit en principe agir de manière à permettre à ce lien de se développer et prendre les mesures propres à réunir le parent et l’enfant concernés (voir, par exemple, Eriksson c. Suède, 22 juin 1989, § 71, série A no 156 ; Margareta et Roger Andersson c. Suède, 25 février 1992, § 91, série A no 226-A ; Olsson c. Suède (no 2), 27 novembre 1992, § 90, série A no 250 ; Ignaccolo-Zenide c. Roumanie, no 31679/96, § 94, CEDH 2000-I, et Gnahoré c. France, no 40031/98, § 51, CEDH 2000-IX). La frontière entre les obligations positives et négatives de l’Etat au titre de l’article 8 ne se prête pas à une définition précise ; les principes applicables sont néanmoins comparables. En particulier, dans les deux cas, il faut avoir égard au juste équilibre à ménager entre les intérêts concurrents ; de même, dans les deux hypothèses, l’Etat jouit d’une certaine marge d’appréciation (voir, par exemple, W., B. et R. c. Royaume-Uni, 8 juillet 1987, série A no 121, §§ 60 et 61, et Gnahoré, précité, § 52,).
45. En l’espèce, il n’est pas douteux – et le Gouvernement n’en disconvient pas – que l’éloignement, la prise en charge de S. et son placement dans un centre d’accueil s’analysent en une « ingérence » dans l’exercice du droit du requérant au respect de sa vie familiale. La Cour observe que la mesure litigieuse, fondée sur les articles 330, 333 et 336 du code civil, était « prévue par la loi » et qu’elle poursuivait un but légitime au sens du paragraphe 2 de l’article 8, à savoir la « protection de la santé ou de la morale » et « la protection des droits et libertés d’autrui », dans la mesure où elle visait à sauvegarder le bien-être de S.
46. La Cour a déclaré à de nombreuses reprises que l’article 8 implique le droit d’un parent à des mesures propres à le réunir à son enfant et l’obligation pour les autorités nationales de les prendre (voir, par exemple, Ignaccolo-Zenide, précité, § 94, et Nuutinen c. Finlande, no 32842/96, § 127, CEDH 2000-VIII). Cette obligation n’est toutefois pas absolue. Sa nature et son étendue dépendent des circonstances de chaque espèce, mais la compréhension et la coopération de l’ensemble des personnes concernées en constituent toujours un facteur important. Dans l’hypothèse où des contacts avec les parents risquent de menacer les intérêts supérieurs de l’enfant ou de porter atteinte à ses droits, il revient aux autorités nationales de veiller à un juste équilibre entre eux (Ignaccolo-Zenide, ibidem).
47. En l’espèce, la Cour relève que le point décisif consiste à savoir si les autorités nationales ont pris toutes les mesures que l’on pouvait raisonnablement exiger d’elles. En ce qui concerne l’éloignement de S. et sa prise en charge, elle note que le tribunal pour enfants a justifié sa décision du 25 juillet 2002 en se référant aux fortes présomptions selon lesquelles S. avait subi des abus sexuels de la part de son père et aux doutes relatifs à la capacité de protection de sa mère. Le recours à une procédure d’urgence pour éloigner S. s’inscrit parfaitement dans les démarches que les autorités nationales sont en droit d’entreprendre dans les affaires de sévices sexuels, lesquels constituent incontestablement un type odieux de méfaits qui fragilisent les victimes. Les enfants et autres personnes vulnérables ont droit à la protection de l’Etat, sous la forme d’une prévention efficace les mettant à l’abri de formes aussi graves d’ingérence dans des aspects essentiels de leur vie privée (voir Stubbings et autres c. Royaume-Uni, 22 octobre 1996, § 64, Recueil 1996-IV ; mutatis mutandis, Z et autres c. Royaume-Uni [GC], no 29392/95, § 73, CEDH 2001-V ; A. c. Royaume-Uni, 23 septembre 1998, § 22 Recueil 1998-VI, et Covezzi et Morselli, précité, § 103).
48. Dans ces conditions, la Cour est d’avis que l’éloignement et la prise en charge de S. peuvent passer pour des mesures proportionnées et « nécessaires dans une société démocratique » au regard de la protection de la santé et des droits de l’enfant. L’existence des soupçons d’abus sexuels pesant sur le requérant pouvait raisonnablement amener les autorités nationales à considérer que le maintien de S. dans son foyer risquait de lui porter préjudice (voir, mutatis mutandis, Roda et Bonfatti, précité, §§ 113-114). De surcroît, la Cour note que, le 5 décembre 2002, la cour d’appel a mis un terme à la tutelle de S., a confié celle-ci à sa mère et l’a autorisée à rentrer dans sa famille. En outre, le 16 mars 2005, prenant en considération le classement de l’enquête préliminaire menée à l’encontre du requérant, la cour d’appel de Naples a rétabli l’autorité parentale du requérant sur sa fille.
49. Partant, elle estime qu’il n’y a eu aucune violation de l’article 8 quant à la décision d’éloignement d’urgence et de prise en charge de l’enfant.
b) L’absence d’audition préalable du requérant
50. Le requérant reproche aux autorités d’avoir ordonné l’éloignement de sa fille sans l’avoir entendu au préalable.
51. La Cour rappelle avoir déjà admis que lorsqu’une décision de prise en charge d’urgence s’impose, il n’est pas toujours possible, à cause du caractère d’urgence de la situation, d’associer les personnes investies de la garde de l’enfant au processus décisionnel. Cela peut même n’être pas souhaitable, quoique possible, si les titulaires de la garde sont perçus comme représentant une menace immédiate pour l’enfant : en effet, les avertir pourrait priver la mesure de son efficacité. La Cour doit toutefois se convaincre qu’en l’espèce les autorités internes étaient fondées à considérer qu’il existait des circonstances justifiant de soustraire immédiatement l’enfant aux soins du requérant sans prendre contact avec lui ou le consulter au préalable (Scozzari et Giunta, précité, § 107, K. et T., précité, no 25702/94, § 166, et Venema c. Pays-Bas, no 35731/97, § 93, CEDH 2002-X). La Cour reconnaît que l’existence des soupçons d’abus sexuels pesant sur le requérant pouvait raisonnablement amener les autorités compétentes à penser que le fait de l’informer au préalable de la mise en œuvre de la procédure d’éloignement aurait pu porter préjudice à S. De surcroît, la décision d’éloignement a été motivée par le risque d’éventuelles pressions du père sur S. pendant la période de l’instruction de la procédure pénale.
52. Dans ce contexte, la Cour ne saurait reprocher aux autorités d’avoir agi de façon disproportionnée dès lors qu’elles ont considéré devoir protéger S. de toute pression pouvant s’exercer dans le milieu familial.
53. En conséquence, la Cour estime que l’absence d’audition préalable du requérant n’a pas emporté violation de l’article 8.
c) Le retard dans la clôture de l’enquête préliminaire menée à l’encontre du requérant
54. Le requérant se plaint que la durée excessive de l’enquête préliminaire ait prolongé sa séparation d’avec sa fille.
55. La Cour relève d’abord que le requérant était soupçonné d’avoir commis des abus sexuels sur la personne de sa fille. Aussi, en attendant l’issue de l’enquête préliminaire, l’intérêt de la mineure légitimait la suspension du droit parental et du droit de visite du requérant et justifiait l’ingérence dans le droit de l’intéressé au respect de sa vie familiale. L’ingérence était donc, jusqu’au résultat de l’enquête préliminaire, « nécessaire à la protection des droits d’autrui », en l’occurrence ceux de l’enfant S.
56. Toutefois, ce même intérêt de l’enfant exigeait aussi de permettre au lien familial de se développer à nouveau, dès que les mesures prises ne seraient plus apparues comme nécessaires (Olsson c. Suède (no 2), § 90, série A no 250).
57. La Cour rappelle ensuite qu’elle peut aussi prendre en compte, sur le terrain de l’article 8 de la Convention, la durée du processus décisionnel des autorités internes ainsi que toute procédure judiciaire connexe. En effet, un retard dans la procédure risque toujours en pareil cas de trancher le litige par un fait accompli. Or un respect effectif de la vie familiale commande que les relations futures entre parent et enfant se règlent sur la seule base de l’ensemble des éléments pertinents, et non par le simple écoulement du temps (W. c. Royaume-Uni, arrêt du 8 juillet 1987, série A no 121, §§ 64 et 65, Covezzi et Morselli, précité, § 136).
58. En l’espèce, la Cour note que le 10 novembre 2003 le parquet du tribunal de Bénévent a demandé au GIP le classement de la plainte pour le requérant. Trois mois plus tard, le 28 février 2004, le requérant a présenté une demande visant à l’accélération de la procédure devant le GIP. La Cour constate que le GIP a attendu plus de quinze mois avant de se prononcer sur la demande de classement du parquet. Pendant ce temps, le requérant n’a pu exercer la moindre influence sur l’issue de la procédure.
59. La Cour n’est pas persuadée qu’un tel délai était nécessaire pour se prononcer sur la demande du parquet. En conséquence, elle relève un retard injustifié de la part des autorités nationales. En outre, pendant cette période, le requérant n’a disposé d’aucune voie de recours contre la décision du tribunal pour enfants qui l’avait suspendu de son autorité parentale et qui lui avait interdit de rencontrer sa fille. Il a dû attendre la décision de classement de la plainte pour demander à être rétabli dans son autorité parentale à l’égard de sa fille S.
60. La Cour ne partage pas l’avis du Gouvernement selon lequel le requérant aurait dû introduire un recours devant la cour d’appel compétente au sens de la loi Pinto. Elle rappelle que l’enjeu de la procédure pour le requérant exigeait un traitement urgent car le passage du temps peut avoir des conséquences irrémédiables sur les relations entre l’enfant et le parent qui ne vit pas avec lui. En effet, la rupture de contact avec un enfant très jeune peut conduire à une altération croissante de sa relation avec son parent.
61. La Cour observe que, si la suspension des relations entre le requérant et sa fille était justifiée tant que les investigations sur le requérant n’étaient pas terminées, des retards déraisonnables sont survenus dans la procédure pénale, lesquels ont eu un impact direct sur le droit à la vie familiale de l’intéressé. Du fait des carences constatées dans le déroulement de cette procédure, on ne saurait donc considérer que les autorités italiennes ont pris toutes les mesures nécessaires que l’on pouvait raisonnablement exiger d’elles afin de restaurer la vie familiale du requérant avec sa fille, dans leur intérêt à tous les deux.
62. Au vu de ce qui précède, la Cour rejette l’exception préliminaire du Gouvernement et conclut à la violation de l’article 8 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
63. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
64. Le requérant réclame 20 000 euros (EUR) pour le préjudice moral subi en raison de sa séparation d’avec sa fille.
65. Le Gouvernement estime que le simple constat d’une violation constituerait en soi une satisfaction équitable suffisante. A titre subsidiaire, il s’en remet à la sagesse de la Cour tout en considérant que la somme réclamée est exorbitante.
66. La Cour estime que la douleur éprouvée par le requérant a occasionné un préjudice moral certain que le constat de violation de la Convention ne suffit pas à compenser (voir, par exemple, Elsholz c. Allemagne [GC], no 25735/94, §§ 70-71, CEDH 2000-VIII, et P., C. et S. c. Royaume-Uni, no 56547/00, § 150, CEDH 2002-VI). Elle considère qu’il y a lieu d’octroyer au requérant 10 000 EUR au titre du dommage moral.
B. Frais et dépens
67. Le requérant demande, justificatifs à l’appui, 4 921,19 EUR pour les frais et dépens exposés devant la Cour.
68. Le Gouvernement considère que la somme réclamée est excessive.
69. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 3 000 EUR pour la procédure devant la Cour, dont il convient de déduire les montants versés par le Conseil de l’Europe au titre de l’assistance judiciaire, soit 850 EUR. Elle accorde ainsi au requérant une somme de 2 150 EUR au titre des frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
70. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 8 quant à l’éloignement et à la prise en charge de S;
3. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 8 de la Convention quant à l’absence d’audition du requérant avant la prise de la décision d’éloignement ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention à raison du retard dans la clôture de l’enquête préliminaire conduite à l’encontre du requérant ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral,
ii. 2 150 EUR (deux mille cent cinquante euros), pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû par le requérant à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 24 février 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Président

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