Conclusione Non-violazioni dell’art. 8; violazione dell’art. 8; danno MORALE – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA ERRICO C. ITALIA
( Richiesta no 29768/05)
SENTENZA
STRASBURGO
24 febbraio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Errico c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici, Nona Tsotsoria, giudice supplente,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 29768/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. E. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 6 agosto 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da S. F., avvocato a Telese Terme. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce che delle decisioni giudiziali ingiuste sono arrivate alla presa in carico di figlia, S., ed al suo allontanamento dalla sua famiglia. Denuncia anche la mancanza di equità e la durata dei procedimenti.
4. Il 27 ottobre 2006, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1950 e ha risieduto a Benevento.
6. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
7. Il richiedente e M.P.G, sposati in seconde nozze, abitavano con le loro tre figlie, A., I. e S., così come con G., figlio del primo matrimonio di M.P.G. All’epoca dei fatti, S. aveva sette anni e G. ventotto anni.
8. Il 25 maggio 2002, G. denunciò il suo patrigno, per abusi sessuali commessi sulla sua sorellastra S. Dei perseguimenti furono aperti contro il richiedente.
9. Risulta dalla pratica che S., ascoltato da un poliziotto il 13 giugno 2002, riferì che suo padre gli aveva indirizzato delle frasi oscene, a contenuto sessuale, “in presenza di un altro signore”.
10. Con due decisioni notificate al richiedente ed alla sua sposa il 25 luglio 2002, il tribunale dei minori di Napoli, in virtù delle investigazioni in corso per abusi sessuali, decise di sospendere la loro autorità parentale, di vietare gli incontri con la loro figlia, di nominare M.P. tutore provvisorio del minore e di porre S. in una casa di accoglienza (casa famiglia). Secondo il tribunale, l’allontanamento di S. rivestiva un carattere d’emergenza, sembrando suo padre implicato direttamente nei fatti e sua madre sembrando incapace di offrire la protezione necessaria al suo bambino.
11. Il 1 agosto 2002, i genitori di S. fecero opposizione a queste decisioni dinnanzi alla corte di appello di Napoli. Nella loro istanza, sostenevano che la vera ragione dell’azione di G. era da ricercare nel suo attaccamento “morboso” alla sua sorellastra e nel suo sentimento di profonda gelosia nei confronti del suo patrigno. Riferivano che, negli ultimi mesi in particolare, il comportamento di G. era stato violento al punto che, temendo un gesto pericoloso per la loro famiglia, il richiedente e sua moglie avevano dovuto fare appello alle forze di polizia per convincerlo a lasciare la casa. In più, per evitare ogni contatto, avevano loro stessi lasciato il loro domicilio per una quindicina di giorni. Gli sposi denunciavano il modo in cui aveva proceduto secondo loro il tribunale dei minori di Napoli, responsabile, di avere preso una decisione molto importante e grave senza averli ascoltati prima di tutto. Pure proclamando la sua innocenza, il richiedente si dichiarava però disposto a non tornare al domicilio familiare per la durata dei perseguimenti aperti a suo carico, purché sua figlia potesse essere affidata a sua madre e ritornare a casa. A titolo accessorio, il richiedente e sua moglie chiedevano che S. venisse affidata a suo zio e zia materni.
12. All’udienza del 6 novembre 2002, la madre di S. e la Sig.ra Z., la direttrice della casa di accoglienza, furono sentite dinnanzi alla corte di appello. Lo stesso giorno, la corte decise che la madre poteva rendere visita a S. alla casa di accoglienza, mentre fu vietato al suo fratellastro, G., di vederla.
13. In seguito, all’udienza del 5 dicembre 2002, la corte di appello mise fine alla tutela di S., affidò questa all’autorità parentale di sua madre e l’autorizzò a rientrare nella sua famiglia. Confermò l’interdizione agli incontri con S. tanto per suo padre che per G. . La casa fu rinviata all’udienza del 27 marzo 2003.
14. Il 18 febbraio 2003, la procura presso il tribunale di Benevento incaricò un perito di vegliare sullo stato psicologico di S. e di analizzare il suo stato emotivo dopo il suo ritorno al domicilio familiare. I tre incontri tra S. ed il perito ebbero luogo tra il 14 ed il 26 marzo 2003 in una sala della casa di accoglienza, in presenza della madre.
15. Il 19 febbraio 2003, la madre, preoccupata del cambiamento di umore mostrato da S. dopo il suo ritorno al domicilio familiare, aveva chiesto ad un perito di sua scelta di procedere ad un esame psicologico della bambina.
In una data non precisata, i perseguimenti penali furono allargati contro G., la Sig.ra Z. e M.P.
16. Il rapporto reso l’8 maggio 2003 dal perito incaricato dal tribunale indicava che le risposte date da S., il suo comportamento durante gli incontri ed i disegni che aveva prodotto erano da interpretare a favore della verosimiglianza di abusi sessuali commessi da suo padre. In più, l’atteggiamento aggressivo che aveva avuto la madre all’epoca degli incontri, così come le accuse di sottrazione di minore portate contro la direttrice della casa di accoglienza, la Sig.ra Z., e contro il tutore provvisorio di S., M.P, davano da pensare che il minore fosse stato obbligato da sua madre a ritrattare in quanto alle sue precedenti dichiarazioni. Infine, prendendo in considerazione l’attaccamento “morboso” di G. verso S., il perito consigliava di mantenere l’interdizione degli incontri tra loro.
17. Il 2 aprile 2003, lo stesso perito aveva incontrato la Sig.ra Z., la direttrice della casa di accoglienza. Nel suo rapporto, la descriveva come una persona matura e completamente competente.
18. Il 9 giugno 2003, conformemente alla richiesta della procura, il giudice delle investigazioni preliminari (“il GIP”) di Benevento decise di procedere a porte chiuse all’ascolto di S. durante un’udienza (incidente probatorio) fissata al 18 giugno 2003. In ragione del carattere delicato della causa e dell’età di S., fu deciso in particolare che l’incontro tra il perito ed il minore, accompagnato da sua madre, si svolgesse in una sala del tribunale appositamente pianificata a questo fine, dotata di un’attrezzatura di registrazione audiovisiva e di uno specchio senza foglia . Fu contemplato anche che il giudice, il ministero pubblico, il richiedente ed il suo avvocato potessero assistere nel locale vicino, essendo garantita la comunicazione tra le due sale da un telefono interno. Dopo un inizio disturbato dalla presenza della madre nella sala, il perito riuscì alla fine ad avere una conversazione intima con S. ed a porle le domande desiderate.
19. Il 10 novembre 2003, la procura del tribunale di Benevento chiese al GIP l’archiviazione della causa per tutti gli accusati.
20. Il 28 febbraio 2004, il richiedente fece istanza per ottenere l’accelerazione del procedimento dinnanzi al GIP.
21. Il 10 febbraio 2005, il GIP fece diritto all’istanza della procura e archiviò la causa.
22. Con una decisione del 16 marzo 2005 il cui testo è stato depositato alla cancelleria il 6 aprile 2005, la corte di appello di Napoli, prendendo in considerazione l’archiviazione dell’inchiesta preliminare, ristabilì l’autorità parentale del richiedente su sua figlia S.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
23. Ai termini dell’articolo 330 del codice civile:
“Il giudice può pronunciare il decadimento dell’autorità parentale quando il genitore infrange o trascura i suoi obblighi o abusa dei poteri derivanti, in modo seriamente pregiudizievole al bambino.
In questa ipotesi, in caso di motivi gravi, il giudice può ordinare l’allontanamento del bambino della sua residenza familiare. “
24. La legge no 149 del 28 marzo 2001 ha modificato certe disposizioni del libro I, titolo VIII, del codice civile e della legge no 184/1983.
L’articolo 333 del codice civile, come modificato dall’articolo 37 § 2 della legge no 149/2001, dispone ciò che segue:
“Quando il comportamento di uno o dei due genitori non è di natura tale da dare adito a decisione di decadenza prevista dall’articolo 330, pure essendo pregiudizievole al bambino, il giudice può, secondo le circostanze, adottare le misure che si impongono e può ordinare anche l’allontanamento del bambino dalla residenza familiare o l’allontanamento del genitore o concubino che maltratta o abusa del bambino.
Queste misure possono essere revocate in ogni momento. “
25. L’articolo 336 del codice civile, come modificato dall’articolo 37 § 3 della stessa legge, contempla:
“Le misure indicate negli articoli che precedono sono adottate in seguito ad un ricorso dell’altro genitore, di membri della famiglia o del ministero pubblico e, quando si tratta di revocare delle decisioni anteriori, anche del genitore riguardato. Il tribunale decide in camera del consiglio, dopo avere raccolto delle informazione e d ascoltato la procura. Se la misura viene richiesta contro uno dei genitori, questo deve essere ascoltato. In caso di emergenza, il tribunale può adottare, anche d’ufficio, delle misure interinali nell’interesse del minore.
Per le decisioni menzionate ai paragrafi precedenti, i genitori ed il minore sono assistiti da un avvocato, rimunerato dallo stato nei casi previsti dalla legge. “
26. Le decisioni dei tribunali dei minori ai termini degli articoli 330 e 333 del codice civile dipendono da un procedimento gratuito (“volontaria giurisdizione”). Non hanno un carattere definitivo e possono essere revocate quindi ogni momento. Inoltre, le decisioni in questione non sono suscettibili di appello ma possono essere oggetto di istanze di una delle parti in causa dinnanzi alla corte di appello affinché riesamini la situazione (“reclamo”).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
27. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta che la misura di allontanamento di S. l’abbia separato da sua figlia. Adduce che le ingerenze delle autorità hanno avuto per effetto di nuocere alla relazione tra i genitori e la loro figlia, mettendo in pericolo il loro legame familiare. Denuncia in particolare il fatto che le autorità competenti hanno deciso di allontanare S. senza le garanzie previste dall’articolo 8 e particolarmente senza avere ascoltato a priori i suoi genitori. Sostiene inoltre che la decisione di separarlo da sua figlia è stata presa in mancanza di carattere di eccezionalità e di emergenza richiesti da tale atto.
28. Invocando l’articolo 6 della Convenzione combinato con l’articolo 8, il richiedente si lamenta della durata eccessiva delle investigazioni preliminari sollecitate al suo carico che secondo lui ha prolungato la sua separazione da sua figlia per un periodo superiore a due anni ed otto mesi, in particolare dal 25 luglio 2002 al 6 aprile 2005, data del deposito alla cancelleria della decisione del 16 marzo 2005. Parimenti, denuncia la durata eccessiva del procedimento di allontanamento, che giudica anche iniquo in ragione della sua lentezza e della mancanza di dibattito contraddittorio tra le parti. Infine, denuncia la violazione dell’articolo 13 della Convenzione per il fatto che ha dovuto aspettare la decisione della corte di appello del 16 marzo 2005 per rivedere sua figlia, non essendo disponibile alcun ricorso in dritto italiano per accelerare il procedimento pendente dinnanzi alla corte di appello.
29. Il Governo combatte le tesi del richiedente.
30. Padrona della qualifica giuridica dei fatti della causa, la Corte stima appropriato esaminare i motivi di appello sollevati dal richiedente unicamente sotto l’angolo dell’articolo 8 che esige che il processo decisionale che deve arrivare a delle misure di ingerenza sia equo e rispetti come si deve gli interessi protetti da questa disposizione (Havelka ed altri c. Repubblica ceca, no 23499/06, §§ 34-35, 21 giugno 2007, Kutzner c,. Germania, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I, e Wallová e Walla c. Repubblica ceca, no 23848/04, § 47, 26 ottobre 2006).
L’articolo 8 della Convenzione dispone nelle sue parti pertinenti allo specifico:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita familiare.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
A. Sull’ammissibilità
31. Nella misura in cui il richiedente si lamenta della durata eccessiva dell’inchiesta preliminare, il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne,avendo il richiedente secondo lui omesso di introdurre un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente ai sensi della “legge Pinto.” Il Governo afferma che il procedimento Pinto copre anche le ulteriori violazioni che sono la conseguenza della durata del procedimento (Mascolo c. Italia, no 68792/01, 16 dicembre 2004).
32. Il richiedente combatte la tesi del Governo e si lamenta di essere stato separato da sua figlia per due anni ed otto mesi a causa della durata eccessiva delle investigazioni preliminari sollecitate al suo carico.
33. La Corte stima, alla luce dell’insieme degli argomenti delle parti, che l’eccezione del Governo è legata strettamente al fondo della richiesta e decida di unirla al merito.
34. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
35. Il richiedente sostiene di non essere stato implicato nel processo decisionale. Afferma di avere dovuto aspettare la decisione della corte di appello del 16 marzo 2005 per rivedere sua figlia, non essendo disponibile alcun ricorso in dritto italiano per accelerare il procedimento pendente dinnanzi alla corte di appello. Si lamenta anche della durata eccessiva delle investigazioni preliminari.
36. Il Governo obietta che l’ingerenza nel diritto del richiedente era prevista dalla legge. Secondo lui, il tribunale dei minori ha rispettato scrupolosamente le disposizioni legali in vigore adottando delle misure interinali urgenti per la protezione del minore, misure la cui necessità non potrebbe essere messa in dubbio. La presa in carico della bambina riguarderebbe il secondo paragrafo dell’articolo 8 e sarebbe conforme ai principi enunciati in materia dalla giurisprudenza della Corte.
37. Il Governo ricorda poi che le giurisdizioni italiane si sono investite della causa controversa in un contesto in cui dei gravi sospetti di abusi sessuali pesavano sul padre di S. in seguito alla denuncia del fratellastro di questa.
38. Il Governo fa notare anche che il tribunale dei minori ha stimato che S. aveva bisogno di un periodo di allontanamento da sua madre e dal resto della sua famiglia durante il quale doveva essere posta in una famiglia di accoglienza. Stima che questa misura fosse indispensabile per proteggerla contro un’eventuale ripetizione dei pretesi abusi e contro il rischio di eventuali pressioni durante il periodo dell’istruzione del procedimento penale. Il Governo ricorda che gli incontri hanno avuto luogo peraltro, in ambiente protetto, con la madre, e che il minore è stato affidato a sua madre dopo alcuni mesi di allontanamento.
39. Ricorda inoltre che la giurisprudenza della Corte riconosce che l’esistenza di sospetti di abusi sessuali commessi nella cornice familiare costituisce un motivo legittimo di allontanamento di un minore ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 8 (Scozzari e Giunta c. Italia [GC], numeri 39221/98 e 41963/98, § 143, CEDH 2000-VIII, Covezzi e Morselli c. Italia, no 52763/99, § 80, 9 maggio 2003, e Rodò e Bonfatti c. Italia, no 10427/02, § 103, 112-114, 21 novembre 2006).
40. Il Governo rileva che le autorità italiane hanno preso le misure necessarie per riunire progressivamente tutti i membri della famiglia e che risulta dalla pratica che la famiglia sia ad oggi riunita.
41. Trattandosi dell’equità del procedimento, il Governo, che si appella alla giurisprudenza della Corte (Covezzi e Morselli, precitate), afferma che il fatto di non avere ascoltato il richiedente prima della presa in carico di S. non ignora l’articolo 8 della Convenzione: difatti, secondo lui, le autorità hanno stimato necessario, nell’interesse della protezione del minore, di allontanarla senza termine, senza preavviso e senza ascolto preliminare dei genitori, per non pregiudicare a priori il seguito delle investigazioni penali. Del resto, il Governo nota che il richiedente ha potuto attaccare in appello il decreto del tribunale dei minori entro cinque giorni, con l’assistenza di un avvocato di sua scelta, che è stato personalmente sentito e che ha potuto presentare i suoi argomenti, e che al termine di questo procedimento la corte di appello ha reintegrato il richiedente nella sua autorità parentale.
2. Valutazione della Corte
42. La Corte stima che c’è luogo di esaminare separatamente i motivi di appello derivati dall’articolo 8.
a) L’allontanamento d’emergenza e la presa in carico della bambina
43. La Corte ricorda che, per un genitore ed il suo bambino, essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare (Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 58, CEDH 2002-I) e che le misure interne che lo impediscono costituiscono un’ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione (K. e T. c. Finlandia [GC], no 25702/94, § 151, CEDH 2001-VII). Simile ingerenza ignora l’articolo 8 salvo se, “prevista dalla legge”, insegue uno o degli scopi legittimi allo sguardo del secondo paragrafo di questa disposizione ed è “necessaria, in una società democratica”, per raggiungerli. La nozione di “necessità” implica un’ingerenza fondata su un bisogno sociale imperioso e, in particolare, proporzionata allo scopo legittimo ricercato (Couillard Maugery c. Francia, no 64796/01, § 237, 1 luglio 2004).
44. Se l’articolo 8 tende essenzialmente a premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, mette per di più a carico dello stato degli obblighi positivi inerenti al “rispetto” effettivo della vita familiare. Così, là dove l’esistenza di un legame familiare si trova stabilita, lo stato deve in principio agire in modo da permettere a questo legame di svilupparsi e prendere le misure proprie a riunire il genitore ed il bambino riguardato (vedere, per esempio, Eriksson c. Svezia, 22 giugno 1989, § 71, serie A no 156; Margareta e Roger Andersson c. Svezia, 25 febbraio 1992, § 91, serie A no 226-a; Olsson c. Svezia (no 2), 27 novembre 1992, § 90, serie A no 250; Ignaccolo-Zenide c. Romania, no 31679/96, § 94, CEDH 2000-I, e Gnahoré c. Francia, no 40031/98, § 51, CEDH 2000-IX). La frontiera tra gli obblighi positivi e negativi dello stato a titolo dell’articolo 8 non si presta ad una definizione precisa; i principi applicabili sono tuttavia comparabili. In particolare, nei due casi, bisogna avere esattamente riguardo all’equilibrio da predisporre tra interessi concorrenti; parimenti, nelle due ipotesi, lo stato gode di un certo margine di valutazione (vedere, per esempio, W., B. e R. c. Regno Unito, 8 luglio 1987, serie A no 121, §§ 60 e 61, e Gnahoré, precitato, § 52,).
45. Nello specifico, non vi é dubbio -ed il Governo non nega -che l’allontanamento, la presa in carico di S. ed il suo cololcamento in un centro di accoglienza si analizza in una “ingerenza” nell’esercizio del diritto del richiedente al rispetto della sua vita familiare. La Corte osserva che la misura controversa, fondata sugli articoli 330, 333 e 336 del codice civile, era “prevista dalla legge” e che inseguiva un scopo legittimo ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 8, ossia la “protezione della salute o della morale” e “la protezione dei diritti e libertà altrui”, nella misura in cui mirava a salvaguardare il benessere di S.
46. La Corte ha dichiarato in numerose riprese che l’articolo 8 implica il diritto di un genitore alle misure proprie a riunirlo al suo bambino e l’obbligo per le autorità nazionali di prenderle (vedere, per esempio, Ignaccolo-Zenide, precitata, § 94, e Nuutinen c. Finlandia, no 32842/96, § 127, CEDH 2000-VIII). Questo obbligo non è tuttavia assoluto. La sua natura e la sua estensione dipendono dalle circostanze di ogni caso specifico, ma la comprensione e la cooperazione dell’insieme delle persone riguardate ne costituiscono sempre un fattore importante. Nell’ipotesi in cui dei contatti coi genitori rischiano di minacciare gli interessi superiori del bambino o di recare offesa ai suoi diritti, spetta alle autorità nazionali badare ad un giusto equilibrio tra questi (Ignaccolo-Zenide, ibidem).
47. Nello specifico, la Corte rileva che il punto decisivo consiste nel sapere se le autorità nazionali hanno preso tutte le misure che si potevano esigere ragionevolmente da queste. Per ciò che riguarda l’allontanamento di S. e la sua presa in carico, nota che il tribunale dei minori ha giustificato la sua decisione del 25 luglio 2002 riferendosi alle forti presunzioni secondo cui S. aveva subito degli abusi sessuali da parte di suo padre ed ai dubbi relativi alla capacità di protezione di sua madre. Il ricorso ad un procedimento d’emergenza per allontanare S. si inserisce perfettamente nei passi che le autorità nazionali sono in diritto di intraprendere in cause di sevizie sessuali che costituiscono insindacabilmente un tipo odioso di malefatte che rendono fragili le vittime. I bambini ed altre persone vulnerabili hanno diritto alla protezione dello stato, sotto forma di una prevenzione efficace che li metta anche al riparo da forme gravi di ingerenza negli aspetti essenziali della loro vita privata (vedere Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 64, Raccolta 1996-IV; mutatis mutandis, Z ed altri c. Regno Unito [GC], no 29392/95, § 73, CEDH 2001-V; A. c. Regno Unito, 23 settembre 1998, § 22 Raccolta 1998-VI, e Covezzi e Morselli, precitato, § 103).
48. In queste condizioni, la Corte è del parere che l’allontanamento e la presa in carico di S. possano passare per delle misure proporzionate e “necessarie in una società democratica” allo sguardo della protezione della salute e dei diritti del bambino. L’esistenza di sospetti di abusi sessuali che pesavano sul richiedente poteva ragionevolmente portare le autorità nazionali a considerare che il mantenimento di S. nel suo focolare rischiava di arrecarle danno (vedere, mutatis mutandis, Rodò e Bonfatti, precitata, §§ 113-114). Per di più, la Corte nota che, il 5 dicembre 2002, la corte di appello ha messo un termine alla tutela di S., ha affidato questa a sua madre e l’ha autorizzata a rientrare nella sua famiglia. Inoltre, il 16 marzo 2005, prendendo in considerazione l’archiviazione dell’inchiesta preliminare condotta contro il richiedente, la corte di appello di Napoli ha ristabilito l’autorità parentale del richiedente su sua figlia.
49. Pertanto, stima che non ci sia stata nessuna violazione dell’articolo 8 in quanto alla decisione di allontanamento di’emergenza e di presa in carico del bambino.
b) La mancanza di ascolto preliminare del richiedente
50. Il richiedente rimprovera alle autorità di avere ordinato l’allontanamento di sua figlia senza prima di tutto averlo ascoltato .
51. La Corte ricorda di avere già ammesso che quando una decisione di presa in carico d’emergenza si impone, non è sempre possibile, a causa del carattere di emergenza della situazione, di associare le persone investite della custodia del bambino al processo decisionale. Ciò può anche essere anche non auspicabile, sebbene possibile, nel caso in cui i titolari della custodia vengano percepiti come rappresentanti una minaccia immediata per il bambino: difatti, avvertirli potrebbe privare la misura della sua efficacia. La Corte deve convincersi tuttavia che nello specifico le autorità interne avessero motivo di considerare che ci fosse l’esistenza di circostanze che giustificassero la sottrazione immediata del bambino dalle cure del richiedente senza mettersi in contatto con lui o consultarlo prima di tutto (Scozzari e Giunta, precitata, § 107, K. e T., precitata, no 25702/94, § 166, e Venema c. Paesi Bassi, no 35731/97, § 93, CEDH 2002-X). La Corte riconosce che l’esistenza dei sospetti di abusi sessuali che pesavano sul richiedente poteva ragionevolmente portare le autorità competenti a pensare che il fatto di informarlo prima di tutto del collocamento in opera del procedimento di allontanamento avrebbe potuto arrecare ulteriore danno a S., essendo stata motivata la decisione di allontanamento dal rischio di eventuali pressioni del padre su S. durante il periodo dell’istruzione del procedimento penale.
52. In questo contesto, la Corte non potrebbe rimproverare alle autorità di avere agito in modo sproporzionato dal momento che hanno considerato di dovere proteggere S. da ogni pressione che avrebbe potuto essere esercitata nell’ambiente familiare.
53. Perciò, la Corte stima che la mancanza di ascolto preliminare del richiedente non ha portato violazione dell’articolo 8.
c) Il ritardo nella chiusura dell’inchiesta preliminare condotta contro il richiedente
54. Il richiedente si lamenta che la durata eccessiva dell’inchiesta preliminare abbia prolungato la sua separazione con sua figlia.
55. La Corte rileva da prima che il richiedente era sospettato di avere commesso degli abusi sessuali sulla persona di sua figlia. Anche, aspettando la conclusione dell’inchiesta preliminare, l’interesse del minore legittimava la sospensione del diritto parentale e del diritto di visita del richiedente e giustificava l’ingerenza nel diritto dell’interessato al rispetto della sua vita familiare. L’ingerenza era dunque, fino al risultato dell’inchiesta preliminare, “necessaria alla protezione dei diritti altrui”, nell’occorrenza quelli della bambina S.
56. Tuttavia, questo stesso interesse del bambino esigeva anche di permettere al legame familiare di svilupparsi di nuovo, appena le misure prese non fossero apparse più necessarie (Olsson c. Svezia (no 2), § 90, serie A no 250).
57. La Corte ricorda poi che può prendere anche in conto, sul terreno dell’articolo 8 della Convenzione, la durata del processo decisionale delle autorità interne così come ogni procedimento giudiziale connesso. Un ritardo nel procedimento rischia difatti, sempre in simile caso di decidere la controversia con un fatto compiuto. Ora un rispetto effettivo della vita familiare comanda che le relazioni future tra affine e bambino si regolino sull’unica base dell’insieme degli elementi pertinenti, e non col semplice scorrimento del tempo (W. c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1987, serie A no 121, §§ 64 e 65, Covezzi e Morselli, precitata, § 136).
58. Nello specifico, la Corte nota che il 10 novembre 2003 la procura del tribunale di Benevento ha chiesto al GIP l’archiviazione della querela per il richiedente. Tre mesi più tardi, il 28 febbraio 2004, il richiedente ha fatto istanza che mirava all’accelerazione del procedimento dinnanzi al GIP. La Corte constata che il GIP ha aspettato più di quindici mesi prima di pronunciarsi sull’istanza di archiviazione della procura. Durante questo tempo, il richiedente non ha potuto esercitare la minima influenza sulla conclusione del procedimento.
59. La Corte non è persuasa del fatto che tale termine fosse necessario per pronunciarsi sull’istanza della procura. Perciò, rileva un ritardo ingiustificato da parte delle autorità nazionali. Inoltre, durante questo periodo, il richiedente non ha disposto di nessuna via di ricorso contro la decisione del tribunale dei minori che l’aveva sospeso dalla sua autorità parentale e che gli aveva vietato di incontrare sua figlia. Ha dovuto aspettare la decisione di archiviazione della querela per chiedere di essere ristabilito nella sua autorità parentale a riguardo di sua figlia S.
60. La Corte non condivide il parere del Governo secondo cui il richiedente avrebbe dovuto introdurre un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente ai senso della legge Pinto. Ricorda che la posta del procedimento per il richiedente esigeva un trattamento urgente perché il passaggio del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il bambino ed i genitori che non vivono con lui. Difatti, la rottura di contatto con un bambino molto giovane può condurre ad un’alterazione crescente della sua relazione con il suo genitore.
61. La Corte osserva che, se la sospensione delle relazioni tra il richiedente e sua figlia era giustificate fintanto le investigazioni sul richiedente non erano finite, dei ritardi irragionevoli sono sopraggiunti nel procedimento penale che hanno avuto un impatto diretto sul diritto alla vita familiare dell’interessato. Del fatto delle carenze constatate nello svolgimento di questo procedimento, non si potrebbe considerare dunque che le autorità italiane abbiano preso tutte le misure necessarie che si poteva ragionevolmente esigere da loro per restaurare la vita familiare del richiedente con sua figlia, nel loro interesse reciproco.
62. Alla vista di ciò che precede, la Corte respinge l’eccezione preliminare del Governo e conclude alla violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
63. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
64. Il richiedente richiede 20 000 euro (EUR) per danno morale subito in ragione della sua separazione da sua figlia.
65. Il Governo stima che la semplice constatazione di una violazione costituirebbe di per sé una soddisfazione equa sufficiente. A titolo accessorio, si rimette si alla saggezza della Corte pure considerando che la somma richiesta è esorbitante.
66. La Corte stima che il dolore provato dal richiedente ha provocato un danno morale certo che la constatazione di violazione della Convenzione non basta a compensare (vedere, per esempio, Elsholz c. Germania [GC], no 25735/94, §§ 70-71, CEDH 2000-VIII, e P., C. e S. c. Regno Unito, no 56547/00, § 150, CEDH 2002-VI). Considera che c’è luogo di concedere al richiedente 10 000 EUR a titolo di danno morale.
B. Oneri e spese
67. Il richiedente chiede, giustificativi in appoggio, 4 921,19 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alla Corte.
68. Il Governo considera che la somma richiesta sia eccessiva.
69. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 3 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte da cui conviene dedurre gli importi versati dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, o 850 EUR. Accorda così al richiedente una somma di 2 150 EUR a titolo di oneri e spese.
C. Interessi moratori
70. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 8 in quanto all’allontanamento ed alla presa incaricata di S;
3. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione in quanto alla mancanza di ascolto del richiedente prima della presa della decisione di allontanamento;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione a ragione del ritardo nella chiusura dell’inchiesta preliminare condotta contro il richiedente;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 10 000 EUR (diecimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,
ii. 2 150 EUR (duemila cento cinquanta euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dal richiedente a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 febbraio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidente