Conclusione Violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA ERKMEN ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 6950/05)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
16 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Erkmen ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 febbraio 2010.
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6950/05) diretta contro la Repubblica della Turchia e di cui sette cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 26 gennaio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da Y. Öztürk, avvocato a Samsun. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 20 novembre 2008, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1932, 1940, 1941, 1966, 1968, 1934 e 1964, e risiedono a Samsun.
5. Nel 1968, un terreno di una superficie di 51 450 m2, situato nel villaggio di Uluköy, a Çarşamba, distretto di Samsun, fu iscritto sul registro fondiario, appezzamento no 71, dalla commissione del catasto a nome di S. E., il de cujus dei richiedenti.
6. Nel 1975, la commissione catastale della foresta (Orman Kadastro Komisyon), stabilì un verbale secondo cui, dentro ai limiti del villaggio di Uluköy, non esisteva alcun terreno facente parte della tenuta forestale pubblica.
7. Nell’ottobre 1978, le operazioni effettuate furono affisse nel villaggio di Uluköy e furono notificate alla Direzione dello sfruttamento delle foreste. Non essendo stata fatta alcuna obiezione prima della scadenza dei termini legali, questi atti diventarono definitivi.
8. Nel 1992, S. E. decedette.
9. Il 5 giugno 2000, il richiedente H. E. si rivolse alla Direzione generale delle foreste in vista di ottenere un’autorizzazione di abbattimento di alberi sull’appezzamento in questione.
10. Il 19 gennaio 2001, questa richiesta fu respinta al motivo che il terreno riguardato faceva parte della tenuta forestale.
11. Il 29 gennaio 2001, il titolo di proprietà sul terreno in causa fu trasferito ai richiedenti in quanto eredi di S. E., e fu registrato a loro nome sul registro fondiario.
12. In una data non precisata, il richiedente H. E. introdusse dinnanzi al tribunale amministrativo di Samsun un’azione per annullamento del rifiuto opposto dalla Direzione generale delle foreste alla richiesta di autorizzazione di abbattimento sul terreno controverso.
13. Il 13 settembre 2001, il tribunale amministrativo annullò la decisione contestata dal richiedente. Nel suo giudizio, si appellò essenzialmente al fatto che la Direzione dello sfruttamento delle foreste non aveva contestato nei termini legali le operazioni effettuate dalle commissioni catastali nel villaggio di Uluköy e che questi atti erano diventati definitivi.
14. In una data non precisata, questo giudizio fu confermato dal Consiglio di stato.
15. Il 17 luglio 2001, il Tesoro pubblico introdusse dinnanzi alla corte d’appello di Çarşamba (“il tribunale”) un’azione d’ annullamento del titolo di proprietà dei richiedenti su 39 000 m2 dell’appezzamento no 71, al motivo che questa parte del terreno faceva parte dalla tenuta forestale pubblica.
16. Il 18 luglio 2003, il tribunale fece parzialmente diritto alla richiesta del Tesoro. Nei suoi considerando, considerò principalmente, appellandosi a dei rapporti di perizia, che una parte di 30 723, 24 m2 dell’appezzamento no 71 apparteneva alla tenuta forestale pubblica e che non poteva essere oggetto di nessuno titolo di proprietà privata.
17. Con una sentenza del 29 marzo 2004, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato.
18. Il 28 ottobre 2004, anche il ricorso per rettifica di questa sentenza intentata dai richiedenti fu respinto.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
19. Il diritto e la pratica interna pertinenti nello specifico sono descritte nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008,).
Secondo il primo paragrafo dell’articolo 1007 del codice civile turco, lo stato è responsabile di ogni danno risultante dalla gestione dei registri fondiari.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
20. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1, i richiedenti sostengono che l’annullamento del loro titolo di proprietà e l’iscrizione di questo a nome del Tesoro pubblico, senza il versamento di nessuna indennità, costituisce una violazione del loro diritto al rispetto dei loro beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
21. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
22. Il Governo sostiene che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne. Stima difatti che disponevano di due azioni di risarcimento che non hanno esercitato. Secondo lui, avrebbero potuto, da una parte, ottenere un risarcimento basandosi sull’articolo 1007 del codice civile e, dall’altra parte, chiedere un risarcimento in virtù delle disposizioni generali del codice degli obblighi. A questo motivo, porta a cognizione della Corte un certo numero di decisioni interne, in grande parte citate nella causa Turgut ed altri (precitata, §§ 60-67). Si riferisce, tra l’altro, ad un giudizio della corte d’appello di İzmir dell’ 8 aprile 2004, confermato dalla Corte di cassazione il 21 febbraio 2005 in cui una persona il cui titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro pubblico su richiesta della Direzione generale delle foreste in condizioni simili, ha ottenuto un risarcimento. In questo ultimo giudizio, il tribunale del merito aveva ingiunto al Tesoro pubblico di indennizzare l’interessato nella misura in cui era il Tesoro pubblico stesso che gli aveva venduto il terreno riguardato senza avere fatto delle ricerche in quanto alla natura di questo.
23. I richiedenti combattono la tesi del Governo. Adducono che il loro danno non risulta da un errore nella gestione del registro fondiario ma di un giudizio reso in violazione del diritto in vigore. Sostengono di avere esaurito tutte le vie di ricorso disponibili in diritto turco contro questo giudizio. Inoltre, secondo loro, i giudizi ai quali il Governo ha fatto riferimento sono lontani dal provare l’effettività delle vie di ricorsi indicate, nella misura in cui le giurisdizioni turche avrebbero respinto anche parecchi ricorsi simili.
24. La Corte ricorda che l’obbligo che deriva dall’articolo 35 § 1 si limita a quella di fare verosimilmente un uso normale dei ricorsi effettivi, sufficienti ed accessibili (Sofri ed altri c. Italia, (dec.), no 37235/97, CEDH 2003-VIII). In particolare, la Convenzione prescrive l’esaurimento solo dei ricorsi al tempo stesso relativi alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Questi ricorsi devono esistere inoltre non solo ad un grado sufficiente di certezza in teoria ma anche in pratica, altrimenti manca loro l’effettività e l’accessibilità voluta (Akdivar ed altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 66, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
25. Nello specifico, la Corte nota innanzitutto che, nei giudizi menzionati dal Governo, i tribunali interni hanno considerato che le iscrizioni sui registri fondiari che avevano causato un danno ai titolari di buona fede di titoli di proprietà erano state fatte in seguito ad un “errore”, anche se questo non era il risultato di una mancanza dell’agente dello stato; ora, nella presente causa, niente dimostra che il titolo di proprietà dei richiedenti fosse stato annullato in ragione di un errore o di una mancanza qualsiasi. Non è contestato dalle parti che il de cujus dei richiedenti aveva acquisito il terreno nel 1968, che un titolo di proprietà era stato stabilito a suo nome, che i richiedenti hanno ereditato questo terreno e che infine i tribunali interni hanno annullato il loro titolo di proprietà, non a causa di un errore degli agenti dell’amministrazione che avrebbe inficiato l’atto, ma in ragione delle disposizioni legislative applicabili in materia.
Poi, alla luce della giurisprudenza invocata dalle due parti, la Corte stima che il Governo non ha mostrato per niente in quale misura un ricorso fondato sull’articolo 1007 del codice civile o sulle disposizioni generali del codice degli obblighi potrebbe essere effettivo, sufficiente ed accessibile, avuto riguardo alle disposizioni interne che vietano l’acquisizione da parte di un individuo di un terreno facente parte della tenuta forestale pubblica.
26. Quindi, la Corte respinge l’eccezione sollevata dal Governo.
27. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
28. La Corte osserva che l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Avuto riguardo ai motivi avanzati dalle giurisdizioni nazionali, stima che lo scopo della privazione imposta ai richiedenti, ossia la protezione della natura e delle foreste, entra nella cornice dell’interesse generale nel senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Şatır c. Turchia, no 36192/03, § 33, 10 marzo 2009).
29. La Corte ricorda di avere, dopo esame di un motivo di appello identico a quello presentato dai richiedenti, concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, avendo giudicato che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituiva normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (Turgut ed altri, precitata, §§ 86-93, e Şatır, precitato, § 34).
Nello specifico, nota che i richiedenti non hanno ricevuto nessuno indennizzo in compenso del trasferimento di proprietà del loro bene al Tesoro pubblico e stima che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nella presente causa (Turgut ed altri, precitata, § 92, e Şatır, precitata, § 34).
30. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
31. I richiedenti, sostenendo che l’annullamento del loro titolo di proprietà è stato deciso a disprezzo della legge, adducono così che la loro causa non è stata equamente sentita. Invocano a questo riguardo l’articolo 6 della Convenzione.
32. Esaminando la formulazione del motivo di appello, la Corte constata che i richiedenti rimettono essenzialmente in causa il modo in cui le giurisdizioni nazionali hanno applicato il diritto interno. Considerando che può solamente in modo limitato conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi dalle giurisdizioni interne alle quali spetta al primo capo interpretare e applicare il diritto interno (García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I, e Kopp c. Svizzera, 25 marzo 1998, § 59, Raccolta 1998-II) la Corte non rileva nessuno elemento che permette di stimare che suddette giurisdizioni abbiano dato prova di arbitrarietà nell’applicazione del diritto interno.
33. Ne segue che il motivo di appello dei richiedenti derivato dalla mancanza di equità è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
35. I richiedenti adducono di avere subito tanto un danno patrimoniale che morale. Per il danno patrimoniale, richiedono 857 871,55 euro (EUR). In appoggio delle loro affermazioni, versano un documento, datato 30 giugno 2009, alla pratica e firmato dal capo del villaggio di Uluköy dove è situato il terreno controverso così come da due membri del comitato dei saggi di questo stesso villaggio secondo cui il valore del terreno controverso è di 60 lire turche (TRY,) al metro quadrato. Per il danno morale, richiedono 5 000 EUR ciascuno, o una somma totale di 35 000 EUR.
Chiedono inoltre il rimborso degli oneri e delle spese esposti così come della parcella del loro consigliere, senza per questo indicarne l’importo. Su questo punto, forniscono solamente una fattura relativa agli oneri di corrispondenza.
36. Il Governo invita la Corte a respingere queste richieste, che giudica prive di fondamento.
37. Nelle circostanze della causa, la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti. Secondo la Corte, un’azione di constatazione (değer tespiti davası) introdotta presso i richiedenti dal tribunale competente, costituirebbe, tra altri, uno dei mezzi più appropriati per determinare il valore del bene controverso.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto le loro osservazioni sulla questione entro tre mesi a contare da giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega alla presidentessa della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa