Conclusione: Violazione di P1-1; Soddisfazione equa rimandata
SECONDA SEZIONE
CAUSA ELIA S.R.L. C. ITALIA
( Richiesta no 37710/97)
SENTENZA
STRASBURGO
2 agosto 2001
DEFINITIVO
02/11/2001
Nella causa Elia S.r.l. c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
SIGG.. C.L. Rozakis, presidente,
B. Conforti,
G. Bonello,
Sig.ra V. Str??nick?,
SIGG.. P. Lorenzen,
M. Fischbach,
Sig.ra M. Tsatsa-Nikolovska, giudici e
di M. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 luglio 2001,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37710/97) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una societ? a responsabilit? limitata, la societ? Elia S.r.l. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 6 agosto 1997, in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? rappresentato davanti alla Corte da I. Fiorillo, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, U. Leanza, e dal suo coagente, V. Esposito.
3. Il richiedente adduceva la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a causa dell’interdizione di costruire che colpiva il suo terreno.
4. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo no 11 alla Convenzione, articolo 5 ? 2 di suddetto Protocollo.
5. La richiesta ? stata assegnata alla seconda sezione della Corte, articolo 52 ? 1 del regolamento della Corte. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 ? 1 della Convenzione, ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 del regolamento.
6. Da una decisione del 14 dicembre 2000, la camera ha dichiarato la richiesta accettabile [Nota della cancelleria: la decisione della Corte ? disponibile alla cancelleria].
7. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 ? 1 del regolamento.
IN EFFETTI
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
8. La societ? richiedente ? proprietaria dal 1967 di un terreno di circa 65 000 metri quadrati, situato nel comune di Pomezia ed iscrtto al catasto (foglio 11, lotto 66,). Nel 1963, il comune aveva emesso un parere favorevole ad un progetto di costruzione su suddetto terreno.
A. La prima interdizione imposta da atto amministrativo
9. Il 29 dicembre 1967, la municipalit? di Pomezia decise di adottare un piano generale di urbanistica (piano regolatore generale, qui di seguito “il PRG”).
10. Il 20 novembre 1974, la regione del Lazio approv? il PRG di Pomezia che destinava il terreno del richiedente alla creazione di un parco pubblico, parco pubblico, e, di conseguenza, lo colpiva di un’interdizione assoluta di costruire in vista della sua espropriazione.
11. Conformemente all’articolo 2 della legge no 1187 del 1968, l’interdizione di costruire imposta dal PRG divent? nulla nel 1979, non essendo stato adottato entro cinque anni nessuno piano di urbanistica dettagliata.
B. Le limitazioni al diritto a costruire derivanti dell’applicazione dell’articolo 4 della legge no 10 del 1977
12. Malgrado la scadenza dell’interdizione a costruire, il terreno del richiedente non ritrov? la sua destinazione di origine.
13. Difatti, nell’attesa della decisione della municipalit? di Pomezia in quanto al nuovo uso del terreno controverso, questo fu sottoposto al regime previsto dall’articolo 4 della legge no 10 del 1977, disposizione considerata come applicabile a questo tipo di situazione dalla giurisprudenza (paragrafi 38-40 qui sotto) e, a partire da 1990, dalla legge no 86 della regione del Lazio.
14. Di conseguenza, il terreno del richiedente fu colpito dalle limitazioni al diritto di costruire derivanti dell’applicazione di queste leggi.
15. Il 12 marzo 1987, il richiedente invit? la municipalit? di Pomezia a determinare la nuova destinazione del terreno. La sua domanda rest? lettera morta.
16. Considerando la mancanza di risposta della municipalit? che equivaleva ad un rifiuto, il richiedente introdusse un ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale (qui di seguito “il TAR”). Fece valere in primo luogo che la municipalit? di Pomezia aveva per obbligo di determinare la nuova destinazione del suo terreno e che l’inerzia della municipalit? era illegale. Peraltro, chiese all’amministrazione di dichiarare il terreno edificabile.
17. Da una decisione del 16 ottobre 1989, il TAR del Lazio accolse il ricorso del richiedente, riconoscendo che l’inerzia della municipalit? di Pomezia era illegale.
18. Il tribunale consider? che l’interdizione di costruire imposta nel 1974 era diventata nulla dopo cinque anni, in virt? della legge no 1187 del 1968, il comune di Pomezia non avendo adottato nessuno piano di urbanistica dettagliata. Da allora, il terreno del richiedente era sottoposto al regime previsto dalla legge no 10 del 1977. Ora il tribunale stim? che le limitazioni al diritto di costruire derivate dell’applicazione di questa legge non potevano sostituire un atto dell’amministrazione che determina precisamente la destinazione del terreno. In simile caso, l’amministrazione aveva l’obbligo di procedere ad una ripianificazione di urbanistica, ricostituzione della disciplina urbanistica. Di conseguenza, la sua inerzia era illegale. Tuttavia, la municipalit? rimaneva totalmente libera di destinare il terreno controverso all’uso che desiderava, il TAR non potendo ordinare una data classificazione del terreno.
19. In conclusione, il TAR ordin? all’amministrazione di prendere una decisione in quanto alla nuova destinazione del terreno del richiedente.
20. La municipalit? di Pomezia interpose appello a questa decisione.
21. Da una decisione del 28 febbraio 1992, il Consiglio di stato respinse il ricorso della municipalit? di Pomezia e conferm? la decisione attaccata.
22. La municipalit? non avendo dato seguito alla sentenza del Consiglio di stato, il richiedente la invit?, il 10 settembre 1992, ad adottare una decisione concernente il terreno. Peraltro, il richiedente propose che la municipalit? gli rilasciasse un permesso di costruire per 15 000 metri quadrati, in scambio di cui si impegnava a cedergli gratuitamente il restante del terreno. Nessuno seguito fu dato a questa proposta.
C. La seconda interdizione da atto amministrativo
23. Il 25 ottobre 1995, la municipalit? di Pomezia decise di adottare un piano dettagliato di urbanistica ed impose di nuovo un’interdizione assoluta di costruire sul terreno del richiedente in vista della sua espropriazione. Decise di riservare il terreno ad un uso pubblico.
24. Il richiedente introdusse un ricorso contro questa decisione davanti al comitato regionale incaricato di controllare gli atti dei comuni in vista di ottenere il suo annullamento. Fece valere che la destinazione del terreno era stata indicata in modo troppo vago e che le condizioni per rinnovare l’interdizione tra le quali l’interesse pubblico, non erano assolte. La conclusione di questo ricorso non ? conosciuta.
25. Risalta della perizia prodotta dal richiedente che il piano dettagliato di urbanistica che impone l’interdizione di costruire sul terreno in causa ? stato adottato il 22 marzo 1999.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. Nozioni generali in materia di urbanistica
26. Ai termini dell’articolo 42 ?? 2 e 3 della Costituzione italiana, “la propriet? privata ? garantita e riconosciuta dalla legge che ne determina il modo di acquisizione e di godimento, cos? come i limiti, nello scopo di assicurare la sua funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La propriet? privata pu? essere espropriata, nei casi previsti dalla legge, e sotto riserva di indennizzo, per le ragioni di interesse generale”.
La legge di urbanistica (legge no 1150 di 1942 e le sue modifiche) regolamenta lo sviluppo urbanistico del territorio e conferisce alle municipalit? il potere di adottare dei piani di urbanistica che devono riguardare il territorio comunale nella sua interezza.
27. Il PRG ? un atto a durata indeterminata. Il procedimento di adozione di un PRG comincia da una decisione della municipalit? (delibera di adozione) che ? seguita da un periodo durante il quale ogni decisione sulle domande di permesso potendo scontrarsi con la realizzazione del PRG ? sospesa (legge no 1902 di 1952 e le sue modifiche). L’approvazione del PRG dipende dalla competenza delle regioni (articolo 1 del decreto presidenziale (DPR) no 8 di 1972 ed articoli 79 e 80 del DPR no 616 del 1977) mentre prima si faceva da decreto del presidente della Repubblica. Una volta approvato il PRG, ? pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (bollettino delle leggi) e depositato al municipio.
28. Quando regolamenta in modo preciso il piano di sviluppo del territorio, il PRG pu? essere eseguito dei plano; l’applicazione del PRG richiede tuttavia, molto frequentemente, un atto complementare. Questo ultimo pu? dipendere da un’iniziativa pubblica, per esempio di un piano dettagliato di urbanistica, piano particolareggiato che ha, egli, una durata determinata. Difatti, in seguito all’adozione di un piano dettagliato che equivale allora ad una dichiarazione di utilit? pubblica, l’amministrazione dispone di un termine di rigore, non superando dieci anni, conformemente all’articolo 16 della legge di urbanistica, per espropriare e, in ogni caso, per eseguire il piano, altrimenti diventa nullo. Quando l’applicazione del PRG richiede un piano dettagliato di urbanistica, incombe sulla municipalit? di adottarne uno; nessuno termine di rigore ? contemplato tuttavia, a questo riguardo.
B. Imposizione e durata di un’interdizione a costruire: i principi fissati dalla Corte costituzionale
29. Le limitazioni al diritto di disporre della propriet?, come un’interdizione a costruire, sono imposte all’epoca dell’adozione di un piano di urbanistica. Uguale interdizione pu? mirare a un’espropriazione, vincolo preordinato all’esproprio, quando il terreno in questione ? destinato ad un uso pubblico o alla realizzazione di edifici o di infrastrutture pubblici (articolo 7 ?? 3 e 4 della legge di urbanistica).
30. La legge di urbanistica, nel suo testo originale, disponeva che le limitazioni al diritto di propriet? degli individui previsti da un piano generale di urbanistica, in particolare le interdizioni a costruire, avevano una durata equivalente a quella del piano generale di urbanistica, ossia una durata indeterminata; allo stesso tempo, nessuno indennizzo dei proprietari era contemplato (articolo 40).
31. La Corte costituzionale ? stata adita della questione di sapere se un’interdizione che porta un grave attentato gravemente al diritto di propriet? -per esempio un permesso di espropriare (vincolo espropriativo) o un’interdizione a costruire (vincolo di in edificabilit?) -che poteva essere prolungata sine die senza nessuna forma di indennizzo era compatibile col diritto di propriet?.
32. Dalle sentenze rese tra 1966 e 1968 (vedere in particolare le sentenze no 6 di 1966 e no 55 del 29 maggio 1968), la Corte costituzionale ha concluso per il negativo e dichiarato la legge di urbanistica incostituzionale nella misura in cui permetteva di imporre per una durata indeterminata delle limitazioni che portano un grave attentato al diritto di propriet?, per esempio un’interdizione a costruire o un permesso di espropriazione, nella mancanza di ogni indennizzo.
33. La Corte costituzionale ha precisato che la legge pu? limitare il diritto di propriet? degli individui, a patto di non svuotare questo diritto della sua sostanza. Inoltre, il diritto di costruire deve essere considerato come una facolt? inerente al diritto di propriet? che pu? essere ristretta solamente per le ragioni di utilit? pubblica precisa ed attuale. In caso di espropriazione o di limitazioni a durata indeterminata che reca offesa alla sostanza stessa del diritto in questione( per esempio un’interdizione a costruire) il proprietario deve ricevere un compenso finanziario. In compenso, nessuno indennizzo ? dovuto quando un’interdizione a costruire ? contemplata per una durata determinata.
34. Alla luce di queste sentenze della Corte costituzionale che fissa i principi applicabili in caso di limitazioni gravi al diritto di propriet?, il legislatore aveva due opzioni: delle interdizioni a durata determinata senza indennizzo, o delle interdizioni a durata indeterminata con indennizzo immediato.
35. Il legislatore italiano ha dato seguito a queste sentenze scegliendo la prima opzione ed adottando, il 19 novembre 1968, la legge no 1187 di 1968, portando modifica alla legge di urbanistica. Ai termini dell’articolo 2 ? 1 di questa legge, all’epoca dell’adozione di un piano generale di urbanistica, le autorit? locali possono imporre agli individui delle interdizioni in vista dell’espropriazione di un terreno, cos? come delle interdizioni a costruire. Tuttavia, queste limitazioni diventano nulle se l’espropriazione non ha luogo o se nessuno piano di urbanistica di esecuzione, in particolare un piano di urbanistica dettagliata, non ? adottato entro cinque anni.
36. L’articolo 2 della legge no 1187 del 1968 contemplava anche, nel suo secondo paragrafo, una proroga ex lege, per un periodo di cinque anni, dei termini fissati dai piani di urbanistica approvati prima della data della sua entrata in vigore. Le leggi numero 756 di 1973 e 696 di 1975 e il decreto-legge no 781 del 26 novembre 1976 hanno prorogato questi stessi termini fino all’entrata in vigore della legge no 10 del 1977 (disposizioni in materia di edificabilit? dei suoli).
37. Dalla sentenza no 92 del 1982, la Corte costituzionale ha precisato la portata della legge no 10 del 1977, affermando che, anche dopo l’entrata in vigore di suddetta legge, il diritto di costruire resta una facolt? inerente al diritto di propriet?. In quanto alle interdizioni a costruire, ha indicato che queste rimangono sottoposte alla legge no 1187 del 1968, ossia che la loro durata non pu? superare cinque anni nella mancanza dell’adozione di un piano dettagliato.
C. Situazione dopo la scadenza di un’interdizione a costruire
38. Secondo la giurisprudenza, nel caso dove l’interdizione a costruire scada, in virt? dell’articolo 2 ? 1 della legge no 1187 del 1968, alla fine del termine di cinque anni, i terreni in questione non ritrovano automaticamente la loro destinazione iniziale e non sono automaticamente riservati all’uso al quale sono destinato i terreni vicini. La determinazione della nuova destinazione di un terreno richiede un atto positivo dell’amministrazione, come un piano dettagliato di urbanistica.
Nell’attesa di un tale atto, i terreni concernenti sono considerati, conformemente alla giurisprudenza, come essendo sottoposti al regime contemplato all’articolo 4 della legge no 10 del 1977 relativo ai terreni delle municipalit? che non hanno adottato dei piani generali di urbanistica (giurisprudenza del Consiglio di stato, vedere in particolare le sentenze della camera plenaria i numeri 7 e 10 del 1984).
Secondo l’articolo 4 della legge suddetta, un permesso di costruire pu? essere concesso quando certe condizioni sono collegate ed unicamente per l’edificazione, al di fuori di un settore di abitazione, di edifici di un volume molto ridotto. Se il terreno ? situato dentro ad un settore di abitazione, ogni nuova costruzione ? vietata.
39. La regione del Lazio ha trasposto questa giurisprudenza nella legge no 86 del 24 novembre 1990 che contempla espressamente che un’interdizione assoluta a costruire colpisca i terreni privati di destinazione urbanistica che si trova dentro ad un settore di abitazione.
D. Inerzia dell’amministrazione
40. Dopo la scadenza di un’interdizione a costruire, incombe sulla municipalit? di determinare velocemente la nuova destinazione del terreno concernente; tuttavia, nessun termine ? contemplato.
41. L’inerzia dell’amministrazione pu? essere attaccata davanti alle giurisdizioni amministrative (sentenza del Consiglio di stato, sezione IV, 20 maggio 1996, no 664). Queste ultime possono ordinare alla municipalit? di determinare la nuova destinazione degli immobili in questione, senza potere sostituirsi tuttavia alle autorit? competenti nella scelta dell’uso. Nella sua sentenza no 67 del 1990, vertente su un caso di espropriazione dove era in causa l’inerzia dell’amministrazione, la Corte costituzionale ha affermato che il ricorso che permette di attaccare l’inerzia dell’amministrazione davanti al tribunale amministrativo era inoperante e di questo fatto poco efficace (“defatigante e non conclusivo con conseguente scarsa efficacia”).
42. La Corte costituzionale ? stata adita della questione di sapere se il fatto di sottoporre un terreno al regime previsto dall’articolo 4 della legge no 10 del 1977 era compatibile con la Costituzione, dato che questo regime provocava un’interdizione a costruire sine die -l’amministrazione che tarda a determinare la nuova destinazione del terreno concernente, in particolare ad adottare un piano di urbanistica,-e che nessun indennizzo era contemplato. Nella sua sentenza no 185 del 1993, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione irricevibile, stimando che dipendeva dalla competenza esclusiva del legislatore di intervenire velocemente ed in modo appropriato per ovviare alla situazione.
E. Rinnovo di un’interdizione a costruire (tramite atto amministrativo)
43. Da una sentenza di 1989 (no 575), la Corte costituzionale ha indicato che alla scadenza del termine di cinque anni previsti dall’articolo 2 della legge no 1187 del 1968 ed all’epoca dell’elaborazione di un nuovo piano di piano di sviluppo del territorio, le autorit? locali hanno il potere di rinnovare l’interdizione a costruire per le ragioni di utilit? pubblica. Questa sentenza ha riconosciuto il potere dell’amministrazione di rinnovare un’interdizione dopo la scadenza della prima dunque.
44. Tuttavia, il potere dell’amministrazione di proseguire un’interdizione a costruire non pu? manifestarsi in un’interdizione sine die nella mancanza di ogni forma di indennizzo. Difatti, quando l’interdizione a costruire svuota di ogni sostanza il diritto di propriet?, a causa dell’incertezza considerevole generata dalla sua proroga per una durata indeterminata o il suo rinnovo, il proprietario dovrebbe essere indennizzato (vedere anche le sentenze della Corte costituzionale numeri 186 di 1993 e 344 del 1995 e la sentenza del Consiglio di stato (sezione IV) no 159 del 1994).
F. Assenza di indennizzo
45. La Corte di cassazione ha indicato che in caso di limitazioni del diritto di propriet? in vista di un’espropriazione, ed anche nella mancanza di ogni indennizzo, il proprietario in questione ? titolare di un semplice interesse legittimo (interesse legittimo) -questo cio? che si trova in una situazione individuale protetta in modo indiretto e subordinato al rispetto dell’interesse pubblico-, e non di un diritto pieno ed assoluto (diritto soggettivo) alla concessione di un compenso finanziario (vedere le sentenze della camera plenaria della Corte di cassazione numeri 11308 del 28 ottobre 1995, 11257 del 15 ottobre 1992 e 3987 del 10 giugno 1983).
46. Da allora, a fronte della decisione delle autorit? municipali che gli impongono un’interdizione a costruire, un proprietario pu? investire le giurisdizioni amministrative per fare constatare se, nell’esercizio del suo potere discrezionale, l’amministrazione ha rispettato le regole fissate dalla legge e non ha superato il margine di valutazione di cui dispone nella ricerca dell’equilibrio da predisporre tra gli interessi pubblici e quegli degli individui. Tuttavia, anche se le giurisdizioni amministrative annullano l’interdizione a costruire, nessun compenso finanziario ? dovuto quando la misura ? stata ordinata per una durata determinata, in particolare se ? sottoposta al termine di cinque anni previsti dall’articolo 2 della legge no 1187 del 1968.
47. Nella sua sentenza no 179 del 12-20 maggio 1999, la Corte costituzionale, ricordando i principi fissati nella sua giurisprudenza anteriore (vedere le sentenze citate sopra al paragrafo 32 cos? come le sentenze nostri 82 del 1982, 575 di 1989 e 344 del 1995) ha dichiarato incompatibile con la Costituzione la mancanza di disposizione legale che contempla una forma di indennizzo nei casi dove l’amministrazione rinnovava un permesso ad espropriare o un’interdizione a costruire in modo tale che il diritto di propriet? se ne trovava gravemente colpito. Le limitazioni al diritto di propriet? erano problematiche quando un’interdizione era rinnovata o prorogata sine die o quando era rinnovata molte volte per un periodo determinato.
Pure lasciando intatta la possibilit? per l’amministrazione di rinnovare le interdizioni a costruire, la Corte costituzionale ha affermato che era necessario che il legislatore intervenisse e contemplasse una forma di indennizzo, precisando i criteri e le modalit? di questa.
La Corte costituzionale non ha escluso la possibilit? per un giudice adito di una domanda di indennizzo prima dell’intervento del legislatore di ricercare nel sistema giuridico dei criteri che gli permettono di concedere, all’occorrenza, un’indennit?.
Infine, ha precisato che l’obbligo di indennizzare riguardava solamente il periodo dopo i primi cinque anni di interdizione (periodo di franchigia).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
48. La societ? richiedente adduce che le restrizioni che colpiscono il suo terreno per un lungo periodo e nella mancanza di indennizzo portano attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 che ? formulato cos?:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’esistenza di un’ingerenza nel diritto di propriet? del richiedente
49. La Corte nota che le parti si accordano a dire che c’? stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni.
50. Resta ad esaminare se suddetta ingerenza ha infranto o non l’articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Sulla giustificazione dell’ingerenza nel diritto di propriet? del richiedente
1. La regola applicabile
51. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: “la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda, figurando nella seconda frase dello stesso capoverso, mira la privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra l?altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno munto agli esempi particolari di attentati al diritto di propriet?; da allora, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima” (vedere, tra l?altro, James ed altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986, serie a no 98, pp. 29-30, ? 37 che riprende in parte i termini dell’analisi che la Corte ha sviluppato in Sporrong e L?nnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie a no 52, p. 24, ? 61; vedere anche le sentenze I santi monasteri c. Grecia, 9 dicembre 1994, serie Ha no 301-a, p. 31, ? 56, ed Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, ? 55, CEDH 1999-II).
52. Il richiedente adduce essere vittima di un’espropriazione che deriva dell’effetto combinato delle interdizioni a costruire in vista dell’espropriazione del terreno che ha ridotto a nulla il valore di questo e le possibilit? di disporrne.
53. Il Governo sostiene che la situazione controversa dipende della regolamentazione dell’uso dei beni.
54. La Corte nota che il terreno del richiedente ? stato fatto oggetto di interdizioni a costruire in vista di un’espropriazione. Ora queste misure non hanno provocato una privazione formale di propriet?, al senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, poich? il diritto di propriet? del richiedente ? restato giuridicamente intatto.
55. Nella mancanza di un trasferimento di propriet?, la Corte deve guardare al di l? delle apparenze e deve analizzare la realt? della situazione controversa. A questo riguardo, importa di ricercare se suddetta situazione non equivaleva ad un’espropriazione di fatto, come pretende l’interessato (vedere, mutatis mutandis, Airey c. Irlanda, sentenza del 9 ottobre 1979, serie Ha no 32, p. 14, ? 25).
56. La Corte rileva che gli effetti denunciati dal richiedente derivano tutti dalla diminuzione della disponibilit? del bene in causa. Risultano delle limitazioni portate al diritto di propriet? cos? come delle conseguenze di queste sul valore dell’immobile. Tuttavia, sebbene abbia perso della sua sostanza, il diritto in causa non ? sparito. Gli effetti delle misure in questione non sono come si possa assimilarli ad una privazione di propriet?. La Corte nota a questo argomento che il richiedente non ha perso l’accesso al terreno n? la padronanza di questo e che in principio la possibilit? di vendere il terreno, anche se resa pi? ardua, ? rimasta (sentenze Loizidou c. Turchia (fondo), 18 dicembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-VI, p. 2237, ? 63, e Sporrong e L?nnroth, precitato, pp. 24-25, ? 63). In queste condizioni, la Corte stima che non c’? stata espropriazione di fatto e, da allora, che la seconda frase del primo capoverso non trova ad applicarsi nel caso.
57. La Corte ? di parere che le misure controverse non dipendono neanche della regolamentazione dell’uso dei beni, al senso del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, se ? vero che si tratta di interdizioni a costruire che regolamentano il territorio (sentenza Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 25, ? 64) non viene meno che le stesse misure miravano allo stesso tempo l’espropriazione del terreno (paragrafo 29 qui sopra).
Da allora, la Corte stima che la situazione denunciata dal richiedente dipende dalla prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1, sentenze Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 25, ? 65, Erkner e Hofauer c. Austria, 23 aprile 1987, serie a no 117, pp. 65-66, ? 74, e Poiss c. Austria, 23 aprile 1987, serie Ha no 117, p. 108, ? 64).
2. Il rispetto della norma enunciata alla prima frase del primo capoverso
58. Ai fini della prima frase del primo capoverso, la Corte deve ricercare se un giusto equilibrio ? stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, (sentenze Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 26, ? 69, e Phocas c. Francia, 23 aprile 1996, Raccolta 1996-II, p. 542, ? 53).
a, Tesi difesa dal richiedente
59. Il richiedente sostiene che la situazione denunciata non ? conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
60. Fa osservare che l’ingerenza nel suo diritto al rispetto del suo beni dura da pi? di trentatre anni, dato che prima dell’adozione del piano generale di urbanistica del 1974 e dell’imposizione della prima interdizione, il suo terreno si trovava sotto l’influenza delle misure di salvaguardia dalla decisione presa dalla municipalit? nel 1967.
61. Il richiedente rimprovera alle autorit? amministrative un lungo periodo di inerzia, sottolineando che l’amministrazione ha tardato a determinare la destinazione del terreno, dopo la scadenza della prima interdizione, e che non ha proceduto mai all’espropriazione del terreno. A questo riguardo, l’interessato fa osservare che a partire da novembre 1979, dopo la scadenza dell’interdizione a costruire imposta nel piano generale di urbanistica, il terreno ? stato sottomesso al regime della legge no 10 del 1977, ci? che equivaleva ad una nuova interdizione a costruire che ? durata fino all’adozione del piano dettagliato. Il richiedente aggiunge che la Corte costituzionale ha giudicato questo sistema illegale in una sentenza resa nel 1999.
62. Il richiedente fa osservare che, dall’effetto combinato delle interdizioni a costruire in vista dell’espropriazione del suo terreno, il suo diritto di propriet? “? stato gelato” durante tutto questo periodo: ha perso ogni possibilit? di utilizzare il terreno ed il valore di questo ? stato ridotto a nulla.
63. Contesta l’affermazione del Governo secondo la quale avrebbe potuto utilizzare il terreno a dei fini agricoli, dato che ? situato in pieno centro di Pomezia. Peraltro, il fatto che prima dell’adozione del piano generale di urbanistica la municipalit? di Pomezia sia stata favorevole ad un progetto di costruzione confermerebbe che il terreno non si presta ad uso agricolo.
64. Afferma che era anche impossibile dare il terreno in affitto, poich? nessuna attivit? sarebbe stata ivi autorizzata.
65. In quanto alla possibilit? di vendere il terreno, l’interessato sostiene che la situazione controversa ha eliminato ogni possibilit? concreta di trovare un acquirente.
66. Il richiedente contesta la tesi del Governo secondo la quale un acquirente potenziale riceverebbe, nel caso in cui il terreno sarebbe espropriato in seguito, un’indennit? quasi equivalente al valore venale. A questo riguardo, si riferisce alla legge no 359 del 1992 che fissa i criteri per determinare l’indennizzo in caso di espropriazione, e sostiene che l’indennit? equivarrebbe al 30% del valore venale del terreno. Di conseguenza, non si potrebbe affermare che il terreno in causa pu? essere venduto.
67. Peraltro, se il terreno non era espropriato e che l’atto amministrativo che impone l’interdizione a costruire diventava nullo, un acquirente potenziale dovrebbe aspettare che l’amministrazione decida della nuova destinazione del terreno. Ora, per lamentarsi dell’inerzia dell’amministrazione, l’interessato dispone solamente del ricorso davanti al tribunale amministrativo di cui l’efficacia ? ristretta, come ha detto la Corte costituzionale nella sua sentenza no 67 del 1990 e come lo prova il procedimento che il richiedente ha lui stesso intentato davanti alle giurisdizioni amministrative. Ci? rinforza la conclusione che il terreno era un bene fuori dal commercio.
68. Tenuto conto della gravit? dell’attentato al suo diritto di propriet?, il richiedente sostiene che la mancanza di indennizzo ? incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte (sentenze Sporrong e L?nnroth, Erkner e Hofauer, e Poiss, precitati), osserva che una rottura del giusto equilibrio ? stata riconosciuta in queste cause, dove l’ingerenza aveva una durata inferiore a quella del caso in questione.
69. Il richiedente sottolinea che i principi fissati in materia dalla Corte costituzionale non sono stati presi in conto nella giurisprudenza del Consiglio di stato e della Corte di cassazione e che un terreno pu? essere dunque sempre sottomesso per una durata indeterminata ad un’interdizione a costruire, senza possibilit? di indennizzo.
70. In conclusione, il richiedente invita la Corte a constatare una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) Tesi difesa dal Governo,
71. Il Governo sostiene che la situazione denunciata non pu? essere assimilata ad una privazione di propriet?. Difatti, la lagnanza del richiedente riguarda l’interdizione di costruire colpendo il suo terreno, misura che non equivale all’impossibilit? di utilizzare il terreno. A questo riguardo, il Governo sostiene che un’utilizzazione a dei fini agricoli sarebbe stata possibile.
72. Il richiedente avrebbe avuto inoltre, sempre la possibilit? di vendere il suo terreno, malgrado il rischio di espropriazione. Difatti, in caso di espropriazione, un’indennit? che raggiunge quasi il valore commerciale del terreno sarebbe versata dall’amministrazione.
Peraltro, se il terreno non fosse espropriato, l’interdizione di costruire diventerebbe nulla alla fine del termine previsto dalla legge e l’amministrazione deciderebbe di una nuova destinazione del terreno.
73. Avuto riguardo a queste considerazioni, il Governo afferma che non c’? stata rottura del giusto equilibro nel caso, poich? l’interdizione a costruire controversa dipende dal margine di valutazione lasciato agli Stati che ? particolarmente largo in questo campo. Si riferisce alla giurisprudenza della Corte nelle cause Mellacher ed altri c. Austria, sentenza del 19 dicembre 1989, serie a no 169, Fredin c. Svezia (no 1), sentenza del 18 febbraio 1991, serie a no 192, Allan Jacobsson c. Svezia (no 1), sentenza del 25 ottobre 1989, serie a no 163, e Pine Valley Developments Ltd ed altri c. Irlanda, sentenza del 29 novembre 1991, serie a no 222.
74. Il Governo indica infine che il diritto di propriet? come garantito dalla Costituzione italiana risponde ad una funzione sociale.
75. In conclusione, sostiene che la situazione denunciata dal richiedente ? compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 e chiede alla Corte di dedurre alla non-violazione di questa disposizione.
c)Valutazione della Corte
76. La Corte constata che il terreno del richiedente ? stato sottomesso ad un’interdizione a costruire in vista della sua espropriazione, in virt? del piano generale di urbanistica. Dopo la sua scadenza, l’interdizione ? stata mantenuta in applicazione del regime previsto dalla legge no 10 del 1977; in seguito, un’altra interdizione a costruire in vista dell’espropriazione ? stata imposta dal piano dettagliato di urbanistica. Ne risulta che l’ingerenza controversa dura da pi? di ventisei anni se si prende come punto di partenza l’approvazione del piano generale di urbanistica dalla regione (paragrafo 10 sopra) e da pi? di trentatre anni se si parte dalla decisione della municipalit? in vista della sua adozione (paragrafo 9 sopra).
77. La Corte giudica naturale che, in un campo tanto complesso e difficile come il piano di sviluppo del territorio, gli Stati contraenti godono di un grande margine di valutazione per condurre la loro politica urbanistica (sentenza Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 26, ? 69). Tiene per stabilito che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni soddisfaceva le esigenze dell’interesse generale. Non saprebbe rinunciare per tanto al suo potere di controllo.
78. Gli appartiene di verificare che l’equilibrio voluto ? stato preservato in modo compatibile col diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni, al senso della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
79. La Corte stima che il richiedente ? restato in un’incertezza totale in quanto alla sorte della sua propriet? durante tutto il periodo in questione: in un primo tempo, dato che il terreno era oggetto di un’interdizione imposta dal piano generale di urbanistica in vista dell’espropriazione, sarebbe potuto essere espropriato purch? un piano dettagliato di urbanistica sia adottato, ci? che non ? stato il caso (paragrafo 11 sopra); dopo 1979 il terreno poteva essere colpito ogni momento di nuovo da un’altra interdizione in vista della sua espropriazione, ci? che si ? prodotto sedici anni pi? tardi, nell’ottobre 1995, da una decisione della municipalit? diventata definitiva nel 1999 (paragrafi 12, 13, 23-25 sopra); il terreno pu? essere espropriato attualmente ogni momento.
80. La Corte nota che le domande inviate alla municipalit? ed i ricorsi introdotti dal richiedente davanti alle giurisdizioni amministrative non hanno ovviato all’incertezza che ha pesato sull’interessato tra il 1979 e 1995 ( paragrafi 15-22 sopra).
81. Stima inoltre che l’esistenza, durante tutto il periodo in questione, di interdizioni a costruire ha ostacolato il pieno godimento del diritto di propriet? del richiedente e ha accentuato le ripercussioni dannose sulla situazione di questo indebolendo considerevolmente, tra l’altro, le probabilit? di vendere il terreno.
82. Infine, constata che la legislazione nazionale non contempla la possibilit? di ottenere un’indennit?.
83. Le circostanze della causa, in particolare l’incertezza e l’inesistenza di ogni ricorso interno effettivo suscettibile ad ovviare alla situazione controversa, combinate con l?ostacolo al pieno godimento del diritto di propriet? e la mancanza di indennizzo, portano la Corte a considerare che il richiedente ha dovuto sopportare un carico speciale ed esorbitante che ha rotto il giusto equilibrio che deve regnare tra, da una parte, le esigenze dell’interesse generale e, dall?altra parte, la salvaguardia del diritto al rispetto dei beni (sentenze Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 28, ?? 73-74, Erkner e Hofauer, precitato pp. 66-67, ?? 78-79, Poiss, precitato, p. 109, ?? 68-69, ed Almeida Garrett, Mascarenhas Falc?o ed altri c. Portogallo, i nostri 29813/96 e 30229/96, ? 54, CEDH 2000-I).
84. In conclusione, c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL?APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
85. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
86. A titolo del danno materiale, il richiedente sollecita 5 389 410 000 lire (ITL), corrispondenti al valore del terreno nel 1979, quando la prima interdizione di costruire ? scaduta. Questa somma deve essere indicizzata e deve essere aumentata di interessi. Il richiedente si affida a una perizia effettuata nel novembre 1977 concernente i terreni vicini sui quali sono stati edificati degli edifici nel limite del coefficiente di tre metri cubo per metro quadrato. Indica che nel dicembre 2000 il valore del terreno ? stato stimato a 550 000 ITL il metro quadrato.
87. A titolo del danno morale, il richiedente sollecita 5 miliardi di ITL. Essendo un’impresa familiare gestita dai genitori e figli, stima poter pretendere ad un’indennit? per l’incertezza e l’angoscia che le vicissitudini legate al terreno hanno provocato, che rappresenta l’essenziale delle risorse familiari. Peraltro, questa situazione avrebbe avuto delle ripercussioni sulla salute di due soci.
88. Il richiedente richiede il rimborso dei diversi oneri incorsi al livello nazionale, o 200 milioni di ITL, ma ammette non essere in possesso dell’insieme dei giustificativi. In quanto al procedimento davanti al tribunale amministrativo regionale ed il Consiglio di stato (paragrafi 16-21 sopra) ha fornito due note di parcella che ammonta rispettivamente a 7 500 000 ITL e 2 150 000 ITL; ha presentato inoltre una terza nota di parcella di un importo di 5 milioni di ITL corrispondente all’assistenza ulteriore dell’avvocato che l’ha difeso nel procedimento suddetto. L’importo globale delle tre note di parcella di cui il richiedente sollecita il rimborso ? di 14 650 000 ITL, pi? IVA (tassa sul valore aggiunto) e CPA (contributo alla cassa di previdenza degli avvocati).
89. In quanto al procedimento a Strasburgo, il richiedente presenta un progetto di nota di parcella redatta sulla base della tabella nazionale e sollecita il rimborso di 238 milioni di ITL pi? IVA e CPA.
90. Secondo il Governo, il richiedente non ? fondato a richiedere un’indennit? per danno materiale, nella misura in cui chiede una somma per un terreno edificabile e si riferisce ai terreni vicini che non sono sottomessi ad un’interdizione a costruire. Secondo lui, richiedere un’indennit? di questo tipo equivale a negare il potere dell’amministrazione di regolamentare il piano di sviluppo del territorio ed a riconoscere al proprietario il diritto di costruire.
91. Concernente il danno morale, il Governo sostiene che nessuna somma deve essere accordata al richiedente a questo titolo, essendo questa una societ?. Comunque sia, giudica la somma richiesta esorbitante.
92. Infine, secondo il Governo, non c’? luogo di rimborsare gli oneri esposti dal richiedente.
93. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perci?, la rimanda tenuto conto della possibilit? di un accordo tra lo stato convenuto e gli interessati (articolo 75 ?? 1 e 4 del regolamento).
DA QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dice, per sei voci contro una, che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Dice, per sei voci contro una, che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato; perci?,
a) la rimanda per intero;
b)invita il Governo ed il richiedente ad inviargli per iscritto, nei tre mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a dargli conoscenza di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) rimanda il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 2 agosto 2001, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del regolamento.
Erik Fribergh Christos Rozakis
Cancelliere Presidente
Alla presente sentenza si trova unito, conformemente agli articoli 45 ? 2 della Convenzione e 74 ? 2 del regolamento, l’esposizione dell’opinione dissidente del Sig. Conforti.
C.L.R.
E.F.
OPINIONE DISSIDENTE
DEL GIUDICE CONFORTI
A mio parere, l’articolo 1 del Protocollo no 1 non ? stato infranto nel caso.
La questione principale che solleva la causa ? l’interdizione a costruire che colpisce il terreno della societ? richiedente da ventisei anni, o a causa del comportamento della municipalit? di Pomezia, o-e soprattutto-a causa della legge no 10 del 1977 dello stato italiano e della legge no 86 del 1990 della regione del Lazio (paragrafi 13 e 38-40 della sentenza).
Secondo la maggioranza della Corte, la societ? richiedente essendo restata in un’incertezza totale in quanto alla sorte della sua propriet? in ragione, da una parte, dell’interdizione a costruire in vista dell’espropriazione e, dall?altra parte, della mancanza di piani dettagliati di urbanistica, il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale ed il diritto al rispetto dei beni del richiedente ? stato rotto.
Non sono di accordo.
Tutti in Italia sanno che l’interdizione a costruire prevista dalla legge del 1977 ? stato una reazione ad un comportamento degli individui-societ? immobiliari o persone fisiche-che avevano ridotto la pi? grande parte del territorio italiano-quello cio? che era stato richiamato il pi? bel giardino dell’Europa! -ad una massa di cemento. Tutti in Italia sanno anche che la possibilit? di espropriare la totalit? dei terreni che sono oggetto di un’interdizione a costruire ? puramente virtuale e non reale, e che non ? imposta “in vista di un’espropriazione” dunque ma che mira semplicemente a vietare di costruire.
Al mio umile parere, la Corte avrebbe dovuto tenere conto di ci? quando ha valutato gli interessi in gioco, per non rischiare di decidere nell’astratto o, lo dico con rispetto, nel vuoto. Si sarebbe dovuta chiedere se una misura di interdizione a costruire su dei terreni che, per la maggior parte, erano dei terreni agricoli o dei giardini privati, e che dovevano restare dei terreni agricoli o dei giardini dunque, non si giustificava nell’interesse generale. Per me, era la giusta soluzione.