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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE EKDAL ET AUTRES c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 06, P1-1
Numero: 6990/04/2011
Stato: Turchia
Data: 2011-01-25 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1; parzialmente inammissibile; Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA EKDAL ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 6990/04)
SENTENZA
STRASBURGO
25 gennaio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Ekdal ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 gennaio 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6990/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui cinquantanove cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 19 gennaio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
Con una lettera ricevuta il 18 novembre 2008, la Corte è stata informata dagli avvocati dei richiedenti del decesso, il 7 ottobre 2007, della Sig.ra Z. B.r e del fatto che S. S., K. B. e K. S. erano i suoi soli eredi e che avevano espresso il desiderio di mantenere la richiesta.
2. I richiedenti sono rappresentati dinnanzi alla Corte da S. S. K. e M. T., avvocati ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 6 ottobre 2008, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il SIG. C. B., deceduto nel 1967, A. T. E., deceduto nel 2004, M E. (richiedente, nato nel 1922) e la Sig.ra S. G., deceduta nel 1948, (“i proprietari principali”) erano comproprietari di differenti parti di un terreno di una superficie di 3 667 118 m2, situato ad Eyüp-Alibeyköy (Istanbul).
I richiedenti OMISSIS. Sono dei cittadini turchi nati rispettivamente nel 1937, 1957, 1959, 1975, 1941, 1925, 1938, 1958, 1956, 1960, 1948, 1958, 1949, 1934, 1949, 1966, 1974, 1969, 1953, 1958, 1935, 1951, 1960, 1946, 1939, 1948, 1931, 1938, 1966, 1958, 1962, 1942, 1952, 1953, 1963, 1965, 1973, 1974, 1976, 1978, 1921, 1944, 1957, 1943, 1961, 1956, 1966, 1942, 1976, 1950, 1954, 1958, 1965, 1960, 1977, 1981, 1934 e 1966.
A. Il bene controverso ed il trasferimento della proprietà al Tesoro
5. La controversia riguarda il terreno situato ad Eyüp-Alibeyköy, ad Istanbul.
Secondo un documento stabilito il 15 gennaio 2004 dalla direzione del registro fondiario di Eyüp, il terreno in questione era iscritto sul registro fondiario sotto i numeri di appezzamenti 1 e 13 del lotto no 75. Il primo appezzamento era un pascolo, il secondo una latteria abbandonata. Secondo questo documento, il registro indicava anche che, mentre 29/48 di questo bene appartenevano a C. B., 10/48 al M. E., 3/48 ad A.T. E., 6/48 agli eredi di S. G., il terreno in questione era stato iscritto il 12 dicembre 1963 a nome del Tesoro in seguito ad un giudizio adottato il 21 giugno 1963 dalla corte d’appello di Eyüp.
6. Secondo la pratica della causa, la commissione catastale aveva realizzato un studio catastale il 10 e l’11 dicembre 1957. Il verbale corrispondente menzionava che la proprietà di questi appezzamenti era oggetto di un’azione possessoria che era pendente dinnanzi alla corte d’appello di Eyüp dal 19 febbraio 1955, e che la commissione catastale aveva deciso di lasciare vuote fino alla fine del processo le caselle del libro del registro fondiario destinate all’indicazione dei nomi dei proprietari.
7. Sempre il Tesoro, basandosi sulla legge no 221 entrata in vigore il 13 gennaio 1961, aveva investito la corte d’appello di Eyüp di un’istanza tesa all’iscrizione a suo nome sul registro fondiario degli appezzamenti di terreno numeri 1 e 13 secondo gli elementi della pratica, il 4 marzo 1963, così come di altri appezzamenti di terreni che appartenevano ad altre persone. Si trattava di un procedimento speciale in cui la partecipazione della parte convenuta non era necessaria.
8. Dinnanzi al tribunale, il Tesoro aveva sostenuto in particolare che il terreno in questione era occupato dal 1954, senza interruzione, dal ministero della Difesa nazionale e che i proprietari erano spogliati di tutti i loro diritti in applicazione della legge no 221.
9. Con un giudizio del 21 giugno 1963, il tribunale aveva deciso di annullare il titolo di proprietà degli interessati e di ordinare l’iscrizione del terreno a nome del Tesoro pubblico sul fondamento della legge no 221. In mancanza di ricorso, questo giudizio era diventato definitivo.
10. Il 12 dicembre 1963, il terreno era stato iscritto nel registro fondiario a nome del Tesoro pubblico.
B. Le azioni concernenti il titolo di proprietà
1. L’azione impegnata nel 1955 (azione no 1955/177)
11. Il 19 febbraio 1955, i proprietari dei terreni attigui avevano impegnato contro i richiedenti un’azione per possesso dubbio dinnanzi alla corte d’appello di Eyüp. Sostenevano di avere acquisito i beni controversi nel 1949 tramite atto di vendita notarile.
Da parte loro, il 23 marzo 1955, i richiedenti avevano impegnato una contro-azione contro i proprietari dei terreni attigui.
12. Con un giudizio del 18 luglio 1957, la corte d’appello di Eyüp respinse i richiedenti ed i suddetti proprietari della loro istanza, considerando che il bene controverso era un pascolo appartenente al Tesoro da sempre.
13. Con una sentenza del 3 maggio 1958, la Corte di cassazione annullò il giudizio attaccato dai richiedenti ed alcuni dei proprietari dei terreni attigui, al motivo che era il tribunale catastale che era competente per deliberare sul merito della controversia.
14. Il 1 giugno 1962, sostenendo che l’appezzamento di terreno no 1 gli apparteneva, il Tesoro pubblico si costituì parte nel procedimento.
15. Il 18 luglio 1977, il tribunale catastale di Eyüp rese il suo giudizio. Constatando che il titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro in applicazione della legge no 221, decise di accordare un termine affinché gli interessati potessero impegnare un’azione per danno-interessi. Tuttavia, risulta dalla pratica che nessuna azione è stata impegnata entro il termine accordato.
16. Su ricorso dei richiedenti, il 19 dicembre 1978, la Corte di cassazione annullò questo giudizio. La pratica fu rinviata dinnanzi alla giurisdizione catastale di prima istanza e prese il numero 1980/199.
2. L’azione impegnata dai richiedenti nel 1964 (1964/337)
17. Nel frattempo, il 2 aprile 1964, su richiesta dei richiedenti, la corte d’appello di Eyüp, accompagnata da periti, aveva effettuato una perizia dei luoghi. Era stato constatato che sulla strada che conduce ad Uzuncaova si trovavano una baracca ed una cabina e che il resto del terreno era vuoto.
18. Il 15 luglio 1964, gli interessati investirono lo stesso tribunale e chiesero l’iscrizione del terreno a loro nome o, a difetto, il pagamento del suo controvalore pecuniario. La cancelleria assegnò alla pratica il numero di richiesta 1964/337.
19. All’udienza del 25 marzo 1965, il tribunale, considerando che due azioni, riguardanti una la restituzione e l’altra l’indennizzo, non potevano essere intentate simultaneamente, chiese ai richiedenti di scegliere l’azione di giustizia che intendevano condurre ed accordò loro un termine per questo fare.
20. All’udienza del 28 maggio 1965, gli interessati optarono per l’azione di restituzione del bene e rinunciarono all’azione tesa all’ottenimento di un’indennità all’altezza il valore del bene.
21. Il 18 novembre 1986, la corte d’appello di Eyüp respinse i richiedenti della loro istanza, considerando in particolare che il titolo di proprietà dei beni controversi era stato trasferito al Tesoro nel 1963.
22. Il 30 giugno 1987, la Corte di cassazione confermò questo giudizio.
23. Il 3 marzo 1988, la Corte di cassazione, investì di un’istanza di rettifica della sentenza, ritornò parzialmente sulla sua decisione precedente. Confermò da una parte la sua sentenza del 30 giugno 1987 per quanto riguardava il trasferimento del titolo di proprietà effettuato in applicazione della legge no 221. In compenso, annullò questa sentenza per quanto riguardava la delimitazione del terreno controverso per mancanza di ricerca sufficiente. Considerò in particolare che conveniva determinare i limiti del terreno oggetto dell’applicazione della legge no 221.
24. Il 6 giugno 1988, la corte d’appello di Eyüp, deliberando su rinvio, reiterò il suo giudizio precedente.
25. Il 22 febbraio 1989, l’assemblea plenaria della Corte di cassazione annullò il giudizio reso dalla giurisdizione di prima istanza e decise che era il tribunale catastale di Eyüp che era competente per deliberare sulla causa in questione.
3. La congiunzione delle azioni numeri 1955/177 e 1964/337
26. Il 20 febbraio 1991, la corte d’appello decise di unire le azioni numeri 1955/177 e 1964/337. Fu così come l’azione no 1964/337 fu unita alla pratica no 1980/199.
27. La Direzione generale delle foreste ed un certo numero di altre persone intervenne in questo procedimento.
28. Il 7 agosto 1996 ed il 22 novembre 1999, due perizie furono effettuate sul terreno.
29. Il 9 maggio 2000, il tribunale catastale di Eyüp respinse gli interessati della loro istanza di restituzione del bene. Constatò in particolare che era stabilito che il titolo di proprietà dei beni controversi era stato trasferito al Tesoro in applicazione della legge no 211.
30. Gli interessati ricorsero in cassazione.
31. Con una sentenza del 12 giugno 2001, la Corte di cassazione annullò il giudizio attaccato. Considerò in particolare che conveniva determinare i limiti del terreno che era stato oggetto dell’applicazione della legge no 221.
32. Il Tesoro fece un ricorso per rettifica della sentenza.
33. Con una sentenza del 17 febbraio 2003 che fu notificata ai richiedenti il 31 luglio 2003, la Corte di cassazione rettificò la sua sentenza iniziale e confermò il giudizio del 9 maggio 2000 reso dal tribunale catastale di Eyüp. Considerò in particolare ciò che segue:
“(…) il giudizio reso dalla corte d’appello di Eyüp il 18 novembre 1986, in virtù del quale il terreno controverso era stato espropriato dall’amministrazione in applicazione dell’articolo 221, era stato oggetto di un ricorso. La Corte di cassazione, nella sua sentenza del 30 giugno 1987, ha confermato questa conclusione e ha respinto il mezzo di rettifica nella sua sentenza del 3 marzo 1988. Di conseguenza, l’annullamento della Corte di cassazione in quanto alla sentenza del 30 giugno 1987 non riguarda questa parte del giudizio. Ne segue che questa parte del giudizio era diventata costitutiva di diritti procedurali acquisiti in favore del Tesoro ed era passata in giudicato dal 3 marzo 1988.
In seguito, il tribunale catastale ha confermato questa conclusione
Allo stesso tempo, poiché nessuna azione tesa ad ottenere un’indennità risultante dalla perdita di proprietà relativa ai beni in questione era pendente, non c’era luogo di pronunciarsi sulla validità dei titoli di proprietà delle parti “
C. L’azione per danno-interessi
34. Il 20 ottobre 2004, i richiedenti investirono la corte d’appello di Istanbul di un’azione tesa all’ottenimento di danno-interessi per espropriazione de facto del loro terreno.
35. Il 30 dicembre 2004, il tribunale si dichiarò incompetente a profitto della corte d’appello di Eyüp.
36. Il 14 febbraio 2006, la corte d’appello di Eyüp respinse i richiedenti al motivo che le condizioni di un’espropriazione de facto non erano riunite, nella misura in cui la proprietà del loro terreno era stata trasferita il 12 dicembre 1963 al Tesoro con una decisione di giustizia diventata definitiva. Considerò in particolare ciò che segue:
“(…) sostenendo che il Tesoro ha occupato il terreno in questione, la parte attrice richiede il risarcimento dei danni che dice di avere subito a causa di un’espropriazione de facto e del non-godimento dei suoi beni a partire dal 1964. La presente azione non riguarda tuttavia, per niente la proprietà dei beni in questione. La controversia riguardante la proprietà di questi beni è stata già decisa dal tribunale catastale ed il giudizio è diventato definitivo. I beni sono iscritti a nome del Tesoro. Di conseguenza, in mancanza di un diritto di proprietà, la parte convenuta non può pretendere nessuna somma per un’espropriazione de facto “
37. Il 12 dicembre 2006, la Corte di cassazione confermò in tutte le sue disposizioni questo giudizio.
38. Il 16 aprile 2007, respinse il ricorso per rettifica della sentenza. Questa sentenza fu notificata ai richiedenti il 2 maggio 2007.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
39. In virtù dell’articolo 1 della legge no 221 del 12 gennaio 1961 che disciplina lo statuto dei beni sottoposti de facto all’utilizzazione del servizio pubblico, erano reputati espropriati i beni sottoposti prima del anteriori 1956 all’utilizzazione del servizio pubblico senza che fosse stato fatto uso del procedimento di espropriazione formale.
Secondo l’articolo 4 di questa legge, il diritto di richiedere il controvalore di tali beni era precluso entro due anni a contare dalla data di entrata in vigore della legge no 221, ossia il 13 gennaio 1961.
40. Una sentenza di principio del 16 maggio 1956, pubblicata l’ 11 agosto 1958, resa dalla camera plenaria della Corte di cassazione, sulla Gazzetta ufficiale, dispone ciò che segue:
“Il proprietario può sempre iniziare un’azione possessoria tesa ad impedire ogni ostacolo nel godimento del suo bene contro la persona giuridica di diritto pubblico che si trova all’origine [della destinazione del bene all’utilizzazione del servizio pubblico.] Tuttavia, quando la natura del bene si è trasformata così che questo godimento non può più effettuarsi a causa di tale destinazione, il proprietario può iniziare un’azione per indennizzo dopo avere accettato il trasferimento del titolo di proprietà all’amministrazione riguardata. Nella legislazione turca, non esiste nessuna disposizione che separa tale diritto dai proprietari. “
41. Secondo la giurisprudenza turca, quando, nella cornice di un’azione intentata al civile, un tribunale è chiamato a conoscere di parecchie pretese, deve deliberare separatamente su ciascuna di esse. In caso di annullamento parziale di simile giudizio in cassazione, le disposizioni non riformate conferiscono dei “diritti procedurali acquisiti” u(sulî kazanılmış hak) in quanto alla pretesa mirata e diventano immediatamente esecutivi, nonostante il fatto che il procedimento di giudizio rimanfa pendente sugli altri punti (per informazione più approfondite, vedere ve Ticaret Ünal Akpınar İnşaat İmalat Sanayi S.p.A. ed Akpınar Yapı Sanayi S.p.A. c. Turchia, no 41246/98, § 54, 26 maggio 2009).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
42. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni. Secondo loro, la privazione di proprietà che avrebbero subito era contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1. Peraltro, contestano la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione.
43. Il Governo combatte questa tesi. Sostiene da prima che i motivi di appello dei richiedenti sono incompatibili ratione temporis con le disposizioni della Convenzione. Peraltro, afferma che gli interessati non hanno esaurito le vie di ricorso interne disponibili. Inoltre, riferendosi alla giurisprudenza della Corte, in materia sostiene che i richiedenti che non avrebbero né un “bene reale” né una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile, suscettibile con ciò di essere considerato come un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, non hanno la qualità di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
44. La Corte non stima necessario pronunciarsi sull’insieme delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Governo, dovendo essere i motivi di appello dichiarati inammissibili per i motivi indicati qui sotto.
45. Per ciò che riguarda l’affermazione dei richiedenti secondo la quale l’espropriazione che avrebbero subito era contraria al diritto di proprietà, la Corte ricorda che può esaminare un motivo di appello solo nella misura in cui si riferisce agli avvenimenti che si sono prodotti dopo l’entrata in vigore della Convenzione a riguardo della Parte contraente riguardata. Ricorda anche che, secondo la sua giurisprudenza ben consolidata, la privazione di un diritto di proprietà o di un altro diritto reale costituisce in principio un atto istantaneo e non crea una situazione continua di “privazione di un diritto” (vedere, per esempio, Malhous c. Repubblica ceca, (dec.), no 33071/96, CEDH 2000-XII). La Corte può avere certo riguardo ai fatti anteriori alla ratifica per quanto si possa considerarli come all’origine di una situazione che si è prolungata al di là di questa data o come importanti per comprendere i fatti sopraggiunti dopo questa data (Broniowski c. Polonia, (dec.) [GC], no 31443/96, § 74, CEDH 2002-X).
46. Nello specifico, la Corte rileva che non è contestato che il terreno controverso che era occupato dallo stato, era stato iscritto sul registro fondiario a nome del Tesoro pubblico il 12 dicembre 1963 in seguito ad un giudizio del 21 giugno 1963 che aveva acquisito forza di cosa giudicata. Peraltro, il fatto che le azioni concernenti il titolo di proprietà si erano concluse dopo il 28 gennaio 1987 importa poco, nella misura in cui l’azione impegnata dai richiedenti tendeva essenzialmente a fare riconoscere il diritto di proprietà dei beni in questione che era oggetto di un’azione possessoria in diritto interno (paragrafo 11 sopra).
47. In più, non è per niente questione di una violazione continua della Convenzione imputabile alla Repubblica turca e suscettibile di esporre degli effetti sui limiti temporali alla competenza della Corte. Eredi per la maggior parte di persone espropriate da lunga data, i richiedenti non sono stati in grado di esercitare un qualsiasi diritto di proprietà sui beni in causa da più di un mezzo-secolo.
48. Di conseguenza, dato che i beni in questione erano stati trasferiti al Tesoro nel dicembre 1963, ossia ben molto prima del 28 gennaio 1987, data in cui la Convenzione ed il Protocollo no 1 sono entrati in vigore a riguardo della Repubblica turca, la Corte non è competente ratione temporis per esaminare le circostanze della privazione di proprietà operata sul fondamento della legge no 221 di 1961 (vedere la decisione Malhous precitata e Principe Hans-Adam II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, § 85, CEDH 2001-VIII).
49. Per ciò che riguarda la tesi dei richiedenti secondo la quale è la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione che costituisce un’ingerenza nel loro diritto al rispetto dei loro beni, la Corte osserva che la presente causa differisce dalla causa Yagtzilar ed altri c. Grecia (no 41727/98, CEDH 2001-XII,) dove si era accontentata di esaminare la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione, nella cornice di un procedimento che era cominciato nel 1933, prima della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte della Grecia, e che si era concluso il 15 luglio 1997, dopo la riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte di questo Stato. Ora, nello specifico, il procedimento che era cominciato nel 1964 e che si era concluso nel 2003 riguardava dal 25 marzo 1965 solo una sola istanza tesa all’ottenimento dell’iscrizione del terreno a nome dei richiedenti (paragrafo 20 sopra).
50. Certo, i richiedenti impegnarono un’azione in vista dell’ottenimento di danno-interessi per espropriazione de facto il 20 ottobre 200,. La Corte osserva che, come ha indicato la corte d’appello, questa istanza non era fondata su nessun titolo di proprietà riconosciuto in diritto interno (paragrafo 36 sopra). Difatti, su questo punto, la causa si distingue anche dalla causa Broniowski precitata (vedere, in particolare, il paragrafo 75 di questa decisione, dove la base dei fatti del motivo di appello del Sig. B. era l’impossibilità nella quale si trovava di fare eseguire il suo diritto ad una misura compensatoria, che gli sarebbe stato conferito dal diritto polacco in data di entrata in vigore del Protocollo). Nello specifico, la Corte osserva che, dopo la data di entrata in vigore del Protocollo a riguardo della Turchia, il legislatore turco non ha riconosciuto nessun diritto di questo genere. Inoltre, secondo l’articolo 4 della legge no 221, il diritto di richiedere il controvalore dei beni espropriati secondo il procedimento contemplato in questa legge era precluso entro due anni a contare dalla data di entrata in vigore di suddetta legge, ossia il 13 gennaio 1961 (paragrafo 39 sopra).
51. Resta per la Corte da esaminare se i richiedenti avevano una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile, ossia di ottenere o la restituzione dei loro beni o un compenso, per il trasferimento di beni del 1963, di un determinato importo, in relazione col valore reale dei loro beni.
52. La Corte nota in particolare che risulta dalla sentenza del 17 febbraio 2003 resa dalla Corte di cassazione che la controversia, per quanto riguardava il titolo di proprietà trasferito in applicazione della legge no 221, è stata oggetto di una decisione definitiva il 3 marzo 1988. Difatti, il giudizio adottato dalla corte d’appello di Eyüp il 18 novembre 1986, in virtù del quale il terreno controverso era stato espropriato dall’amministrazione in applicazione dell’articolo 221, era stato confermato dalla Corte di cassazione il 30 giugno 1987. Peraltro, l’accettazione parziale del ricorso per rettifica da parte della Corte di cassazione il 3 marzo 1988 riguardava solamente la questione della delimitazione del terreno in questione. Di conseguenza, secondo la Corte di cassazione, questa parte del giudizio era diventata costitutiva di diritti procedurali acquisiti a favore del Tesoro ed aveva acquisito forza di cosa giudicata a partire dal 3 marzo 1988. Converrebbe dunque, normalmente, respingere il motivo di appello derivato dal titolo di proprietà e presentato al di fuori del termine dei sei mesi.
53. Ciò dicendo, la Corte tiene tuttavia a ricordare che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto ad acquisire dei beni (Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, § 52, CEDH 2007 -…). La speranza di vedere riconoscere un diritto di proprietà che si è nell’impossibilità di esercitare infatti non può essere considerata come un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, Principe Hans-Adam II di Liechtenstein precitata, §§ 82-83, e Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, (dec.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
54. La Corte nota anche che, secondo le autorità giudiziali, il titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro nel 1963 in applicazione della legge no 221 del 1961 in virtù della quale un bene occupato dallo stato era reputato espropriato ed il diritto di richiedere il controvalore di tali beni era precluso entro due anni. La Corte conclude che i richiedenti non potevano avere una “speranza legittima” di ottenere la restituzione dei beni in questione o dei compensi di un determinato importo. Quindi, ai fini dell’articolo 1 del Protocollo no 1, non si potrebbe considerare che i richiedenti abbiano conservato un diritto di proprietà o un diritto di risarcimento contro la Turchia che si analizza in una “speranza legittima” ai senso della giurisprudenza della Corte.
55. Pertanto, il motivo di appello dei richiedenti, per quanto riguarda le misure adottate sul fondamento della legge no 221 del 1961 al riguardo dei beni in questione, non rientra nel campo di applicazione della Convenzione per il motivo che è anteriore all’entrata in vigore della Convenzione a riguardo della Repubblica turca. Questa parte del motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 deve essere respinta per incompatibilità rationae temporis con le disposizioni della Convenzione, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione. In quanto al motivo di appello concernente la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione, questo deve essere respinto per incompatibilità rationae materiae con le disposizioni della Convenzione, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
56. I richiedenti adducono che la durata del procedimento riguardante la loro istanza di iscrizione dei beni in questione a loro nome ha ignorato il principio del “termine ragionevole.” Si lamentano anche della mancanza di equità del procedimento e rimproverano ai tribunali interni di non avere proceduto ad una valutazione obiettiva delle prove e di avere favorito così l’amministrazione.
Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nelle sue parti pertinenti nello specifico,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Equità del procedimento
57. La Corte stima che i richiedenti si lamentano essenzialmente della soluzione considerata dalle giurisdizioni nazionali. Ora niente permette di pensare che il procedimento durante il quale i richiedenti hanno potuto presentare tutti i loro argomenti, non è stato equo. La Corte difatti non scopre nessun indizio di arbitrarietà nella condotta del processo né di violazione dei diritti procedurali degli interessati. Di conseguenza, stima che si tratta di un motivo di appello teso unicamente al perseguimento del dibattito già condotto dinnanzi ai tribunali interni e su cui la Corte, salvo erigendosi in “quarta istanza”, non potrebbe deliberare. Conviene dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento dunque, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
B. Durata del procedimento
58. Il Governo sostiene che i richiedenti hanno introdotto i loro ricorsi in modo tardivo e hanno mancato di zelo nella condotta della causa, e che hanno, ciò facendo, contribuito considerevolmente all’allungamento della durata del procedimento. Secondo il Governo, risulterebbe dalla cronologia del procedimento che le autorità giudiziali, quando sono state in grado di farlo, hanno deliberato in termini ragionevoli.
La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
59. La Corte nota che il procedimento è cominciato il 19 febbraio 1955 (paragrafo 11 sopra) e che si è conclusa sopra il 17 febbraio 2003, data in cui la Corte di cassazione ha respinto il ricorso per rettifica (paragrafo 33). Il procedimento è durato dunque quarantotto anni circa. La Corte può conoscere tuttavia, solamente del lasso di tempo dei sedici anni, trascorso dal 28 gennaio 1987, data del deposito della dichiarazione turca che riconosceva il diritto di ricorso individuale. Prendendo tuttavia in conto lo stato del procedimento nella data in cui la suddetta dichiarazione è stata depositata (Cankoçak c. Turchia, numeri 25182/94 e 26956/95, § 25, 20 febbraio 2001) nota che, nella data in questione, il procedimento era durato già trentadue anni circa.
60. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento del richiedente e quello delle autorità competenti (vedere, tra molto altri, Richard c. Francia, 22 aprile 1998, § 57, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-II, e Doustaly c. Francia, 23 aprile 1998, § 39, Raccolta 1998-II.
61. Ricorda peraltro che solo le lentezze imputabili alle autorità giudiziali competenti possono portare a constatare un superamento del termine ragionevole ai sensi della Convenzione. Anche nei sistemi giuridici che consacrano il principio della condotta del processo da parte delle parti, l’atteggiamento degli interessati non dispensa i giudici dal garantire la celerità voluta dall’articolo 6 § 1 (Varipati c. Grecia, no 38459/97, § 26, 26 ottobre 1999).
62. Per ciò che riguarda il presente caso, la Corte osserva che la lentezza del procedimento risulta essenzialmente dal comportamento delle autorità e giurisdizioni investite.
63. Riafferma che incombe sugli Stati contraenti di organizzare il loro sistema giudiziale in modo tale che le loro giurisdizioni possano garantire a ciascuno il diritto di ottenere in un termine ragionevole una decisione definitiva sulle contestazioni relative ai suoi diritti ed obblighi di carattere civile. La Corte non potrebbe stimare “ragionevole” la durata globale trascorsa nello specifico.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione della durata del procedimento.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
64. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danni, oneri e spese
65. I richiedenti richiedono congiuntamente 25 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito in ragione di una durata eccessiva del procedimento. Chiedono anche 27 000 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e 483 629 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte. Forniscono due ricevute che attestano il pagamento di una certa somma da parte di una società denominata “OMISSIS.”
66. Il Governo contesta queste pretese.
67. La Corte ricorda innanzitutto che, quando conclude alla violazione di una disposizione della Convenzione, può assegnare all’interessato una somma per il danno morale subito. Questa somma mira al risarcimento dello stato di angoscia, dei dispiaceri e delle incertezze che risultano da questa violazione (vedere Comingersoll S.p.A., precitata, § 29; Arvanitaki-Roboti ed altri c. Grecia [GC], no 27278/03, § 27, CEDH 2008 -…, e Kakamoukas ed altri c. Grecia [GC], no 38311/02, § 39, 15 febbraio 2008).
68. Nello specifico, la Corte osserva che i richiedenti hanno fatto congiuntamente la loro richiesta e che la pratica non permette di stabilire le date in cui gli eredi sono successi ai proprietari principali. Alla vista di ciò che precede e deliberando in equità, accorda l’interezza della somma richiesta dai richiedenti, ossia congiuntamente 25 000 EUR (venticinquemila euro) all’insieme dei cinquantanove richiesti per danno morale. Conviene a questo riguardo precisare che la somma assegnata alla Sig.ra Z. B. spetterà a S. S., K. B. e K. S., in qualità di eredi (paragrafo 1 sopra).
69. In quanto agli oneri e alle spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte respinge la richiesta relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda congiuntamente all’insieme dei richiedenti.
B. Interessi moratori
70. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata del procedimento ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione a ragione della durata del procedimento;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente all’insieme dei cinquantanove richiedenti – la somma assegnata alla Sig.ra Z. B. spetterà a S. S., K.B. e K. S. -, entro i tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 25 000 EUR (venticinquemila euro) da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento, e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 25 gennaio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1 ; Partiellement irrecevable ; Préjudice moral – réparation
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE EKDAL ET AUTRES c. TURQUIE
(Requête no 6990/04)
ARRÊT
STRASBOURG
25 janvier 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Ekdal et autres c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 4 janvier 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 6990/04) dirigée contre la République de Turquie et dont cinquante-neuf ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour le 19 janvier 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
Par une lettre reçue le 18 novembre 2008, la Cour a été informée par les avocats des requérants du décès, le 7 octobre 2007, de Mme Z. B. et du fait que S. S., K. B. et K. S. étaient ses seuls héritiers et qu’ils avaient exprimé le souhait de maintenir la requête.
2. Les requérants sont représentés devant la Cour par Mes S. S. K. et M. T., avocates à Istanbul. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Le 6 octobre 2008, le président de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. MM. C. B. (décédé en 1967), A. T. E. (décédé en 2004), M E. (requérant, né en 1922) et Mme S. G. (décédée en 1948) (« les propriétaires principaux ») étaient copropriétaires de différentes parts d’un terrain d’une superficie de 3 667 118 m2, situé à Eyüp-Alibeyköy (Istanbul).
Les requérants OMISSIS. Ils sont des ressortissants turcs nés respectivement en 1937, 1957, 1959, 1975, 1941, 1925, 1938, 1958, 1956, 1960, 1948, 1958, 1949, 1934, 1949, 1966, 1974, 1969, 1953, 1958, 1935, 1951, 1960, 1946, 1939, 1948, 1931, 1938, 1966, 1958, 1962, 1942, 1952, 1953, 1963, 1965, 1973, 1974, 1976, 1978, 1921, 1944, 1957, 1943, 1961, 1956, 1966, 1942, 1976, 1950, 1954, 1958, 1965, 1960, 1977, 1981, 1934 et 1966.
A. Le bien litigieux et le transfert de la propriété au Trésor
5. Le litige concerne le terrain situé à Eyüp-Alibeyköy, à Istanbul.
Selon un document établi le 15 janvier 2004 par la direction du registre foncier d’Eyüp, le terrain en question était inscrit au registre foncier sous les numéros de parcelles 1 et 13 du lot no 75. La première parcelle était un pâturage, la deuxième une laiterie abandonnée. Selon ce document, le registre indiquait également que, alors que 29/48 de ce bien appartenaient à C. B., 10/48 à M. E., 3/48 à A.T. E., 6/48 aux héritiers de S. G., le terrain en question avait été inscrit le 12 décembre 1963 au nom du Trésor à la suite d’un jugement adopté le 21 juin 1963 par le tribunal de grande instance d’Eyüp.
6. Selon le dossier de l’affaire, la commission cadastrale avait réalisé une étude cadastrale les 10 et 11 décembre 1957. Le procès-verbal correspondant mentionnait que la propriété de ces parcelles faisait l’objet d’une action possessoire qui était pendante devant le tribunal de grande instance d’Eyüp depuis le 19 février 1955, et que la commission cadastrale avait décidé de laisser vides jusqu’à la fin du procès les cases du cahier du registre foncier destinées à l’indication des noms des propriétaires.
7. Toujours selon les éléments du dossier, le 4 mars 1963, le Trésor, se fondant sur la loi no 221 entrée en vigueur le 13 janvier 1961, avait saisi le tribunal de grande instance d’Eyüp d’une demande tendant à l’inscription à son nom sur le registre foncier des parcelles de terrain nos 1 et 13 (ainsi que d’autres parcelles de terrains qui appartenaient à d’autres personnes). Il s’agissait d’une procédure spéciale dans laquelle la participation de la partie défenderesse n’était pas nécessaire.
8. Devant le tribunal, le Trésor avait soutenu notamment que le terrain en question était occupé depuis 1954, sans interruption, par le ministère de la Défense nationale et que les propriétaires avaient été déchus de tous leurs droits en application de la loi no 221.
9. Par un jugement du 21 juin 1963, le tribunal avait décidé d’annuler le titre de propriété des intéressés et d’ordonner l’inscription du terrain au nom du Trésor public sur le fondement de la loi no 221. Faute de pourvoi, ce jugement était devenu définitif.
10. Le 12 décembre 1963, le terrain avait été inscrit sur le registre foncier au nom du Trésor public.
B. Les actions concernant le titre de propriété
1. L’action engagée en 1955 (action no 1955/177)
11. Le 19 février 1955, les propriétaires des terrains avoisinants avaient engagé contre les requérants une action en trouble de possession devant le tribunal de grande instance d’Eyüp. Ils soutenaient avoir acquis les biens litigieux en 1949 par acte de vente notarié.
De leur côté, le 23 mars 1955, les requérants avaient engagé une contre-action à l’encontre des propriétaires des terrains avoisinants.
12. Par un jugement du 18 juillet 1957, le tribunal de grande instance d’Eyüp débouta les requérants et les propriétaires susmentionnés de leur demande, considérant que le bien litigieux était un pâturage appartenant depuis toujours au Trésor.
13. Par un arrêt du 3 mai 1958, la Cour de cassation infirma le jugement attaqué par les requérants et certains des propriétaires des terrains avoisinants, au motif que c’était le tribunal cadastral qui était compétent pour statuer sur le fond du litige.
14. Le 1er juin 1962, soutenant que la parcelle de terrain no 1 lui appartenait, le Trésor public se constitua partie dans la procédure.
15. Le 18 juillet 1977, le tribunal cadastral d’Eyüp rendit son jugement. Constatant que le titre de propriété avait été transféré au Trésor en application de la loi no 221, il décida d’accorder un délai pour que les intéressés puissent engager une action en dommages-intérêts. Toutefois, il ressort du dossier qu’aucune action n’a été engagée pendant le délai accordé.
16. Sur pourvoi des requérants, le 19 décembre 1978, la Cour de cassation infirma ce jugement. Le dossier fut renvoyé devant la juridiction cadastrale de première instance et prit le numéro 1980/199.
2. L’action engagée par les requérants en 1964 (1964/337)
17. Entre-temps, le 2 avril 1964, sur demande des requérants, le tribunal de grande instance d’Eyüp, accompagné d’experts, avait effectué une expertise des lieux. Il avait été constaté que sur la route menant à Uzuncaova se trouvaient une baraque et une cabine et que le reste du terrain était vide.
18. Le 15 juillet 1964, les intéressés saisirent le même tribunal et demandèrent l’inscription du terrain à leur nom ou, à défaut, le paiement de sa contre-valeur pécuniaire. Le greffe attribua au dossier le numéro de requête 1964/337.
19. A l’audience du 25 mars 1965, le tribunal, considérant que deux actions, portant l’une sur la restitution et l’autre sur l’indemnisation, ne pouvaient être intentées simultanément, demanda aux requérants de choisir l’action en justice qu’ils entendaient mener et leur accorda un délai pour ce faire.
20. A l’audience du 28 mai 1965, les intéressés optèrent pour l’action en restitution du bien et renoncèrent à l’action visant à l’obtention d’une indemnité à hauteur de la valeur du bien.
21. Le 18 novembre 1986, le tribunal de grande instance d’Eyüp débouta les requérants de leur demande, considérant notamment que le titre de propriété des biens litigieux avait été transféré au Trésor en 1963.
22. Le 30 juin 1987, la Cour de cassation confirma ce jugement.
23. Le 3 mars 1988, la Cour de cassation, saisie d’une demande en rectification de l’arrêt, revint partiellement sur sa décision précédente. Elle confirma d’une part son arrêt du 30 juin 1987 pour autant qu’il concernait le transfert du titre de propriété effectué en application de la loi no 221. En revanche, elle infirma cet arrêt pour autant qu’il portait sur la délimitation du terrain litigieux pour faute de recherche suffisante. Elle considéra notamment qu’il convenait de déterminer les limites du terrain objet de l’application de la loi no 221.
24. Le 6 juin 1988, le tribunal de grande instance d’Eyüp, statuant sur renvoi, réitéra son jugement précédent.
25. Le 22 février 1989, l’assemblée plénière de la Cour de cassation infirma le jugement rendu par la juridiction de première instance et décida que c’était le tribunal cadastral d’Eyüp qui était compétent pour statuer sur l’affaire en question.
3. La jonction des actions nos 1955/177 et 1964/337
26. Le 20 février 1991, le tribunal de grande instance décida de joindre les actions nos 1955/177 et 1964/337. C’est ainsi que l’action no 1964/337 fut jointe au dossier no 1980/199.
27. La Direction générale des forêts et un certain nombre d’autres personnes intervinrent dans cette procédure.
28. Le 7 août 1996 et le 22 novembre 1999, deux expertises furent effectuées sur le terrain.
29. Le 9 mai 2000, le tribunal cadastral d’Eyüp débouta les intéressés de leur demande en restitution du bien. Il constata notamment qu’il était établi que le titre de propriété des biens litigieux avait été transféré au Trésor en application de la loi no 211.
30. Les intéressés se pourvurent en cassation.
31. Par un arrêt du 12 juin 2001, la Cour de cassation infirma le jugement attaqué. Elle considéra notamment qu’il convenait de déterminer les limites du terrain qui avait fait l’objet de l’application de la loi no 221.
32. Le Trésor fit un recours en rectification de l’arrêt.
33. Par un arrêt du 17 février 2003, qui fut signifié aux requérants le 31 juillet 2003, la Cour de cassation rectifia son arrêt initial et confirma le jugement du 9 mai 2000 rendu par le tribunal cadastral d’Eyüp. Elle considéra notamment ce qui suit :
« (…) le jugement rendu par le tribunal de grande instance d’Eyüp le 18 novembre 1986, en vertu duquel le terrain litigieux avait été exproprié par l’administration en application de l’article 221, avait fait l’objet d’un pourvoi. La Cour de cassation, dans son arrêt du 30 juin 1987, a confirmé cette conclusion et a rejeté le moyen de rectification dans son arrêt du 3 mars 1988. Par conséquent, l’infirmation de la Cour de cassation quant à l’arrêt du 30 juin 1987 ne concerne pas cette partie du jugement. Il s’ensuit que cette partie du jugement était devenue constitutive de droits procéduraux acquis en faveur du Trésor et avait acquis force de chose jugée depuis le 3 mars 1988.
Par la suite, le tribunal cadastral a confirmé cette conclusion (…)
Dans le même temps, puisque aucune action tendant à obtenir une indemnité résultant de la perte de propriété relative aux biens en question n’était pendante, il n’y avait pas lieu de se prononcer sur la validité des titres de propriété des parties (…) »
C. L’action en dommages-intérêts
34. Le 20 octobre 2004, les requérants saisirent le tribunal de grande instance d’Istanbul d’une action tendant à l’obtention de dommages-intérêts pour expropriation de facto de leur terrain.
35. Le 30 décembre 2004, le tribunal se déclara incompétent au profit du tribunal de grande instance d’Eyüp.
36. Le 14 février 2006, le tribunal de grande instance d’Eyüp débouta les requérants au motif que les conditions d’une expropriation de facto n’étaient pas réunies, dans la mesure où la propriété de leur terrain avait été transférée le 12 décembre 1963 au Trésor par une décision de justice devenue définitive. Il considéra notamment ce qui suit :
« (…) soutenant que le Trésor a occupé le terrain en question, la partie demanderesse réclame réparation des préjudices qu’elle dit avoir subis du fait d’une expropriation de facto et de la non-jouissance de ses biens à partir de 1964. Toutefois, la présente action ne porte nullement sur la propriété des biens en question. Le litige portant sur la propriété de ces biens a déjà été tranché par le tribunal cadastral et le jugement est devenu définitif. Les biens sont inscrits au nom du Trésor. Par conséquent, en l’absence d’un droit de propriété, la partie défenderesse ne peut prétendre à aucune somme pour une expropriation de facto (…) »
37. Le 12 décembre 2006, la Cour de cassation confirma en toutes ses dispositions ce jugement.
38. Le 16 avril 2007, elle rejeta le recours en rectification de l’arrêt. Cet arrêt fut notifié aux requérants le 2 mai 2007.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
39. En vertu de l’article 1 de la loi no 221 du 12 janvier 1961 régissant le statut des biens affectés de facto à l’utilisation du service public, étaient réputés expropriés les biens affectés avant 1956 à l’utilisation du service public sans qu’il eût été fait usage de la procédure d’expropriation formelle.
Selon l’article 4 de cette loi, le droit de réclamer la contre-valeur de tels biens était forclos dans un délai de deux ans à compter de la date d’entrée en vigueur de la loi no 221, à savoir le 13 janvier 1961.
40. Un arrêt de principe du 16 mai 1956, publié au Journal officiel le 11 août 1958, rendu par la chambre plénière de la Cour de cassation, dispose ce qui suit :
« Le propriétaire peut toujours entamer une action possessoire visant à empêcher tout obstacle dans la jouissance de son bien contre la personne morale de droit public qui se trouve à l’origine [de l’affectation du bien à l’utilisation du service public.] Toutefois, lorsque la nature du bien s’est transformée de sorte que cette jouissance ne peut plus s’effectuer du fait d’une telle affectation, le propriétaire peut entamer une action en indemnisation après avoir accepté le transfert du titre de propriété à l’administration concernée. Dans la législation turque, il n’existe aucune disposition qui écarte un tel droit des propriétaires. »
41. D’après la jurisprudence turque, lorsque, dans le cadre d’une action intentée au civil, un tribunal est appelé à connaître de plusieurs prétentions, il doit statuer séparément sur chacune d’elles. En cas d’annulation partielle de pareil jugement en cassation, les dispositions non réformées confèrent des « droits procéduraux acquis » (usulî kazanılmış hak) quant à la prétention visée et deviennent immédiatement exécutoires, nonobstant le fait que la procédure de jugement demeure pendante sur les autres points (pour de plus amples informations, voir Ünal Akpınar İnşaat İmalat Sanayi ve Ticaret S.A. et Akpınar Yapı Sanayi S.A. c. Turquie, no 41246/98, § 54, 26 mai 2009).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
42. Les requérants se plaignent d’une atteinte à leur droit au respect de leurs biens. Selon eux, la privation de propriété qu’ils auraient subie était contraire à l’article 1 du Protocole no 1. Par ailleurs, ils contestent l’absence de paiement de l’indemnité d’expropriation.
43. Le Gouvernement combat cette thèse. Il soutient d’abord que les griefs des requérants sont incompatibles ratione temporis avec les dispositions de la Convention. Par ailleurs, il affirme que les intéressés n’ont pas épuisé les voies de recours internes disponibles. En outre, se référant à la jurisprudence de la Cour en la matière, il soutient que les requérants, qui n’auraient ni un « bien actuel » ni une « espérance légitime » de voir se concrétiser une quelconque créance actuelle et exigible, susceptible par là d’être considérée comme un bien au sens de l’article 1 du Protocole no 1, n’ont pas la qualité de victime au sens de l’article 34 de la Convention.
44. La Cour n’estime pas nécessaire de se prononcer sur l’ensemble des exceptions d’irrecevabilité soulevées par le Gouvernement, les griefs devant être déclarés irrecevables pour les motifs indiqués ci-dessous.
45. Pour ce qui est de l’allégation des requérants selon laquelle l’expropriation qu’ils auraient subie était contraire au droit de propriété, la Cour rappelle qu’elle ne peut examiner un grief que dans la mesure où il se rapporte à des événements s’étant produits après l’entrée en vigueur de la Convention à l’égard de la Partie contractante concernée. Elle rappelle également que, selon sa jurisprudence bien établie, la privation d’un droit de propriété ou d’un autre droit réel constitue en principe un acte instantané et ne crée pas une situation continue de « privation d’un droit » (voir, par exemple, Malhous c. République tchèque (déc.), no 33071/96, CEDH 2000-XII). La Cour peut certes avoir égard aux faits antérieurs à la ratification pour autant que l’on puisse les considérer comme étant à l’origine d’une situation qui s’est prolongée au-delà de cette date ou comme importants pour comprendre les faits survenus après cette date (Broniowski c. Pologne (déc.) [GC], no 31443/96, § 74, CEDH 2002-X).
46. En l’espèce, la Cour relève qu’il n’est pas contesté que le terrain litigieux, qui était occupé par l’Etat, avait été inscrit sur le registre foncier au nom du Trésor public le 12 décembre 1963 à la suite d’un jugement du 21 juin 1963 ayant acquis force de chose jugée. Par ailleurs, le fait que les actions concernant le titre de propriété s’étaient terminées après le 28 janvier 1987 importe peu, dans la mesure où l’action engagée par les requérants tendait essentiellement à faire reconnaître le droit de propriété des biens en question, lequel était l’objet d’une action possessoire en droit interne (paragraphe 11 ci-dessus).
47. De plus, il n’est nullement question d’une violation continue de la Convention imputable à la République turque et susceptible de déployer des effets sur les limites temporelles à la compétence de la Cour. Héritiers pour la plupart de personnes expropriées de longue date, les requérants n’ont pas été en mesure d’exercer un quelconque droit de propriété sur les biens en cause depuis plus d’un demi-siècle.
48. Par conséquent, étant donné que les biens en question avaient été transférés au Trésor en décembre 1963, soit bien avant le 28 janvier 1987, date à laquelle la Convention et le Protocole no 1 sont entrés en vigueur à l’égard de la République turque, la Cour n’est pas compétente ratione temporis pour examiner les circonstances de la privation de propriété opérée sur le fondement de la loi no 221 de 1961 (voir la décision Malhous précitée, et Prince Hans-Adam II de Liechtenstein c. Allemagne [GC], no 42527/98, § 85, CEDH 2001-VIII).
49. Pour ce qui est de la thèse des requérants selon laquelle c’est l’absence de paiement de l’indemnité d’expropriation qui constitue une ingérence dans leur droit au respect de leurs biens, la Cour observe que la présente affaire diffère de l’affaire Yagtzilar et autres c. Grèce (no 41727/98, CEDH 2001-XII), où elle s’était contentée d’examiner l’absence de paiement de l’indemnité d’expropriation, dans le cadre d’une procédure qui avait commencé en 1933, avant la reconnaissance du droit de recours individuel par la Grèce, et qui s’était achevée le 15 juillet 1997, après la reconnaissance du droit de recours individuel par cet Etat. Or, en l’espèce, la procédure qui avait débuté en 1964 et qui s’était terminée en 2003 ne portait depuis le 25 mars 1965 que sur une seule demande tendant à l’obtention de l’inscription du terrain au nom des requérants (paragraphe 20 ci-dessus).
50. Certes, le 20 octobre 2004, les requérants engagèrent une action en vue de l’obtention de dommages-intérêts pour expropriation de facto. La Cour observe cependant que, comme l’a indiqué le tribunal de grande instance, cette demande n’était fondée sur aucun titre de propriété reconnu en droit interne (paragraphe 36 ci-dessus). En effet, sur ce point, l’affaire se distingue également de l’affaire Broniowski précitée (voir, notamment, le paragraphe 75 de cette décision), où la base factuelle du grief de M. B. était l’impossibilité dans laquelle il se trouvait de faire exécuter son droit à une mesure compensatoire, lequel lui aurait été conféré par le droit polonais à la date d’entrée en vigueur du Protocole. En l’espèce, la Cour observe que, après la date d’entrée en vigueur du Protocole à l’égard de Turquie, le législateur turc n’a reconnu aucun droit de ce genre. En outre, selon l’article 4 de la loi no 221, le droit de réclamer la contre-valeur des biens expropriés selon la procédure prévue dans cette loi était forclos dans un délai de deux ans à compter de la date d’entrée en vigueur de ladite loi, à savoir le 13 janvier 1961 (paragraphe 39 ci-dessus).
51. Il reste à la Cour à examiner si les requérants avaient une « espérance légitime » de voir se concrétiser une quelconque créance actuelle et exigible, à savoir d’obtenir soit la restitution de leurs biens soit une compensation (pour le transfert de biens de 1963) d’un montant déterminé, en relation avec la valeur réelle de leurs biens.
52. La Cour note en particulier qu’il ressort de l’arrêt du 17 février 2003 rendu par la Cour de cassation que le litige, pour autant qu’il concernait le titre de propriété transféré en application de la loi no 221, a fait l’objet d’une décision définitive le 3 mars 1988. En effet, le jugement adopté par le tribunal de grande instance d’Eyüp le 18 novembre 1986, en vertu duquel le terrain litigieux avait été exproprié par l’administration en application de l’article 221, avait été confirmé par la Cour de cassation le 30 juin 1987. Par ailleurs, l’acceptation partielle du recours en rectification par la Cour de cassation le 3 mars 1988 ne portait que sur la question de la délimitation du terrain en question. Par conséquent, selon la Cour de cassation, cette partie du jugement était devenue constitutive de droits procéduraux acquis en faveur du Trésor et avait acquis force de chose jugée à partir du 3 mars 1988. Il conviendrait donc, normalement, de rejeter le grief tiré du titre de propriété et présenté en dehors du délai de six mois.
53. Cela dit, la Cour tient néanmoins à rappeler que l’article 1 du Protocole no 1 ne garantit pas de droit à acquérir des biens (Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turquie, no 34478/97, § 52, CEDH 2007-…). L’espoir de voir reconnaître un droit de propriété que l’on est dans l’impossibilité d’exercer effectivement ne peut être considéré comme un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1 (Prince Hans-Adam II de Liechtenstein précité, §§ 82-83, et Gratzinger et Gratzingerova c. République tchèque (déc.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
54. La Cour note également que, selon les autorités judiciaires, le titre de propriété avait été transféré au Trésor en 1963 en application de la loi no 221 du 1961, en vertu de laquelle un bien occupé par l’Etat était réputé exproprié et le droit de réclamer la contre-valeur de tels biens était forclos dans un délai de deux ans. La Cour conclut que les requérants ne pouvaient avoir une « espérance légitime » d’obtenir la restitution des biens en question ou des compensations d’un montant déterminé. Dès lors, aux fins de l’article 1 du Protocole no 1, on ne saurait considérer que les requérants ont conservé un droit de propriété ou un droit à réparation à l’encontre de la Turquie s’analysant en une « espérance légitime » au sens de la jurisprudence de la Cour.
55. Partant, le grief des requérants, pour autant qu’il concerne les mesures adoptées sur le fondement de la loi no 221 de 1961 à l’égard des biens en question, n’entre pas dans le champ d’application de la Convention au motif qu’il est antérieur à l’entrée en vigueur de la Convention à l’égard de la République turque. Cette partie du grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 doit être rejeté pour incompatibilité rationae temporis avec les dispositions de la Convention, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention. Quant au grief concernant l’absence de paiement de l’indemnité d’expropriation, celui-ci doit être rejeté pour incompatibilité rationae materiae avec les dispositions de la Convention, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION
56. Les requérants allèguent que la durée de la procédure portant sur leur demande d’inscription des biens en question à leur nom a méconnu le principe du « délai raisonnable ». Ils se plaignent également du manque d’équité de la procédure et reprochent aux tribunaux internes de ne pas avoir procédé à une appréciation objective des preuves et d’avoir ainsi favorisé l’administration.
Ils invoquent l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé dans ses parties pertinentes en l’espèce :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Equité de la procédure
57. La Cour estime que les requérants se plaignent pour l’essentiel de la solution retenue par les juridictions nationales. Or rien ne permet de penser que la procédure, au cours de laquelle les requérants ont pu présenter tous leurs arguments, n’a pas été équitable. La Cour ne décèle en effet aucun indice d’arbitraire dans la conduite du procès ni de violation des droits procéduraux des intéressés. Par conséquent, elle estime qu’il s’agit d’un grief qui vise uniquement à la poursuite du débat déjà mené devant les tribunaux internes et sur lequel la Cour, sauf à s’ériger en « quatrième instance », ne saurait statuer. Il convient donc de déclarer ce grief irrecevable pour défaut manifeste de fondement, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
B. Durée de la procédure
58. Le Gouvernement soutient que les requérants ont introduit leurs recours de manière tardive et manqué de diligence dans la conduite de l’affaire, et qu’ils ont, ce faisant, considérablement contribué à l’allongement de la durée de la procédure. Selon le Gouvernement, il ressortirait de la chronologie de la procédure que les autorités judiciaires, lorsqu’elles ont été en mesure de le faire, ont statué dans des délais raisonnables.
La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève en outre qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
59. La Cour note que la procédure a commencé le 19 février 1955 (paragraphe 11 ci-dessus) et qu’elle s’est terminée le 17 février 2003, date à laquelle la Cour de cassation a rejeté le recours en rectification (paragraphe 33 ci-dessus). La procédure a donc duré quarante-huit ans environ. Toutefois, la Cour ne peut connaître que du laps de temps de seize ans, écoulé depuis le 28 janvier 1987, date du dépôt de la déclaration turque reconnaissant le droit de recours individuel. Prenant néanmoins en compte l’état de la procédure à la date à laquelle la déclaration susmentionnée a été déposée (Cankoçak c. Turquie, nos 25182/94 et 26956/95, § 25, 20 février 2001), elle note que, à la date en question, la procédure avait déjà duré trente-deux ans environ.
60. La Cour rappelle que le caractère raisonnable de la durée d’une procédure s’apprécie suivant les circonstances de la cause et eu égard aux critères consacrés par sa jurisprudence, en particulier la complexité de l’affaire, le comportement du requérant et celui des autorités compétentes (voir, parmi beaucoup d’autres, Richard c. France, 22 avril 1998, § 57, Recueil des arrêts et décisions 1998-II, et Doustaly c. France, 23 avril 1998, § 39, Recueil 1998-II).
61. Elle rappelle par ailleurs que seules les lenteurs imputables aux autorités judiciaires compétentes peuvent amener à constater un dépassement du délai raisonnable au sens de la Convention. Même dans les systèmes juridiques consacrant le principe de la conduite du procès par les parties, l’attitude des intéressés ne dispense pas les juges d’assurer la célérité voulue par l’article 6 § 1 (Varipati c. Grèce, no 38459/97, § 26, 26 octobre 1999).
62. Pour ce qui est de la présente espèce, la Cour observe que la lenteur de la procédure résulte essentiellement du comportement des autorités et juridictions saisies.
63. Elle réaffirme qu’il incombe aux Etats contractants d’organiser leur système judiciaire de telle sorte que leurs juridictions puissent garantir à chacun le droit d’obtenir dans un délai raisonnable une décision définitive sur les contestations relatives à ses droits et obligations de caractère civil. La Cour ne saurait estimer « raisonnable » la durée globale écoulée en l’espèce.
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention à raison de la durée de la procédure.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
64. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage, frais et dépens
65. Les requérants réclament conjointement 25 000 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi en raison d’une durée excessive de la procédure. Ils demandent également 27 000 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et 483 629 EUR pour ceux engagés devant la Cour. Ils fournissent deux quittances attestant le paiement d’une certaine somme par une société dénommée « OMISSIS ».
66. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
67. La Cour rappelle tout d’abord que, lorsqu’elle conclut à la violation d’une disposition de la Convention, elle peut allouer à l’intéressé une somme pour le dommage moral subi. Cette somme vise à la réparation de l’état d’angoisse, des désagréments et des incertitudes résultant de cette violation (voir Comingersoll S.A., précité, § 29 ; Arvanitaki-Roboti et autres c. Grèce [GC], no 27278/03, § 27, CEDH 2008-…, et Kakamoukas et autres c. Grèce [GC], no 38311/02, § 39, 15 février 2008).
68. En l’espèce, la Cour observe que les requérants ont présenté leur demande conjointement et que le dossier ne permet pas d’établir les dates auxquelles les héritiers ont succédé aux propriétaires principaux. Au vu de ce qui précède et statuant en équité, elle accorde l’intégralité de la somme réclamée par les requérants, à savoir 25 000 EUR (vingt-cinq mille euros) à l’ensemble des cinquante-neuf requérants conjointement pour dommage moral. Il convient à cet égard de préciser que la somme attribuée à Mme Z. B. reviendra à S. S., K. B. et K. S., en qualité d’héritiers (paragraphe 1 ci-dessus).
69. Quant aux frais et dépens, selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens de la procédure nationale, estime raisonnable la somme de 2 000 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde conjointement à l’ensemble des requérants.
B. Intérêts moratoires
70. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée de la procédure et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 de la Convention à raison de la durée de la procédure ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser conjointement à l’ensemble de cinquante-neuf requérants – la somme attribuée à Mme Z. B. reviendra à S. S., K.B. et K. S. -, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 25 000 EUR (vingt-cinq mille euros), à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement, et 2 000 EUR (deux mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 25 janvier 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Greffier Présidente

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