Conclusione Violazione dell’art. 6-1; parzialmente inammissibile; Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA EKDAL ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 6990/04)
SENTENZA
STRASBURGO
25 gennaio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ekdal ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 gennaio 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6990/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui cinquantanove cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 19 gennaio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
Con una lettera ricevuta il 18 novembre 2008, la Corte è stata informata dagli avvocati dei richiedenti del decesso, il 7 ottobre 2007, della Sig.ra Z. B.r e del fatto che S. S., K. B. e K. S. erano i suoi soli eredi e che avevano espresso il desiderio di mantenere la richiesta.
2. I richiedenti sono rappresentati dinnanzi alla Corte da S. S. K. e M. T., avvocati ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 6 ottobre 2008, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il SIG. C. B., deceduto nel 1967, A. T. E., deceduto nel 2004, M E. (richiedente, nato nel 1922) e la Sig.ra S. G., deceduta nel 1948, (“i proprietari principali”) erano comproprietari di differenti parti di un terreno di una superficie di 3 667 118 m2, situato ad Eyüp-Alibeyköy (Istanbul).
I richiedenti OMISSIS. Sono dei cittadini turchi nati rispettivamente nel 1937, 1957, 1959, 1975, 1941, 1925, 1938, 1958, 1956, 1960, 1948, 1958, 1949, 1934, 1949, 1966, 1974, 1969, 1953, 1958, 1935, 1951, 1960, 1946, 1939, 1948, 1931, 1938, 1966, 1958, 1962, 1942, 1952, 1953, 1963, 1965, 1973, 1974, 1976, 1978, 1921, 1944, 1957, 1943, 1961, 1956, 1966, 1942, 1976, 1950, 1954, 1958, 1965, 1960, 1977, 1981, 1934 e 1966.
A. Il bene controverso ed il trasferimento della proprietà al Tesoro
5. La controversia riguarda il terreno situato ad Eyüp-Alibeyköy, ad Istanbul.
Secondo un documento stabilito il 15 gennaio 2004 dalla direzione del registro fondiario di Eyüp, il terreno in questione era iscritto sul registro fondiario sotto i numeri di appezzamenti 1 e 13 del lotto no 75. Il primo appezzamento era un pascolo, il secondo una latteria abbandonata. Secondo questo documento, il registro indicava anche che, mentre 29/48 di questo bene appartenevano a C. B., 10/48 al M. E., 3/48 ad A.T. E., 6/48 agli eredi di S. G., il terreno in questione era stato iscritto il 12 dicembre 1963 a nome del Tesoro in seguito ad un giudizio adottato il 21 giugno 1963 dalla corte d’appello di Eyüp.
6. Secondo la pratica della causa, la commissione catastale aveva realizzato un studio catastale il 10 e l’11 dicembre 1957. Il verbale corrispondente menzionava che la proprietà di questi appezzamenti era oggetto di un’azione possessoria che era pendente dinnanzi alla corte d’appello di Eyüp dal 19 febbraio 1955, e che la commissione catastale aveva deciso di lasciare vuote fino alla fine del processo le caselle del libro del registro fondiario destinate all’indicazione dei nomi dei proprietari.
7. Sempre il Tesoro, basandosi sulla legge no 221 entrata in vigore il 13 gennaio 1961, aveva investito la corte d’appello di Eyüp di un’istanza tesa all’iscrizione a suo nome sul registro fondiario degli appezzamenti di terreno numeri 1 e 13 secondo gli elementi della pratica, il 4 marzo 1963, così come di altri appezzamenti di terreni che appartenevano ad altre persone. Si trattava di un procedimento speciale in cui la partecipazione della parte convenuta non era necessaria.
8. Dinnanzi al tribunale, il Tesoro aveva sostenuto in particolare che il terreno in questione era occupato dal 1954, senza interruzione, dal ministero della Difesa nazionale e che i proprietari erano spogliati di tutti i loro diritti in applicazione della legge no 221.
9. Con un giudizio del 21 giugno 1963, il tribunale aveva deciso di annullare il titolo di proprietà degli interessati e di ordinare l’iscrizione del terreno a nome del Tesoro pubblico sul fondamento della legge no 221. In mancanza di ricorso, questo giudizio era diventato definitivo.
10. Il 12 dicembre 1963, il terreno era stato iscritto nel registro fondiario a nome del Tesoro pubblico.
B. Le azioni concernenti il titolo di proprietà
1. L’azione impegnata nel 1955 (azione no 1955/177)
11. Il 19 febbraio 1955, i proprietari dei terreni attigui avevano impegnato contro i richiedenti un’azione per possesso dubbio dinnanzi alla corte d’appello di Eyüp. Sostenevano di avere acquisito i beni controversi nel 1949 tramite atto di vendita notarile.
Da parte loro, il 23 marzo 1955, i richiedenti avevano impegnato una contro-azione contro i proprietari dei terreni attigui.
12. Con un giudizio del 18 luglio 1957, la corte d’appello di Eyüp respinse i richiedenti ed i suddetti proprietari della loro istanza, considerando che il bene controverso era un pascolo appartenente al Tesoro da sempre.
13. Con una sentenza del 3 maggio 1958, la Corte di cassazione annullò il giudizio attaccato dai richiedenti ed alcuni dei proprietari dei terreni attigui, al motivo che era il tribunale catastale che era competente per deliberare sul merito della controversia.
14. Il 1 giugno 1962, sostenendo che l’appezzamento di terreno no 1 gli apparteneva, il Tesoro pubblico si costituì parte nel procedimento.
15. Il 18 luglio 1977, il tribunale catastale di Eyüp rese il suo giudizio. Constatando che il titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro in applicazione della legge no 221, decise di accordare un termine affinché gli interessati potessero impegnare un’azione per danno-interessi. Tuttavia, risulta dalla pratica che nessuna azione è stata impegnata entro il termine accordato.
16. Su ricorso dei richiedenti, il 19 dicembre 1978, la Corte di cassazione annullò questo giudizio. La pratica fu rinviata dinnanzi alla giurisdizione catastale di prima istanza e prese il numero 1980/199.
2. L’azione impegnata dai richiedenti nel 1964 (1964/337)
17. Nel frattempo, il 2 aprile 1964, su richiesta dei richiedenti, la corte d’appello di Eyüp, accompagnata da periti, aveva effettuato una perizia dei luoghi. Era stato constatato che sulla strada che conduce ad Uzuncaova si trovavano una baracca ed una cabina e che il resto del terreno era vuoto.
18. Il 15 luglio 1964, gli interessati investirono lo stesso tribunale e chiesero l’iscrizione del terreno a loro nome o, a difetto, il pagamento del suo controvalore pecuniario. La cancelleria assegnò alla pratica il numero di richiesta 1964/337.
19. All’udienza del 25 marzo 1965, il tribunale, considerando che due azioni, riguardanti una la restituzione e l’altra l’indennizzo, non potevano essere intentate simultaneamente, chiese ai richiedenti di scegliere l’azione di giustizia che intendevano condurre ed accordò loro un termine per questo fare.
20. All’udienza del 28 maggio 1965, gli interessati optarono per l’azione di restituzione del bene e rinunciarono all’azione tesa all’ottenimento di un’indennità all’altezza il valore del bene.
21. Il 18 novembre 1986, la corte d’appello di Eyüp respinse i richiedenti della loro istanza, considerando in particolare che il titolo di proprietà dei beni controversi era stato trasferito al Tesoro nel 1963.
22. Il 30 giugno 1987, la Corte di cassazione confermò questo giudizio.
23. Il 3 marzo 1988, la Corte di cassazione, investì di un’istanza di rettifica della sentenza, ritornò parzialmente sulla sua decisione precedente. Confermò da una parte la sua sentenza del 30 giugno 1987 per quanto riguardava il trasferimento del titolo di proprietà effettuato in applicazione della legge no 221. In compenso, annullò questa sentenza per quanto riguardava la delimitazione del terreno controverso per mancanza di ricerca sufficiente. Considerò in particolare che conveniva determinare i limiti del terreno oggetto dell’applicazione della legge no 221.
24. Il 6 giugno 1988, la corte d’appello di Eyüp, deliberando su rinvio, reiterò il suo giudizio precedente.
25. Il 22 febbraio 1989, l’assemblea plenaria della Corte di cassazione annullò il giudizio reso dalla giurisdizione di prima istanza e decise che era il tribunale catastale di Eyüp che era competente per deliberare sulla causa in questione.
3. La congiunzione delle azioni numeri 1955/177 e 1964/337
26. Il 20 febbraio 1991, la corte d’appello decise di unire le azioni numeri 1955/177 e 1964/337. Fu così come l’azione no 1964/337 fu unita alla pratica no 1980/199.
27. La Direzione generale delle foreste ed un certo numero di altre persone intervenne in questo procedimento.
28. Il 7 agosto 1996 ed il 22 novembre 1999, due perizie furono effettuate sul terreno.
29. Il 9 maggio 2000, il tribunale catastale di Eyüp respinse gli interessati della loro istanza di restituzione del bene. Constatò in particolare che era stabilito che il titolo di proprietà dei beni controversi era stato trasferito al Tesoro in applicazione della legge no 211.
30. Gli interessati ricorsero in cassazione.
31. Con una sentenza del 12 giugno 2001, la Corte di cassazione annullò il giudizio attaccato. Considerò in particolare che conveniva determinare i limiti del terreno che era stato oggetto dell’applicazione della legge no 221.
32. Il Tesoro fece un ricorso per rettifica della sentenza.
33. Con una sentenza del 17 febbraio 2003 che fu notificata ai richiedenti il 31 luglio 2003, la Corte di cassazione rettificò la sua sentenza iniziale e confermò il giudizio del 9 maggio 2000 reso dal tribunale catastale di Eyüp. Considerò in particolare ciò che segue:
“(…) il giudizio reso dalla corte d’appello di Eyüp il 18 novembre 1986, in virtù del quale il terreno controverso era stato espropriato dall’amministrazione in applicazione dell’articolo 221, era stato oggetto di un ricorso. La Corte di cassazione, nella sua sentenza del 30 giugno 1987, ha confermato questa conclusione e ha respinto il mezzo di rettifica nella sua sentenza del 3 marzo 1988. Di conseguenza, l’annullamento della Corte di cassazione in quanto alla sentenza del 30 giugno 1987 non riguarda questa parte del giudizio. Ne segue che questa parte del giudizio era diventata costitutiva di diritti procedurali acquisiti in favore del Tesoro ed era passata in giudicato dal 3 marzo 1988.
In seguito, il tribunale catastale ha confermato questa conclusione
Allo stesso tempo, poiché nessuna azione tesa ad ottenere un’indennità risultante dalla perdita di proprietà relativa ai beni in questione era pendente, non c’era luogo di pronunciarsi sulla validità dei titoli di proprietà delle parti “
C. L’azione per danno-interessi
34. Il 20 ottobre 2004, i richiedenti investirono la corte d’appello di Istanbul di un’azione tesa all’ottenimento di danno-interessi per espropriazione de facto del loro terreno.
35. Il 30 dicembre 2004, il tribunale si dichiarò incompetente a profitto della corte d’appello di Eyüp.
36. Il 14 febbraio 2006, la corte d’appello di Eyüp respinse i richiedenti al motivo che le condizioni di un’espropriazione de facto non erano riunite, nella misura in cui la proprietà del loro terreno era stata trasferita il 12 dicembre 1963 al Tesoro con una decisione di giustizia diventata definitiva. Considerò in particolare ciò che segue:
“(…) sostenendo che il Tesoro ha occupato il terreno in questione, la parte attrice richiede il risarcimento dei danni che dice di avere subito a causa di un’espropriazione de facto e del non-godimento dei suoi beni a partire dal 1964. La presente azione non riguarda tuttavia, per niente la proprietà dei beni in questione. La controversia riguardante la proprietà di questi beni è stata già decisa dal tribunale catastale ed il giudizio è diventato definitivo. I beni sono iscritti a nome del Tesoro. Di conseguenza, in mancanza di un diritto di proprietà, la parte convenuta non può pretendere nessuna somma per un’espropriazione de facto “
37. Il 12 dicembre 2006, la Corte di cassazione confermò in tutte le sue disposizioni questo giudizio.
38. Il 16 aprile 2007, respinse il ricorso per rettifica della sentenza. Questa sentenza fu notificata ai richiedenti il 2 maggio 2007.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
39. In virtù dell’articolo 1 della legge no 221 del 12 gennaio 1961 che disciplina lo statuto dei beni sottoposti de facto all’utilizzazione del servizio pubblico, erano reputati espropriati i beni sottoposti prima del anteriori 1956 all’utilizzazione del servizio pubblico senza che fosse stato fatto uso del procedimento di espropriazione formale.
Secondo l’articolo 4 di questa legge, il diritto di richiedere il controvalore di tali beni era precluso entro due anni a contare dalla data di entrata in vigore della legge no 221, ossia il 13 gennaio 1961.
40. Una sentenza di principio del 16 maggio 1956, pubblicata l’ 11 agosto 1958, resa dalla camera plenaria della Corte di cassazione, sulla Gazzetta ufficiale, dispone ciò che segue:
“Il proprietario può sempre iniziare un’azione possessoria tesa ad impedire ogni ostacolo nel godimento del suo bene contro la persona giuridica di diritto pubblico che si trova all’origine [della destinazione del bene all’utilizzazione del servizio pubblico.] Tuttavia, quando la natura del bene si è trasformata così che questo godimento non può più effettuarsi a causa di tale destinazione, il proprietario può iniziare un’azione per indennizzo dopo avere accettato il trasferimento del titolo di proprietà all’amministrazione riguardata. Nella legislazione turca, non esiste nessuna disposizione che separa tale diritto dai proprietari. “
41. Secondo la giurisprudenza turca, quando, nella cornice di un’azione intentata al civile, un tribunale è chiamato a conoscere di parecchie pretese, deve deliberare separatamente su ciascuna di esse. In caso di annullamento parziale di simile giudizio in cassazione, le disposizioni non riformate conferiscono dei “diritti procedurali acquisiti” u(sulî kazanılmış hak) in quanto alla pretesa mirata e diventano immediatamente esecutivi, nonostante il fatto che il procedimento di giudizio rimanfa pendente sugli altri punti (per informazione più approfondite, vedere ve Ticaret Ünal Akpınar İnşaat İmalat Sanayi S.p.A. ed Akpınar Yapı Sanayi S.p.A. c. Turchia, no 41246/98, § 54, 26 maggio 2009).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
42. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni. Secondo loro, la privazione di proprietà che avrebbero subito era contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1. Peraltro, contestano la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione.
43. Il Governo combatte questa tesi. Sostiene da prima che i motivi di appello dei richiedenti sono incompatibili ratione temporis con le disposizioni della Convenzione. Peraltro, afferma che gli interessati non hanno esaurito le vie di ricorso interne disponibili. Inoltre, riferendosi alla giurisprudenza della Corte, in materia sostiene che i richiedenti che non avrebbero né un “bene reale” né una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile, suscettibile con ciò di essere considerato come un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, non hanno la qualità di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
44. La Corte non stima necessario pronunciarsi sull’insieme delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Governo, dovendo essere i motivi di appello dichiarati inammissibili per i motivi indicati qui sotto.
45. Per ciò che riguarda l’affermazione dei richiedenti secondo la quale l’espropriazione che avrebbero subito era contraria al diritto di proprietà, la Corte ricorda che può esaminare un motivo di appello solo nella misura in cui si riferisce agli avvenimenti che si sono prodotti dopo l’entrata in vigore della Convenzione a riguardo della Parte contraente riguardata. Ricorda anche che, secondo la sua giurisprudenza ben consolidata, la privazione di un diritto di proprietà o di un altro diritto reale costituisce in principio un atto istantaneo e non crea una situazione continua di “privazione di un diritto” (vedere, per esempio, Malhous c. Repubblica ceca, (dec.), no 33071/96, CEDH 2000-XII). La Corte può avere certo riguardo ai fatti anteriori alla ratifica per quanto si possa considerarli come all’origine di una situazione che si è prolungata al di là di questa data o come importanti per comprendere i fatti sopraggiunti dopo questa data (Broniowski c. Polonia, (dec.) [GC], no 31443/96, § 74, CEDH 2002-X).
46. Nello specifico, la Corte rileva che non è contestato che il terreno controverso che era occupato dallo stato, era stato iscritto sul registro fondiario a nome del Tesoro pubblico il 12 dicembre 1963 in seguito ad un giudizio del 21 giugno 1963 che aveva acquisito forza di cosa giudicata. Peraltro, il fatto che le azioni concernenti il titolo di proprietà si erano concluse dopo il 28 gennaio 1987 importa poco, nella misura in cui l’azione impegnata dai richiedenti tendeva essenzialmente a fare riconoscere il diritto di proprietà dei beni in questione che era oggetto di un’azione possessoria in diritto interno (paragrafo 11 sopra).
47. In più, non è per niente questione di una violazione continua della Convenzione imputabile alla Repubblica turca e suscettibile di esporre degli effetti sui limiti temporali alla competenza della Corte. Eredi per la maggior parte di persone espropriate da lunga data, i richiedenti non sono stati in grado di esercitare un qualsiasi diritto di proprietà sui beni in causa da più di un mezzo-secolo.
48. Di conseguenza, dato che i beni in questione erano stati trasferiti al Tesoro nel dicembre 1963, ossia ben molto prima del 28 gennaio 1987, data in cui la Convenzione ed il Protocollo no 1 sono entrati in vigore a riguardo della Repubblica turca, la Corte non è competente ratione temporis per esaminare le circostanze della privazione di proprietà operata sul fondamento della legge no 221 di 1961 (vedere la decisione Malhous precitata e Principe Hans-Adam II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, § 85, CEDH 2001-VIII).
49. Per ciò che riguarda la tesi dei richiedenti secondo la quale è la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione che costituisce un’ingerenza nel loro diritto al rispetto dei loro beni, la Corte osserva che la presente causa differisce dalla causa Yagtzilar ed altri c. Grecia (no 41727/98, CEDH 2001-XII,) dove si era accontentata di esaminare la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione, nella cornice di un procedimento che era cominciato nel 1933, prima della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte della Grecia, e che si era concluso il 15 luglio 1997, dopo la riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte di questo Stato. Ora, nello specifico, il procedimento che era cominciato nel 1964 e che si era concluso nel 2003 riguardava dal 25 marzo 1965 solo una sola istanza tesa all’ottenimento dell’iscrizione del terreno a nome dei richiedenti (paragrafo 20 sopra).
50. Certo, i richiedenti impegnarono un’azione in vista dell’ottenimento di danno-interessi per espropriazione de facto il 20 ottobre 200,. La Corte osserva che, come ha indicato la corte d’appello, questa istanza non era fondata su nessun titolo di proprietà riconosciuto in diritto interno (paragrafo 36 sopra). Difatti, su questo punto, la causa si distingue anche dalla causa Broniowski precitata (vedere, in particolare, il paragrafo 75 di questa decisione, dove la base dei fatti del motivo di appello del Sig. B. era l’impossibilità nella quale si trovava di fare eseguire il suo diritto ad una misura compensatoria, che gli sarebbe stato conferito dal diritto polacco in data di entrata in vigore del Protocollo). Nello specifico, la Corte osserva che, dopo la data di entrata in vigore del Protocollo a riguardo della Turchia, il legislatore turco non ha riconosciuto nessun diritto di questo genere. Inoltre, secondo l’articolo 4 della legge no 221, il diritto di richiedere il controvalore dei beni espropriati secondo il procedimento contemplato in questa legge era precluso entro due anni a contare dalla data di entrata in vigore di suddetta legge, ossia il 13 gennaio 1961 (paragrafo 39 sopra).
51. Resta per la Corte da esaminare se i richiedenti avevano una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile, ossia di ottenere o la restituzione dei loro beni o un compenso, per il trasferimento di beni del 1963, di un determinato importo, in relazione col valore reale dei loro beni.
52. La Corte nota in particolare che risulta dalla sentenza del 17 febbraio 2003 resa dalla Corte di cassazione che la controversia, per quanto riguardava il titolo di proprietà trasferito in applicazione della legge no 221, è stata oggetto di una decisione definitiva il 3 marzo 1988. Difatti, il giudizio adottato dalla corte d’appello di Eyüp il 18 novembre 1986, in virtù del quale il terreno controverso era stato espropriato dall’amministrazione in applicazione dell’articolo 221, era stato confermato dalla Corte di cassazione il 30 giugno 1987. Peraltro, l’accettazione parziale del ricorso per rettifica da parte della Corte di cassazione il 3 marzo 1988 riguardava solamente la questione della delimitazione del terreno in questione. Di conseguenza, secondo la Corte di cassazione, questa parte del giudizio era diventata costitutiva di diritti procedurali acquisiti a favore del Tesoro ed aveva acquisito forza di cosa giudicata a partire dal 3 marzo 1988. Converrebbe dunque, normalmente, respingere il motivo di appello derivato dal titolo di proprietà e presentato al di fuori del termine dei sei mesi.
53. Ciò dicendo, la Corte tiene tuttavia a ricordare che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto ad acquisire dei beni (Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, § 52, CEDH 2007 -…). La speranza di vedere riconoscere un diritto di proprietà che si è nell’impossibilità di esercitare infatti non può essere considerata come un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, Principe Hans-Adam II di Liechtenstein precitata, §§ 82-83, e Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, (dec.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
54. La Corte nota anche che, secondo le autorità giudiziali, il titolo di proprietà era stato trasferito al Tesoro nel 1963 in applicazione della legge no 221 del 1961 in virtù della quale un bene occupato dallo stato era reputato espropriato ed il diritto di richiedere il controvalore di tali beni era precluso entro due anni. La Corte conclude che i richiedenti non potevano avere una “speranza legittima” di ottenere la restituzione dei beni in questione o dei compensi di un determinato importo. Quindi, ai fini dell’articolo 1 del Protocollo no 1, non si potrebbe considerare che i richiedenti abbiano conservato un diritto di proprietà o un diritto di risarcimento contro la Turchia che si analizza in una “speranza legittima” ai senso della giurisprudenza della Corte.
55. Pertanto, il motivo di appello dei richiedenti, per quanto riguarda le misure adottate sul fondamento della legge no 221 del 1961 al riguardo dei beni in questione, non rientra nel campo di applicazione della Convenzione per il motivo che è anteriore all’entrata in vigore della Convenzione a riguardo della Repubblica turca. Questa parte del motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 deve essere respinta per incompatibilità rationae temporis con le disposizioni della Convenzione, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione. In quanto al motivo di appello concernente la mancanza di pagamento dell’indennità di espropriazione, questo deve essere respinto per incompatibilità rationae materiae con le disposizioni della Convenzione, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
56. I richiedenti adducono che la durata del procedimento riguardante la loro istanza di iscrizione dei beni in questione a loro nome ha ignorato il principio del “termine ragionevole.” Si lamentano anche della mancanza di equità del procedimento e rimproverano ai tribunali interni di non avere proceduto ad una valutazione obiettiva delle prove e di avere favorito così l’amministrazione.
Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nelle sue parti pertinenti nello specifico,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Equità del procedimento
57. La Corte stima che i richiedenti si lamentano essenzialmente della soluzione considerata dalle giurisdizioni nazionali. Ora niente permette di pensare che il procedimento durante il quale i richiedenti hanno potuto presentare tutti i loro argomenti, non è stato equo. La Corte difatti non scopre nessun indizio di arbitrarietà nella condotta del processo né di violazione dei diritti procedurali degli interessati. Di conseguenza, stima che si tratta di un motivo di appello teso unicamente al perseguimento del dibattito già condotto dinnanzi ai tribunali interni e su cui la Corte, salvo erigendosi in “quarta istanza”, non potrebbe deliberare. Conviene dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento dunque, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
B. Durata del procedimento
58. Il Governo sostiene che i richiedenti hanno introdotto i loro ricorsi in modo tardivo e hanno mancato di zelo nella condotta della causa, e che hanno, ciò facendo, contribuito considerevolmente all’allungamento della durata del procedimento. Secondo il Governo, risulterebbe dalla cronologia del procedimento che le autorità giudiziali, quando sono state in grado di farlo, hanno deliberato in termini ragionevoli.
La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
59. La Corte nota che il procedimento è cominciato il 19 febbraio 1955 (paragrafo 11 sopra) e che si è conclusa sopra il 17 febbraio 2003, data in cui la Corte di cassazione ha respinto il ricorso per rettifica (paragrafo 33). Il procedimento è durato dunque quarantotto anni circa. La Corte può conoscere tuttavia, solamente del lasso di tempo dei sedici anni, trascorso dal 28 gennaio 1987, data del deposito della dichiarazione turca che riconosceva il diritto di ricorso individuale. Prendendo tuttavia in conto lo stato del procedimento nella data in cui la suddetta dichiarazione è stata depositata (Cankoçak c. Turchia, numeri 25182/94 e 26956/95, § 25, 20 febbraio 2001) nota che, nella data in questione, il procedimento era durato già trentadue anni circa.
60. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento del richiedente e quello delle autorità competenti (vedere, tra molto altri, Richard c. Francia, 22 aprile 1998, § 57, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-II, e Doustaly c. Francia, 23 aprile 1998, § 39, Raccolta 1998-II.
61. Ricorda peraltro che solo le lentezze imputabili alle autorità giudiziali competenti possono portare a constatare un superamento del termine ragionevole ai sensi della Convenzione. Anche nei sistemi giuridici che consacrano il principio della condotta del processo da parte delle parti, l’atteggiamento degli interessati non dispensa i giudici dal garantire la celerità voluta dall’articolo 6 § 1 (Varipati c. Grecia, no 38459/97, § 26, 26 ottobre 1999).
62. Per ciò che riguarda il presente caso, la Corte osserva che la lentezza del procedimento risulta essenzialmente dal comportamento delle autorità e giurisdizioni investite.
63. Riafferma che incombe sugli Stati contraenti di organizzare il loro sistema giudiziale in modo tale che le loro giurisdizioni possano garantire a ciascuno il diritto di ottenere in un termine ragionevole una decisione definitiva sulle contestazioni relative ai suoi diritti ed obblighi di carattere civile. La Corte non potrebbe stimare “ragionevole” la durata globale trascorsa nello specifico.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione della durata del procedimento.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
64. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danni, oneri e spese
65. I richiedenti richiedono congiuntamente 25 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito in ragione di una durata eccessiva del procedimento. Chiedono anche 27 000 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e 483 629 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte. Forniscono due ricevute che attestano il pagamento di una certa somma da parte di una società denominata “OMISSIS.”
66. Il Governo contesta queste pretese.
67. La Corte ricorda innanzitutto che, quando conclude alla violazione di una disposizione della Convenzione, può assegnare all’interessato una somma per il danno morale subito. Questa somma mira al risarcimento dello stato di angoscia, dei dispiaceri e delle incertezze che risultano da questa violazione (vedere Comingersoll S.p.A., precitata, § 29; Arvanitaki-Roboti ed altri c. Grecia [GC], no 27278/03, § 27, CEDH 2008 -…, e Kakamoukas ed altri c. Grecia [GC], no 38311/02, § 39, 15 febbraio 2008).
68. Nello specifico, la Corte osserva che i richiedenti hanno fatto congiuntamente la loro richiesta e che la pratica non permette di stabilire le date in cui gli eredi sono successi ai proprietari principali. Alla vista di ciò che precede e deliberando in equità, accorda l’interezza della somma richiesta dai richiedenti, ossia congiuntamente 25 000 EUR (venticinquemila euro) all’insieme dei cinquantanove richiesti per danno morale. Conviene a questo riguardo precisare che la somma assegnata alla Sig.ra Z. B. spetterà a S. S., K. B. e K. S., in qualità di eredi (paragrafo 1 sopra).
69. In quanto agli oneri e alle spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte respinge la richiesta relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda congiuntamente all’insieme dei richiedenti.
B. Interessi moratori
70. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata del procedimento ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione a ragione della durata del procedimento;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente all’insieme dei cinquantanove richiedenti – la somma assegnata alla Sig.ra Z. B. spetterà a S. S., K.B. e K. S. -, entro i tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 25 000 EUR (venticinquemila euro) da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento, e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 25 gennaio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa