TERZA SEZIONE
CAUSA DUMITRAŞ C. ROMANIA
( Richiesta no 17979/05)
SENTENZA
STRASBURGO
28 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Dumitraº c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 7 luglio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17979/05) diretta contro la Romania e in cui un cittadino tedesco, il Sig. D. L. M D. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 16 maggio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. I. G., avvocato a ClujNapoca.¬ Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. L’ 11 ottobre 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
4. Il governo tedesco al quale una copia della richiesta è stata comunicata dalla Corte in virtù dell’articolo 44 § 1 a) dell’ordinamento, non ha desiderato presentare il suo punto di vista sulla causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1947 e risiede a Cluj-Napoca.
6. Il richiedente e sua moglie, D.D.E, erano i proprietari di un appartamento, situato a Cluj-Napoca al no 6 di via Plopilor. Nel 1988, hanno optato per un regime di separazione dei beni dividendo l’appartamento in due parti uguali.
7. Nel 1988 e nel 1989, lo stato prese possesso del bene del richiedente e di quello di D.D.E, in virtù del decreto di statalizzazione no 223/1974.
8. L’11 novembre 1996, l’impresa C., nella sua qualità di gerente dei beni dello stato, vendette a B.N. e B.E. le due parti dell’appartamento che occupavano in quanto inquilini.
9. Nel 2003, il richiedente e D.D.E. introdussero contro la municipalità di Cluj-Napoca, B.N. e B.E. un’azione di rivendicazione delle due parti dell’appartamento, per annullamento del contratto di vendita ed per rettifica del libro fondiario, facendo valere che la statalizzazione era stata illegale. Con un giudizio del 28 maggio 2003, il tribunale di prima istanza di Cluj-Napoca respinse l’azione, constatando la legalità della statalizzazione e del contratto di vendita e la buona fede delle parti all’epoca della sua conclusione. Con una sentenza del 10 febbraio 2004, il tribunale dipartimentale di Cluj fece parzialmente dritto all’azione, constatando l’illegalità della statalizzazione e del contratto di vendita del bene del richiedente ed ordinò l’iscrizione sul libro fondiario del suo diritto di proprietà sul bene. Con una sentenza definitiva del 19 novembre 2004, la corte di appello di Cluj constatò l’illegalità della statalizzazione delle due parti dell’appartamento e del contratto di vendita relativo al bene di D.D.E, ossia la metà dell’appartamento, ordinò l’iscrizione sul libro fondiario del diritto di proprietà di D.D.E. sul suo bene e respinse l’azione per il surplus.
10. Il 2 agosto 2001, il richiedente e D.D.E. rivolsero una notifica alla municipalità di Cluj, chiedendo la restituzione del bene, sulla base della legge no 10/2001.
11. Con una decisione del 4 febbraio 2008, la municipalità di Cluj ordinò la restituzione dell’appartamento al richiedente ed a D.D.E.
12. Con un protocollo di restituzione del 3 aprile 2008, la municipalità di Cluj restituì formalmente l’appartamento al richiedente ed a D.D.E. Questa ultima è entrata in possesso del suo bene. Il richiedente non è entrato in compenso, ancora difatti in possesso del suo bene.
13. Il 4 aprile 2008, B.N. e B.E. introdussero contro la municipalità di Cluj ed il richiedente un’azione per annullamento della decisione del 4 febbraio 2008 che aveva ordinato la restituzione, facendo valere che il loro contratto di vendita era sempre valido. Questo procedimento è attualmente pendente dinnanzi ai tribunali nazionali.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
14. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
15. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno fornite alla Corte l’ 8 luglio 2008 in altre cause concernenti i beni immobiliari prelevati dal patrimonio dei vecchi proprietari coi decreti di statalizzazione, che sono state prese recentemente delle misure che prevedono l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” in particolare dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007. Il Governo rinvia in particolare ad una lettera delle autorità che dirigono suddetti fondi, sottolineando che questo fondo funziona oramai sotto forma di una società di investimenti di tipo chiuso e sarà registrata presso la Commissione nazionale di valori mobiliari in quanto organismo di collocamento collettivo, dopo valutazione degli attivi che si trovano nel patrimonio del fondo. Il Governo fa valere che le persone che detengono delle azioni del fondo hanno oramai due opzioni, ossia mantenere il collocamento in azioni del fondo e beneficiare di un reddito sotto forma di dividendi, o chiedere la loro conversione in numerario, importi che è oramai possibile percepire. Il Governo precisa che al 1 febbraio 2008, 2440 richieste che esprimevano tali opzioni sono state registrate di cui 855 sono state decise, ammontando l’importo globale delle indennità versate da questo fondo a 72 000 000 nuovi lei rumeni (Ron), o circa 20 400 000 euro (EUR). Ini più, a contare dal 1 novembre 2007, il fondo ha cominciato a distribuire dei dividendi.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
16. Il richiedente adduce un attentato al diritto al rispetto dei suoi beni in ragione della vendita dell’appartamento in causa e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare la vendita, sebbene abbiano riconosciuto il carattere illegale della statalizzazione. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
17. Il Governo solleva un’eccezione di incompatibilità ratione personae di questo motivo di appello con la Convenzione. Stima che il richiedente non ha più la qualità di vittima nella misura in cui, con la decisione del 4 febbraio 2008 ed il protocollo del 3 aprile 2008, la municipalità di Cluj ha ordinato la restituzione del bene al richiedente.
18. Il richiedente si oppone a questa tesi. Fa valere che il contratto di vendita concluso con B.N. e B.E. sul suo bene è stato convalidato dalla sentenza definitiva della corte di appello di Cluj del 19 novembre 2004. Sottolinea che ad oggi, non è stato messo in possesso effettivo del suo bene a dispetto del protocollo del 3 aprile 2008 e che da allora, B.N. e B.E. hanno introdotto un’azione per annullamento della decisione di restituzione presa dalla municipalità di Cluj.
19. La Corte ricorda che una decisione o una misura favorevole al richiedente basta in principio a togliergli la qualità di vittima solo se le autorità nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, poi riparato la violazione della Convenzione (vedere, tra altre, Ludi c. Svizzera, 15 giugno 1992, § 34, serie A no 238. Ora, nota nello specifico che il richiedente si trova al momento nella stessa situazione del 19 novembre 2004 (vedere Bacso c. Romania, no 9293/03, §§ 49-51, 4 novembre 2008).
20. Difatti, sebbene le autorità abbiano ordinato la restituzione del bene al richiedente con la decisione del 4 febbraio 2008 e che si sia visto restituire formalmente questo bene, resta che non ne può godere ancora al momento, poiché B.N. e B.E. ne restano i proprietari e hanno il possesso effettivo di questo appartamento. Per di più, questi ultimi hanno introdotto contro il richiedente e la municipalità di Cluj un’azione per annullamento della decisione di restituzione. Quindi, alla luce di questi elementi e senza speculare sulla conclusione di questo procedimento, la decisione del 4 febbraio 2008 ed il protocollo del 3 aprile 2008 invocato dal Governo non potrebbero cancellare interamente le conseguenze della sentenza precitata della corte di appello di Cluj per il godimento, da parte del richiedente, del suo diritto di proprietà.
21. In queste circostanze, la Corte stima che il richiedente può definirsi vittima, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
Pertanto, c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo e di constatare che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
22. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati nelle cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
23. Il richiedente si oppone a questa tesi.
24. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59; e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
25. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’altro, si analizza in una privazione del bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
26. Per quanto il Governo fa valere che è lecito al richiedente di ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza del valore del bene stabilito da perizia, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo “Proprietatea” non funziona attualmente in un modo suscettibile di essere considerato come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Petrini c. Romania, no 3320/05, § 34, 24 febbraio 2009).
27. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come il richiedente, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va nel buonsenso in materia (paragrafo 15 sopra).
28. Tenuto conto della sua giurisprudenza la Corte stima in materia, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà del richiedente sul suo bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, gli ha fatto subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
29. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto ad un processo equo in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento per annullamento del contratto di vendita. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione le cui disposizioni pertinenti sono formulate così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
30. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 22-25, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie A no 194-C, e Chiesa cattolica della Morta c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII e Denes ed altri c. Romania no 25862/03, § 59, 30 marzo 2009).
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
31. Citando l’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente adduce che è stato oggetto di una discriminazione rispetto a B.N. e B.E, in ragione della convalida del loro contratto di vendita e del difetto di restituzione del suo bene da parte dei tribunali interni.
32. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, la Corte non ha rilevato nello specifico nel ragionamento della corte di appello di Cluj nessuna apparenza di violazione dei diritti garantiti dall’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del protocollo no 1 alla Convenzione.
33. Ne segue che questo motivo di appello deve essere respinto come manifestamente male fondato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
34. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
35. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009 e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
36. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
37. Il richiedente chiede, a titolo del danno materiale che avrebbe subito, la restituzione della metà dell’appartamento. A difetto di tale restituzione, richiede 58 455 EUR che rappresentano il valore commerciale reale del suo bene. Sottopone alla Corte una perizia dell’appartamento stabilita nel gennaio 2008. Sollecita anche 15 000 EUR per il danno morale causato dal difetto di godimento del bene.
38. Il Governo stima che il valore commerciale della metà dell’appartamento è di 44 321 EUR e fornisce il parere di un perito, stabilito nel maggio 2008.
39. Concernente il danno morale addotto, il Governo stima che non c’è luogo di considerarlo, perché questo danno non è stato provato e non è stato stabilito nessun legame di causalità tra i procedimenti oggetto della presente richiesta e le sofferenze addotte dal richiedente.
40. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione della vendita da parte dello stato del bene del richiedente a terzi, combinato con la mancanza totale di indennizzo.
41. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso porrebbe per quanto possibile il richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorati.
42. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare al richiedente, per danno materiale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
43. Nello specifico, trattandosi di determinare l’importo del danno materiale, tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dalle parti, la Corte, stima il valore del bene a 50 000 EUR.
44. Concernente la richiesta del richiedente a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato per lui dei dispiaceri e delle incertezze, e che la somma di 1 000 EUR rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito.
B. Oneri e spese
45. Il richiedente chiede anche 6 488,11 Ron a titolo degli oneri e delle spese e versa alla pratica parecchie fatture e contratti di assistenza giudiziale rappresentanti l’importo degli oneri assunti nel procedimento interno (notifica indirizzata al municipio di Cluj-Napoca, parcella di avvocato, tassa di bollo ed autenticazione dei documenti) ossia 4 420, 68 Ron, e nel procedimento dinnanzi alla Corte (parcella di avvocato, bolli postali, traduzione, autenticazione e fotocopia dei documenti) ossia 2 067, 5 Ron.
46. Il Governo fa valere che la somma chiesta dal richiedente a titolo degli oneri impegnati nel procedimento interno è stata compensata dalla corte di appello di Cluj con la sentenza definitiva del 19 novembre 2004. Osserva anche che i contratti di assistenza giudiziale non indicano i numeri delle pratiche del procedimento giudiziale nazionale e che nessun legame tra questi contratti e la presente causa è stato stabilito. In quanto agli oneri e alle spese legati al procedimento dinnanzi alla Corte, il Governo stima che il richiedente non ha trasmesso una ricevuta concernente gli oneri per la fotocopia dei documenti e che non ha provato il legame tra gli oneri di autenticazione dei documenti ed il procedimento dinnanzi alla Corte.
47. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisce la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto del fatto che la Corte ha concluso ad una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, stima ragionevole la sommadi 1 500 EUR, ogni onere compreso, e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
48. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente né l’ammissibilità né la fondatezza del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire al richiedente la metà dell’appartamento dell’immobile situato a Cluj-Napoca al no 6 di via Plopilor, nei tre mesi a contare dsl giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 50 000 EUR (cinquantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine, le seguenti somme:
i, 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 1 500 EUR (mille cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per ogni onere compreso;
d) che le somme menzionate ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 28 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente