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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE DONDU BILGIC c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 43948/02/2010
Stato: Turchia
Data: 2010-03-02 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA DÖNDÜ BİLGİÇ C. TURCHIA
( Richiesta no 43948/02)
SENTENZA
STRASBURGO
2 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Döndü Bilgiç c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 9 febbraio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 43948/02) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra D. B. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 2 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentata da E. D., avvocato a Muğla. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 15 gennaio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
4. La richiedente è nata nel 1932 e risiede a Muğla.
5. All’epoca dei lavori di catasto realizzati nel 1953, l’appezzamento no 95 fu iscritto a nome delle quattro persone tra cui de cujus della richiedente. I lavori catastali furono oggetto di contestazioni ed un procedimento riguardante parecchi appezzamenti e che implicava numerose persone si susseguì dinnanzi al tribunale catastale di Köyceðiz (“il tribunale”).
6. L’ 8 agosto 1958, il tribunale confermò la mappa catastale per quanto riguardava l’appezzamento no 95. Il 16 novembre 1967, la Corte di cassazione annullò questo giudizio.
7. Dopo congiunzione di parecchi procedimenti, l’ 11 settembre 1973, il tribunale annullò la mappa catastale ed ordinò l’iscrizione dell’appezzamento no 95 a nome del Tesoro. L’ 11 luglio 1977, la Corte di cassazione annullò questo giudizio; rilevò che il giudizio dell’ 8 agosto 1958 era diventato definitivo nella sua parte concernente l’appezzamento no 95 nella misura in cui non era stato oggetto di un ricorso in cassazione.
8. Nel 1981, il palazzo di giustizia fu distrutto da un incendio.
9. In seguito al decesso del de cujus il 25 novembre 1985, i suoi figli tra cui la richiedente, e i nipoti intervennero nel procedimento nel loro requisito di eredi.
10. Il 18 marzo 1993, il tribunale si dichiarò incompetente ratione loci a profitto del tribunale catastale di Ortaca di recente costituito.
11. Con una sentenza interlocutoria del 6 marzo 2002, questo tribunale, constatando che il giudizio dell’ 8 agosto 1958 era diventato definitivo per ciò che riguarda l’appezzamento controverso, ordinò la sua registrazione al registro fondiario < nome degli eredi del de cujus tra cui figurava la richiedente.
IN DIRITTO
12. La richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
13. Il Governo sostiene che la richiesta è incompatibile ratione temporis con le disposizioni della Convenzione nella misura in cui i fatti all’origine della causa sono anteriori alla data di riconoscenza della competenza della Corte da parte della Turchia. Aggiunge che la richiedente non ha la qualità di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione. A questo riguardo, fa osservare che il giudizio dell’8 agosto 1958 era definitivo e che apparteneva al de cujus investire il registro fondiario per confermare l’iscrizione già effettuata a suo nome all’epoca dei lavori del catasto nel 1953.
14. La Corte stima che le eccezioni del Governo non potrebbero essere considerate. Da una parte, il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali è proseguito al di là della data di riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte delle Turchia. Dall’altra parte, l’appezzamento controverso era oggetto del procedimento in questione. Constata che questo motivo di appello non incontra nessun motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
15. Il periodo da considerare è cominciato solamente con la presa di effetto, il 28 gennaio 1987, della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte della Turchia. Tuttavia, per valutare il carattere ragionevole dei termini trascorsi a partire da questa data, bisogna tenere conto dello stato in cui la causa si trovava allora( Cankoçak c. Turchia, numeri 25182/94 e 26956/95, § 25, 20 febbraio 2001, e Şahiner c. Turchia, no 29279/95, § 22, CEDH 2001-IX.) Il periodo in questione si è concluso il 6 marzo 2002. È durata circa quindici anni, per un’istanza, dunque.
16. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
17. C’è stata dunque violazione dell’articolo 6 § 1.
18. La richiedente adduce infine che la lunghezza del procedimento controverso ha recato offesa al diritto al rispetto dei suoi beni come garantito dal ‘articolo 1 del Protocollo no 1.
19. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quello esaminato sopra e deve essere dichiarato dunque anche ammissibile. Avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 6 § 1 (paragrafo 16 sopra) la Corte stima che, nelle circostanze della causa, non c’è luogo di deliberare per di più sul motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie A no 194-C).
20. Resta la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione. La richiedente richiede 10 000 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito di cui 2 000 EUR per gli oneri di parcella e 350 EUR per gli oneri postali. Richiede inoltre 20 000 EUR a titolo del danno morale.
21. Il Governo contesta queste pretese.
22. La Corte non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno patrimoniale addotto e respinge questa domanda.
In compenso, considera che c’è luogo di concedere alla richiedente 14 000 EUR a titolo del danno giuridico e 500 EUR a titolo degli oneri e delle spese, abbinati ad interessi moratori ricalcati sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non si impone di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 14 000 EUR (quattordicimila euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, e 500 EUR (cinque cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 2 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE DÖNDÜ BİLGİÇ c. TURQUIE
(Requête no 43948/02)
ARRÊT
STRASBOURG
2 mars 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Döndü Bilgiç c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 9 février 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 43948/02) dirigée contre la République de Turquie et dont une ressortissante de cet Etat, Mme D. B. (« la requérante »), a saisi la Cour le 2 septembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me E. D., avocat à Muğla. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Le 15 janvier 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
4. La requérante est née en 1932 et réside à Muğla.
5. Lors des travaux de cadastre réalisés en 1953, la parcelle no 95 fut inscrite au nom des quatre personnes, dont le de cujus de la requérante. Les travaux cadastraux firent l’objet de contestations et une procédure portant sur plusieurs parcelles et impliquant de nombreuses personnes s’en suivit devant le tribunal cadastral de Köyceğiz (« le tribunal »).
6. Le 8 août 1958, le tribunal confirma le plan cadastral pour autant qu’il concernait la parcelle no 95. Le 16 novembre 1967, la Cour de cassation cassa ce jugement.
7. Après jonction de plusieurs procédures, le 11 septembre 1973, le tribunal annula le plan cadastral et ordonna l’inscription de la parcelle no 95 au nom du Trésor. Le 11 juillet 1977, la Cour de cassation cassa ce jugement ; elle releva que le jugement du 8 août 1958 était devenu définitif dans sa partie concernant la parcelle no 95 dans la mesure où il n’avait pas fait l’objet d’un pourvoi en cassation.
8. En 1981, le palais de justice fut détruit par un incendie.
9. A la suite du décès du de cujus le 25 novembre 1985, ses enfants, dont la requérante, et petits-enfants intervinrent dans la procédure en leur qualité d’héritiers.
10. Le 18 mars 1993, le tribunal se déclara incompétent ratione loci au profit du tribunal cadastral d’Ortaca nouvellement constitué.
11. Par un jugement avant dire droit du 6 mars 2002, ce tribunal, constatant que le jugement du 8 août 1958 était devenu définitif en ce qui concerne la parcelle litigieuse, ordonna son enregistrement au registre foncier au nom des héritiers du de cujus, parmi lesquels figure la requérante.
EN DROIT
12. La requérante allègue que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
13. Le Gouvernement soutient que la requête est incompatible ratione temporis avec les dispositions de la Convention dans la mesure où les faits à l’origine de l’affaire sont antérieurs à la date de reconnaissance de la compétence de la Cour par la Turquie. Il ajoute que la requérante n’a pas la qualité de victime au sens de l’article 34 de la Convention. A cet égard, il fait observer que le jugement du 8 août 1958 était définitif et qu’il appartenait au de cujus de saisir le registre foncier pour confirmer l’inscription déjà effectué à son nom lors des travaux du cadastre en 1953.
14. La Cour estime que les exceptions du Gouvernement ne sauraient être retenues. D’une part, la procédure devant les juridictions nationales s’est poursuivie au-delà de la date de reconnaissance du droit de recours individuel par la Turquie. D’autre part, la parcelle litigieuse faisait l’objet de la procédure en question. Elle constate que ce grief ne se heurte à aucun motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
15. La période à considérer n’a commencé qu’avec la prise d’effet, le 28 janvier 1987, de la reconnaissance du droit de recours individuel par la Turquie. Toutefois, pour apprécier le caractère raisonnable des délais écoulés à partir de cette date, il faut tenir compte de l’état où l’affaire se trouvait alors (Cankoçak c. Turquie, nos 25182/94 et 26956/95, § 25, 20 février 2001, et Şahiner c. Turquie, no 29279/95, § 22, CEDH 2001-IX). La période en question s’est terminée le 6 mars 2002. Elle a donc duré environ quinze ans, pour une instance.
16. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 6 § 1 de la Convention (voir Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, elle considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
17. Il y a donc eu violation de l’article 6 § 1.
18. La requérante allègue enfin que la longueur de la procédure litigieuse a porté atteinte au droit au respect de ses biens tel que garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
19. La Cour relève que ce grief est lié à celui examiné ci-dessus et doit donc aussi être déclaré recevable. Eu égard au constat relatif à l’article 6 § 1 (paragraphe 16 ci-dessus), la Cour estime que, dans les circonstances de la cause, il n’y a pas lieu de statuer de surcroît sur le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 (voir Zanghì c. Italie, 19 février 1991, § 23, série A no 194-C).
20. Reste la question de l’application de l’article 41 de la Convention. La requérante réclame 10 000 euros (EUR) au titre du préjudice matériel qu’elle aurait subi, dont 2 000 EUR pour les frais d’honoraires et 350 EUR pour les frais postaux. Elle réclame en outre 20 000 EUR au titre du préjudice moral.
21. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
22. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué et rejette cette demande.
En revanche, elle considère qu’il y a lieu d’octroyer à la requérante 14 000 EUR au titre du préjudice moral et 500 EUR au titre des frais et dépens, assortis d’intérêts moratoires calqués sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il ne s’impose pas d’examiner le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 14 000 EUR (quatorze mille euros) pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, et 500 EUR (cinq cents euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 2 mars 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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