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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE D’IGLIO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 32678/03/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-29 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA D’ IGLIO C. ITALIA
( Richiesta no 32678/03)
SENTENZA
STRASBURGO
29 luglio 2008
DEFINITIVO
29/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa D’Iglio c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione.
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 32678/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra A. D’I. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 10 settembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato dai Miei C. M ed A. M, avvocati a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, ed i suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 29 giugno 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1960 e ha risieduto a Durazzano (Benevento).
A. Il procedimento principale
5. Il 29 febbraio 1991, il richiedente depositò un ricorso dinnanzi al giudice di istanza di Benevento (RG. no 4677/91) che agiva a titolo di giudice del lavoro, per ottenere la riconoscenza del suo diritto all’iscrizione nel registro dei lavoratori agricoli tramite il servizio dei contributi agricoli (SCAU – Servizio per i Contributi Agricoli Unificati).
Il 13 novembre 1991, il giudice di istanza fissò la prima udienza al 14 ottobre 1993. A seguito di due udienze di cui una rinviata d’ufficio, il 23 febbraio 1996, il giudice pronunciò l’interruzione del procedimento in ragione della soppressione del SCAU. Il 23 ottobre 1996 il procedimento fu ripreso contro la sicurezza sociale. Delle nove udienze fissate tra il 7 novembre 1994 ed il 20 giugno 2001, una fu rinviata in ragione della mancanza delle parti e due d’ufficio.
6. Con un giudizio dello stesso giorno il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 25 luglio 2001, il giudice respinse l’istanza del richiedente.
B. Il procedimento “Pinto”
7. Il 9 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni materiali e morali subiti. Chiese in particolare 28 000 000 lire [o 14 460,79 euro (EUR)] a titolo di danno materiale e morale.
8. Con una decisione del 28 marzo 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 28 maggio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 2 800 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 920 EUR per oneri e spese. Questa decisione non fu notificata ed acquisì autorità di cosa giudicata il 13 luglio 2003. Con una lettera dell’ 8 settembre 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
9. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 25 novembre 2004.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
10. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
11. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
12. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
13. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non urtarti a nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
14. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 29 febbraio 1991, giorno dell’introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al giudice di istanza di Benevento, fino al 25 luglio 2001, data del deposito alla cancelleria del giudizio di suddetto giudice. È durata dunque più di dieci anni e quattro mesi per un grado di giurisdizione.
15. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente il 25 novembre 2004, o più di ventinove mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non ha fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà dunque portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 della Convenzione (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
16. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso sia eccessiva e non soddisfi l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
17. Il richiedente si lamenta anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbe stata vittima di una discriminazione fondata sulla ricchezza, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento “Pinto” così come del rischio di essere condannato a pagare gli oneri di procedimento in caso di rigetto del suo ricorso.
18. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, il richiedente non ha chiesto questo aiuto. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua istanza, accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si potrebbe parlare di ostacoli all’accesso ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, non potendo essere scoperta nessuna apparenza di violazione, la Corte dichiara questi motivi di appello inammissibili perché manifestamente mal fondati secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia, (déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
19. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
20. Il richiedente richiede 11 334 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
21. Il Governo contesta queste pretese.
22. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 12 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente circa il 23% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 2 600 EUR a questo titolo così come 2 300 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivane dal ritardo nel versamento dei 2 800 EUR, intervenuto solamente il 25 novembre 2004, o più di ventinove mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
23. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 6 898,31 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
24. Il Governo contesta queste pretese.
25. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio di oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese incorsi dinnanzi alle giurisdizioni “Pinto”, stimando ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, la Corte respinge questa domanda. In quanto agli oneri e spese incorsi dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati sostenuti. Quindi, deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole concedere 1 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
26. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 4 900 EUR ( quattromila nove cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidente

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE D’IGLIO c. ITALIE
(Requête no 32678/03)
ARRÊT
STRASBOURG
29 juillet 2008
DÉFINITIF
29/10/2008
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire D’Iglio c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section.
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 8 juillet 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 32678/03) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante de cet Etat, Mme A. D’I.(« la requérante »), a saisi la Cour le 10 septembre 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Mes C. M et A. M, avocats à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 29 juin 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est née en 1960 et réside à Durazzano (Bénévent).
A. La procédure principale
5. Le 29 février 1991, la requérante déposa un recours devant le juge d’instance de Bénévent (RG. no 4677/91), agissant à titre de juge du travail, afin d’obtenir la reconnaissance de son droit à l’inscription dans le registre des travailleurs agricoles par le service des contributions agricoles (SCAU – Servizio per i Contributi Agricoli Unificati).
Le 13 novembre 1991, le juge d’instance fixa la première audience au 14 octobre 1993. Suite à deux audiences, dont une renvoyée d’office, le 23 février 1996, le juge prononça l’interruption de la procédure en raison de la suppression du SCAU. Le 23 octobre 1996 la procédure fut reprise à l’encontre de la sécurité sociale. Des neuf audiences fixées entre le 7 novembre 1994 et le 20 juin 2001, une fut renvoyée en raison de l’absence des parties et deux d’office.
6. Par un jugement du même jour, dont le texte fut déposé au greffe le 25 juillet 2001, le juge rejeta la demande de la requérante.
B. La procédure « Pinto »
7. Le 9 octobre 2001, la requérante saisit la cour d’appel de Rome au sens de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée de la procédure décrite ci-dessus. Elle demanda à la cour de dire qu’il y avait eu une violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner l’Etat italien au dédommagement des préjudices matériels et moraux subis. Elle demanda notamment 28 000 000 lires [soit 14 460,79 euros (EUR)] à titre de dommage matériel et moral.
8. Par une décision du 28 mars 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 28 mai 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle accorda 2 800 EUR en équité comme réparation du dommage moral et 920 EUR pour frais et dépens. Cette décision ne fut pas notifiée et acquit l’autorité de la chose jugée le 13 juillet 2003. Par une lettre du 8 septembre 2003, la requérante informa la Cour du résultat de la procédure nationale et la pria de reprendre l’examen de sa requête.
9. Les sommes accordées en exécution de la décision Pinto furent payées le 25 novembre 2004.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
10. La requérante allègue que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
11. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
12. Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime que le redressement s’est révélé insuffisant et que le paiement de la somme « Pinto » s’est avéré tardif (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 et Cocchiarella c. Italie, précité). Partant, la requérante peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
13. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
14. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 29 février 1991, jour de l’introduction de la demande de la requérante devant le juge d’instance de Bénévent, jusqu’au 25 juillet 2001, date du dépôt au greffe du jugement dudit juge. Elle a donc duré plus de dix ans et quatre mois pour un degré de juridiction.
15. La Cour note également que la somme octroyée par la juridiction « Pinto » n’a été versée que le 25 novembre 2004, soit plus de vingt-neuf mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel : ce paiement a donc largement dépassé les six mois à compter du moment où la décision d’indemnisation devint exécutoire. Le fait que la procédure « Pinto » examinée dans son ensemble, et notamment dans sa phase d’exécution, n’a pas fait perdre à la requérante sa qualité de « victime » constitue une circonstance aggravante dans un contexte de violation de l’article 6 § 1 pour dépassement du délai raisonnable. La Cour sera donc amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41 de la Convention (voir Cocchiarella c. Italie, précité, § 120).
16. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties, et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
17. La requérante se plaint également de la violation des articles 14, 17 et 34 de la Convention, au motif qu’elle aurait été victime d’une discrimination fondée sur la richesse, compte tenu des frais avancés pour intenter la procédure « Pinto » ainsi que du risque d’être condamné à payer les frais de procédure en cas de rejet de son recours.
18. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner ces griefs sous l’angle du droit d’accès à un tribunal au regard de l’article 6 de la Convention. Elle observe que bien qu’un individu puisse être admis, d’après la loi italienne, au bénéfice de l’assistance judiciaire gratuite en matière civile, la requérante n’a pas demandé cette aide. Elle relève, en outre, qu’elle a pu saisir les juridictions compétentes aux termes de la loi « Pinto » et que la cour d’appel a fait droit à sa demande, lui accordant une somme au titre des frais de procédure. Or, on ne saurait pas parler d’entraves à l’accès à un tribunal lorsqu’une partie, représentée par un avocat, saisit librement la juridiction compétente et présente devant elle ses arguments. Partant, aucune apparence de violation ne pouvant être décelée, la Cour déclare ces griefs irrecevables car manifestement mal fondés selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Nicoletti c. Italie (déc.), no 31332/96, 10 avril 1997).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
19. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
20. La requérante réclame 11 334 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’elle aurait subi.
21. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
22. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder à la requérante, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu de l’enjeu du litige, la somme de 12 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Rome ait octroyé à la requérante environ 23 % de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue à la requérante 2 600 EUR à ce titre ainsi que 2 300 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des 2 800 EUR, intervenu seulement le 25 novembre 2004, soit plus de vingt-neuf mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
23. Justificatifs à l’appui, la requérante demande également 6 898,31 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et à Strasbourg.
24. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
25. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22). Quant aux frais et dépens encourus devant les juridictions « Pinto », estimant raisonnable la somme allouée par l’instance interne, la Cour rejette cette demande. Quant aux frais et dépens encourus devant elle, elle estime que dans le cadre de la préparation de la présente requête, certains frais ont dû être encourus. Dès lors, statuant en équité, la Cour juge raisonnable d’octroyer 1 000 EUR à ce titre.
C. Intérêts moratoires
26. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 4 900 EUR (quatre mille neuf cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 1 000 EUR (mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 29 juillet 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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