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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE DI PASQUALE c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 27522/04/2009
Stato: Italia
Data: 2009-06-09 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA DI PASQUALE C. ITALIA
( Richiesta no 27522/04)
SENTENZA
STRASBURGO
9 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa di Pasquale c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e daSally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 27522/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, Sig. F. d. P. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 23 luglio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da F. M, avvocato ad Avola (Siracusa). Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, il Sig. I.M. Braguglia, il Sig. R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 13 novembre 2007, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 13 della Convenzione al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato in 1940 e risiede ad Avola (Siracusa).
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato l’ 11 ottobre 1991, il tribunale di Siracusa (qui di seguito “il tribunale”) dichiarò il fallimento personale del richiedente, che gestiva un’impresa di trasporti stradali.
6. In seguito a questa dichiarazione, il richiedente fu sottoposto ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del suo diritto alla corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, conformemente all’articolo 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”) così come alla limitazione del suo diritto di voto.
7. In una data non precisata posteriore alla dichiarazione di fallimento, la cancelleria del tribunale inserì il nome del richiedente nel registro dei falliti, ai sensi dell’articolo 50 della legge sul fallimento. In ragione di questa iscrizione, il richiedente fu sottoposto automaticamente ad una serie di altre incapacità personali regolamentate dalla legislazione speciale (vedere Campagnano c. Italia, no 77955/01, § 54, 23 marzo 2006).
8. A differenza delle incapacità derivanti dalla dichiarazione di fallimento che si conclude con la chiusura del procedimento, le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro cessano solamente una volta ottenuto l’annullamento di questa iscrizione.
9. Questo annullamento ha luogo con la riabilitazione civile che, al di là delle ipotesi di pagamento integrale dei crediti e di esecuzione regolare del concordato di fallimento, può essere chiesta solo dal fallito che ha fatto prova di una “buona condotta effettiva e consolidata” per almeno cinque anni a contare dalla chiusura del procedimento (articolo 143 della legge sul fallimento).
10. Tra il 1992 e il 1997, il giudice del fallimento trattò parecchie richieste di ammissione al passivo del fallimento di cui certe erano tardive.
11. Tra il 2000 e il 2004, ebbe luogo la vendita di certi beni facenti parte dell’attivo del fallimento.
12. Con una decisione depositata il 3 febbraio 2005, il tribunale chiuse il procedimento per insufficienza dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento per revoca
13. Il 30 novembre 1995, il curatore iniziò nel frattempo, un’azione per revoca contro la banca B.C.P. riguardante il trasferimento di una somma di denaro effettuato dal richiedente a favore di questa banca. Questo procedimento si concluse l’ 11 aprile 2003 in seguito ad un ordinamento amichevole.
3. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
14. Il 13 ottobre 2003, il richiedente investì la corte di appello di Messina, conformemente alla legge Pinto, lamentandosi della violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della durata del procedimento di fallimento, tenuto conto anche delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento. Chiese di ottenere 5 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento morale, più gli interessi e gli oneri di giustizia.
15. Il 12 febbraio 2004, il richiedente depositò un esposto complementare in cui si lamentò, tra l’altro , della durata del procedimento per revoca.
16. Con una decisione depositata il 20 luglio 2004 e notificata al ministero della Giustizia il 3 agosto 2004, la corte di appello concluse alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, tenuto conto anche “delle importanti conseguenze della dichiarazione di fallimento sul piano morale per il richiedente” ed accordò 5 000 EUR a questo ultimo a titolo di risarcimento mrale, più gli interessi e gli oneri di giustizia. Questa decisione acquisì forza di cosa giudicata sessanta giorni dopo la sua notificazione, cioè il 2 ottobre 2004.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
17. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
18. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata del procedimento di fallimento e di quello per revoca. Il Governo si oppone a questa tesi.
19. La Corte nota che il richiedente avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione conformemente alla “legge Pinto” (Di Sante c. Italia, no 56079/00, decisione del 24 giugno 2004). Stima pertanto che questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
20. Invocando gli articoli 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione e 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta rispettivamente della limitazione del suo diritto al rispetto dei beni, della sua libertà di circolazione e del suo diritto al rispetto della corrispondenza, in particolare in ragione della durata del procedimento.
21. Il Governo si oppone a questi argomenti.
22. La Corte considera che il richiedente avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione conformemente alla “legge Pinto” (vedere Sgattoni c. Italia, no 7131/01, sentenza del 15 settembre 2005, § 48). Constata dunque che anche questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interni e deve essere respinta conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Albanese c. Italia, precitata, §§ 38 e 39, Collarile c. Italia, precitata, § 20 e Falzarano e Balletta c. Italia, no 6683/03, § 31, 12 giugno 2007).
23. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, sotto l’angolo del diritto al rispetto della vita privata e familiare, il richiedente si lamenta poi delle incapacità derivanti dall’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti e per il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la riabilitazione che mette fine a queste incapacità, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento. Il richiedente denuncia anche la violazione del suo “diritto al lavoro.”
24. Il Governo contesta queste affermazioni.
25. In quanto alla parte di questo motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita familiare e il “diritto al lavoro”, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportarla e la respinge per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
26. In quanto al restante del motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiaralo ammissibile.
27. Per ciò che riguarda il merito, la Corte constata di avere già trattato di cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso di specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
28. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
29. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale, e l’articolo 13 della Convenzione, il richiedente denuncia la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della durata del procedimento di fallimento e di quello per revoca così come del prolungamento delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento.
30. Il Governo contesta queste affermazioni.
31. La Corte nota al primo colpo che questo motivo di appello deve essere analizzato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, del 17 luglio 2003).
32. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legata a quelli concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso sopra all’inammissibilità di questi motivi di appello. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
33. In quanto alla parte del motivo di appello riguardante la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dell’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
34. Per ciò che riguarda il merito, la Corte rileva di avere già trattato cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e di aver constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77) La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
35. Senza invocare nessuno articolo della Convenzione, il richiedente si lamenta infine della limitazione del suo diritto di voto in seguito al suo collocamento in fallimento. Il Governo si oppone a questa tesi.
36. La Corte considera al primo colpo che questo motivo di appello deve essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione. Nota poi che la perdita del diritto di voto seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, nel caso specifico, essendo stato depositato questo giudizio l’ 11 ottobre 1991, il richiedente avrebbe dovuto introdurre al più tardi il suo motivo di appello l’ 11 aprile 1997, tenuto anche conto del termine dei sei mesi previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Essendo stata introdotta la richiesta il 23 luglio 2004, la Corte constata che questa è stata introdotto tardivamente e deve essere respinta conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
37. Infine, per ciò che riguarda l’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, il richiedente richiede 25 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento morale e 12 180,68 EUR a titolo di risarcimento materiale. Il richiedente chiede anche 1 509,86 EUR per gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi alle istanze interne così come 3 506,25 per quelli impegnati dinnanzi alla Corte, più la tassa sul valore aggiunto ed il contributo per la cassa degli avvocati (C.P.A).
38. Il Governo si oppone a queste pretese.
39. Non vedendo alcun legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto, la Corte respinge la prima domanda. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo all’insieme delle circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono si per sé una soddisfazione equa sufficiente.
40. In quanto agli oneri e alle spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 2 000 EUR in quanto al procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda al richiedente. Questa somma deve essere abbinata ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 8 della Convenzione (per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione (in quanto alla mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti) ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE DI PASQUALE c. ITALIE
(Requête no 27522/04)
ARRÊT
STRASBOURG
9 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire di Pasquale c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 19 mai 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 27522/04) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. F. d. P. (« le requérant »), a saisi la Cour le 23 juillet 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me F. M , avocat à Avola (Syracuse). Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, M. I.M. Braguglia, M. R. Adam et Mme E. Spatafora, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 13 novembre 2007, le président de la deuxième section a décidé de communiquer les griefs tirés des articles 8 et 13 de la Convention au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1940 et réside à Avola (Syracuse).
1. La procédure de faillite
5. Par un jugement déposé le 11 octobre 1991, le tribunal de Syracuse (ci-après « le tribunal ») déclara la faillite personnelle du requérant, gérant une entreprise de transports routiers.
6. A la suite de cette déclaration, le requérant fut soumis à une série d’incapacités personnelles et patrimoniales, telles que la limitation de son droit à la correspondance, de ses biens et de sa liberté de circulation, conformément aux article 48, 42 et 49 du décret royal no 267 du 16 mars 1942 (ci-après « la loi sur la faillite ») ainsi qu’à la limitation de son droit de vote.
7. A une date non précisée postérieure à la déclaration de faillite, le greffe du tribunal inscrivit le nom du requérant dans le registre des faillis, au sens de l’article 50 de la loi sur la faillite. En raison de cette inscription, le requérant fut soumis automatiquement à une série d’autres incapacités personnelles réglementées par la législation spéciale (voir Campagnano c. Italie, no 77955/01, § 54, 23 mars 2006).
8. A la différence des incapacités dérivant de la déclaration de faillite (qui se terminent avec la clôture de la procédure), les incapacités découlant de l’inscription du nom du failli dans le registre ne cessent qu’une fois obtenue l’annulation de cette inscription.
9. Cette annulation a lieu avec la réhabilitation civile, laquelle, au-delà des hypothèses de paiement intégral des créances et d’exécution régulière du concordat de faillite, ne peut être demandée que par le failli ayant fait preuve d’une « bonne conduite effective et constante » pendant au moins cinq ans à compter de la clôture de la procédure (article 143 de la loi sur la faillite).
10. Entre 1992 et 1997, le juge de la faillite traita plusieurs demandes d’admission au passif de la faillite, dont certaines étaient tardives.
11. Entre 2000 et 2004, la vente de certains biens faisant partie de l’actif de la faillite eut lieu.
12. Par une décision déposée le 3 février 2005, le tribunal clôtura la procédure pour insuffisance de l’actif de la faillite.
2. La procédure en révocation
13. Entre-temps, le 30 novembre 1995, le syndic entama une action en révocation à l’encontre de la banque B.C.P. portant sur le transfert d’une somme d’argent effectué par le requérant en faveur de cette banque. Cette procédure se conclut le 11 avril 2003 à la suite à un règlement amiable.
3. La procédure introduite conformément à la loi Pinto
14. Le 13 octobre 2003, le requérant saisit la cour d’appel de Messine, conformément à la loi Pinto, se plaignant de la violation de l’article 6 § 1 de la Convention en raison de la durée de la procédure de faillite, compte tenu aussi des incapacités dérivant de sa mise en faillite. Il demanda d’obtenir 5 000 euros (EUR) à titre de dédommagement moral, plus les intérêts et les frais de justice.
15. Le 12 février 2004, le requérant déposa un mémoire complémentaire dans lequel il se plaignit, entre autres, de la durée de la procédure en révocation.
16. Par une décision déposée le 20 juillet 2004 et notifiée au ministère de la Justice le 3 août 2004, la cour d’appel conclut à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention, compte tenu aussi « des importantes conséquences de la déclaration de faillite sur le plan juridique pour le requérant » et accorda à ce dernier 5 000 EUR à titre de dédommagement moral, plus les intérêts et les frais de justice. Cette décision acquit force de chose jugée soixante jours après sa notification, c’est-à-dire le 2 octobre 2004.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
17. Le droit interne pertinent est décrit dans les arrêts Campagnano c. Italie (no 77955/01, §§ 19-22, 23 mars 2006), Albanese c. Italie (no 77924/01, §§ 23-26, 23 mars 2006) et Vitiello c. Italie (no 77962/01, §§ 17-20, 23 mars 2006).
EN DROIT
18. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, le requérant se plaint de la durée de la procédure de faillite et de celle en révocation. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
19. La Cour note que le requérant aurait pu efficacement se pourvoir en cassation conformément à la « loi Pinto » (Di Sante c. Italie, no 56079/00, décision du 24 juin 2004). Elle estime partant que cette partie de la requête doit être rejetée pour non-épuisement des voies de recours internes, au sens de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
20. Invoquant les articles 1 du Protocole no 1 à la Convention, 2 du Protocole no 4 à la Convention et 8 de la Convention, le requérant se plaint respectivement de la limitation de son droit au respect des biens, de sa liberté de circulation et de son droit au respect de la correspondance, notamment en raison de la durée de la procédure.
21. Le Gouvernement s’oppose à ces arguments.
22. La Cour considère que le requérant aurait pu efficacement se pourvoir en cassation conformément à la « loi Pinto » (voir Sgattoni c. Italie, no 7131/01, arrêt du 15 septembre 2005, § 48). Elle constate donc que cette partie de la requête est également irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes et doit être rejetée conformément à l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Albanese c. Italie, précité, §§ 38 et 39, Collarile c. Italie, précité, § 20 et Falzarano et Balletta c. Italie, no 6683/03, § 31, 12 juin 2007).
23. Invoquant l’article 8 de la Convention, sous l’angle du droit au respect de la vie privée et familiale, le requérant se plaint ensuite des incapacités dérivant de l’inscription de son nom dans le registre des faillis et du fait que, selon l’article 143 de la loi sur la faillite, la réhabilitation, qui met fin à ces incapacités, ne peut être demandée que cinq ans après la clôture de la procédure. Le requérant dénonce aussi la violation de son « droit au travail ».
24. Le Gouvernement conteste ces allégations.
25. Quant à la partie de ce grief portant sur le droit au respect de la vie familiale et sur le « droit au travail », la Cour note que le requérant a omis de l’étayer et la rejette pour défaut manifeste de fondement selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
26. Quant au restant du grief portant sur le droit au respect de la vie privée, la Cour constate que ceci ne se heurte à aucun des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 4 de la Convention. Il convient donc de le déclarer recevable.
27. En ce qui concerne le fond, la Cour constate avoir déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 8 de la Convention, étant donné qu’une telle ingérence n’était pas « nécessaire dans une société démocratique » au sens de l’article 8 § 2 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Campagnano c. Italie, précité, §§ 50-66, Albanese c. Italie, précité, §§ 50-66 et Vitiello c. Italie, précité, §§ 44-62).
28. La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. La Cour estime donc qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention.
29. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, sous l’angle du droit d’accès à un tribunal, et l’article 13 de la Convention, le requérant dénonce le manque d’un recours effectif pour se plaindre de la durée de la procédure de faillite et de celle en révocation ainsi que du prolongement des incapacités dérivant de sa mise en faillite.
30. Le Gouvernement conteste ces allégations.
31. La Cour note d’emblée que ce grief doit être analysé uniquement sous l’angle de l’article 13 de la Convention (voir Bottaro c. Italie, no 56298/00, du 17 juillet 2003).
32. Ensuite, quant à la partie du grief lié à ceux concernant la limitation prolongée du droit au respect des biens (article 1 du Protocole no 1 à la Convention), de la correspondance (article 8 de la Convention) et de la liberté de circulation du requérant (article 2 du Protocole no 4 à la Convention), la Cour rappelle avoir conclu ci-dessus à l’irrecevabilité de ces griefs. Elle estime donc que, ne s’agissant pas de griefs « défendables » au regard de la Convention, cette partie du grief tiré de l’article 13 doit être rejetée comme étant manifestement mal fondée selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
33. Quant à la partie du grief portant sur l’absence d’un recours effectif pour se plaindre des incapacités personnelles dérivant de l’inscription du nom du failli dans le registre des faillis et perdurant jusqu’à l’obtention de la réhabilitation civile, la Cour constate que ce grief ne se heurte à aucun des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 4 de la Convention. Il convient donc de le déclarer recevable.
34. En ce qui concerne le fond, la Cour relève avoir déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 13 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Bottaro c. Italie, précité, §§ 41-46 et Campagnano c. Italie, précité, §§ 67-77). La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. Partant, la Cour conclut qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention.
35. Sans invoquer aucun article de la Convention, le requérant se plaint enfin de la limitation de son droit de vote à la suite de sa mise en faillite. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
36. La Cour considère d’emblée que ce grief doit être analysé sous l’angle de l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention. Elle note ensuite que la perte du droit de vote suite à la mise en faillite ne peut pas excéder cinq ans à partir de la date du jugement déclarant la faillite. Or, dans le cas d’espèce, ce jugement ayant été déposé le 11 octobre 1991, le requérant aurait dû introduire son grief au plus tard le 11 avril 1997, compte aussi du délai de six mois prévu par l’article 35 § 1 de la Convention. La requête ayant été introduite le 23 juillet 2004, la Cour constate que celle-ci a été introduite tardivement et doit être rejetée conformément à l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
37. Enfin, en ce qui concerne l’application de l’article 41 de la Convention, le requérant réclame 25 000 euros (EUR) à titre de dédommagement moral et 12 180,68 EUR à titre de dédommagement matériel. Le requérant demande aussi 1 509,86 EUR pour les frais et dépens engagés devant les instances internes ainsi que 3 506,25 pour ceux engagés devant la Cour, plus la taxe sur la valeur ajoutée et la contribution pour la caisse des avocats (C.P.A.).
38. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
39. N’apercevant pas de lien de causalité entre les violations constatées et le dommage matériel allégué, la Cour rejette la première demande. Quant au préjudice moral, elle estime que, eu égard à l’ensemble des circonstances de l’affaire, les constats de violation figurant dans le présent arrêt fournissent en eux-mêmes une satisfaction équitable suffisante.
40. Quant au frais et dépens, selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens de la procédure nationale, estime raisonnable la somme de 2 000 EUR quant à la procédure devant la Cour et l’accorde au requérant. Cette somme doit être assortie d’intérêts moratoires d’un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 8 de la Convention (en ce qui concerne le droit au respect de la vie privée) et 13 de la Convention (quant à l’absence d’un recours pour se plaindre des incapacités personnelles dérivant de l’inscription du nom du failli dans le registre des faillis) et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention ;
4. Dit que les constats de violation figurant dans le présent arrêt fournissent par eux-mêmes une satisfaction équitable suffisante pour le dommage moral ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 2 000 EUR (deux mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 9 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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