Conclusioni: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Accesso ad un tribunale, Violazione dell’articolo 14+8 – Interdizione della discriminazione, Articolo 14 – Discriminazione (Articolo 8) – Diritto al rispetto della vita privata e familiare Articolo 8-1 – Rispetto della vita familiare, Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA DHAHBI C. ITALIA
( Richiesta no 17120/09)
SENTENZA
STRASBURGO
8 aprile 2014
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Dhahbi c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Nebojša Vuinić,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Egidijus Kris, giudici,
e daStanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 18 marzo 2014,
Rende la sentenza che ha adottato questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17120/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, il Sig. OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 marzo 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente adduce di essere stato vittima di una discriminazione fondata sulla sua nazionalità all’epoca dei fatti, e si lamenta peraltro che la Corte di cassazione ha ignorato la sua domanda di rinvio di una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’unione europea nel procedimento ivi afferente.
4. Il 11 giugno 2013, la richiesta è stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1960 e ha risieduto a Marsala (Trapani).
6. Il richiedente che ha acquisito poi la nazionalità italiana, era all’epoca dei fatti un cittadino tunisino che si era reso in Italia sulla base di un permesso di soggiorno e di lavoro regolare. Fu assunto dal società A. e fu garantito presso dell’istituto nazionale della sicurezza sociale, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale-INPS. La sua famiglia comprendeva sua sposa ed i loro quattro bambini minorenne. I suoi redditi per l’anno 1999 ammontavano a 30 655 000 lire italiane, ITL -circa 15 832 euro (EUR)).
7. Il 24 maggio 2001, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi al tribunale di Marsala, chiamata a deliberare come giudice del lavoro, per ottenere il versamento del sussidio di focolare familiare, assegno per nucleo familiare, previsto dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998. Ai termini di questa disposizione, il sussidio in questione era concesso dall’INPS alle famiglie composte di cittadini italiani che risiedono in Italia, con almeno tre bambini minorenne, quando il loro reddito annuo era inferiore agli importi indicati nel quadro annesso legislativo no 109 al decreto del 31 marzo 1998, nell’occorrenza 36 milioni di ITL-circa 18 592 EUR-per le famiglie composte di cinque persone.
8. Il richiedente considerava che anche se non aveva la nazionalità italiana, siccome l’esigeva la legge no 448 del 1998, il sussidio gli era dovuto in virtù dell’accordo di associazione tra l’unione europea e la Tunisia -dice “Accordo euro-mediterraneo”-, ratificato dall’Italia, legge no 35 del 3 febbraio 1997. L’articolo 65 di questo testo si legge come segue:
“1. Sotto riserva delle disposizioni dei seguenti paragrafi, i lavoratori di nazionalità tunisina ed i membri della loro famiglia che risiede con essi beneficiano, nella tenuta della sicurezza sociale, di un regime caratterizzato dalla mancanza di ogni discriminazione fondata sulla nazionalità rispetto ai propri cittadini degli Stati membri in che sono occupati.
La nozione di “sicurezza sociale” copre i rami di sicurezza sociale che riguardano le prestazioni di malattia e di maternità, le prestazioni di invalidità, di vecchiaia, di superstiti, le prestazioni di incidente di lavoro e di malattia professionale, i sussidi di decesso, le prestazioni di disoccupazione e le prestazioni familiari.
Tuttavia, questa disposizione non può avere per effetto di rendere applicabili le altre regole di coordinamento previsto dalla regolamentazione comunitaria fondata sull’articolo 51 del trattato Questo, diversamente che nelle condizioni fissate dall’articolo 67 del presente accordo.
2. Questi lavoratori beneficiano della totalizzazione dei periodi di assicurazione, di impiego o di residenza compiuto nei differenti Stati membri, per ciò che riguarda le pensioni e rendite di vecchiaia, di invalidità e di sopravvivenza, le prestazioni familiari, le prestazioni di malattia e di maternità così come le cure di salute per loro stessi e la loro famiglia risiedendo dentro alla Comunità.
3. Questi lavoratori beneficiano delle prestazioni familiari per i membri della loro famiglia che risiede dentro alla Comunità.
4. Questi lavoratori beneficiano del libero trasferimento verso la Tunisia, ai tassi applicati in virtù della legislazione dello stato membro o degli Stati membri debitori, delle pensioni e rendite di vecchiaia, di sopravvivenza e di incidente di lavoro o di malattia professionale, così come di invalidità, in caso di incidente di lavoro o di malattia professionale, eccetto le prestazioni speciali a carattere non contributivo.
5. La Tunisia accorda ai lavoratori cittadini degli Stati membri occupati sul suo territorio, così come ai membri della loro famiglia, un regime analogo a quello previsto ai paragrafi 1, 3 e 4. “
9. Con un giudizio del 10 aprile 2002, il tribunale di Marsala respinse il ricorso del richiedente.
10. Il richiedente interpose appello. Chiese, entra altri che siano posti a titolo pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’unione europea (CJUE) la questione di sapere se l’articolo 65 dell’accordo euro-mediterraneo permetteva di rifiutare il sussidio familiare previsto dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998 ad un lavoratore tunisino.
11. Con una sentenza del 21 ottobre 2004, la corte di appello di Palermo respinse l’appello del richiedente. Osservò che, essendo fondata unicamente sui redditi e la situazione familiare dei beneficiari, il sussidio sollecitato rilevava dell’assistenza sociale (assistenza sociale). Era contemplata inizialmente solamente per i cittadini italiani, ed era stata estesa poi a tutti i cittadini dell’unione europea. Ora, l’accordo euro-mediterraneo riguardava solamente le prestazioni di previdenza, prestazioni previdenziali, e non era dunque applicabile al sussidio di focolare familiare previsto dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998.
12. Il richiedente si ricorse in cassazione, reiterando la sua domanda di rinvio di una questione pregiudiziale al CJUE.
13. Con una sentenza del 15 aprile 2008 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 29 settembre 2008, la Corte di cassazione respinse il ricorso.
14. Nei suoi motivi, la Corte di cassazione osservò innanzitutto che l’articolo 64 §§ 1 e 2 dell’accordo euro-mediterraneo disponeva in particolare:
“1. Ogni Stato membro accorda ai lavoratori di nazionalità tunisina occupata sul suo territorio un regime caratterizzato dalla mancanza di ogni discriminazione fondata sulla nazionalità rispetto ai suoi propri cittadini, in ciò che riguarda le condizioni di lavoro, di rimunerazione e di licenziamento.
2. Tutto lavoratore tunisino autorizzato ad esercitare un’attività professionale salariata sul territorio di un Stato membro a titolo temporaneo beneficia delle disposizioni del paragrafo 1 in ciò che riguarda le condizioni di lavoro e di rimunerazione. “
15. Rilevando che questo testo si riferiva esplicitamente alle relazioni di lavoro ed agli elementi che li costituivano, la Corte di cassazione ne dedusse che non trovava ad applicarsi che alle prestazioni di previdenza, e non ai sussidi di assistenza, come quella rivendicato dal richiedente ed alla quale i cittadini tunisini che risiedono in Italia non avevano dritti. Questa interpretazione era anche secondo lei confermata dall’articolo 65 §§ 1 e 2 dell’accordo euro-mediterraneo che menzionava in particolare “le prestazioni di malattia e di maternità, le prestazioni di invalidità, di vecchiaia, di superstiti, le prestazioni di incidente di lavoro e di malattia professionale, i sussidi di decesso, le prestazioni di disoccupazione e le prestazioni familiari.” La Corte di cassazione sottolineò che la sua interpretazione non si basava solamente sul riferimento testuale alla “sicurezza sociale” (previdenza sociale) ma, come indicato col CJUE, sugli elementi costitutivi di ogni prestazione.
16. Questa sentenza fu notificata al richiedente il 2 ottobre 2008.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
17. Il richiedente adduce che la Corte di cassazione ha ignorato la sua domanda di porre una questione pregiudiziale al CJUE in quanto all’interpretazione dell’accordo euro-mediterraneo.
Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
18. Il Governo combatte la tesi del richiedente.
A. Sull’ammissibilità
1. L’eccezione del Governo derivato della tardività della richiesta
19. Il Governo eccepisce innanzitutto della tardività della richiesta, osservando che questa non sarebbe stato introdotto che il 2 aprile 2009, mentre la sentenza della Corte di cassazione è stata depositata alla cancelleria il 29 settembre 2008, paragrafo 13 sopra.
20. Il richiedente ribatte che la sua richiesta è stata introdotta il 28 marzo 2009, data alla quale ne ha mandato una copia alla cancelleria della Corte con fax e con corrispondenza. Precisa che la sentenza della Corte di cassazione non gli è stata notificata che il 2 ottobre 2008, paragrafo 16 sopra. Ora, è a questa ultimo dato che converrebbe secondo lui di fissare il punto di partenza del termine di sei mesi.
21. La Corte nota che il 28 marzo 2009, il richiedente ha mandato da fax alla cancelleria che l’ha ricevuta lo stesso giorno, una copia del formulario di richiesta debitamente piena. Un’altra copia è stata mandata da corrispondenza e è giunta alla cancelleria della Corte il 2 aprile 2009. La richiesta deve essere considerata dunque come essendo stata introdotta il 28 marzo 2009. Quindi, a supporre anche che, siccome lo vorrebbe il Governo, il punto di partenza del termine di sei mesi contemplati 35 § 1 all’articolo della Convenzione debba essere fissato al 29 settembre 2008, questo termine è stato rispettato comunque.
22. Segue che l’eccezione di tardività del Governo non può essere considerata.
2. L’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni
23. Nelle sue osservazioni complementari del 17 gennaio 2014, il Governo eccepisce per la prima volta della no-esaurimento delle vie di ricorso interni. Se la Corte di cassazione ha applicato male chiaro la teoria dell’atto e mancato al suo obbligo di porre una questione pregiudiziale al CJUE, il richiedente può secondo introdurre egli un’azione in responsabilità extracontrattuale contro lo stato dinnanzi al giudice civile, come invitano le sentenze del CJUE Kobler, 30 settembre 2003, causa C-224/01, e Traghetti del Mediterraneo, 13 giugno 2006, causa C-173/03. Delle tali azioni sarebbero esaminate correntemente dai giudici interni.
24. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 55 del suo ordinamento, se la Parte contraente convenuta intende sollevare un’eccezione di inammissibilità, deve farlo, per quanto la natura dell’eccezione e le circostanze lo permettono, nelle sue osservazioni scritte od orali sull’ammissibilità della richiesta (N.C). c. Italia [GC], no 24952/94, § 44, CEDH 2002-X. Nello specifico, il Governo non ha sollevato nessuna eccezione di no-esaurimento delle vie di ricorso interni nelle sue osservazioni del 9 ottobre 2013 sull’ammissibilità ed il fondo in che, bene al contrario, indicava che la sentenza della Corte di cassazione “costituisce l’esaurimento delle vie interne”), la questione della no-introduzione col richiedente di un’azione in responsabilità extracontrattuale contro lo stato non essendo abbordata per la prima volta che nelle sue osservazioni complementari e sulla soddisfazione equa. Il Governo non fornisce nessuna spiegazione a questo indugio e la Corte non rileva nessuna circostanza eccezionale di natura tale da esonerarlo del suo obbligo di sollevare ogni eccezione di inammissibilità in tempo utile.
25. Segue che il Governo è precluso ad eccepire della no-esaurimento delle vie di ricorso interni.
3. Altri motivi di inammissibilità
26. La Corte constata che il presente motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) Il richiedente
27. Il richiedente sottolinea che, nella misura in cui era chiamata a deliberare come giurisdizione di ultima istanza, la Corte di cassazione era tenuta di sollevare una questione pregiudiziale in caso di dubbio in quanto all’interpretazione del diritto comunitario. Ora, il richiedente fa valere che aveva citato la giurisprudenza con la quale il CJUE aveva riconosciuto un effetto diretto al principio di non discriminazione in materia di sicurezza sociale contenuta nell’accordo tra l’unione europea ed i Regni del Marocco, ed in altri accordi conclusi dall’unione europea coi paesi del Magreb-causa Kziber, no C-18/90, sentenza del 31 gennaio 1991. Questa giurisprudenza, inizialmente evoluta nella cornice degli accordi di cooperazione, era secondo lui “pienamente trasportabile” alle disposizioni pertinenti degli accordi di associazione. Il CJUE aveva aggiunto anche, precisa che la sua interpretazione era conforme alle esigenze degli articoli 14 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Peraltro, l’interpretazione della nozione di “sicurezza sociale” fatta dal CJUE era secondo lui sufficientemente ampio per inglobare anche le prestazioni di assistenza. In queste circostanze, stima il richiedente, non era lecito alla Corte di cassazione di ignorare la domanda di questione pregiudiziale.
28. Il richiedente aggiunge che la Corte di cassazione non ha motivato il suo rifiuto di sollevare la questione pregiudiziale ed avrebbe sbagliato in quanto alla dimensione “personale” ed alla dimensione “patrimoniale” del regime di non discriminazione che sarebbe bene due nozioni distinte. Aggiunge che la qualifica del sussidio controverso come rilevando di l ‘ “assistenza sociale” è stata operata unicamente rispetto al diritto interno e non sulla base dei criteri sviluppati dal CJUE, a sapere il carattere legale e l’ambivalenza della prestazione, ed il ricongiungimento di questa ultima ad uno dei rischi enumerati 4 § 1 all’articolo dell’ordinamento no 1408/71. Così, la portata “comunitaria” di questa operazione di qualifica ha secondo lui stata ignorata. Un’analisi del diritto europeo e della giurisprudenza del CJUE mostra, ai suoi occhi, che le prestazioni “non contributive” e finanziate dallo stato non possono essere escluse automaticamente del campo di applicazione del regime di non discriminazione stabilito dall’accordo, il richiedente cita, per esempio, i cause Yousfi, no C-58/93, sentenza del 20 aprile 1994, relativa alla concessione di un sussidio per handicappati; Commissione c. Grecia, no C-185/96, sentenza del 29 ottobre 1998, concernente differenti categorie di prestazioni per “famiglia numerosa”; Hughes, no C-78/91, sentenza del 20 giugno 1990, avendo per oggetto il “family credito” britannico. Del parere del richiedente, i suoi riferimenti a questa giurisprudenza avrebbero dovuto portare la Corte di cassazione sia ad includere lei stessa, con analogia, il sussidio che rivendicava nel campo di applicazione dell’ordinamento no 1408/71, o ad interrogare il CJUE che non si era ancora pronunziata in quanto alla natura di questo sussidio specifico.
29. Il richiedente nota anche che l’articolo 13 della legge no 97 del 6 agosto 2013, entrata in vigore il 4 settembre 2013, ha contemplato l’estensione del sussidio istituito dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998 ai cittadini di paese terzo titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata. Aggiunge che nella sua sentenza no 133 di 2013, la Corte costituzionale ha giudicato irragionevole ed incompatibile col principio di uguaglianza dinnanzi alla legge la condizione di residenza di cinque anni sul territorio di una regione per il versamento di un sussidio regionale che ha un oggetto simile, il richiedente cita anche no 222 la sentenza di 2013.
b) Il Governo
30. Il Governo espone che la Corte di cassazione ha esaminato espressamente il campo di applicazione dell’accordo euro-mediterraneo e stimato che il sussidio per le famiglie che comprendono almeno tre bambini minorenne non poteva rientrare nella nozione di sicurezza sociale, anche al senso largo che questa ha al livello comunitario. La Corte di cassazione ha considerato come bacino di ingrassamento per ostriche la disposizione che doveva interpretare dunque; ciò che fa, il Governo stima che ha soddisfatto ai suoi obblighi sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
2. Valutazione della Corte
31. La Corte ricorda che nel causa Vergauwen c. Belgio (, déc.), no 4832/04, §§ 89-90, 10 aprile 2012, ha espresso i seguenti principi:
-l’articolo 6 § 1 mettono al carico delle giurisdizioni interni un obbligo di motivare allo sguardo del diritto applicabile le decisioni con che negano di porre una questione pregiudiziale;
-quando è investita su questo terreno di un’affermazione di violazione dell’articolo 6 § 1, il compito della Corte consiste in assicurarsi che la decisione di rifiuto criticato dinnanzi a lei è abbinata debitamente dei tali motivi;
-se gli ritorna da procedere assolutamente a questa verifica, non gli appartiene di conoscere degli eventuali errori che avrebbero commesso le giurisdizioni interne nell’interpretazione o l’applicazione del diritto pertinente;
-nella cornice specifica del terzo capoverso dell’articolo 234 del Trattato che istituisce la Comunità europea, o il reale articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’unione (TFUE)), ciò notifica che le giurisdizioni nazionali di cui le decisioni non sono suscettibili di un ricorso giurisdizionale di dritto interno sono tenute, quando negano di investire il CJUE a titolo pregiudiziale di una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’UE sollevato dinnanzi ad esse, di motivare il loro rifiuto allo sguardo delle eccezioni previste dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Occorre loro indicare le ragioni per che considerano dunque che la questione non sia pertinente, o che la disposizione di diritto dell’UE in causa è stata già oggetto di un’interpretazione da parte del CJUE, o sebbene l’applicazione corretta del diritto dell’UE si imporsi con una tale evidenza che non lascia posto a nessuno dubbio ragionevole.
32. Nello specifico, il richiedente ha chiesto alla Corte di cassazione di porre al CJUE la questione pregiudiziale di sapere se l’articolo 65 dell’accordo euro-mediterraneo permetteva di rifiutare ad un lavoratore tunisino il sussidio di focolare familiare previsto dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998, paragrafi 10 e 12 sopra. Le sue decisioni che non sono suscettibili del nessuno ricorso giurisdizionale in dritto interno, la Corte di cassazione aveva l’obbligo di motivare il suo rifiuto di porre la questione pregiudiziale allo sguardo delle eccezioni previste dalla giurisprudenza del CJUE.
33. La Corte ha esaminato la sentenza della Corte di cassazione del 15 aprile 2008 senza trovare nessuno riferimento alla domanda di rinvio pregiudiziale formulato dal richiedente ed alle ragioni per che è stato considerato che la questione sollevata non meritava di essere trasmessa al CJUE. La motivazione della sentenza controversa non permette di stabilire dunque se questa questione è stata considerata come non pertinente, o come relativa ad una disposizione chiara o già interpretata col CJUE, o se è stata ignorata semplicemente (vedere, ha contrario, Vergauwen, precitata, § 91, dove la Corte ha constatato che la Corte costituzionale belga aveva motivato debitamente il suo rifiuto di porre delle questioni pregiudiziali. A questo riguardo, la Corte osserva che il ragionamento della Corte di cassazione non contiene nessuno riferimento alla giurisprudenza del CJUE.
34. Questa constatazione basta per concludere che ci sia stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATO CON L’ARTICOLO 8
35. Il richiedente stima essere stato vittima di una discriminazione fondata sulla sua nazionalità per l’ottenimento dell’utile del sussidio previsto dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998.
Invoca gli articoli 8 e 14 della Convenzione, così formulata,:
Articolo 8
“1. “1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza .
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 14
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
A. Sull’ammissibilità
1. Argomenti delle parti
a) Il richiedente
36. Il richiedente si riferisce alla giurisprudenza della Corte (citando, in particolare, i sentenze Gaygusuz c. Austria, 16 settembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV; Petrovic c. Austria, 27 marzo 1998, Raccolta 1998-II; Niedzwiecki c. Germania, no 58453/00, 25 ottobre 2005; Okpisz c. Germania, no 59140/00, 25 ottobre 2005; Weller c. Ungheria, no 44399/05, 31 marzo 2009; Fawsie c. Grecia, no 40080/07, 28 ottobre 2010; e Saidoun c. Grecia, no 40083/07, 28 ottobre 2010. Espone che il sussidio in questione concretizza il diritto ad un contributo finanziario al mantenimento della vita familiare delle famiglie numerose ai deboli spettati. Il suo collocamento in posto troverebbe la sua sorgente in un atto volontario dello stato basato sulla constatazione che le famiglie numerose sono esposte agli oneri più importanti, principalmente legati alla manutenzione ed all’educazione dei bambini.
Il richiedente contesta la tesi del Governo secondo la quale questo sussidio rileverebbe dell’assistenza sociale. Basandosi su un’analisi dell’evoluzione del regime dei sussidi familiari in Italia, considera che prevede in realtà a migliorare le prestazioni specifiche versate ai lavoratori. La Corte avrebbe giudicato a più riprese che i “assegni mutualistici” simili permettevano allo stato di “manifestare il suo rispetto per la vita familiare al senso dell’articolo 8”, e ritornavano dunque nel campo di applicazione di questa disposizione o in quello dell’articolo 1 del Protocollo no 1, e questo a prescindere del versamento preliminare di quote da parte del beneficiario (vedere, in particolare, Stec ed altri c. Regno Unito [GC], déc.), i nostri 65731/01 e 65900/01, §§ 49-56, CEDH 2005-X.
37. Il richiedente nota che il solo ostacolo alla concessione del sussidio era la sua nazionalità, ciò che si analizzerebbe in una discriminazione rispetto ai cittadini italiani che si trovano in una situazione finanziaria e familiare comparabile alla sua.
b, Il Governo,
38. Il Governo considera che l’oggetto della richiesta non entra nel campo di applicazione dell’articolo 8 della Convenzione, il sussidio di assistenza sociale rivendicata dal richiedente che non ha un carattere “primario.”
2. Valutazione della Corte
ha, Sull’applicabilità dell’articolo 14 della Convenzione, composto con l’articolo 8
39. Come la Corte l’ha dichiarato costantemente, l’articolo 14 della Convenzione completa le altre clausole normative della Convenzione e dei suoi Protocolli. Non ha esistenza indipendente, poiché vale unicamente per “il godimento dei diritti e libertà” che garantiscono. Certo, può entrare in gioco stesso senza una trasgressione ha le ̀loro esigenze e, in questa misura, possiede una portata autonoma, ma non saprebbe trovare ha applicarsi se i fatti della controversia non cadono almeno sotto l’impero di una di suddette clausole (vedere, tra molto altri, Van Raalte c. Paesi Bassi, 21 febbraio 1997, § 33, Raccolta 1997-I; Petrovic, precitata, § 22; e Zarb Adami c. Malta, no 17209/02, § 42, CEDH 2006-VIII.
40. La Corte stima di prima che il rifiuto delle autorità di accordare al richiedente il sussidio controverso non mirava a rompere la sua vita familiare e non ha avuto questo effetto, l’articolo 8 che non impone agli Stati un obbligo positivo di fornire l’assistenza finanziaria in questione (Petrovic, precitata, § 26; Zeïbek c. Grecia, no 46368/06, § 32, 9 luglio 2009; e Fawsie, precitata, § 27.
41. Tuttavia, la Corte ha giudicato già che l’attribuzione del sussidio per famiglia numerosa permetta allo stato di “manifestare il suo rispetto per la vita familiare” al senso dell’articolo 8 della Convenzione e cadi dunque sotto l’impero di questo ultimo (Okpisz, precitata, § 32; Niedzwiecki, precitata, § 31; Fawsie, precitata, § 28; e Saidoun, precitata, § 29; vedere anche, mutatis mutandis, Petrovic, precitata, §§ 27-29-a proposito di un sussidio di disdetta parentale-, e Weller, precitata, § 29-a proposito di un sussidio di maternità. L’oggetto della richiesta cade sotto l’impero dell’articolo 8 della Convenzione dunque. L’articolo 14 trova quindi ad applicarsi.
b) Altri motivi di inammissibilità
42. La Corte constata che il presente motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione, e non incontra peraltro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
a) Il richiedente
43. Il richiedente osserva che il Governo giustifica la differenza di trattamento tra egli ed i cittadini dell’unione europeo et/ou i profughi con la qualifica data al sussidio che rileverebbe di l ‘ “assistenza sociale”), così come coi costi finanziari che provocherebbero l’estensione eventuale del suo utile alle notizie categorie di persone. Ora, secondo lui, simili giustificazioni sono insufficienti allo sguardo della Convenzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale italiana.
Il richiedente concede che nel causa Ponomaryovi c. Bulgaria (no 5335/05) § 54, CEDH 2011, la Corte ha stimato che il trattamento preferenziale di cui beneficia i nazionali degli Stati membri dell’unione europea si fonda su una giustificazione obiettiva e ragionevole, l’unione europea che costituisce un ordine morale particolare che ha stabilito inoltre la sua propria cittadinanza. Però, occorre secondo attenersi egli conto per il fatto che i cittadini non comunitari contribuiscono essi anche attivamente alle risorse del paese, in particolare col sovrappiù di quote che portano alle assicurazioni sociali e col loro assoggettamento all’imposta su reddito. Il richiedente aggiunge che la discriminazione di cui è stato vittima era fondata sulla nazionalità, e non su un statuto che gli sarebbe stato conferito con la legge allo sguardo del diritto degli estero (vedere, ha contrario, Bah c. Regno Unito, no 56328/07, CEDH 2011. Peraltro, converrebbe ricordare che la direttiva Questo 109/2003 mira a garantire durevolmente l’integrazione dei cittadini dei paesi terzo installati in un Stato membro.
b, Il Governo,
44. Il Governo espone che l’estensione dell’utile del sussidio controverso è stata rifiutata unicamente per le ragioni di bilancio, e non per le ragioni discriminatorie.
2. Valutazione della Corte
b, Principi generali,
45. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, affinché una questione si porsi allo sguardo dell’articolo 14, deve avere una differenza nel trattamento di persone collocate nelle situazioni comparabili. Una tale differenza è discriminatoria se non si fonda su una giustificazione obiettiva e ragionevole, questo essere-a-argomento se non insegue un scopo legittimo o se non c’è un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e delle distinzioni giustificano in quale misura delle differenze tra le situazioni ad altri riguardi analoghi di trattamento, X ed altri c. Austria [GC], no 19010/07, § 98, CEDH-2013, e Vallianatos c. Grecia [GC], i nostri 29381/09 e 32684/09, § 76, CEDH-2013). La nozione di discriminazione al senso dell’articolo 14 ingloba anche i casi in che un individuo o un gruppo si vedono, senza giustificazione adeguata, meno bene trattato che un altro, anche se la Convenzione non richiede il trattamento più favorevole (Abdulaziz, Cabale e Balkandali c. Regno Unito, 28 maggio 1985, § 82, serie Ha no 94.
46. Peraltro, gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e delle differenze giustificano in quale misura delle differenze tra le situazioni ad altri riguardi analoghi di trattamento, X ed altri c. Austria, precitata, § 98, e Vallianatos c. Grecia, precitata, § 76. La superficie di questo margine di valutazione varia secondo le circostanze, le tenute ed il contesto, ma appartiene alla Corte di deliberare in ultima istanza sul rispetto delle esigenze della Convenzione. Un’ampia latitudine ha lasciato di solito allo stato per prendere delle misure di ordine generale in materia economica o sociale, Burden c. Regno Unito [GC], no 13378/05, § 60, CEDH-2008; Carson ed altri c. Regno Unito [GC], no 42184/05, § 61, CEDH-2010; Şerife Yiit ğc. Turchia [GC], no 3976/05, § 70, 2 novembre 2010; e Stummer c. Austria [GC], no 37452/02, § 89, CEDH-2011). Tuttavia, uniche delle considerazioni molto forti possono portare la Corte a stimare esclusivamente compatibile con la Convenzione una differenza di trattamento fondato sulla nazionalità (Gaygusuz, precitata, § 42; Koua Poirrez c. Francia, no 40892/98, § 46, CEDH 2003-X; Andrejeva c. Lettonia [GC], no 55707/00, § 87, CEDH-2009; e Ponomaryovi, precitata, § 52.
47. La Convenzione che è innanzitutto un meccanismo di protezione dei diritti dell’uomo, la Corte deve tenere inoltre conto dell’evoluzione della situazione negli Stati contraenti e deve reagire, per esempio, al consenso suscettibile di farsi giorno in quanto alle norme da raggiungere, Konstantin Markin c. Russia [GC], no 30078/06, § 126, CEDH 2012, e Fabris c. Francia [GC], no 16574/08, § 56, CEDH 2013.
b, sul punto di sapere se c’è stata differenza di trattamento tra le persone che si trovano nelle situazioni simili
48. Agli occhi della Corte, non fa di dubbio che il richiedente è stato trattato in modo differente rispetto ai lavoratori cittadini dall’unione europea che, siccome egli, avevano una famiglia numerosa. Difatti, alla differenza di questi ultimi, il richiedente non aveva dritto al sussidio familiare previsto dall’articolo 65 della legge no 448 del 1998. Il Governo non lo contesta del resto.
49. La Corte osserva per di più che il rifiuto di accordare al richiedente l’utile di questo sussidio aveva per fondamento esclusivo la nazionalità dell’interessato che all’epoca non era cittadino di un Stato membro dell’unione europea. Difatti, non è stato addotto che il richiedente non assolveva le altre condizioni legali per l’attribuzione dell’assegno mutualistico in questione. All’evidenza, ha dunque, in ragione di una caratteristica personale, stato trattato meno bene di altri individui che si trovano in una situazione analoga (vedere, mutatis mutandis, Ponomaryovi, precitata, § 50.
c, sul punto di sapere se esistesse una giustificazione obiettiva e ragionevole
50. La Corte rileva che in parecchie cause precitate simili alla presente, Niedzwiecki; Okpisz; Weller; Fawsie; e Saidoun, e che riguardavano anche la concessione di assegni mutualistici alle famiglie di estero, la Corte ha concluso ad una violazione dell’articolo 14 composto con l’articolo 8, per il fatto che le autorità non avevano dato di giustificazione ragionevole alla pratica che consiste in escludere di certi sussidi gli estero legalmente installati sul territorio di questi Stati, della loro nazionalità baso sull’unica.
51. In particolare, nei cause Fawsie e Saidoun precitati che, come la presente, riguardavano il sussidio per famiglia numerosa, la sua constatazione di violazione si basava, in particolare, sul fatto che i richiedenti ed i membri delle loro famiglie si erano visti riconoscere lo statuto di profugo politica e che il criterio scelto dal Governo che si era nell’occorrenza essenzialmente attaccata alla nazionalità o all’origine greca degli interessati, per determinare i beneficiari del sussidio non sembrava pertinente alla luce dello scopo legittimo perseguito, a sapere, fare fronte al problema demografico del paese.
52. La Corte considera che le considerazioni analoghe si applicano, mutatis mutandis, nello specifico. Nota a questo riguardo che all’epoca dei fatti il richiedente era titolare di un permesso di soggiorno e di lavoro regolare in Italia, e che era garantito presso dell’INPS, paragrafo 6 sopra. Pagava dei contributi a questo organo di assicurazione allo stesso titolo e sulla stessa base che i lavoratori cittadini dell’unione europea (vedere, mutatis mutandis, Gaygusuz, precitata, § 46. L’interessato non era un estero che soggiorna sul territorio per una corta durata o in violazione della legislazione sull’immigrazione. Non apparteneva alla categoria delle persone dunque che, in linea di massima, non contribuiscono al finanziamento dei servizi pubblici e per che un Stato può avere delle ragioni legittime di restringere l’uso di servizi pubblici costosi- come i programmi di previdenza sociale, di sussidi pubblici e di cure (vedere, mutatis mutandis, Ponomaryovi, precitata, § 54.
53. In quanto alle “ragioni di bilancio” avanzate col Governo, paragrafo 44 sopra, la Corte riconosce che la protezione degli interessi di bilancio dello stato costituisce un scopo legittimo della distinzione controversa. Questo scopo non saprebbe tuttavia, a lui solo, giustificare la differenza di trattamento denunciato. Resta a stabilire se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra gli scopi legittimi suddetti ed i mezzi adoperati nell’occorrenza. A questo riguardo, la Corte ricorda che il rifiuto delle autorità nazionali di accordare al richiedente l’utile del sussidio familiare si fondi esclusivamente sulla constatazione che non possedeva la nazionalità di un Stato membro dell’unione europea. Non è contestato che un cittadino di un tale Stato che si trova nelle stesse condizioni che il richiedente si vedrebbe accordare il sussidio controverso. La nazionalità costituisce il solo ed unico criterio della distinzione in causa dunque; ora la Corte ricorda che uniche delle considerazioni molto forti possono portarlo a stimare esclusivamente compatibile con la Convenzione una differenza di trattamento fondato sulla nazionalità, paragrafo 46 sopra. In queste circostanze, e nonostante il grande margine di valutazione di cui beneficia le autorità nazionali in materia di sicurezza sociale, l’argomento invocato dal Governo non basta a convincere la Corte dell’esistenza, nella presente causa, di un rapporto ragionevole di proporzionalità che renderebbe la distinzione criticata conformo alle esigenze dell’articolo 14 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Andrejeva, precitata, §§ 86-89.
d) Conclusione,
54. Tenuto conto di ciò che precede, la giustificazione avanzata dal Governo non sembra ragionevole e la differenza di trattamento constatato si rivela così discriminatoria al senso dell’articolo 14 della Convenzione. C’è stata dunque violazione dell’articolo 14 composto con l’articolo 8 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
55. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
56. Il richiedente richiede 9 416,05 EUR a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito. Questo importo corrisponderebbe ai sussidi non percepite del 1999 a 2004 (8 016,05 EUR, aumentate degli interessi legali (1 400 EUR.
57. Chiede inoltre la concessione di un risarcimento per danno morale, senza indicare ne l’importo.
58. Il Governo non ha presentato di osservazioni su questo punto.
59. La Corte rileva che ha concluso alla violazione dell’articolo 14 della Convenzione, composto con l’articolo 8, in ragione per il fatto che il rifiuto di concedere al richiedente il sussidio familiare contemplato all’articolo 65 della legge no 448 del 1998 si analizzava in una discriminazione fondata sulla nazionalità. Quindi, il danno patrimoniale subito dal richiedente corrisponde all’importo dei sussidi non percepite-di cui il calcolo non è stato contestato dal Governo, o 8 016,05 EUR. A questa somma dinnanzi ad aggiungersi gli interessi legali, la Corte concede al richiedente l’importo che sollecita, o 9 416,05 EUR.
60. La Corte considera inoltre che il richiedente ha subito un torto morale certo. Tenuto conto degli elementi nel suo possesso, la Corte decide di concedere all’interessato l’intimo di 10 000 EUR a questo titolo.
B. Oneri e spese
61. Il richiedente non ha formulato nessuna domanda di rimborso degli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte e/o dinnanzi alle giurisdizioni interne. Di conseguenza, la Corte considera che non c’è luogo di assegnare a questo riguardo egli una somma.
C. Interessi moratori
62. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 14 della Convenzione, composto con l’articolo 8;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i, 9 416,05 EUR, novemila quattro cento sedici euro e cinque centesimi, per danno patrimoniale,;
ii, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 8 aprile 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Egli ıKarakaş
Cancelliere Presidentessa