Conclusione Non – violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA DERVAUX C. FRANCIA
( Richiesta no 40975/07)
SENTENZA
STRASBURGO
4 novembre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Dervaux c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Renate Jaeger, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Isabelle Berro-Lefèvre, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 12 ottobre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 40975/07) diretta contro la Repubblica francese e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. D. (“il richiedente”), ha investito la Corte l’ 11 settembre 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da B. M., avvocato a Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente adduceva in particolare che l’importo dell’indennità di espropriazione che gli è stata assegnata era senza rapporto allo sguardo del valore reale del suo terreno.
4. Il 6 marzo 2009, il presidente della quinta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1945 e risiede a Lutzelhouse.
6. Era il proprietario di un appezzamento agricolo di 3,68 ettari situato nel comune di Onnaing, nel dipartimento del Nord.
7. Nel dicembre 1996, la comunità dei comuni della valle dell’Escaut (CCVE) propose all’impresa T. di installare sul suo territorio una fabbrica di produzione automobilistica di una superficie di 110 ettari. L’area della fabbrica ricopriva l’interezza del terreno del richiedente, situato vicino ad un interscambio autostradale e ad una zona di piano di sviluppo del territorio concertata (ZAC).
8. Per la realizzazione di questa operazione, la comunità di agglomerazione di Valenciennes, venendo ai diritti del CCVE, decise di estendere lo ZAC esistente espropriando i proprietari di parecchi appezzamenti tra cui il richiedente.
9. Il 18 marzo 1998, un’ordinanza prefettizia prescrisse l’apertura di un’inchiesta di utilità pubblica.
10. L’ 81,82% dei proprietari riguardati conclusero degli accordi amichevoli con la comunità dei comuni sulla base di un’indennità principale di espropriazione di 0,37 euro (EUR) per m². Il richiedente rifiutò questa somma.
11. L’ 11 maggio 1998, la comunità di agglomerazione investì il giudice dell’espropriazione di Lilla affinché venisse fissata l’indennità di espropriazione dovuta al richiedente per lo spodestamento del suo appezzamento. Durante il procedimento, il richiedente fece valere la destinazione industriale del suo appezzamento poiché questa aveva vocazione ad accogliere una catena di montaggio di automobili. Precisò anche che questo terreno era vicino ad un interscambio autostradale, e contiguo allo ZAC, il che gli conferiva un certo valore. Sollecitò perciò un’indennità principale di 3,81 EUR il m² così come un’indennità di riutilizzazione di 1,33 EUR il m².
12. Da parte sua, la comunità dei comuni sollecitò al giudice dell’espropriazione l’applicazione dell’articolo L. 13-16 del codice dell’espropriazione (vedere la parte “diritto interno pertinente”) che prevedeva che il giudice dovesse tenere conto degli accordi amichevoli conclusi con altri proprietari dopo la dichiarazione di utilità pubblica per fissare l’importo dell’indennità.
13. Il 4 giugno 1998, l’estensione dello ZAC fu dichiarata di utilità pubblica con ordinanza prefettizia.
14. Con un giudizio del 10 luglio 1998, il giudice dell’espropriazione rifiutò l’applicazione dell’articolo L. 13-16 del codice dell’espropriazione al motivo che la maggior parte degli accordi amichevoli erano stati conclusi anteriormente la dichiarazione di utilità pubblica. Negò anche di tenere conto della destinazione industriale del terreno al motivo che doveva essere preso in conto solo l’uso del terreno, un anno prima dell’apertura dell’inchiesta di utilità pubblica.
15. Il giudice dell’espropriazione fissò l’indennità principale dovuta al richiedente a 0,37 EUR il m², l’indennità di riutilizzazione a 0,0925 EUR il m² e gli accordò un’indennità speciale di rapidità di spodestamento di 0,23 EUR il m². Il richiedente percepì un’indennità globale di 25 293 EUR per il suo terreno dunque, o circa a 0,7 EUR il m².
16. Il 7 aprile 1999, l’appezzamento controverso fu rivenduto dalla comunità dei comuni all’impresa T. dopo essere stato viabilizzato . L’atto di vendita, sottoposto alla Corte dal Governo nella cornice delle sue osservazioni, menziona che la transazione fu conclusa mediante un prezzo di 1,52 EUR il m² ai quali si aggiunge la tassa sul valore aggiunto (IVA) calcolata dal servizio fondiario sulla base di un valore venale del terreno di 6,55 EUR del m².
17. Con una sentenza del 18 giugno 1999, la corte di appello di Douai riformò il giudizio del 10 luglio 1998, ma solamente per il fatto che aveva allontanato l’applicazione dell’articolo L. 13-16 del codice dell’espropriazione. Considerò che importava poco che gli accordi amichevoli fossero stati conclusi anteriormente alla dichiarazione di utilità pubblica. Questa interpretazione fu censurata dalla Corte di cassazione in una sentenza del 10 gennaio 2001.
18. Su rinvio, il 12 marzo 2003, la corte di appello di Amiens confermò integralmente il giudizio reso dal giudice dell’espropriazione di Lilla. Il richiedente formò un ricorso in cassazione contro questa decisione in cui invocava una rottura dell’uguaglianza delle armi sul fondamento dell’articolo 6 della Convenzione e si lamentava dell’insufficiente indennizzo percepito allo sguardo del valore reale del suo terreno.
19. Con una sentenza del 22 settembre 2004, la Corte di cassazione annullò la sentenza resa dalla corte di appello di Amiens al motivo che la posizione del commissario del governo nel procedimento nella determinazione delle indennità di espropriazione creava un squilibrio incompatibile col rispetto del principio di uguaglianza delle armi e questo, a scapito dell’ espropriato. Rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello di Reims, senza pronunciarsi sul motivo di appello derivato da un attentato al diritto di proprietà del richiedente.
20. Con una sentenza del 22 marzo 2006, questa giurisdizione confermò l’importo dell’indennità fissata dal giudice dell’espropriazione. Il terzo ricorso in cassazione del richiedente, fondato sugli articoli 6 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, fu dichiarato non ammissibile il 13 marzo 2007. Si fondava principalmente sulla mancanza di presa in conto da parte della corte di appello dell’ubicazione privilegiata del terreno per valutare l’indennità di spodestamento accordata al richiedente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
21. Il codice dell’espropriazione a causa di utilità pubblica si legge così:
Articolo L. 11-1
“L’espropriazione di immobili, in tutto o in parte, o dei diritti reali immobiliari, può essere pronunciata solamente quando sarà stata preceduta da una dichiarazione di utilità pubblica intervenuta in seguito ad un’inchiesta e si sarà proceduto contraddittoriamente alla determinazione degli appezzamenti da espropriare, così come alla ricerca dei proprietari, dei titolari dei diritti reali e degli altri interessati, (…) “
Articolo L. 13-15
“(…) I beni sono stimati in data della decisione di prima istanza; tuttavia, (…) sarà solo preso in considerazione l’uso effettivo degli immobili e i diritti reali immobiliari un anno prima dell’apertura dell’inchiesta contemplata all’articolo L. 11-1(…) “
Articolo L. 13-16
“(…) la giurisdizione [dell’espropriazione] deve tenere conto degli accordi realizzati amichevolmente tra gli esproprianti ed i diversi titolari dei diritti dentro al perimetro delle operazioni che sono oggetto di una dichiarazione di utilità pubblica (…)”
IN DIRITTO
22. Il richiedente si lamenta dell’importo dell’indennità che gli è stata assegnata rispetto al valore reale del suo terreno. Stima in particolare che le condizioni della sua espropriazione gli hanno imposto un carico sproporzionato e ha affermato che il suo terreno è stato rivenduto alla società T. per 15 EUR il m², o venti volte più dell’indennità che gli è stata versata. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
I. SU L’AMMISSIBILITÀ
A. Sulla qualità di vittima del richiedente
23. Il Governo sostiene in primo luogo che il richiedente non avrebbe la qualità di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione. Fa valere in particolare che il prezzo di vendita all’impresa T. del terreno controverso non era di 15 EUR del m² come sostiene il richiedente nella sua richiesta, ma di 1,52 EUR. Fornisce a questo riguardo la copia del contratto di vendita del 7 aprile 1999 (paragrafo 16 sopra) che conferma questa cifra.
24. Il richiedente riconosce che la cifra inizialmente menzionata nel suo formulario di richiesta è erronea. Osserva tuttavia che nel contratto di suddetta vendita, lo stato ha rivenduto suddetto terreno per una somma di 1,52 EUR il m², ma che il servizio fondiario, incaricato di calcolare l’IVA dovuta dall’acquirente ha considerato un valore venale del terreno di 6,55 EUR il m². Fa così valere che l’indennità che ha percepito costituisce solamente il terzo dell’importo a cui il suo terreno è stato rivenduto poi a T. ed è quattordici volte inferiore al valore reale del terreno come calcolato dal servizio fondiario dello stato. Conclude dunque al rigetto di questa eccezione di inammissibilità.
25. La Corte constata che esiste bene una differenza tra i prezzi di rivendita del terreno annunciato all’origine dal richiedente ed il prezzo reale, come figura nell’atto di vendita prodotto dal Governo. Tuttavia, questa differenza di prezzo non potrebbe fare perdere al richiedente la qualità di vittima nella misura in cui si lamenta dell’insufficienza dell’indennizzo percepito avuto riguardo al valore addotto del suo terreno.
26. Pertanto, la Corte respinge questa eccezione di inammissibilità.
B. Sul carattere abusivo della richiesta
27. Il Governo stima che le inesattezze dei fatti contenute nella richiesta, in particolare in quanto al prezzo di rivendita del terreno all’impresa T., erano destinate ad ingannare la Corte. Invoca dunque il carattere abusivo della richiesta.
28. Il richiedente reitera le sue osservazioni presentate sopra (paragrafo 24) e conclude al rigetto dell’eccezione di inammissibilità.
29. La Corte rileva innanzitutto che la richiesta iniziale sottomessa dal richiedente, debitamente rappresentato da un avvocato, indicava chiaramente che il prezzo di rivendita del terreno era di 15 EUR il m². Ora, alla lettura del contratto di vendita fornito dal Governo in seguito alla comunicazione della richiesta, questa cifra si è rivelata inesatta e nettamente superiore alla realtà. La Corte può sottolineare solamente che è indispensabile che i richiedenti le forniscano delle informazione precise ed affidabili, che possano essere sfruttate.
30. Tuttavia, constata che il richiedente si lamenta principalmente di avere percepito un indennizzo largamente inferiore al valore venale del suo bene e di avere dovuto subire così un carico sproporzionato. Il prezzo di rivendita all’impresa T., come annunciato all’origine dal richiedente, costituire dunque solo un argomento a sostegno della sua dimostrazione. Di conseguenza, l’inesattezza dell’importo annunciato dal richiedente non potrebbe bastare, da sola, a concludere al carattere abusivo della richiesta.
31. Pertanto, la Corte considera che questa richiesta non potrebbe essere dichiarata abusiva ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Respinge dunque l’eccezione di inammissibilità del Governo su questo punto.
C. Sul carattere manifestamente mal fondato della richiesta
32. Il Governo considera che il richiedente, invocando delle cifre inesatte, cerca in realtà solo di chiedere alla Corte di controllare il contenuto delle decisioni rese dalle giurisdizioni interne. Ricorda che il prezzo di rivendita del terreno all’impresa T. è dieci volte inferiore a ciò che pretendeva il richiedente nella sua richiesta iniziale e stima quindi che questo non potrebbe avvalersi di essere stato costretto a subire un carico sproporzionato ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Ne conclude che la richiesta è manifestamente mal fondata.
33. Il richiedente reitera le sue osservazioni presentate sopra (paragrafo 24) e conclude al rigetto dell’eccezione di inammissibilità.
34. La Corte stima, avuto riguardo alla natura del motivo di appello presentato dal richiedente che questo pone delle questioni di fatto e di diritto che necessitano un esame al merito. Ne segue che questo motivo di appello non potrebbe essere dichiarato manifestamente mal fondato, ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione.
35. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità e lo dichiaro dunque ammissibile.
II. SUL MERITO
A. Argomenti delle parti
36. Il richiedente reitera le sue osservazioni presentate sopra in quanto al valore reale del terreno in causa (paragrafo 24). Adduce che questa differenza tra il prezzo di vendita a T. ed il valore venale considerato dal servizio fondiario costituiscono in realtà una sovvenzione travestita all’impresa T. e se ne deduce che il valore reale del terreno di cui è stato espropriato ammontava a 6,55 EUR il m².
37. Il richiedente nota anche che nel corso del procedimento interno, le giurisdizioni nazionali non hanno mai considerato un qualsiasi motivo di interesse pubblico per giustificare un indennizzo inferiore al valore venale del suo bene.
38. Ricorda che il ruolo della Corte in simile situazione è di badare al fatto che la misura di espropriazione abbia predisposto un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità ed i diritti fondamentali dell’individuo. Ora, questo controllo suppone un esame in concreto delle circostanze particolari dello specifico e del carattere ragionevole dell’indennizzo che gli è stato versato.
39. A questo riguardo, il richiedente sottolinea che il suo terreno non era isolato come hanno considerato le giurisdizioni interne ma che beneficiava di una situazione altamente privilegiata poiché permetteva l’insediamento della fabbrica T. sul sito. Ne deduce che l’indennizzo che gli è stato versato non è manifestamente proporzionato col valore reale del suo terreno.
40. Ricorda anche che il servizio fondiario aveva proceduto ad una prima stima del valore venale degli appezzamenti un anno prima del procedimento di espropriazione e che il valore considerato era allora di 0,33 EUR il m². Ne conclude che la differenza tra queste cifre e quella di 6,55 EUR il m² considerata un anno dopo può giustificarsi solo coi lavori effettuati dalla comunità dei comuni prima del collocamento del terreno a disposizione all’impresa T. Ora, secondo il richiedente, l’importo di questi lavori, 6,22 EUR il m² ossia 14,5 milioni di EUR al totale, sarebbe manifestamente sopravvalutato e non è stato giustificato dal Governo.
41. Conclude alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a ragione del carico esorbitante che avrebbe subito.
42. Il Governo sottolinea al primo colpo che il prezzo di rivendita del terreno all’impresa T. è stato fissato a 1,52 EUR il m², o dieci volte meno di ciò che sosteneva il richiedente all’origine.
43. Riconosce, che nello specifico, la misura di espropriazione del richiedente è costitutiva di un’ingerenza e stima che questa inseguiva uno scopo legittimo di sviluppo economico della regione e che predisponeva il giusto equilibrio richiesto tra gli interessi in gioco. Fa valere in particolare che per tutto il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne le indennità versate al richiedente sono state debitamente esaminate e sono state valutate ragionevolmente dai giudici. In particolare, sottolinea il fatto che suddette giurisdizioni hanno sempre considerato che il terreno del richiedente era isolato e non beneficiava di una situazione privilegiata.
44. Il Governo ricorda che la grande maggioranza dei proprietari fondiari riguardati dalla misura di espropriazione ha accettato la somma che è stata proposta loro dall’autorità espropriante (ossia 0,37 EUR il m²) il che tenderebbe a provare che era manifestamente proporzionata allo sguardo della situazione dei terreni.
45. Basandosi anche sul largo margine di valutazione di cui gli Stati membri godono in materia, conclude alla non-violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Valutazione della Corte
46. La Corte rileva al primo colpo che il richiedente non pretende che la misura di espropriazione di cui è stato oggetto rileva che non è contestato che l’espropriazione in questione si analizza in una privazione di proprietà ai sensi della seconda frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, né che questa misura era legale allo sguardo del diritto francese. In compenso il richiedente considera che la misura controversa non era conforme all’ “interesse pubblico.”
47. La Corte stima che grazie ad una cognizione diretta della società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è “di utilità pubblica.” Ricorda che, nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, appartiene alle autorità nazionali pronunciarsi per prime sull’esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Godono qui, quindi, di un certo margine di valutazione (Jahn ed altri c. Germania [GC], nostri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, § 91, CEDH 2005-VI).
48. Nello specifico, l’estensione dello ZAC riguardata, e le espropriazioni che ne derivavano, sono state dichiarate di utilità pubblica con un’ordinanza prefettizia del 4 giugno 1998 nella misura in cui dovevano permettere l’insediamento di una fabbrica di produzione automobile. Provvedevano così ad aumentare lo sviluppo economico della regione creando dei posti di lavoro. La Corte stima di conseguenza che erano giustificate da una causa di utilità pubblica.
49. In quanto alla giustificazione dell’ingerenza, la Corte ricorda che una misura come l’espropriazione controversa, deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà (vedere, tra altre, I santi monasteri c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 70, serie A no 301-A). Questo equilibrio è rotto “se la persona riguardata ha dovuto a subire “un carico speciale ed esorbitante” (James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 50, serie A no 98). A questo titolo, la Corte ha precisato che l’individuo espropriato deve in principio ottenere ” un indennizzo ragionevolmente in rapporto col valore del bene” di cui è stato privato, anche se “degli obiettivi legittimi “di utilità pubblica” (…) possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore commerciale”; ha aggiunto che il suo controllo si limita a ricercare se le modalità scelte superano il largo margino di valutazione di cui lo stato gode in materia” (vedere, per esempio, Lallement c. Francia, no 46044/99, § 18, 11 aprile 2002 ed SA Elf Antar c. Francia, (dec.), no 39186/98, 2 marzo 1999).
50. Nello specifico, le parti sono in opposizione sull’importo del valore venale del terreno di cui il richiedente è stato espropriato. Non appartiene alla Corte di decidere la questione di sapere quale cifra avrebbe dovuto essere presa in conto dalle giurisdizioni interne, né di deliberare sulle affermazioni di sovvenzione travestita formulate dal richiedente, ma di controllare se l’indennizzo che gli è stato versato ha predisposto un “giusto equilibrio” tra gli interessi in presenza. Parimenti, non appartiene alla Corte esaminare se il terreno controverso beneficiava di una situazione privilegiata come sostiene il richiedente,essendo le giurisdizioni nazionali meglio poste per conoscere di questa questione.
51. La Corte constata al primo colpo che nel corso del procedimento, il richiedente ha parecchie volte modificate il valore addotto del suo terreno. Difatti, dinnanzi al giudice dell’espropriazione, il richiedente invocava un valore reale di 3,81 EUR il m². Ha sostenuto poi dinnanzi alla Corte che questo valore era quello del prezzo di rivendita all’impresa T. che pretendeva fosse di 15 EUR il m², prima di concludere, alla vista dei documenti prodotti dal Governo dinnanzi alla Corte, che il valore venale si trovava intorno a 6,55 EUR con m².
52. La Corte osserva che la maggior parte dei proprietari degli appezzamenti le cui caratteristiche erano simili a quello del richiedente hanno concluso un accordo amichevole con l’autorità espropriante sulla base di un’indennità principale valutata a 0,37 EUR il m², identica a quella che è stata accordata alla fine al richiedente dalle giurisdizioni interne. Nota del resto che il richiedente non pretende che gli altri appezzamenti siano di un valore inferiore al suo.
53. La Corte osserva anche che il terreno controverso è stato rivenduto all’impresa T. per un importo esentasse equivalente al doppio dell’indennità globale accordata al richiedente, ossia 0,7 EUR il m². Tuttavia, come ha precisato il Governo, il prezzo di rivendita tiene conto di pianificazioni realizzate dalla comunità dei comuni, in particolare di lavori necessari alla viabilizzazione del sito, raccordi alle reti di acqua, di risanamento e di elettricità. Del resto, la Corte constata che il richiedente non adduce che questo raddoppio del prezzo non sarebbe giustificato dalla realizzazione dei lavori di viabilizzazione. Non produce inoltre a questo riguardo delle prove.
54. Tenuto conto di ciò che precede, ed in particolare del contesto di sviluppo economico della regione di Valenciennes in cui si iscrive questa causa, la Corte considera che l’indennità assegnata al richiedente non gli ha fatto sopportare un carico eccessivo e che ha predisposto un giusto equilibrio tra l’interesse generale ed i suoi diritti fondamentali, giustificando così l’ingerenza nel diritto al rispetto dei suoi beni.
55. Pertanto, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 4 novembre 2010 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente