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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE DELFA MONTAGGI INDUSTRIALI S.R.L. et NAVA S.N.C. c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 19875/03/2010
Stato: Italia
Data: 2010-10-19 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA
DELFA MONTAGGI INDUSTRIALI S.R.L. E NAVA S.N.C.
C. ITALIA
( Richieste numeri 19875/03 e 30899/03)
SENTENZA
STRASBURGO
19 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Delfa Montaggi Industriali S.r.l. e Nava S.n.c. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una Camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Ireneu Cabral Barreto, Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, giudici, e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 settembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste (numeri 19875/03 e 30899/03) dirette contro la Repubblica italiana e in cui due società aventi la loro sede in questo Stato (“le richiedenti”) hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). I dettagli concernenti le richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano nel riquadro qui accluso alla presente sentenza.
2. Le richiedenti sono rappresentate da R. V. così come, nella richiesta no 19875/03, da E. L. e, nella richiesta no 30899/03, da Me F. U., ciascuno avvocato a Bergamo.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo vecchio agente, il Sig. R. Adam, e dal suo attuale, la Sig.ra E. Spatafora, ed dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 25 giugno 2008, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permetteva il vecchio articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Le richiedenti, parti ai procedimenti giudiziali, hanno investito le giurisdizioni competenti ai sensi della legge “Pinto” per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazione contenute nel riquadro che figura qui accluso alla presente sentenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNE PERTINENTI
7. Il diritto e le pratica interna pertinenti relativi alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decide di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
9. Le richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e di non avere ottenuto nessun indennizzo nella cornice dei ricorsi “Pinto.” Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
10. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. Non-esaurimento delle vie di ricorso interne
11. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Afferma che la Corte avrebbe sospeso l’esame delle richieste in seguito alla decisione dele richiedenti di avvalersi del rimedio introdotto dalla legge “Pinto”, entrata in vigore nel frattempo, creando così una disparità di trattamento rispetto ad altre richieste introdotte prima dell’adozione di suddetta legge e respinte dalla Corte per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che le richiedenti non avevano utilizzato il ricorso “Pinto” (inter alia, Brusco c. Italia, (dec.), no 69789/01, CEDH 2001-IX).
12. La Corte osserva che, contrariamente alla causa Brusco, dove il richiedente aveva indicato che non desiderava avvalersi del rimedio offerto dalla legge “Pinto” ed aveva invitato la Corte a registrare la sua richiesta, le richiedenti, nello specifico, hanno comunicato alla Corte la loro intenzione di introdurre dei ricorsi “Pinto”, il che hanno fatto poi, senza rinunciare alle loro richieste. Le vie di ricorso interne essendo state esaurite, la Corte stima che c’è luogo di respingere l’eccezione (vedere, mutatis mutandis, Luigi Serino c. Italia, no 679/03, §§ 15-16, 19 febbraio 2008).
2. Tardività delle richieste
13. Il Governo eccepisce poi della tardività delle richieste, nella misura in cui le richiedenti avrebbero chiesto alla Corte di riprendere l’esame delle loro richieste più di sei mesi dopo la chiusura dei procedimenti “Pinto” ivi relativi.
14. La Corte rileva che le sentenze della Corte di cassazione rese ai sensi della legge “Pinto” sono state depositate rispettivamente il 4 marzo 2003 (richiesta no 19875/03) e 3 aprile 2003 (richiesta no 30899/03). Peraltro, risulta dalle pratiche delle richieste che le richiedenti hanno comunicato rispettivamente alla Corte il risultato dei procedimenti “Pinto”, pregandola di riprendere l’esame delle loro richieste, il 9 giugno 2003 (richiesta no 19875/03) e 9 settembre 2003 (richiesta no 30899/03). Quindi, stima che c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
3. Requisito di “vittima”
15. Il Governo sostiene che a buono diritto le giurisdizioni “Pinto” hanno negato di indennizzare le richiedenti in mancanza di prove del danno non patrimoniale, perché, secondo la giurisprudenza della Corte (Comingersoll S.p.A. c. Portogallo [GC], no 35382/97, §§ 31-37, CEDH 2000-IV) il risarcimento delle persone giuridiche non deriverebbe automaticamente del superamento del “termine ragionevole.”
16. Senza trascurare la giurisprudenza Comingersoll S.p.A. precitata, la Corte ricorda che enunciando le caratteristiche che devono avere una correzione appropriata e sufficiente per il superamento del “termine ragionevole” ha ammesso come punto di partenza “la presunzione solida, sebbene refragabile secondo la quale la durata eccessiva di un procedimento provoca un danno morale (“, Cocchiarella c. Italia, precitata, § 95). La Corte ha applicato questo principio ad una richiesta introdotta da una società italiana presumibilmente “vittima” della violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in seguito. Ha stimato che constatando un superamento del “termine ragionevole” e respingendo l’istanza di risarcimento del danno morale, la giurisdizione “Pinto” non aveva riparato in modo adeguato e sufficiente il reato che aveva appena constatato (vedere Provide S.r.l. c. Italia, no 62155/00, § 24, CEDH 2007, 5 luglio 2007).
17. Quindi, dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima, alla luce della sua giurisprudenza (vedere anche Conceria Madera S.r.l. c. Italia, no 4012/03, §§ 12-13, 1 luglio 2008) che la correzione nella cornice del rimedio “Pinto” si è rivelata insufficiente e che le richiedenti possono sempre definirsi “vittime” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
4. Conclusione
18. La Corte constata che questi motivi di appello non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Li dichiara allo stesso modo ammissibili.
B. Sul merito
19. La Corte constata che i procedimenti controversi hanno avuto la seguente durata:
i. richiesta no 19875/03: sette anni e tre mesi per due gradi di giurisdizione;
ii. richiesta no 30899/03: diciassette anni e due mesi per un grado di giurisdizione (in data della decisione della corte di appello “Pinto”); il procedimento si è prolungato poi per due anni e due mesi.
20. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a quella dei casi di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare, in ogni richiesta, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
21. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, le richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto” in ragione della conclusione dei ricorsi iniziati ed a causa di essere state condannate al pagamento degli oneri e spese dei procedimenti.
22. Alla luce della giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 43-46, CEDH 2007-VI, la Corte stima che c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
23. Con le lettere del 26 aprile 2004, del 20 ottobre 2004 e del 5 aprile 2005, le richiedenti si lamentano del fatto che la Corte di cassazione non concede alle persone giuridiche alcun risarcimento patrimoniale per la violazione del “termine ragionevole.” Denunciano anche la violazione degli articoli 17 e 34 della Convenzione, per il fatto che la “legge Pinto” chiede di provare i danni morali subiti come conseguenza della durata di un procedimento. Si lamentano infine degli oneri di giustizia esposti per iniziare i ricorsi “Pinto.”
24. La Corte rileva che le sentenze della Corte di cassazione rese ai sensi del legge “Pinto” sono state depositate rispettivamente il 4 marzo 2003 (richiesta no 19875/03) e il 3 aprile 2003 (richiesta no 30899/03). Il motivo di appello delle richiedenti essendo stato introdotto al più presto il 26 aprile 2004, la Corte stima che c’è luogo di dichiararlo inammissibile per tardività, ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione. Peraltro, la Corte stima che questo motivo di appello, strettamente legato a quello relativo all’effettività del rimedio “Pinto”, sarebbe stato comunque manifestamente privo di fondamento, avuto riguardo alla conclusione che figura sopra al paragrafo 22 (vedere, mutatis mutandis, Fascini c. Italia, no 56300/00, § 45, 5 luglio 2007).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
25. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
26. Senza valutare le loro pretese, le richiedenti si rimettono alla saggezza della Corte per il risarcimento del danno morale che stimano di avere subito.
27. Il Governo stima che la Corte non dovrebbe concedere niente, non avendo valutato le richiedenti le loro pretese.
28. La Corte stima che avrebbe potuto accordare alle richiedenti, in mancanza di vie di ricorso interne, rispettivamente la somma di 6 000 EUR (richiesta no 19875/03) e 21 000 EUR (richiesta no 30899/03) tenuto conto della posta della controversia e dei ritardi imputabili alle richiedenti. Il fatto che le giurisdizioni “Pinto” non abbiano accordato loro niente arriva secondo la Corte ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che, malgrado questo ricorso interno, sia giunto ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna rispettivamente alle richiedenti 2 700 EUR (richiesta no 19875/03) e 9 450 EUR (richiesta no 30899/03) incluso l’indennizzo per la durata supplementare del procedimento principale dopo la constatazione di violazione da parte della giurisdizione “Pinto”.
B. Oneri e spese
29. Le richiedenti chiedono anche 3 800 EUR ciascuna per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte.
30. Il Governo contesta queste pretese.
31. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008). La Corte constata nello specifico la mancanza di giustificativi e decide pertanto di non accordare niente.
C. Interessi moratori
32. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati dalla durata eccessiva dei procedimenti, articolo 6 § 1 della Convenzione, ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alle richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme per danno morale:
i. richiesta no 19875/03: 2 700 EUR (duemila sette cento euro);
ii. richiesta no 26312/03: 9 450 EUR (novemila quattro cento cinquanta euro);
b) che alle somme occorre sopra, aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge le domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 ottobre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Numero di richiesta
e data di introduzione Dettagli richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
no 19875/03introdotta il 6 dicembre 1999 OMISSIS società che ha la sua sede a Piadena, (Crema) Procedimento principale Oggetto: pagamento di una somma di denaro.
Prima istanza: tribunale di Crema (RG no 361/94) dal 7 aprile 1994 al 9 marzo 1996; 1 rinvio per sciopero degli avvocati.
Appello: corte di appello di Brescia, RG no 268/96, dal 18 maggio 1996 al 1 agosto 2001; 1 rinvio d’ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Venezia, ricorso introdotto il 6 settembre 2001, richiesta di risarcimento dei danni subiti.
Decisione: 15 novembre 2001, depositata il 27 novembre 2001; nessun indennizzo per mancanza di prove del danno; condanna del richiedente al pagamento degli oneri e delle spese del procedimento.
Cassazione: ricorso della richiedente del 10 maggio 2002.
Sentenza: 4 febbraio 2003, depositato il 4 marzo 2003; rigetto del ricorso.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 9 giugno 2003.
no 30899/03introdotta il 28 gennaio 2000 OMISSIS società che ha la sua sede a Barzana (Bergamo) Procedimento principale Oggetto: pagamento di una somma di denaro.
Prima istanza: tribunale di Bergamo (RG no 4394/84 poi unita a RG no 4393/84) dal 16 novembre 1984 al 20 aprile 2004; 5 rinvii d’ ufficio, 3 rinvii su richiesta delle parti, 1 rinvio per mancanza di un testimone. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Venezia, ricorso introdotto il 4 ottobre 2001, richiesta di risarcimento dei danni subiti.
Decisione: 31 gennaio 2002, depositata il 27 febbraio 2002; procedimento preso in conto fino alla data della decisione; nessun indennizzo per mancanza di prove del danno; condanna del richiedente al pagamento degli oneri e spese del procedimento.
Cassazione: ricorso del richiedente del 3 luglio 2002.
Sentenza: 4 febbraio 2003, depositata il 3 aprile 2003; rigetto del ricorso.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 9 settembre 2003.

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE
DELFA MONTAGGI INDUSTRIALI S.R.L. ET NAVA S.N.C.
C. ITALIE
(Requêtes nos 19875/03 et 30899/03)
ARRÊT
STRASBOURG
19 octobre 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Delfa Montaggi Industriali S.r.l. et Nava S.n.c. c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une Chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 28 septembre 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent deux requêtes (nos 19875/03 et 30899/03) dirigées contre la République italienne et dont deux sociétés ayant leur siège dans cet Etat (« les requérantes ») ont saisi la Cour en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »). Les détails concernant les requérantes et les dates d’introduction des requêtes figurent dans le tableau en annexe au présent arrêt.
2. Les requérantes sont représentées par Me R. V. ainsi que, dans la requête no 19875/03, par Me E. L. et, dans la requête no 30899/03, par Me F. U., tous avocats à Bergame.
3. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son ancien agent, M. R. Adam, son agent actuel, Mme E. Spatafora, et son coagent, M. N. Lettieri.
4. Le 25 juin 2008, la Cour a décidé de communiquer les requêtes au Gouvernement. Comme le permettait l’ancien article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond des requêtes.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérantes, parties à des procédures judiciaires, ont saisi les juridictions compétentes au sens de la loi « Pinto » afin de se plaindre de la durée de ces procédures.
6. Les faits essentiels des requêtes ressortent des informations contenues dans le tableau figurant en annexe au présent arrêt.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
7. Le droit et la pratique internes pertinents relatifs à la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
EN DROIT
I. SUR LA JONCTION DES REQUÊTES
8. Compte tenu de la similitude des requêtes quant aux faits et au problème de fond qu’elles posent, la Cour estime nécessaire de les joindre et décide de les examiner conjointement dans un seul arrêt.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
9. Les requérantes se plaignent de la durée des procédures principales et de n’avoir obtenu aucune indemnisation dans le cadre des recours « Pinto ». Elles invoquent l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
10. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
1. Non-épuisement des voies de recours internes
11. Le Gouvernement soulève une exception de non-épuisement des voies de recours internes. Il affirme que la Cour aurait suspendu l’examen des requêtes à la suite de la décision des requérantes de se prévaloir du remède introduit par la loi « Pinto », entrée en vigueur entre-temps, créant ainsi une disparité de traitement par rapport à d’autres requêtes introduites avant l’adoption de ladite loi et rejetées par la Cour pour non-épuisement des voies de recours internes, au motif que les requérants n’avaient pas usé du recours « Pinto » (inter alia, Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX).
12. La Cour observe que, contrairement à l’affaire Brusco, où le requérant avait indiqué qu’il ne souhaitait pas se prévaloir du remède offert par la loi « Pinto » et avait invité la Cour à enregistrer sa requête, les requérantes, en l’espèce, ont communiqué à la Cour leur intention d’introduire des recours « Pinto », ce qu’elles ont fait ensuite, sans renoncer à leurs requêtes. Les voies de recours internes ayant été épuisées, la Cour estime qu’il y a lieu de rejeter l’exception (voir, mutatis mutandis, Luigi Serino c. Italie, no 679/03, §§ 15-16, 19 février 2008).
2. Tardiveté des requêtes
13. Le Gouvernement excipe ensuite de la tardiveté des requêtes, dans la mesure où les requérantes auraient demandé à la Cour de reprendre l’examen de leurs requêtes plus de six mois après la clôture des procédures « Pinto » y relatives.
14. La Cour relève que les arrêts de la Cour de cassation rendus au sens de la loi « Pinto » ont été déposés respectivement les 4 mars 2003 (requête no 19875/03) et 3 avril 2003 (requête no 30899/03). Par ailleurs, il ressort des dossiers des requêtes que les requérantes ont communiqué à la Cour le résultat des procédures « Pinto », en la priant de reprendre l’examen de leurs requêtes, respectivement les 9 juin 2003 (requête no 19875/03) et 9 septembre 2003 (requête no 30899/03). Dès lors, elle estime qu’il y a lieu de rejeter l’exception du Gouvernement.
3. Qualité de « victime »
15. Le Gouvernement soutient qu’à bon droit les juridictions « Pinto » ont refusé d’indemniser les requérantes à défaut de preuve du préjudice non patrimonial, car, selon la jurisprudence de la Cour (Comingersoll S.A. c. Portugal [GC], no 35382/97, §§ 31-37, CEDH 2000-IV), le dédommagement des personnes morales ne découlerait pas automatiquement du dépassement du « délai raisonnable ».
16. Sans négliger la jurisprudence Comingersoll S.A. précitée, la Cour rappelle qu’en énonçant les caractéristiques que doit avoir un redressement approprié et suffisant pour le dépassement du « délai raisonnable » elle a admis comme point de départ « la présomption solide, quoique réfragable, selon laquelle la durée excessive d’une procédure occasionne un dommage moral » (Cocchiarella c. Italie, précité, § 95). La Cour a par la suite appliqué ce principe à une requête introduite par une société italienne prétendument « victime » de la violation de l’article 6 § 1 de la Convention. Elle a estimé qu’en constatant un dépassement du « délai raisonnable » et en rejetant la demande de réparation du dommage moral, la juridiction « Pinto » n’avait pas réparé de manière appropriée et suffisante l’infraction qu’elle venait de constater (voir Provide S.r.l. c. Italie, no 62155/00, § 24, CEDH 2007, 5 juillet 2007).
17. Dès lors, après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime, à la lumière de sa jurisprudence (voir aussi Conceria Madera S.r.l. c. Italie, no 4012/03, §§ 12-13, 1er juillet 2008), que le redressement dans le cadre du remède « Pinto » s’est révélé insuffisant et que les requérantes peuvent toujours se prétendre « victimes » au sens de l’article 34 de la Convention.
4. Conclusion
18. La Cour constate que ces griefs ne se heurtent à aucun autre des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi, les déclare-t-elle recevables.
B. Sur le fond
19. La Cour constate que les procédures litigieuses ont eu la durée suivante :
i. requête no 19875/03 : sept ans et trois mois pour deux degrés de juridiction ;
ii. requête no 30899/03 : dix-sept ans et deux mois pour un degré de juridiction (à la date de la décision de la cour d’appel « Pinto ») ; la procédure s’est ensuite prolongée de deux ans et deux mois.
20. La Cour a traité à maintes reprises des requêtes soulevant des questions semblables à celle des cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella c. Italie, précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater, dans chaque requête, une violation de l’article 6 § 1 de la Convention, pour les mêmes motifs.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
21. Invoquant l’article 13 de la Convention, les requérantes se plaignent de l’ineffectivité du remède « Pinto » en raison de l’issue des recours entamés et du fait d’avoir été condamnées au paiement des frais et dépens des procédures.
22. A la lumière de la jurisprudence Delle Cave et Corrado c. Italie (no 14626/03, §§ 43-46, CEDH 2007-VI), la Cour estime qu’il y lieu de déclarer ce grief irrecevable pour défaut manifeste de fondement au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
23. Par des lettres des 26 avril 2004, 20 octobre 2004 et 5 avril 2005, les requérantes se plaignent de ce que la Cour de cassation n’octroie pas aux personnes morales de dédommagement matériel pour la violation du « délai raisonnable ». Elles dénoncent également la violation des articles 17 et 34 de la Convention, en ce que la « loi Pinto » demande de prouver les dommages moraux subis comme conséquence de la durée d’une procédure. Elles se plaignent enfin des frais de justice exposés afin d’entamer les recours « Pinto ».
24. La Cour relève que les arrêts de la Cour de cassation rendus au sens de la loi « Pinto » ont été déposés respectivement les 4 mars 2003 (requête no 19875/03) et 3 avril 2003 (requête no 30899/03). Le grief des requérantes ayant été introduit au plus tôt le 26 avril 2004, la Cour estime qu’il y lieu de le déclarer irrecevable pour tardiveté, au sens de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention. Par ailleurs, la Cour estime que ce grief, étroitement lié à celui relatif à l’effectivité du remède « Pinto » aurait été de toute manière manifestement dépourvu de fondement, eu égard à la conclusion figurant au paragraphe 22 ci-dessus (voir, mutatis mutandis, Fascini c. Italie, no 56300/00, § 45, 5 juillet 2007).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
25. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
26. Sans chiffrer leurs prétentions, les requérantes se remettent à la sagesse de la Cour pour la réparation du préjudice moral qu’elles estiment avoir subi.
27. Le Gouvernement estime que la Cour ne devrait rien octroyer, les requérantes n’ayant pas chiffré leurs prétentions.
28. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder aux requérantes, en l’absence de voies de recours internes, respectivement les sommes de 6 000 EUR (requête no 19875/03) et 21 000 EUR (requête no 30899/03) compte tenu de l’enjeu du litige et des retards imputables aux requérantes. Le fait que les juridictions « Pinto » ne leur aient rien accordé aboutit selon la Cour à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait que, malgré ce recours interne, elle soit parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue aux requérantes respectivement 2 700 EUR (requête no 19875/03) et 9 450 EUR (requête no 30899/03, y inclus l’indemnisation pour la durée supplémentaire de la procédure principale après le constat de violation par la juridiction « Pinto »).
B. Frais et dépens
29. Les requérantes demandent également 3 800 EUR chacune pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
30. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
31. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, § 22, 24 janvier 2008). La Cour constate en l’espèce l’absence de justificatifs et décide partant de ne rien accorder.
C. Intérêts moratoires
32. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Décide de joindre les requêtes et de les examiner conjointement dans un seul arrêt ;
2. Déclare les requêtes recevables quant aux griefs tirés de la durée excessive des procédures (article 6 § 1 de la Convention) et irrecevables pour le surplus ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser aux requérantes, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes pour dommage moral :
i. requête no 19875/03 : 2 700 EUR (deux mille sept cents euros) ;
ii. requête no 26312/03 : 9 450 EUR (neuf mille quatre cent cinquante euros) ;
b) qu’aux sommes ci-dessus, il faut ajouter tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
c) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette les demandes de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 19 octobre 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

Numéro de requête
et date d’introduction Détails requérant(s) Procédure principale et procédure « Pinto » y relative
no 19875/03
introduite le 6 décembre 1999 OMISSIS
société ayant son siège à Piadena (Crema) Procédure principale
Objet : paiement d’une somme d’argent.
Première instance : tribunal de Crema (RG no 361/94), du 7 avril 1994 au 9 mars 1996 ; 1 renvoi pour grève des avocats.
Appel : cour d’appel de Brescia (RG no 268/96), du 18 mai 1996 au 1er août 2001 ; 1 renvoi d’office.
Procédure « Pinto »
Autorité saisie : cour d’appel de Venise, recours introduit le 6 septembre 2001, demande de réparation des préjudices subis.
Décision : 15 novembre 2001, déposée le 27 novembre 2001 ; aucune indemnisation faute de preuve du préjudice ; condamnation de la requérante au paiement des frais et dépens de la procédure.
Cassation : pourvoi de la requérante du 10 mai 2002.
Arrêt : 4 février 2003, déposé le 4 mars 2003 ; rejet du pourvoi.
Date communication à la Cour du résultat de la procédure nationale : 9 juin 2003.
no 30899/03
introduite le 28 janvier 2000 OMISSIS
société ayant son siège à Barzana (Bergame) Procédure principale
Objet : paiement d’une somme d’argent.
Première instance : tribunal de Bergame (RG no 4394/84 ensuite réunie à RG no 4393/84), du 16 novembre 1984 au 20 avril 2004 ; 5 renvois d’office, 3 renvois à la demande des parties, 1 renvoi pour absence d’un témoin.
Procédure « Pinto »
Autorité saisie : cour d’appel de Venise, recours introduit le 4 octobre 2001, demande de réparation des préjudices subis.
Décision : 31 janvier 2002, déposée le 27 février 2002 ; procédure prise en compte jusqu’à la date de la décision ; aucune indemnisation faute de preuve du préjudice ; condamnation de la requérante au paiement des frais et dépens de la procédure.
Cassation : pourvoi de la requérante du 3 juillet 2002.
Arrêt : 4 février 2003, déposé le 3 avril 2003 ; rejet du pourvoi.
Date communication à la Cour du résultat de la procédure nationale : 9 septembre 2003.

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

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