Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA DE ROSA ED ALTRI C. ITALIA
(Richieste numeri 3666/03, 11966/03 e 11969/03)
SENTENZA
STRASBURGO
7 dicembre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa de Rosa ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Ireneu Cabral Barreto, presidente, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Kristina Pardalos, Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 novembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano tre richieste (numeri 3666/03, 11966/03 e 11969/03) dirette contro la Repubblica italiana e in cui dei cittadini di questo Stato (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da A. N. e T. V., avvocati a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo vecchio agente, il Sig. I.M. Braguglia, e dal suo vecchio coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 29 agosto 2006, la Corte aveva deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permetteva il paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, aveva deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti, parti a procedimenti giudiziali, hanno investito le giurisdizioni competenti ai sensi del legge “Pinto” per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
5. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazione contenute nel riquadro qui accluso alla presente sentenza.
II. IL DIRITTO E LAPRATICA INTERNA PERTINENTI
6. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
7. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decide di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza..
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
8. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza degli indennizzi “Pinto” che sono stati versati peraltro in ritardo.
9. Il Governo si oppone a questa tesi.
10. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
11. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Afferma che la Corte avrebbe sospeso l’esame delle richieste in seguito alla decisione dei richiedenti di avvalersi del rimedio introdotto dalla legge “Pinto”, entrata in vigore nel frattempo, creando così una disparità di trattamento rispetto ad altre richieste introdotte prima dell’adozione di suddetta legge e respinte dalla Corte per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che i richiedenti non avevano utilizzato il ricorso “Pinto” (inter alia, Brusco c. Italia, (dec.), no 69789/01, CEDH 2001-IX).
12. La Corte osserva che, contrariamente alla causa Brusco, dove il richiedente aveva indicato che non desiderava avvalersi del rimedio offerto dalla legge “Pinto” ed aveva invitato la Corte a registrare la sua richiesta, i richiedenti, nello specifico, hanno comunicato alla Corte la loro intenzione di introdurre il ricorso “Pinto”, il che hanno fatto poi, senza rinunciare alle loro richieste. Le vie di ricorso interne essendo state esaurite (vedere De Sante c. Italia, (dec.), no 56079/00, 24 giugno 2004) la Corte stima che c’è luogo di respingere l’eccezione (vedere, mutatis mutandis, Luigi Serino c. Italia, no 679/03, §§ 15-16, 19 febbraio 2008).
2. Tardività delle richieste
13. Il Governo solleva un’eccezione di tardività, nella misura in cui i richiedenti avrebbero chiesto alla Corte di riprendere l’esame delle loro richieste più di un anno dopo la chiusura dei procedimenti “Pinto” relativi. Il provocherebbe la violazione di un principio generale che imporrebbe ad un richiedente di fornire delle informazioni sulla sua richiesta entro un anno a contare dalla sospensione.
14. A prescindere da ogni altra considerazione, la Corte constata che risulta dalle pratiche delle richieste che i richiedenti non hanno interrotto mai le loro corrispondenze con lei per dei periodi tali da poter dimostrare una mancanza di interesse per il mantenimento delle loro richieste e che in particolare hanno informato la Corte del risultato dei procedimenti “Pinto”, rispettivamente, l’11 dicembre 2002 (no 3666/03), il 23 febbraio 2002 (no 11966/03) e il 28 febbraio 2003 (no 11969/03). Di conseguenza, stima che c’è luogo di respingere l’eccezione.
3. Requisito di “vittima”
15. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dai corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
16. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti delle cause e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella precitata, §§ 69-98) e che gli indennizzi “Pinto” non sono stati versati entro i sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello “Pinto” diventò esecutiva (Cocchiarella precitata, § 89). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
4. Conclusione
17. La Corte constata che le richieste non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Le dichiara allo stesso modo ammissibili.
B. Sul merito
18. La Corte ha trattato a più riprese di cause che sollevavano delle questioni simili a quella dei casi di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Frydlender c. Francia [GC], no 30979/096, CEDH 2000-VII).
19. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata dei procedimenti controversi è eccessiva e non soddisfa l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
20. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
21. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado (precitata, §§ 43-46) e Simaldone c. Italia,( no 22644/03, §§ 71-72, CEDH 2009-… (brani)), l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
22. I richiedenti si lamentano anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbero stati vittime di una discriminazione fondata sulla fortuna, tenuto conto degli oneri incorsi per intentare i procedimenti “Pinto”.
23. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, i richiedenti non hanno chiesto l’aiuto giudiziale. Rileva, inoltre, che hanno potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che i corsi di appello hanno fatto in parte diritto alle loro istanze, accordando loro delle somme a titolo degli oneri di procedimento. Non si potrebbe, pertanto, parlare di ostacoli all’esercizio del diritto ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Non potendo essere scoperta nessuna apparenza di violazione, la Corte dichiara il motivo di appello riguardante gli oneri di procedimento inammissibile perché manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia, (dec.), no 31332/96, 10 aprile 1997).
24. I richiedenti si lamentano infine, sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione, della mancanza di equità dei procedimenti “Pinto.” Le giurisdizioni “Pinto” non sarebbero imparziali al motivo che i giudici esercitano un controllo sulla condotta di altri colleghi e che la Corte dei conti è tenuta ad iniziare un procedimento per responsabilità contro questi ultimi, nel caso in cui la lunghezza di un procedimento interna fosse loro imputabile.
25. La Corte ricorda che l’imparzialità di un giudice deve rivalutarsi secondo un passo soggettivo, provando a determinare la convinzione personale di tale giudice in tale occasione, ed anche secondo un passo obiettivo che porta ad assicurarsi che offriva delle garanzie sufficienti per escludere a questo riguardo ogni dubbio legittimo. In quanto alla prima, l’imparzialità personale di un magistrato si presume fino alla prova del contrario. Ora, nessun elemento della pratica dà a pensare che le giurisdizioni “Pinto” avessero avuto dei pregiudizi. In quanto al secondo, conduce a chiedersi se, a prescindere dalla condotta del giudice, certi fatti verificabili autorizzano a sospettare l’imparzialità di questo ultimo.
26. Nello specifico, il timore di un difetto di imparzialità teneva al fatto che i corsi di appello avrebbero potuto respingere i richiedenti a nome di uno “spirito di corpo” che porterebbe i giudici “Pinto” a respingere sistematicamente le istanze di soddisfazione equa per difendere la condotta di altri giudici. Ora, da una parte la Corte constata che i corsi di appello “Pinto” hanno fatto in parte diritto alle istanze dei richiedenti. Dall’altra parte, le affermazioni dei richiedenti sono vaghe e non supportate. La Corte respinge questi motivi di appello dunque perché globalmente manifestamente mal fondati, ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Padovani c. Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie A no 257-B, §§ 25-28).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
27. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
28. I richiedenti richiedono rispettivamente 12 000 EUR (no 3666/03), 13 000 EUR (no 11966/03) e 6 000 EUR (no 11969/03) a titolo del danno morale che avrebbero subito. Richiedono anche 3 000 EUR ciascuno a titolo della presunta violazione degli articoli 13, 14, 17 e 34 della Convenzione (vedere paragrafi 20 e seguenti).
29. Il Governo considera che i richiedenti sono stati indennizzati in modo adeguato e sufficiente nella cornice del ricorso “Pinto”, tenuto conto in particolare della posta delle rispettive controversie.
30. Tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, la Corte assegna ai richiedenti le somme indicate sotto nel riquadro, paragonate agli importi che avrebbe concesso in mancanza di vie di ricorso interne, alla visto dell’oggetto di ogni controversia e dell’esistenza di ritardi imputabili ai richiedenti.
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato in mancanza di vie di ricorso interni Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale
1. 3666/03 26 000 EUR il 23,0% 5 700 EUR così come
1 700 EUR (ritardo pagamento indennizzo “Pinto”)
2. 11966/03 7 800 il 19,8% 1 960 EUR così come
3 100 EUR (ritardo pagamento indennizzo “Pinto”)
3. 11969/03 5 000 EUR il 6% 1 950 EUR così come
2 200 EUR (ritardo pagamento indennizzo “Pinto”)
B. Oneri e spese
31. Note di parcella in appoggio, i richiedenti chiedono 7 250,21 EUR ciascuno a titolo degli oneri e delle spese relative al procedimento “Pinto” e di quelli impegnati dinnanzi alla Corte.
32. Il Governo non si è pronunciato su questo punto.
33. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008). Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
34. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole assegnare 1 500 EUR ad ogni richiedente a titolo degli oneri e delle spese.
C. Interessi moratori
35. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati dalla durata eccessiva dei procedimenti (articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
– per danno morale ai richiedenti, rispettivamente:
i. no 3666/03: 7 400 EUR (settemila quattro cento euro);
ii. no 11966/03: 5 060 EUR (cinquemila sessanta euro);
iii. no 11969/03: 4 150 EUR (quattromila cento cinquanta euro);
– per oneri e spese:
1 500 EUR (mille cinque cento euro) ad ogni richiedente;
b) che alle somme accordate sopra occorre aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi sono da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge le domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 dicembre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Ireneu Cabral Barreto
Cancelliere Presidente
ALLEGATO
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
1. no 3666/03
introdotta il
13 gennaio 2000 OMISSIS
cittadino italiano,
nato in 1940, residente a S. Agata dei Goti (Benevento) Procedimento principale: esecuzione di un contratto che ha per oggetto la costruzione di una chiesa. Prima istanza: tribunale di Benevento (RG no 1892/82) dal 28 agosto 1982 al 14 aprile 1999.
Procedimento “Pinto”
Corte di appello di Roma, ricorso introdotto il 17 ottobre 2001, somma chiesta 34 000 000 lire [17 599,53 euro (EUR)] a titolo di danno morale. Decisione del 5 aprile 2002, depositata il 6 giugno 2002,: constatazione del superamento di una durata ragionevole; 6 000 EUR per danno morale e 1 700 EUR per oneri e spese.
Corte di cassazione: Decisione del 29 marzo 2004, depositata il 14 luglio 2004,: rigetto del ricorso del ministero della Giustizia.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 11 dicembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 5 maggio 2004.
2. no 11966/03
introdotta il
19 maggio 2000 OMISSIS
cittadino italiano,
nato in 1947, residente a San Bartolomeo in Galdo (Benevento) Procedimento principale: riconoscenza del diritto al versamento di sussidi di invalidità (“assegno di invalidità”).Prima istanza: giudice di istanza di Benevento (RG no 7363/92) dall’ 11 novembre 1992 al 2 giugno 1995.
Seconda istanza: tribunale di Benevento (RG 461/95), dal 9 giugno 1995 al 28 aprile 2000. Procedimento “Pinto”Corte di appello di Roma, ricorso introdotto il 21 settembre 2001, somma chiesta almeno 28 000 000 lire [14 460,79 euro (EUR)] a titolo di danno morale. Decisione del 10 dicembre 2001, depositata il 19 dicembre 2002,: constatazione del superamento di una durata ragionevole; 3 000 000 lire [1 549,37 EUR] per danno morale e 1 100 000 [568,10 EUR] per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 14 marzo 2003.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 23 febbraio 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 24 gennaio 2005.
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
3. no 11969/03
introdotta il
17 aprile 2000 OMISSIS
cittadina italiana,
nato nel 1959, residente ad Airola (Benevento), Procedimento principale: riesame dell’importo del trattamento di pensione. Giudice di istanza di Benevento (RG no 7715/95) dal 19 settembre 1995 al 30 gennaio 2001. Procedimento “Pinto”Corte di appello di Roma, ricorso introdotto il 16 ottobre 2001, somma chiesta 12 000 000 lire [6 197,45 euro (EUR)] a titolo di danno morale. Decisione del 17 giugno 2002, depositata il 27 settembre 2002,: constatazione del superamento di una durata ragionevole; 300 EUR per danno morale e 600 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 14 aprile 2003.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 28 febbraio 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 24 gennaio 2005.