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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE DE IESO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 06
Numero: 34383/02/2012
Stato: Italia
Data: 2012-04-24 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare respinta, Articolo 35-3-b – Nessun danno importante,; Parzialmente inammissibile; Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile; Articolo 6-1 – Termine ragionevole,; Danno morale – risarcimento (Articolo 41 – Danno morale)
SECONDA SEZIONE
CAUSA DE IESO C. ITALIA
(Richiesta no 34383/02)
SENTENZA
STRASBURGO
24 aprile 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa de Ieso c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una Camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Isabelle Berro-Lefèvre, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 aprile 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 34383/02) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, il Sig. D. Sig. di I. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 17 marzo 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da Me T. V., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo vecchio agente, il Sig. I.M. Braguglia e dal suo ex coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 12 luglio 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permetteva il paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, aveva deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito di questa allo stesso tempo.
4. Il 3 luglio 2005, Sig. d. I. decedette. Con una lettera del 2 maggio 2007, la Sig.ra M R. M e i Sigg. M e S. d. I. si costituirono nel procedimento in quanto eredi. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a chiamare il Sig. d. I. il “richiedente” benché occorra assegnare oggi questa qualità alla sua vedova ed ai suoi due figli.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
A. Il procedimento principale
5. Il 23 ottobre 1990, il richiedente depositò un ricorso dinnanzi al giudice di istanza di Benevento, RG no 4409/90, facendo funzione di giudice del lavoro, per ottenere la riconoscenza del suo diritto al versamento dei sussidi di invalidità (“assegno di invalidità”).
6. Il 16 novembre 1990, il giudice di istanza fissò la prima udienza al 27 novembre 1991. Il giorno venuto, la causa fu rinviata di ufficio.
7. Delle tre udienze fissate tra il 19 febbraio 1992 ed i 4 ottobre 1993, un fu rinviata alla domanda del richiedente.
8. Il giudice mise la causa in deliberato il 3 ottobre 1994.
9. Con una decisione dello stesso giorno di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 21 novembre 1994, il giudice fece diritto alla domanda del richiedente.
10. Il 3 gennaio 1995, la previdenza sociale interpose appello dinnanzi al tribunale di Benevento, RG no 6/95. Il 25 gennaio 1995, il presidente incaricò un giudice delatore della pratica e fissò l’udienza di arringhe al 14 giugno 1995. Questo giorno, la causa fu rinviata di ufficio.
11. Delle dieci udienze fissate tra il 11 dicembre 1996 ed il 20 settembre 2000, tre furono rinviati di ufficio.
12. L’udienza delle arringhe ebbe luogo il 7 febbraio 2001.
13. Con un giudizio dello stesso giorno il cui testo fu depositato alla cancelleria il 26 febbraio 2001, il tribunale respinse l’appello.
B. Il procedimento “Pinto”
14. In 2001, il richiedente investe la corte di appello di Roma al senso della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Il richiedente chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare il governo italiano al risarcimento dei danni giuridici subiti. Il richiedente chiese in particolare un minimo di 34 086,15 euro (EUR, a titolo di danno morale,).
15. Con una decisione del 17 dicembre 2001 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 30 gennaio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 2 582,28 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 816 EUR per oneri e spese.
16. Questa decisione fu notificata al ministero della giustizia il 10 dicembre 2002 ed acquisì l’autorità della cosa giudicata il 8 febbraio 2003.
17. Con una lettera del 4 settembre 2002, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e chiese che la Corte riprenda l’esame della sua richiesta.
18. Con la stessa lettera, il richiedente informò anche la Corte che non aveva l’intenzione di ricorrersi in cassazione al motivo che questo ricorso poteva essere introdotto solamente per le questioni di diritto.
19. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 30 giugno 2003.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNE PERTINENTI
20. Il diritto e le pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. OSSERVAZIONE PRELIMINARE
21. Il Governo oppone alla decisione della Corte di esaminare congiuntamente l’ammissibilità della richiesta ed il fondo di questa, come previsto all’articolo 29 § 3 della Convenzione. Stima che la richiesta non suscita simile approccio, in ragione delle particolarità legate alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed alla data di deposito del decisione “Pinto.”
22. La Corte rileva, da una parte, che il Governo non ha supportato il suo argomento tirato delle particolarità della richiesta. Osserva, altro parte, che il procedimento di esame congiunge in questione non impedisco un esame attento delle questioni sollevate e degli argomenti invocati dal Governo (vedere, mutatis mutandis, Léo Zappia c. Italia, no 77744/01, §§ 12-14, 29 settembre 2005. Quindi, egli non ci non luogo di fare diritto alla domanda del Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
23. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata del procedimento principale e dell’insufficienza dell’indennizzo “Pinto.”
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
25. L’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulati così:
“Ogni persona ha diritto affinché che la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
26. Il Governo eccepisce della non-esaurimento delle vie di ricorso interne, in ciò che il richiedente non si è ricorso in cassazione.
27. La Corte rileva che la decisione della corte di appello “Pinto” è diventata definitiva il 8 febbraio 2003. Alla luce della sua giurisprudenza, De Sante c. Italia, (dec.), no 56079/00, 24 giugno 2004, respinge questa eccezione.
2. Requisito di “vittima”
28. Il Governo sostiene che il richiedente non può più definirsi “vittima” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché ha ottenuto della corte di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
29. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente, vedere Delle Cantina e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98. Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Mancanza di danno importante
30. Nelle sue osservazioni depositate alla cancelleria della Corte il 28 aprile 2009, a sapere in vigore circa un anno prima dell’entrata del Protocollo no 14, il Governo solleva un’eccezione derivata della mancanza di danno importante per il richiedente, al motivo che la corte di appello “Pinto” ha di constatato prima, poi accordato un risarcimento adeguato per la violazione della Convenzione.
31. Si riferisce al testo dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione, come modificato dal Protocollo no 14 secondo che la Corte può dichiarare una richiesta inammissibile quando “il richiedente non ha subito nessuno danno importante, salvo se il rispetto dei diritti dell’uomo garantito dalla Convenzione ed i suoi Protocolli esigono un esame della richiesta al fondo ed a patto di non respingere per questo motivo nessuna causa che non è stata esaminata debitamente da un tribunale interno.”
32. La Corte osserva al primo colpo che il Protocollo no 14 alla Convenzione è entrato in vigore il 1 giugno 2010.
33. C’è luogo dunque di essere incerto sul punto di sapere se le condizioni di applicazione che si trova enunciata 35 § all’articolo 3 b, della Convenzione nella sua redazione conclusione del Protocollo no 14 sono riuniti.
34. Per ciò che riguarda la nozione di “danno importante”, la Corte tiene a sottolineare che non deriva automaticamente per il fatto che le giurisdizioni interne avrebbero riconosciuto, poi accordato un risarcimento per violazione della Convenzione, che non ci sarebbe “danno” nel capo del richiedente, come sembro sostenerlo il Governo convenuto. Difatti, la valutazione a proposito della mancanza di un tale “danno” non si ridursi ad una stima puramente economica.
35. La Corte ricorda che per verificare se la violazione di un diritto raggiunge la soglia minima di gravità, c’è luogo di prendere in particolare in conto i seguenti elementi: la natura del diritto presumibilmente violato, la gravità dell’incidenza della violazione addotta nell’esercizio di un diritto o le conseguenze eventuali della violazione sulla situazione personale del richiedente. Nella valutazione di queste conseguenze, la Corte esaminerà, in particolare, la posta del procedimento nazionale o la sua conclusione (vedere, Giusti c. Italia, no 13175/03, § 34, 18 ottobre 2011.
36. La Corte rileva che nello specifico, il richiedente si lamentava sopra della durata di un procedimento civile, cadendo sulla riconoscenza del suo diritto al versamento di sussidi di invalidità, § 5, essendo stesa si su dieci anni e tre mesi circa per due gradi di giurisdizione. All’evidenza, una tale durata non saprebbe essere compatibile col principio del termine ragionevole previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione. Secondo la Corte, per valutare la gravità delle conseguenze di questo tipo di affermazione, la posta della causa dinnanzi ai giudici nazionali saprebbe essere determinante solamente nell’ipotesi dove il valore sarebbe debole o irrisorio. Ciò non è il caso nell’occorrenza tenuto conto della natura dei sussidi in questione, trattandosi di una prestazione vitalizia.
37. Conviene anche notare che il richiedente aveva investito la Corte il 17 marzo 2000 che adduce una violazione del diritto al rispetto del termine ragionevole sulla base di una giurisprudenza buona invalsa (vedere, tra altre, Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, CEDH 1999-V. Seguito all’entrata in vigore del legge “Pinto”, il richiedente ha dovuto investire la corte di appello competente che ha reso la sua decisione il 17 dicembre 2001. Poi, in data 4 settembre 2002, il richiedente ha ripreso la sua richiesta dinnanzi alla Corte. Ora è evidente che il suo passo è legato alle debolezze del ricorso “Pinto” (vedere, entra altri, Simaldone c. Italia, no 22644/03, § 82, CEDH 2009 -… (brani)), in particolare per ciò che è della modicità degli importi assegnati dai corsi competenti, in particolare prima del cambiamento improvviso della Corte di cassazione (vedere Di Salute c). Italia, precitata), e del ritardo nel pagamento desdits ammontato. Tutto ciò ha provocato evidentemente un ritardo molto importante nell’esame della causa dell’interessato, ritardo che non saprebbe essere ignorato dalla Corte quando si tratta di valutare l’importanza del danno subito da questo ultimo.
38. Peraltro, non si saprebbe concludere diversamente per la semplice ragione che l’efficacia del rimedio “Pinto” non è stata fino qui rimessa in causa (vedere, entra altri, Delle Cantina e Corrado c. Italia, precitata), tanto più che la Corte ha denunciato chiaramente l’esistenza di un problema nel funzionamento del questo (vedere, Simaldone c. Italia, precitata, § 82.
39. Tenuto conto di ciò che precede, c’è luogo di respingere anche questa eccezione.
4. Conclusione
40. La Corte constata che questo motivo di appello non cozza contro nessuno altro dei motivi di inammissibilità iscritta all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Anche, dichiaralo lei ammissibile.
B. Sul merito
41. La Corte constata che il procedimento principale cominciato il 23 ottobre 1990 e conclusosi il 26 febbraio 2001, è durato più di dieci anni per due gradi di giurisdizione.
42. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevano delle questioni simili a quella del caso di specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza buona invalsa (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
43. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta del non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
44. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46, e Simaldone c. Italia (precitata, §§ 71-72, l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
45. Il richiedente adduce poi la violazione degli articoli 14, 17 e 34. Sarebbe stato vittima di una “discriminazione fondata sulla ricchezza”, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento “Pinto”.
46. La Corte stima che c’è luogo di esaminare unicamente questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che, sebbene un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, il richiedente non ha chiesto l’aiuto giudiziale. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini del legge “Pinto” e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua domanda, accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si saprebbe parlare di ostacoli all’esercizio del diritto ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presente dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, nessuna apparenza di violazione che non può essere scoperta, la Corte dichiara i motivi di appello che cadono sugli oneri di procedimento inammissibile perché manifestamente male fondati al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Nicoletti c. Italia, déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997.
47. Sul terreno dell’articolo 6, il richiedente adduce infine che le giurisdizioni “Pinto” non sarebbero imparziali, al motivo che certi giudici esercitano un controllo sulla condotta di altri colleghi, e che la Corte dei conti è tenuta di iniziare un procedimento in responsabilità contro questi ultimi, nel caso in cui la lunghezza di un procedimento interna sarebbe loro imputabile.
48. Concernente il motivo di appello che cade sull’imparzialità, e dunque sull’equità, del procedimento “Pinto”, la Corte ricorda che l’imparzialità di un giudice deve rivalutarsi secondo un passo soggettivo, provando a determinare la convinzione personale di tale giudice in tale occasione, ed anche secondo un passo obiettivo che porta ad assicurarsi che offriva delle garanzie sufficienti per escludere a questo riguardo ogni dubbio legittimo. In quanto alla prima, l’imparzialità personale di un magistrato si presume fino alla prova del contrario. Ora, nessuno elemento della pratica non dà a pensare che le giurisdizioni “Pinto” avevano dei pregiudizi. In quanto al secondo, conduce a chiedere si se, a prescindere della condotta del giudice, certi fatti verificabili autorizzano a sospettare l’imparzialità di questo ultimo.
49. Nello specifico, il timore di un difetto di imparzialità deriverebbe di un preteso “spirito di corpo” che porterebbe le giurisdizioni “Pinto” a respingere sistematicamente le domande di soddisfazione equa per difendere la condotta dei loro colleghi. Tuttavia, la Corte constata che queste affermazioni sono vaghe e non supportate e che la corte di appello competente ad accordato un indennizzo al richiedente a causa della durata eccessiva del procedimento principale. Di conseguenza, questo motivo di appello è a respingere perché manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (vedere Padovani c). Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie Ha no 257-B, §§ 25-280.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
51. La parte richiesta richiede la somma di 31 503,88 EUR a titolo del danno morale per la violazione addotta dell’articolo 6 § 1 della Convenzione così come 3 000 EUR per la violazione addotta degli articoli 14, 17 e 34.
52. Secondo il Governo, tenuto conto dell’indennizzo ricevuto nella cornice del rimedio “Pinto”, il richiedente non ha sofferto nessuno danno a causa del procedimento principale. Sostiene, inoltre che questa rappresentava una debole posta per l’interessato.
53. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente per la violazione dell’articolo 6 § 1, nella mancanza di vie di ricorso interni e tenuto conto dei ritardi imputabili al richiedente, la somma di 10 000 EUR. Il fatto che la corte di appello “Pinto” abbia concesso al richiedente circa il 26% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto”, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nel sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146, e deliberando in equità, assegna congiuntamente agli eredi del richiedente 1 900 EUR.
B. Oneri e spese
54. Note di parcella in appoggio, la parte richiedente domanda 6 920,86 EUR a titolo degli oneri e delle spese.
55. Il Governo contesta queste pretese.
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR di cui 1 000 EUR a titolo degli oneri e delle spese del procedimento nazionale e 1 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte.
C. Interessi moratori
57. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato della durata eccessiva del procedimento e dell’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente agli eredi del richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, la somma globale di 1 900 EUR, mille novecento euro, per danno morale e 2 000 EUR, duemila euro, per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 aprile 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Exception préliminaire rejetée (Article 35-3-b – Aucun préjudice important) ; Partiellement irrecevable ; Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure civile ; Article 6-1 – Délai raisonnable) ; Préjudice moral – réparation (Article 41 – Préjudice moral)
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE DE IESO c. ITALIE
(Requête no 34383/02)
ARRÊT
STRASBOURG
24 avril 2012
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire de Ieso c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une Chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 3 avril 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 34383/02) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. D. M. de I. (« le requérant »), a saisi la Cour le 17 mars 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me T. V., avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son ancien agent, M. I.M. Braguglia et son ancien coagent, M. N. Lettieri.
3. Le 12 juillet 2004, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permettait le paragraphe 3 de l’article 29 de la Convention, en vigueur à l’époque, elle avait en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de celle-ci.
4. Le 3 juillet 2005, M. d. I. décéda. Par une lettre du 2 mai 2007, Mme M R. M et MM. M et S. d. I. se constituèrent dans la procédure en tant qu’héritiers. Pour des raisons d’ordre pratique, le présent arrêt continuera d’appeler M. d. I. le “requérant” bien qu’il faille aujourd’hui attribuer cette qualité à sa veuve et à ses deux enfants.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
A. La procédure principale
5. Le 23 octobre 1990, le requérant déposa un recours devant le juge d’instance de Bénévent (RG no 4409/90), faisant fonction de juge du travail, afin d’obtenir la reconnaissance de son droit au versement des allocations d’invalidité (« assegno di invalidità »).
6. Le 16 novembre 1990, le juge d’instance fixa la première audience au 27 novembre 1991. Le jour venu, l’affaire fut renvoyée d’office.
7. Des trois audiences fixées entre le 19 février 1992 et le 4 octobre 1993, une fut renvoyée à la demande du requérant.
8. Le juge mit l’affaire en délibéré le 3 octobre 1994.
9. Par une décision du même jour, dont le texte fut déposé au greffe le 21 novembre 1994, le juge fit droit à la demande du requérant.
10. Le 3 janvier 1995, la sécurité sociale interjeta appel devant le tribunal de Bénévent (RG no 6/95). Le 25 janvier 1995, le président chargea un juge rapporteur du dossier et fixa l’audience de plaidoiries au 14 juin 1995. Ce jour-là, l’affaire fut renvoyée d’office.
11. Des dix audiences fixées entre le 11 décembre 1996 et le 20 septembre 2000, trois furent renvoyées d’office.
12. L’audience de plaidoiries eut lieu le 7 février 2001.
13. Par un jugement du même jour, dont le texte fut déposé au greffe le 26 février 2001, le tribunal rejeta l’appel.
B. La procédure « Pinto »
14. En 2001, le requérant saisit la cour d’appel de Rome au sens de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée excessive de la procédure décrite ci-dessus. Le requérant demanda à la cour de dire qu’il y avait eu une violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner le gouvernement italien au dédommagement des préjudices moraux subis. Le requérant demanda notamment un minimum de 34 086,15 euros (EUR) à titre de dommage moral.
15. Par une décision du 17 décembre 2001, dont le texte fut déposé au greffe le 30 janvier 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle accorda 2 582,28 EUR en équité comme réparation du dommage moral et 816 EUR pour frais et dépens.
16. Cette décision fut notifiée au ministère de la justice le 10 décembre 2002 et acquit l’autorité de la chose jugée le 8 février 2003.
17. Par une lettre du 4 septembre 2002, le requérant informa la Cour du résultat de la procédure nationale et demanda que la Cour reprenne l’examen de sa requête.
18. Par la même lettre, le requérant informa aussi la Cour qu’il n’avait pas l’intention de se pourvoir en cassation au motif que ce recours pouvait être introduit seulement pour des questions de droit.
19. Les sommes accordées en exécution de la décision Pinto furent payées le 30 juin 2003.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
20. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
EN DROIT
I. REMARQUE LIMINAIRE
21. Le Gouvernement s’oppose à la décision de la Cour d’examiner conjointement la recevabilité de la requête et le fond de celle-ci, comme prévu à l’article 29 § 3 de la Convention. Il estime que la requête ne se prête pas à pareille approche, en raison des particularités liées aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et à la date de dépôt de la décision « Pinto ».
22. La Cour relève, d’une part, que le Gouvernement n’a pas étayé son argument tiré des particularités de la requête. Elle observe, d’autre part, que la procédure d’examen conjoint en question n’empêche pas un examen attentif des questions soulevées et des arguments invoqués par le Gouvernement (voir, mutatis mutandis, Leo Zappia c. Italie, no 77744/01, §§ 12-14, 29 septembre 2005). Dès lors, il n’y pas lieu de faire droit à la demande du Gouvernement.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
23. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, le requérant se plaint de la durée de la procédure principale et de l’insuffisance de l’indemnisation « Pinto ».
24. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
25. L’article 6 § 1 de la Convention est ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) ».
A. Sur la recevabilité
1. Non-épuisement des voies de recours internes
26. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes, en ce que le requérant ne s’est pas pourvu en cassation.
27. La Cour relève que la décision de la cour d’appel « Pinto » est devenue définitive le 8 février 2003. A la lumière de sa jurisprudence (Di Sante c. Italie (déc.), no 56079/00, 24 juin 2004), elle rejette cette exception.
2. Qualité de « victime »
28. Le Gouvernement soutient que le requérant ne peut plus se prétendre « victime » de la violation de l’article 6 § 1 car il a obtenu de la cour d’appel « Pinto » un constat de violation et un redressement approprié et suffisant.
29. La Cour, après avoir examiné l’ensemble des faits de la cause et les arguments des parties, considère que le redressement s’est révélé insuffisant (voir Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 ; Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 69-98). Partant, le requérant peut toujours se prétendre « victime », au sens de l’article 34 de la Convention.
3. Absence de préjudice important
30. Dans ses observations déposées au greffe de la Cour le 28 avril 2009, à savoir environ un an avant l’entrée en vigueur du Protocole no 14, le Gouvernement soulève une exception tirée de l’absence de préjudice important pour le requérant, au motif que la cour d’appel « Pinto » a d’abord constaté, puis accordé une réparation appropriée pour la violation de la Convention.
31. Il se réfère au texte de l’article 35 § 3 b) de la Convention, tel que modifié par le Protocole no 14, selon lequel la Cour peut déclarer une requête irrecevable lorsque « le requérant n’a subi aucun préjudice important, sauf si le respect des droits de l’homme garantis par la Convention et ses Protocoles exige un examen de la requête au fond et à condition de ne rejeter pour ce motif aucune affaire qui n’a pas été dûment examinée par un tribunal interne ».
32. La Cour observe d’emblée que le Protocole no 14 à la Convention est entré en vigueur le 1er juin 2010.
33. Il y a donc lieu de s’interroger sur le point de savoir si les conditions d’application qui se trouvent énoncées à l’article 35 § 3 b) de la Convention dans sa rédaction issue du Protocole no 14 sont réunies.
34. Pour ce qui est de la notion de « préjudice important », la Cour tient à souligner qu’il ne découle pas automatiquement du fait que les juridictions internes auraient reconnu, puis accordé une réparation pour violation de la Convention, qu’il n’y aurait pas de « préjudice » dans le chef du requérant, comme semble le soutenir le Gouvernement défendeur. En effet, l’évaluation au sujet de l’absence d’un tel « préjudice » ne se réduit pas à une estimation purement économique.
35. La Cour rappelle qu’afin de vérifier si la violation d’un droit atteint le seuil minimum de gravité, il y a lieu de prendre en compte notamment les éléments suivants : la nature du droit prétendument violé, la gravité de l’incidence de la violation alléguée dans l’exercice d’un droit ou les conséquences éventuelles de la violation sur la situation personnelle du requérant. Dans l’évaluation de ces conséquences, la Cour examinera, en particulier, l’enjeu de la procédure nationale ou son issue (voir, Giusti c. Italie, no 13175/03, § 34, 18 octobre 2011).
36. La Cour relève qu’en l’espèce, le requérant se plaignait de la durée d’une procédure civile, portant sur la reconnaissance de son droit au versement d’allocations d’invalidité (§ 5 ci-dessus), s’étant étalée sur dix ans et trois mois environ pour deux degrés de juridiction. A l’évidence, une telle durée ne saurait être compatible avec le principe du délai raisonnable prévu par l’article 6 § 1 de la Convention. Selon la Cour, afin d’évaluer la gravité des conséquences de ce type d’allégation, l’enjeu de l’affaire devant les juges nationaux ne saurait être déterminant que dans l’hypothèse où la valeur serait faible ou dérisoire. Cela n’est pas le cas en l’occurrence compte tenu de la nature des allocations en question, s’agissant d’une prestation viagère.
37. Il convient également de remarquer que le requérant avait saisi la Cour le 17 mars 2000 alléguant une violation du droit au respect du délai raisonnable sur la base d’une jurisprudence bien établie (voir, entre autres, Bottazzi c. Italie [GC], no 34884/97, CEDH 1999-V). Suite à l’entrée en vigueur de la loi « Pinto », le requérant a dû saisir la cour d’appel compétente qui a rendu sa décision le 17 décembre 2001. Ensuite, en date 4 septembre 2002, le requérant a repris sa requête devant la Cour. Or il est évident que sa démarche est liée aux faiblesses du recours « Pinto » (voir, entre autres, Simaldone c. Italie, no 22644/03, § 82, CEDH 2009-… (extraits)), notamment pour ce qui est de la modicité des montants alloués par les cours compétentes, en particulier avant le revirement de la Cour de cassation (voir Di Sante c. Italie, précité), et du retard dans le paiement desdits montants. Tout cela a évidemment entraîné un retard très important dans l’examen de l’affaire de l’intéressé, retard qui ne saurait pas être ignoré par la Cour lorsqu’il s’agit d’apprécier l’importance du préjudice subi par ce dernier.
38. Par ailleurs, on ne saurait conclure autrement pour la simple raison que l’efficacité du remède « Pinto » n’a pas été jusqu’ici remise en cause (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, précité), d’autant plus que la Cour a dénoncé clairement l’existence d’un problème dans le fonctionnement du celui-ci (voir, Simaldone c. Italie, précité, § 82).
39. Compte tenu de ce qui précède, il y a lieu de rejeter aussi cette exception.
4. Conclusion
40. La Cour constate que ce grief ne se heurte à aucun autre des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi, le déclare-t-elle recevable.
B. Sur le fond
41. La Cour constate que la procédure principale, qui a débuté le 23 octobre 1990 pour se terminer le 26 février 2001, a duré plus de dix ans pour deux degrés de juridiction.
42. La Cour a traité à maintes reprises des requêtes soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella c. Italie, précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
43. Invoquant l’article 13 de la Convention, le requérant se plaint de l’ineffectivité du remède « Pinto » en raison de l’insuffisance de la réparation octroyée par les cours d’appel « Pinto ».
44. La Cour rappelle que, selon la jurisprudence Delle Cave et Corrado c. Italie (précité, §§ 43-46) et Simaldone c. Italie (précité, §§ 71-72), l’insuffisance de l’indemnisation « Pinto » ne remet pas en cause l’effectivité de cette voie de recours. Partant, il y a lieu de déclarer ce grief irrecevable pour défaut manifeste de fondement au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
45. Le requérant allègue ensuite la violation des articles 14, 17 et 34. Il aurait été victime d’une « discrimination fondée sur la richesse », compte tenu des frais avancés pour intenter la procédure « Pinto ».
46. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner ces griefs uniquement sous l’angle du droit à un tribunal au regard de l’article 6 de la Convention. Elle observe que, bien qu’un individu puisse être admis, d’après la loi italienne, au bénéfice de l’assistance judiciaire gratuite en matière civile, le requérant n’a pas demandé l’aide judiciaire. Elle relève, en outre, qu’il a pu saisir les juridictions compétentes aux termes de la loi « Pinto » et que la cour d’appel a fait droit à sa demande, lui accordant une somme au titre des frais de procédure. Or, on ne saurait parler d’entraves à l’exercice du droit à un tribunal lorsqu’une partie, représentée par un avocat, saisit librement la juridiction compétente et présente devant elle ses arguments. Partant, aucune apparence de violation ne pouvant être décelée, la Cour déclare les griefs portant sur les frais de procédure irrecevables car manifestement mal fondés au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Nicoletti c. Italie (déc.), no 31332/96, 10 avril 1997).
47. Sur le terrain de l’article 6, le requérant allègue enfin que les juridictions « Pinto » ne seraient pas impartiales, au motif que certains juges exercent un contrôle sur la conduite d’autres collègues, et que la Cour des comptes est tenue d’entamer une procédure en responsabilité à l’encontre de ces derniers, au cas où la longueur d’une procédure interne leur serait imputable.
48. Concernant le grief portant sur l’impartialité, et donc sur l’équité, de la procédure « Pinto », la Cour rappelle que l’impartialité d’un juge doit s’apprécier selon une démarche subjective, essayant de déterminer la conviction personnelle de tel juge en telle occasion, et aussi selon une démarche objective amenant à s’assurer qu’il offrait des garanties suffisantes pour exclure à cet égard tout doute légitime. Quant à la première, l’impartialité personnelle d’un magistrat se présume jusqu’à la preuve du contraire. Or, aucun élément du dossier ne donne à penser que les juridictions « Pinto » avaient des préjugés. Quant à la seconde, elle conduit à se demander si, indépendamment de la conduite du juge, certains faits vérifiables autorisent à suspecter l’impartialité de ce dernier.
49. En l’espèce, la crainte d’un défaut d’impartialité découlerait d’un prétendu « esprit de corps » qui amènerait les juridictions « Pinto » à rejeter systématiquement les demandes de satisfaction équitable pour défendre la conduite de leurs collègues. Toutefois, la Cour constate que ces allégations sont vagues et non étayées et que la cour d’appel compétente à accordé une indemnisation au requérant du fait de la durée excessive de la procédure principale. Par conséquent, ce grief est à rejeter car manifestement mal fondé au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (voir Padovani c. Italie, arrêt du 26 février 1993, série A no 257-B, §§ 25-280).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
50. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
51. La partie requérante réclame la somme de 31 503,88 EUR au titre du préjudice moral pour la violation alléguée de l’article 6 § 1 de la Convention ainsi que 3 000 EUR pour la violation alléguée des articles 14, 17 et 34.
52. Selon le Gouvernement, compte tenu de l’indemnisation reçue dans le cadre du remède « Pinto », le requérant n’a souffert aucun préjudice du fait de la procédure principale. Il soutient, en outre, que celle-ci représentait un faible enjeu pour l’intéressé.
53. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder au requérant pour la violation de l’article 6 § 1, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu des retards imputables au requérant, la somme de 10 000 EUR. Le fait que la cour d’appel « Pinto » ait octroyé au requérant environ 26% de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto », la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue aux héritiers du requérant conjointement 1 900 EUR.
B. Frais et dépens
54. Notes d’honoraires à l’appui, la partie requérante demande 6 920,86 EUR à titre des frais et dépens.
55. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
56. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 2 000 EUR, dont 1 000 EUR au titre des frais et dépens de la procédure nationale et 1 000 EUR pour la procédure devant la Cour.
C. Intérêts moratoires
57. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée excessive de la procédure et de l’insuffisance de l’indemnisation « Pinto » et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser aux héritiers du requérant conjointement, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, la somme globale de 1 900 EUR (mille neuf cent euros) pour dommage moral et 2 000 EUR (deux mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 24 avril 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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