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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE D’ANIELLO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 28220/05/2010
Stato: Italia
Data: 2010-01-19 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA D’ ANIELLO C. ITALIA
( Richiesta no 28220/05)
SENTENZA
STRASBURGO
19 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa D’ Aniello c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 28220/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. N. D’ A. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 19 luglio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da G C., avvocato ad Adrano. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 27 marzo 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1948 e risiede ad Adrano.
5. Il richiedente era il proprietario di un terreno edificabile di 4 982 metri quadrati ubicato ad Adrano e registrato al catasto (foglio 75, appezzamento 522).
6. Con un’ordinanza del 15 luglio 1978, la municipalità di Adrano autorizzò l’ufficio delle abitazioni ad affitto moderato (“I.A.C.P. “) ad occupare di emergenza il terreno del richiedente in vista di costruire delle abitazioni ad affitto moderato.
7. Il 19 maggio 1983, il richiedente e l’I.A.C.P. conclusero un accordo di cessione del terreno, (cessione volontaria) con cui l’espropriazione del terreno fu formalizzata. Conformemente a questo accordo, l’I.A.C.P. versò al richiedente la somma di 3 650 ITL al metro squadrato a titolo di acconto sull’indennità di espropriazione determinata ai sensi della legge no 865 del 1971, sotto riserva di fissare l’importo dell’indennità definitiva in applicazione della legge no 385 del 1980.
8. Con la sentenza no 223 del 15 luglio 1983, pubblicato il 19 luglio 1983, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale la legge no 385 di 1980, al motivo che questa sottoponeva l’indennizzo in caso di espropriazione di un terreno edificabile all’adozione di una legge futura. Con effetto di questa sentenza, la legge no 2359 del 1865, che prevedeva che l’indennità di espropriazione di un terreno corrispondesse al valore commerciale di questo, fu di nuovo in vigore.
9. Con una lettera del 13 gennaio 1986, il richiedente chiese all’I.A.C.P. di fissare l’indennità definitiva di espropriazione.
10. Con un atto notificato il 10 giugno 1997, il richiedente invitò di nuovo l’I.A.C.P. a fissare l’indennità definitiva di espropriazione. L’I.A.C.P. non diede seguito a questa istanza.
11. Con un atto di citazione notificato il 22 ottobre 1999, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale di Catania un’azione che mirava ad ottenere il versamento dell’indennità definitiva di espropriazione. Con un’ordinanza del 17 gennaio 2000, il tribunale di Catania si dichiarò incompetente ed indicò che il ricorso doveva essere introdotto dinnanzi alla corte di appello di Catania.
12. Con un atto di citazione dell’ 8 marzo 2000, il richiedente introdusse dinnanzi alla corte di appello di Catania un’azione contro la municipalità di Adrano e dell’I.A.C.P., in vista di ottenere il versamento dell’indennità definitiva di espropriazione.
13. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 12 marzo 2002, la corte di appello dichiarò prescritto il diritto del richiedente all’indennità definitiva di espropriazione, dato che la Corte costituzionale aveva dichiarato l’incostituzionalità della legge no 385 del 1980, o più di dieci anni prima dell’introduzione dell’azione in giustizia dinnanzi al tribunale di Catania. Affermò anche che la lettera mandata all’I.A.C.P. il 13 gennaio 1986 non aveva interrotto il termine di prescrizione.
14. Il 26 settembre 2002, il richiedente ricorse in cassazione. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 4 febbraio 2005, la Corte di cassazione respinse il richiedente del suo ricorso.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
15. Il richiedente adduce la violazione del suo diritto al rispetto dei beni al motivo che non è stato indennizzato per l’espropriazione del suo terreno. Fa osservare che, conformemente all’atto di trasferimento del terreno firmato nel 1983, l’I.A.C.P. si era impegnato a versargli un’indennità sulla base della “nuova legge” che sarebbe stata adottata ulteriormente. Ora, avendo visto questa legge la luce solo nel 1992, la prescrizione avrebbe dovuto cominciare a decorrere solo in quel momento.
16. Il Governo si oppone a questa tesi. Eccepisce in primo luogo che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non si applica nello specifico perché l’accordo di trasferimento del terreno dipenderebbe dal diritto privato e non sarebbe un’espropriazione.
Inoltre, considera che la prescrizione decennale del diritto ad essere indennizzato trova la sua causa nell’inerzia dell’interessato.
17. In quanto all’eccezione sollevata dal Governo, la Corte ricorda di avere reso delle sentenze che concludono alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nei casi dove, come nello specifico, il trasferimento del terreno colpito da un permesso di espropriazione era stato formalizzato da un accordo valente come espropriazione ai sensi della legge no 385 di 1980, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, CEDH 2006 -… ; Bortesi ed altri c. Italia, no 71399/01, 10 giugno 2008; Mason ed altri c. Italia, no 43663/98, § 13, 17 maggio 2005; Stornaiuolo c. Italia, no 52980/99, 8 agosto 2006; Gigli Costruzioni S.r.l. c. Italia, no 10557/03, 1 aprile 2008).
Non vede nessuna ragione di scostarsi da questa giurisprudenza e respinge l’eccezione del Governo.
18. In quanto al merito, la Corte si è concessa ad un esame approfondito del diritto applicabile nel periodo in questione nella causa Scordino no 1 [GC], precitata (§§ 47-61). In questa occasione, ha preso nota del fatto che per effetto della dichiarazione di incostituzionalità del 1983, la legge no 2359 del 1865 aveva esposto di nuovo i suoi effetti. Era quindi lecito agli espropriati chiedere l’indennità di espropriazione dinnanzi ai tribunali civili, a concorrenza del valore commerciale del terreno, ciò che i richiedenti delle cause citate più sopra fecero (paragrafo 17 sopra).
19. La Corte constata che il richiedente non è stato indennizzato al momento dell’espropriazione. Tuttavia, non ha colto l’opportunità creata dalla sentenza della Corte costituzionale di 1983, per il fatto che non ha introdotto nel termine un’istanza formale tesa ad ottenere un indennizzo ai sensi della legge 2359 del 1865, ciò che, in principio, gli offriva la possibilità di ottenere il pieno valore commerciale del bene.
20. In queste circostanze, la Corte stima che è il comportamento imputabile al richiedente che ha provocato la situazione denunciata (vedere Maria Pia Marchi c. Italia, no 58492/00, §§ 28-32, 30 settembre 2008).
Peraltro, nessuno elemento della pratica lascia pensare che l’applicazione del termine di prescrizione decennale sia stato arbitraria (a contrario, Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI.
21. Pertanto, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
22. Il richiedente si lamenta infine di una violazione degli articoli 1 e 17 della Convenzione.
La Corte non rileva nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalle disposizioni invocate. N segue che questa parte della richiesta deve essere respinta come manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE D’ANIELLO c. ITALIE
(Requête no 28220/05)
ARRÊT
STRASBOURG
19 janvier 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire D’Aniello c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 15 décembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 28220/05) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. N. D’A. (« le requérant »), a saisi la Cour le 19 juillet 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me G C., avocat à Adrano. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, MmeE. Spatafora, et par son coagent, M. N. Lettieri.
3. Le 27 mars 2006, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1948 et réside à Adrano.
5. Le requérant était propriétaire d’un terrain constructible de 4 982 mètres carrés sis à Adrano et enregistré au cadastre, feuille 75, parcelle 522.
6. Par un arrêté du 15 juillet 1978, la municipalité d’Adrano autorisa le bureau des habitations à loyer modéré (« I.A.C.P. ») à occuper d’urgence le terrain du requérant en vue d’y construire des habitations à loyer modéré.
7 Le 19 mai 1983, le requérant et l’I.A.C.P. conclurent un accord de cession du terrain (cessione volontaria), par lequel l’expropriation du terrain fut formalisée. Conformément à cet accord, l’I.A.C.P. versa au requérant la somme de 3 650 ITL le mètre carré à titre d’acompte sur l’indemnité d’expropriation déterminée au sens de la loi no 865 de 1971, sous réserve de fixer le montant de l’indemnité définitive en application de la loi no 385 de 1980.
8. Par l’arrêt no 223 du 15 juillet 1983, publié le 19 juillet 1983, la Cour constitutionnelle déclara inconstitutionnelle la loi no 385 de 1980, au motif que celle-ci soumettait l’indemnisation en cas d’expropriation d’un terrain constructible à l’adoption d’une loi future. Par effet de cet arrêt, la loi no 2359 de 1865, prévoyant que l’indemnité d’expropriation d’un terrain correspondait à la valeur marchande de celui-ci, fut à nouveau en vigueur.
9. Par une lettre du 13 janvier 1986, le requérant demanda à l’I.A.C.P. de fixer l’indemnité définitive d’expropriation.
10. Par un acte notifié le 10 juin 1997, le requérant invita à nouveau l’I.A.C.P. à fixer l’indemnité définitive d’expropriation. L’I.A.C.P. ne donna pas suite à cette demande.
11. Par un acte d’assignation notifié le 22 octobre 1999, le requérant introduisit devant le tribunal de Catane une action visant à obtenir le versement de l’indemnité définitive d’expropriation. Par une ordonnance du 17 janvier 2000, le tribunal de Catane se déclara incompétent et indiqua que le recours devait être introduit devant la cour d’appel de Catane.
12. Par un acte d’assignation du 8 mars 2000, le requérant introduisit devant la cour d’appel de Catane une action à l’encontre de la municipalité d’Adrano et de l’I.A.C.P., en vue d’obtenir le versement de l’indemnité définitive d’expropriation.
13. Par un arrêt déposé au greffe le 12 mars 2002, la cour d’appel déclara prescrit le droit du requérant à l’indemnité définitive d’expropriation, étant donné que la Cour constitutionnelle avait déclaré l’inconstitutionnalité de la loi no 385 de 1980, soit plus de dix ans avant l’introduction de l’action en justice devant le tribunal de Catane. Elle affirma également que la lettre envoyée à l’I.A.C.P. le 13 janvier 1986 n’avait pas interrompu le délai de prescription.
14. Le 26 septembre 2002, le requérant se pourvut en cassation. Par un arrêt déposé au greffe le 4 février 2005, la Cour de cassation débouta le requérant de son pourvoi.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
15. Le requérant allègue la violation de son droit au respect des biens au motif qu’il n’a pas été indemnisé pour l’expropriation de son terrain. Il fait observer que, conformément à l’acte de transfert du terrain signé en 1983, l’I.A.C.P. s’était engagé à lui verser une indemnité sur la base de la « nouvelle loi » qui serait ultérieurement adoptée. Or, cette loi n’ayant vu le jour qu’en 1992, la prescription n’aurait dû commencer à courir qu’à ce moment-là.
16. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse. Il excipe en premier lieu que l’article 1 du Protocole no 1 ne s’applique pas en l’espèce car l’accord de transfert du terrain relèverait du droit privé et ne serait pas une expropriation.
En outre, il considère que la prescription décennale du droit à être indemnisé trouve sa cause dans l’inertie de l’intéressé.
17. Quant à l’exception soulevée par le Gouvernement, la Cour rappelle avoir rendu des arrêts concluant à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 dans des affaires où, comme en l’espèce, le transfert du terrain frappé par un permis d’exproprier avait été formalisé par un accord valant expropriation au sens de la loi no 385 de 1980 (Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, CEDH 2006-… ; Bortesi et autres c. Italie, no 71399/01, 10 juin 2008 ; Mason et autres c. Italie, no 43663/98, § 13, 17 mai 2005 ; Stornaiuolo c. Italie, no 52980/99, 8 août 2006 ; Gigli Costruzioni S.r.l. c. Italie, no 10557/03, 1er avril 2008).
Elle ne voit aucune raison de s’écarter de cette jurisprudence et rejette l’exception du Gouvernement.
18. Quant au fond, la Cour s’est livrée à un examen approfondi du droit applicable dans la période en question dans l’affaire Scordino no 1 [GC], précitée (§§ 47-61). A cette occasion, elle a pris note de ce que par l’effet de la déclaration d’inconstitutionnalité de 1983, la loi no 2359 de 1865 avait à nouveau déployé ses effets. Il était dès lors loisible aux expropriés de demander l’indemnité d’expropriation devant les tribunaux civils, à concurrence de la valeur marchande du terrain, ce que les requérants des affaires citées plus haut firent (paragraphe 17 ci-dessus).
19. La Cour constate que le requérant n’a pas été indemnisé au moment de l’expropriation. Toutefois, il n’a pas saisi l’opportunité créée par l’arrêt de la Cour constitutionnelle de 1983, en ce qu’il n’a pas introduit dans le délai une demande formelle visant à obtenir une indemnisation au sens de la loi 2359 de 1865, ce qui, en principe, lui offrait la possibilité d’obtenir la pleine valeur marchande du bien.
20. Dans ces circonstances, la Cour estime que c’est le comportement imputable au requérant qui a entraîné la situation dénoncée (voir Maria Pia Marchi c. Italie, no 58492/00, §§ 28-32, 30 septembre 2008).
Par ailleurs, aucun élément du dossier ne laisse penser que l’application du délai de prescription décennale ait été arbitraire (a contrario, Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, CEDH 2000-VI).
21. Partant, il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
22. Le requérant se plaint enfin d’une violation des articles 1 et 17 de la Convention.
La Cour ne relève aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par les dispositions invoquées. Il s’ensuit que cette partie de la requête doit être rejetée comme étant manifestement mal fondée au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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