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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CZARAN ET GROFCSIK c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 11388/06/2009
Stato: Romania
Data: 2009-06-02 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA CZARAN E GROFCSIK C. ROMANIA
( Richiesta no 11388/06)
SENTENZA
STRASBURGO
2 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Czaran e Grofcsik c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 12 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 11388/06) diretta contro la Romania e in cui la Sig.ra M C, cittadina rumena, ed il Sig. E. G., cittadino ungherese (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 10 marzo 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da G. D., avvocato a Timişoara. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 10 novembre 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
4. Il governo ungherese al quale una copia della richiesta è stata comunicata dalla Corte in virtù dell’articolo 44 § 1 ha, dell’ordinamento, non ha desiderato presentare il suo punto di vista sulla causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1918 e nel 1926 e risiedono a Dumbrăveni (Romania) ed a Budapest (Ungheria).
6. Nel 1947, un terreno intra muros di 1 000 m2 ed un terreno di 7 523 m2 con le costruzioni afferenti (numeri topografici 28-30/1 e 28-32/2) ubicati a Fântanele e facenti parte del patrimonio della famiglia dei richiedenti, furono oggetto di un’espropriazione da parte delle autorità.
7. Con un contratto di vendita di azioni del 15 novembre 2001, l’agenzia del demanio dello stato (l’ADS) vendette alla società commerciale A. delle azioni che rappresentavano la maggioranza del capitale sociale della società agricola A.F. che aveva nel suo patrimonio, tra l’altro, i terreni precitati. L’acquirente esonerò l’ADS da ogni responsabilità in caso di restituzione legale o giudiziale dei terreni che erano oggetto del contratto al “proprietario in diritto.”
8. Dopo avere chiesto alla società A.F, senza successo, la restituzione dei terreni precitati in virtù della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato (“la legge no 10/2001”), essendo stati rinviati a rivolgersi all’ADS, i richiedenti investirono il tribunale dipartimentale di Arad di un’azione per annullamento parziale del contratto di vendita del 15 novembre 2001 e per restituzione dei terreni in causa. Diressero questa azione contro le società A.F. ed A. e contro l’ADS. I richiedenti fecero valere che l’espropriazione del 1947 era stata fatta in modo abusivo, senza titolo valido, e che conoscendo questa situazione al momento della vendita la società A. era stata in malafede.
9. Dopo avere fatto amministrare una perizia, con un giudizio del 10 marzo 2003, il tribunale dipartimentale respinse l’azione dei richiedenti. Sulla base del rapporto, il tribunale constatò che, rispetto alla data dell’espropriazione del 1947, l’immobile rivendicato aveva subito delle trasformazioni (ingrandimento pari a sette volte ed ammodernamento della superficie costruita), essendo diventato il valore delle costruzioni per questo fatto quattro volte più elevato che nel 1947. Pertanto, i richiedenti non potevano ottenere la restituzione, ma solamente dei risarcimenti in virtù della legge no 10/2001, istanza di cui non avevano investito il tribunale.
10. Con una sentenza definitiva del 15 settembre 2005, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia respinse il ricorso formato dai richiedenti che sostenevano che l’espropriazione era stata fatta senza titolo valido, che l’immobile, i terreni e le costruzioni, non erano state trasformate in modo sostanziale e che la vendita di questo immobile era stata contraria all’articolo 20 (1) della legge no 10/2001. L’Alta Corte confermò che l’immobile nel contenzioso era entrato nel patrimonio dello stato senza titolo valido, ma aggiunse che in virtù dell’articolo 11 della legge no 10/2001 la restituzione era possibile solamente se l’immobile non era stato venduto. Ora, prima che i richiedenti notificarono la società A.F, l’immobile era stato venduto nel rispetto delle disposizioni legali pertinenti e gli interessati non avevano contestato la presunzione di buona fede degli acquirenti, nuovi proprietari dell’immobile. Tenuto conto del mantenimento del contratto di vendita, era inutile esaminare gli altri mezzi di ricorso.
11. Risulta dagli argomenti del Governo che nel febbraio 2007 il procedimento amministrativo fondato sulla legge no 10/2001 impegnato dai richiedenti a proposito dei due suddetti terreni era ancora pendente.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Le disposizioni legali, ivi compreso quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania [GC] (no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII); Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII); Păduraru c. Romania (no 63252/00, §§ 38-53, CEDH 2005-XII (brani)); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 17 gennaio 2008).
13. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno che le misure che prevedevano l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso i fondi di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
14. I richiedenti adducono che l’impossibilità di ricuperare la proprietà dei due terreni in questione che erano stati espropriati in modo abusivo e, nel 2001, venduti dallo stato, ha recato offesa al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
15. Reiterando per l’essenziale i suoi argomenti presentati nelle cause Reichardt c. Romania (no 6111/04, §§ 14-15, 13 novembre 2008) e Popescu e Dimeca c. Romania (no 17799/03, §§ 14-15, 9 dicembre 2008) il Governo solleva in sostanza un’eccezione di incompatibilità ratione materiae, stimando che in mancanza di riconoscenza del loro diritto di proprietà o di constatazione, nel dispositivo di una decisione definitiva, dell’illegalità della statalizzazione, i richiedenti non disponevano di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 trattandosi dei due terreni controversi. Il Governo sostiene che i tribunali interni non si sono pronunciati in modo definitivo sulla legalità dell’espropriazione, poiché le menzioni dell’Alta Corte figurano a questo riguardo solamente nelle considerazioni della sua sentenza del 15 settembre 2005, non godendo del potere di cosa giudicata.
16. La Corte stima che l’eccezione di incompatibilità ratione materiae è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che i richiedenti fondano sull’articolo 1 del Protocollo no 1, così che c’è luogo di unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
17. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati in cause simili anteriori. Aggiunge che le leggi numeri 10/2001 e 247/2005 contemplano il pagamento di un’indennità per gli immobili trasformati dalla loro statalizzazione e sostengono che un eventuale ritardo nella concessione ai richiedenti di tali risarcimenti non rompe il giusto equilibrio da predisporre nello specifico.
18. I richiedenti sostengono che si tratta della vendita da parte delle autorità, secondo loro illegale, delle azioni di una società che deteneva dei beni statalizzati, che i terreni controversi rappresentano solamente una parte dei beni espropriati alla loro famiglia, e che l’ammodernamento delle costruzioni esistenti su questi terreni non potrebbe essere considerata come modifiche strutturali, ai sensi dell’articolo 18 della legge no 10/2001.
19. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59, e Porteanu c. Romania, no 4596/03,
§§ 32-35, 16 febbraio 2006). Trattandosi da prima della questione dell’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ha giudicato che la constatazione dei tribunali interni in quanto all’illegalità della statalizzazione o dell’espropriazione abbia per effetto di riconoscere, indirettamente e con effetto retroattivo, l’esistenza di un diritto di proprietà del richiedente in causa sul bene controverso. Peraltro, per ciò riguarda l’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata, la Corte ricorda di avere già respinto gli argomenti del Governo a questo titolo, considerando che il fatto che la suddetta constatazione dei tribunali non appariva nei dispositivi delle decisioni giudiziali, ma nei loro motivi, non saprebbe determinare un approccio differente sulla questione dell’esistenza di un “bene” (Reichardt, precitata, §§ 17-20, e Popescu e Dimeca, precitata, §§ 22-24).
20. Pertanto, avuto riguardo alla constatazione dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia nella sua sentenza del 15 settembre 2005 in quanto al fatto che i due terreni controversi erano stati espropriati dallo stato senza titolo valido, la Corte stima che, i richiedenti beneficiavano di un “valore patrimoniale” che dipende dall’articolo 1 del Protocollo no 1, ai sensi della giurisprudenza precitata (vedere, tra altre, Păduraru, precitata, §§ 81 e seguenti).
21. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento che possano condurre nel caso presente ad una conclusione differente da quella alla quale è arrivata nelle cause precitate. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia dell’esistenza del “bene” dell’altro, si analizza in una privazione del bene. La Corte reitera che tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59, e Reichardt, precitata, § 24). Il fatto che nello specifico l’immobile espropriato, i terreni e le costruzioni, sono stati modernizzati, addirittura trasformati, non potrebbe condurre nello specifico ad una conclusione differente,essendo questo aspetto in particolare pertinente allo sguardo dell’articolo 41 della Convenzione.
22. Peraltro, la Corte osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, di un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
23. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti private di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va verso il buonsenso (paragrafo 13 sopra).
24. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la mancanza totale di indennizzo per il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sui terreni controversi, ha fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
25. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo e conclude che c’è stata violazione del suddetto articolo.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
26. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
27. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto (attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005) così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03,
§§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
28. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
29. I richiedenti chiedono, a titolo del danno materiale che avrebbero subito, la restituzione dei due terreni controversi con le costruzioni afferenti che esistevano fin dall’epoca dell’espropriazione secondo loro. Rinviando ad una lettera sottoposta alla Corte da L.C che adduce essere, congiuntamente ai richiedenti, il terzo erede da potere rivendicare il “bene” essendo oggetto della presente richiesta, ma che non ha desiderato intervenire nel procedimento, i richiedenti chiedono in sostanza, in mancanza di tale restituzione, il valore commerciale dell’immobile espropriato alla loro famiglia. Secondo loro, i terreni espropriati nel 1947 ammonterebbero ad una superficie di almeno 16 000 m2, così che l’immobile nel suo insieme avrebbe un valore commerciale compreso tra uno e due milioni di euro (EUR). I richiedenti contestano la perizia sottoposta dal Governo e si rimettono alla saggezza della Corte per la concessione di un importo a titolo del danno morale che avrebbero subito.
30. Il Governo contesta queste richieste. Rilevando che solamente un “padiglione amministrativo” ed una vecchia stalla sono delle costruzioni che figuravano all’epoca dell’espropriazione sui terreni che sono oggetto della presente richiesta, il Governo sottopone un rapporto di perizia datato maggio 2007 e fondato in particolare sulla perizia giudiziale del 2002 dei terreni controversi (paragrafo 9 sopra) i cui valori sono stati attualizzati. Secondo il rapporto precitato, il valore dell’immobile, dei due terreni e delle costruzioni afferenti, che sono oggetto della presente richiesta, sarebbe di 150 907 EUR. Il rapporto menziona che i due richiedenti sarebbero gli eredi dell’immobile oggetto della presente richiesta.
31. La Corte ricorda di avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, in ragione della privazione dei richiedenti, senza restituzione o indennizzo, dei due terreni che ammontano a 8 523 m² con le costruzioni afferenti. Nella misura in cui, da una parte, le parti hanno delle posizioni divergenti in quanto a sapere se le costruzioni in causa sono state ingrandite e modificate in modo molto significativo e, dall’altra parte, gli elementi di cui dispone non le permettono di decidere questa questione, la Corte stima che, nelle circostanze particolari dello specifico, conviene ovviare alle conseguenze della violazione precitata con la concessione ai richiedenti, a titolo del danno materiale, di una somma corrispondente al valore del bene di cui sono stati privati.
32. Trattandosi del calcolo dell’importo corrispondente al valore del bene, la Corte nota che solo il Governo ha sottoposto un rapporto di perizia a questo titolo. I richiedenti non hanno sottoposto tale perizia e la loro stima ha preso del resto anche in conto di altri beni da quelli che sono oggetto della presente richiesta. Tenuto conto delle informazione fornite dalle parti e deliberando in equità, la Corte stima che conviene assegnare congiuntamente ai richiedenti 151 000 EUR a titolo del danno materiale subito.
33. La Corte nota che L.C che non ha desiderato intervenire nel presente procedimento, sostiene di essere, congiuntamente ai richiedenti, erede legale del “bene” che è oggetto della presente richiesta. Tuttavia, visto che è in possesso di elementi insufficienti ed un po’ contraddittori a questo riguardo, in mancanza di presa di posizione chiara dei richiedenti, visto anche la perizia del Governo (paragrafo 30 in fine sopra) la Corte considera che conviene assegnare l’interezza della somma in causa agli interessati, avendo L.C. a sua disposizione, all’occorrenza, gli strumenti specifici del diritto comune per regolare ogni eventuale o potenziale disputa coi richiedenti.
34. Per ciò che concerne la richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato per loro dei dispiaceri e delle incertezze, e che la somma di 2 000 EUR rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito.
B. Oneri e spese
35. I richiedenti non chiedono nessuna somma per oneri e spese.
C. Interessi moratori
36. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione preliminare del Governo tratta dall’incompatibilità ratione materiae e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 151 000 EUR (cento cinquantuno mila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
b) che le suddette somme saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;

c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 2 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE CZARAN ET GROFCSIK c. ROUMANIE
(Requête no 11388/06)
ARRÊT
STRASBOURG
2 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Czaran et Grofcsik c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura-Sandström,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 12 mai 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 11388/06) dirigée contre la Roumanie et dont Mme M. C., ressortissante roumaine, et M. E. G., ressortissant hongrois (« les requérants »), ont saisi la Cour le 10 mars 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me G. D., avocat à Timişoara. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 10 novembre 2006, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
4. Le gouvernement hongrois, auquel une copie de la requête a été communiquée par la Cour en vertu de l’article 44 § 1 a) du règlement, n’a pas souhaité présenter son point de vue sur l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1918 et 1926 et résident à Dumbrăveni (Roumanie) et à Budapest (Hongrie).
6. En 1947, un terrain intra muros de 1 000 m2 et un terrain de 7 523 m2 avec des constructions afférentes (nos topographiques 28-30/1 et 28-32/2), sis à Fântanele et faisant partie du patrimoine de la famille des requérants, firent l’objet d’une expropriation par les autorités.
7. Par un contrat de vente d’actions du 15 novembre 2001, l’Agence du domaine de l’Etat (l’ADS) vendit à la société commerciale A. des actions représentant la majorité du capital social de la société agricole A.F. qui avait dans son patrimoine, entre autres, les terrains précités. L’acquéreur exonéra l’ADS de toute responsabilité en cas de restitution légale ou judiciaire des terrains faisant l’objet du contrat au « propriétaire en droit ».
8. Après avoir demandé à la société A.F., sans succès, la restitution des terrains précités en vertu de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’Etat (« la loi no 10/2001 »), étant renvoyés à s’adresser à l’ADS, les requérants saisirent le tribunal départemental d’Arad d’une action en annulation partielle du contrat de vente du 15 novembre 2001 et en restitution des terrains en cause. Ils dirigèrent cette action contre les sociétés A.F. et A. et contre l’ADS. Les requérants firent valoir que l’expropriation de 1947 avait été faite de manière abusive, sans titre valable, et qu’en connaissant cette situation au moment de la vente la société A. avait été de mauvaise foi.
9. Après avoir fait administrer une expertise, par un jugement du 10 mars 2003, le tribunal départemental rejeta l’action des requérants. Sur la base du rapport, le tribunal constata que, par rapport à la date de l’expropriation de 1947, l’immeuble revendiqué avait subi des transformations (agrandissement de sept fois et modernisation de la superficie construite), la valeur des constructions étant de ce fait quatre fois plus élevé qu’en 1947. Partant, les requérants ne pouvaient obtenir la restitution, mais seulement des dédommagements en vertu de la loi no 10/2001, demande dont ils n’avaient pas saisi le tribunal.
10. Par un arrêt définitif du 15 septembre 2005, la Haute Cour de cassation et de justice rejeta le recours formé par les requérants, qui soutenaient que l’expropriation avait été faite sans titre valable, que l’immeuble (terrains et constructions) n’avait pas été transformé de manière substantielle et que la vente de cet immeuble avait été contraire à l’article 20 (1) de la loi no 10/2001. La Haute Cour confirma que l’immeuble litigieux était entré dans le patrimoine de l’Etat sans titre valable, mais ajouta qu’en vertu de l’article 11 de la loi no 10/2001 la restitution n’était possible que si l’immeuble n’avait pas été vendu. Or, avant que les requérants ne notifient la société A.F., l’immeuble avait été vendu dans le respect des dispositions légales pertinentes et les intéressés n’avaient pas renversé la présomption de bonne foi des acquéreurs, nouveaux propriétaires de l’immeuble. Compte tenu du maintien du contrat de vente, il était inutile d’examiner les autres moyens de recours.
11. Il ressort des dires du Gouvernement, qu’en février 2007 la procédure administrative fondée sur la loi no 10/2001 engagée par les requérants au sujet des deux terrains susmentionnés était encore pendante.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
12. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’Etat entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII ; Străin et autres c. Roumanie, no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII ; Păduraru c. Roumanie, no 63252/00, §§ 38-53, CEDH 2005-XII (extraits) ; et Tudor c. Roumanie, no 29035/05, §§ 15–20, 17 janvier 2008.
13. Il ressort des observations du Gouvernement roumain que des mesures visant l’accélération de la procédure d’octroi des dédommagements à travers le fonds d’investissement « Proprietatea » ont été prises récemment par les autorités nationales en vertu notamment de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 81/2007.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
14. Les requérants allèguent que l’impossibilité de recouvrer la propriété des deux terrains en question, qui avaient été expropriés de manière abusive et, en 2001, vendus par l’Etat, a porté atteinte à leur droit au respect de leurs biens, tel que reconnu par l’article 1 du Protocole no 1 :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
15. Réitérant pour l’essentiel ses arguments présentés dans les affaires Reichardt c. Roumanie, no 6111/04, §§ 14-15, 13 novembre 2008 et Popescu et Dimeca c. Roumanie, no 17799/03, §§ 14-15, 9 décembre 2008), le Gouvernement soulève en substance une exception d’incompatibilité ratione materiae, estimant qu’en l’absence de reconnaissance de leur droit de propriété ou de constat, dans le dispositif d’une décision définitive, de l’illégalité de la nationalisation, les requérants ne disposaient pas d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1 s’agissant des deux terrains litigieux. Le Gouvernement soutient que les tribunaux internes ne se sont pas prononcés de manière définitive sur la légalité de l’expropriation, puisque les mentions de la Haute Cour à cet égard ne figurent que dans les considérants de son arrêt du 15 septembre 2005, ne jouissant pas du pouvoir de la chose jugée.
16. La Cour estime que l’exception d’incompatibilité ratione materiae est étroitement liée à la substance du grief que les requérants fondent sur l’article 1 du Protocole no 1, de sorte qu’il y a lieu de la joindre au fond. Par ailleurs, elle constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
17. Le Gouvernement réitère ses arguments présentés dans des affaires similaires antérieures. Il ajoute que les lois nos 10/2001 et 247/2005 prévoient le paiement d’une indemnité pour les immeubles transformés depuis leur nationalisation et soutient qu’un éventuel retard dans l’octroi aux requérants de tels dédommagements ne rompt pas le juste équilibre à ménager en l’espèce.
18. Les requérants soutiennent qu’il s’agit de la vente par les autorités, selon eux illégale, des actions d’une société qui détenait des biens nationalisés, que les terrains litigieux ne représentent qu’une partie des biens expropriés à leur famille, et que la modernisation des constructions existant sur ces terrains ne saurait être considérée comme des modifications structurales, au sens de l’article 18 de la loi no 10/2001.
19. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 1er du Protocole no 1 (voir les affaires citées ci-dessus, notamment Străin, précité, §§ 39, 43 et 59, et Porteanu c. Roumanie, no 4596/03,
§§ 32-35, 16 février 2006). S’agissant d’abord de la question de l’applicabilité de l’article 1 du Protocole no 1, elle a jugé que le constat des tribunaux internes quant à l’illégalité de la nationalisation ou de l’expropriation a pour effet de reconnaître, indirectement et avec effet rétroactif, l’existence d’un droit de propriété du requérant en cause sur le bien litigieux. Par ailleurs, pour ce qui est de l’exception d’incompatibilité ratione materiae soulevée, la Cour rappelle avoir déjà rejeté les arguments du Gouvernement à ce titre, considérant que le fait que le constat susmentionné des tribunaux n’apparaissait pas dans les dispositifs des décisions judiciaires, mais dans leurs motifs, ne saurait déterminer une approche différente sur la question de l’existence d’un « bien » (Reichardt, précité, §§ 17-20, et Popescu et Dimeca, précité, §§ 22-24).
20. Partant, eu égard au constat de la Haute Cour de cassation et de justice dans son arrêt du 15 septembre 2005 quant au fait que les deux terrains litigieux avaient été expropriés par l’Etat sans titre valable, la Cour estime que, les requérants bénéficiaient d’une « valeur patrimoniale » relevant de l’article 1 du Protocole no 1, au sens de la jurisprudence précitée (voir, entre autres, Păduraru, précité, §§ 81 et suivants).
21. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener dans le cas présent à une conclusion différente de celle à laquelle elle a abouti dans les affaires précitées. La Cour réaffirme notamment que, dans le contexte législatif roumain régissant les actions en revendication immobilières et la restitution des biens nationalisés par le régime communiste, la vente par l’Etat du bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation définitive en justice de l’existence du « bien » de l’autre, s’analyse en une privation de bien. La Cour réitère qu’une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Străin, précité, §§ 39, 43 et 59, et Reichardt, précité, § 24). Le fait qu’en l’espèce l’immeuble exproprié (terrains et constructions) a été modernisé, voire transformé, ne saurait mener en l’espèce à une conclusion différente, cet aspect étant pertinent notamment au regard de l’article 41 de la Convention.
22. Par ailleurs, la Cour observe qu’à ce jour, le Gouvernement n’a pas démontré que le système d’indemnisation mis en place par la loi no 247/2005 permettrait aux bénéficiaires de cette loi de toucher, selon une procédure et un calendrier prévisible, une indemnité en rapport avec la valeur vénale des biens dont ils ont été privés.
23. Cette conclusion ne préjuge pas toute évolution positive que pourraient connaître à l’avenir les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme les requérants, se sont vu privées d’un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1. A cet égard, la Cour prend note avec satisfaction de l’évolution récente qui semble s’amorcer en pratique et qui va dans le bon sens en la matière (paragraphe 13 ci-dessus).
24. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, l’absence totale d’indemnisation pour la mise en échec du droit de propriété des requérants sur les terrains litigieux, leur ont fait subir une charge disproportionnée et excessive, incompatible avec le droit au respect de leurs biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
25. Partant, la Cour rejette l’exception du Gouvernement et conclut qu’il y a eu violation de l’article susmentionné.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
26. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
27. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’Etat à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’Etat doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation (actuellement les lois nos 10/2001 et 247/2005) de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir les arrêts Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 83, 9 décembre 2008 ; Katz c. Roumanie, no 29739/03,
§§ 30-37, 20 janvier 2009, et Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 48-54, 13 janvier 2009).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
28. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
29. Les requérants demandent, au titre du dommage matériel qu’ils auraient subi, la restitution des deux terrains litigieux avec les constructions afférentes, qui selon eux existaient dès l’époque de l’expropriation. Renvoyant à une lettre soumise à la Cour par L.C., qui allègue être, conjointement avec les requérants, le troisième héritier à pouvoir revendiquer le « bien » faisant l’objet de la présente requête, mais qui n’a pas souhaité intervenir dans la procédure, les requérants demandent en substance, à défaut d’une telle restitution, la valeur marchande de l’immeuble exproprié à leur famille. Selon eux, les terrains expropriés en 1947 totaliseraient une superficie d’au moins 16 000 m2, de sorte que l’immeuble dans son ensemble aurait une valeur marchande comprise entre un et deux millions d’euros (EUR). Les requérants contestent l’expertise soumise par le Gouvernement et se remettent à la sagesse de la Cour pour l’octroi d’un montant au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi.
30. Le Gouvernement conteste ces demandes. Relevant que seulement un « pavillon administratif » et une ancienne étable sont des constructions qui figuraient à l’époque de l’expropriation sur les terrains faisant l’objet de la présente requête, le Gouvernement soumet un rapport d’expertise datant de mai 2007 et fondé notamment sur l’expertise judiciaire de 2002 des terrains litigieux (paragraphe 9 ci-dessus), dont les valeurs ont été actualisées. Selon le rapport précité, la valeur de l’immeuble (deux terrains et constructions afférentes) faisant l’objet de la présente requête, serait de 150 907 EUR. Le rapport mentionne que les deux requérants seraient les héritiers de l’immeuble faisant l’objet de la présente requête.
31. La Cour rappelle avoir conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1, en raison de la privation des requérants, sans restitution ou indemnisation, des deux terrains totalisant 8 523 m² avec les constructions afférentes. Dans la mesure où, d’une part, les parties ont des positions divergentes quant à savoir si les constructions en cause ont été agrandies et modifiées de manière très significative et, d’autre part, les éléments dont elle dispose ne lui permettent pas de trancher cette question, la Cour estime que, dans les circonstances particulières de l’espèce, il convient de remédier aux conséquences de la violation précitée par l’octroi aux requérants, au titre du préjudice matériel, d’une somme correspondant à la valeur du bien dont ils ont été privés.
32. S’agissant du calcul du montant correspondant à la valeur du bien, la Cour note que seul le Gouvernement a soumis un rapport d’expertise à ce titre. Les requérants n’ont pas soumis une telle expertise et leur estimation a d’ailleurs pris en compte aussi d’autres biens que celui faisant l’objet de la présente requête. Compte tenu des informations fournies par les parties et statuant en équité, la Cour estime qu’ils convient d’allouer conjointement aux requérants 151 000 EUR au titre du préjudice matériel subi.
33. La Cour note que L.C., qui n’a pas souhaité intervenir dans la présente procédure, soutient être, conjointement avec les requérants, héritier légal du « bien » faisant l’objet de la présente requête. Toutefois, vu qu’elle est en possession d’éléments insuffisants et quelque peu contradictoires à cet égard (absence de prise de position claire des requérants, vu aussi l’expertise du Gouvernement, paragraphe 30 in fine ci-dessus), la Cour considère qu’il convient d’allouer l’intégralité de la somme en cause aux intéressés, L.C. ayant à sa disposition, le cas échéant, les instruments spécifiques du droit commun pour régler tout différend éventuel ou potentiel avec les requérants.
34. Concernant la demande des requérants au titre du dommage moral, la Cour considère que les événements en cause ont entraîné pour eux des désagréments et des incertitudes, et que la somme de 2 000 EUR représente une réparation équitable du préjudice moral subi.
B. Frais et dépens
35. Les requérants ne demandent aucune somme pour frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
36. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond l’exception préliminaire du Gouvernement tirée de l’incompatibilité ratione materiae et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable pour le surplus ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 151 000 EUR (cent cinquante et un mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour préjudice matériel ;
ii. 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour préjudice moral ;
b) que les sommes susmentionnées seront à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement ;

c) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 2 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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