TERZA SEZIONE
CAUSA CZARAN E GROFCSIK C. ROMANIA
( Richiesta no 11388/06)
SENTENZA
STRASBURGO
2 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Czaran e Grofcsik c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 12 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 11388/06) diretta contro la Romania e in cui la Sig.ra M C, cittadina rumena, ed il Sig. E. G., cittadino ungherese (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 10 marzo 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da G. D., avvocato a Timişoara. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 10 novembre 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
4. Il governo ungherese al quale una copia della richiesta è stata comunicata dalla Corte in virtù dell’articolo 44 § 1 ha, dell’ordinamento, non ha desiderato presentare il suo punto di vista sulla causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1918 e nel 1926 e risiedono a Dumbrăveni (Romania) ed a Budapest (Ungheria).
6. Nel 1947, un terreno intra muros di 1 000 m2 ed un terreno di 7 523 m2 con le costruzioni afferenti (numeri topografici 28-30/1 e 28-32/2) ubicati a Fântanele e facenti parte del patrimonio della famiglia dei richiedenti, furono oggetto di un’espropriazione da parte delle autorità.
7. Con un contratto di vendita di azioni del 15 novembre 2001, l’agenzia del demanio dello stato (l’ADS) vendette alla società commerciale A. delle azioni che rappresentavano la maggioranza del capitale sociale della società agricola A.F. che aveva nel suo patrimonio, tra l’altro, i terreni precitati. L’acquirente esonerò l’ADS da ogni responsabilità in caso di restituzione legale o giudiziale dei terreni che erano oggetto del contratto al “proprietario in diritto.”
8. Dopo avere chiesto alla società A.F, senza successo, la restituzione dei terreni precitati in virtù della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato (“la legge no 10/2001”), essendo stati rinviati a rivolgersi all’ADS, i richiedenti investirono il tribunale dipartimentale di Arad di un’azione per annullamento parziale del contratto di vendita del 15 novembre 2001 e per restituzione dei terreni in causa. Diressero questa azione contro le società A.F. ed A. e contro l’ADS. I richiedenti fecero valere che l’espropriazione del 1947 era stata fatta in modo abusivo, senza titolo valido, e che conoscendo questa situazione al momento della vendita la società A. era stata in malafede.
9. Dopo avere fatto amministrare una perizia, con un giudizio del 10 marzo 2003, il tribunale dipartimentale respinse l’azione dei richiedenti. Sulla base del rapporto, il tribunale constatò che, rispetto alla data dell’espropriazione del 1947, l’immobile rivendicato aveva subito delle trasformazioni (ingrandimento pari a sette volte ed ammodernamento della superficie costruita), essendo diventato il valore delle costruzioni per questo fatto quattro volte più elevato che nel 1947. Pertanto, i richiedenti non potevano ottenere la restituzione, ma solamente dei risarcimenti in virtù della legge no 10/2001, istanza di cui non avevano investito il tribunale.
10. Con una sentenza definitiva del 15 settembre 2005, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia respinse il ricorso formato dai richiedenti che sostenevano che l’espropriazione era stata fatta senza titolo valido, che l’immobile, i terreni e le costruzioni, non erano state trasformate in modo sostanziale e che la vendita di questo immobile era stata contraria all’articolo 20 (1) della legge no 10/2001. L’Alta Corte confermò che l’immobile nel contenzioso era entrato nel patrimonio dello stato senza titolo valido, ma aggiunse che in virtù dell’articolo 11 della legge no 10/2001 la restituzione era possibile solamente se l’immobile non era stato venduto. Ora, prima che i richiedenti notificarono la società A.F, l’immobile era stato venduto nel rispetto delle disposizioni legali pertinenti e gli interessati non avevano contestato la presunzione di buona fede degli acquirenti, nuovi proprietari dell’immobile. Tenuto conto del mantenimento del contratto di vendita, era inutile esaminare gli altri mezzi di ricorso.
11. Risulta dagli argomenti del Governo che nel febbraio 2007 il procedimento amministrativo fondato sulla legge no 10/2001 impegnato dai richiedenti a proposito dei due suddetti terreni era ancora pendente.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Le disposizioni legali, ivi compreso quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania [GC] (no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII); Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII); Păduraru c. Romania (no 63252/00, §§ 38-53, CEDH 2005-XII (brani)); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 17 gennaio 2008).
13. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno che le misure che prevedevano l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso i fondi di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
14. I richiedenti adducono che l’impossibilità di ricuperare la proprietà dei due terreni in questione che erano stati espropriati in modo abusivo e, nel 2001, venduti dallo stato, ha recato offesa al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
15. Reiterando per l’essenziale i suoi argomenti presentati nelle cause Reichardt c. Romania (no 6111/04, §§ 14-15, 13 novembre 2008) e Popescu e Dimeca c. Romania (no 17799/03, §§ 14-15, 9 dicembre 2008) il Governo solleva in sostanza un’eccezione di incompatibilità ratione materiae, stimando che in mancanza di riconoscenza del loro diritto di proprietà o di constatazione, nel dispositivo di una decisione definitiva, dell’illegalità della statalizzazione, i richiedenti non disponevano di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 trattandosi dei due terreni controversi. Il Governo sostiene che i tribunali interni non si sono pronunciati in modo definitivo sulla legalità dell’espropriazione, poiché le menzioni dell’Alta Corte figurano a questo riguardo solamente nelle considerazioni della sua sentenza del 15 settembre 2005, non godendo del potere di cosa giudicata.
16. La Corte stima che l’eccezione di incompatibilità ratione materiae è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che i richiedenti fondano sull’articolo 1 del Protocollo no 1, così che c’è luogo di unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
17. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati in cause simili anteriori. Aggiunge che le leggi numeri 10/2001 e 247/2005 contemplano il pagamento di un’indennità per gli immobili trasformati dalla loro statalizzazione e sostengono che un eventuale ritardo nella concessione ai richiedenti di tali risarcimenti non rompe il giusto equilibrio da predisporre nello specifico.
18. I richiedenti sostengono che si tratta della vendita da parte delle autorità, secondo loro illegale, delle azioni di una società che deteneva dei beni statalizzati, che i terreni controversi rappresentano solamente una parte dei beni espropriati alla loro famiglia, e che l’ammodernamento delle costruzioni esistenti su questi terreni non potrebbe essere considerata come modifiche strutturali, ai sensi dell’articolo 18 della legge no 10/2001.
19. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59, e Porteanu c. Romania, no 4596/03,
§§ 32-35, 16 febbraio 2006). Trattandosi da prima della questione dell’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ha giudicato che la constatazione dei tribunali interni in quanto all’illegalità della statalizzazione o dell’espropriazione abbia per effetto di riconoscere, indirettamente e con effetto retroattivo, l’esistenza di un diritto di proprietà del richiedente in causa sul bene controverso. Peraltro, per ciò riguarda l’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata, la Corte ricorda di avere già respinto gli argomenti del Governo a questo titolo, considerando che il fatto che la suddetta constatazione dei tribunali non appariva nei dispositivi delle decisioni giudiziali, ma nei loro motivi, non saprebbe determinare un approccio differente sulla questione dell’esistenza di un “bene” (Reichardt, precitata, §§ 17-20, e Popescu e Dimeca, precitata, §§ 22-24).
20. Pertanto, avuto riguardo alla constatazione dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia nella sua sentenza del 15 settembre 2005 in quanto al fatto che i due terreni controversi erano stati espropriati dallo stato senza titolo valido, la Corte stima che, i richiedenti beneficiavano di un “valore patrimoniale” che dipende dall’articolo 1 del Protocollo no 1, ai sensi della giurisprudenza precitata (vedere, tra altre, Păduraru, precitata, §§ 81 e seguenti).
21. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento che possano condurre nel caso presente ad una conclusione differente da quella alla quale è arrivata nelle cause precitate. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia dell’esistenza del “bene” dell’altro, si analizza in una privazione del bene. La Corte reitera che tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59, e Reichardt, precitata, § 24). Il fatto che nello specifico l’immobile espropriato, i terreni e le costruzioni, sono stati modernizzati, addirittura trasformati, non potrebbe condurre nello specifico ad una conclusione differente,essendo questo aspetto in particolare pertinente allo sguardo dell’articolo 41 della Convenzione.
22. Peraltro, la Corte osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, di un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
23. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti private di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va verso il buonsenso (paragrafo 13 sopra).
24. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la mancanza totale di indennizzo per il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sui terreni controversi, ha fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
25. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo e conclude che c’è stata violazione del suddetto articolo.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
26. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
27. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto (attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005) così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03,
§§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
28. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
29. I richiedenti chiedono, a titolo del danno materiale che avrebbero subito, la restituzione dei due terreni controversi con le costruzioni afferenti che esistevano fin dall’epoca dell’espropriazione secondo loro. Rinviando ad una lettera sottoposta alla Corte da L.C che adduce essere, congiuntamente ai richiedenti, il terzo erede da potere rivendicare il “bene” essendo oggetto della presente richiesta, ma che non ha desiderato intervenire nel procedimento, i richiedenti chiedono in sostanza, in mancanza di tale restituzione, il valore commerciale dell’immobile espropriato alla loro famiglia. Secondo loro, i terreni espropriati nel 1947 ammonterebbero ad una superficie di almeno 16 000 m2, così che l’immobile nel suo insieme avrebbe un valore commerciale compreso tra uno e due milioni di euro (EUR). I richiedenti contestano la perizia sottoposta dal Governo e si rimettono alla saggezza della Corte per la concessione di un importo a titolo del danno morale che avrebbero subito.
30. Il Governo contesta queste richieste. Rilevando che solamente un “padiglione amministrativo” ed una vecchia stalla sono delle costruzioni che figuravano all’epoca dell’espropriazione sui terreni che sono oggetto della presente richiesta, il Governo sottopone un rapporto di perizia datato maggio 2007 e fondato in particolare sulla perizia giudiziale del 2002 dei terreni controversi (paragrafo 9 sopra) i cui valori sono stati attualizzati. Secondo il rapporto precitato, il valore dell’immobile, dei due terreni e delle costruzioni afferenti, che sono oggetto della presente richiesta, sarebbe di 150 907 EUR. Il rapporto menziona che i due richiedenti sarebbero gli eredi dell’immobile oggetto della presente richiesta.
31. La Corte ricorda di avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, in ragione della privazione dei richiedenti, senza restituzione o indennizzo, dei due terreni che ammontano a 8 523 m² con le costruzioni afferenti. Nella misura in cui, da una parte, le parti hanno delle posizioni divergenti in quanto a sapere se le costruzioni in causa sono state ingrandite e modificate in modo molto significativo e, dall’altra parte, gli elementi di cui dispone non le permettono di decidere questa questione, la Corte stima che, nelle circostanze particolari dello specifico, conviene ovviare alle conseguenze della violazione precitata con la concessione ai richiedenti, a titolo del danno materiale, di una somma corrispondente al valore del bene di cui sono stati privati.
32. Trattandosi del calcolo dell’importo corrispondente al valore del bene, la Corte nota che solo il Governo ha sottoposto un rapporto di perizia a questo titolo. I richiedenti non hanno sottoposto tale perizia e la loro stima ha preso del resto anche in conto di altri beni da quelli che sono oggetto della presente richiesta. Tenuto conto delle informazione fornite dalle parti e deliberando in equità, la Corte stima che conviene assegnare congiuntamente ai richiedenti 151 000 EUR a titolo del danno materiale subito.
33. La Corte nota che L.C che non ha desiderato intervenire nel presente procedimento, sostiene di essere, congiuntamente ai richiedenti, erede legale del “bene” che è oggetto della presente richiesta. Tuttavia, visto che è in possesso di elementi insufficienti ed un po’ contraddittori a questo riguardo, in mancanza di presa di posizione chiara dei richiedenti, visto anche la perizia del Governo (paragrafo 30 in fine sopra) la Corte considera che conviene assegnare l’interezza della somma in causa agli interessati, avendo L.C. a sua disposizione, all’occorrenza, gli strumenti specifici del diritto comune per regolare ogni eventuale o potenziale disputa coi richiedenti.
34. Per ciò che concerne la richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato per loro dei dispiaceri e delle incertezze, e che la somma di 2 000 EUR rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito.
B. Oneri e spese
35. I richiedenti non chiedono nessuna somma per oneri e spese.
C. Interessi moratori
36. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione preliminare del Governo tratta dall’incompatibilità ratione materiae e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 151 000 EUR (cento cinquantuno mila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
b) che le suddette somme saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 2 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente