TERZA SEZIONE
CAUSA CRISTIAN E MIHAIL DUMITRESCU C. ROMANIA
( Richiesta no 29231/06)
SENTENZA
STRASBURGO
1 dicembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Cristian e Mihail Dumitrescu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 29231/06) diretta contro la Romania e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. C. D. e M. D. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 17 luglio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da I. I., avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano in particolare un attentato al loro diritto al rispetto del loro bene in ragione della vendita di un bene immobiliare e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare la vendita riguardante questo bene.
4. Il 5 maggio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono rispettivamente due fratelli nati nel 1954 e 1952 e che risiedono a Bucarest.
6. La madre dei richiedenti era la proprietaria di un bene immobiliare composto da una casa di 193,04 m2 e da un terreno afferente di 380,52 m2 situati a Bucarest, al no 32 di viale Floreasca.
7. Nel 1950, lo stato prese possesso di questo bene in virtù del decreto di statalizzazione no 92/1950.
8. Il 3 dicembre 1996, l’impresa H., gerente dei beni appartenenti allo stato, vendette la casa e 186,74 m2 del terreno controverso ai coniugi B. che l’abitavano in quanto inquilini.
9. Il 7 luglio 2003, la madre dei richiedenti formò un’azione per rivendicazione del bene immobiliare e per annullamento del contratto di vendita contro la municipalità di Bucarest ed i vecchi inquilini, facendo valere che la statalizzazione era stata illegale e che le parti ai contratti erano in malafede. Il 21 ottobre 2003, la madre dei richiedenti decedette ed i richiedenti furono riconosciuti come i suoi soli eredi. Con una sentenza definitiva del 7 aprile 2006, la corte di appello di Bucarest constatò il carattere abusivo della statalizzazione e, perciò, il diritto di proprietà dei richiedenti, e giudicò tuttavia che gli acquirenti avevano acquisito l’immobile in buona fede e che, quindi, erano in diritto di conservarla.
10. Il 12 novembre 2001, la madre dei richiedenti aveva indirizzato alla municipalità di Bucarest una notifica per vedersi restituire il bene immobiliare controverso in virtù della legge no 10/2001. Finora, le autorità non hanno dato seguito a questa notifica.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue modifiche susseguenti, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumãrescu c. Romania [GC] (no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII), Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005), e Tudor c. Romania, (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007).
12. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno che le misure che prevedono l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
13. I richiedenti adducono un attentato al diritto al rispetto del loro bene in ragione della sua vendita e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare questa vendita, sebbene abbiano riconosciuto il carattere illegale della statalizzazione. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
14. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
15. Il Governo reitera gli argomenti presentati in precedenti cause simili (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
16. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause citate qui sopra) ¬ in particolare Străin precitata (§§ 39, 43 e 59) e Porteanu c. Romania,( no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
17. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’interessato, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
18. Per quanto il Governo fa valere che è lecito ai richiedenti ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza il valore del bene stabilito da perizia, la Corte reitera la sua precedente constatazione secondo cui il fondo Proprietatea non funziona attualmente in modo suscettibile da essere considerato come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Petrini c. Romania, no 3320/05, § 34, 24 febbraio 2009).
19. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari da una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va in materia nel buonsenso (paragrafo 12 sopra).
20. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, ha fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto del loro bene garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE RELATIVA ALL’INIQUITÀ DEL PROCEDIMENTO
21. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano dell’iniquità del procedimento, in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento per annullamento del contratto di vendita. Le disposizioni pertinenti dell’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulate così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
22. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano ai paragrafi 16-19 qui sopra¬ , la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie A no 194-C, Chiesa cattolica de la Canée c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 3 marzo 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
23. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
24. La conclusione della violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere i sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008, Katz c,. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
25. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
26. I richiedenti chiedono, a titolo del danno patrimoniale che avrebbero subito, la restituzione del bene immobiliare. A difetto di tale restituzione, richiedono 1 544 160 euro (EUR), rappresentanti il suo valore commerciale reale. Sottopongono alla Corte una perizia dell’immobile stabilita il 6 dicembre 2008, così come parecchi annunci immobiliari. A titolo di mancanza al guadagno, i richiedenti chiedono, con una lettera versata alla pratica fuori termine, 248 000 EUR. Sollecitano anche 20 000 EUR a titolo di danno morale.
27. Il Governo considera che il bene dei richiedenti è il bene venduto dallo stato nel 1996, ossia, la casa e 186,74 m2 del terreno controverso. Stima il valore commerciale di questo bene a 315 813 EUR, ossia 120 203 EUR il valore della casa e 195 610 EUR il valore del terreno e fornisce il parere di un perito, stabilito nel febbraio 2009. In quanto al danno morale addotto, il Governo fa valere che non c’è legame di causalità tra la somma chiesta a questo titolo e la presunta violazione della Convenzione. Stima che questa somma è, ad ogni modo, eccessiva allo sguardo della giurisprudenza in materi della Corte a.
28. La Corte osserva, come ha constatato la corte di appello con la sua sentenza definitiva del 7 aprile 2006, che il bene dei richiedenti era stato nazionalizzato abusivamente e che è composto da una casa di 193,04 m2 e da un terreno afferenti di 380,52 m2.
29. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione della vendita da parte dello stato del bene dei richiedenti a terzi, combinata con la mancanza totale di indennizzo.
30. Stima che, nelle circostanze dello specifico, la restituzione del bene immobiliare porrebbe per quanto possibile i richiedenti in una situazione che equivarrebbe a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero stati ignorati.
31. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare congiuntamente ai richiedenti, per danno patrimoniale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
32. Nello specifico, trattandosi di determinare l’importo del danno patrimoniale, tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dalle parti, la Corte, stima il valore del bene a 460 000 EUR.
33. Concernente le somme chieste a titolo degli affitti no percepiti e supponendo che i richiedenti avrebbero fatto questa domanda nel termine assegnato, la Corte non potrebbe speculare sulla possibilità ed il rendimento di una locazione dell’immobile in questione (Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005).
34. Concernente la richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato per essi dei dispiaceri e delle incertezze per cui la somma di 2 000 EUR rappresenta un risarcimento equo.
B. Oneri e spese
35. I richiedenti chiedono la somma di 2 000 EUR e versano alla pratica il giustificativo rappresentante gli oneri impegnati per la perizia tecnica del bene immobiliare, ossia 574 EUR.
36. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri purché siano reali, giustificati, necessari e ragionevoli. Fa osservare che i richiedenti non hanno versato alla pratica il contratto che giustifica la parcella della perizia tecnica e che non hanno giustificato degli altri oneri e delle spese.
37. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e delle sue spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto del fatto che la Corte ha concluso ha una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, stima ragionevole la somma di 570 EUR, ogni onere compreso, e l’accorda ai richiedenti.
C. Interessi moratori
38. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente l’ammissibilità ed ben fondato ¬ del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire congiuntamente ai richiedenti il bene immobiliare composto di una casa di 193,04 m2 e di un terreno ivi afferente di 380,52 m2 situati a Bucarest, al no 32 di viale Floreasca, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine di tre mesi, 460 000 EUR (quattro cento sessantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, le seguenti somme:
i, 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 570 EUR (cinque cento settanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per ogni onere compreso;
d) che le somme menzionate ai punti ) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 dicembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente