A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE COSTA ET PAVAN c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 08
Numero: 54270/10/2012
Stato: Italia
Data: 2012-08-28 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Parzialmente inammissibile
Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita familiare Rispetto della vita privata,
Danno morale – risarcimento

SECONDA SEZIONE

CAUSA COSTA E PAVAN C. ITALIA

( Richiesta no 54270/10)

SENTENZA

STRASBURGO

28 agosto 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Costa e Pavan c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
Danutė Jočienė,
Işıl Karakaş, giudici suppléantes,et
di Francesca Elens-Passos, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 luglio 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 54270/10) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 20 settembre 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocati a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, così come col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Portatori sani del mucoviscidosi, i richiedenti si lamentano di non potere aderire alla diagnosi genetico pre-impianto in vista di selezionare un embrione che non sia leso da questa patologia ed adducono che questa tecnica sia accessibile alle categorie di persone di cui non fanno parte. Invocano a questo titolo gli articoli 8 e 14 della Convenzione.
4. Su richiesta dei richiedenti, il 4 maggio 2011, la presidentessa ha deciso di trattare la richiesta da precedenza (articolo 41 dell’ordinamento).
5. Il 7 giugno 2011, questa richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
6. In applicazione dell’articolo 44 § 3 dell’ordinamento, il 31 agosto e 7 novembre 2011, la presidentessa ha fatto rispettivamente diritto a due domande di terza intervento. La prima è stata presentata dal Sig. Grégor Puppinck al nome del Centro europeo per la Giustizia ed i Diritti dell’uomo (ECLJ), dell’associazione “Movimento per la vita” e di cinquantadue parlamentari italiane (qui di seguito, “primo terzo che interviene”) e, la seconda, è stata introdotta da Me Filomena Gallo al nome degli associazioni “Luca Coscioni”, “Amica Cicogna Onlus”, “Cerco un bimbo”, “L’altra cicogna” e di sessanta parlamentari italiane ed europee (qui di seguito, “secondo terzo che interviene”). I terzo intervenienti hanno presentato rispettivamente le loro osservazioni il 22 settembre e 28 novembre 2011.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
7. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1977 e 1975 e risiedono a Roma.
8. In seguito alla nascita di loro figlia, nata nel 2006, i richiedenti appresero che erano portatori sani del mucoviscidosi. La bambina era stata colpita da questa patologia.
9. Nel corso del mese di febbraio 2010, avendo iniziato una seconda gravidanza, i richiedenti, desiderosi di procreare un bambino che non fosse colpito dalla malattia di cui erano portatori, effettuarono una diagnosi prenatale che indicò che il feto era leso dalla mucoviscidosi. Decisero di effettuare un’interruzione medica di gravidanza dunque (qui di seguito, “I.M.G. “).
10. I richiedenti desidererebbero aderire alle tecniche della procreazione da un punto di vista medico assistita ora (qui di seguito, “P.M.A. “) ed ad una diagnosi genetico pre-impianto (qui di seguito, “D.P.I. “) prima che la richiedente inizi una nuova gravidanza. Tuttavia, ai termini della legge no 40 del 19 febbraio 2004, le tecniche di P.M.A. sono accessibili solamente alle coppie sterili. Il D.P.I. è vietato ad ogni categoria di persone.
11. Con un decreto dell’ 11 aprile 2008, il ministero della Salute ha esteso l’accesso al P.M.A. alle coppie in cui l’uomo è leso sessualmente da malattie virali trasmissibili, come il virus del H.I.V., dell’epatite B. e C., allo scopo di permettere loro di procreare dei bambini senza il rischio di trasmettere la malattia virale al moglie e/o al feto che deriva dalla procreazione per vie naturali.
12. Secondo le informazione fornite dal Governo ed il primo terzo intervenuto, questa operazione si effettua attraverso il “lavaggio dellp sperma” ad un stadio che precede quello della creazione dell’embrione in vitro.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
1. Legge no 40 del 19 febbraio 2004 (“Norme sulla procreazione da un punto di vista medico assistita”)
Articolo 4 § 1 Accesso
alle tecniche
“L’accesso alle tecniche della procreazione da un punto di vista medico assistita è autorizzato unicamente quando l’impossibilità di eliminare diversamente le cause che impediscono la procreazione è provata e, comunque, [suddetto accesso] è limitato ai casi di sterilità o di infertilità inspiegabili, certificati da un atto medico così come al caso di sterilità o di infertilità [derivante] da una causa verificata e certificata da un atto medico. […]”
Articolo 5 § 1 Condizioni
soggettive
“[…] Le coppie avendo raggiunto la maggioranza, composti di due persone di sesso differente, sposato o vivente in coppia, in età potenzialmente fertile ed in vita possono aderire alle tecniche di procreazione da un punto di vista medico assistita. “
Articolo 14 § 5 Limiti
all’applicazione di tecniche sugli embrioni
“Gli individui che assolvono le condizioni previste dall’articolo 5 sono informati sul numero e, alla loro domanda, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e destinati ad essere trasferiti nell’utero. “
2. Decreto del ministero della Salute no 15165 del 21 luglio 2004
Misure di tutela dell’embrione
“[…] Ogni esame concernente lo stato di salute degli embrioni creato in vitro, al senso dell’articolo 14, capoverso 5 [della legge no 40 del 2004], è finalizzato unicamente all’osservazione di questi (“dovrà essere di tipo osservazionale”). […]”
3. Decreto del ministero della Salute no 31639 del 11 aprile 2008
13. In questo decreto, il riferimento alle finalità “di osservazione” menzionata nel decreto del ministero della Salute no 15165 del 21 luglio 2004 è stato eliminato.
14. Inoltre, la parte di questo decreto concernente l’autenticazione dell’infertilità o della sterilità contempla che, alle fini dell’accesso alle tecniche del P.M.A, questa deve essere effettuato:
“[…] tenendo anche conto di condizioni particolari in presenza dalle quali- quando l’uomo è sessualmente portatore di malattie virali trasmissibili con infezione di H.I.V, dell’epatite B e C-il rischio alzato di infezione per la madre o di fatto, in termini obiettivi, costituisco per il feto un ostacolo alla procreazione, imponente di precauzioni che si tradursi necessariamente in una condizione di infecondità assimilabile ai casi di infertilité maschile severo che deriva di una causa verificata e certificata da un atto medico, come quella stabilito dall’articolo 4 capoverso 1 della legge no 40 del 2004.”
4. Il giudizio del tribunale amministrativo regionale del Lazio no 398 del 21 gennaio 2008
15. Con questo giudizio, il tribunale annullò per eccesso di potere partirla dal decreto del ministero della Salute no 15165 del 21 luglio 2004 limitando ogni esame dello stato di salute degli embrioni creato in vitro alle sole fini di osservazione. Il tribunale considerò in particolare che la competenza di stabilire il campo di applicazione degli esami in questione poteva appartenere solamente al legislatore, e non al ministero, disponendo, questo ultimo, dei semplici poteri di esecuzione.
5. L’ordinanza del tribunale di Salerno no 12474/09, depositato il 13 gennaio 2010,
16. Con questa ordinanza, conclusione di un procedimento riferito ne, il giudice delegato del tribunale di Salerno autorizzò per la prima volta una coppia di genitori, non sterili e non sterili, portatori sani dell’atrofia muscolare, di aderire al D.P.I.
17. Il giudice ricordò in particolare le novità introdotte dal decreto del ministero della Salute no 31639 del 11 aprile 2008, a sapere lo fa che gli esami sullo stato di salute degli embrioni creato in vitro non erano limitati più alle sole fini di osservazione e che l’accesso alla procreazione assistita era autorizzato per le coppie di cui l’uomo era sessualmente portatore di malattie virali trasmissibili.
18. Stimò così come il D.P.I. poteva essere considerato solamente come essendo una delle tecniche di monitiraggio prenatale che mira a conoscere lo stato di salute dell’embrione. L’interdizione di accesso ad una tale pratica provocava dunque, nel caso dei richiedenti, la responsabilità medica del direttore sanitario del Centro del Médicine della Riproduzione, partire attrice nel procedimento, per inadempimento di una prestazione sanitaria.
19. Il giudice considerò anche che sarebbe stato irragionevole non garantire alla madre il diritto di conoscere lo stato di salute dell’embrione attraverso il D.P.I. mentre gli si riconosceva il diritto di abortire un feto malato.
20. Il giudice ordinò al direttore sanitario di eseguire un D.P.I dunque. sull’embrione in vitro dei richiedenti per verificare se questo ultimo fosse leso dall’atrofia muscolare.
III. IL DIRITTO EUROPEO PERTINENTE
1. La Convenzione del Consiglio dell’Europa sui Diritti dell’uomo ed il biomédecine (“Convenzione di Oviedo”) del 4 aprile 1997
21. Questa Convenzione è formulata così nelle sue parti pertinenti:
Articolo 12-Test genetici prédictifs
“Potuto stato proceduto ai test prédictifs di malattie genetiche o permettendo o di identificare il motivo come portatore di un gene responsabile di una malattia sia di scoprire una predisposizione o una suscettibilità genetica ad una malattia che alle fini mediche o di ricerca medica, e sotto riserva di un consiglio genetico appropriato. “
22. Il § 83 del Rapporto esplicativo alla Convenzione di Oviedo dispone così:
L’articolo 12, in sé, non provoca nessuna limitazione al diritto di procedere ai test diagnostici su un embrione per determinare se questo è portatore di caratteri ereditari che provocheranno una grave malattia nel bambino a nascere.
23. La Convenzione di Oviedo, firmata il 4 aprile 1997, non è stata ratificata dal governo italiano.
2. La direttiva 2004/23CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’unione europea del 31 marzo 2004
24. Questa direttiva ha stabilito un standard minimo di requisito e di sicurezza per il dono, l’ottenimento, il controllo, la trasformazione, lo stoccaggio e la distribuzione dei tessuti ed unità uomini, così previdente l’armonizzazione delle regolamentazioni nazionali in materia. Prevede anche gli embrioni che sono oggetto di trasferimenti nella cornice del D.P.I.
3. Il documento di base sul diagnosi pre-impianto e prenatale pubblicato dal Comitato direttivo per la bioetica (CDBI) del Consiglio dell’Europa il 22 novembre 2010, CDBI/INF (2010) 6,
25. Il CDBI ha elaborato questo rapporto nello scopo di fornire delle informazione sul diagnosi pre-impianto e prenatale e sulle questioni giuridiche ed etiche che l’utilizzazione di queste diagnosi solleva in differenti paesi europei. I brani pertinenti di questo documento sono formulati così:
[a) Contesto]
“La fecondazione in vitro è praticata dalla fine degli anni 70 per aiutare le coppie confrontate ai problemi di sterilità. I progressi della medicina della riproduzione offrono oggi dei nuovi mezzi di evitare le malattie genetiche, grazie al trasferimento selettivo degli embrioni. All’inizio degli anni 90, la diagnosi genetico pre-impianto (D.P.I) è stato introdotto in quanto procedimento sperimentale come alternativa possibile alla diagnosi genetica prenatale (D.P.N) per le coppie che rischiano di trasmettere un’anomalia genetica particolarmente grave, ed a risparmiare essi così una scelta difficile che riguarda un’interruzione di gravidanza. “
[b) Il ciclo di D.P.I]
“Un “ciclo di D.P.I. ” comprende il seguente tappe: la stimolazione ovarica, il prelevamento di ovocytes, la fecondazione in vitro di parecchie ovociti maturi, il prelevamento di 1 o 2 unità embrionali, l’analisi genetica dei materiali nucleari delle unità prelevate e, infine, la selezione ed il trasferimento di embrioni non portatori dell’anomalia genetica in questione. “
[c, Utilizzazione del D.P.I]
“Il ricorso al D.P.I. per le indicazioni mediche sono state chieste dalle coppie che presentavano un rischio alzato di trasmissione di una malattia genetica specifica di una particolare gravità ed incurabile al momento della diagnosi. Questo rischio era stato identificato spesso sulla base di antecedenti familiari o della nascita di un bambino raggiunge della malattia. Di numerosi indicazioni monogenico rispondono attualmente a questi criteri che giustificano una presa incaricata con D.P.I. siccome: il mucoviscidosi, la distrofia muscolare di Duchenne, le miotonie di Steinert, la malattia di Huntington, la miatrofia spinale infantile e l’emofilia. “
“Nei paesi dove il D.P.I. è praticato, è diventato un metodo clinico bene stabilito per analizzare le caratteristiche genetiche di embrioni derivati da fecondazione in vitro e per ottenere delle informazione che permettono di selezionare gli embrioni a trasferire. Il D.P.I. è chiesto principalmente dalle coppie, portatori di caratteri genetici suscettibili di provocare a casa i loro discendenti delle malattie gravi o dei decessi prematuri che desiderano evitare lo scoppio di una gravidanza che non potrebbe giungere a termine o porli dinnanzi alla scelta difficile di un’eventuale interruzione in caso di localizzazione di un problema genetico particolarmente grave. “
4. Il rapporto « Preimplantation Genetic Diagnosis in Europe » rédigé par le JRC (Joint Research Centre) della Commissione europea, pubblicato nel dicembre 2007, EUR 22764 Ne,
26. Risulta di questo rapporto che i richiedenti di D.P.I. cittadino di paese dove questa pratica è vietata si rendono all’esteri per effettuare la diagnosi in questione. I richiedenti italiani si dirigono per il più parte verso la Spagna, il Belgio, il Repubblica ceco e la Slovacchia.
27. Questo studio sottolinea anche l’incoerenza dei sistemi che vietano l’accesso al D.P.I. ed autorizzando l’accesso alla diagnosi prenatale ed all’aborto terapeutico per evitare delle patologie genetiche gravi nel bambino.
5. Rapporto consultivo concernente le malattie rare e l’emergenza di un’azione concertata, Parlamento europeo 23 aprile 2009,
28. Il comunicato stampa di questo rapporto si legge come segue nelle sue parti pertinenti:
“Un’azione concertata nella tenuta delle malattie rare al livello dell’UE ed al livello nazionale è una necessità assoluta, stimano i deputati. Sottolineano che la cornice legislativa reale dell’UE è adattata poco a queste malattie ed inoltre male definito. Sebbene le malattie rare contribuiscono molto alla morbosità ed alla mortalità, sono praticamente assenti dei sistemi di informazione di cure di salute, mancanza di sistemi appropriati di identificazione e di classificazione. […] Il Parlamento desidera incoraggiare in particolare gli sforzi acconsentii per prevenire le malattie rare che sono ereditari coi consigli genetici agli affini portatori della malattia; e, quando ciò si imporsi, “senza danno della legislazione nazionale esistente e sempre su una base volontaria, una selezione di embrioni sani prima dell’insediamento.” “
6. Elementi di diritto comparato
29. I documenti di cui la Corte dispone, a sapere, i rapporti del Consiglio dell’Europa e della Commissione europea in materia, paragrafi 25 a 27 sopra, mostrano che il D.P.I. è vietato, tutto almeno, per prevenire la trasmissione di malattie genetiche, nei seguenti paesi,: Austria, Italia e Svizzera.
30. In quanto a questo ultimo paese, la Corte nota che il 26 maggio 2010, il Consiglio federale ha sottoposto un progetto che mira a sostituire l’interdizione del D.P.I a consultazione, come attualmente prevista con la legge sul P.M.A, con un’ammissione regolamentata. Una modifica dell’articolo 119 della Costituzione federale sarà necessaria per realizzare questo cambiamento.
31. Risulta inoltre che il D.P.I. è autorizzato nei seguenti paesi: Germania, Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Georgia, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Regno Unito, Federazione di Russia, Serbia, Slovenia e Svezia.
32. Questa materia non è oggetto di un règlementation specifico nei seguenti paesi: Bulgaria, Cipro, Malta, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Polonia, Romania, Slovacchia, Turchia ed Ucraina. La Corte nota che tre di questi paesi (Cipro, Turchia e Slovacchia, autorizzano l’accesso al D.P.I. nei fatti.
33. Inoltre, la Corte rileva che, nel causa Roccia c. Roccia ed altri ([2009] IESC 82 (2009)), la Corte Suprema irlandese ha stabilito che la nozione di bambino a nascere (“unborn child”) non si applica agli embrioni ottenuti nella cornice di una fecondazione in vitro, questi ultimi che non beneficiano della protezione prevista dall’articolo 40.3.3 dunque. della Costituzione irlandese che riconosce il diritto alla vita del bambino a nascere. In questa causa, il richiedente, avendo avuto già un bambino in seguito ad una fecondazione in vitro, aveva investito la Corte Suprema in vista di ottenere l’insediamento di tre altri embrioni ottenuti nella cornice della stessa fecondazione, malgrado la mancanza di consenso del suo vecchio compagno del quale si era divisa nel frattempo.
7. Dati pertinenti che risultano dalla “Proposta di legge che modifica la legge del 6 luglio 2007 relativo alla procreazione da un punto di vista medico assistita” – Senato del Belgio sessione 2010-2011
34. Questa proposta di legge mira ad allargare l’utilizzazione del D.P.I. per evitare il rischio di fare nascere un bambino portatore sano di una malattia genetica severa, l’accesso a questa tecnica per evitare la nascita di bambini assegnati con le malattie genetiche essendo previsto già dalla legge belga. I passaggi pertinenti di questo testo sono rinviati qui:
“La domanda di diagnosi pre-impianto ha aumentato col passare del tempo e è oramai un’opzione per le coppie che presentano un’altezza rischio di dare nascita ad un bambino raggiunge di un affetto ereditario incido per la quale si può scoprire il trasferimento. […]
Gli autori di progetto parentale privilegiano generalmente il diagnosi pre-impianto (DPI, alla diagnosi prenatale (DPN),). Difatti, “quando il feto è colpito, ciò implica un’interruzione di gravidanza a partire da tre mesi, ciò che è generalmente una sorgente di sofferenza psichica per i genitori che hanno realizzato verosimilmente già un investimento affettivo in questo feto in quanto diventerebbe il loro futuro bambino è peraltro possibile che parecchie gravidanze successive debbano essere interrotte prima di ottenere un feto non colpito [Sorgente: Comitato consultivo di bioetica, parere no 49 relativo all’utilizzazione del D.P.I]”
Così, il principale avvantaggia del diagnosi pre-impianto è che permette di evitare un’interruzione di gravidanza. È stato rilevato che questo costituisce la principale motivazione della maggioranza delle coppie del resto che fanno appello, queste coppie avendo vissuto spesso già l’esperienza disgraziata di un’interruzione di gravidanza per ragioni mediche. “
IN DIRITTO
I. SULLE ECCEZIONI SOLLEVATE DAL GOVERNO
35. Il Governo eccepisce il difetto di requisito di vittima dei richiedenti. Fa valere che alla differenza dei richiedenti nella causa decisa dal tribunale di Salerno, no 12474/09 depositato il 13 gennaio 2010, i richiedenti non hanno investito le autorità interne per potere effettuare un D.P.I. e che non hanno cozzato contro un rifiuto da parte loro dunque. Questa richiesta costituirebbe un actio popularis dunque ed i richiedenti non avrebbero esaurito in ogni caso le vie di ricorso interni.
36. I richiedenti fanno valere che l’ordinanza in causa costituisce una decisione isolata, prenda da un giudice unico sulla base di un procedimento riferito ne e che, comunque, la legge vieta in modo assoluta l’accesso al D.P.I.
37. La Corte ricorda che nella mancanza di un rimedio interno specifico, appartiene al Governo di dimostrare, a sostegno di una giurisprudenza interna, lo sviluppo, la disponibilità, la portata e l’applicazione della via di ricorso che invoca (vedere, mutatis mutandis, Melnītis c. Lettonia, no 30779/05, § 50, 28 febbraio 2012 e McFarlane c. Irlanda [GC], no 31333/06, §§ 115-127, 10 settembre 2010. Inoltre, l’esistenza di un ricorso interno non saprebbe essere invocata dal Governo nella mancanza di una giurisprudenza interna che dimostra il suo effettività in pratica ed in diritto, di tanto meno quando questa giurisprudenza proviene di una giurisdizione di prima istanza, Lutz c. Francia (no 1) (no 48215/99, § 20, 26 marzo 2002.
38. Nel caso di specifico, la Corte rileva che l’ordinanza del tribunale di Salerno è stata pronunciata da un’istanza di primo grado, non è stata confermata da una giurisprudenza ulteriore e costituisci solamente una decisione isolata. Ad ogni modo, non si saprebbe rimproverare validamente ai richiedenti di non avere introdotto una domanda che prevede l’ottenimento di una misura che, il Governo lo riconosce esplicitamente (vedere sotto paragrafo 73), è vietata in modo assoluta con la legge.
39. Infine, non fa nessuno dubbio che i richiedenti sono toccati direttamente dalla misura di interdizione controversa, questi che hanno un bambino leso dalla patologia di cui sono portatori ed avendo proceduto una volta ad un I.M.G. in ragione di ciò che il feto era raggiunto dal mucoviscidosi.
40. In queste condizioni, le eccezioni del governo convenuto non saprebbero essere considerate.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
41. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto della vita privata e familiare in ciò che l’unica veda che è loro aperta per generare dei bambini che non siano lesi dalla malattia di cui sono portatori sani è quella di iniziare una gravidanza con le vie naturali e di procedere ad un I.M.G. ad ogni volta che una diagnosi prenatale doveva mostrare che il feto è raggiunto.
42. L’articolo 8 della Convenzione dispone così nelle sue parti pertinenti:
“1. Ognuno ha diritto al rispetto della sua vita privata e famigliare, della sua casa e della sua corrispondenza.
2. Non ci sarà interferenza da parte un’autorità pubblica con l’esercizio di questo diritto eccetto nel caso fosse in conformità con la legge e necessaria in una società democratica negli interessi della sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica o del benessere economico del paese, per la prevenzione del disturbo o del crimine, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.”
A. Sull’ammissibilità
43. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Gli argomenti delle parti
a) Il Governo
44. Il Governo osserva che i richiedenti invocano in sostanza un “diritto di avere un bambino sano” che non è protetto in quanto tale con la Convenzione. Così, il motivo di appello dei richiedenti sarebbe inammissibile ratione materiae.
45. Se la Corte dovesse stimare però che l’articolo 8 trova ad applicarsi nello specifico, il diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare non avrebbe, in ogni caso, non stato raggiunto, l’interdizione di aderire al D.P.I. costituendo una misura prevista dalla legge che insegue un scopo legittimo, a sapere la protezione dei diritti di altrui e della morale, e necessario in una società democratica.
46. Difatti, disciplinando questa materia, lo stato ha preso in conto la salute del bambino così come quella della moglie, questa ultima che rischia delle depressioni dovute alla stimolazione e la puntura ovarica. Inoltre, la misura in causa mirerebbe a proteggere la dignità e la libertà di coscienza delle professioni mediche ed eviterebbe il rischio di derive eugenica.
47. Nella mancanza di un consenso europeo gli Stati membri godrebbero infine, in materia, di un ampio margine di valutazione, la presente richiesta riguardo le questioni giuridiche, etiche e sociali.
b) I richiedenti
48. I richiedenti osservano che “il diritto al rispetto delle decisioni di diventare o di non diventare affine”, in particolare al senso genetico del termine, rientra nella nozione di diritto al rispetto della vita privata e familiare, Evans c. Regno Unito [GC], no 6339/05, § 71, CEDH 2007-I.
49. In questo contesto, lo stato dovrebbe astenersi di ogni interferenza nella scelta dell’individuo di diventare o non il riproduttore di un bambino; incombe anche sullo stato di mettere a posto le misure affinché la scelta in questione possa essere fatta in tutta libertà.
c) I terzo intervenuti
50. Il primo terzo che interviene reitera le osservazioni del governo convenuto. Inoltre, osserva che, tutto come l’interdizione di aderire al D.P.I, la possibilità di procedere legalmente ad un I.M.G. mirerebbe a proteggere la vita del bambino a nascere perché il sistema prevede delle alternative all’aborto dal collocamento in posto, per esempio, di misure sociali. Di più, il D.P.I. implicherebbe la soppressione di parecchi esseri umani, mentre l’aborto ne non prevedrebbe che uno solo.
51. Il secondo terzo che interviene fa valere che l’accesso all’inseminazione artificiale e poi al D.P.I. permetterebbe ai richiedenti di procreare un bambino che non sia raggiunto dalla patologia di cui sono portatori, senza ricorrere agli aborti terapeutici. La salute del richiedente sarebbe preservata così, anche.
2. La valutazione della Corte
a) La portata del motivo di appello invocato dai richiedenti e la sua compatibilità ratione materiae coi diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione
52. La Corte rileva innanzitutto che, in vista di stabilire la compatibilità ratione materiae del motivo di appello invocato dai richiedenti con l’articolo 8 della Convenzione, è essenziale di definire la portata di questo motivo di appello.
53. Osserva che il Governo ed il primo terzo intervenendo adduce che i richiedenti si lamentano della violazione di un “diritto ad avere un bambino sano.” Ora, la Corte constata che il diritto invocato da questi si limita alla possibilità di aderire alle tecniche della procreazione assistita e poi al D.P.I. in vista di procreare un bambino che non sia leso dal mucoviscidosi, malattia genetica di cui sono portatori sani.
54. Difatti, nel caso di specifico, il D.P.I. non è di natura tale da escludere altri fattori potendo compromettere la salute del bambino a nascere, come, per esempio, l’esistenza di altre patologie genetiche o di complicazioni che derivano della gravidanza o del parto, il test in causa che prevede la diagnosi di una “malattia genetica specifica di una particolare gravità ed incurabile al momento della diagnosi” (vedere il rapporto del CDBI del Consiglio dell’Europa) partita b. “Il Ciclo di D.P.I. “, paragrafo 25 sopra.
55. La Corte ricorda poi che la nozione di “vita privata” al senso dell’articolo 8 è una nozione larga che ingloba, entra altri, il diritto per l’individuo di annodare e sviluppare delle relazioni coi suoi simili, Niemietz c. Germania, 16 dicembre 1992, § 29, serie Ha no 251-B, il diritto al “sviluppo personale”, Bensaïd c. Regno Unito, no 44599/98, § 47, CEDH 2001-I, o ancora il diritto all’autodeterminazione, Pretty c. Regno Unito, no 2346/02, § 61, CEDH 2002-III. Dei fattori come l’identificazione, l’orientamento e la vita sessuale rilevano anche della sfera personale protetta dall’articolo 8 (vedere, per esempio, Dudgeon c. Regno Unito, 22 ottobre 1981, § 41, serie Ha no 45 e Laskey, Jaggard e Brown c. Regno Unito, 19 febbraio 1997, § 36, Raccolta 1997-I, come il diritto al rispetto delle decisioni di diventare o di non diventare affine, Evans c. Regno Unito, precitato, § 71, Ha, B e C c. Irlanda [GC], no 25579/05, § 212, CEDH 2010 e R.R. c. Polonia, no 27617/04, § 181, CEDH 2011 (brani)).
56. Sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, la Corte ha riconosciuto anche il diritto dei richiedenti di vedere rispettare la loro decisione di diventare affini genetici, Dickson c. Regno Unito [GC], no 44362/04, § 66, CEDH 2007-V, coi riferimenti che si trovano citati, e ha concluso all’applicazione dell’articolo in questione in materia di accesso ai tecnici eterologi di procreazione artificiale alle fini di fecondazione in vitro (S.H). ed altri c. Austria [GC], no 57813/00, § 82, CEDH 2011.
57. Nello specifico, la Corte considera che il desiderio dei richiedenti di procreare un bambino che non sia raggiunto dalla malattia genetica di cui sono portatori sani e di ricorrere per questo fare alla procreazione da un punto di vista medico assistita ed al D.P.I. cambio della protezione dell’articolo 8, simile scelta che costituisce una forma di espressione della loro vita privata e familiare. Perciò, questa disposizione trova ad applicarsi nello specifico.
b)L’osservazione dell’articolo 8 della Convenzione
i. Ingerenza “prevista dalla legge” e scopo legittimo
58. La Corte constata che in dritto italiano, la possibilità di aderire alla procreazione da un punto di vista medico assistita è unicamente aperta alle coppie sterili o sterili così come alle coppie di cui l’uomo è sessualmente portatore di malattie virali trasmissibili (H.I.V, epatite B e C, (vedere l’articolo 4, capoverso 1, della legge no 40/2004 ed il decreto del ministero della Salute no 31639 del 11 aprile 2008. I richiedenti che non fanno parte di queste categorie di persone, non possono aderire alla procreazione da un punto di vista medico assistita. In quanto all’accesso al D.P.I, il Governo riconosce esplicitamente che l’accesso a questa diagnosi è vietato in dritto interno ad ogni categoria di persone (vedere sotto paragrafo 73). L’interdizione in causa costituisce un’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare dunque.
59. Del parere della Corte, questa ingerenza è “prevista certamente dalla legge” e può passare per inseguire gli scopi legittimi di protezione della morale e dei diritti e libertà di altrui, ciò che non è contestato dalle parti.
ii. Necessario in una società democratica
60. La Corte rileva al primo colpo che il motivo di appello dei richiedenti non cade sulla questione di sapere se, prenda isolatamente, l’interdizione che è fatta loro di aderire al D.P.I. è compatibile con l’articolo 8 della Convenzione. I richiedenti denunciano in fatto la mancanza di proporzionalità di una tale misura alla luce di ciò che il sistema legislativo italiano li autorizza di procedere ad un I.M.G. quando il feto doveva essere raggiunto dalla patologia di cui sono portatori.
61. Per giustificare questa ingerenza, il Governo invoca la preoccupazione di proteggere la salute di “il bambino” e della moglie, la dignità e la libertà di coscienza delle professioni mediche e l’interesse di evitare il rischio di derive eugenica.
62. La Corte non è convinta da questi argomenti. Pure sottolineando che il nozione d ‘ “bambino” non saprebbe essere assimilata a quella d ‘ “embrione”, non vede come la protezione degli interessi menzionati dal Governo si concilia con la possibilità aperta ai richiedenti di procedere ad un aborto terapeutico quando si rivela che il feto è malato, conto tenuto in particolare delle conseguenze che ciò comprende tanto per il feto di cui lo sviluppo è evidentemente bene più avanzato che quello di un embrione che per la coppia di genitori, in particolare per la moglie, vedere il rapporto del CDBI del Consiglio dell’Europa ed i dati risultando dalla proposta di legge belga, paragrafi 25 e 34 sopra.
63. Di più, il Governo omette di spiegare in quale misura il rischio di derive eugenica e di toccare alla dignità ed alla libertà di coscienza delle professioni mediche sarebbe allontanato nel caso di esecuzione legale di un I.M.G.
64. Forza è di constatare che il sistema legislativo italiano in materia mancanza di coerenza. Da una parte, vieta l’insediamento limitato ai soli embrioni non assegnati con la malattia di cui i richiedenti sono portatori sani; di altra parte, autorizza questi di abortire un feto leso sopra da questa stessa patologia (vedere anche il rapporto della Commissione europea) paragrafo 27.
65. Le conseguenze di un tale sistema sul diritto al rispetto della vita privata e familiare dei richiedenti sono evidenti. Per proteggere il loro diritto di mettere un bambino che non sia leso dalla malattia di cui sono portatori sani al mondo, la sola possibilità di cui beneficiano è quella di iniziare una gravidanza con le vie naturali e di procedere agli I.M.G. quando un esame prenatale doveva mostrare che il feto è malato. Nell’occorrenza, i richiedenti hanno proceduto già per questa ragione ad un I.M.G. una volta, informato del mese di febbraio 2010.
66. In questo contesto, la Corte non saprebbe trascurare, da una parte, lo stato di angoscia del richiedente che, nell’impossibilità di procedere ad un D.P.I, avrebbe come sola prospettiva di maternità quella legato alla possibilità che il bambino sia leso dalla malattia controversa e, altro parte, la sofferenza che deriva della scelta dolorosa di procedere, all’occorrenza, ad un aborto terapeutico.
67. La Corte rileva poi che nel sentenza S.H. (precitato, § 96, la Grande Camera ha stabilito che, in materia di fecondazione eterologa , tenuto conto dell’evoluzione del ramo in esame, il margine di valutazione dello stato non poteva essere restretto in modo decisiva.
68. Pure riconoscendo che la questione dell’accesso al D.P.I. suscita delle delicate interrogazioni di ordine morale ed etico, la Corte rileva che la scelta operata in materia dal legislatore non sfugge al controllo della Corte (vedere, mutatis mutandis, S.H., precitato, § 97.
69. Nello specifico, la Corte ricorda che, alla differenza del causa S.H. , precitato, dove la Corte è stata portata a valutare la compatibilità della legislazione austriaca che vieta la fecondazione eterologa con l’articolo 8 della Convenzione, nel caso presente che riguarda una fecondazione omologa, ha per compito di verificare la proporzionalità della misura controversa alla luce per il fatto che la via dell’aborto terapeutico è aperta ai richiedenti (vedere sopra paragrafo 60).
70. Si tratta di una situazione specifica dunque che, secondo gli elementi di diritto comparato di cui la Corte dispone, oltre l’Italia, riguarda solamente due dei trentadue Stati avendo fatto l’oggetto di esame, a sapere l’Austria e la Svizzera. Di più, in quanto a questo ultimo Stato, la Corte nota che un progetto di modifica della legge in vista di sostituire l’interdizione del D.P.I, come attualmente prevista, con un’ammissione regolamentata è attualmente in corso, paragrafo 30 sopra.
3. Conclusione
71. Tenuto conto dell’incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di D.P.I. nel senso descrive sopra, la Corte stima che l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è stata sproporzionata. Così, l’articolo 8 della Convenzione è stato infranto nello specifico.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE
72. Invocando l’articolo 14 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di subire una discriminazione rispetto alle coppie sterili o sterili o di cui l’uomo è leso sessualmente dalle malattie virali trasmissibili, come il virus del HIV e dell’epatite B e C, potendo ricorrere, secondo essi, al D.P.I. Questo articolo è formulato così:
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
73. Il Governo fa valere che il diritto italiano vieta l’accesso al D.P.I. ad ogni categoria di persone, il decreto ministeriale del 11 aprile 2008 essendo limitato si a permettere alle coppie di cui l’uomo è leso sessualmente dalle malattie virali trasmissibili di aderire alla fecondazione artificiale nello scopo di evitare sessualmente il rischio di trasmissione di patologie trasmissibili alla madre ed al bambino che deriva della procreazione con le vie naturali. Le tecniche della procreazione assistita non sarebbero utilizzate in questo contesto che per epurare lo sperma del suo componente infettivo. Alla differenza del D.P.I, si tratta di un stadio che precede quello della fecondazione dell’embrione dunque.
74. I richiedenti non oppongono di argomenti specifici a questa analisi.
75. La Corte ricorda che, al senso dell’articolo 14 della Convenzione, la discriminazione deriva a causa di trattare in modo differente, salvo giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone poste in una materia data nelle situazioni comparabili, Willis c. Regno Unito, no 36042/97, § 48, CEDH 2002-IV, e Zarb Adami c. Malta, no 17209/02, § 71, CEDH 2006-VIII.
76. Nel caso di specifico, la Corte constata che in materia di accesso al D.P.I, le coppie di cui l’uomo è leso sessualmente dalle malattie virali trasmissibili non sono trattate in modo differente rispetto ai richiedenti, l’interdizione di aderire alla diagnosi in questione tocco ogni categoria di persone. Questa parte della richiesta è manifestamente male dunque fondata e deve essere respinta al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
77. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
78. I richiedenti richiedono 50 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito.
79. Il Governo sui oppone a questa richiesta.
80. La Corte considera che c’è luogo di concedere congiuntamente ai richiedenti 15 000 EUR a titolo di danno morale.
B. Oneri e spese
81. I richiedenti chiedono anche 14 767,50 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte.
82. Il Governo si oppone a queste pretese.
83. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente si può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabiliscano la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 2 500 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda ai richiedenti.
C. Interessi moratori
84. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 15 000 EUR, quindicimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 2 500 EUR, duemila cinque centesimi euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;

4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 28 agosto 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Mucoviscidosi, o fibrosi cistica: Malattia ereditaria caratterizzata da una viscosità anormale del muco che secerne le ghiandole pancreatiche e bronchiali. Questa patologia, manifestandosi spesso con attacchi respiratori, si evolve più velocemente verso l’insufficienza respiratoria grave, spesso mortale in mancanza di trapianto polmonare. Sorgente: Dizionario Larousse medico.
Diagnosi genetico pre-impianto: Identificazione di un’anomalia genetica presso l’embrione grazie alle tecniche di biologia molecolare durante una fecondazione in vitro. Sorgente: Dizionario Larousse medico.

Testo Tradotto

Conclusions : Partiellement irrecevable
Violation de l’article 8 – Droit au respect de la vie privée et familiale (Article 8-1 – Respect de la vie familiale Respect de la vie privée)
Préjudice moral – réparation

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE COSTA ET PAVAN c. ITALIE

(Requête no 54270/10)

ARRÊT

STRASBOURG

28 août 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Costa et Pavan c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
Danutė Jočienė,
Işıl Karakaş, juges suppléantes,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 juillet 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 54270/10) dirigée contre la République italienne et dont deux ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour le 20 septembre 2010 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par OMISSIS, avocats à Rome. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Spatafora, ainsi que par son coagent, Mme P. Accardo.
3. Porteurs sains de la mucoviscidose, les requérants se plaignent de ne pas pouvoir accéder au diagnostic génétique préimplantatoire en vue de sélectionner un embryon qui ne soit pas affecté par cette pathologie et allèguent que cette technique est accessible à des catégories de personnes dont ils ne font pas partie. Ils invoquent à ce titre les articles 8 et 14 de la Convention.
4. A la demande des requérants, le 4 mai 2011, la présidente a décidé de traiter la requête en priorité (article 41 du règlement).
5. Le 7 juin 2011, cette requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
6. En application de l’article 44 § 3 du règlement, les 31 août et 7 novembre 2011, la présidente a fait droit respectivement à deux demandes de tierce intervention. La première a été présentée par M. Grégor Puppinck au nom du Centre Européen pour la Justice et les Droits de l’Homme (ECLJ), de l’association « Movimento per la vita » et de cinquante-deux parlementaires italiens (ci-après, « premier tiers intervenant ») et, la deuxième, a été introduite par Me Filomena Gallo au nom des associations « Luca Coscioni », « Amica Cicogna Onlus », « Cerco un bimbo », « L’altra cicogna » et de soixante parlementaires italiens et européens (ci-après, « deuxième tiers intervenant »). Les tiers intervenants ont présenté leurs observations respectivement les 22 septembre et 28 novembre 2011.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
7. Les requérants sont nés respectivement en 1977 et 1975 et résident à Rome.
8. A la suite de la naissance de leur fille, née en 2006, les requérants apprirent qu’ils étaient porteurs sains de la mucoviscidose . L’enfant avait été atteint par cette pathologie.
9. Au courant du mois de février 2010, ayant mis en route une deuxième grossesse, les requérants, désireux de procréer un enfant qui ne soit pas atteint par la maladie dont ils étaient porteurs, effectuèrent un diagnostic prénatal qui indiqua que le fœtus était affecté par la mucoviscidose. Ils décidèrent donc d’effectuer une interruption médicale de grossesse (ci-après, « I.M.G. »).
10. Les requérants souhaiteraient à présent accéder aux techniques de la procréation médicalement assistée (ci-après, « P.M.A. ») et à un diagnostic génétique préimplantatoire (ci-après, « D.P.I. ») avant que la requérante entame une nouvelle grossesse. Toutefois, aux termes de la loi no 40 du 19 février 2004, les techniques de P.M.A. ne sont accessibles qu’aux couples stériles ou infertiles. Le D.P.I. est interdit à toute catégorie de personnes.
11. Par un décret du 11 avril 2008, le ministère de la Santé a étendu l’accès à la P.M.A. aux couples dont l’homme est affecté par des maladies virales transmissibles sexuellement (telles que le virus de l’H.I.V., de l’hépatite B. et C.) dans le but de leur permettre de procréer des enfants sans le risque de transmettre la maladie virale à la femme et/ou au fœtus dérivant de la procréation par les voies naturelles.
12. Selon les informations fournies par le Gouvernement et le premier tiers intervenant, cette opération s’effectue à travers le « lavage de sperme » à un stade précédant celui de la création de l’embryon in vitro.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
1. Loi no 40 du 19 février 2004 (« Normes sur la procréation médicalement assistée »)
Article 4 § 1
Accès aux techniques
« L’accès aux techniques de la procréation médicalement assistée est autorisé uniquement lorsque l’impossibilité d’éliminer autrement les causes empêchant la procréation est prouvée et, de toute manière, [ledit accès] est limité aux cas de stérilité ou d’infertilité inexplicables, certifiés par un acte médical ainsi qu’aux cas de stérilité ou d’infertilité [dérivant] d’une cause vérifiée et certifiée par un acte médical. […] »
Article 5 § 1
Conditions subjectives
« […] Les couples ayant atteint la majorité, composés de deux personnes de sexe différent, mariés ou vivant en couple, en âge potentiellement fertile et en vie peuvent accéder aux techniques de procréation médicalement assistée. »
Article 14 § 5
Limites à l’application de techniques sur les embryons
« Les individus remplissant les conditions prévues par l’article 5 sont informés sur le nombre et, à leur demande, sur l’état de santé des embryons produits et destinés à être transférés dans l’utérus. »
2. Décret du ministère de la Santé no 15165 du 21 juillet 2004
Mesures de tutelle de l’embryon
« […] Tout examen concernant l’état de santé des embryons créés in vitro, au sens de l’article 14, alinéa 5 [de la loi no 40 de 2004], est finalisé uniquement à l’observation de ceux-ci (« dovrà essere di tipo osservazionale »). […] »
3. Décret du ministère de la Santé no 31639 du 11 avril 2008
13. Dans ce décret, la référence aux finalités « d’observation » mentionnées dans le décret du ministère de la Santé no 15165 du 21 juillet 2004 a été éliminée.
14. En outre, la partie de ce décret concernant la certification de l’infertilité ou de la stérilité prévoit que, aux fins de l’accès aux techniques de la P.M.A., celle-ci doit être effectuée :
« […] en tenant compte aussi de conditions particulières en présence desquelles –lorsque l’homme est porteur de maladies virales sexuellement transmissibles par infection de H.I.V., de l’hépatite B et C – le risque élevé d’infection pour la mère ou pour le fœtus constitue de fait, en termes objectifs, un obstacle à la procréation, imposant de précautions qui se traduisent nécessairement en une condition d’infécondité assimilable à des cas d’infertilité masculine sévère dérivant d’une cause vérifiée et certifiée par un acte médical, telle que celle établie par l’article 4 alinéa 1 de la loi no 40 de 2004 ».
4. Le jugement du tribunal administratif régional du Latium no 398 du 21 janvier 2008
15. Par ce jugement, le tribunal annula pour excès de pouvoir la partie du décret du ministère de la Santé no 15165 du 21 juillet 2004 limitant tout examen de l’état de santé des embryons créés in vitro aux seuls fins d’observation. Le tribunal considéra notamment que la compétence d’établir le champ d’application des examens en question ne pouvait qu’appartenir au législateur, et non pas au ministère, disposant, ce dernier, de simples pouvoirs d’exécution.
5. L’ordonnance du tribunal de Salerne no 12474/09, déposée le 13 janvier 2010
16. Par cette ordonnance, issue d’une procédure en référé, le juge délégué du tribunal de Salerne autorisa pour la première fois un couple de parents, non stériles et non infertiles, porteurs sains de l’atrophie musculaire, d’accéder au D.P.I.
17. Le juge rappela notamment les nouveautés introduites par le décret du ministère de la Santé no 31639 du 11 avril 2008, à savoir le fait que les examens sur l’état de santé des embryons créés in vitro n’étaient plus limités aux seuls fins d’observation et que l’accès à la procréation assistée était autorisé pour les couples dont l’homme était porteur de maladies virales sexuellement transmissibles.
18. Il estima ainsi que le D.P.I. ne pouvait qu’être considéré comme étant une des techniques de monitorage prénatal visant à connaître l’état de santé de l’embryon. L’interdiction d’accès à une telle pratique entraînait donc, dans le cas des demandeurs, la responsabilité médicale du directeur sanitaire du Centre de la Médicine de la Reproduction, partie demanderesse dans la procédure, pour non-exécution d’une prestation sanitaire.
19. Le juge considéra aussi qu’il aurait été déraisonnable de ne pas garantir à la mère le droit de connaître l’état de santé de l’embryon à travers le D.P.I. alors qu’on lui reconnaissait le droit d’avorter un fœtus malade.
20. Le juge ordonna donc au directeur sanitaire d’exécuter un D.P.I. sur l’embryon in vitro des demandeurs afin de vérifier si ce dernier était affecté par l’atrophie musculaire.
III. LE DROIT EUROPÉEN PERTINENT
1. La Convention du Conseil de l’Europe sur les Droits de l’Homme et la biomédecine (« Convention d’Oviedo ») du 4 avril 1997
21. Cette Convention est ainsi libellée dans ses parties pertinentes :
Article 12 – Tests génétiques prédictifs
« Il ne pourra être procédé à des tests prédictifs de maladies génétiques ou permettant soit d’identifier le sujet comme porteur d’un gène responsable d’une maladie soit de détecter une prédisposition ou une susceptibilité génétique à une maladie qu’à des fins médicales ou de recherche médicale, et sous réserve d’un conseil génétique approprié. »
22. Le § 83 du Rapport explicatif à la Convention d’Oviedo dispose ainsi :
L’article 12, en lui-même, n’entraîne aucune limitation au droit de procéder à des tests diagnostiques sur un embryon afin de déterminer si celui-ci est porteur de caractères héréditaires qui entraîneront une grave maladie chez l’enfant à naître.
23. La Convention d’Oviedo, signée le 4 avril 1997, n’a pas été ratifiée par le gouvernement italien.
2. La directive 2004/23CE du Parlement européen et du Conseil de l’Union Européenne du 31 mars 2004
24. Cette directive a établi un standard minimum de qualité et de sécurité pour le don, l’obtention, le contrôle, la transformation, le stockage et la distribution des tissus et cellules humains, ainsi prévoyant l’harmonisation des réglementations nationales en la matière. Elle vise également les embryons faisant l’objet de transferts dans le cadre du D.P.I.
3. Le document de base sur le diagnostic préimplantatoire et prénatal publié par le Comité directeur pour la bioéthique (CDBI) du Conseil de l’Europe le 22 novembre 2010 (CDBI/INF (2010) 6)
25. Le CDBI a élaboré ce rapport dans le but de fournir des informations sur le diagnostic préimplantatoire et prénatal et sur les questions juridiques et éthiques que l’utilisation de ces diagnostics soulève dans différents pays européens. Les extraits pertinents de ce document sont ainsi libellés :
[a) Contexte]
« La fécondation in vitro est pratiquée depuis la fin des années 70 afin d’aider les couples confrontés à des problèmes de stérilité. Les progrès de la médicine de la reproduction offrent aujourd’hui de nouveaux moyens d’éviter les maladies génétiques, grâce au transfert sélectif des embryons. Au début des années 90, le diagnostic génétique préimplantatoire (D.P.I.) a été introduit en tant que procédure expérimentale comme alternative possible au diagnostic génétique prénatal (D.P.N.) pour les couples risquant de transmettre une anomalie génétique particulièrement grave, et à leur épargner ainsi un choix difficile concernant une interruption de grossesse. »
[b) Le cycle de D.P.I.]
« Un « cycle de D.P.I. » comprend les étapes suivantes : la stimulation ovarienne, le prélèvement d’ovocytes, la fécondation in vitro de plusieurs ovocytes matures […], le prélèvement d’1 ou 2 cellules embryonnaires, l’analyse génétique des matériels nucléaires des cellules prélevées et, enfin, la sélection et le transfert d’embryons non porteurs de l’anomalie génétique en question. »
[c) Utilisation du D.P.I.]
« Le recours au D.P.I. pour des indications médicales a été demandé par des couples qui présentaient un risque élevé de transmission d’une maladie génétique spécifique d’une particulière gravité […] et incurable au moment du diagnostic. Ce risque avait souvent été identifié sur la base d’antécédents familiaux ou de la naissance d’un enfant atteint de la maladie. De nombreuses indications monogéniques répondent actuellement à ces critères justifiant une prise en charge par D.P.I. comme: la mucoviscidose, la dystrophie musculaire de Duchenne, la myotonie de Steinert, la maladie de Huntington, l’amyotrophie spinale infantile et l’hémophilie. »
« Dans les pays où le D.P.I. est pratiqué, il est devenu une méthode clinique bien établie pour analyser les caractéristiques génétiques d’embryons issus de fécondation in vitro et pour obtenir des informations permettant de sélectionner les embryons à transférer. Le D.P.I. est principalement demandé par les couples, porteurs de caractères génétiques susceptibles d’entraîner chez leurs descendants des maladies graves ou des décès prématurés, qui souhaitent éviter le déclenchement d’une grossesse qui pourrait ne pas parvenir à terme ou les placer devant le choix difficile d’une éventuelle interruption en cas de détection d’un problème génétique particulièrement grave. »
4. Le rapport « Preimplantation Genetic Diagnosis in Europe » rédigé par le JRC (Joint Research Centre) de la Commission Européenne, publié en décembre 2007 (EUR 22764 EN)
26. Il ressort de ce rapport que les demandeurs de D.P.I. ressortissant de pays où cette pratique est interdite se rendent à l’étranger afin d’effectuer le diagnostic en question. Les demandeurs italiens se dirigent pour la plus part vers l’Espagne, la Belgique, la République Tchèque et la Slovaquie.
27. Cette étude souligne aussi l’incohérence des systèmes interdisant l’accès au D.P.I. et autorisant l’accès au diagnostic prénatal et à l’avortement thérapeutique pour éviter des pathologies génétiques graves chez l’enfant.
5. Rapport consultatif concernant les maladies rares et l’urgence d’une action concertée (Parlement européen 23 avril 2009)
28. Le communiqué de presse de ce rapport se lit comme suit dans ses parties pertinentes :
« Une action concertée dans le domaine des maladies rares au niveau de l’UE et au niveau national est une nécessité absolue, estiment les députés. Ils soulignent que le cadre législatif actuel de l’UE est peu adapté à ces maladies et en outre mal défini. Bien que les maladies rares contribuent fortement à la morbidité et à la mortalité, elles sont pratiquement absentes des systèmes d’information de soins de santé, faute de systèmes appropriés d’identification et de classification. […] Le Parlement souhaite notamment encourager les efforts consentis pour prévenir les maladies rares qui sont héréditaires par des conseils génétiques aux parents porteurs de la maladie; et, lorsque cela s’impose, “sans préjudice de la législation nationale existante et toujours sur une base volontaire, une sélection d’embryons sains avant l’implantation”. »
6. Eléments de droit comparé
29. Les documents dont la Cour dispose (à savoir, les rapports du Conseil de l’Europe et de la Commission Européenne en la matière, paragraphes 25 à 27 ci-dessus) montrent que le D.P.I. est interdit, tout au moins, afin de prévenir la transmission de maladies génétiques, dans les pays suivants : Autriche, Italie et Suisse.
30. Quant à ce dernier pays, la Cour note que le 26 mai 2010, le Conseil fédéral a soumis à consultation un projet visant à remplacer l’interdiction du D.P.I., telle qu’actuellement prévue par la loi sur la P.M.A., par une admission réglementée. Une modification de l’article 119 de la Constitution fédérale sera nécessaire afin de réaliser ce changement.
31. Il ressort en outre que le D.P.I. est autorisé dans les pays suivants : Allemagne, Belgique, Danemark, Espagne, Finlande, France, Géorgie, Grèce, Norvège, Pays-Bas, Portugal, République tchèque, Royaume-Uni, Fédération de Russie, Serbie, Slovénie et Suède.
32. Cette matière ne fait pas l’objet d’une règlementation spécifique dans les pays suivants : Bulgarie, Chypre, Malte, Estonie, Irlande, Lettonie, Luxembourg, Pologne, Roumanie, Slovaquie, Turquie et Ukraine. La Cour note que trois de ces pays (Chypre, Turquie et Slovaquie) autorisent l’accès au D.P.I. dans les faits.
33. En outre, la Cour relève que, dans l’affaire Roche c. Roche et autres ([2009] IESC 82 (2009)), la Cour Suprême irlandaise a établi que la notion d’enfant à naître (« unborn child ») ne s’applique pas à des embryons obtenus dans le cadre d’une fécondation in vitro, ces derniers ne bénéficiant donc pas de la protection prévue par l’article 40.3.3. de la Constitution irlandaise qui reconnaît le droit à la vie de l’enfant à naître. Dans cette affaire, la requérante, ayant déjà eu un enfant à la suite d’une fécondation in vitro, avait saisi la Cour Suprême en vue d’obtenir l’implantation de trois autres embryons obtenus dans le cadre de la même fécondation, malgré l’absence de consensus de son ancien compagnon, duquel elle s’était séparée entre-temps.
7. Données pertinentes résultant de la « Proposition de loi modifiant la loi du 6 juillet 2007 relative à la procréation médicalement assistée […] » – Sénat de Belgique session 2010-2011
34. Cette proposition de loi vise à élargir l’utilisation du D.P.I. afin d’éviter le risque de faire naître un enfant porteur sain d’une maladie génétique sévère (l’accès à cette technique afin d’éviter la naissance d’enfants affectés par des maladies génétiques étant déjà prévu par la loi belge). Les passages pertinents de ce texte sont ici reportés :
« La demande de diagnostic préimplantatoire a augmenté au fil du temps et il est désormais une option pour les couples qui présentent un haut risque de donner naissance à un enfant atteint d’une affection héréditaire grave pour laquelle on peut détecter la mutation. […]
Les auteurs de projet parental privilégient généralement le diagnostic préimplantatoire (DPI) au diagnostic prénatal (DPN). En effet […], « lorsque le fœtus est atteint, cela implique une interruption de grossesse à partir de trois mois, ce qui est généralement une source de souffrance psychique pour les parents qui ont vraisemblablement déjà réalisé un investissement affectif dans ce fœtus comme allant devenir leur futur enfant […] Il est par ailleurs possible que plusieurs grossesses successives doivent être interrompues avant d’obtenir un fœtus non atteint [Source : Comité consultatif de bioéthique, avis no 49 relatif à l’utilisation du D.P.I.] »
Ainsi, le principal avantage du diagnostic préimplantatoire est qu’il permet d’éviter une interruption de grossesse. Il a été relevé que ceci constitue d’ailleurs la principale motivation de la majorité des couples qui y font appel, ces couples ayant souvent déjà vécu l’expérience malheureuse d’une interruption de grossesse pour raisons médicales. »
EN DROIT
I. SUR LES EXCEPTIONS SOULEVÉES PAR LE GOUVERNEMENT
35. Le Gouvernement excipe le défaut de qualité de victime des requérants. Il fait valoir qu’à la différence des demandeurs dans l’affaire tranchée par le tribunal de Salerne (no 12474/09 déposé le 13 janvier 2010), les requérants n’ont pas saisi les autorités internes afin de pouvoir effectuer un D.P.I. et qu’ils ne se sont donc pas heurtés à un refus de leur part. Cette requête constituerait donc une actio popularis et les requérants n’auraient en tout cas pas épuisé les voies de recours internes.
36. Les requérants font valoir que l’ordonnance en cause constitue une décision isolée, prise par un juge unique sur la base d’une procédure en référé et que, de toute manière, la loi interdit de manière absolue l’accès au D.P.I.
37. La Cour rappelle qu’en l’absence d’un remède interne spécifique, il appartient au Gouvernement de démontrer, à l’appui d’une jurisprudence interne, le développement, la disponibilité, la portée et l’application de la voie de recours qu’il invoque (voir, mutatis mutandis, Melnītis c. Lettonie, no 30779/05, § 50, 28 février 2012 et McFarlane c. Irlande [GC], no 31333/06, §§ 115-127, 10 septembre 2010). En outre, l’existence d’un recours interne ne saurait être invoquée par le Gouvernement en l’absence d’une jurisprudence interne qui démontre son effectivité en pratique et en droit, d’autant moins lorsque cette jurisprudence émane d’une juridiction de première instance (Lutz c. France (no 1) (no 48215/99, § 20, 26 mars 2002).
38. Dans le cas d’espèce, la Cour relève que l’ordonnance du tribunal de Salerne a été prononcée par une instance de premier degré, n’a pas été confirmée par une jurisprudence ultérieure et ne constitue qu’une décision isolée. En tout état de cause, on ne saurait reprocher valablement aux requérants de ne pas avoir introduit une demande visant l’obtention d’une mesure qui, le Gouvernement le reconnaît explicitement (voir paragraphe 73 ci-dessous), est interdite de manière absolue par la loi.
39. Enfin, il ne fait aucun doute que les requérants sont directement touchés par la mesure d’interdiction litigieuse, ceux-ci ayant un enfant affecté par la pathologie dont ils sont porteurs et ayant procédé une fois à une I.M.G. en raison de ce que le fœtus était atteint par la mucoviscidose.
40. Dans ces conditions, les exceptions du gouvernement défendeur ne sauraient être retenues.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
41. Invoquant l’article 8 de la Convention, les requérants se plaignent de la violation de leur droit au respect de la vie privée et familiale en ce que la seule voie qui leur est ouverte pour générer des enfants qui ne soient pas affectés par la maladie dont ils sont porteurs sains est celle d’entamer une grossesse par les voies naturelles et de procéder à une I.M.G. à chaque fois qu’un diagnostic prénatal devait montrer que le fœtus est atteint.
42. L’article 8 de la Convention dispose ainsi dans ses parties pertinentes :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale (…).
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire […] à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
A. Sur la recevabilité
43. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Les arguments des parties
a) Le Gouvernement
44. Le Gouvernement observe que les requérants invoquent en substance un « droit d’avoir un enfant sain », qui n’est pas protégé en tant que tel par la Convention. Ainsi, le grief des requérants serait irrecevable ratione materiae.
45. Si la Cour devait estimer tout de même que l’article 8 trouve à s’appliquer en l’espèce, le droit des requérants au respect de leur vie privée et familiale n’aurait, en tout cas, pas été atteint, l’interdiction d’accéder au D.P.I. constituant une mesure prévue par la loi, qui poursuit un but légitime, à savoir la protection des droits d’autrui et de la morale, et nécessaire dans une société démocratique.
46. En effet, en règlementant cette matière, l’Etat a pris en compte la santé de l’enfant ainsi que celle de la femme, cette dernière risquant des dépressions dues à la stimulation et la ponction ovariennes. En outre, la mesure en cause viserait à protéger la dignité et la liberté de conscience des professions médicales et éviterait le risque de dérives eugéniques.
47. Enfin, en l’absence d’un consensus européen en la matière, les Etats membres jouiraient d’une ample marge d’appréciation, la présente requête touchant des questions morales, éthiques et sociales.
b) Les requérants
48. Les requérants observent que « le droit au respect des décisions de devenir ou de ne pas devenir parent », notamment au sens génétique du terme, rentre dans la notion de droit au respect de la vie privée et familiale (Evans c. Royaume-Uni [GC], no 6339/05, § 71, CEDH 2007 I).
49. Dans ce contexte, l’Etat devrait s’abstenir de toute interférence dans le choix de l’individu de devenir ou pas le géniteur d’un enfant ; il incombe aussi à l’Etat de mettre en place les mesures pour que le choix en question puisse être fait en toute liberté.
c) Les tiers intervenants
50. Le premier tiers intervenant réitère les observations du gouvernement défendeur. En outre, il observe que, tout comme l’interdiction d’accéder au D.P.I., la possibilité de procéder légalement à une I.M.G. viserait à protéger la vie de l’enfant à naître car le système prévoit des alternatives à l’avortement par la mise en place, par exemple, de mesures sociales. De plus, le D.P.I. impliquerait la suppression de plusieurs êtres humains, tandis que l’avortement n’en viserait qu’un seul.
51. Le deuxième tiers intervenant fait valoir que l’accès à l’insémination artificielle et ensuite au D.P.I. permettrait aux requérants de procréer un enfant qui ne soit pas atteint par la pathologie dont ils sont porteurs, sans recourir à des avortements thérapeutiques. Ainsi, la santé de la requérante serait aussi préservée.
2. L’appréciation de la Cour
a) La portée du grief invoqué par les requérants et sa compatibilité ratione materiae avec les droits garantis par l’article 8 de la Convention
52. La Cour relève tout d’abord que, en vue d’établir la compatibilité ratione materiae du grief invoqué par les requérants avec l’article 8 de la Convention, il est essentiel de définir la portée de ce grief.
53. Elle observe que le Gouvernement et le premier tiers intervenant allèguent que les requérants se plaignent de la violation d’un « droit à avoir un enfant sain ». Or, la Cour constate que le droit invoqué par ceux-ci se limite à la possibilité d’accéder aux techniques de la procréation assistée et ensuite au D.P.I. en vue de procréer un enfant qui ne soit pas affecté par la mucoviscidose, maladie génétique dont ils sont porteurs sains.
54. En effet, dans le cas d’espèce, le D.P.I. n’est pas de nature à exclure d’autres facteurs pouvant compromettre la santé de l’enfant à naitre, tels que, par exemple, l’existence d’autres pathologies génétiques ou de complications dérivant de la grossesse ou de l’accouchement, le test en cause visant le diagnostic d’une « maladie génétique spécifique d’une particulière gravité […] et incurable au moment du diagnostic » (voir le rapport du CDBI du Conseil de l’Europe, partie b. « Le Cycle de D.P.I. », paragraphe 25 ci-dessus).
55. La Cour rappelle ensuite que la notion de « vie privée » au sens de l’article 8 est une notion large qui englobe, entre autres, le droit pour l’individu de nouer et développer des relations avec ses semblables (Niemietz c. Allemagne, 16 décembre 1992, § 29, série A no 251-B), le droit au « développement personnel » (Bensaïd c. Royaume-Uni, no 44599/98, § 47, CEDH 2001-I), ou encore le droit à l’autodétermination (Pretty c. Royaume-Uni, no 2346/02, § 61, CEDH 2002-III). Des facteurs tels que l’identification, l’orientation et la vie sexuelles relèvent également de la sphère personnelle protégée par l’article 8 (voir, par exemple, Dudgeon c. Royaume-Uni, 22 octobre 1981, § 41, série A no 45 et Laskey, Jaggard et Brown c. Royaume-Uni, 19 février 1997, § 36, Recueil 1997-I), de même que le droit au respect des décisions de devenir ou de ne pas devenir parent (Evans c. Royaume-Uni, précité, § 71, A, B et C c. Irlande [GC], no 25579/05, § 212, CEDH 2010 et R.R. c. Pologne, no 27617/04, § 181, CEDH 2011 (extraits)).
56. Sous l’angle de l’article 8 de la Convention, la Cour a également reconnu le droit des requérants de voir respecter leur décision de devenir parents génétiques (Dickson c. Royaume-Uni [GC], no 44362/04, § 66, CEDH 2007-V, avec les références qui s’y trouvent citées) et a conclu à l’application de l’article en question en matière d’accès aux techniques hétérologues de procréation artificielle à des fins de fécondation in vitro (S.H. et autres c. Autriche [GC], no 57813/00, § 82, CEDH 2011).
57. En l’espèce, la Cour considère que le désir des requérants de procréer un enfant qui ne soit pas atteint par la maladie génétique dont ils sont porteurs sains et de recourir pour ce faire à la procréation médicalement assistée et au D.P.I. relève de la protection de l’article 8, pareil choix constituant une forme d’expression de leur vie privée et familiale. En conséquence, cette disposition trouve à s’appliquer en l’espèce.
b) L’observation de l’article 8 de la Convention
i. Ingérence « prévue par la loi » et but légitime
58. La Cour constate qu’en droit italien, la possibilité d’accéder à la procréation médicalement assistée est ouverte uniquement aux couples stériles ou infertiles ainsi qu’aux couples dont l’homme est porteur de maladies virales sexuellement transmissibles (H.I.V., hépatite B et C) (voir l’article 4, alinéa 1, de la loi no 40/2004 et le décret du ministère de la Santé no 31639 du 11 avril 2008). Les requérants ne faisant pas partie de ces catégories de personnes, ils ne peuvent pas accéder à la procréation médicalement assistée. Quant à l’accès au D.P.I., le Gouvernement reconnaît explicitement que l’accès à ce diagnostic est interdit en droit interne à toute catégorie de personnes (voir paragraphe 73 ci-dessous). L’interdiction en cause constitue donc une ingérence dans le droit des requérants au respect de leur vie privée et familiale.
59. De l’avis de la Cour, cette ingérence est certainement « prévue par la loi » et peut passer pour poursuivre les buts légitimes de protection de la morale et des droits et libertés d’autrui, ce qui n’est pas contesté par les parties.
ii. Nécessité dans une société démocratique
60. La Cour relève d’emblée que le grief des requérants ne porte pas sur la question de savoir si, prise isolément, l’interdiction qui leur est faite d’accéder au D.P.I. est compatible avec l’article 8 de la Convention. Les requérants dénoncent en fait le manque de proportionnalité d’une telle mesure à la lumière de ce que le système législatif italien les autorise de procéder à une I.M.G. lorsque le fœtus devait être atteint par la pathologie dont ils sont porteurs.
61. Pour justifier cette ingérence, le Gouvernement invoque le souci de protéger la santé de « l’enfant » et de la femme, la dignité et la liberté de conscience des professions médicales et l’intérêt d’éviter le risque de dérives eugéniques.
62. La Cour n’est pas convaincue par ces arguments. Tout en soulignant que la notion d’« enfant » ne saurait être assimilée à celle d’« embryon », elle ne voit pas comment la protection des intérêts évoqués par le Gouvernement se concilie avec la possibilité ouverte aux requérants de procéder à un avortement thérapeutique lorsqu’il s’avère que le fœtus est malade, compte tenu notamment des conséquences que cela comporte tant pour le fœtus, dont le développement est évidemment bien plus avancé que celui d’un embryon, que pour le couple de parents, notamment pour la femme (voir le rapport du CDBI du Conseil de l’Europe et les données résultant de la proposition de loi belge, paragraphes 25 et 34 ci-dessus).
63. De plus, le Gouvernement omet d’expliquer dans quelle mesure le risque de dérives eugéniques et de toucher à la dignité et à la liberté de conscience des professions médicales serait écarté dans le cas d’exécution légale d’une I.M.G.
64. Force est de constater que le système législatif italien en la matière manque de cohérence. D’une part, il interdit l’implantation limitée aux seuls embryons non affectés par la maladie dont les requérants sont porteurs sains ; d’autre part, il autorise ceux-ci d’avorter un fœtus affecté par cette même pathologie (voir aussi le rapport de la Commission Européenne, paragraphe 27 ci-dessus).
65. Les conséquences d’un tel système sur le droit au respect de la vie privée et familiale des requérants sont évidentes. Afin de protéger leur droit de mettre au monde un enfant qui ne soit pas affecté par la maladie dont ils sont porteurs sains, la seule possibilité dont ils bénéficient est celle d’entamer une grossesse par les voies naturelles et de procéder à des I.M.G. lorsqu’un examen prénatal devait montrer que le fœtus est malade. En l’occurrence, les requérants ont déjà procédé pour cette raison à une I.M.G. une fois, au courant du mois de février 2010.
66. Dans ce contexte, la Cour ne saurait négliger, d’une part, l’état d’angoisse de la requérante qui, dans l’impossibilité de procéder à un D.P.I., aurait comme seule perspective de maternité celle liée à la possibilité que l’enfant soit affecté par la maladie litigieuse et, d’autre part, la souffrance dérivant du choix douloureux de procéder, le cas échéant, à un avortement thérapeutique.
67. La Cour relève ensuite que dans l’arrêt S.H. (précité, § 96), la Grande Chambre a établi que, en matière de fécondation hétérologue, compte tenu de l’évolution de la branche en examen, la marge d’appréciation de l’Etat ne pouvait pas être restreinte de manière décisive.
68. Tout en reconnaissant que la question de l’accès au D.P.I. suscite de délicates interrogations d’ordre moral et éthique, la Cour relève que le choix opéré par le législateur en la matière n’échappe pas au contrôle de la Cour (voir, mutatis mutandis, S.H., précité, § 97).
69. En l’espèce, la Cour rappelle que, à la différence de l’affaire S.H. (précité), où la Cour a été amenée à évaluer la compatibilité de la législation autrichienne interdisant la fécondation hétérologue avec l’article 8 de la Convention, dans le cas présent, qui concerne une fécondation homologue, elle a pour tâche de vérifier la proportionnalité de la mesure litigieuse à la lumière du fait que la voie de l’avortement thérapeutique est ouverte aux requérants (voir paragraphe 60 ci-dessus).
70. Il s’agit donc d’une situation spécifique laquelle, d’après les éléments de droit comparé dont la Cour dispose, outre l’Italie, ne concerne que deux des trente-deux Etats ayant fait l’objet d’examen, à savoir l’Autriche et la Suisse. De plus, quant à ce dernier Etat, la Cour note qu’un projet de modification de la loi en vue de remplacer l’interdiction du D.P.I., telle qu’actuellement prévue, par une admission réglementée est actuellement en cours (paragraphe 30 ci-dessus).
3. Conclusion
71. Compte tenu de l’incohérence du système législatif italien en matière de D.P.I. dans le sens décrit ci-dessus, la Cour estime que l’ingérence dans le droit des requérants au respect de leur vie privée et familiale a été disproportionnée. Ainsi, l’article 8 de la Convention a été enfreint en l’espèce.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 14 DE LA CONVENTION
72. Invoquant l’article 14 de la Convention, les requérants se plaignent de subir une discrimination par rapport aux couples stériles ou infertiles ou dont l’homme est affecté par des maladies virales transmissibles sexuellement (telles que le virus de l’HIV et de l’hépatite B et C), pouvant recourir, d’après eux, au D.P.I. Cet article est ainsi libellé :
« La jouissance des droits et libertés reconnus dans la (…) Convention doit être assurée, sans distinction aucune, fondée notamment sur le sexe, la race, la couleur, la langue, la religion, les opinions politiques ou toutes autres opinions, l’origine nationale ou sociale, l’appartenance à une minorité nationale, la fortune, la naissance ou toute autre situation. »
73. Le Gouvernement fait valoir que le droit italien interdit l’accès au D.P.I. à toute catégorie de personnes, le décret ministériel du 11 avril 2008 s’étant limité à permettre aux couples dont l’homme est affecté par des maladies virales transmissibles sexuellement d’accéder à la fécondation artificielle dans le but d’éviter le risque de transmission de pathologies sexuellement transmissibles à la mère et à l’enfant dérivant de la procréation par les voies naturelles. Les techniques de la procréation assistée ne seraient utilisées dans ce contexte qu’afin d’épurer le sperme de sa composante infectieuse. A la différence du D.P.I., il s’agit donc d’un stade précédant celui de la fécondation de l’embryon.
74. Les requérants n’opposent pas d’arguments spécifiques à cette analyse.
75. La Cour rappelle que, au sens de l’article 14 de la Convention, la discrimination découle du fait de traiter de manière différente, sauf justification objective et raisonnable, des personnes placées en une matière donnée dans des situations comparables (Willis c. Royaume-Uni, no 36042/97, § 48, CEDH 2002-IV, et Zarb Adami c. Malte, no 17209/02, § 71, CEDH 2006-VIII).
76. Dans le cas d’espèce, la Cour constate qu’en matière d’accès au D.P.I., les couples dont l’homme est affecté par des maladies virales transmissibles sexuellement ne sont pas traités de manière différente par rapport aux requérants, l’interdiction d’accéder au diagnostic en question touchant toute catégorie de personnes. Cette partie de la requête est donc manifestement mal fondée et doit être rejetée au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
77. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
78. Les requérants réclament 50 000 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi.
79. Le Gouvernement s’oppose à cette demande.
80. La Cour considère qu’il y a lieu d’octroyer aux requérants conjointement 15 000 EUR à titre de préjudice moral.
B. Frais et dépens
81. Les requérants demandent également 14 767,50 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
82. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
83. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 2 500 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde aux requérants.
C. Intérêts moratoires
84. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 8 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;

3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser aux requérants conjointement, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 15 000 EUR (quinze mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 2 500 EUR (deux mille cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 28 août 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 06/10/2024