Conclusioni: Parzialmente inammissibile
Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita familiare Rispetto della vita privata,
Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA COSTA E PAVAN C. ITALIA
( Richiesta no 54270/10)
SENTENZA
STRASBURGO
28 agosto 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Costa e Pavan c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
Danutė Jočienė,
Işıl Karakaş, giudici suppléantes,et
di Francesca Elens-Passos, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 luglio 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 54270/10) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 20 settembre 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocati a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, così come col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Portatori sani del mucoviscidosi, i richiedenti si lamentano di non potere aderire alla diagnosi genetico pre-impianto in vista di selezionare un embrione che non sia leso da questa patologia ed adducono che questa tecnica sia accessibile alle categorie di persone di cui non fanno parte. Invocano a questo titolo gli articoli 8 e 14 della Convenzione.
4. Su richiesta dei richiedenti, il 4 maggio 2011, la presidentessa ha deciso di trattare la richiesta da precedenza (articolo 41 dell’ordinamento).
5. Il 7 giugno 2011, questa richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
6. In applicazione dell’articolo 44 § 3 dell’ordinamento, il 31 agosto e 7 novembre 2011, la presidentessa ha fatto rispettivamente diritto a due domande di terza intervento. La prima è stata presentata dal Sig. Grégor Puppinck al nome del Centro europeo per la Giustizia ed i Diritti dell’uomo (ECLJ), dell’associazione “Movimento per la vita” e di cinquantadue parlamentari italiane (qui di seguito, “primo terzo che interviene”) e, la seconda, è stata introdotta da Me Filomena Gallo al nome degli associazioni “Luca Coscioni”, “Amica Cicogna Onlus”, “Cerco un bimbo”, “L’altra cicogna” e di sessanta parlamentari italiane ed europee (qui di seguito, “secondo terzo che interviene”). I terzo intervenienti hanno presentato rispettivamente le loro osservazioni il 22 settembre e 28 novembre 2011.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
7. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1977 e 1975 e risiedono a Roma.
8. In seguito alla nascita di loro figlia, nata nel 2006, i richiedenti appresero che erano portatori sani del mucoviscidosi. La bambina era stata colpita da questa patologia.
9. Nel corso del mese di febbraio 2010, avendo iniziato una seconda gravidanza, i richiedenti, desiderosi di procreare un bambino che non fosse colpito dalla malattia di cui erano portatori, effettuarono una diagnosi prenatale che indicò che il feto era leso dalla mucoviscidosi. Decisero di effettuare un’interruzione medica di gravidanza dunque (qui di seguito, “I.M.G. “).
10. I richiedenti desidererebbero aderire alle tecniche della procreazione da un punto di vista medico assistita ora (qui di seguito, “P.M.A. “) ed ad una diagnosi genetico pre-impianto (qui di seguito, “D.P.I. “) prima che la richiedente inizi una nuova gravidanza. Tuttavia, ai termini della legge no 40 del 19 febbraio 2004, le tecniche di P.M.A. sono accessibili solamente alle coppie sterili. Il D.P.I. è vietato ad ogni categoria di persone.
11. Con un decreto dell’ 11 aprile 2008, il ministero della Salute ha esteso l’accesso al P.M.A. alle coppie in cui l’uomo è leso sessualmente da malattie virali trasmissibili, come il virus del H.I.V., dell’epatite B. e C., allo scopo di permettere loro di procreare dei bambini senza il rischio di trasmettere la malattia virale al moglie e/o al feto che deriva dalla procreazione per vie naturali.
12. Secondo le informazione fornite dal Governo ed il primo terzo intervenuto, questa operazione si effettua attraverso il “lavaggio dellp sperma” ad un stadio che precede quello della creazione dell’embrione in vitro.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
1. Legge no 40 del 19 febbraio 2004 (“Norme sulla procreazione da un punto di vista medico assistita”)
Articolo 4 § 1 Accesso
alle tecniche
“L’accesso alle tecniche della procreazione da un punto di vista medico assistita è autorizzato unicamente quando l’impossibilità di eliminare diversamente le cause che impediscono la procreazione è provata e, comunque, [suddetto accesso] è limitato ai casi di sterilità o di infertilità inspiegabili, certificati da un atto medico così come al caso di sterilità o di infertilità [derivante] da una causa verificata e certificata da un atto medico. […]”
Articolo 5 § 1 Condizioni
soggettive
“[…] Le coppie avendo raggiunto la maggioranza, composti di due persone di sesso differente, sposato o vivente in coppia, in età potenzialmente fertile ed in vita possono aderire alle tecniche di procreazione da un punto di vista medico assistita. “
Articolo 14 § 5 Limiti
all’applicazione di tecniche sugli embrioni
“Gli individui che assolvono le condizioni previste dall’articolo 5 sono informati sul numero e, alla loro domanda, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e destinati ad essere trasferiti nell’utero. “
2. Decreto del ministero della Salute no 15165 del 21 luglio 2004
Misure di tutela dell’embrione
“[…] Ogni esame concernente lo stato di salute degli embrioni creato in vitro, al senso dell’articolo 14, capoverso 5 [della legge no 40 del 2004], è finalizzato unicamente all’osservazione di questi (“dovrà essere di tipo osservazionale”). […]”
3. Decreto del ministero della Salute no 31639 del 11 aprile 2008
13. In questo decreto, il riferimento alle finalità “di osservazione” menzionata nel decreto del ministero della Salute no 15165 del 21 luglio 2004 è stato eliminato.
14. Inoltre, la parte di questo decreto concernente l’autenticazione dell’infertilità o della sterilità contempla che, alle fini dell’accesso alle tecniche del P.M.A, questa deve essere effettuato:
“[…] tenendo anche conto di condizioni particolari in presenza dalle quali- quando l’uomo è sessualmente portatore di malattie virali trasmissibili con infezione di H.I.V, dell’epatite B e C-il rischio alzato di infezione per la madre o di fatto, in termini obiettivi, costituisco per il feto un ostacolo alla procreazione, imponente di precauzioni che si tradursi necessariamente in una condizione di infecondità assimilabile ai casi di infertilité maschile severo che deriva di una causa verificata e certificata da un atto medico, come quella stabilito dall’articolo 4 capoverso 1 della legge no 40 del 2004.”
4. Il giudizio del tribunale amministrativo regionale del Lazio no 398 del 21 gennaio 2008
15. Con questo giudizio, il tribunale annullò per eccesso di potere partirla dal decreto del ministero della Salute no 15165 del 21 luglio 2004 limitando ogni esame dello stato di salute degli embrioni creato in vitro alle sole fini di osservazione. Il tribunale considerò in particolare che la competenza di stabilire il campo di applicazione degli esami in questione poteva appartenere solamente al legislatore, e non al ministero, disponendo, questo ultimo, dei semplici poteri di esecuzione.
5. L’ordinanza del tribunale di Salerno no 12474/09, depositato il 13 gennaio 2010,
16. Con questa ordinanza, conclusione di un procedimento riferito ne, il giudice delegato del tribunale di Salerno autorizzò per la prima volta una coppia di genitori, non sterili e non sterili, portatori sani dell’atrofia muscolare, di aderire al D.P.I.
17. Il giudice ricordò in particolare le novità introdotte dal decreto del ministero della Salute no 31639 del 11 aprile 2008, a sapere lo fa che gli esami sullo stato di salute degli embrioni creato in vitro non erano limitati più alle sole fini di osservazione e che l’accesso alla procreazione assistita era autorizzato per le coppie di cui l’uomo era sessualmente portatore di malattie virali trasmissibili.
18. Stimò così come il D.P.I. poteva essere considerato solamente come essendo una delle tecniche di monitiraggio prenatale che mira a conoscere lo stato di salute dell’embrione. L’interdizione di accesso ad una tale pratica provocava dunque, nel caso dei richiedenti, la responsabilità medica del direttore sanitario del Centro del Médicine della Riproduzione, partire attrice nel procedimento, per inadempimento di una prestazione sanitaria.
19. Il giudice considerò anche che sarebbe stato irragionevole non garantire alla madre il diritto di conoscere lo stato di salute dell’embrione attraverso il D.P.I. mentre gli si riconosceva il diritto di abortire un feto malato.
20. Il giudice ordinò al direttore sanitario di eseguire un D.P.I dunque. sull’embrione in vitro dei richiedenti per verificare se questo ultimo fosse leso dall’atrofia muscolare.
III. IL DIRITTO EUROPEO PERTINENTE
1. La Convenzione del Consiglio dell’Europa sui Diritti dell’uomo ed il biomédecine (“Convenzione di Oviedo”) del 4 aprile 1997
21. Questa Convenzione è formulata così nelle sue parti pertinenti:
Articolo 12-Test genetici prédictifs
“Potuto stato proceduto ai test prédictifs di malattie genetiche o permettendo o di identificare il motivo come portatore di un gene responsabile di una malattia sia di scoprire una predisposizione o una suscettibilità genetica ad una malattia che alle fini mediche o di ricerca medica, e sotto riserva di un consiglio genetico appropriato. “
22. Il § 83 del Rapporto esplicativo alla Convenzione di Oviedo dispone così:
L’articolo 12, in sé, non provoca nessuna limitazione al diritto di procedere ai test diagnostici su un embrione per determinare se questo è portatore di caratteri ereditari che provocheranno una grave malattia nel bambino a nascere.
23. La Convenzione di Oviedo, firmata il 4 aprile 1997, non è stata ratificata dal governo italiano.
2. La direttiva 2004/23CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’unione europea del 31 marzo 2004
24. Questa direttiva ha stabilito un standard minimo di requisito e di sicurezza per il dono, l’ottenimento, il controllo, la trasformazione, lo stoccaggio e la distribuzione dei tessuti ed unità uomini, così previdente l’armonizzazione delle regolamentazioni nazionali in materia. Prevede anche gli embrioni che sono oggetto di trasferimenti nella cornice del D.P.I.
3. Il documento di base sul diagnosi pre-impianto e prenatale pubblicato dal Comitato direttivo per la bioetica (CDBI) del Consiglio dell’Europa il 22 novembre 2010, CDBI/INF (2010) 6,
25. Il CDBI ha elaborato questo rapporto nello scopo di fornire delle informazione sul diagnosi pre-impianto e prenatale e sulle questioni giuridiche ed etiche che l’utilizzazione di queste diagnosi solleva in differenti paesi europei. I brani pertinenti di questo documento sono formulati così:
[a) Contesto]
“La fecondazione in vitro è praticata dalla fine degli anni 70 per aiutare le coppie confrontate ai problemi di sterilità. I progressi della medicina della riproduzione offrono oggi dei nuovi mezzi di evitare le malattie genetiche, grazie al trasferimento selettivo degli embrioni. All’inizio degli anni 90, la diagnosi genetico pre-impianto (D.P.I) è stato introdotto in quanto procedimento sperimentale come alternativa possibile alla diagnosi genetica prenatale (D.P.N) per le coppie che rischiano di trasmettere un’anomalia genetica particolarmente grave, ed a risparmiare essi così una scelta difficile che riguarda un’interruzione di gravidanza. “
[b) Il ciclo di D.P.I]
“Un “ciclo di D.P.I. ” comprende il seguente tappe: la stimolazione ovarica, il prelevamento di ovocytes, la fecondazione in vitro di parecchie ovociti maturi, il prelevamento di 1 o 2 unità embrionali, l’analisi genetica dei materiali nucleari delle unità prelevate e, infine, la selezione ed il trasferimento di embrioni non portatori dell’anomalia genetica in questione. “
[c, Utilizzazione del D.P.I]
“Il ricorso al D.P.I. per le indicazioni mediche sono state chieste dalle coppie che presentavano un rischio alzato di trasmissione di una malattia genetica specifica di una particolare gravità ed incurabile al momento della diagnosi. Questo rischio era stato identificato spesso sulla base di antecedenti familiari o della nascita di un bambino raggiunge della malattia. Di numerosi indicazioni monogenico rispondono attualmente a questi criteri che giustificano una presa incaricata con D.P.I. siccome: il mucoviscidosi, la distrofia muscolare di Duchenne, le miotonie di Steinert, la malattia di Huntington, la miatrofia spinale infantile e l’emofilia. “
“Nei paesi dove il D.P.I. è praticato, è diventato un metodo clinico bene stabilito per analizzare le caratteristiche genetiche di embrioni derivati da fecondazione in vitro e per ottenere delle informazione che permettono di selezionare gli embrioni a trasferire. Il D.P.I. è chiesto principalmente dalle coppie, portatori di caratteri genetici suscettibili di provocare a casa i loro discendenti delle malattie gravi o dei decessi prematuri che desiderano evitare lo scoppio di una gravidanza che non potrebbe giungere a termine o porli dinnanzi alla scelta difficile di un’eventuale interruzione in caso di localizzazione di un problema genetico particolarmente grave. “
4. Il rapporto « Preimplantation Genetic Diagnosis in Europe » rédigé par le JRC (Joint Research Centre) della Commissione europea, pubblicato nel dicembre 2007, EUR 22764 Ne,
26. Risulta di questo rapporto che i richiedenti di D.P.I. cittadino di paese dove questa pratica è vietata si rendono all’esteri per effettuare la diagnosi in questione. I richiedenti italiani si dirigono per il più parte verso la Spagna, il Belgio, il Repubblica ceco e la Slovacchia.
27. Questo studio sottolinea anche l’incoerenza dei sistemi che vietano l’accesso al D.P.I. ed autorizzando l’accesso alla diagnosi prenatale ed all’aborto terapeutico per evitare delle patologie genetiche gravi nel bambino.
5. Rapporto consultivo concernente le malattie rare e l’emergenza di un’azione concertata, Parlamento europeo 23 aprile 2009,
28. Il comunicato stampa di questo rapporto si legge come segue nelle sue parti pertinenti:
“Un’azione concertata nella tenuta delle malattie rare al livello dell’UE ed al livello nazionale è una necessità assoluta, stimano i deputati. Sottolineano che la cornice legislativa reale dell’UE è adattata poco a queste malattie ed inoltre male definito. Sebbene le malattie rare contribuiscono molto alla morbosità ed alla mortalità, sono praticamente assenti dei sistemi di informazione di cure di salute, mancanza di sistemi appropriati di identificazione e di classificazione. […] Il Parlamento desidera incoraggiare in particolare gli sforzi acconsentii per prevenire le malattie rare che sono ereditari coi consigli genetici agli affini portatori della malattia; e, quando ciò si imporsi, “senza danno della legislazione nazionale esistente e sempre su una base volontaria, una selezione di embrioni sani prima dell’insediamento.” “
6. Elementi di diritto comparato
29. I documenti di cui la Corte dispone, a sapere, i rapporti del Consiglio dell’Europa e della Commissione europea in materia, paragrafi 25 a 27 sopra, mostrano che il D.P.I. è vietato, tutto almeno, per prevenire la trasmissione di malattie genetiche, nei seguenti paesi,: Austria, Italia e Svizzera.
30. In quanto a questo ultimo paese, la Corte nota che il 26 maggio 2010, il Consiglio federale ha sottoposto un progetto che mira a sostituire l’interdizione del D.P.I a consultazione, come attualmente prevista con la legge sul P.M.A, con un’ammissione regolamentata. Una modifica dell’articolo 119 della Costituzione federale sarà necessaria per realizzare questo cambiamento.
31. Risulta inoltre che il D.P.I. è autorizzato nei seguenti paesi: Germania, Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Georgia, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Regno Unito, Federazione di Russia, Serbia, Slovenia e Svezia.
32. Questa materia non è oggetto di un règlementation specifico nei seguenti paesi: Bulgaria, Cipro, Malta, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Polonia, Romania, Slovacchia, Turchia ed Ucraina. La Corte nota che tre di questi paesi (Cipro, Turchia e Slovacchia, autorizzano l’accesso al D.P.I. nei fatti.
33. Inoltre, la Corte rileva che, nel causa Roccia c. Roccia ed altri ([2009] IESC 82 (2009)), la Corte Suprema irlandese ha stabilito che la nozione di bambino a nascere (“unborn child”) non si applica agli embrioni ottenuti nella cornice di una fecondazione in vitro, questi ultimi che non beneficiano della protezione prevista dall’articolo 40.3.3 dunque. della Costituzione irlandese che riconosce il diritto alla vita del bambino a nascere. In questa causa, il richiedente, avendo avuto già un bambino in seguito ad una fecondazione in vitro, aveva investito la Corte Suprema in vista di ottenere l’insediamento di tre altri embrioni ottenuti nella cornice della stessa fecondazione, malgrado la mancanza di consenso del suo vecchio compagno del quale si era divisa nel frattempo.
7. Dati pertinenti che risultano dalla “Proposta di legge che modifica la legge del 6 luglio 2007 relativo alla procreazione da un punto di vista medico assistita” – Senato del Belgio sessione 2010-2011
34. Questa proposta di legge mira ad allargare l’utilizzazione del D.P.I. per evitare il rischio di fare nascere un bambino portatore sano di una malattia genetica severa, l’accesso a questa tecnica per evitare la nascita di bambini assegnati con le malattie genetiche essendo previsto già dalla legge belga. I passaggi pertinenti di questo testo sono rinviati qui:
“La domanda di diagnosi pre-impianto ha aumentato col passare del tempo e è oramai un’opzione per le coppie che presentano un’altezza rischio di dare nascita ad un bambino raggiunge di un affetto ereditario incido per la quale si può scoprire il trasferimento. […]
Gli autori di progetto parentale privilegiano generalmente il diagnosi pre-impianto (DPI, alla diagnosi prenatale (DPN),). Difatti, “quando il feto è colpito, ciò implica un’interruzione di gravidanza a partire da tre mesi, ciò che è generalmente una sorgente di sofferenza psichica per i genitori che hanno realizzato verosimilmente già un investimento affettivo in questo feto in quanto diventerebbe il loro futuro bambino è peraltro possibile che parecchie gravidanze successive debbano essere interrotte prima di ottenere un feto non colpito [Sorgente: Comitato consultivo di bioetica, parere no 49 relativo all’utilizzazione del D.P.I]”
Così, il principale avvantaggia del diagnosi pre-impianto è che permette di evitare un’interruzione di gravidanza. È stato rilevato che questo costituisce la principale motivazione della maggioranza delle coppie del resto che fanno appello, queste coppie avendo vissuto spesso già l’esperienza disgraziata di un’interruzione di gravidanza per ragioni mediche. “
IN DIRITTO
I. SULLE ECCEZIONI SOLLEVATE DAL GOVERNO
35. Il Governo eccepisce il difetto di requisito di vittima dei richiedenti. Fa valere che alla differenza dei richiedenti nella causa decisa dal tribunale di Salerno, no 12474/09 depositato il 13 gennaio 2010, i richiedenti non hanno investito le autorità interne per potere effettuare un D.P.I. e che non hanno cozzato contro un rifiuto da parte loro dunque. Questa richiesta costituirebbe un actio popularis dunque ed i richiedenti non avrebbero esaurito in ogni caso le vie di ricorso interni.
36. I richiedenti fanno valere che l’ordinanza in causa costituisce una decisione isolata, prenda da un giudice unico sulla base di un procedimento riferito ne e che, comunque, la legge vieta in modo assoluta l’accesso al D.P.I.
37. La Corte ricorda che nella mancanza di un rimedio interno specifico, appartiene al Governo di dimostrare, a sostegno di una giurisprudenza interna, lo sviluppo, la disponibilità, la portata e l’applicazione della via di ricorso che invoca (vedere, mutatis mutandis, Melnītis c. Lettonia, no 30779/05, § 50, 28 febbraio 2012 e McFarlane c. Irlanda [GC], no 31333/06, §§ 115-127, 10 settembre 2010. Inoltre, l’esistenza di un ricorso interno non saprebbe essere invocata dal Governo nella mancanza di una giurisprudenza interna che dimostra il suo effettività in pratica ed in diritto, di tanto meno quando questa giurisprudenza proviene di una giurisdizione di prima istanza, Lutz c. Francia (no 1) (no 48215/99, § 20, 26 marzo 2002.
38. Nel caso di specifico, la Corte rileva che l’ordinanza del tribunale di Salerno è stata pronunciata da un’istanza di primo grado, non è stata confermata da una giurisprudenza ulteriore e costituisci solamente una decisione isolata. Ad ogni modo, non si saprebbe rimproverare validamente ai richiedenti di non avere introdotto una domanda che prevede l’ottenimento di una misura che, il Governo lo riconosce esplicitamente (vedere sotto paragrafo 73), è vietata in modo assoluta con la legge.
39. Infine, non fa nessuno dubbio che i richiedenti sono toccati direttamente dalla misura di interdizione controversa, questi che hanno un bambino leso dalla patologia di cui sono portatori ed avendo proceduto una volta ad un I.M.G. in ragione di ciò che il feto era raggiunto dal mucoviscidosi.
40. In queste condizioni, le eccezioni del governo convenuto non saprebbero essere considerate.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
41. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto della vita privata e familiare in ciò che l’unica veda che è loro aperta per generare dei bambini che non siano lesi dalla malattia di cui sono portatori sani è quella di iniziare una gravidanza con le vie naturali e di procedere ad un I.M.G. ad ogni volta che una diagnosi prenatale doveva mostrare che il feto è raggiunto.
42. L’articolo 8 della Convenzione dispone così nelle sue parti pertinenti:
“1. Ognuno ha diritto al rispetto della sua vita privata e famigliare, della sua casa e della sua corrispondenza.
2. Non ci sarà interferenza da parte un’autorità pubblica con l’esercizio di questo diritto eccetto nel caso fosse in conformità con la legge e necessaria in una società democratica negli interessi della sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica o del benessere economico del paese, per la prevenzione del disturbo o del crimine, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.”
A. Sull’ammissibilità
43. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Gli argomenti delle parti
a) Il Governo
44. Il Governo osserva che i richiedenti invocano in sostanza un “diritto di avere un bambino sano” che non è protetto in quanto tale con la Convenzione. Così, il motivo di appello dei richiedenti sarebbe inammissibile ratione materiae.
45. Se la Corte dovesse stimare però che l’articolo 8 trova ad applicarsi nello specifico, il diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare non avrebbe, in ogni caso, non stato raggiunto, l’interdizione di aderire al D.P.I. costituendo una misura prevista dalla legge che insegue un scopo legittimo, a sapere la protezione dei diritti di altrui e della morale, e necessario in una società democratica.
46. Difatti, disciplinando questa materia, lo stato ha preso in conto la salute del bambino così come quella della moglie, questa ultima che rischia delle depressioni dovute alla stimolazione e la puntura ovarica. Inoltre, la misura in causa mirerebbe a proteggere la dignità e la libertà di coscienza delle professioni mediche ed eviterebbe il rischio di derive eugenica.
47. Nella mancanza di un consenso europeo gli Stati membri godrebbero infine, in materia, di un ampio margine di valutazione, la presente richiesta riguardo le questioni giuridiche, etiche e sociali.
b) I richiedenti
48. I richiedenti osservano che “il diritto al rispetto delle decisioni di diventare o di non diventare affine”, in particolare al senso genetico del termine, rientra nella nozione di diritto al rispetto della vita privata e familiare, Evans c. Regno Unito [GC], no 6339/05, § 71, CEDH 2007-I.
49. In questo contesto, lo stato dovrebbe astenersi di ogni interferenza nella scelta dell’individuo di diventare o non il riproduttore di un bambino; incombe anche sullo stato di mettere a posto le misure affinché la scelta in questione possa essere fatta in tutta libertà.
c) I terzo intervenuti
50. Il primo terzo che interviene reitera le osservazioni del governo convenuto. Inoltre, osserva che, tutto come l’interdizione di aderire al D.P.I, la possibilità di procedere legalmente ad un I.M.G. mirerebbe a proteggere la vita del bambino a nascere perché il sistema prevede delle alternative all’aborto dal collocamento in posto, per esempio, di misure sociali. Di più, il D.P.I. implicherebbe la soppressione di parecchi esseri umani, mentre l’aborto ne non prevedrebbe che uno solo.
51. Il secondo terzo che interviene fa valere che l’accesso all’inseminazione artificiale e poi al D.P.I. permetterebbe ai richiedenti di procreare un bambino che non sia raggiunto dalla patologia di cui sono portatori, senza ricorrere agli aborti terapeutici. La salute del richiedente sarebbe preservata così, anche.
2. La valutazione della Corte
a) La portata del motivo di appello invocato dai richiedenti e la sua compatibilità ratione materiae coi diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione
52. La Corte rileva innanzitutto che, in vista di stabilire la compatibilità ratione materiae del motivo di appello invocato dai richiedenti con l’articolo 8 della Convenzione, è essenziale di definire la portata di questo motivo di appello.
53. Osserva che il Governo ed il primo terzo intervenendo adduce che i richiedenti si lamentano della violazione di un “diritto ad avere un bambino sano.” Ora, la Corte constata che il diritto invocato da questi si limita alla possibilità di aderire alle tecniche della procreazione assistita e poi al D.P.I. in vista di procreare un bambino che non sia leso dal mucoviscidosi, malattia genetica di cui sono portatori sani.
54. Difatti, nel caso di specifico, il D.P.I. non è di natura tale da escludere altri fattori potendo compromettere la salute del bambino a nascere, come, per esempio, l’esistenza di altre patologie genetiche o di complicazioni che derivano della gravidanza o del parto, il test in causa che prevede la diagnosi di una “malattia genetica specifica di una particolare gravità ed incurabile al momento della diagnosi” (vedere il rapporto del CDBI del Consiglio dell’Europa) partita b. “Il Ciclo di D.P.I. “, paragrafo 25 sopra.
55. La Corte ricorda poi che la nozione di “vita privata” al senso dell’articolo 8 è una nozione larga che ingloba, entra altri, il diritto per l’individuo di annodare e sviluppare delle relazioni coi suoi simili, Niemietz c. Germania, 16 dicembre 1992, § 29, serie Ha no 251-B, il diritto al “sviluppo personale”, Bensaïd c. Regno Unito, no 44599/98, § 47, CEDH 2001-I, o ancora il diritto all’autodeterminazione, Pretty c. Regno Unito, no 2346/02, § 61, CEDH 2002-III. Dei fattori come l’identificazione, l’orientamento e la vita sessuale rilevano anche della sfera personale protetta dall’articolo 8 (vedere, per esempio, Dudgeon c. Regno Unito, 22 ottobre 1981, § 41, serie Ha no 45 e Laskey, Jaggard e Brown c. Regno Unito, 19 febbraio 1997, § 36, Raccolta 1997-I, come il diritto al rispetto delle decisioni di diventare o di non diventare affine, Evans c. Regno Unito, precitato, § 71, Ha, B e C c. Irlanda [GC], no 25579/05, § 212, CEDH 2010 e R.R. c. Polonia, no 27617/04, § 181, CEDH 2011 (brani)).
56. Sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, la Corte ha riconosciuto anche il diritto dei richiedenti di vedere rispettare la loro decisione di diventare affini genetici, Dickson c. Regno Unito [GC], no 44362/04, § 66, CEDH 2007-V, coi riferimenti che si trovano citati, e ha concluso all’applicazione dell’articolo in questione in materia di accesso ai tecnici eterologi di procreazione artificiale alle fini di fecondazione in vitro (S.H). ed altri c. Austria [GC], no 57813/00, § 82, CEDH 2011.
57. Nello specifico, la Corte considera che il desiderio dei richiedenti di procreare un bambino che non sia raggiunto dalla malattia genetica di cui sono portatori sani e di ricorrere per questo fare alla procreazione da un punto di vista medico assistita ed al D.P.I. cambio della protezione dell’articolo 8, simile scelta che costituisce una forma di espressione della loro vita privata e familiare. Perciò, questa disposizione trova ad applicarsi nello specifico.
b)L’osservazione dell’articolo 8 della Convenzione
i. Ingerenza “prevista dalla legge” e scopo legittimo
58. La Corte constata che in dritto italiano, la possibilità di aderire alla procreazione da un punto di vista medico assistita è unicamente aperta alle coppie sterili o sterili così come alle coppie di cui l’uomo è sessualmente portatore di malattie virali trasmissibili (H.I.V, epatite B e C, (vedere l’articolo 4, capoverso 1, della legge no 40/2004 ed il decreto del ministero della Salute no 31639 del 11 aprile 2008. I richiedenti che non fanno parte di queste categorie di persone, non possono aderire alla procreazione da un punto di vista medico assistita. In quanto all’accesso al D.P.I, il Governo riconosce esplicitamente che l’accesso a questa diagnosi è vietato in dritto interno ad ogni categoria di persone (vedere sotto paragrafo 73). L’interdizione in causa costituisce un’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare dunque.
59. Del parere della Corte, questa ingerenza è “prevista certamente dalla legge” e può passare per inseguire gli scopi legittimi di protezione della morale e dei diritti e libertà di altrui, ciò che non è contestato dalle parti.
ii. Necessario in una società democratica
60. La Corte rileva al primo colpo che il motivo di appello dei richiedenti non cade sulla questione di sapere se, prenda isolatamente, l’interdizione che è fatta loro di aderire al D.P.I. è compatibile con l’articolo 8 della Convenzione. I richiedenti denunciano in fatto la mancanza di proporzionalità di una tale misura alla luce di ciò che il sistema legislativo italiano li autorizza di procedere ad un I.M.G. quando il feto doveva essere raggiunto dalla patologia di cui sono portatori.
61. Per giustificare questa ingerenza, il Governo invoca la preoccupazione di proteggere la salute di “il bambino” e della moglie, la dignità e la libertà di coscienza delle professioni mediche e l’interesse di evitare il rischio di derive eugenica.
62. La Corte non è convinta da questi argomenti. Pure sottolineando che il nozione d ‘ “bambino” non saprebbe essere assimilata a quella d ‘ “embrione”, non vede come la protezione degli interessi menzionati dal Governo si concilia con la possibilità aperta ai richiedenti di procedere ad un aborto terapeutico quando si rivela che il feto è malato, conto tenuto in particolare delle conseguenze che ciò comprende tanto per il feto di cui lo sviluppo è evidentemente bene più avanzato che quello di un embrione che per la coppia di genitori, in particolare per la moglie, vedere il rapporto del CDBI del Consiglio dell’Europa ed i dati risultando dalla proposta di legge belga, paragrafi 25 e 34 sopra.
63. Di più, il Governo omette di spiegare in quale misura il rischio di derive eugenica e di toccare alla dignità ed alla libertà di coscienza delle professioni mediche sarebbe allontanato nel caso di esecuzione legale di un I.M.G.
64. Forza è di constatare che il sistema legislativo italiano in materia mancanza di coerenza. Da una parte, vieta l’insediamento limitato ai soli embrioni non assegnati con la malattia di cui i richiedenti sono portatori sani; di altra parte, autorizza questi di abortire un feto leso sopra da questa stessa patologia (vedere anche il rapporto della Commissione europea) paragrafo 27.
65. Le conseguenze di un tale sistema sul diritto al rispetto della vita privata e familiare dei richiedenti sono evidenti. Per proteggere il loro diritto di mettere un bambino che non sia leso dalla malattia di cui sono portatori sani al mondo, la sola possibilità di cui beneficiano è quella di iniziare una gravidanza con le vie naturali e di procedere agli I.M.G. quando un esame prenatale doveva mostrare che il feto è malato. Nell’occorrenza, i richiedenti hanno proceduto già per questa ragione ad un I.M.G. una volta, informato del mese di febbraio 2010.
66. In questo contesto, la Corte non saprebbe trascurare, da una parte, lo stato di angoscia del richiedente che, nell’impossibilità di procedere ad un D.P.I, avrebbe come sola prospettiva di maternità quella legato alla possibilità che il bambino sia leso dalla malattia controversa e, altro parte, la sofferenza che deriva della scelta dolorosa di procedere, all’occorrenza, ad un aborto terapeutico.
67. La Corte rileva poi che nel sentenza S.H. (precitato, § 96, la Grande Camera ha stabilito che, in materia di fecondazione eterologa , tenuto conto dell’evoluzione del ramo in esame, il margine di valutazione dello stato non poteva essere restretto in modo decisiva.
68. Pure riconoscendo che la questione dell’accesso al D.P.I. suscita delle delicate interrogazioni di ordine morale ed etico, la Corte rileva che la scelta operata in materia dal legislatore non sfugge al controllo della Corte (vedere, mutatis mutandis, S.H., precitato, § 97.
69. Nello specifico, la Corte ricorda che, alla differenza del causa S.H. , precitato, dove la Corte è stata portata a valutare la compatibilità della legislazione austriaca che vieta la fecondazione eterologa con l’articolo 8 della Convenzione, nel caso presente che riguarda una fecondazione omologa, ha per compito di verificare la proporzionalità della misura controversa alla luce per il fatto che la via dell’aborto terapeutico è aperta ai richiedenti (vedere sopra paragrafo 60).
70. Si tratta di una situazione specifica dunque che, secondo gli elementi di diritto comparato di cui la Corte dispone, oltre l’Italia, riguarda solamente due dei trentadue Stati avendo fatto l’oggetto di esame, a sapere l’Austria e la Svizzera. Di più, in quanto a questo ultimo Stato, la Corte nota che un progetto di modifica della legge in vista di sostituire l’interdizione del D.P.I, come attualmente prevista, con un’ammissione regolamentata è attualmente in corso, paragrafo 30 sopra.
3. Conclusione
71. Tenuto conto dell’incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di D.P.I. nel senso descrive sopra, la Corte stima che l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è stata sproporzionata. Così, l’articolo 8 della Convenzione è stato infranto nello specifico.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE
72. Invocando l’articolo 14 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di subire una discriminazione rispetto alle coppie sterili o sterili o di cui l’uomo è leso sessualmente dalle malattie virali trasmissibili, come il virus del HIV e dell’epatite B e C, potendo ricorrere, secondo essi, al D.P.I. Questo articolo è formulato così:
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
73. Il Governo fa valere che il diritto italiano vieta l’accesso al D.P.I. ad ogni categoria di persone, il decreto ministeriale del 11 aprile 2008 essendo limitato si a permettere alle coppie di cui l’uomo è leso sessualmente dalle malattie virali trasmissibili di aderire alla fecondazione artificiale nello scopo di evitare sessualmente il rischio di trasmissione di patologie trasmissibili alla madre ed al bambino che deriva della procreazione con le vie naturali. Le tecniche della procreazione assistita non sarebbero utilizzate in questo contesto che per epurare lo sperma del suo componente infettivo. Alla differenza del D.P.I, si tratta di un stadio che precede quello della fecondazione dell’embrione dunque.
74. I richiedenti non oppongono di argomenti specifici a questa analisi.
75. La Corte ricorda che, al senso dell’articolo 14 della Convenzione, la discriminazione deriva a causa di trattare in modo differente, salvo giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone poste in una materia data nelle situazioni comparabili, Willis c. Regno Unito, no 36042/97, § 48, CEDH 2002-IV, e Zarb Adami c. Malta, no 17209/02, § 71, CEDH 2006-VIII.
76. Nel caso di specifico, la Corte constata che in materia di accesso al D.P.I, le coppie di cui l’uomo è leso sessualmente dalle malattie virali trasmissibili non sono trattate in modo differente rispetto ai richiedenti, l’interdizione di aderire alla diagnosi in questione tocco ogni categoria di persone. Questa parte della richiesta è manifestamente male dunque fondata e deve essere respinta al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
77. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
78. I richiedenti richiedono 50 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito.
79. Il Governo sui oppone a questa richiesta.
80. La Corte considera che c’è luogo di concedere congiuntamente ai richiedenti 15 000 EUR a titolo di danno morale.
B. Oneri e spese
81. I richiedenti chiedono anche 14 767,50 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte.
82. Il Governo si oppone a queste pretese.
83. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente si può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabiliscano la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 2 500 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda ai richiedenti.
C. Interessi moratori
84. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 15 000 EUR, quindicimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 2 500 EUR, duemila cinque centesimi euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 28 agosto 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Mucoviscidosi, o fibrosi cistica: Malattia ereditaria caratterizzata da una viscosità anormale del muco che secerne le ghiandole pancreatiche e bronchiali. Questa patologia, manifestandosi spesso con attacchi respiratori, si evolve più velocemente verso l’insufficienza respiratoria grave, spesso mortale in mancanza di trapianto polmonare. Sorgente: Dizionario Larousse medico.
Diagnosi genetico pre-impianto: Identificazione di un’anomalia genetica presso l’embrione grazie alle tecniche di biologia molecolare durante una fecondazione in vitro. Sorgente: Dizionario Larousse medico.