Conclusioni: Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento che degrada Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale,
SECONDA SEZIONE
CAUSA CONTRADA C. Italia (No 2)
(Richiesta no 7509/08)
SENTENZA
STRASBURGO
11 febbraio 2014
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Contrada c. Italia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vuini,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Egidijus Kris, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 gennaio 2014,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 7509/08) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 31 gennaio 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Napoli. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, così come dal suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente si lamenta in particolare dei rifiuti ripetuti delle giurisdizioni interne di fare diritto alle sue domande di rinvio dell’esecuzione della sua pena e di ottenimento del regime della detenzione a domicilio in ragione del suo stato di salute (articolo 3 della Convenzione). Denuncia anche una violazione del suo diritto ad un processo equo, articolo 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 14 maggio 2012, la Corte ha comunicato il motivo di appello derivato dell’articolo 3 della Convenzione al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità allo stesso tempo e sul fondo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato in 1931 e risiede a Palermo.
A. Il procedimento penale sollecitato contro il richiedente
1. Il procedimento in prima istanza dinnanzi al tribunale di Palermo
6. Con una sentenza del 5 aprile 1996, il tribunale di Palermo condannò il richiedente ad una pena di dieci anni di reclusione per concorso esterno ad un’associazione mafiosa, concorso in associazione di stampo mafioso, articoli 110, 416 e 416 bis del codice penale. Il tribunale considerò in particolare che, entra 1979 e 1988, il richiedente, in qualità di funzionario di polizia di capo di studio poi dell’alto-commissario per la lotta contro la mafia e di direttore aggiunge dei servizi segreti civili (SISDE), aveva contribuito sistematicamente alle attività ed alla realizzazione degli scopi criminali dell’associazione mafiosa denominata “cosa nostra.” Secondo il tribunale, il richiedente aveva fornito ai membri della “commissione provinciale” di Palermo di suddetta associazione delle informazione confidenziali concernente le investigazioni ed operazioni di polizia di cui questi ultimi, così come di altri membri dell’associazione in questione, facevano l’oggetto.
7. Il tribunale fondò il suo giudizio sull’esame di un numero importante di testimonianze e di documenti e, in particolare, sulle informazione fornite da parecchi si pentirono, vecchi membri dell’associazione “cosa nostra.”
2. Il procedimento in appello dinnanzi alla corte di appello di Palermo
8. Il richiedente ed il ministero pubblico fecero uno e l’altro appello.
9. Il richiedente fece valere il principio della previsione legislativa con una precisione sufficiente delle situazioni in che la norma penale trova applicazione, principio di tassatività della norma penale, in quanto corollario del principio più generale della no-retroattività della norma penale. Stimava in particolare che all’epoca dei fatti della causa, l’applicazione della legge penale concernente il concorso esterno ad un’associazione mafiosa non era prevedibile perché era stata la conclusione di un’evoluzione giurisprudenziale ulteriore.
10. Con una sentenza del 4 maggio 2001, la corte di appello di Palermo rovesciò il giudizio di prima istanza e prosciolse il richiedente al motivo che i fatti che gli erano rimproverati non si erano prodursi, si appollaiato egli fatto non sussiste.
11. Pure sottolineando parecchie anomalie nel comportamento del richiedente nel suo ruolo di dirigente della polizia (fatti suscettibili di essere oggetto di un procedimento disciplinare), la corte di appello stimò che le prove prese in considerazione non erano determinanti, assegnò del peso ad altre testimonianze di pentite raccolti nel frattempo e rilevò che il tribunale di prima istanza aveva sottovalutato la possibilità che le testimonianze di certi si pentirono, arrestata nel passato col richiedente sé, potevano essere la conseguenza di un progetto di vendetta contro questo ultimo.
12. La corte di appello non fece riferimento alle considerazioni del richiedente che tiene al prevedibilità della legge penale.
3. Il primo procedimento dinnanzi alla Corte di cassazione
13. Il procuratore generale della Repubblica si ricorse in cassazione.
14. Con una sentenza del 12 dicembre 2002, la Corte di cassazione annullò la sentenza della corte di appello di Palermo e rinviò la causa dinnanzi a questa. Stimò in particolare che la sentenza in questione non era stata motivata debitamente. Come esempio, la corte di appello aveva omesso di spiegare la ragione per la quale certe testimonianze raccolsero non erano suscettibili di avere valore di prova e non aveva supportato la tesi della “vendetta” di certi mi pentii nei confronti il richiedente.
4. Il nuovo procedimento dinnanzi alla corte di appello di Palermo
15. Con una sentenza del 25 febbraio 2006, una nuova camera della corte di appello di Palermo, presieduta dal giudice S., confermò il contenuto del giudizio del tribunale del 5 aprile 1996.
Per questo fare si attaccò, da una parte, a numerose altre testimonianze e documenti raccolsi durante l’inchiesta e stimò, altro parte, che la camera della corte di appello che aveva deliberato aveva valutato precedentemente male il valore probante attribuibile a certe testimonianze.
16. La nuova formazione di giudizio respinse, entra altri, la domanda del richiedente che tende all’ascolto del Sig. F.C, direttore del Servizio centrale di protezione del ministero dell’interno all’epoca dei fatti. Questo ultimo aveva affermato difatti che, nella sua attività di organizzazione della vita quotidiana dei pentiti e delle loro famiglie, circa sei centesimi incontri tra il mi pentii gli erano state segnalate.
17. La corte di appello stimò che la questione che si porsi non era quella di sapere se le dichiarazioni dei pentiti in causa potevano in quanto tale essere utilizzate. Difatti l’esclusione, come modo di prova, delle dichiarazioni di pentiti avendo avuto dei contatti tra essi non era stata introdotta che in 2001, con la legge no 45/2001, e non si applicava dunque nello specifico. La questione pertinente era piuttosto, secondo la corte, quella della credibilità delle dichiarazioni prese in loro stesse, circostanza che era stata già oggetto di un esame attento e scrupoloso da parte del tribunale di prima istanza.
18. Per ciò che era dell’applicabilità della legge penale concernente il concorso esterno ad un’associazione mafiosa, configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa, la corte di appello stimò che il giudizio del tribunale di prima istanza avendo condannato il richiedente aveva applicato correttamente i principi sviluppati in materia dalla giurisprudenza.
5. Il secondo procedimento dinnanzi alla Corte di cassazione
19. Il richiedente si ricorse in cassazione.
20. Invocò di nuovo il principio della no-retroattività e del prevedibilità della legge penale, stimando che questa questione non era stata oggetto di nessuno esame da parte delle giurisdizioni del fondo ed aveva chiesto che i fatti dello specifico siano qualificati di ostacolo all’azione penale – favoreggiamento personale.
21. Il richiedente si lamentò inoltre per il fatto che il giudice S. abbia presieduto la formazione di giudizio della corte di appello avendo reso la sentenza del 25 febbraio 2006. A questo riguardo, spiegò che, con un’ordinanza del 1 ottobre 1993, questo stesso giudice l’aveva respinto già in appello di un’ordinanza del giudice delle investigazioni preliminari che negano di revocare o di sostituire la misura di detenzione provvisoria di cui aveva fatto l’oggetto.
22. Contestò anche, entra altri, l’utilizzazione delle dichiarazioni di un pentito, il Sig. A.G, fate all’epoca del dibattito contraddittorio, ad una data secondo lui posteriore alla scadenza di termine stabilito dall’articolo 16 quater della legge no 82/91 che era di sei mesi a partire dalla manifestazione della volontà dell’interessato di collaborare con la giustizia, vedere “Diritto interno pertinente” la parte).
23. Il richiedente chiese anche che i documenti concernente il programma di protezione dei pentiti intesi durante il procedimento siano versati alla pratica e sollecitò, altro parte, l’ascolto di un testimone, il Sig. F.C. Il richiedente stimava in fatto che differenti pentiti (in particolare, Sigg. G.M, M.M, R.S, S.C, G.C, M.P, P.S,. e G.M, chi aveva avuto dei contatti tra essi si erano concertati nello scopo di fornire delle dichiarazioni potendo dimostrare la sua colpevolezza. Così, le prove utilizzate contro lui sarebbero state viziate.
24. Con una sentenza pronunciata il 10 maggio 2007 e depositato il 8 gennaio 2008, la Corte di cassazione respinse il richiedente alla cancelleria.
25. In quanto al fatto che il giudice S. aveva presieduto la formazione della corte di appello avendo reso la sentenza attaccata, la Corte di cassazione rispose che, se gli elementi avanzati dal richiedente potevano costituire eventualmente un motivo valido di ricusazione, erano in compenso senza incidenza sulla regolarità del procedimento in causa.
26. In quanto all’utilizzazione delle dichiarazioni del Sig. A.G, la Corte di cassazione osservò che la regola fissata dall’articolo 16 quater, capoverso 9, della legge no 82/91 si applicava solamente alla fase delle investigazioni preliminari e non a quella del dibattito contraddittorio, come aveva constatato anche nella sua sentenza no 18061 del 13 febbraio 2002. Nel caso di specifico, era a buono diritto che le dichiarazioni in questione erano state versate alla pratica dunque.
27. La Corte di cassazione respinse inoltre la domanda del richiedente che tende all’amministrazione delle notizie prove, al motivo che questa rilevava della competenza del giudice del fondo e non del controllo del giudice di cassazione, salvo se il rigetto di una tale domanda non era stato motivato debitamente, ciò che non era il caso nello specifico. Nel caso presente, in quanto alla domanda di ascolto del Sig. F.C. ed alla pretesa inammissibilità delle prove che consistono nelle dichiarazioni di pentite, la Corte di cassazione rilevò che questi motivi del ricorso erano stati respinti già ampiamente dalla corte di appello in modo ed argomentata debitamente. Notò che la regola dell’esclusione, tra i modi di prova ammisero, delle dichiarazioni di pentiti viziate con l’esistenza di contatti tra gli interessati non era stata introdotta che in 2001, con la legge no 45/01, e considerò perciò che questa regola non trovava ad applicarsi nello specifico. La Corte di cassazione osservò anche che ad ogni modo, i contatti avendo avuto luogo tra pentito durante il procedimento non riguardavano nessuna delle persone avendo fornito le dichiarazioni che erano state utilizzate effettivamente per provare la colpevolezza del richiedente.
28. Infine, la Corte di cassazione considerò che la parte del ricorso che cade sul principio della no-retroattività e del prevedibilità della legge penale era manifestamente male fondata perché metteva in realtà in causa la valutazione caduta dai giudici sul fondo e non solamente la conformità al diritto (legittimità, della sentenza attaccata,).
29. Giudicò così come la corte di appello aveva motivato debitamente la sua sentenza e che non c’era luogo di completare la pratica con l’amministrazione di altri elementi di prova.
6. Il procedimento in revisione della causa dinnanzi alla corte di appello di Caltanissetta
30. Il richiedente tentò di ottenere una revisione del suo processo in seguito. Con una sentenza del 24 settembre 2011, la corte di appello di Caltanissetta dichiarò la sua domanda in questo senso inammissibile.
31. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 25 giugno 2012, la Corte di cassazione respinse il ricorso del richiedente contro questa decisione.
B. Lo stato di salute del richiedente e le domande introdotte da questo dinnanzi al giudice ed il tribunale di applicazione delle pene
32. Il richiedente fu incarcerato il 11 maggio 2007 alla prigione militare di Santa Maria Capua Vetere. Con una lettera del 20 agosto 2007 indirizzato al giudice dell’applicazione delle pene, magistrato di sorveglianza, qui di seguito “il giudice”), fece stato di un numero importante di patologie di cui indicava essere leso.
33. Con un certificato del 1 ottobre 2007, un medico del servizio sanitario della determinazione penitenziaria attestò che il richiedente soffriva dei postumi di un ischémie cerebrale, di certe patologie dell’apparecchio visuale, così come di cardiopatia, diabete, ipertrofia prostatica, artrosi, iponutrizione e depressione.
I procedimenti introdotti dal richiedente per ottenere la sua liberazione, il rinvio dell’esecuzione della pena o la detenzione a domicilio
ha, La prima domanda
34. Il 24 ottobre 2007, il richiedente introdusse una domanda dinnanzi al giudice che tende ad ottenere la sua liberazione o il rinvio dell’esecuzione della sua pena.
35. Il 22 e 31 ottobre 2007 ed il 24 novembre 2007, tre rapporti medici furono depositati dinnanzi al giudice, due dai quali erano stati redatti dagli esperti sollecitati dal richiedente ed uno coi medici del servizio sanitario della determinazione penitenziaria. I tre rapporti facevano stato delle patologie, numerose e complessi di cui il richiedente era leso e concludeva all’incompatibilità del suo stato di salute col regime di detenzione al quale era sottoposto.
36. Con una decisione depositata alla cancelleria il 12 dicembre 2007, il giudice respinse la domanda del richiedente. Pure riferendosi ai tre rapporti medici ed ai conclusioni contenuti, il giudice stimò qu ‘ “non si saprebbe affermare, tuttavia, che le patologie di cui [il richiedente] è leso sono, al momento, gravi e non suscettibili di essere trattate in prigione. [Queste richiedono tuttavia] un controllo continuo che può essere garantito dall’ospedalizzazione e con la vigilanza consolidata da parte del servizio sanitario della determinazione penitenziaria.”
b, La seconda domanda,
37. Adducendo la mancanza di equità di questa decisione, il 17 dicembre 2007, il richiedente introdusse una notizia chiedo dinnanzi al giudice che ha lo stesso oggetto che la precedente.
38. Secondo due rapporti medici del servizio sanitario della determinazione penitenziaria depositata il 21 e 27 dicembre 2007, lo stato di salute del richiedente era stazionario, eccetto la sua perdita di peso che si era aggravato dal 31 ottobre 2007. Il rapporto concludeva all’incompatibilità dello stato di salute del richiedente col regime di detenzione al quale era sottoposto.
39. Con una decisione depositata alla cancelleria il 28 dicembre 2007, il giudice respinse la domanda sulla base, per l’essenziale, degli stessi argomenti che nella sua decisione del 12 dicembre 2007. Stimò inoltre che, secondo la giurisprudenza consolidata le condizioni di concessione della liberazione e del rinvio dell’esecuzione della pena non erano assolte in materia, dato che, nel caso di specifico, la detenzione non provocava “l’impossibilità o la difficoltà estrema” di ricorrere ai trattamenti sanitari che si rivelavano necessari. Il tribunale autorizzò anche l’ospedalizzazione del richiedente per il tempo necessario all’esecuzione di certi controlli sanitari. Il giorno stesso, il richiedente fu ricoverato e fu sottoposto a parecchi esami.
c, La terza domanda,
40. Il 3 gennaio 2008, il richiedente introdusse una domanda che ha lo stesso contenuto che i due precedenti. Fece valere anche che un rinvio di esecuzione della pena era stato concesso dallo stesso tribunale in un’altra causa nella quale lo stato di salute del detenuto in questione era meno grave del suo.
41. Due rapporti medici furono depositati. Notarono il cattivo stato di salute del richiedente e fornirono delle indicazioni in quanto al trattamento farmacologico seguito.
42. Con una decisione depositata alla cancelleria il 7 gennaio 2008, il giudice respinse la domanda. Stimò in particolare che i rapporti non fornivano di elementi nuovi rispetto a quelli che figurava alla pratica all’epoca delle decisioni precedenti e che i risultati degli esami effettuati all’ospedale non gli erano stati trasmessi ancora. In quanto alla valutazione della “gravità” delle patologie del richiedente e dell’esistenza di una “impossibilità o difficoltà eccessiva” a trattare queste da prigione, il giudice giunse agli stessi conclusioni che nelle sue decisioni del 12 e 28 dicembre 2007.
d, La quarta domanda,
43. Il giorno stesso, il richiedente introdusse una domanda che ha lo stesso contenuto che le sue domande precedenti. Questa domanda fu respinta da una decisione del giudice del 21 febbraio 2008.
e, La decisione del tribunale di applicazione delle pene del 15 gennaio 2008
44. Nel frattempo, le tre decisioni precedenti che avevano un carattere provvisorio, furono confermate dal tribunale di applicazione di pene, qui di seguito “il tribunale”) con un’ordinanza depositata alla cancelleria il 15 gennaio 2008. Il tribunale rilevò tra altri che la depressione di cui il richiedente soffriva non era una patologia psichiatrica ma un’agitazione dell’umore dovuto allo stato di detenzione e non raggiungendo una soglia di gravità di natura tale da giustificare un rinvio dell’esecuzione della sua pena.
f, Il primo ricorso in cassazione introduce col richiedente
45. Il 19 gennaio 2008, il richiedente si ricorse in cassazione. Considerò in particolare che il tribunale non aveva considerato debitamente la gravità delle patologie di cui era leso.
46. Secondo due rapporti medici depositati il 26 febbraio ed il 12 marzo 2008, un redatto da un medico designato dal richiedente, l’altro con un medico del servizio sanitario della determinazione penitenziaria, lo stato di salute del richiedente non era compatibile col regime di detenzione al quale era sottoposto.
47. Il 27 febbraio 2008, il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione chiese al presidente della Corte di cassazione di annullare l’ordinanza del tribunale e di rinviare la causa a questo ultimo.
48. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 5 maggio 2008, la Corte di cassazione respinse il richiedente. Stimò che l’ordinanza del tribunale era stata motivata debitamente e che il richiedente aveva omesso di esporre in modo dettagliata, riferendosi alle differenti patologie in causa, la sua contestazione dei conclusioni del tribunale secondo che queste ultime non rivestivano di carattere di gravità.
g, La decisione del tribunale del 15 aprile 2008
49. Con una decisione depositata alla cancelleria il 15 gennaio 2008, il tribunale confermò la quarta decisione di rigetto del giudice, così come due altre decisioni di rigetto che era stato adottato dal giudice nel frattempo, il 28 febbraio ed il 19 marzo 2008.
h, La decisione del tribunale di accordare al richiedente la detenzione a domicilio
50. In seguito a due altre decisioni di rigetto, del 12 maggio e del 19 giugno 2008, di domande introdotte dal richiedente, con un’ordinanza depositata alla cancelleria il 24 luglio 2008, il tribunale autorizzò la detenzione del richiedente al domicilio del suo sœur, situato a Napoli, per un periodo di sei mesi con interdizione di ogni contatto con le persone altri che i membri della famiglia del richiedente ed il personale medico.
51. Il tribunale prese in conto un rapporto medico redatto da un medico della determinazione penitenziaria che faceva stato di una degradazione della salute del richiedente, già precario, in particolare in ciò che riguardava il perdita pondérale, 20 chili durante l’ultimo anno, e l’apparizione di una poliposi molteplice del colon che si aggiunge già alle patologie esistenti.
52. Del parere del tribunale, il seguito ed il trattamento di queste patologie in regime carcerario erano incompatibili coi principi umanitari e col diritto alla salute garantita dalla Costituzione.
53. Il tribunale respinse la domanda di rinvio dell’esecuzione della pena, rilevando la pericolosità sociale dell’interessato, il tipo di reato per che era stato condannato ed il tempo di detenzione che il richiedente doveva scontare ancora.
i, Il secondo ricorso in cassazione introduce col richiedente ed il rinvio della causa dinnanzi al tribunale
54. Il 1 agosto 2008, il richiedente si ricorse in cassazione. Contestò la sua pericolosità sociale, tenuto conto della sua età e del suo stato di salute.
55. Sollecitò il rinvio dell’esecuzione della sua pena per una durata di un anno così come la possibilità di eseguire la sua detenzione nel suo proprio domicilio, dove sua sposa abitava.
56. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 21 ottobre 2008, la Corte di cassazione annullò l’ordinanza del tribunale depositata alla cancelleria il 24 luglio 2008 e rinviò la causa dinnanzi a questo. La Corte stimò in particolare che il tribunale aveva omesso di specificare le ragioni per che il richiedente era considerato come essendo socialmente pericolosi.
j, L’ordinanza del tribunale che conferma la decisione di non autorizzare il rinvio dell’esecuzione della pena,
57. Con un’ordinanza del 20 novembre 2008, il tribunale confermò la sua decisione depositata il 24 luglio 2008. Notò che il richiedente era stato condannato per associazione mafiosa, reato per la quale esiste una presunzione assoluta di pericolosità sociale.
58. Il tribunale rilevò che il direzione antimafia, direzione distrettuale antimafia -D.D.A. -, organo della procura presso il tribunale competente nelle cause concernente i reati di mafia, di Palermo aveva stimato che la pericolosità sociale del richiedente doveva essere considerata come avente un carattere permanente, il richiedente avendo operato durante gli anni secondo le modalità descritte dalla sua sentenza di condanna ed avendo dei legami con l’associazione mafiosa in causa.
k, Il terzo ricorso in cassazione introduce col richiedente e la decisione di rigetto della Corte di cassazione
59. Il richiedente si ricorse in cassazione contro l’ordinanza del tribunale del 20 novembre 2008. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 23 dicembre 2009, la Corte di cassazione respinse il ricorso, stimando che l’ordinanza era stata motivata debitamente.
l, La rimessa in libertà del richiedente
60. Il 11 ottobre 2012, il richiedente avendo scontato la sua pena, fu rimesso in libertà.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
61. Secondo l’articolo 16 quater, capoverso 9, della legge no 82/91, introdotto dall’articolo 14 della legge 45/01, le dichiarazioni fatte da un pentito al procuratore o alla polizia giudiziale non possono essere utilizzate come prove che alla condizione che queste dichiarazioni siano intervenute entro sei mesi a partire dalla manifestazione della volontà dell’interessato di collaborare con la giustizia.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
62. Invocando l’articolo 3 della Convenzione, il richiedente stima che, tenuto conto della sua età e del suo stato di salute, i rifiuti ripetuti di cui sono stati oggetto da parte del giudice e del tribunale dell’applicazione delle pene le sue domande di rinvio dell’esecuzione della sua pena o di passaggio al regime della detenzione al domicilio hanno costituito un trattamento disumano e degradante.
63. Il testo dell’articolo in causa dispone così:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura o a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
A. Sull’ammissibilità
64. Il Governo fa di valere prima che il richiedente ha omesso di sollevare il suo motivo di appello dinnanzi alle istanze nazionali, siccome poteva farlo utilmente poiché le sentenze della Corte costituzionale i nostri 347 e 348 del 2007 esigono delle autorità un’interpretazione delle leggi interne che sia conforme alla Convenzione.
65. Il Governo convenuto sostiene inoltre che il principio del carattere contraddittorio del procedimento dinnanzi alla Corte è stato violato perché i fatti comunicati al governo convenuto si riferiscono alle decisioni altri che queste citate col richiedente nel suo formulario di richiesta, il Governo fa in particolare menzione delle decisioni prese il 12 dicembre 2007, 28 dicembre 2008, 7 gennaio 2008 e 10 gennaio 2008.
66. Terzo, il Governo osserva che le decisioni interne, prese con parecchi gradi di giurisdizione successiva, erano in ogni modo debitamente motivate. La Corte sarebbe chiamata a fare œuvre di giudice di “quarta istanza” dunque.
67. Il richiedente contesta queste osservazioni.
68. La Corte constata che non fa di dubbio che il richiedente ha sollevato a più riprese il suo motivo di appello dinnanzi alle istanze nazionali, lamentandosi in particolare dell’incompatibilità del suo stato di salute col regime carcerario. L’eccezione formulata dal Governo concernente la no-esaurimento delle vie di ricorso interni non saprebbe essere considerata dunque.
69. Inoltre, l’argomento derivato della violazione del principio del contraddittorio appare privo di fondamento, l’oggetto della controversia, come descrive nei motivi di appello formulati dal richiedente nel suo formulario di richiesta, cadendo in ogni caso sul rifiuto delle autorità di fare diritto alle sue domande di rinvio dell’esecuzione della sua pena o di passaggio al regime della detenzione al domicilio.
70. Infine, in quanto all’argomento derivato di ciò che si troverebbe invitata ad indossare il ruolo di un giudice di “quarta istanza”, astrazione fatta di ciò che il presente motivo di appello non cade su un’eventuale violazione del diritto ad un processo equo (vedere, ha contrario, tra molto altri, Gäfgen c. Germania [GC], no 22978/05, § 162, CEDH 2010, la Corte nota che, letto nella loro sostanza, le considerazioni del Governo sono legate in fondo alla causa. Saranno esaminate col fondo dunque, sotto.
71. Del parere della Corte, il motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. Rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Gli argomenti delle parti
72. Il Governo osserva che i ricorsi che possono essere presentati dinnanzi al giudice dell’applicazione delle pene e dinnanzi alla Corte di cassazione permettono di chiedere la liberazione di un detenuto in caso di degradazione importante del suo stato di salute. Questo ultimo può del resto, in certi casi, chiedere la grazia del Presidente della Repubblica, secondo l’articolo 681 del codice di procedimento penale. Il sistema legislativo offre delle garanzie dunque; queste ultime non potrebbero tradursi tuttavia in un obbligo generale di liberare un detenuto per i motivi di salute.
73. Il Governo sostiene infine che, nel caso di specifico, quando lo stato di salute del richiedente è apparso incompatibile col regime carcerario, la giurisdizione competente ha ordinato il passaggio al regime della detenzione al domicilio.
74. Il richiedente contesta le osservazioni del Governo e sottolinei che il suo motivo di appello cade in particolare sul fatto che le autorità interne che hanno respinto le sue domande hanno omesso di prendere in considerazione i rapporti medici che concludono all’incompatibilità del suo stato di salute col regime carcerario.
2. La valutazione della Corte
ha, Principi generali
75. Conformemente alla giurisprudenza consolidata della Corte, per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3, un cattivo trattamento deve raggiungere un minimo di gravità. La valutazione di questo minimo è relativa; dipende dall’insieme dei dati della causa, in particolare della durata del trattamento e dei suoi effetti fisici o mentali così come, talvolta, del sesso, dell’età e dello stato di salute della vittima (vedere, entra altri, Price c. Regno Unito, no 33394/96, § 24, CEDH 2001-VII, Mouisel c,. Francia, no 67263/01, § 37, CEDH 2002-IX, Gennadi Naoumenko c,. Ucraina, no 42023/98, § 108, 10 febbraio 2004. Le affermazioni dei cattivi trattamenti devono essere supportate dagli elementi di prova adeguata (vedere, mutatis mutandis, Klaas c. Germania, sentenza del 22 settembre 1993, serie Ha no 269, § 30. Per la valutazione di questi elementi, la Corte aderisce al principio della prova “al di là di ogni dubbio ragionevole”, considerando tuttavia che una tale prova può risultare da un fascio di indizi, o di presunzioni non confutate, sufficientemente gravi, precisi e concordanti, Irlanda c. Regno Unito, sentenza del 18 gennaio 1978, serie Ha no 25, § 161 in fini, e Labita c. Italia [GC], no 26772/95, § 121, CEDH 2000-IV.
76. Affinché una pena ed il trattamento di cui si accompagna possano essere qualificati d ‘ “disumani” o di “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione devono andare in ogni caso al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pena legittima, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, 11 luglio 2006.
77. Trattandosi in particolare di persone private di libertà, l’articolo 3 impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kuda łc. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000 XI, e Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006. Così, la mancanza di cure mediche adeguate, e, più generalmente, la detenzione di una persona malata nelle condizioni inadeguate, può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3 (vedere, per esempio, İlhan c. Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII, e Gennadi Naumenko precitata, § 112.
78. La Corte deve tenere conto, in particolare, di tre elementi per esaminare la compatibilità di un stato di salute che preoccupa col mantenimento in detenzione del richiedente, e cioè: ha, la condizione del detenuto, b) la qualità delle cure dispensate e c, l’opportunità di mantenere la detenzione allo visto dello stato di salute del richiedente (vedere Farbtuhs c). Lettonia, no 4672/02, § 53, 2 dicembre 2004, e Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 39, 15 gennaio 2004.
b. Applicazione di questi principi al caso di specifico
79. Nella presente causa si posano la questione della compatibilità dello stato di salute del richiedente col suo mantenimento in detenzione e quella di sapere se questa situazione raggiunge un livello sufficiente di gravità per entrare nel campo di applicazione dell’articolo 3 della Convenzione.
80. La Corte nota innanzitutto che non fa di dubbio che il richiedente era leso da parecchie patologie gravi e complesse (vedere sopra 38 e 51 paragrafi 33, 36,).
81. Rileva poi che il richiedente ha introdotto una prima domanda per ottenere la sospensione dell’esecuzione della sua pena o la sua detenzione a domicilio il 24 ottobre 2007. Sette altre domande seguirono; tutto come la prima, furono ad ogni volta respinta. È solamente il 24 luglio 2008 che il tribunale dell’applicazione delle pene accordò al richiedente la detenzione al domicilio.
82. La Corte rileva che, durante il procedimento, dieci rapporti o certificati medici, redatti dai medici designati anche bene dal richiedente che con gli esperti del centro sanitario della determinazione penitenziaria dove il richiedente era detenuto, sono stati depositati dinnanzi alle istanze competenti. Questi documenti concludevano, in modo costante ed univoco, all’incompatibilità dello stato di salute del richiedente col regime di detenzione al quale era sottoposto.
83. Pure prendendo nota per il fatto che il richiedente ha ottenuto alla fine il regime della detenzione a domicilio nel 2008, la Corte rileva che questa non è stato concesso che nove mesi dopo la sua prima domanda.
84. La Corte nota inoltre che i conclusioni delle autorità interne secondo che le patologie del richiedente non erano, da una parte, non gravi (vedere la decisione del giudice di applicazione delle pene del 12 dicembre 2007) e, altro parte, non “impossible[s] o estremamente difficile[s]” a trattare in prigione (vedere le decisioni del giudice del 28 dicembre 2007 e del 7 gennaio 2008) sembrano essere soggette a garanzia, conto tenuto in particolare dei risultati degli esami medici al quale il richiedente è stato sottoposto a più riprese.
85. La Corte ne conclude che, allo visto del contenuto dei certificati medici di cui le autorità disponevano, del tempo essendo smerciato si prima dell’ottenimento della detenzione a domicilio e dei motivi delle decisioni di rigetto delle domande introdotte dal richiedente, il mantenimento in detenzione di questo ultimo era incompatibile con l’interdizione dei trattamenti disumani e degradanti stabiliti dall’articolo 3 della Convenzione, vedere §§ 55-61 Farbtuhs, precitata,; Paladi c. Moldova [GC], no 39806/05, §§ 71-72, 10 marzo 2009; Scoppola c. Italia, no 50550/06, §§ 45-52, 10 giugno 2008 e Cara-Damiani c. Italia, no 2447/05, §§ 69-78, 7 febbraio 2012. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
86. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto ad un processo equo, a parecchi titoli.
87. Innanzitutto, stima che la sua causa non è stata sentita con un tribunale indipendente ed imparziale. Fa valere che il giudice avendo presieduto la corte di appello di Palermo nel procedimento che si è concluso dalla sentenza del 25 febbraio 2006 era lo stesso che quello che, il 1 ottobre 1993, presiedeva il tribunale di riesame quando questo aveva respinto una domanda della sua parte che tende alla revoca di una misura di detenzione provvisoria emessa al suo carico.
88. Secondariamente, il richiedente vede una violazione del suo diritto alla difesa nel fatto che la Corte di cassazione ha, nella sua sentenza depositata da una parte il 8 gennaio 2008, respinto la sua domanda che prevede, a ciò che sia raccolto e versati alla pratica certi documenti concernente il programma di protezione dei pentiti intesi durante il procedimento e, altro parte, a questo che un testimone, il Sig. F.C, o sentito.
89. Terzo, il richiedente denuncia il fatto di essere stato condannato sulla base, entra altri, di dichiarazioni di un pentito, il Sig. A.G, chi non poteva essere versato legalmente alla pratica. A questo motivo, il richiedente contesta no 82/91 l’interpretazione fatta dalla Corte di cassazione dell’articolo 16 quater, capoverso 9, della legge.
90. L’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulati così nelle sue parti pertinenti:
“Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia equamente sentita con un tribunale chi deciderà della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. “
91. In ciò che riguarda il primo ramo di questo motivo di appello, relativa alla mancanza addotta di indipendenza e di imparzialità del giudice avendo presieduto la formazione della corte di appello di Palermo che ha reso la sentenza del 25 febbraio 2006, la Corte osserva che, anche facendo astrazione di ciò che il fatto controverso risale a più di sei mesi prima dell’introduzione della presente richiesta, ad ogni modo il richiedente ha omesso di introdurre un ricorso in ricusazione contro il giudice in questione. Così, questa parte della richiesta deve essere dichiarata inammissibile per no-esaurimento delle vie di ricorso interni, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
92. Per ciò che è del restante del motivo di appello, la Corte ricorda che non gli appartiene di valutare la legalità delle prove allo sguardo del diritto interno degli Stati partiti alla Convenzione e di pronunciarsi sulla colpevolezza dei richiedenti, come una giurisdizione di “quarta istanza”. Difatti, se la Convenzione garantisce nel suo articolo 6 il diritto ad un processo equo, non regolamenta per tanto l’ammissibilità delle prove in quanto tale, materia che rileva al primo capo del diritto interno (vedere, tra molto altri, Gäfgen c. Germania precitata, § 162.
93. In ciò che riguarda il secondo ramo del motivo di appello, la Corte nota difatti che, con la sua sentenza del 25 febbraio 2006, la corte di appello di Palermo ha respinto la domanda del richiedente che tende all’ascolto del Sig. F.C. in quanto all’utilizzazione delle dichiarazioni di pentiti quando questi avevano avuto dei contatti tra essi. Tutto come in seguito la Corte di cassazione nella sua sentenza del 8 gennaio 2008, la corte di appello ha rilevato che l’esclusione della presa in conto delle dichiarazioni di pentiti in simile caso non era stata introdotta che in 2001, con la legge no 45/01, e ha considerato, perciò, che non riguardava i fatti dello specifico. Ha rilevato anche che la credibilità intrinseca delle dichiarazioni era stata oggetto di un esame attento e scrupoloso da parte del tribunale di prima istanza. Infine, la Corte di cassazione ha osservato che i contatti avendo avuto luogo tra pentito durante il procedimento non riguardavano nessuna delle persone avendo fornito le dichiarazioni che sono state considerate effettivamente come prove della colpevolezza del richiedente.
94. In quanto alla terza parte del motivo di appello, la Corte constata che nessuno elemento permette di mettere in dubbio l’interpretazione fornita dalla Corte di cassazione nella sua sentenza del 8 gennaio 2008 secondo la quale la regola fissata dall’articolo 16 quater, capoverso 9, della legge no 82/91 si applicava solamente alla fase delle investigazioni preliminari e non a quella del dibattito contraddittorio, e di cui derivava che le dichiarazioni del Sig. A.G. avevano a buono diritto state versate alla pratica.
95. La Corte rileva dunque che le decisioni interne pertinenti sono state debitamente ed ampiamente motivate e che non sono arbitrarie. Pertanto, questa parte della richiesta deve essere respinta per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. Su L’applicazione Di L’articolo 41 Di La Convenzione
96. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
97. Il richiedente richiede 25 000 euro (EUR, a titolo del danno morale che avrebbe subito,).
98. Il Governo indica rimettere ne si alla saggezza della Corte.
99. La Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 10 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
100. Il richiedente chiede anche, documenti all’appoggio, 8 350,25 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e 15 623,74 EUR per quegli impegnato dinnanzi alla Corte.
101. Il Governo contesta queste pretese.
102. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico, la Corte nota che i documenti presentati a sostegno della sua domanda di rimborso degli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne non sono sufficientemente dettagliati. La Corte respinge la domanda formulata dal richiedente a questo titolo dunque.
103. La Corte stima ragionevole l’intimo di 5 000 EUR per gli oneri e spese impegnate nel procedimento dinnanzi a lei e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
104. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
Per QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dell’articolo 3 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
3. Stabilisce, per sei voci contro una,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme, a convertire al tasso applicabile alla data dell’ordinamento,:
i, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 5 000 EUR, cinquemila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese impegnati nel procedimento dinnanzi alla Corte;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respingi, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto lì 11 febbraio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Egli ıKarakaş
Cancelliere Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice Karaka.ş
A.I.K.
S.H.N.
OPINIONE PARZIALMENTE DISSIDENTE DEL GIUDICE KARAKAŞ
Non posso seguire la maggioranza quando constata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione a ragione di un’incompatibilità dello stato di salute del richiedente col suo mantenimento in detenzione. Del mio punto di vista, la sua situazione non raggiungeva il livello sufficiente di gravità per portare violazione dell’articolo 3.
I giudici ed il tribunale di applicazione delle pene hanno esaminato di un modo approfondito tutte le domande del richiedente ed i rapporti dei medici e le loro decisioni erano buone motivati.
Deliberando sulla prima domanda del richiedente formulato il 24 ottobre 2007, il giudice, riferendosi ai tre rapporti medici ottenuti nel frattempo, stimò che le patologie di cui il richiedente era leso non erano allora così gravi e potevano essere trattate in prigione. Tuttavia, un controllo continuo doveva essere garantito grazie all’ospedalizzazione ed alla vigilanza consolidata del servizio sanitario della determinazione penitenziaria. Con una decisione del 28 dicembre 2007, il giudice respinse la seconda domanda, stimando che la detenzione non provocava l’impossibilità o la difficoltà estrema di ricorrere ai trattamenti sanitari necessari. Autorizzò anche l’ospedalizzazione. I due seguente domande furono respinte, il 7 gennaio e 21 febbraio 2008, ed il tribunale di applicazione delle pene confermò queste tre decisioni, precisando che la depressione di cui il richiedente soffriva non era sufficiente per raggiungere la soglia di gravità necessaria e giustificare un rinvio dell’esecuzione della sua pena.
Stimo che il richiedente è stato seguito di molto vicino con le determinazioni mediche e con le giurisdizioni di applicazione delle pene durante il periodo controverso che va di ottobre 2007 all’agosto 2008.
Il 24 luglio 2008, appena il tribunale di applicazione delle pene constatò delle notizie patologie nell’ultimo rapporto medico, ordinò degli approfondimenti. Sulla base dei nuovi esami, e soprattutto seguito ad un dimagrimento involontario, il tribunale decise che lo stato di salute del richiedente era incompatibile con la sua detenzione in prigione.
Secondo questi fatti, una volta lo stato di salute del richiedente diventato incompatibile col regime carcerario, il tribunale che seguiva attentamente il suo caso, ordinò il regime di detenzione al domicilio.
In queste circostanze, non penso che il richiedente abbia subito un trattamento disumano o degradante.