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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CONCERIA MADERA S.R.L. c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 6, 29
Numero: 4012/03/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-01 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1 ; Danno materiale – richiesta respinta ; Danno morale – riparazione

SECONDA SEZIONE
CAUSA CONCERIA MADERA S.R.L. c. ITALIA
(Richiesta no 4012/03)
SENTENZA
STRASBURGO
1 luglio 2008
DEFINITIVO
01/10/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Conceria Madera S.R.L. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 giugno 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 4012/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una società di questo Stato, C. M S.R.L. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 17 maggio 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da V. V., avvocato a Santa Croce sull’Arno (Pisa).
Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. U. Leanza, I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 17 dicembre 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è una società italiana e ha la sua sede sociale a Pisa.
A. Il procedimento principale
5. Il 1 febbraio 1994, il società M. citò la società richiedente dinnanzi al tribunale di Fermo (Ascoli Piceno) per responsabilità contrattuale (RG nº 10111/94) per la fornitura di un lotto di merce di un valore di 2 850 000 lire circa [1 471,90 euro (EUR)].
Il collocamento in stato della causa cominciò il 24 marzo 1994. Delle quindici udienze fissate tra il 2 giugno 1994 ed il 29 gennaio 1998, tre furono rinviati d’ufficio, una a causa di sciopero degli avvocati, una riguardava il deposito delle memorie e dei documenti, due la determinazione dell’udienza di presentazione delle conclusioni e sei l’ascolto delle parti e dei testimoni.
Il 14 maggio 1998, la causa fu messa in deliberazione in camera di consiglio. Al 13 ottobre 2001, il procedimento rimaneva pendente, non essendosi ancora pronunziato il tribunale.
B. Il procedimento “Pinto”
6. Il 27 settembre 2001, la società richiedente investì la corte di appello di L’Aquila ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Il richiedente chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni subiti.
Con una decisione del 18 dicembre 2001 il cui testo fu depositato alla cancelleria l’ 8 gennaio 2002, la corte di appello, valutando il procedimento fino al 13 ottobre 2001, constatò il superamento di una durata ragionevole e respinse la richiesta di risarcimento, nella misura in cui il richiedente non aveva provato di avere subito dei danni.
In quanto al danno materiale, la corte di appello osservò che il richiedente non aveva addotto di averne subiti e, pertanto, nessuna somma poteva essere assegnatagli a questo titolo.
In quanto al danno non patrimoniale, affermò che, anche se le persone giuridiche lo potevano subire a ragione del superamento del termine ragionevole, queste sofferenze potevano esistere solamente in presenza di certi tipi di danni ed esigevano, per la loro determinazione, delle prove precise che, nello specifico, non erano state fornite.
7. Il richiedente ricorse in cassazione arguendo che una volta constatato il superamento del termine ragionevole, le persone giuridiche non dovevano fornire la prova di un danno all’evidenza in re ipsa.
Con una sentenza del 30 settembre 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 14 novembre 2002, la Corte di cassazione respinse il ricorso e compensò tra le parti gli oneri e spese di procedimento.
Secondo la Corte di cassazione, la legge Pinto non riconosceva nessun presunto danno in re ipsa ma esigeva che una prova venisse fornita ai termini dell’articolo 2 di suddetta legge.
8. Con una lettera del 22 gennaio 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
9. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
10. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
11. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
12. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima, alla luce della giurisprudenza stabilita in materia (Provide S.r.l. c. Italia, no 62155/00, §§ 20-25, CEDH 2007, 5 luglio 2007) che la correzione si è rivelata insufficiente e che il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
13. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
14. La Corte ricorda di avere esaminato un motivo di appello identico a quello presentato dal richiedente e di avere concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Provide S.r.l. c. Italia, precitata, §§ 29-32).
15. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 1 febbraio 1994, giorno della citazione del richiedente dinnanzi al tribunale di Fermo, fino al 13 ottobre 2001, ultima data presa in considerazione dalla corte di appello “Pinto”. È durata dunque più di sette anni ed otto mesi per un grado di giurisdizione.
16. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
17. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
18. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
19. Il richiedente richiede 2 000 euro (EUR) a titolo del danno materiale e 6 000 EUR per danno non patrimoniale.
20. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
21. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In compenso, per ciò che riguarda il danno non patrimoniale, la Corte stima che avrebbe potuto accordare, in mancanza di vie di ricorso interne, la somma di 6 000 EUR prendendo in conto il ritardo imputabile al richiedente, così come della posta della controversia. Il fatto che le giurisdizioni nazionali non abbiano accordato niente al richiedente arriva secondo la Corte ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che, malgrado questo ricorso interno, sia giunta ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitato, §§ 139-142 e 146) e, deliberando in equità, assegna al richiedente 2 700 EUR.
B. Oneri e spese
22. Il richiedente chiede anche 6 833 EUR circa per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne e 6 963 EUR per quelli sostenuti dinnanzi alla Corte. A questo proposito, l’avvocato del richiedente non ha mandato alcun giustificativo perché, spiega, che saranno emessi e pagati solo quando il procedimento sarà finito.
23. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
24. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22).
25. Nello specifico, la Corte stima che c’è luogo di rimborsare al richiedente gli oneri sostenuti dinnanzi alla corte di appello di L’Aquila e la Corte di cassazione, così come quelli del procedimento a Strasburgo. Deliberando in equità come vuole l’articolo 41 della Convenzione, giudica ragionevole concedere 3 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
26. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, alla maggioranza, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stanbilisce, per sei voci contro una,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 2 700 EUR (duemila sette cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Greffière Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione dissidente del giudice Zagrebelsky.
F.T.
S.D.

OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
Non posso aderire al parere della maggioranza che conclude alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione al motivo che il procedimento civile in cui la società richiedente era parte ha superato una durata ragionevole. Non suscitando suddetto superamento controversia ed essendo stato riconosciuto a livello interno (paragrafo 6 della sentenza), la sola questione che si pone alla Corte era di sapere se la violazione, ammessa dalle autorità nazionali, richiedesse anche un indennizzo.
La Corte ha giudicato che la mancanza totale di indennizzo fosse incompatibile con la sua propria giurisprudenza e, facendo un’applicazione rigorosa di questa, ha constatato la violazione del diritto di ottenere una decisione in un termine ragionevole e ha assegnato alla società richiedente 2 700 euro per danno morale.
La Corte non ha sviluppato il suo ragionamento per rimettere in causa la conclusione del giudice interno che consisteva nel dire che una persona giuridica poteva certamente subire un danno morale a causa della durata eccessiva di un procedimento giudiziale ma che nello specifico nessuna prova era stata presentata in questo senso.
Il difetto di motivazione, su questo punto, non è un difetto della sentenza, poiché si applica qui una giurisprudenza ben invalsa secondo la quale un danno morale che richiede un indennizzo viene sempre riconosciuto dalla Corte ai fini dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione quando si tratta della violazione del diritto ad un procedimento giudiziale di durata ragionevole. Le sentenze in cui la Corte conclude alla violazione dell’articolo 6 a causa del superamento di un termine ragionevole e decide tuttavia che la constatazione di violazione fornisce una soddisfazione equa sufficiente sono difatti rarissimi, mentre lo sono molto meno per le violazioni più gravi dello stesso articolo 6 o di altri articoli della Convenzione. Quindi, si può dire che la Corte, nel caso delle violazioni in questione, presuma l’esistenza di un danno morale e si preoccupi unicamente di quantificarlo.
Pure chiarendo il mio disaccordo, approfitto di questa causa emblematica per mettere in luce le conseguenze ingiustificabili di certi aspetti della giurisprudenza della Corte che mi sembra necessitino di una revisione.
In quanto al fatto che la Corte ha, anche nello specifico, giudichi necessario un indennizzo per danno non patrimoniale, mi sembra sufficiente notare in generale che l’eventuale danno non patrimoniale presenti certamente delle caratteristiche completamente speciali quando si tratta di una persona giuridica, e in più che nella presente causa il richiedente era parte convenuta nel procedimento interno. Era la debitrice potenziale, e la questione che i giudici interni non sono arrivati a decidere velocemente era il fatto di sapere se un giorno o l’altro avrebbe dovuto pagare una certa somma (1 471,90 euro!) e non se, come parte richiedente, avrebbe ricevuto infine un pagamento. È difficile, addirittura impossibile dunque, credere a qualsiasi sofferenza o ad una qualsiasi angoscia della società richiedente che non ha prodotto ad ogni modo, né a livello nazionale né dinnanzi alla Corte, nessun elemento suscettibile di fare presumere la sua esistenza.
Concludo che il fatto che i giudici nazionali abbiano riconosciuto la violazione sarebbe dovuto bastare anche alla Corte che avrebbe dovuto riconoscere così che la violazione era stata ammessa e riparata a livello interno.
In quanto all’importo dell’indennità (che, lo riconosco, è stato calcolato secondo i criteri generali adottati ed utilizzati normalmente in materia dalla Corte) mi basta ricordare che la società richiedente si è vista assegnare un’indennità di 2 700 euro, così come 3 000 euro per oneri e spese, mentre per lei la posta iniziale della controversia era di 1 471,90 euro. Non c’è in questo qualche cosa che sfiora l’esagerazione? La Corte non ha cause più gravi da trattare, per invitare così i richiedenti a non ricorrere a lei in cerca di denaro facile? I criteri adottati in materia dalla Corte non chiedono una revisione urgente?

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1 ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – réparation

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE CONCERIA MADERA S.R.L. c. ITALIE
(Requête no 4012/03)
ARRÊT
STRASBOURG
1er juillet 2008
DÉFINITIF
01/10/2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Conceria Madera S.R.L. c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 juin 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 4012/03) dirigée contre la République italienne et dont une société de cet Etat, C. M S.R.L. (« la requérante »), a saisi la Cour le 17 mai 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me V. V., avocat à Santa Croce sull’Arno (Pise).
Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. U. Leanza, I.M. Braguglia et R. Adam, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 17 décembre 2004, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant de l’article 29 § 3 de la Convention, elle a décidé qu’elle se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est une société italienne et a son siège social à Pise.
A. La procédure principale
5. Le 1er février 1994, la société M. assigna la société requérante devant le tribunal de Fermo (Ascoli Piceno) en responsabilité contractuelle (RG nº 10111/94), pour la fourniture d’un lot de marchandise d’une valeur de 2 850 000 lires environ [1 471,90 euros (EUR)].
La mise en état de l’affaire commença le 24 mars 1994. Des quinze audiences fixées entre le 2 juin 1994 et le 29 janvier 1998, trois furent renvoyées d’office, une pour cause de grève des avocats, une concernait le dépôt de mémoires et documents, deux la fixation de l’audience de présentation des conclusions et six l’audition des parties et témoins.
Le 14 mai 1998, l’affaire fut mise en délibéré. Au 13 octobre 2001, la procédure demeurait pendante, le tribunal ne s’étant pas encore prononcé.
B. La procédure « Pinto »
6. Le 27 septembre 2001, la société requérante saisit la cour d’appel de L’Aquila au sens de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée excessive de la procédure décrite ci-dessus. La requérante demanda à la cour de dire qu’il y avait eu une violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner l’Etat italien au dédommagement des préjudices subis.
Par une décision du 18 décembre 2001, dont le texte fut déposé au greffe le 8 janvier 2002, la cour d’appel, évaluant la procédure jusqu’au 13 octobre 2001, constata le dépassement d’une durée raisonnable et rejeta la demande de réparation, dans la mesure où la requérante n’avait pas prouvé avoir subi des dommages.
Quant au préjudice matériel, la cour d’appel observa que la requérante n’avait pas allégué en avoir subi et, partant, aucune somme ne pouvait lui être allouée à ce titre.
Quant au dommage non patrimonial, elle affirma que, même si les personnes morales pouvaient en subir à raison du dépassement du délai raisonnable, ces souffrances ne pouvaient exister qu’en présence de certains types de préjudices et exigeaient, pour leur détermination, des preuves précises qui, en l’espèce, n’avaient pas été fournies.
7. La requérante se pourvut en cassation en arguant qu’une fois le dépassement du délai raisonnable constaté, les personnes morales n’avaient pas à fournir la preuve d’un dommage à l’évidence in re ipsa.
Par un arrêt du 30 septembre 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 14 novembre 2002, la Cour de cassation rejeta le pourvoi et compensa entre les parties les frais et dépenses de procédure.
Selon la Cour de cassation, la loi Pinto ne reconnaissait aucun prétendu dommage in re ipsa mais exigeait qu’une preuve soit fournie aux termes de l’article 2 de ladite loi.
8. Par une lettre du 22 janvier 2003, la requérante informa la Cour du résultat de la procédure nationale et la pria de reprendre l’examen de sa requête.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
9. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
10. La requérante allègue que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
11. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
12. Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime, à la lumière de la jurisprudence établie en la matière (Provide S.r.l. c. Italie, no 62155/00, §§ 20-25, CEDH 2007, 5 juillet 2007), que le redressement s’est révélé insuffisant et que la requérante peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
13. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurt à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
14. La Cour rappelle avoir examiné un grief identique à lui présenté par la requérante et avoir conclu à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention (voir Provide S.r.l. c. Italie, précité, §§ 29-32).
15. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 1er février 1994, jour de l’assignation de la requérante devant le tribunal de Fermo, jusqu’au 13 octobre 2001, dernière date prise en considération par la cour d’appel « Pinto ». Elle a donc duré plus de sept ans et huit mois pour un degré de juridiction.
16. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
17. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
18. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
19. La requérante réclame 2 000 euros (EUR) au titre du préjudice matériel et 6 000 EUR pour dommage non patrimonial.
20. Le Gouvernement n’a pas pris position à cet égard.
21. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué et rejette cette demande. En revanche, pour ce qui est du dommage non patrimonial, la Cour estime qu’elle aurait pu accorder, en l’absence de voies de recours internes, la somme de 6 000 EUR en prenant en compte le retard imputable à la requérante, ainsi que de l’enjeu du litige. Le fait que les juridictions nationales n’aient rien accordé à la requérante aboutit selon la Cour à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait que, malgré ce recours interne, elle soit parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie, précité (§§ 139-142 et 146) et, statuant en équité, alloue à la requérante 2 700 EUR.
B. Frais et dépens
22. La requérante demande également 6 833 EUR environ pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et 6 963 EUR pour ceux engagés devant la Cour. A ce propos, l’avocat de la requérante n’a pas envoyé de justificatifs car, il explique, qu’ils ne seront émis et payés que lorsque la procédure sera terminée.
23. Le Gouvernement n’a pas pris position à cet égard. Le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour.
24. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22).
25. En l’espèce, la Cour estime qu’il y a lieu de rembourser à la requérante les frais encourus devant la cour d’appel de L’Aquila et la Cour de cassation, ainsi que ceux de la procédure à Strasbourg. Statuant en équité comme le veut l’article 41 de la Convention, elle juge raisonnable d’octroyer 3 000 EUR à ce titre.
C. Intérêts moratoires
26. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR,
1. Déclare, à la majorité, la requête recevable ;
2. Dit, par six voix contre une, qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit, par six voix contre une,
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 2 700 EUR (deux mille sept cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 3 000 EUR (trois mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette, à l’unanimité, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 1er juillet 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion dissidente du juge Zagrebelsky.
F.T.
S.D.

OPINION DISSIDENTE DU JUGE ZAGREBELSKY
Je ne puis souscrire à l’avis de la majorité, qui conclut à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention au motif que la procédure civile à laquelle la société requérante était partie a dépassé une durée raisonnable. Ledit dépassement ne prêtant pas à controverse et ayant été reconnu au niveau interne (paragraphe 6 de l’arrêt), la seule question qui se posait à la Cour était de savoir si la violation, admise par les autorités nationales, appelait aussi une indemnisation.
La Cour a jugé que l’absence totale d’indemnisation était incompatible avec sa propre jurisprudence et, faisant une application stricte de celle-ci, a constaté la violation du droit d’obtenir une décision dans un délai raisonnable et a alloué à la société requérante 2 700 euros pour dommage moral.
La Cour n’a pas développé son raisonnement pour remettre en cause la conclusion du juge interne ayant consisté à dire qu’une personne morale pouvait fort bien subir un préjudice moral du fait de la durée excessive d’une procédure judiciaire mais qu’en l’espèce aucune preuve n’avait été présentée en ce sens.
Le défaut de motivation, sur ce point, n’est pas un défaut de l’arrêt, puisque l’on applique ici une jurisprudence bien établie selon laquelle un préjudice moral appelant une indemnisation est toujours reconnu par la Cour aux fins de l’application de l’article 41 de la Convention quand il s’agit de la violation du droit à une procédure judiciaire de durée raisonnable. Les arrêts où la Cour conclut à la violation de l’article 6 à cause du dépassement d’un délai raisonnable et décide néanmoins que le constat de violation fournit une satisfaction équitable suffisante sont en effet rarissimes (tandis qu’ils le sont beaucoup moins pour des violations plus graves du même article 6 ou d’autres articles de la Convention). Dès lors, on peut dire que la Cour, dans le cas des violations en question, présume l’existence d’un dommage moral et se préoccupe uniquement de le quantifier.
Tout en explicitant mon désaccord, je profite de cette affaire emblématique pour mettre en lumière les conséquences injustifiables de certains aspects de la jurisprudence de la Cour, qui me semblent nécessiter une révision.
Quant au fait que la Cour a, même en l’espèce, jugé nécessaire une indemnisation pour dommage non patrimonial, il me paraît suffisant de noter en général que l’éventuel préjudice non patrimonial présente certes des caractéristiques tout à fait spéciales quant il s’agit d’une personne morale, et de plus que dans la présente affaire la requérante était la partie défenderesse dans la procédure interne. Elle était la débitrice potentielle, et la question que les juges internes ne sont pas arrivés à résoudre rapidement était le fait de savoir si un jour ou l’autre elle aurait à payer une certaine somme (1 471,90 euros !) et non pas si, comme la partie demanderesse, elle allait enfin recevoir un paiement. Il est donc difficile, voire impossible, de croire à une quelconque angoisse ou autre souffrance de la société requérante, qui en tout état de cause n’a produit, ni au niveau national ni devant la Cour, aucun élément susceptible ne serait-ce que de faire présumer son existence.
Je conclus que le fait que les juges nationaux aient reconnu la violation aurait dû suffire même à la Cour, laquelle aurait ainsi dû reconnaître que la violation avait été admise et réparée au niveau interne.
Quant au montant de l’indemnité (qui, je le reconnais, a été calculé selon les critères généraux adoptés et normalement utilisés par la Cour en la matière), il me suffit de rappeler que la société requérante s’est vu allouer une indemnité de 2 700 euros (ainsi que 3 000 euros pour frais et dépens) alors que pour elle l’enjeu initial du litige était de 1 471,90 euros. N’y a-t-il pas là quelque chose qui frôle l’exagération ? La Cour n’a-t-elle pas d’affaires plus graves à traiter, pour inviter ainsi les requérants à courir vers elle en quête d’argent facile ? Les critères adoptés par la Cour en la matière ne demandent-ils pas une révision urgente ?

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

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La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 06/10/2024