Conclusione: Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento degradante Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale)
SECONDA SEZIONE
CAUSA CIRILLO C. ITALIA
( Richiesta no 36276/10)
SENTENZA
STRASBURGO
29 gennaio 2013
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Cirillo c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Danutė Jočienė, presidentessa,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici edi Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 18 dicembre 2012,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36276/10) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 giugno 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Lucera. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce l’insufficienza delle cure che gli sono state prodigate nella prigione di Foggia per trattare la sua patologia.
4. Il 5 gennaio 2012, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1980 e è detenuto a Foggia attualmente.
6. Il richiedente è colpito, dal marzo 2005, da una paralisi subtotale del plesso brachiale sinistro, corredata da una limitazione funzionale severa, provocata da una pallottola di un’arma da fuoco. Inoltre, è colpito da sindromi ansiose e depressive.
7. Il 18 novembre 2005, fu arrestato e fu incarcerato nella prigione di Reggio Calabria nella cornice di un’inchiesta per omicidio. Con una sentenza della corte s’assise di appello di Reggio Calabria del 7 dicembre 2007, il richiedente fu condannato ad una pena di ventuno anni di reclusione.
8. I medici della prigione della Reggio Calabre raccomandarono la necessità di effettuare dei cicli di cinesiterapia e di elettrostimolazione nei centri specializzati di rieducazione.
9. Il richiedente effettuò una prima terapia all’unità di cinesiterapia dell’ospedale di Cittanova dal 20 febbraio al 19 aprile 2006.
10. Il 24 luglio 2007, il medico della prigione di Messina nella quale il richiedente era stato trasferito, segnalò al direttore della determinazione che l’interessato aveva bisogno di una terapia in un centro specializzato.
11. Il 16 agosto 2007, il richiedente fu esaminato al “Centro Neurolesi” di Messina. Il medico prescrisse al richiedente degli esercizi di cinesiterapia per la riabilitazione del membro superiore sinistro così come delle sedute di elettroterapia per la stimolazione dei muscoli.
12. Risulta della pratica medica della prigione di Messina che il richiedente beneficiò di alcune sedute di cinesiterapia praticata dai medici della prigione di cui la frequenza e la durata non sono state precisate.
13. Il 14 dicembre 2008, il richiedente fu trasferito alla prigione di Foggia. Fece un sciopero della fame del 6 al 22 ottobre 2009 e del 2 al 9 giugno 2010.
14. Nel 2009, il richiedente investe il tribunale di applicazione delle pene di Bari di una domanda che tende ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della sua pena in ragione del suo stato di salute. Fece valere che dal suo arrivo nella prigione di Foggia, aveva beneficiato solamente di alcune sedute sporadiche di cinesiterapia e che, di conseguenza, constatava una perdita progressiva della funzionalità del suo braccio sinistro.
Il 21 dicembre 2009, il medico della prigione emise un certificato secondo che il richiedente non era in pericolo di vita ed era in attesa di effettuare un ciclo di cinesiterapia che mira ad evitare la paralisi del tendine del membro superiore sinistro.
15. Con un’ordinanza del 4 febbraio 2010, il tribunale, sulla base del certificato del 21 dicembre 2009, affermò che le patologie di cui il richiedente soffriva potevano essere curate nella cornice del regime di detenzione. Sostenne dal momento che lo stato di salute del richiedente era compatibile con la detenzione, purché l’amministrazione di sedute regolari di cinesiterapia sia garantita realmente, così bisogno per mezzo di ospedalizzazioni nei centri esterni alla prigione. Di conseguenza, il tribunale respinse la domanda del richiedente ed invitò l’amministrazione penitenziaria a valutare l’opportunità di trasferire il richiedente in un centro clinico o in un altro penitenziario per permettere un seguito terapeutico consolidato ed effettivo.
16. Il 23 marzo 2010, il richiedente si ricorse in cassazione contro l’ordinanza del tribunale di applicazione delle pene, affermando che questo ultimo avrebbe dovuto ordinare la sospensione dell’esecuzione della pena tenuto conto della gravità del suo stato di salute. L’alta giurisdizione respinse il richiedente del suo ricorso il 7 dicembre 2010, confermando la compatibilità tra la detenzione e gli stati di salute del richiedente e considerando che l’interessato non aveva dimostrato di quale modo la detenzione a domicilio avrebbe permesso un trattamento più efficace della sua malattia.
17. In un certificato del 6 aprile 2011, il direttore sanitario della prigione di Foggia attestò che il richiedente beneficiava di cicli di riabilitazione periodica, coi termini di attesa talvolta lunghi, conto tenuto in particolare del numero di domande appendiamo e della sovrappopolazione esistente nel penitenziario.
18. In una data che non è stata precisata, il richiedente investe di nuovo il tribunale di applicazione delle pene di una domanda che prevede la sua detenzione a domicilio per ragioni di salute.
19. Con un’ordinanza del 1 dicembre 2011, appellandosi sui rapporti stabiliti dai medici della prigione di Foggia il 10 e 25 novembre 2011, attestando in particolare che il richiedente beneficiava di sedute di cinesiterapia a giorni alternati dal 9 novembre 2011, il tribunale respinse la domanda del richiedente. Affermò che il suo stato di salute non giustificava la concessione della detenzione domiciliare, perché la sua patologia poteva essere curata in ambiente carcerario a patto di garantire dei cicli regolari di cinesiterapia.
Peraltro, il tribunale ordinò la trasmissione della pratica al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria affinché questa valuta l’opportunità di trasferire il detenuto in un altro istituto penitenziario dove potrebbe ricevere delle cure adattate al suo stato di salute in modo continua e regolare.
20. Risulta della pratica che nel 2010, il richiedente fu sottoposto alle sedute di cinesiterapia i 12, 13, 17, 18, 23 e 24 agosto ed i 9, 10 e 13 settembre 2010. Durante l’anno 2011, due cicli di 10 sedute a giorni alternati furono dispensate il 20 e 24 gennaio ed il 1, 2, 3, 7, 11, 21, 24 e 28 febbraio 2011 così come dal 9 novembre al 1 dicembre 2011.
21. Il 30 gennaio 2012, l’avvocato del richiedente indirizzò un lamento al magistrato di applicazione delle pene di Foggia che adduce la sentenza dei trattamenti terapeutici dal 1 dicembre 2011 e chiedendogli di intervenire per preservare la salute del richiedente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
22. La sospensione dell’esecuzione della pena è prevista dall’articolo 147 § 1 no 2 del codice penale, ai termini del quale
“L’esecuzione di una pena può essere sospesa: (…)
2) se una pena privativa di libertà deve essere eseguita contro una persona che si trova in condizione di infermità fisica grave. “
23. Ai termini dell’articolo 678 del codice di procedimento penale, la decisione di sospendere l’esecuzione della pena può essere adottata anche di ufficio col tribunale di applicazione delle pene.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
24. Il richiedente adduce l’insufficienza delle cure adattate al suo stato di salute. Invoca l’articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
25. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
26. Il Governo eccepisce della no-esaurimento delle vie di ricorso interne. Fa valere che nel suo formulario di richiesta, il richiedente aveva omesso di informare la Corte che si era ricorso in cassazione contro l’ordinanza del tribunale di applicazione delle pene del 4 febbraio 2010. Quindi, pure informando la Corte degli sviluppi del procedimento interno, il Governo è di parere che l’interessato non si è liberato dal suo obbligo di provare che ha esaurito correttamente le vie di ricorso che si offriva a lui.
27. Il richiedente si oppone all’eccezione del Governo.
28. La Corte osserva che all’epoca dell’introduzione della richiesta, il ricorso del richiedente contro l’ordinanza del 4 febbraio 2010 era pendente dinnanzi alla Corte di cassazione. Questa si pronunciò il 7 dicembre 2010. Essendo così la Corte potrebbe concludere che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne e considera che c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
29. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell’articolo 35 § 3, a) della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
30. Il richiedente si lamenta di questo che, malgrado le raccomandazioni dei medici secondo che necessiterebbe delle sedute quotidiane di cinesiterapia, non può aderire alle cure che in modo molto sporadico ed inefficace e conosce di questo fatto una degradazione progressiva delle sue condizioni fisiche. Fa notare che con le due ordinanze che riguardano la sua detenzione, il tribunale di applicazione delle pene di Bari aveva concluso alla compatibilità tra la detenzione ed i suoi stati di salute purché sia trasferito in una determinazione che permette un seguito medico regolare. Ora, malgrado le sue decisioni giudiziali, non è stato trasferito mai e la qualità delle cure dispensate per niente alla prigione di Foggia non ha migliorato.
31. Il Governo fa valere che la sospensione dell’esecuzione della pena è solamente una misura applicabile in caso di infermità fisica incido non permettendo il mantenimento del detenuto in ambiente carcerario. Diventando un’applicazione corretta di questo principio, le autorità nazionali hanno concluso con ragione che lo stato di salute del richiedente era pienamente compatibile con la detenzione a patto di beneficiare di trattamenti di cinesiterapia. A questo riguardo, il Governo afferma che dalla sua carcerazione nel 2008, il richiedente ha potuto beneficiare di sette cicli di fisio-cinesiterapia che comprende ciascuno dieci sedute di elettrostimolazione dei muscoli superiori così come dei trattamenti rieducativi funzionali. In particolare, ha beneficiato di dieci sedute durante i mesi di agosto e settembre 2010, a sapere i 12, 13, 17, 18, 23 e 24 agosto ed i 9, 10 e 13 settembre, e di dieci sedute durante i mesi di gennaio e febbraio 2011, o il 20 e 24 gennaio ed il 1, 2, 3, 7, 11, 21, 24 e 28 febbraio,.
Il Governo sostiene peraltro che il richiedente ha omesso di indicare i periodi durante che non avrebbe beneficiato delle terapie. Stima che lo stato convenuto non dovrebbe essere obbligato a palliare questa carenza di informazione facendo delle ricerche laboriose ed onerose.
32. Il Governo afferma poi che il richiedente ha negato di sottoporsi a certi trattamenti raccomandati dall’amministrazione. Questa mancanza di collaborazione con le autorità competenti dovrebbe portare la Corte a respingere le lamentele dell’interessato.
33. Il Governo fa osservare che lo stato di salute del richiedente è stato controllato regolarmente tanto dal personale sanitario della prigione che coi medici delle strutture esterne presso dalle quali è stato seguito tutto lungo la sua detenzione. Difatti, l’interessato è stato sottomesso ad un numero eccezionale di esami e di consultazioni mediche specializzate. Infine, sarebbe assistito di una persona nel compimento dei gesti della vita quotidiana in prigione. Il Governo ne conclude che la detenzione del richiedente non è stata contraria all’articolo 3 della Convenzione.
1. Principi generali
34. La Corte ricorda che affinché una pena o un trattamento possano essere qualificati d ‘ “disumani” o “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione inflitta alla vittima devono andare al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pena legittima, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, CEDH 2006-IX.
35. Quando si tratta in particolare di persone private di libertà, l’articolo 3 impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non lo sottopongono ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI, e Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006.
36. Le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della sua salute, avuta riguardo alle contigenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Se il non si può dedurre un obbligo generale di rimettere il detenuto in libertà o di trasferirlo in un ospedale civile, anche se soffre di una malattia particolarmente difficile a curare, Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX, l’articolo 3 della Convenzione impone in ogni caso allo stato di proteggere l’integrità fisica delle persone private di libertà. La Corte può escludere solamente, nelle condizioni particolarmente gravi, si possa trovarsi in presenza di situazioni dove una buona amministrazione della giustizia penale esige che siano presi delle misure di natura umanitaria, Matencio c. Francia, no 58749/00, § 76, 15 gennaio 2004, e Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004.
37. La Corte nota che la mancanza di cure mediche adeguate può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3 (vedere İlhan c). Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII; Gennadiy Naumenko c. Ucraina, no 42023/98, § 112, 10 febbraio 2004. La Corte esige, innanzitutto, l’esistenza di un inquadramento medico pertinente del malato e l’adeguamento delle cure mediche prescritte alla sua situazione particolare. L’efficacia del trattamento dispensato presuppone così come le autorità penitenziarie offrono al detenuto le cure mediche prescritte coi medici competenti (vedere Soysal c). Turchia, no 50091/99, § 50, 3 maggio 2007; Gorodnitchev c. Russia, no 52058/99, § 91, 24 maggio 2007. Di più, lo zelo e la frequenza con che le cure mediche sono dispensate all’interessato sono due elementi a prendere in conto per misurare la compatibilità del suo trattamento con le esigenze dell’articolo 3. In particolare, questi due fattori non sono valutati dalla Corte nei termini assoluti, ma tenendo conta ogni volta dello stato particolare di salute del detenuto, Serifis c. Grecia, no 27695/03, § 35, 2 novembre 2006; Rohde c. Danimarca, no 69332/01, § 106, 21 luglio 2005; Iorgov c. Bulgaria, no 40653/98, § 85, 11 marzo 2004; Sediri c. Francia, déc.), no 4310/05, 10 aprile 2007. In generale, la degradazione della salute del detenuto non gioca, in si, un ruolo determinante in quanto al rispetto dell’articolo 3 della Convenzione. La Corte esaminerà ad ogni volta se il deterioramento dello stato di salute dell’interessato era imputabile alle lacune nelle cure mediche dispensate (vedere Kotsaftis c). Grecia, no 39780/06, § 53, 12 giugno 2008.
2. Applicazione al caso di specie
38. Le lamentele del richiedente cadono sulla qualità delle cure che gli sono dispensate alla prigione di Foggia per il trattamento della sua patologia.
La Corte osserva che il richiedente ha chiesto a più riprese che la sua pena sia sospesa per ragioni mediche. Però, né i medici, né i giudici che si sono occupati del caso del richiedente hanno concluso solamente lo stato di salute di questo è incompatibile con la detenzione ordinaria, affermando al contrario che le cure necessarie possono essere amministrate in ambiente carcerario, ha contrario, Scoppola c. Italia (no 4), no 65050/09, § 52, 17 luglio 2012. In queste condizioni, la Corte non può concludere che il mantenimento in detenzione del richiedente è incompatibile in si con l’articolo 3 della Convenzione.
39. In compenso, è incontestato che il richiedente soffre di una patologia invalidata che necessita un seguito medico intensivo e regolare. Così, la Corte ha il dovere di ricercare se, nello specifico, le autorità nazionali hanno fatto ciò che si poteva esigere ragionevolmente di esse e, in particolare, se hanno soddisfatto, in generale, al loro obbligo di proteggere l’integrità fisica del richiedente con l’amministrazione di cure mediche adeguate.
40. Il richiedente è raggiunto di un paralisi subtotale del braccio sinistro corredato di una limitazione funzionale severa. Inoltre, soffre delle agitazioni ansiose e depressive. Gli elementi della pratica dimostrano che l’insieme dei medici avendo esaminato il richiedente non ha cessato di affermare che la sottomissione ai cicli regolari di cinesiterapia è necessaria per alleggerire le sofferenze del richiedente e per impedire la paralisi totale del tendine del braccio. I giudici di applicazione delle pene hanno invitato peraltro a due riprese l’amministrazione penitenziaria a mettere tutto in œuvre per garantire al Sig. Cirillo delle sedute continue di cinesiterapia, paragrafi 15 e 19 sopra.
41. Il Governo che non contesta la gravità dello stato di salute del richiedente e la necessità di ricevere delle cure regolari, mantiene che questo ha beneficiato dall’inizio della sua detenzione di un seguito adeguato e sufficiente. Ne vuole per prova dinnanzi alla Corte il calendario delle sedute di cinesiterapia amministrata durante gli anni 2010 e 2011. Peraltro, il Governo stima che apparterrebbe al richiedente di indicare i periodi durante che non avrebbe avuto accesso alle cure e considera che lo stato non è tenuto di difendersi di lamentele formulate in modo imprecisa.
42. Innanzitutto, concernente questa ultima affermazione del Governo, la Corte, sensibile alla vulnerabilità particolare delle persone che si trovano sotto il controllo esclusivo degli agenti dello stato, tali le persone detenute, stima utile di ricordare qui che il procedimento previsto dalla Convenzione non suscita sempre un’applicazione rigorosa del principio affirmanti incumbit probatio, la prova incombe su quello che afferma. Quando il governo convenuto è il solo ad avere accesso alle informazione suscettibili di confermare o di annullare le affermazioni del richiedente, il fatto che, senza dare di giustificazione soddisfacente, un governo si astenga da fornire le informazione nel suo possesso può permettere di derivare dei conclusioni in quanto alla fondatezza delle affermazioni in questione (vedere, entra altri, Ahmet Özkan ed altri c. Turchia, no 21689/93, § 426, 6 aprile 2004; Flamînzeanu c. Romania, no 56664/08, § 90, 12 aprile 2011.
43. Comunque sia, limitandosi nello specifico all’esame degli elementi presenti nella pratica ed al di là di tutta altra considerazione, la Corte osserva che il richiedente è stato sottomesso a dieci sedute di cinesiterapia nel 2010 ed a venti sedute in 2011, (vedere sopra 20 e 31 paragrafi). Ora, la Corte non è dello stesso parere che il Governo e considera che queste informazione incontestate provano, contrariamente alle affermazioni del Governo, che il richiedente non ha potuto aderire che in modo sporadico alle cure di cui avrebbe bisogno in modo assiduo e costante.
44. Se è vero che la pratica medica del richiedente dimostra che questo è stato esaminato a più riprese dai medici, siccome il fatto valere il Governo, la Corte ricorda che è molto solamente sufficiente il detenuto sia esaminato ed una diagnosi invalsa. In vista della salvaguardia del prigioniero, è fondamentale che una terapia che corrisponde alla diagnosi invalsa ed una sorveglianza medica adeguata siano messe anche in opera, Poghossian c. Georgia, no 9870/07, § 59, 24 febbraio 2009; Raffray Taddei c. Francia, no 36435/07, § 59, 21 dicembre 2010.
45. La Corte osserva poi che l’affermazione del richiedente concernente l’insufficienza delle cure mediche adeguate sembra essere confermata anche dal certificato della direzione sanitaria della prigione di Foggia del 6 aprile 2011, riconoscente la difficoltà per il richiedente di avere accesso alle cure in ragione del grande numero di domande e della sovrappopolazione regnante nella determinazione (vedere sopra paragrafo 17).
La Corte non sottovaluta le difficoltà di garantire alle persone detenute delle cure specializzate intensive e regolari, in particolare in una situazione di sovrappopolazione carceraria. Però, stima che le disfunzioni strutturali del sistema penitenziario non dispensano lo stato della sua obblighi faccia ai detenuti malati.
46. Agli occhi della Corte, la patologia presentata dal richiedente e l’inadeguatezza della prigione di Foggia avrebbe dovuto condurre perlomeno le autorità a trasferire questo ultimo in una determinazione che garantisce delle cure adattate per escludere ogni rischio di trattamenti disumani, conformemente alle raccomandazioni emesse dai giudici di applicazione delle pene.
47. Infine, concernente l’argomento secondo che il richiedente avrebbe impedito i passi delle autorità con la sua mancanza di collaborazione, la Corte nota che il Governo si è limitato a fare riferimento in modo vago a certi rifiuti che l’interessato avrebbe opposto ai trattamenti, senza precisare la portata di detto rifiuto né produrre di documenti a sostegno della sua affermazione. Niente nella pratica prova del resto, solamente il comportamento del richiedente abbia ostacolato l’azione delle autorità competenti e sia stato la causa della disfunzione in suo seguito medico.
48. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte stima che nello specifico, le autorità sono mancate al loro obbligo di garantire il trattamento medico adattato alla sua patologia al richiedente. Considera che la prova che il richiedente ha subito di questo fatto ha superato il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e ha costituito un “trattamento disumano o degradante” al senso dell’articolo 3 della Convenzione. A questo riguardo, la Corte non perde di vista che il richiedente è raggiunto anche di agitazioni psicologiche.
La Corte ammette che nello specifico, niente indica solamente sia ci stata veramente intenzione di umiliare o di abbassare il richiedente. Tuttavia, la mancanza di un tale scopo non saprebbe escludere una constatazione di violazione dell’articolo 3, mutatis mutandis, Peers c. Grecia, no 28524/95, § 74, CEDH 2001-III.
49. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
51. Il richiedente richiede un risarcimento per il danno materiale e morale che avrebbe subito, senza valutare tuttavia le sue pretese.
52. Il Governo si oppone.
53. La Corte non vede nessun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno patrimoniale addotto, del resto non quantificato, e respinge la domanda del richiedente a questo titolo. In compenso, considera che il richiedente ha subito un torto morale certo e, deliberando in equità, decide che c’è luogo di concedere al richiedente 10 000 EUR.
B. Oneri e spese
54. Il richiedente chiede anche 5 000 EUR per l’insieme degli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
55. Il Governo si oppone.
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 3 000 EUR ogni onere compreso e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
57. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 3 000 EUR, tremila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 gennaio 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Cancelliere Presidentessa