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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CIRILLO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 03
Numero: 36276/10/2013
Stato: Italia
Data: 2013-01-29 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione: Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento degradante Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale)

SECONDA SEZIONE

CAUSA CIRILLO C. ITALIA

( Richiesta no 36276/10)

SENTENZA

STRASBURGO

29 gennaio 2013

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Cirillo c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Danutė Jočienė, presidentessa,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici edi Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 18 dicembre 2012,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36276/10) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 giugno 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Lucera. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce l’insufficienza delle cure che gli sono state prodigate nella prigione di Foggia per trattare la sua patologia.
4. Il 5 gennaio 2012, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1980 e è detenuto a Foggia attualmente.
6. Il richiedente è colpito, dal marzo 2005, da una paralisi subtotale del plesso brachiale sinistro, corredata da una limitazione funzionale severa, provocata da una pallottola di un’arma da fuoco. Inoltre, è colpito da sindromi ansiose e depressive.
7. Il 18 novembre 2005, fu arrestato e fu incarcerato nella prigione di Reggio Calabria nella cornice di un’inchiesta per omicidio. Con una sentenza della corte s’assise di appello di Reggio Calabria del 7 dicembre 2007, il richiedente fu condannato ad una pena di ventuno anni di reclusione.
8. I medici della prigione della Reggio Calabre raccomandarono la necessità di effettuare dei cicli di cinesiterapia e di elettrostimolazione nei centri specializzati di rieducazione.
9. Il richiedente effettuò una prima terapia all’unità di cinesiterapia dell’ospedale di Cittanova dal 20 febbraio al 19 aprile 2006.
10. Il 24 luglio 2007, il medico della prigione di Messina nella quale il richiedente era stato trasferito, segnalò al direttore della determinazione che l’interessato aveva bisogno di una terapia in un centro specializzato.
11. Il 16 agosto 2007, il richiedente fu esaminato al “Centro Neurolesi” di Messina. Il medico prescrisse al richiedente degli esercizi di cinesiterapia per la riabilitazione del membro superiore sinistro così come delle sedute di elettroterapia per la stimolazione dei muscoli.
12. Risulta della pratica medica della prigione di Messina che il richiedente beneficiò di alcune sedute di cinesiterapia praticata dai medici della prigione di cui la frequenza e la durata non sono state precisate.
13. Il 14 dicembre 2008, il richiedente fu trasferito alla prigione di Foggia. Fece un sciopero della fame del 6 al 22 ottobre 2009 e del 2 al 9 giugno 2010.
14. Nel 2009, il richiedente investe il tribunale di applicazione delle pene di Bari di una domanda che tende ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della sua pena in ragione del suo stato di salute. Fece valere che dal suo arrivo nella prigione di Foggia, aveva beneficiato solamente di alcune sedute sporadiche di cinesiterapia e che, di conseguenza, constatava una perdita progressiva della funzionalità del suo braccio sinistro.
Il 21 dicembre 2009, il medico della prigione emise un certificato secondo che il richiedente non era in pericolo di vita ed era in attesa di effettuare un ciclo di cinesiterapia che mira ad evitare la paralisi del tendine del membro superiore sinistro.
15. Con un’ordinanza del 4 febbraio 2010, il tribunale, sulla base del certificato del 21 dicembre 2009, affermò che le patologie di cui il richiedente soffriva potevano essere curate nella cornice del regime di detenzione. Sostenne dal momento che lo stato di salute del richiedente era compatibile con la detenzione, purché l’amministrazione di sedute regolari di cinesiterapia sia garantita realmente, così bisogno per mezzo di ospedalizzazioni nei centri esterni alla prigione. Di conseguenza, il tribunale respinse la domanda del richiedente ed invitò l’amministrazione penitenziaria a valutare l’opportunità di trasferire il richiedente in un centro clinico o in un altro penitenziario per permettere un seguito terapeutico consolidato ed effettivo.
16. Il 23 marzo 2010, il richiedente si ricorse in cassazione contro l’ordinanza del tribunale di applicazione delle pene, affermando che questo ultimo avrebbe dovuto ordinare la sospensione dell’esecuzione della pena tenuto conto della gravità del suo stato di salute. L’alta giurisdizione respinse il richiedente del suo ricorso il 7 dicembre 2010, confermando la compatibilità tra la detenzione e gli stati di salute del richiedente e considerando che l’interessato non aveva dimostrato di quale modo la detenzione a domicilio avrebbe permesso un trattamento più efficace della sua malattia.
17. In un certificato del 6 aprile 2011, il direttore sanitario della prigione di Foggia attestò che il richiedente beneficiava di cicli di riabilitazione periodica, coi termini di attesa talvolta lunghi, conto tenuto in particolare del numero di domande appendiamo e della sovrappopolazione esistente nel penitenziario.
18. In una data che non è stata precisata, il richiedente investe di nuovo il tribunale di applicazione delle pene di una domanda che prevede la sua detenzione a domicilio per ragioni di salute.
19. Con un’ordinanza del 1 dicembre 2011, appellandosi sui rapporti stabiliti dai medici della prigione di Foggia il 10 e 25 novembre 2011, attestando in particolare che il richiedente beneficiava di sedute di cinesiterapia a giorni alternati dal 9 novembre 2011, il tribunale respinse la domanda del richiedente. Affermò che il suo stato di salute non giustificava la concessione della detenzione domiciliare, perché la sua patologia poteva essere curata in ambiente carcerario a patto di garantire dei cicli regolari di cinesiterapia.
Peraltro, il tribunale ordinò la trasmissione della pratica al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria affinché questa valuta l’opportunità di trasferire il detenuto in un altro istituto penitenziario dove potrebbe ricevere delle cure adattate al suo stato di salute in modo continua e regolare.
20. Risulta della pratica che nel 2010, il richiedente fu sottoposto alle sedute di cinesiterapia i 12, 13, 17, 18, 23 e 24 agosto ed i 9, 10 e 13 settembre 2010. Durante l’anno 2011, due cicli di 10 sedute a giorni alternati furono dispensate il 20 e 24 gennaio ed il 1, 2, 3, 7, 11, 21, 24 e 28 febbraio 2011 così come dal 9 novembre al 1 dicembre 2011.
21. Il 30 gennaio 2012, l’avvocato del richiedente indirizzò un lamento al magistrato di applicazione delle pene di Foggia che adduce la sentenza dei trattamenti terapeutici dal 1 dicembre 2011 e chiedendogli di intervenire per preservare la salute del richiedente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
22. La sospensione dell’esecuzione della pena è prevista dall’articolo 147 § 1 no 2 del codice penale, ai termini del quale
“L’esecuzione di una pena può essere sospesa: (…)
2) se una pena privativa di libertà deve essere eseguita contro una persona che si trova in condizione di infermità fisica grave. “
23. Ai termini dell’articolo 678 del codice di procedimento penale, la decisione di sospendere l’esecuzione della pena può essere adottata anche di ufficio col tribunale di applicazione delle pene.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
24. Il richiedente adduce l’insufficienza delle cure adattate al suo stato di salute. Invoca l’articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
25. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
26. Il Governo eccepisce della no-esaurimento delle vie di ricorso interne. Fa valere che nel suo formulario di richiesta, il richiedente aveva omesso di informare la Corte che si era ricorso in cassazione contro l’ordinanza del tribunale di applicazione delle pene del 4 febbraio 2010. Quindi, pure informando la Corte degli sviluppi del procedimento interno, il Governo è di parere che l’interessato non si è liberato dal suo obbligo di provare che ha esaurito correttamente le vie di ricorso che si offriva a lui.
27. Il richiedente si oppone all’eccezione del Governo.
28. La Corte osserva che all’epoca dell’introduzione della richiesta, il ricorso del richiedente contro l’ordinanza del 4 febbraio 2010 era pendente dinnanzi alla Corte di cassazione. Questa si pronunciò il 7 dicembre 2010. Essendo così la Corte potrebbe concludere che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne e considera che c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
29. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell’articolo 35 § 3, a) della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
30. Il richiedente si lamenta di questo che, malgrado le raccomandazioni dei medici secondo che necessiterebbe delle sedute quotidiane di cinesiterapia, non può aderire alle cure che in modo molto sporadico ed inefficace e conosce di questo fatto una degradazione progressiva delle sue condizioni fisiche. Fa notare che con le due ordinanze che riguardano la sua detenzione, il tribunale di applicazione delle pene di Bari aveva concluso alla compatibilità tra la detenzione ed i suoi stati di salute purché sia trasferito in una determinazione che permette un seguito medico regolare. Ora, malgrado le sue decisioni giudiziali, non è stato trasferito mai e la qualità delle cure dispensate per niente alla prigione di Foggia non ha migliorato.
31. Il Governo fa valere che la sospensione dell’esecuzione della pena è solamente una misura applicabile in caso di infermità fisica incido non permettendo il mantenimento del detenuto in ambiente carcerario. Diventando un’applicazione corretta di questo principio, le autorità nazionali hanno concluso con ragione che lo stato di salute del richiedente era pienamente compatibile con la detenzione a patto di beneficiare di trattamenti di cinesiterapia. A questo riguardo, il Governo afferma che dalla sua carcerazione nel 2008, il richiedente ha potuto beneficiare di sette cicli di fisio-cinesiterapia che comprende ciascuno dieci sedute di elettrostimolazione dei muscoli superiori così come dei trattamenti rieducativi funzionali. In particolare, ha beneficiato di dieci sedute durante i mesi di agosto e settembre 2010, a sapere i 12, 13, 17, 18, 23 e 24 agosto ed i 9, 10 e 13 settembre, e di dieci sedute durante i mesi di gennaio e febbraio 2011, o il 20 e 24 gennaio ed il 1, 2, 3, 7, 11, 21, 24 e 28 febbraio,.
Il Governo sostiene peraltro che il richiedente ha omesso di indicare i periodi durante che non avrebbe beneficiato delle terapie. Stima che lo stato convenuto non dovrebbe essere obbligato a palliare questa carenza di informazione facendo delle ricerche laboriose ed onerose.
32. Il Governo afferma poi che il richiedente ha negato di sottoporsi a certi trattamenti raccomandati dall’amministrazione. Questa mancanza di collaborazione con le autorità competenti dovrebbe portare la Corte a respingere le lamentele dell’interessato.
33. Il Governo fa osservare che lo stato di salute del richiedente è stato controllato regolarmente tanto dal personale sanitario della prigione che coi medici delle strutture esterne presso dalle quali è stato seguito tutto lungo la sua detenzione. Difatti, l’interessato è stato sottomesso ad un numero eccezionale di esami e di consultazioni mediche specializzate. Infine, sarebbe assistito di una persona nel compimento dei gesti della vita quotidiana in prigione. Il Governo ne conclude che la detenzione del richiedente non è stata contraria all’articolo 3 della Convenzione.
1. Principi generali
34. La Corte ricorda che affinché una pena o un trattamento possano essere qualificati d ‘ “disumani” o “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione inflitta alla vittima devono andare al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pena legittima, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, CEDH 2006-IX.
35. Quando si tratta in particolare di persone private di libertà, l’articolo 3 impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non lo sottopongono ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI, e Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006.
36. Le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della sua salute, avuta riguardo alle contigenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Se il non si può dedurre un obbligo generale di rimettere il detenuto in libertà o di trasferirlo in un ospedale civile, anche se soffre di una malattia particolarmente difficile a curare, Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX, l’articolo 3 della Convenzione impone in ogni caso allo stato di proteggere l’integrità fisica delle persone private di libertà. La Corte può escludere solamente, nelle condizioni particolarmente gravi, si possa trovarsi in presenza di situazioni dove una buona amministrazione della giustizia penale esige che siano presi delle misure di natura umanitaria, Matencio c. Francia, no 58749/00, § 76, 15 gennaio 2004, e Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004.
37. La Corte nota che la mancanza di cure mediche adeguate può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3 (vedere İlhan c). Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII; Gennadiy Naumenko c. Ucraina, no 42023/98, § 112, 10 febbraio 2004. La Corte esige, innanzitutto, l’esistenza di un inquadramento medico pertinente del malato e l’adeguamento delle cure mediche prescritte alla sua situazione particolare. L’efficacia del trattamento dispensato presuppone così come le autorità penitenziarie offrono al detenuto le cure mediche prescritte coi medici competenti (vedere Soysal c). Turchia, no 50091/99, § 50, 3 maggio 2007; Gorodnitchev c. Russia, no 52058/99, § 91, 24 maggio 2007. Di più, lo zelo e la frequenza con che le cure mediche sono dispensate all’interessato sono due elementi a prendere in conto per misurare la compatibilità del suo trattamento con le esigenze dell’articolo 3. In particolare, questi due fattori non sono valutati dalla Corte nei termini assoluti, ma tenendo conta ogni volta dello stato particolare di salute del detenuto, Serifis c. Grecia, no 27695/03, § 35, 2 novembre 2006; Rohde c. Danimarca, no 69332/01, § 106, 21 luglio 2005; Iorgov c. Bulgaria, no 40653/98, § 85, 11 marzo 2004; Sediri c. Francia, déc.), no 4310/05, 10 aprile 2007. In generale, la degradazione della salute del detenuto non gioca, in si, un ruolo determinante in quanto al rispetto dell’articolo 3 della Convenzione. La Corte esaminerà ad ogni volta se il deterioramento dello stato di salute dell’interessato era imputabile alle lacune nelle cure mediche dispensate (vedere Kotsaftis c). Grecia, no 39780/06, § 53, 12 giugno 2008.
2. Applicazione al caso di specie
38. Le lamentele del richiedente cadono sulla qualità delle cure che gli sono dispensate alla prigione di Foggia per il trattamento della sua patologia.
La Corte osserva che il richiedente ha chiesto a più riprese che la sua pena sia sospesa per ragioni mediche. Però, né i medici, né i giudici che si sono occupati del caso del richiedente hanno concluso solamente lo stato di salute di questo è incompatibile con la detenzione ordinaria, affermando al contrario che le cure necessarie possono essere amministrate in ambiente carcerario, ha contrario, Scoppola c. Italia (no 4), no 65050/09, § 52, 17 luglio 2012. In queste condizioni, la Corte non può concludere che il mantenimento in detenzione del richiedente è incompatibile in si con l’articolo 3 della Convenzione.
39. In compenso, è incontestato che il richiedente soffre di una patologia invalidata che necessita un seguito medico intensivo e regolare. Così, la Corte ha il dovere di ricercare se, nello specifico, le autorità nazionali hanno fatto ciò che si poteva esigere ragionevolmente di esse e, in particolare, se hanno soddisfatto, in generale, al loro obbligo di proteggere l’integrità fisica del richiedente con l’amministrazione di cure mediche adeguate.
40. Il richiedente è raggiunto di un paralisi subtotale del braccio sinistro corredato di una limitazione funzionale severa. Inoltre, soffre delle agitazioni ansiose e depressive. Gli elementi della pratica dimostrano che l’insieme dei medici avendo esaminato il richiedente non ha cessato di affermare che la sottomissione ai cicli regolari di cinesiterapia è necessaria per alleggerire le sofferenze del richiedente e per impedire la paralisi totale del tendine del braccio. I giudici di applicazione delle pene hanno invitato peraltro a due riprese l’amministrazione penitenziaria a mettere tutto in œuvre per garantire al Sig. Cirillo delle sedute continue di cinesiterapia, paragrafi 15 e 19 sopra.
41. Il Governo che non contesta la gravità dello stato di salute del richiedente e la necessità di ricevere delle cure regolari, mantiene che questo ha beneficiato dall’inizio della sua detenzione di un seguito adeguato e sufficiente. Ne vuole per prova dinnanzi alla Corte il calendario delle sedute di cinesiterapia amministrata durante gli anni 2010 e 2011. Peraltro, il Governo stima che apparterrebbe al richiedente di indicare i periodi durante che non avrebbe avuto accesso alle cure e considera che lo stato non è tenuto di difendersi di lamentele formulate in modo imprecisa.
42. Innanzitutto, concernente questa ultima affermazione del Governo, la Corte, sensibile alla vulnerabilità particolare delle persone che si trovano sotto il controllo esclusivo degli agenti dello stato, tali le persone detenute, stima utile di ricordare qui che il procedimento previsto dalla Convenzione non suscita sempre un’applicazione rigorosa del principio affirmanti incumbit probatio, la prova incombe su quello che afferma. Quando il governo convenuto è il solo ad avere accesso alle informazione suscettibili di confermare o di annullare le affermazioni del richiedente, il fatto che, senza dare di giustificazione soddisfacente, un governo si astenga da fornire le informazione nel suo possesso può permettere di derivare dei conclusioni in quanto alla fondatezza delle affermazioni in questione (vedere, entra altri, Ahmet Özkan ed altri c. Turchia, no 21689/93, § 426, 6 aprile 2004; Flamînzeanu c. Romania, no 56664/08, § 90, 12 aprile 2011.
43. Comunque sia, limitandosi nello specifico all’esame degli elementi presenti nella pratica ed al di là di tutta altra considerazione, la Corte osserva che il richiedente è stato sottomesso a dieci sedute di cinesiterapia nel 2010 ed a venti sedute in 2011, (vedere sopra 20 e 31 paragrafi). Ora, la Corte non è dello stesso parere che il Governo e considera che queste informazione incontestate provano, contrariamente alle affermazioni del Governo, che il richiedente non ha potuto aderire che in modo sporadico alle cure di cui avrebbe bisogno in modo assiduo e costante.
44. Se è vero che la pratica medica del richiedente dimostra che questo è stato esaminato a più riprese dai medici, siccome il fatto valere il Governo, la Corte ricorda che è molto solamente sufficiente il detenuto sia esaminato ed una diagnosi invalsa. In vista della salvaguardia del prigioniero, è fondamentale che una terapia che corrisponde alla diagnosi invalsa ed una sorveglianza medica adeguata siano messe anche in opera, Poghossian c. Georgia, no 9870/07, § 59, 24 febbraio 2009; Raffray Taddei c. Francia, no 36435/07, § 59, 21 dicembre 2010.
45. La Corte osserva poi che l’affermazione del richiedente concernente l’insufficienza delle cure mediche adeguate sembra essere confermata anche dal certificato della direzione sanitaria della prigione di Foggia del 6 aprile 2011, riconoscente la difficoltà per il richiedente di avere accesso alle cure in ragione del grande numero di domande e della sovrappopolazione regnante nella determinazione (vedere sopra paragrafo 17).
La Corte non sottovaluta le difficoltà di garantire alle persone detenute delle cure specializzate intensive e regolari, in particolare in una situazione di sovrappopolazione carceraria. Però, stima che le disfunzioni strutturali del sistema penitenziario non dispensano lo stato della sua obblighi faccia ai detenuti malati.
46. Agli occhi della Corte, la patologia presentata dal richiedente e l’inadeguatezza della prigione di Foggia avrebbe dovuto condurre perlomeno le autorità a trasferire questo ultimo in una determinazione che garantisce delle cure adattate per escludere ogni rischio di trattamenti disumani, conformemente alle raccomandazioni emesse dai giudici di applicazione delle pene.
47. Infine, concernente l’argomento secondo che il richiedente avrebbe impedito i passi delle autorità con la sua mancanza di collaborazione, la Corte nota che il Governo si è limitato a fare riferimento in modo vago a certi rifiuti che l’interessato avrebbe opposto ai trattamenti, senza precisare la portata di detto rifiuto né produrre di documenti a sostegno della sua affermazione. Niente nella pratica prova del resto, solamente il comportamento del richiedente abbia ostacolato l’azione delle autorità competenti e sia stato la causa della disfunzione in suo seguito medico.
48. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte stima che nello specifico, le autorità sono mancate al loro obbligo di garantire il trattamento medico adattato alla sua patologia al richiedente. Considera che la prova che il richiedente ha subito di questo fatto ha superato il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e ha costituito un “trattamento disumano o degradante” al senso dell’articolo 3 della Convenzione. A questo riguardo, la Corte non perde di vista che il richiedente è raggiunto anche di agitazioni psicologiche.
La Corte ammette che nello specifico, niente indica solamente sia ci stata veramente intenzione di umiliare o di abbassare il richiedente. Tuttavia, la mancanza di un tale scopo non saprebbe escludere una constatazione di violazione dell’articolo 3, mutatis mutandis, Peers c. Grecia, no 28524/95, § 74, CEDH 2001-III.
49. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
51. Il richiedente richiede un risarcimento per il danno materiale e morale che avrebbe subito, senza valutare tuttavia le sue pretese.
52. Il Governo si oppone.
53. La Corte non vede nessun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno patrimoniale addotto, del resto non quantificato, e respinge la domanda del richiedente a questo titolo. In compenso, considera che il richiedente ha subito un torto morale certo e, deliberando in equità, decide che c’è luogo di concedere al richiedente 10 000 EUR.
B. Oneri e spese
54. Il richiedente chiede anche 5 000 EUR per l’insieme degli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
55. Il Governo si oppone.
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 3 000 EUR ogni onere compreso e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
57. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;

3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 3 000 EUR, tremila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;

4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 gennaio 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion :Violation de l’article 3 – Interdiction de la torture (Article 3 – Traitement dégradant Traitement inhumain) (Volet matériel)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE CIRILLO c. ITALIE

(Requête no 36276/10)

ARRÊT

STRASBOURG

29 janvier 2013

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Cirillo c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Danutė Jočienė, présidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 18 décembre 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 36276/10) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 4 juin 2010 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par OMISSIS, avocat à Lucera. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora.
3. Le requérant allègue l’insuffisance des soins qui lui sont prodigués à la prison de Foggia pour traiter sa pathologie.
4. Le 5 janvier 2012, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1980 et est actuellement détenu à Foggia.
6. Le requérant est atteint, depuis mars 2005, d’une paralysie subtotale du plexus brachial gauche, accompagnée d’une limitation fonctionnelle sévère, provoquée par une balle d’une arme à feu. En outre, il est atteint de troubles anxieux et dépressifs.
7. Le 18 novembre 2005, il fut arrêté et incarcéré dans la prison de Reggio de Calabre dans le cadre d’une enquête pour homicide. Par un arrêt de la cour d’assises d’appel de Reggio de Calabre du 7 décembre 2007, le requérant fut condamné à une peine de vingt-et-un ans de réclusion.
8. Les médecins de la prison de Reggio Calabre préconisèrent la nécessité d’effectuer des cycles de kinésithérapie et d’électrostimulation dans des centres spécialisés de rééducation.
9. Le requérant effectua une première thérapie à l’unité de kinésithérapie de l’hôpital de Cittanova du 20 février au 19 avril 2006.
10. Le 24 juillet 2007, le médecin de la prison de Messine, dans laquelle le requérant avait été transféré, signala au directeur de l’établissement que l’intéressé avait besoin d’une thérapie dans un centre spécialisé.
11. Le 16 août 2007, le requérant fut examiné au « Centro Neurolesi » de Messine. Le médecin prescrivit au requérant des exercices de kinésithérapie pour la réhabilitation du membre supérieur gauche ainsi que des séances d’électrothérapie pour la stimulation des muscles.
12. Il ressort du dossier médical de la prison de Messine que le requérant bénéficia de quelques séances de kinésithérapie pratiquées par les médecins de la prison, dont la fréquence et la durée n’ont pas été précisées.
13. Le 14 décembre 2008, le requérant fut transféré à la prison de Foggia. Il y fit une grève de la faim du 6 au 22 octobre 2009 et du 2 au 9 juin 2010.
14. En 2009, le requérant saisit le tribunal d’application des peines de Bari d’une demande tendant à obtenir la suspension de l’exécution de sa peine en raison de son état de santé. Il fit valoir que depuis son arrivée dans la prison de Foggia, il n’avait bénéficié que de quelques séances sporadiques de kinésithérapie et que, par conséquent, il constatait une perte progressive de la fonctionnalité de son bras gauche.
Le 21 décembre 2009, le médecin de la prison émit un certificat selon lequel le requérant n’était pas en danger de vie et était en attente d’effectuer un cycle de kinésithérapie visant à éviter la paralysie du tendon du membre supérieur gauche.
15. Par une ordonnance du 4 février 2010, le tribunal, sur la base du certificat du 21 décembre 2009, affirma que les pathologies dont le requérant souffrait pouvaient être soignées dans le cadre du régime de détention. Il soutint dès lors que l’état de santé du requérant était compatible avec la détention, à condition que l’administration de séances régulières de kinésithérapie soit réellement assurée, si besoin au moyen d’hospitalisations dans des centres extérieurs à la prison. Par conséquent, le tribunal rejeta la demande du requérant et invita l’administration pénitentiaire à évaluer l’opportunité de transférer le requérant dans un centre clinique ou dans un autre pénitencier afin de permettre un suivi thérapeutique constant et effectif.
16. Le 23 mars 2010, le requérant se pourvut en cassation contre l’ordonnance du tribunal d’application des peines, affirmant que ce dernier aurait dû ordonner la suspension de l’exécution de la peine compte tenu de la gravité de son état de santé. La haute juridiction débouta le requérant de son pourvoi le 7 décembre 2010, confirmant la compatibilité entre la détention et l’état de santé du requérant et considérant que l’intéressé n’avait pas démontré de quelle manière la détention à domicile aurait permis un traitement plus efficace de sa maladie.
17. Dans un certificat du 6 avril 2011, le directeur sanitaire de la prison de Foggia attesta que le requérant bénéficiait de cycles de réhabilitation périodiques, avec des délais d’attente parfois longs, compte tenu notamment du nombre de demandes pendantes et du surpeuplement existant dans le pénitencier.
18. A une date qui n’a pas été précisée, le requérant saisit à nouveau le tribunal d’application des peines d’une demande visant sa détention à domicile pour raisons de santé.
19. Par une ordonnance du 1er décembre 2011, s’appuyant sur les rapports établis par les médecins de la prison de Foggia les 10 et 25 novembre 2011, attestant notamment que le requérant bénéficiait de séances de kinésithérapie à jours alternés depuis le 9 novembre 2011, le tribunal rejeta la demande du requérant. Il affirma que son état de santé ne justifiait pas l’octroi de la détention domiciliaire, car sa pathologie pouvait être soignée en milieu carcéral à condition d’assurer des cycles réguliers de kinésithérapie.
Par ailleurs, le tribunal ordonna la transmission du dossier au département de l’administration pénitentiaire afin que celle-ci évalue l’opportunité de transférer le détenu dans un autre institut pénitentiaire où il pourrait recevoir des soins adaptés à son état de santé de manière continue et régulière.
20. Il ressort du dossier qu’en 2010, le requérant fut soumis à des séances de kinésithérapie les 12, 13, 17, 18, 23 et 24 août et les 9, 10 et 13 septembre 2010. Au cours de l’année 2011, deux cycles de 10 séances à jours alternés furent dispensées les 20 et 24 janvier et les 1er, 2, 3, 7, 11, 21, 24 et 28 février 2011 ainsi que du 9 novembre au 1er décembre 2011.
21. Le 30 janvier 2012, l’avocat du requérant adressa une plainte au magistrat d’application des peines de Foggia alléguant l’arrêt des traitements thérapeutiques depuis le 1er décembre 2011 et lui demandant d’intervenir pour préserver la santé du requérant.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
22. La suspension de l’exécution de la peine est prévue par l’article 147 § 1 no 2 du code pénal, aux termes duquel
« L’exécution d’une peine peut être suspendue : (…)
2) si une peine privative de liberté doit être exécutée à l’encontre d’une personne se trouvant en condition d’infirmité physique grave (…). »
23. Aux termes de l’article 678 du code de procédure pénale, la décision de suspendre l’exécution de la peine peut être adoptée même d’office par le tribunal d’application des peines.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
24. Le requérant allègue l’insuffisance des soins adaptés à son état de santé. Il invoque l’article 3 de la Convention, ainsi libellé :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
25. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
26. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes. Il fait valoir que dans son formulaire de requête, le requérant avait omis d’informer la Cour qu’il s’était pourvu en cassation contre l’ordonnance du tribunal d’application des peines du 4 février 2010. Dès lors, tout en informant la Cour des développements de la procédure interne, le Gouvernement est d’avis que l’intéressé ne s’est pas acquitté de son obligation de prouver qu’il a correctement épuisé les voies de recours qui s’offraient à lui.
27. Le requérant s’oppose à l’exception du Gouvernement.
28. La Cour observe que lors de l’introduction de la requête, le recours du requérant contre l’ordonnance du 4 février 2010 était pendant devant la Cour de cassation. Celle-ci se prononça le 7 décembre 2010. Cela étant, la Cour ne saurait conclure que le requérant n’a pas épuisé les voies de recours internes et considère qu’il y a lieu de rejeter l’exception du Gouvernement.
29. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
30. Le requérant se plaint de ce que, malgré les recommandations des médecins selon lesquels il nécessiterait des séances quotidiennes de kinésithérapie, il ne peut accéder aux soins que de façon très sporadique et inefficace et connaît de ce fait une dégradation progressive de ses conditions physiques. Il fait noter que par les deux ordonnances concernant sa détention, le tribunal d’application des peines de Bari avait conclu à la compatibilité entre la détention et son état de santé à condition qu’il soit transféré dans un établissement permettant un suivi médical régulier. Or, malgré ses décisions judiciaires, il n’a jamais été transféré et la qualité des soins dispensés à la prison de Foggia ne s’est nullement améliorée.
31. Le Gouvernement fait valoir que la suspension de l’exécution de la peine est une mesure applicable seulement en cas d’infirmité physique grave ne permettant pas le maintien du détenu en milieu carcéral. Faisant une application correcte de ce principe, les autorités nationales ont conclu avec raison que l’état de santé du requérant était pleinement compatible avec la détention à condition de bénéficier de traitements de kinésithérapie. A cet égard, le Gouvernement affirme que depuis son incarcération en 2008, le requérant a pu bénéficier de sept cycles de physio-kinésithérapie comportant chacun dix séances d’électrostimulation des muscles supérieurs ainsi que des traitements rééducatifs fonctionnels. En particulier, il a bénéficié de dix séances au cours des mois d’août et septembre 2010, à savoir les 12, 13, 17, 18, 23 et 24 août et les 9, 10 et 13 septembre, et de dix séances au cours des mois de janvier et février 2011, soit les 20 et 24 janvier et les 1er, 2, 3, 7, 11, 21, 24 et 28 février.
Le Gouvernement soutient par ailleurs que le requérant a omis d’indiquer les périodes pendant lesquelles il n’aurait pas bénéficié des thérapies. Il estime que l’État défendeur ne devrait pas être obligé de pallier cette carence d’information en faisant des recherches laborieuses et onéreuses.
32. Le Gouvernement affirme ensuite que le requérant a refusé de se soumettre à certains traitements préconisés par l’administration. Ce manque de collaboration avec les autorités compétentes devrait amener la Cour à rejeter les doléances de l’intéressé.
33. Le Gouvernement fait observer que l’état de santé du requérant a été contrôlé régulièrement tant par le personnel sanitaire de la prison que par les médecins des structures extérieures auprès desquelles il a été suivi tout au long de sa détention. En effet, l’intéressé a été soumis à un nombre exceptionnel d’examens et de consultations médicales spécialisées. Enfin, il serait assisté d’une personne dans l’accomplissement des gestes de la vie quotidienne en prison. Le Gouvernement en conclut que la détention du requérant n’a pas été contraire à l’article 3 de la Convention.
1. Principes généraux
34. La Cour rappelle que pour qu’une peine ou un traitement puissent être qualifiés d’« inhumains » ou « dégradants », la souffrance ou l’humiliation infligées à la victime doivent aller au-delà de celles que comporte inévitablement une forme donnée de traitement ou de peine légitimes (Jalloh c. Allemagne [GC], no 54810/00, § 68, CEDH 2006-IX).
35. Lorsqu’il s’agit en particulier de personnes privées de liberté, l’article 3 impose à l’État l’obligation positive de s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne le soumettent pas à une détresse ou une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate, notamment par l’administration des soins médicaux requis (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000 XI, et Rivière c. France, no 33834/03, § 62, 11 juillet 2006).
36. Les conditions de détention d’une personne malade doivent garantir la protection de sa santé, eu égard aux contingences ordinaires et raisonnables de l’emprisonnement. Si l’on ne peut en déduire une obligation générale de remettre le détenu en liberté ou de le transférer dans un hôpital civil, même s’il souffre d’une maladie particulièrement difficile à soigner (Mouisel c. France, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX), l’article 3 de la Convention impose en tout cas à l’État de protéger l’intégrité physique des personnes privées de liberté. La Cour ne peut exclure que, dans des conditions particulièrement graves, on puisse se trouver en présence de situations où une bonne administration de la justice pénale exige que soient prises des mesures de nature humanitaire (Matencio c. France, no 58749/00, § 76, 15 janvier 2004, et Sakkopoulos c. Grèce, no 61828/00, § 38, 15 janvier 2004).
37. La Cour note que le manque de soins médicaux appropriés peut en principe constituer un traitement contraire à l’article 3 (voir İlhan c. Turquie [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII ; Gennadiy Naumenko c. Ukraine, no 42023/98, § 112, 10 février 2004). La Cour exige, tout d’abord, l’existence d’un encadrement médical pertinent du malade et l’adéquation des soins médicaux prescrits à sa situation particulière. L’efficacité du traitement dispensé présuppose ainsi que les autorités pénitentiaires offrent au détenu les soins médicaux prescrits par des médecins compétents (voir Soysal c. Turquie, no 50091/99, § 50, 3 mai 2007 ; Gorodnitchev c. Russie, no 52058/99, § 91, 24 mai 2007). De plus, la diligence et la fréquence avec lesquelles les soins médicaux sont dispensés à l’intéressé sont deux éléments à prendre en compte pour mesurer la compatibilité de son traitement avec les exigences de l’article 3. En particulier, ces deux facteurs ne sont pas évalués par la Cour en des termes absolus, mais en tenant compte chaque fois de l’état particulier de santé du détenu (Serifis c. Grèce, no 27695/03, § 35, 2 novembre 2006; Rohde c. Danemark, no 69332/01, § 106, 21 juillet 2005 ; Iorgov c. Bulgarie, no 40653/98, § 85, 11 mars 2004 ; Sediri c. France (déc.), no 4310/05, 10 avril 2007). En général, la dégradation de la santé du détenu ne joue pas, en soi, un rôle déterminant quant au respect de l’article 3 de la Convention. La Cour examinera à chaque fois si la détérioration de l’état de santé de l’intéressé était imputable à des lacunes dans les soins médicaux dispensés (voir Kotsaftis c. Grèce, no 39780/06, § 53, 12 juin 2008).
2. Application au cas d’espèce
38. Les doléances du requérant portent sur la qualité des soins qui lui sont dispensés à la prison de Foggia pour le traitement de sa pathologie.
La Cour observe que le requérant a demandé à plusieurs reprises que sa peine soit suspendue pour raisons médicales. Cependant, ni les médecins, ni les juges qui se sont occupés du cas du requérant n’ont conclu que l’état de santé de celui-ci est incompatible avec la détention ordinaire, affirmant au contraire que les soins nécessaires peuvent être administrés en milieu carcéral (a contrario, Scoppola c. Italie (no 4), no 65050/09, § 52, 17 juillet 2012). Dans ces conditions, la Cour ne peut pas conclure que le maintien en détention du requérant est incompatible en soi avec l’article 3 de la Convention.
39. En revanche, il est incontesté que le requérant souffre d’une pathologie invalidante qui nécessite un suivi médical intensif et régulier. Ainsi, la Cour se doit de rechercher si, en l’espèce, les autorités nationales ont fait ce qu’on pouvait raisonnablement exiger d’elles et, en particulier, si elles ont satisfait, en général, à leur obligation de protéger l’intégrité physique du requérant par l’administration de soins médicaux appropriés.
40. Le requérant est atteint d’une paralysie subtotale du bras gauche accompagnée d’une limitation fonctionnelle sévère. En outre, il souffre de troubles anxieux et dépressifs. Les éléments du dossier démontrent que l’ensemble des médecins ayant examiné le requérant n’a cessé d’affirmer que la soumission à des cycles réguliers de kinésithérapie est nécessaire pour soulager les souffrances du requérant et pour empêcher la paralysie totale du tendon du bras. Les juges d’application des peines ont par ailleurs invité à deux reprises l’Administration pénitentiaire à tout mettre en œuvre pour garantir à M. Cirillo des séances continues de kinésithérapie (paragraphes 15 et 19 ci-dessus).
41. Le Gouvernement, qui ne conteste pas la gravité de l’état de santé du requérant et la nécessité de recevoir des soins réguliers, maintient que celui-ci a bénéficié depuis le début de sa détention d’un suivi adéquat et suffisant. Il en veut pour preuve devant la Cour le calendrier des séances de kinésithérapie administrées au cours des années 2010 et 2011. Par ailleurs, le Gouvernement estime qu’il appartiendrait au requérant d’indiquer les périodes pendant lesquelles il n’aurait pas eu accès aux soins et considère que l’État n’est pas tenu de se défendre de doléances formulées de manière imprécise.
42. Tout d’abord, concernant cette dernière affirmation du Gouvernement, la Cour, sensible à la vulnérabilité particulière des personnes se trouvant sous le contrôle exclusif des agents de l’État, telles les personnes détenues, estime utile de rappeler ici que la procédure prévue par la Convention ne se prête pas toujours à une application rigoureuse du principe affirmanti incumbit probatio (la preuve incombe à celui qui affirme). Lorsque le gouvernement défendeur est le seul à avoir accès aux informations susceptibles de confirmer ou d’infirmer les affirmations du requérant, le fait que, sans donner de justification satisfaisante, un gouvernement s’abstienne de fournir les informations en sa possession peut permettre de tirer des conclusions quant au bien-fondé des allégations en question (voir, entre autres, Ahmet Özkan et autres c. Turquie, no 21689/93, § 426, 6 avril 2004 ; Flamînzeanu c. Roumanie, no 56664/08, § 90, 12 avril 2011).
43. Quoi qu’il en soit, se bornant en l’espèce à l’examen des éléments présents dans le dossier et au-delà de toute autre considération, la Cour observe que le requérant a été soumis à dix séances de kinésithérapie en 2010 et à vingt séances en 2011 (voir paragraphes 20 et 31 ci-dessus). Or, la Cour n’est pas du même avis que le Gouvernement et considère que ces informations incontestées prouvent, contrairement aux affirmations du Gouvernement, que le requérant n’a pu accéder que de manière sporadique aux soins dont il aurait besoin de façon assidue et constante.
44. S’il est vrai que le dossier médical du requérant démontre que celui-ci a été examiné à maintes reprises par les médecins, comme le fait valoir le Gouvernement, la Cour rappelle qu’il n’est guère suffisant que le détenu soit examiné et un diagnostic établi. En vue de la sauvegarde du prisonnier, il est primordial qu’une thérapie correspondant au diagnostic établi et une surveillance médicale adéquate soient également mis en œuvre (Poghossian c. Géorgie, no 9870/07, § 59, 24 février 2009 ; Raffray Taddei c. France, no 36435/07, § 59, 21 décembre 2010).
45. La Cour observe ensuite que l’affirmation du requérant concernant l’insuffisance des soins médicaux appropriés semble être confirmée également par le certificat de la direction sanitaire de la prison de Foggia du 6 avril 2011, reconnaissant la difficulté pour le requérant d’avoir accès aux soins en raison du grand nombre de demandes et du surpeuplement régnant dans l’établissement (voir paragraphe 17 ci-dessus).
La Cour ne sous-estime pas les difficultés de garantir aux personnes détenues des soins spécialisés intensifs et réguliers, notamment dans une situation de surpeuplement carcéral. Cependant, elle estime que les dysfonctionnements structurels du système pénitentiaire ne dispensent pas l’État de ses obligations face aux détenus malades.
46. Aux yeux de la Cour, la pathologie présentée par le requérant et l’inadéquation de la prison de Foggia auraient dû pour le moins conduire les autorités à transférer ce dernier dans un établissement garantissant des soins adaptés afin d’exclure tout risque de traitements inhumains, conformément aux recommandations émises par les juges d’application des peines.
47. Enfin, concernant l’argument selon lequel le requérant aurait empêché les démarches des autorités par son manque de collaboration, la Cour note que le Gouvernement s’est borné à faire référence de manière vague à certains refus que l’intéressé aurait opposés aux traitements, sans préciser la portée desdits refus ni produire de documents à l’appui de son affirmation. D’ailleurs, rien dans le dossier ne prouve que le comportement du requérant ait entravé l’action des autorités compétentes et ait été la cause du dysfonctionnement dans son suivi médical.
48. Compte tenu des circonstances de la cause, la Cour estime qu’en l’espèce, les autorités ont failli à leur obligation d’assurer au requérant le traitement médical adapté à sa pathologie. Elle considère que l’épreuve que le requérant a subie de ce fait a excédé le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et a constitué un « traitement inhumain ou dégradant » au sens de l’article 3 de la Convention. A cet égard, la Cour ne perd pas de vue que le requérant est atteint également de troubles psychologiques.
La Cour admet qu’en l’espèce, rien n’indique qu’il y ait eu véritablement intention d’humilier ou de rabaisser le requérant. Toutefois, l’absence d’un tel but ne saurait exclure un constat de violation de l’article 3 (mutatis mutandis, Peers c. Grèce, no 28524/95, § 74, CEDH 2001 III).
49. Partant, il y a eu violation de l’article 3 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
50. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
51. Le requérant réclame un dédommagement pour les préjudices matériel et moral qu’il aurait subis, sans pourtant chiffrer ses prétentions.
52. Le Gouvernement s’y oppose.
53. La Cour n’aperçoit aucun lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué, d’ailleurs non chiffré, et rejette la demande du requérant à ce titre. En revanche, elle considère que le requérant a subi un tort moral certain et, statuant en équité, décide qu’il y a lieu d’octroyer au requérant 10 000 EUR.
B. Frais et dépens
54. Le requérant demande également 5 000 EUR pour l’ensemble des frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour.
55. Le Gouvernement s’y oppose.
56. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 3 000 EUR tous frais confondus et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
57. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention ;

3. Dit
a) que l’État défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 3 000 EUR (trois mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 29 janvier 2013, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Greffier Présidente

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