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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CIOBANU c. ROUMANIE ET ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 03, 05, 35
Numero: 4509/08/2013
Stato: Italia
Data: 2013-07-09 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione: Parzialmente inammissibile Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento degradante, (Risvolto patrimoniale, (Romania,
Violazione dell’articolo 5 – Diritto alla libertà ed alla sicurezza, Articolo 5-1 – Arresto o detenzione regolare Vedano legali, (Romania,
Danno patrimoniale – domanda respinta Danno giuridico – risarcimento

TERZA SEZIONE

CAUSA CIOBANU C. ROMANIA ED ITALIA

( Richiesta no 4509/08)

SENTENZA

STRASBURGO

9 luglio 2013

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Ciobanu c. Romania ed Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Alvina Gyulumyan,
Corneliu Bîrsan,
Ján Šikuta,
Luccica López Guerra,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos, juges,e
di Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 18 giugno 2013,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta, no 4509/08, diretta contro la Romania e l’Italia, e in cui un cittadino rumeno, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 10 gennaio 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Padova (Italia). Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra I. Cambrea, del ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente si lamenta in particolare delle condizioni di detenzione che ha dovuto subire in parecchi centri di detenzione della Romania, così come del rifiuto dei tribunali rumeni di dedurre dalla pena di detenzione inflitta la durata della citazione a domicilio eseguita in Italia. Invoca a questo riguardo gli articoli 3 e 5 § 1 della Convenzione.
4. Il 8 luglio 2011, la richiesta è stata comunicata al Governo rumeno. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il fondo allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1967 e risiede a Padova (Italia).
A. La condanna penale e l’estradizione del richiedente verso la Romania
6. Con una sentenza definitiva del 21 gennaio 2005, la corte di appello di Galaþi condannò in contumacia il richiedente a due anni di prigione ferma per truffa e falso in scrittura privata.
7. Ad una data non precisata, in vista dell’esecuzione della pena, le autorità rumene chiesero allo stato italiano, sul territorio del quale il richiedente soggiornava, la sua estradizione. In vista dell’estradizione, le autorità italiane posero il richiedente in detenzione provvisoria dal 18 maggio al 1 giugno 2006. Il 2 giugno 2006, una citazione a domicilio con autorizzazione di uscita per lavorare, arresti domiciliari stupido facolta di allontanarsi lastricò propria abitazione per recarsi al lavoro, sostituì la detenzione provvisoria fino al 3 dicembre 2007.
8. Con una decisione definitiva del 3 ottobre 2007, la Corte di cassazione italiana accolse la domanda di estradizione del richiedente.
9. Il 3 dicembre 2007, il richiedente fu rimesso alle autorità rumene. Nessuna carta di identità o effetti personali non furono rimesse al richiedente.
10. Nel suo formulario di richiesta, il richiedente menziona che il procedimento concernente l’accusa portata al suo carico è stato riscritto sul ruolo dei tribunali. La Corte non è stata informata sulla conclusione di questo procedimento.
B. Le condizioni di detenzione e l’assistenza sanitaria
1. Le condizioni di detenzione e l’assistenza sanitaria come descritte dal richiedente
11. Nella mancanza di ogni documento di identità, il richiedente fu incarcerato inizialmente nei locali dell’ispezione generale della polizia di Bucarest (Inspectoratul generale di poliţie Bucureşti) qui di seguito “IGP”). Fu posto in un’unità con cinque altre persone, con un letto senza lenzuola. L’acqua decorre era disponibile solamente due volte con giorno, durante una ventina di minuto ad ogni volta. L’unità era dotata di un catino di servizi con la quale penetravano dei topi. Il sistema di riscaldamento dell’unità non funzionava, mentre le temperature al mese di dicembre abbassavano a meno 20 oC.
12. Il 11 dicembre 2007, dopo che sua sposa abbia trasmesso la carta di identità del richiedente, questo fu trasferito al deposito di polizia di Galaţi, Inspectoratul judeţean di poliţie Galaţi, dove subisce le stesse condizioni di detenzione.
13. Fu incarcerato poi nella prigione di Galaţi dove fu posto con 24 altri detenuti in un’unità di 20 m² dotati di 12 letti senza lenzuola. Fu portato così a dividere il suo letto con un compagno di detenzione o a dormire a livello del suolo. I pasti serviti non erano commestibili perché scaduti e freddi. In ragione della mancanza di acqua calda e per il fatto che l’acqua fredda era contaminata, si diagnosticò a casa i suoi compagni di detenzione la dissenteria, la scabbia e di altre malattie contagiose. L’unità era infestata anche di scarafaggi.
14. Le condizioni di detenzione provocarono a casa il richiedente un ernia discale che gli provocò dei dolori terribili durante undici giorni. Nessuna misura medica fu presa durante questo tempo malgrado le sue grida di dolore. Il 11 marzo 2008, dopo undici giorni, i suoi compagni di detenzione chiamarono un’infermiera che iniettò al richiedente un medicinale al quale era allergico, così che fu trasportato urgentemente all’ospedale. Subisce un intervento chirurgico. Dopo l’intervento, fu tenuto ancora cinque giorni. Durante questo tempo, fu malmenato, incatenato a letto e vigilato con due agenti. Fu rincarcerato alla prigione di Galaţi col seguente prescrizioni: dispensa di sforzi fisici, fisioterapia, ginnastica medica e trattamento medicamentoso. Nessuna di queste prescrizioni non furono rispettate nel centro penitenziario. Il richiedente non investe le autorità di un’azione in virtù della legge no 275/2006 sull’esecuzione delle pene e delle misure adottate durante il processo penale (“la legge no 275/2006”) per denunciare la mancanza addotta di assistenza sanitaria.
2. Le condizioni di detenzione e l’assistenza sanitaria come descritte dal Governo
15. Il richiedente fu incarcerato inizialmente nei locali dell’IGP di Bucarest. Fu posto, con cinque altre persone, in un’unità che misurava 13, 95 m² (4, 5 m su 3, 1 m, e 3, 1 m di quota e che era dotata di sei letti. L’unità era dotata di una finestra, di un catino di servizi, di una doccia e di due mensole. Era dotata anche di illuminazione artificiale. I detenuti erano autorizzati a procurarsi dei prodotti di igiene così come dei prodotti per disinfettare l’unità. Il cibo era fornito dalla prigione di Bucarest-Rahova ed i detenuti erano autorizzati a ricevere dell’esterno 10 kg di cibo ogni mese, 6 kg di frutti e 20 l di bevande.
16. Il richiedente fu incarcerato poi del 10 dicembre, a 16 h, al 11 dicembre 2007, a 12 h, nel deposito della polizia di Galaţi. Fu posto, con cinque altre persone, in un’unità che misurava 12, 6 m² (4, 2 m su 3 m, e 3 m di quota e che era dotata di sei letti. L’unità era dotata di un gruppo sanitario, servizi e fa’ la doccia, di una superficie totale di 0, 77 m². Il deposito di polizia aveva la stessa sorgente di riscaldamento e di acqua decorri che la sede della polizia dipartimentale.
17. Dal 11 dicembre 2007 al 30 dicembre 2008, il richiedente fu incarcerato alla prigione di Galaþi e collocato nelle unità che misurano 24, 5 m² ed avendo una quota di 3 m, ubicati in un edificio messo in servizio nel 1994. Erano dotate di dodici letti, di una finestra, di un tavolo, di quattro sedie ed erano dotate anche di illuminazione artificiale. Il riscaldamento era garantito dai radiatori in ferro. Le unità disponevano anche di una sala di acque di 4, 98 m² dotati di servizi, di una doccia e di un lavabo. Il richiedente aveva accesso alle docce a ragione di due volte con settimana, durante l’una.
18. L’igiene nelle unità era della responsabilità dei detenuti ai quali dei prodotti di pulizia erano distribuiti. Le immondizie domestiche erano tolte quotidianamente di ogni unità. Le unità non erano infestate di scarafaggi.
19. La qualità dell’acqua e del cibo era verificata sistematicamente e nessuna irregolarità era stata scoperta. L’acqua decorre era fornita negli intervalli: 5 h 30-8 h, 13 h 30-16 h e 18 h 30-21 h 30.
20. All’epoca della sua carcerazione nella prigione di Galaţi, il 11 dicembre 2007, il richiedente subisce un esame medico. Un discopatia lombare fu diagnosticata in questa occasione. Il 10 marzo 2008, il richiedente ebbe dei forti dolori lombari e si vide amministrare un trattamento medicamentoso. Del 14 al 21 marzo 2008, fu ammesso alle emergenze dove subisce un intervento chirurgico al livello delle vertebre. Un trattamento gli fu prescritto. Il 22 aprile 2008, il richiedente, accettando in piena cognizione di causa i rischi che implicavano lo sforzo fisico postoperatorio, chiese tuttavia, ad essere autorizzato a lavorare in quanto autista.
C. La contestazione dell’esecuzione della pena di detenzione
21. Il 18 maggio 2007, il richiedente investe i tribunali rumeni di una domanda di liberazione condizionale. Faceva valere che se si teneva conto della detenzione subita in Italia in vista della sua estradizione, aveva eseguito già la frazione della pena necessaria per beneficiare della liberazione condizionale in virtù delle disposizioni del codice penale rumeno. Dopo l’estradizione del richiedente verso la Romania, la sua azione fu riqualificata in contestazione dell’esecuzione della pena.
22. Il richiedente produsse un certificato rilasciato dalla corte di appello di Venezia il 8 febbraio 2008 alla pratica, attestando della durata della sua detenzione in Italia e per il fatto che la citazione a domicilio, malgrado il fatto che era abbinata di un’autorizzazione di uscita per lavorare, era assimilata, secondo le disposizioni del codice di procedimento penale (“CPP”) italiano, alla detenzione provvisoria e doveva essere dedotta di una pena di prigione.
23. Con un giudizio del 22 febbraio 2008, il tribunale di prima istanza di Galaþi fece diritto alla domanda del richiedente e dedusse il periodo di detenzione, subita in Italia del 18 maggio 2006 al 2 dicembre 2007, della sua pena di prigione. Trattandosi della citazione a domicilio, il tribunale rilevò che questo periodo doveva essere dedotto della pena di prigione, sebbene la legislazione rumena non contempli questa misura privativa di libertà, e ciò per parecchie ragioni. In primo luogo, il tribunale notò che l’articolo 18 § 1 della legge no 302/2004 relativo alla cooperazione giudiziale internazionale in materia penale (“legge no 302/2004”), contemplava che la detenzione subita all’esteri risultante dell’esecuzione di una domanda formata dalle autorità rumene era presa in conto nella cornice del procedimento penale rumeno ed era dedotta della condanna inflitta dalle autorità rumene. Ora, questa legge non faceva nessuna distinzione in funzione della modalità dell’esecuzione della detenzione. In secondo luogo, la citazione a domicilio, malgrado il fatto che era abbinata di un’autorizzazione di uscita per lavorare, era assimilata, secondo le disposizioni del CPP italiano, alla detenzione provvisoria. In terzo luogo, il rifiuto di dedurre questo periodo della pena pronunciata da un tribunale rumeno costituirebbe un trattamento discriminatorio poiché una nessuno che si sarebbe visto accordare l’utile dell’esecuzione della pena in Italia approfitterebbe delle disposizioni della legge penale italiana, eseguendo solamente la differenza della pena, mentre una persona estradata in vista dell’esecuzione di una pena di prigione in Romania si vedrebbe rifiutare questo utile. Poi, il tribunale sottolineò che, in un contesto europeo, il decisione-cornice del Consiglio dell’unione europea del 13 giugno 2002 relativo al mandato di arresto europeo ed ai procedimenti di rimessa tra Stati membri (“decisione-cornice relativa al mandato europeo”), contemplava nel suo articolo 26, l’obbligo di dedurre della durata totale di privazione di libertà a scontare, ogni periodo di detenzione che risulta dall’esecuzione di un mandato di arresto europeo, in seguito alla condanna ad una pena o misura di sicurezza privativa di libertà, senza fare di distinzione in funzione della modalità dell’esecuzione della detenzione. Infine, il tribunale stimò che l’Alta Corte di cassazione e di giustizia aveva a torto assimilato, in una sentenza no 4990 del 4 settembre 2006, paragrafo 30 sotto, questo tipo di detenzione alle misure di sicurezza restrittiva ma non privative di libertà prevista dalla legislazione penale rumena, a sapere l’interdizione di non lasciare una località e l’interdizione di non lasciare il paese.
24. La procura si ricorse in cassazione contro questo giudizio.
25. Con una sentenza del 16 aprile 2008, il tribunale dipartimentale di Galaþi accolse il ricorso della procura e dedusse della pena di prigione inflitta solamente al richiedente il periodo di detenzione provvisoria dal 18 maggio al 1 giugno 2006. Per decidere così, il tribunale stimò che la citazione a domicilio non costituiva una misura privativa di libertà e notò che gli articoli 88 e 89 del codice penale rumeno permettevano unicamente la deduzione della durata delle misure privative di libertà regolata sotto dalla legislazione rumena, a sapere la guardia a vista e la detenzione provvisoria in un centro di detenzione, paragrafo 28.
D. Azione in sospensione dell’esecuzione della pena di prigione
26. Nel 2008, ad una data non precisata, il richiedente chiese la sospensione dell’esecuzione della pena di prigione invocando un cattivo stato di salute. Il 8 maggio 2008, il richiedente rinunciò tuttavia, alla sua domanda. Il procedimento fu chiuso per questo motivo con una decisione del tribunale di prima istanza di Galaþi dello stesso giorno.
E. Mise in libertà
27. Il richiedente fu rimesso in libertà condizionale il 30 dicembre 2008.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA ED INTERNAZIONALE PERTINENTI
A. Il codice penale rumeno
28. Le disposizioni pertinenti erano formulate così all’epoca dei fatti:
Articolo 88 § 1La
deduzione della custodia a vista e della detenzione provvisoria
“La durata della guardia a vista e della detenzione provvisoria è dedotta della pena di prigione pronunziata “
Articolo 89La
deduzione della privazione di libertà eseguita all’estero
“(…) la durata della pena così come quella della guardia a vista e della detenzione provvisoria eseguita all’esteri è dedotto della pena di prigione pronunciata dai tribunali rumeni per lo stesso reato. “
B. La legge no 302/2004 relativa alla cooperazione giudiziale internazionale in materia penale
29. Le disposizioni pertinenti di questa legge erano formulate così all’epoca dei fatti:
Articolo 18 § 1
“La durata della detenzione (arestului) subita all’estero risultante dell’esecuzione di una istanza formata dalle autorità rumene sul fondamento della presente legge è presa in conto nella cornice del procedimento penale rumeno e è dedotta della pena applicata dai tribunali rumeni. “
C. La giurisprudenza dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia
30. Nella sua sentenza no 4990 del 4 settembre 2006, l’Alta Corte giudicò che la misura imposta dalle autorità italiane, consistendo che nell’obbligo dell’interessato di stabilire la sua residenza in una certa località, abbinata dell’interdizione di lasciare la sua residenza nell’interstizio orari
22 h 30 -7 h 00, corrispondeva alle misure di sicurezza di interdizione di lasciare la località o il paese, previsti dal CPP rumeno. Ora, queste misure costituiscono delle limitazioni alla libertà di circolazione e non si analizzano in privazione di libertà dunque. Perciò, uniche le misure previste dall’articolo 88 del codice penale, a sapere la guardia a vista e la detenzione provvisoria possono essere dedotte di una pena di prigione. Peraltro, l’Alta Corte considerò che l’interdizione di lasciare la sua residenza durante un certo interstizio orario non saprebbe essere assimilata alla detenzione poiché l’interessato rimane nel suo ambiente familiare, mentre la detenzione provvisoria tende alla rottura delle relazioni sociali per prevenire delle attività suscettibili di ostacolare il buono svolgimento di un’inchiesta.
31. Con la sua decisione no 22 del 12 ottobre 2009, l’Alta Corte decise un ricorso nell’interesse della legge formata dal procuratore generale a proposito dell’interpretazione dell’articolo 18 della legge no 302/2004. Il ricorso concludeva all’esistenza di una giurisprudenza divergente dei tribunali rumeni in quanto all’imputazione su una pena di prigione del periodo di citazione a domicilio eseguito all’esteri. Così certi tribunali avevano giudicato che uniche la guardia a vista e la detenzione provvisoria potevano essere imputate su una pena di prigione altri tribunali avevano stimato, sul fondamento dell’articolo 5 della Convenzione e dell’articolo 26 della decisione-cornice relativa al mandato di arresto europeo, che la durata che corrisponde ad una citazione a domicilio doveva essere dedotta anche di una pena di prigione.
L’Alta Corte giudicò che occorreva, in applicazione dell’articolo 18 della legge no 302/2004, dedurre la citazione a domicilio eseguito all’esteri, di una pena di prigione pronunciata dai tribunali rumeni. Rilevò che in dritto italiano la citazione a domicilio costituiva una privazione di libertà e che era assimilata alla detenzione provvisoria (articolo 284 del CPP italiano). Peraltro, l’Alta Corte si riferì alla giurisprudenza abbondante della Corte che qualifica la citazione a domicilio di privazione di libertà al senso dell’articolo 5 della Convenzione. Inoltre, constatò che la citazione a domicilio non era certo prevista col diritto rumeno, ma che il progetto di nuovo CPP rumeno contemplava l’introduzione di una tale misura in quanto misura privativa di libertà. Di più, il progetto di nuovo codice penale contemplava la deduzione di ogni misura privativa di libertà, ivi compreso dunque la citazione a domicilio, di una pena di prigione pronunciata dai tribunali rumeni, articoli 218-222 del progetto di nuovo CPP rumeno ed articolo 72 § 1 del progetto di nuovo codice penale rumeno.
D. la decisione-cornice 2002/584/JAI relativa al mandato di arresto europeo ed ai procedimenti di rimessa tra Stati membri
32. La decisione-cornice 2002/584/JAI relativa al mandato di arresto europeo ed ai procedimenti di rimessa tra Stati membri adottati dal Consiglio dell’unione europea il 13 giugno 2002, JO L 190 del 18 luglio 2002, p. 1, contempla ciò che segue nei suoi articoli 12 e 26:
Articolo 12 Mantenimento
della persona in detenzione
“Quando una persona è arrestata sulla base di un mandato di arresto europeo, l’autorità giudiziale di esecuzione decide se conviene mantenerla in detenzione conformemente al diritto dello stato membro di esecuzione. Il collocamento in libertà provvisoria è ogni momento possibile conformemente al diritto interno dello stato membro di esecuzione, purché l’autorità competente di suddetto Stato membro prenda ogni misura che stimerà necessaria in vista di evitare la fuga della persona ricercata. “
Articolo 26 Deduzione del periodo di detenzione subito nello stato membro di esecuzione
“1. Lo stato membro di emissione deduce della durata totale di privazione di libertà che sarebbe a subire nello stato membro di emissione ogni periodo di detenzione che risulta dall’esecuzione di un mandato di arresto europeo, in seguito alla condanna ad una pena o misura di sicurezza privativa di libertà.
2. A questa fine, tutte le informazione relative alla durata della detenzione della persona ricercata a titolo dell’esecuzione del mandato di arresto europeo sono trasmesse dall’autorità giudiziale di esecuzione o con l’autorità centrale designata in applicazione dell’articolo 7 all’autorità giudiziale di emissione al momento della rimessa. “
33. La Romania ha trasposto in dritta interno il decisione-cornice 2002/584/JAI relativa al mandato di arresto europeo con la legge no 302/2004 sulla cooperazione giudiziale internazionale in materia penale, paragrafo 29 sopra.
E. I rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti disumani o degradanti (CPT)
34. Il rapporto del 2 aprile 2004 del CPT innalzo un stato dei luoghi dettagliati della situazione incontrata nei differenti depositi di polizia e determinazioni penitenziarie rumene che ha visitato del 16 al 25 settembre 2002 e del 9 al 11 febbraio 2003 di cui l’IGP ed il deposito della polizia di Galaţi. Al riguardo dell’IGP, il CPT notò che certe unità non offrivano ai detenuti che un spazio vitale ristretto (per esempio, tre persone in 10 m² o quattro in 14 m², e che sarebbero molto state sovraccaricate se fossero state occupate al massimo della loro capacità ufficiale; rilevò, inoltre, che i gruppi sanitari nelle unità erano divisi insufficientemente. Al deposito di polizia di Galaþi, il CPT rilevň che le unitŕ beneficiavano solamente di molto poco o non tutto di luce del giorno, che l’illuminazione artificiale era mediocre e che l’aerazione era manifestamente insufficiente; rilevò che il tasso di occupazione delle unità era estremamente elevato talvolta. Come esempio, il CPT notò che le unità che misuravano tra 5 e 6 m² erano utilizzate per accogliere 3, 4 addirittura 5 persone e che le unità di 10 a 13 m² accoglievano fino a 10 persone, di numerosi detenuti essendo obbligati di dividere un letto; le unità erano attrezzate di WC che non era diviso. Il CPT attirò l’attenzione delle autorità rumene sul fatto che la regolamentazione in vigore al livello nazionale che imponeva solamente un minimo di 6 m3 di spazio di vita con detenuto, o circa 2 m² di spazio di vita per ciascuno, era insufficiente.
35. Nel suo rapporto pubblicato il 11 dicembre 2008 in seguito alla sua visita nel giugno 2006 in parecchie determinazioni penitenziarie della Romania, il CPT si rallegrò di questo che, poco dopo la sua visita, la norma ufficiale di spazio di vita con detenuto nelle unità sia stata portata di 6 m3 a 4 m² o 8 m3. Il CPT raccomandava alle autorità rumene di prendere le misure necessarie in vista di fare rispettare la norma di 4 m² di spazio di vita con detenuto nelle unità collettive di tutte le determinazioni penitenziarie della Romania.
36. Nel suo ultimo rapporto pubblicato il 24 novembre 2011, in seguito alla sua visita del 5 al 16 settembre 2010 in parecchie determinazioni penitenziarie rumene, il CPT conclude che il tasso di sovrappopolazione di queste determinazioni resta un problema maggiore in Romania. Secondo gli statistici fornite con le autorità rumene, le 42 determinazioni penitenziarie del paese, di una capacità totale di 16 898 posti, contavano 25 543 detenuti all’inizio dell’anno 2010 e 26 971 detenuti nell’agosto 2010; il tasso di occupazione era molto alzato (150% o più, nella quasi-totalità di queste determinazioni.
F. Altri rapporti concernenti le condizioni di detenzione
37. Redatto in seguito ad una visita effettuata il 12 dicembre 2005, il rapporto dell’associazione per la difesa di diritti dell’uomo-comitato Helsinki (APADOR-CH) dello stesso giorno, riferisciti, entra altri, al problema di sovrappopolazione carceraria alla prigione di Galaþi che riparava all’epoca 1 268 persone per un totale di 2 705 m², lo spazio di vita media di un detenuto che è di 2, 13 m², cioè la metà dello spazio raccomandato dal CPT. Il rapporto rileva inoltre la cattiva qualità dell’acqua potabile che era infestata di verso ed il fatto che era fornita solamente negli insediamenti sanitari alcune ore con giorno. Nella sua risposta del 28 febbraio 2006, al rapporto suddetto, l’amministrazione nazionale delle prigioni (“ANP”) si è riferita alla sovrappopolazione delle unità di detenzione ed all’insufficienza dei depositi destinati ai detenuti. Inoltre, in risposta alle affermazioni che prevedono la qualità dell’acqua, l’ANP indicò che l’alimentazione in acqua della prigione si faceva grazie ad un pozzo e che non c’era possibilità tecnica di realizzare la trivellatura di un secondo pozzo. L’innesto alla rete di acqua potabile della città non poteva farsi prima di trovare le risorse finanziarie.
38. Redatto in seguito ad una visita recente effettuata il 22 novembre 2012, il rapporto dell’APADOR-CH dello stesso giorno, riferisciti, entra altri, al problema di sovrappopolazione carceraria alla prigione di Galaþi che riparava all’epoca 1 028 persone per un totale di 2 184 m², lo spazio di vita media di un detenuto che è di 2, 12 m². Alla data della visita, la trivellatura di un secondo pozzo aveva appena si concluso, ciò che aveva migliorato l’alimentazione in acqua decorre della prigione. L’acqua calda era disponibili due volte con settimana durante l’una.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
39. Il richiedente denuncia le condizioni di detenzione subita nei centri di detenzione rumena che qualifica di tortura. Sostiene peraltro che queste condizioni hanno provocato a casa lui un ernia discale che ha necessitato un intervento chirurgico. Inoltre, il suo recupero postoperatorio è stato reso quasi -impossibile in prigione. Invoca gli articoli 2 e 3 della Convenzione. La Corte stima che il motivo di appello del richiedente deve essere esaminato sotto l’angolo del solo articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso alla tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
A. Sull’ammissibilità
40. Nella misura in cui il motivo di appello del richiedente si riferisce all’insufficienza addotta del suo trattamento medico, la Corte constata, siccome l’ha fatto nei cause Petrea c. Romania, no 4792/03, § 35, 29 aprile 2008, e Coman c. Romania, no 34619/04, § 45, 26 ottobre 2010, che il richiedente ha omesso di introdurre un ricorso fondato sulle disposizioni della legge no 275/2006, paragrafo 14 in fine sopra. Quindi, conviene respingere questo ramo del motivo di appello per no-esaurimento delle vie di ricorso interni, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
41. Trattandosi delle condizioni patrimoniali di detenzione, la Corte rileva che questo ramo del motivo di appello non si urta a nessuno motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Gli argomenti delle parti
42. Il richiedente, rinviando ai differenti strumenti giuridici internazionali, ai rapporti del CPT, ad un rapporto stabilito nel 2008 dall’organizzazione non-governativo Amnesty International ed alla giurisprudenza della Corte, stima che ha subito delle condizioni di detenzione contraria all’articolo 3 della Convenzione. Denuncia la sovrappopolazione carceraria che l’ha portato a dividere il suo letto con un compagno di detenzione talvolta in primo luogo. Critica anche l’insufficienza del cibo e del riscaldamento e le condizioni deplorevoli di igiene.
43. Riferendosi alla descrizione delle condizioni di detenzione che ha fornito ed alla giurisprudenza della Corte in materia, il Governo sostiene che le condizioni di detenzione del richiedente erano conformi alle esigenze dell’articolo 3 della Convenzione. Sottolinea in particolare che la durata della detenzione del richiedente nei locali dell’IGP di Bucarest e nel deposito della polizia di Galaţi č stato molto corta, otto giorni, e che quindi la soglia di gravità richiese dall’articolo 3 della Convenzione non è stato raggiunto. Appellandosi su un rapporto stabilito il 28 ottobre 2011 dalla direzione dipartimentale di polizia di Galaţi, il Governo sottolinea che il deposito di questa istituzione č stato oggetto delle visite di due organizzazioni no-governative rumene, nel 2010 ed in 2011, e che queste non hanno scoperto nessuna incomprensione dei diritti dei detenuti, rapporti non prodotti alla pratica.
2. La valutazione della Corte
44. La Corte ricorda che l’articolo 3 della Convenzione fa pesare sulle autorità un obbligo positivo che consiste in assicurarsi che ogni prigioniero è detenuto nelle condizioni che sono compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o ad una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, §§ 93-94, CEDH 2000-XI, Norbert Sikorski c. Polonia, no 17599/05, § 131, 22 ottobre 2009.
45. Trattandosi delle condizioni di detenzione, la Corte prende in conto gli effetti cumulativi di queste così come le affermazioni specifiche del richiedente, Dougoz c. Grecia, nº 40907/98, § 46, CEDH 2001-II. In particolare, il tempo durante che un individuo è stato detenuto nelle condizioni incriminate costituisce un fattore importante a considerare, Alver c. Estonia, no 64812/01, § 50, 8 novembre 2005. Inoltre, in certi casi, quando la sovrappopolazione carceraria raggiunta un certo livello, la mancanza di spazio in una determinazione penitenziaria può costituire l’elemento centrale a prendere in conto nella valutazione della conformità di una situazione data all’articolo 3, Karalevičius c. Lituania, no 53254/99, § 39, 7 aprile 2005.
46. Facendo applicazione dei principi suddetti al caso di specifico, la Corte si dedicherà sul fattore che è nell’occorrenza centrale, a sapere lo spazio personale accordato al richiedente nei differenti centri di detenzione in che è stato incarcerato. A questo riguardo, osserva che il richiedente ha sofferto di una situazione di sovrappopolazione carceraria incido. Difatti, anche tenendosi alle informazioni fornite dal Governo, ciascuna delle persone detenute in ogni unità dove il richiedente è stato incarcerato disponeva di un spazio individuale di solamente 2 m2, ciò che è sotto alla norma raccomandata sopra alle autorità rumene nel rapporto del CPT, a sapere 4 m², paragrafi 15-17 e 35.
47. La Corte ricorda avere concluso già principalmente in numerose cause alla violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione della mancanza di spazio individuale che basta nei centri in che il richiedente è stato incarcerato (vedere, per l’IGP di Bucarest ed il deposito di polizia di Galaţi-Artimenc c. Romania, no 12535/04, § 35, 30 giugno 2009, e per la prigione di Galaţi: Dimakos c. Romania, no 10675/03, §§ 46-47, 6 luglio 2010; Porumb c. Romania, no 19832/04, §§ 73-75, 7 dicembre 2010, e Colesnicov c. Romania, no 36479/03, §§ 80-85, 21 dicembre 2010.
48. La Corte nota poi che, oltre il problema della sovrappopolazione carceraria, le affermazioni del richiedente in quanto alle condizioni di igiene deplorevole, in particolare l’accesso all’acqua decorre e la presenza dei differenti parassiti, sono più che plausibili e riflettono delle realtà descritte dal CPT e con l’APADOR-CH nei differenti rapporti stabiliti in seguito alle loro visite nelle determinazioni penitenziarie in Romania ed in particolare nella prigione di Galaţi, paragrafi 34-38 sopra.
49. La Corte stima che nell’occorrenza le condizioni di detenzione che il richiedente ha dovuto sopportare durante più di un anno, in particolare la sovrappopolazione che regna nella sua unità e le condizioni di igiene deplorevole, non hanno mancato di sottoporrlo ad una prova di un’intensità che superava il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione.
50. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 5 § 1 DELLA CONVENZIONE
51. Il richiedente denuncia il rifiuto dei tribunali di dedurre la durata della citazione a domicilio eseguito in Italia dal 2 giugno 2006 al 2 dicembre 2007 della sua pena di prigione in Romania. Invoca gli articoli 5 e 6 della Convenzione.
52. Padrona della qualifica giuridica dei fatti della causa, la Corte non si considera come legata da quella che assegnano loro i richiedenti o i Governi. In virtù del principio giurò novit curia, ha, per esempio, esaminato di ufficio dei motivi di appello sotto l’angolo di un articolo o paragrafo che non avevano invocato le parti. Un motivo di appello si distingue coi fatti che denuncia e non coi semplici mezzi o argomenti di diritto invocato (vedere, mutatis mutandis, Guerra ed altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I. Alla luce di questi principi, la Corte stima che il presente motivo di appello si presta ad essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 5 § 1 della Convenzione, vedere Incise c. Italia, no 43522/98, § 38, 10 luglio 2003; Pezone c. Italia, no 42098/98, §§ 36-38, 18 dicembre 2003 che è formulato così,:
Articolo 5 § 1
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà ed alla sicurezza. Nessuno può essere privato della sua libertà, salvo nei seguenti casi e secondo le vie legali “
A. Sull’ammissibilità
53. Constatando che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità, la Corte lo dichiara ammissibile.
B. Sul merito
1. Gli argomenti delle parti
54. Il richiedente stima che il tribunale dipartimentale di Galaţi ha giudicato a torto che il periodo che corrisponde alla citazione a domicilio non deve essere imputato su una pena di prigione. Mette in evidenza che la citazione a domicilio costituisce una detenzione al senso dell’articolo 18 della legge no 302/2004, avuto riguardo alla sua qualifica nel diritto dello stato italiano sul territorio del quale questa misura è stata eseguita. Rinvia a questo riguardo alle disposizioni dell’articolo 283 § 4 del CPP italiano e sottopone una decisione della Corte di cassazione italiana del 3 giugno 1999 nella quale questa giudica che, malgrado i loro effetti simili nella pratica, non bisogna confondere, da una parte, la citazione a domicilio con autorizzazione di uscita per lavorare, arresti domiciliari stupido facoltà di allontanarsi lastricò propria abitazione per recarsi al lavoro, prevista dall’articolo 284 § 3 del CPP italiano e che costituisco una privazione di libertà equivalente alla detenzione provvisoria, con, altro parte, l’interdizione di lasciare la città di domicilio abbinato dell’interdizione di lasciare il suo domicilio durante certe ore, obbligo di dimora stupido prescrizione di no allontanarsi lastricò ora abitazione in alcune del giorno, prevista dall’articolo 283 § 4 del CPP italiano e che costituisco una misura che restringe la libertà di circolazione di una persona. A questo riguardo, il richiedente sottolinea che la sentenza del 4 settembre 2006 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia al quale si riferisce il tribunale di prima istanza di Galaþi del 22 febbraio 2008 per allontanarlo alla fine, riguarda l’interdizione di lasciare il comune di domicilio e non una citazione a domicilio, paragrafo 23 sopra.
Il richiedente insiste anche sul fatto che l’articolo 26 della decisione-cornice relativa al mandato di arresto europeo, contempla anche l’obbligo di dedurre della durata totale di privazione di libertà che sarebbe a subire, ogni periodo di detenzione che risulta dall’esecuzione di un mandato di arresto europeo, in seguito alla condanna ad una pena o misura di sicurezza privativa di libertà, senza fare di distinzione in funzione della modalità dell’esecuzione della detenzione, paragrafo 32 sopra. Aggiunge infine che la Corte di cassazione italiana rifiuta, perché contrario ai diritti dell’uomo, l’estradizione di una nessuno che è stato posto in detenzione provvisoria, ivi compreso la citazione a domicilio, per una durata che supera la pena di prigione che è supposto scontare nello stato verso che è estradata, decisione no 46451 della Corte di cassazione del 17 settembre 2004, non prodotta alla pratica.
55. Il Governo, rinviando al sentenza Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, serie Ha no 39, stima che la sorveglianza speciale con citazione a residenza in un comune dato non cade in quanto tale sotto l’influenza dell’articolo 5 della Convenzione. Sottolinea a questo riguardo che il richiedente ha tenuto i legami con la sua famiglia così come il suo impiego, la sua vita normale non essendo lesa. Quindi, è a ragione che i tribunali rumeni hanno negato di imputare sulla pena inflitta al richiedente il periodo di citazione a domicilio, misura che non è contemplata in dritto rumeno del resto. Stima anche che la situazione nella presente causa è simile a quella del decisione Trijonis c. Lithuanie (, déc.), no 2333/02, 17 marzo 2005 nella quale la Corte ha concluso che una citazione a domicilio abbinato di un’autorizzazione di uscita per lavorare e di un obbligo di restare al domicilio tra 19 h e 7 h durante la settimana così come tutto un giorno, le fini di settimane, non equivaleva ad una privazione di libertà, ma ad una restrizione della libertà di circolazione. Il Governo aggiunge infine che la sentenza pronunciata il 12 ottobre 2009 dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia in un ricorso nell’interesse della legge era posteriore alla finalizzazione del procedimento impegnato dal richiedente che si è concluso con la sentenza del tribunale dipartimentale di Galaţi del 16 aprile 2008, l’obbligo dei tribunali di tenere ne conto che non gioca nello specifico. A questo riguardo, sottolinea che una divergenza di giurisprudenza nell’interpretazione della legge potrebbe dare un problemi allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione, ma no sul terreno dell’articolo 5 della Convenzione.
2. Valutazione della Corte
56. La Corte osserva che, con una sentenza definitiva del 21 gennaio 2005, la corte di appello di Galaţi ha condannato in contumacia il richiedente a due anni di prigione ferma. In vista dell’esecuzione di questa pena, le autorità rumene hanno chiesto l’estradizione del richiedente allo stato italiano sul territorio del quale risiedeva. Il richiedente fu fermato e collocato inizialmente in detenzione provvisoria per 15 giorni. La detenzione provvisoria fu sostituita da una citazione a domicilio con autorizzazione di uscire per lavorare che durò fino alla sua estradizione verso la Romania, o un anno e sei mesi. In queste condizioni, se la durata della citazione al domicilio era stata dedotta della pena di prigione, restava ad eseguire al richiedente, salvo utile della libertà condizionale, 5 mesi e 15 giorni. Ora, il richiedente è stato incarcerato in Romania dal 3 dicembre 2007 al 30 dicembre 2008, o circa tredici mesi. Resta a determinare dunque se il surplus di 7 mesi e 15 giorni di detenzione ha violato l’articolo 5 della Convenzione.
57. La Corte rileva al primo colpo che la presente richiesta non riguarda la questione del trasferimento di un paese dove l’interessato ha subito una condanna penale verso un altro paese in vista dell’esecuzione della pena, e dunque le circostanze della conversione della sua pena, Veermäe c. Finlandia, déc.), no 38704/03, 15 marzo 2005; Csoszanszki c. Svezia, déc.), no 22318/02, 27 giugno 2006; Ciok c. Polonia, déc.), no 498/10, 23 ottobre 2012, e Willcox e Hurford c. Regno Unito, déc.), i nostri 43759/10 e 43771/12, 8 gennaio 2013. Non è portata neanche a studiare in abstracto la questione più generale dell’imputazione su una pena di prigione inflitta ad un condannato in un certo Stato della durata della detenzione che questo aveva subito in un Stato differente. A questo riguardo, la Corte ricorda che ad ogni modo, la Convenzione non obbliga le Parti contraenti ad imporre le sue regole agli Stati o territori terzo, Drozd e Janousek c. Francia e Spagna, 26 giugno 1992, § 110, serie Ha no 240.
58. Nel caso di specifico, il richiedente si lamenta che i tribunali rumeni non gli abbiano applicato una riduzione di pena alla quale stima che aveva diritto in virtù del diritto rumeno. A questo riguardo, la Corte nota che il diritto rumeno, articolo 18 della legge no 302/2004, contempla che la durata di “la detenzione” subita all’esteri nella cornice di una domanda di estradizione formata dalle autorità rumene è dedotta della pena di prigione pronunciata dai tribunali rumeni. Nello specifico il tribunale dipartimentale di Galaþi ha rifiutato tuttavia, nella sua sentenza del 16 aprile 2008 di fare l’applicazione di questa disposizione legale, stimando che la citazione a domicilio subito dal richiedente in Italia era una misura provvisoria che non era prevista dal diritto rumeno e che non aveva privato il richiedente della sua libertà, paragrafo 25 sopra.
59. La Corte ricorda che i termini “regolarmente” e “secondo le vie legali” che figurano all’articolo 5 § 1 rinviano per l’essenziale alla legislazione nazionale e consacrano l’obbligo di osservare ne le norme di fondo come procedimento. Se incombe sul primo capo alle autorità nazionali, in particolare ai tribunali, di interpretare e di applicare il diritto interno, sta trattandosi di ciò diversamente di cause in che, allo sguardo dell’articolo 5 § 1, l’inosservanza del diritto interno porta violazione della Convenzione. In simile caso, la Corte può e deve esercitare un certo controllo per ricercare se il diritto interno è stato rispettato bene (vedere, tra altri, Douiyeb c. Paesi Bassi [GC], no 31464/96, §§ 44-45, 4 agosto 1999.
60. Tuttavia, la “regolarità” della detenzione allo sguardo del diritto interno è un elemento essenziale e non decisivo. La Corte deve essere convinta inoltre che la detenzione durante il periodo in gioco è conforme allo scopo dell’articolo 5 § 1, a sapere proteggere l’individuo di ogni privazione di libertà arbitraria. La Corte deve assicurarsi dunque che un diritto interno si conforma
sé alla Convenzione, ivi compreso ai principi enunciato o implicati da lei (vedere, tra altri, Winterwerp c. Paesi Bassi, 24 ottobre 1979, § 45, serie Ha no 33.
61. Su questo ultimo spunta, la Corte sottolinea che quando si tratta di una privazione di libertà, è particolarmente importante di soddisfare al principio generale della sicurezza giuridica. Di conseguenza, è essenziale che le condizioni della privazione di libertà in virtù del diritto interno siano definite chiaramente e che la legge lei stessa sia prevedibile nella sua applicazione, in modo da assolvere il criterio di “legalità” fissata dalla Convenzione che esige che ogni legge sia sufficientemente precisa per permettere al cittadino-circondandosi all’occorrenza di consigli illuminati-di contemplare, ad un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze di natura tale da derivare di un atto determinato, Baranowski c. Polonia, no 28358/95, §§ 50-52, CEDH 2000-III.
62. L’argomento del Governo secondo che la citazione a domicilio abbinato di un’autorizzazione di uscita per lavorare non equivale ad una privazione di libertà, ma ad una restrizione della libertà di circolazione, chiama certe considerazioni.
In primo luogo, la questione di sapere in un caso dato se c’è stata privazione di libertà è funzione dei fatti particolari dello specifico. A questo riguardo, la Corte ricorda che nella cornice del sistema della Convenzione, è chiamata a sostenere un ruolo accessorio rispetto ai sistemi nazionali di protezione dei diritti dell’uomo, A. ed altri c. Regno Unito [GC], no 3455/05, § 154, CEDH 2009. In principio, là dove dei procedimenti interni sono stati condotti, la Corte non ha a sostituire la sua propria valutazione dei fatti a quella delle giurisdizioni nazionali alle quali appartiene di stabilirli sulla base delle prove raccolte da esse. Se la Corte non è legata dalle constatazioni di queste ultime ma casa libera di concedersi alla sua propria valutazione alla luce dell’insieme degli elementi di cui dispone, non si scosterà normalmente delle constatazioni di fatto dei giudici nazionali che se è in possesso di dati convincenti a questo effetto, Giuliani e Gaggio c. Italia [GC], no 23458/02, § 180, CEDH 2011 (brani)). Avuto tuttavia riguardo al fatto che in virtù degli articoli 19 e 32 della Convenzione gli appartiene di interpretare e di applicare in ultima istanza questa, la Corte, se deve prendere certo in conto le constatazioni di fatto delle giurisdizioni interne, non è limitata dai loro conclusioni giuridici in quanto al punto di sapere se il richiedente ha o non estate privata della sua libertà al senso dell’articolo 5 § 1 della Convenzione, Austin ed altri c. Regno Unito [GC], nostri 39692/09, 40713/09 e 41008/09, § 61, CEDH 2012.
63. A questo riguardo, la Corte osserva che in dritto italiano, una persona citata a domicilio è reputata essere in detenzione provvisoria, anche se è autorizzata ad uscire per lavorare, paragrafo 22 sopra e Mancini c. Italia, no 44955/98, § 17, CEDH 2001-IX. Per la sua parte, il tribunale di prima istanza di Galaþi, nel suo giudizio ampiamente motivato del 22 febbraio 2008, ha concluso anche che il richiedente era stato privato di libertà durante la sua citazione a domicilio, paragrafo 23 sopra. In compenso, sul punto di appello, il tribunale dipartimentale di Galaţi ha stimato che la citazione a domicilio subito dal richiedente in Italia era una misura provvisoria che non era prevista dal diritto rumeno e che non aveva privato il richiedente della sua libertà. Ritornava al tribunale dipartimentale da Galaţi di motivare in modo sufficiente la sua decisione di staccare si del giudizio del tribunale di prima istanza di Galaþi dunque. Ora, forza è di constatare che la conclusione del tribunale dipartimentale non è a questo riguardo sufficientemente motivata, paragrafo 25 sopra. In queste condizioni, la Corte considera che il richiedente poteva addurre in modo difendibile che aveva subito una detenzione in Italia che doveva essere dedotta della pena che era supposto scontare in Romania.
64. La Corte considera inoltre che l’articolo 18 della legge no 302/2004 non è sufficientemente chiaro affinché la categoria delle misure alle quali questa disposizione è applicabile o prevedibile (vedere, mutatis mutandis, Creangă c. Romania [GC], no 29226/03, § 120, 23 febbraio 2012.
Questa mancanza di chiarezza della legge non è stata palliata da una giurisprudenza consolidata dei tribunali rumeni nella sua interpretazione. Tutto al contrario, è col verso di un ricorso nell’interesse di legge che l’Alta Corte di cassazione e di giustizia, con una sentenza del 12 ottobre 2009, si è pronunciata sull’interpretazione di questa disposizione che mette fine così all’esistenza di una giurisprudenza divergente dei tribunali rumeni in quanto all’imputazione su una pena di prigione del periodo di citazione a domicilio eseguito all’esteri, paragrafo 31 sopra.
All’evidenza, una tale divergenza di giurisprudenza non era di natura tale da permettere a qualcuno di contemplare, ad un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze di natura tale da derivare di un atto determinato. In queste condizioni, la Corte conclude che la legislazione rumena pertinente non soddisfaceva al criterio di “prevedibilità” di una “legge” alle fini dell’articolo 5 § 1 della Convenzione, mutatis mutandis, Baranowski precitata, § 55, e Toniolo c. San Marino ed Italia, no 44853/10, §§ 48-51, 26 giugno 2012.
65. Tenuto conto di ciò che precede e di questo che unica un’interpretazione stretta quadra con lo scopo e l’oggetto dell’articolo 5 § 1 della Convenzione, Medvedyev ed altri c. Francia [GC], no 3394/03, § 78, CEDH 2010, la Corte stima che il richiedente ha scontato una pena di una durata superiore a quella che avrebbe dovuto subire secondo il sistema giuridico nazionale e tenuto conto degli utili ai quali aveva diritto. Il suo surplus di detenzione non saprebbe pertanto analizzarsi in una detenzione regolare ai sensi dell’articolo 5 § 1 della Convenzione, mancanza di base legale che ha i requisiti richiesti per soddisfare al principio generale di sicurezza giuridica.
66. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 5 § 1 della Convenzione.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
67. Il richiedente si lamenta infine della sua detenzione per truffa che stima contrario all’articolo 1 del Protocollo no 4 alla Convenzione. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 7 alla Convenzione, il richiedente si lamenta anche contro l’Italia del suo rinvio in Romania con le autorità italiane, senza carte di identità e senza i suoi effetti personali.
68. Tenuto conto dell’insieme degli elementi nel suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non rileva nessuna apparenza di violazione dei diritti e libertà garantite dalla Convenzione. La Corte conclude dunque che questa parte della richiesta è manifestamente male fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 ha, e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
69. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
70. Il richiedente richiede il rimborso delle sue spese correnti e queste della sua famiglia effettuata durante la sua detenzione provvisoria e gli oneri di viaggio di questa fino al luogo della sua detenzione in Romania che ammonta a 19 000 euro, EUR, così come le somme che deve rimborsare a suo figlio che ha regolato, mentre era arrestato, le mensilità del suo credito immobiliare, ammontando a 10 000 EUR. Richiede anche 17 985,85 EUR che rappresentano gli stipendi che avrebbe riscosso nel 2008 se non era stato estradato, così come 7 000 EUR con anno, dopo 2008, rappresentando la diminuzione del suo stipendio e gli oneri supplementari di spostamento generato dal suo nuovo impiego. Valuta inoltre il danno patrimoniale legato ai suoi problemi di salute a 20 000 EUR. Richiede per di più 250 EUR con giorno di detenzione “ingiusta”, o un totale di 99 250 EUR per 397 giorni di detenzione. Il richiedente chiede infine la somma di 100 000 EUR per danno giuridico.
71. Per il Governo, nessuna somma deve essere accordata a titolo del danno patrimoniale, il richiedente non avendo provato il legame di causalità con la constatazione di violazioni e non avendo prodotto di giustificativi per la maggior parte del sono richieste. In quanto al danno giuridico, il Governo considera che la constatazione di violazione costituirebbe un risarcimento sufficiente e che ad ogni modo, la somma richiesta è eccessiva.
72. La Corte non vede di legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno patrimoniale addotto. Invece, giudica che il richiedente abbia subito un torto giuridico certo e considera che c’è luogo di concedere egli 12 000 EUR a titolo del danno giuridico.
B. Oneri e spese
73. Il richiedente chiede anche 13 000 EUR a titolo di parcella di avvocati versati da sua moglie a differenti avvocati, durante la sua detenzione in Romania. Nessuno giustificativo è prodotto dinnanzi alla Corte.
74. Il Governo stima che il richiedente non ha formulato di domanda a titolo di oneri e spese.
75. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto della sua giurisprudenza, la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e spese.
C. Interessi moratori
76. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile al riguardo della Romania, in quanto ai motivi di appello derivati dell’articolo 3, condizioni patrimoniali di detenzione, e dell’articolo 5 § 1 della Convenzione, ed inammissibile per il surplus;

2. Stabilisce che c’è stata violazione da parte della Romania dell’articolo 3 della Convenzione;

3. Stabilisce che c’è stata violazione da parte della Romania dell’articolo 5 § 1 della Convenzione;

4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto rumeno deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 12 000 EUR, dodicimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno giuridico, a convertire nella moneta dello stato convenuto, al tasso applicabile alla data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;

5. Respinge l’istanza di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 luglio 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion : Partiellement irrecevable Violation de l’article 3 – Interdiction de la torture (Article 3 – Traitement dégradant) (Volet matériel) (Roumanie)
Violation de l’article 5 – Droit à la liberté et à la sûreté (Article 5-1 -Arrestation ou détention régulière Voies légales) (Roumanie)
Dommage matériel – demande rejetée Préjudice moral – réparation

TROISIÈME SECTION

AFFAIRE CIOBANU c. ROUMANIE ET ITALIE

(Requête no 4509/08)

ARRÊT

STRASBOURG

9 juillet 2013

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Ciobanu c. Roumanie et Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Alvina Gyulumyan,
Corneliu Bîrsan,
Ján Šikuta,
Luis López Guerra,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 18 juin 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 4509/08) dirigée contre la Roumanie et l’Italie, et dont un ressortissant roumain, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 10 janvier 2008 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par OMISSIS, avocate à Padoue (Italie). Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme I. Cambrea, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le requérant se plaint en particulier des conditions de détention qu’il a dû subir dans plusieurs centres de détention de Roumanie, ainsi que du refus des tribunaux roumains de déduire de la peine de prison infligée la durée de l’assignation à domicile exécutée en Italie. Il invoque à cet égard les articles 3 et 5 § 1 de la Convention.
4. Le 8 juillet 2011, la requête a été communiquée au Gouvernement roumain. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1967 et réside à Padoue (Italie).
A. La condamnation pénale et l’extradition du requérant vers la Roumanie
6. Par un arrêt définitif du 21 janvier 2005, la cour d’appel de Galaţi condamna le requérant par contumace à deux ans de prison ferme pour escroquerie et faux en écriture privée.
7. A une date non précisée, en vue de l’exécution de la peine, les autorités roumaines demandèrent à l’État italien, sur le territoire duquel le requérant séjournait, son extradition. En vue de l’extradition, les autorités italiennes placèrent le requérant en détention provisoire du 18 mai au 1er juin 2006. Le 2 juin 2006, une assignation à domicile avec autorisation de sortie pour travailler (arresti domiciliari con facolta di allontanarsi dalla propria abitazione per recarsi al lavoro) remplaça la détention provisoire jusqu’au 3 décembre 2007.
8. Par une décision définitive du 3 octobre 2007, la Cour de cassation italienne accueillit la demande d’extradition du requérant.
9. Le 3 décembre 2007, le requérant fut remis aux autorités roumaines. Aucun papier d’identité ou effets personnels ne fut remis au requérant.
10. Dans son formulaire de requête, le requérant mentionne que la procédure concernant l’accusation portée à son encontre a été réinscrite sur le rôle des tribunaux. La Cour n’a pas été informée sur l’issue de cette procédure.
B. Les conditions de détention et l’assistance médicale
1. Les conditions de détention et l’assistance médicale telles que décrites par le requérant
11. En l’absence de toute pièce d’identité, le requérant fut incarcéré initialement dans les locaux de l’Inspection générale de la police de Bucarest (Inspectoratul general de poliţie Bucureşti, ci-après « IGP »). Il fut placé dans une cellule avec cinq autres personnes, avec un lit sans draps. L’eau courante était disponible seulement deux fois par jour, pendant une vingtaine de minute à chaque fois. La cellule était pourvue d’une cuvette de toilettes, par laquelle des rats pénétraient. Le système de chauffage de la cellule ne marchait pas, alors que les températures au mois de décembre descendaient à moins 20 oC.
12. Le 11 décembre 2007, après que son épouse ait transmis la carte d’identité du requérant, celui-ci fut transféré au dépôt de police de Galaţi (Inspectoratul judeţean de poliţie Galaţi) où il subit les mêmes conditions de détention.
13. Il fut ensuite incarcéré dans la prison de Galaţi où il fut placé avec 24 autres détenus dans une cellule de 20 m² dotée de 12 lits sans draps. Il fut amené ainsi à partager son lit avec un codétenu ou à dormir à même le sol. Les repas servis n’étaient pas comestibles car périmés et froids. En raison de l’absence d’eau chaude et du fait que l’eau froide était contaminée, on diagnostiqua chez ses codétenus la dysenterie, la gale et d’autres maladies contagieuses. La cellule était aussi infestée de cafards.
14. Les conditions de détention provoquèrent chez le requérant une hernie discale qui lui provoqua des douleurs affreuses pendant onze jours. Aucune mesure médicale ne fut prise pendant ce temps malgré ses cris de douleur. Le 11 mars 2008, après onze jours, ses codétenus appelèrent une infirmière qui injecta au requérant un médicament auquel il était allergique, de sorte qu’il fut transporté de toute urgence à l’hôpital. Il y subit une intervention chirurgicale. Après l’intervention, il y fut gardé encore cinq jours. Pendant ce temps, il fut menotté, enchaîné au lit et surveillé par deux agents. Il fut réincarcéré à la prison de Galaţi avec les prescriptions suivantes : dispense d’efforts physiques, physiothérapie, gymnastique médicale et traitement médicamenteux. Aucune de ces prescriptions ne fut respectée dans le centre pénitentiaire. Le requérant ne saisit pas les autorités d’une action en vertu de la loi no 275/2006 sur l’exécution des peines et des mesures adoptées au cours du procès pénal (« la loi no 275/2006 ») afin de dénoncer l’absence alléguée d’assistance médicale.
2. Les conditions de détention et l’assistance médicale telles que décrites par le Gouvernement
15. Le requérant fut incarcéré initialement dans les locaux de l’IGP de Bucarest. Il fut placé, avec cinq autres personnes, dans une cellule qui mesurait 13, 95 m² (4, 5 m sur 3, 1 m) et 3, 1 m de hauteur et qui était dotée de six lits. La cellule était pourvue d’une fenêtre, d’une cuvette de toilettes, d’une douche et de deux étagères. Elle était dotée également d’éclairage artificiel. Les détenus étaient autorisés à se procurer des produits d’hygiène ainsi que des produits pour désinfecter la cellule. La nourriture était fournie par la prison de Bucarest-Rahova et les détenus étaient autorisés à recevoir tous les mois de l’extérieur 10 kg de nourriture, 6 kg de fruits et 20 l de boissons.
16. Le requérant fut ensuite incarcéré du 10 décembre, à 16 h, au 11 décembre 2007, à 12 h, dans le dépôt de la police de Galaţi. Il y fut placé, avec cinq autres personnes, dans une cellule qui mesurait 12, 6 m² (4, 2 m sur 3 m) et 3 m de hauteur et qui était dotée de six lits. La cellule était pourvue d’un groupe sanitaire (toilettes et douche) d’une superficie totale de 0, 77 m². Le dépôt de police avait la même source de chauffage et d’eau courante que le siège de la police départementale.
17. Du 11 décembre 2007 au 30 décembre 2008, le requérant fut incarcéré à la prison de Galaţi et placé dans des cellules mesurant 24, 5 m² et ayant une hauteur de 3 m, sises dans un bâtiment mis en service en 1994. Elles étaient dotées de douze lits, d’une fenêtre, d’une table, de quatre chaises et étaient également pourvues d’éclairage artificiel. Le chauffage était assuré par des radiateurs en fer. Les cellules disposaient également d’une salle d’eaux de 4, 98 m² pourvue de toilettes, d’une douche et d’un lavabo. Le requérant avait accès aux douches à raison de deux fois par semaine, pendant une heure.
18. L’hygiène dans les cellules était de la responsabilité des détenus auxquels des produits de nettoyage étaient distribués. Les ordures ménagères étaient enlevées quotidiennement de chaque cellule. Les cellules n’étaient pas infestées de cafards.
19. La qualité de l’eau et de la nourriture était vérifiée systématiquement et aucune irrégularité n’avait été décelée. L’eau courante était fournie dans les intervalles : 5 h 30 – 8 h, 13 h 30 – 16 h et 18 h 30 – 21 h 30.
20. Lors de son incarcération dans la prison de Galaţi, le 11 décembre 2007, le requérant subit un examen médical. Une discopathie lombaire fut diagnostiquée à cette occasion. Le 10 mars 2008, le requérant eut de fortes douleurs lombaires et se vit administrer un traitement médicamenteux. Du 14 au 21 mars 2008, il fut admis aux urgences où il subit une intervention chirurgicale au niveau des vertèbres. Un traitement lui fut prescrit. Toutefois, le 22 avril 2008, le requérant, acceptant en pleine connaissance de cause les risques qu’impliquait l’effort physique postopératoire, demanda à être autorisé à travailler en tant que chauffeur.
C. La contestation de l’exécution de la peine de prison
21. Le 18 mai 2007, le requérant saisit les tribunaux roumains d’une demande de libération conditionnelle. Il faisait valoir que si l’on tenait compte de la détention subie en Italie en vue de son extradition, il avait déjà exécuté la fraction de la peine nécessaire afin de bénéficier de la libération conditionnelle en vertu des dispositions du code pénal roumain. Après l’extradition du requérant vers la Roumanie, son action fut requalifiée en contestation de l’exécution de la peine.
22. Le requérant produisit au dossier un certificat délivré par la cour d’appel de Venise le 8 février 2008, attestant de la durée de sa détention en Italie et du fait que l’assignation à domicile, malgré le fait qu’elle était assortie d’une autorisation de sortie pour travailler, était assimilée, selon les dispositions du code de procédure pénale (« CPP ») italien, à la détention provisoire et devait être déduite d’une peine de prison.
23. Par un jugement du 22 février 2008, le tribunal de première instance de Galaţi fit droit à la demande du requérant et déduisit la période de détention, subie en Italie du 18 mai 2006 au 2 décembre 2007, de sa peine de prison. S’agissant de l’assignation à domicile, le tribunal releva que cette période devait être déduite de la peine de prison, bien que la législation roumaine ne prévoie pas cette mesure privative de liberté, et cela pour plusieurs raisons. En premier lieu, le tribunal nota que l’article 18 § 1 de la loi no 302/2004 relative à la coopération judiciaire internationale en matière pénale (« loi no 302/2004 »), prévoyait que la détention subie à l’étranger résultant de l’exécution d’une demande formée par les autorités roumaines était prise en compte dans le cadre de la procédure pénale roumaine et déduite de la condamnation infligée par les autorités roumaines. Or, cette loi ne faisait aucune distinction en fonction de la modalité de l’exécution de la détention. En deuxième lieu, l’assignation à domicile, malgré le fait qu’elle était assortie d’une autorisation de sortie pour travailler, était assimilée, selon les dispositions du CPP italien, à la détention provisoire. En troisième lieu, le refus de déduire cette période de la peine prononcée par un tribunal roumain constituerait un traitement discriminatoire puisqu’une personne qui se serait vu accorder le bénéfice de l’exécution de la peine en Italie profiterait des dispositions de la loi pénale italienne, exécutant seulement la différence de la peine, alors qu’une personne extradée en vue de l’exécution d’une peine de prison en Roumanie se verrait refuser ce bénéfice. Ensuite, le tribunal souligna que, dans un contexte européen, la décision-cadre du Conseil de l’Union européenne du 13 juin 2002 relative au mandat d’arrêt européen et aux procédures de remise entre États membres (« décision-cadre relative au mandat européen »), prévoyait dans son article 26, l’obligation de déduire de la durée totale de privation de liberté à purger, toute période de détention résultant de l’exécution d’un mandat d’arrêt européen, par suite de la condamnation à une peine ou mesure de sûreté privatives de liberté, sans faire de distinction en fonction de la modalité de l’exécution de la détention. Enfin, le tribunal estima que la Haute Cour de cassation et de justice avait à tort assimilé, dans un arrêt no 4990 du 4 septembre 2006 (paragraphe 30 ci-dessous), ce type de détention aux mesures de sûreté restrictives mais non privatives de liberté prévues par la législation pénale roumaine, à savoir l’interdiction de ne pas quitter une localité et l’interdiction de ne pas quitter le pays.
24. Le parquet se pourvut en cassation contre ce jugement.
25. Par un arrêt du 16 avril 2008, le tribunal départemental de Galaţi accueillit le recours du parquet et déduisit de la peine de prison infligée au requérant seulement la période de détention provisoire du 18 mai au 1er juin 2006. Pour décider ainsi, le tribunal estima que l’assignation à domicile ne constituait pas une mesure privative de liberté et nota que les articles 88 et 89 du code pénal roumain permettaient uniquement la déduction de la durée des mesures privatives de liberté régies par la législation roumaine, à savoir la garde à vue et la détention provisoire dans un centre de détention (paragraphe 28 ci-dessous).
D. Action en suspension de l’exécution de la peine de prison
26. En 2008, à une date non précisée, le requérant demanda la suspension de l’exécution de la peine de prison en invoquant un mauvais état de santé. Toutefois, le 8 mai 2008, le requérant renonça à sa demande. La procédure fut clôturée pour ce motif par une décision du tribunal de première instance de Galaţi du même jour.
E. Mise en liberté
27. Le requérant fut remis en liberté conditionnelle le 30 décembre 2008.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES ET INTERNATIONAUX PERTINENTS
A. Le code pénal roumain
28. Les dispositions pertinentes étaient ainsi libellées à l’époque des faits :
Article 88 § 1
La déduction de la garde à vue et de la détention provisoire
« La durée de la garde à vue et de la détention provisoire sont déduites de la peine de prison prononcée (…) »
Article 89
La déduction de la privation de liberté exécutée à l’étranger
« (…) la durée de la peine ainsi que celle de la garde à vue et de la détention provisoire exécutées à l’étranger sont déduites de la peine de prison prononcée par les tribunaux roumains pour le même délit. »
B. La loi no 302/2004 relative à la coopération judiciaire internationale en matière pénale
29. Les dispositions pertinentes de cette loi étaient ainsi libellées à l’époque des faits :
Article 18 § 1
« La durée de la détention (arestului) subie à l’étranger résultant de l’exécution d’une demande formée par les autorités roumaines sur le fondement de la présente loi est prise en compte dans le cadre de la procédure pénale roumaine et déduite de la peine appliquée par les tribunaux roumains. »
C. La jurisprudence de la Haute Cour de cassation et de justice
30. Dans son arrêt no 4990 du 4 septembre 2006, la Haute Cour jugea que la mesure imposée par les autorités italiennes, consistant en l’obligation de l’intéressé d’établir sa résidence dans une certaine localité, assortie de l’interdiction de quitter sa résidence dans le créneau horaire
22 h 30 -7 h 00, correspondait aux mesures de sûreté d’interdiction de quitter la localité ou le pays, prévues par le CPP roumain. Or, ces mesures constituent des limitations à la liberté de circulation et ne s’analysent donc pas en privation de liberté. En conséquence, seules les mesures prévues par l’article 88 du code pénal, à savoir la garde à vue et la détention provisoire peuvent être déduites d’une peine de prison. Par ailleurs, la Haute Cour considéra que l’interdiction de quitter sa résidence pendant un certain créneau horaire ne saurait être assimilée à la détention puisque l’intéressé demeure dans son milieu familial, alors que la détention provisoire tend à la rupture des relations sociales afin de prévenir des activités susceptibles d’entraver le bon déroulement d’une enquête.
31. Par sa décision no 22 du 12 octobre 2009, la Haute Cour trancha un recours dans l’intérêt de la loi formé par le procureur général au sujet de l’interprétation de l’article 18 de la loi no 302/2004. Le recours concluait à l’existence d’une jurisprudence divergente des tribunaux roumains quant à l’imputation sur une peine de prison de la période d’assignation à domicile exécutée à l’étranger. Si certains tribunaux avaient jugé que seules la garde à vue et la détention provisoire pouvaient être imputées sur une peine de prison, d’autres tribunaux avaient estimé, sur le fondement de l’article 5 de la Convention et de l’article 26 de la décision-cadre relative au mandat d’arrêt européen, que la durée correspondant à une assignation à domicile devait également être déduite d’une peine de prison.
La Haute Cour jugea qu’il fallait, en application de l’article 18 de la loi no 302/2004, déduire l’assignation à domicile exécutée à l’étranger, d’une peine de prison prononcée par les tribunaux roumains. Elle releva qu’en droit italien l’assignation à domicile constituait une privation de liberté et qu’elle était assimilée à la détention provisoire (article 284 du CPP italien). Par ailleurs, la Haute Cour se référa à la jurisprudence abondante de la Cour qui qualifie l’assignation à domicile de privation de liberté au sens de l’article 5 de la Convention. En outre, elle constata que l’assignation à domicile n’était certes pas prévue par le droit roumain, mais que le projet de nouveau CPP roumain prévoyait l’introduction d’une telle mesure en tant que mesure privative de liberté. De plus, le projet de nouveau code pénal prévoyait la déduction de toute mesure privative de liberté, y compris donc l’assignation à domicile, d’une peine de prison prononcée par les tribunaux roumains (articles 218-222 du projet de nouveau CPP roumain et article 72 § 1 du projet de nouveau code pénal roumain).
D. La décision-cadre 2002/584/JAI relative au mandat d’arrêt européen et aux procédures de remise entre États membres
32. La décision-cadre 2002/584/JAI relative au mandat d’arrêt européen et aux procédures de remise entre États membres adoptée par le Conseil de l’Union européenne le 13 juin 2002 (JO L 190 du 18 juillet 2002, p. 1) prévoit ce qui suit dans ses articles 12 et 26 :
Article 12
Maintien de la personne en détention
« Lorsqu’une personne est arrêtée sur la base d’un mandat d’arrêt européen, l’autorité judiciaire d’exécution décide s’il convient de la maintenir en détention conformément au droit de l’État membre d’exécution. La mise en liberté provisoire est possible à tout moment conformément au droit interne de l’État membre d’exécution, à condition que l’autorité compétente dudit État membre prenne toute mesure qu’elle estimera nécessaire en vue d’éviter la fuite de la personne recherchée. »
Article 26
Déduction de la période de détention subie dans l’État membre d’exécution
« 1. L’État membre d’émission déduit de la durée totale de privation de liberté qui serait à subir dans l’État membre d’émission toute période de détention résultant de l’exécution d’un mandat d’arrêt européen, par suite de la condamnation à une peine ou mesure de sûreté privatives de liberté.
2. À cette fin, toutes les informations relatives à la durée de la détention de la personne recherchée au titre de l’exécution du mandat d’arrêt européen sont transmises par l’autorité judiciaire d’exécution ou par l’autorité centrale désignée en application de l’article 7 à l’autorité judiciaire d’émission au moment de la remise. »
33. La Roumanie a transposé en droit interne la décision-cadre 2002/584/JAI relative au mandat d’arrêt européen par la loi no 302/2004 sur la coopération judiciaire internationale en matière pénale (paragraphe 29
ci-dessus).
E. Les rapports du Comité européen pour la prévention de la torture et des peines ou traitements inhumains ou dégradants (CPT)
34. Le rapport du 2 avril 2004 du CPT dresse un état des lieux détaillé de la situation rencontrée dans les différents dépôts de police et établissements pénitentiaires roumains qu’il a visités du 16 au 25 septembre 2002 et du 9 au 11 février 2003, dont l’IGP et le dépôt de la police de Galaţi. À l’égard de l’IGP, le CPT nota que certaines cellules n’offraient aux détenus qu’un espace vital restreint (par exemple, trois personnes dans 10 m² ou quatre dans 14 m²) et qu’elles auraient été très surchargées si elles avaient été occupées au maximum de leur capacité officielle ; il releva, en outre, que les groupes sanitaires dans les cellules étaient insuffisamment cloisonnés. Au dépôt de police de Galaţi, le CPT releva que les cellules ne bénéficiaient que de très peu ou pas du tout de lumière du jour, que l’éclairage artificiel était médiocre et que l’aération était manifestement insuffisante ; il releva que le taux d’occupation des cellules était parfois extrêmement élevé. À titre d’exemple, le CPT nota que des cellules qui mesuraient entre 5 et 6 m² étaient utilisées pour accueillir 3, 4 voire 5 personnes et que des cellules de 10 à 13 m² accueillaient jusqu’à 10 personnes, de nombreux détenus étant obligés de partager un lit ; les cellules étaient équipées de WC qui n’étaient pas cloisonnés. Le CPT attira l’attention des autorités roumaines sur le fait que la réglementation en vigueur au niveau national, qui n’imposait qu’un minimum de 6 m3 d’espace de vie par détenu (soit environ 2 m² d’espace de vie pour chacun), était insuffisante.
35. Dans son rapport publié le 11 décembre 2008 à la suite de sa visite en juin 2006 dans plusieurs établissements pénitentiaires de Roumanie, le CPT se félicita de ce que, peu après sa visite, la norme officielle d’espace de vie par détenu dans les cellules ait été amenée de 6 m3 à 4 m² ou 8 m3. Le CPT recommandait aux autorités roumaines de prendre les mesures nécessaires en vue de faire respecter la norme de 4 m² d’espace de vie par détenu dans les cellules collectives de tous les établissements pénitentiaires de Roumanie.
36. Dans son dernier rapport publié le 24 novembre 2011, à la suite de sa visite du 5 au 16 septembre 2010 dans plusieurs établissements pénitentiaires roumains, le CPT conclut que le taux de surpeuplement de ces établissements reste un problème majeur en Roumanie. Selon les statistiques fournies par les autorités roumaines, les 42 établissements pénitentiaires du pays, d’une capacité totale de 16 898 places, comptaient 25 543 détenus au début de l’année 2010 et 26 971 détenus en août 2010 ; le taux d’occupation était très élevé (150 % ou plus) dans la quasi-totalité de ces établissements.
F. Autres rapports concernant les conditions de détention
37. Rédigé à la suite d’une visite effectuée le 12 décembre 2005, le rapport de l’Association pour la défense de droits de l’homme – comité Helsinki (APADOR-CH) du même jour, se réfère, entre autres, au problème de surpopulation carcérale à la prison de Galaţi, qui abritait à l’époque 1 268 personnes pour un total de 2 705 m², l’espace de vie moyen d’un détenu étant de 2, 13 m², c’est-à-dire la moitié de l’espace recommandé par le CPT. Le rapport relève en outre la mauvaise qualité de l’eau potable qui était infestée de vers et le fait qu’elle était fournie dans les installations sanitaires seulement quelques heures par jour. Dans sa réponse du 28 février 2006, au rapport susmentionné, l’Administration nationale des prisons (« ANP ») s’est référée au surpeuplement des cellules de détention et à l’insuffisance des espaces de rangement destinés aux détenus. En outre, en réponse aux allégations visant la qualité de l’eau, l’ANP indiqua que l’alimentation en eau de la prison se faisait grâce à un puits et qu’il n’y avait pas de possibilité technique de réaliser le forage d’un deuxième puits. Le branchement au réseau d’eau potable de la ville ne pouvait se faire avant de trouver les ressources financières.
38. Rédigé à la suite d’une visite récente effectuée le 22 novembre 2012, le rapport de l’APADOR-CH du même jour, se réfère, entre autres, au problème de surpopulation carcérale à la prison de Galaţi, qui abritait à l’époque 1 028 personnes pour un total de 2 184 m², l’espace de vie moyen d’un détenu étant de 2, 12 m². A la date de la visite, le forage d’un deuxième puits venait de s’achever, ce qui avait amélioré l’alimentation en eau courante de la prison. L’eau chaude était disponible deux fois par semaine pendant une heure.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
39. Le requérant dénonce les conditions de détention subies dans les centres de détention roumains qu’il qualifie de torture. Il soutient par ailleurs que ces conditions ont provoqué chez lui une hernie discale qui a nécessité une intervention chirurgicale. En outre, sa récupération postopératoire a été rendue quasi-impossible en prison. Il invoque les articles 2 et 3 de la Convention. La Cour estime que le grief du requérant doit être examiné sous l’angle du seul article 3 de la Convention, ainsi libellé :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
A. Sur la recevabilité
40. Dans la mesure où le grief du requérant se rapporte à l’insuffisance alléguée de son traitement médical, la Cour constate, comme elle l’a fait dans les affaires Petrea c. Roumanie (no 4792/03, § 35, 29 avril 2008) et Coman c. Roumanie (no 34619/04, § 45, 26 octobre 2010), que le requérant a omis d’introduire un recours fondé sur les dispositions de la loi no 275/2006 (paragraphe 14 in fine ci-dessus). Dès lors, il convient de rejeter cette branche du grief pour non-épuisement des voies de recours internes, en application de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
41. S’agissant des conditions matérielles de détention, la Cour relève que cette branche du grief ne se heurte à aucun motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Les arguments des parties
42. Le requérant, renvoyant aux différents instruments juridiques internationaux, aux rapports du CPT, à un rapport établi en 2008 par l’organisation non-gouvernementale Amnesty International et à la jurisprudence de la Cour, estime qu’il a subi des conditions de détention contraires à l’article 3 de la Convention. Il dénonce en premier lieu la surpopulation carcérale qui l’a amené à partager parfois son lit avec un codétenu. Il critique aussi l’insuffisance de la nourriture et du chauffage et les conditions déplorables d’hygiène.
43. Se référant à la description des conditions de détention qu’il a fournie et à la jurisprudence de la Cour en la matière, le Gouvernement soutient que les conditions de détention du requérant étaient conformes aux exigences de l’article 3 de la Convention. Il souligne en particulier que la durée de la détention du requérant dans les locaux de l’IGP de Bucarest et dans le dépôt de la police de Galaţi a été très courte (huit jours) et que dès lors le seuil de gravité requis par l’article 3 de la Convention n’a pas été atteint. S’appuyant sur un rapport établi le 28 octobre 2011 par la direction départementale de police de Galaţi, le Gouvernement souligne que le dépôt de cette institution a fait l’objet des visites de deux organisations non-gouvernementales roumaines, en 2010 et en 2011, et que celles-ci n’ont décelé aucune méconnaissance des droits des détenus (rapports non produits au dossier).
2. L’appréciation de la Cour
44. La Cour rappelle que l’article 3 de la Convention fait peser sur les autorités une obligation positive qui consiste à s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions qui sont compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou à une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, §§ 93-94, CEDH 2000-XI, Norbert Sikorski c. Pologne, no 17599/05, § 131, 22 octobre 2009).
45. S’agissant des conditions de détention, la Cour prend en compte les effets cumulatifs de celles-ci ainsi que les allégations spécifiques du requérant (Dougoz c. Grèce, nº 40907/98, § 46, CEDH 2001-II). En particulier, le temps pendant lequel un individu a été détenu dans les conditions incriminées constitue un facteur important à considérer (Alver c. Estonie, no 64812/01, § 50, 8 novembre 2005). En outre, dans certains cas, lorsque la surpopulation carcérale atteint un certain niveau, le manque d’espace dans un établissement pénitentiaire peut constituer l’élément central à prendre en compte dans l’appréciation de la conformité d’une situation donnée à l’article 3 (Karalevičius c. Lituanie, no 53254/99, § 39, 7 avril 2005).
46. Faisant application des principes susmentionnés au cas d’espèce, la Cour se penchera sur le facteur qui est en l’occurrence central, à savoir l’espace personnel accordé au requérant dans les différents centres de détention dans lesquels il a été incarcéré. À cet égard, elle observe que le requérant a souffert d’une situation de surpopulation carcérale grave. En effet, même en se tenant aux renseignements fournis par le Gouvernement, chacune des personnes détenues dans chaque cellule où le requérant a été incarcéré disposait d’un espace individuel de seulement 2 m2, ce qui est en dessous de la norme recommandée aux autorités roumaines dans le rapport du CPT, à savoir 4 m² (paragraphes 15-17 et 35 ci-dessus).
47. La Cour rappelle avoir déjà conclu dans de nombreuses affaires à la violation de l’article 3 de la Convention en raison principalement du manque d’espace individuel suffisant dans les centres dans lesquels le requérant a été incarcéré (voir, pour l’IGP de Bucarest et le dépôt de police de Galaţi – Artimenc c. Roumanie, no 12535/04, § 35, 30 juin 2009, et pour la prison de Galaţi : Dimakos c. Roumanie, no 10675/03, §§ 46-47, 6 juillet 2010 ; Porumb c. Roumanie, no 19832/04, §§ 73-75, 7 décembre 2010, et Colesnicov c. Roumanie, no 36479/03, §§ 80-85, 21 décembre 2010).
48. La Cour note ensuite que, outre le problème du surpeuplement carcéral, les allégations du requérant quant aux conditions d’hygiène déplorables, notamment l’accès à l’eau courante et la présence de différents parasites, sont plus que plausibles et reflètent des réalités décrites par le CPT et par l’APADOR-CH dans les différents rapports établis à la suite de leurs visites dans les établissements pénitentiaires en Roumanie et en particulier dans la prison de Galaţi (paragraphes 34-38 ci-dessus).
49. La Cour estime qu’en l’occurrence les conditions de détention que le requérant a dû supporter pendant plus d’un an, en particulier la surpopulation régnant dans sa cellule et les conditions d’hygiène déplorables, n’ont pas manqué de le soumettre à une preuve d’une intensité qui excédait le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention.
50. Dès lors, il y a eu violation de l’article 3 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 5 § 1 DE LA CONVENTION
51. Le requérant dénonce le refus des tribunaux de déduire la durée de l’assignation à domicile exécutée en Italie du 2 juin 2006 au 2 décembre 2007 de sa peine de prison en Roumanie. Il invoque les articles 5 et 6 de la Convention.
52. Maîtresse de la qualification juridique des faits de la cause, la Cour ne se considère pas comme liée par celle que leur attribuent les requérants ou les Gouvernements. En vertu du principe jura novit curia, elle a, par exemple, examiné d’office des griefs sous l’angle d’un article ou paragraphe que n’avaient pas invoqués les parties. Un grief se caractérise par les faits qu’il dénonce et non par les simples moyens ou arguments de droit invoqués (voir, mutatis mutandis, Guerra et autres c. Italie, 19 février 1998, § 44, Recueil des arrêts et décisions 1998 I). A la lumière de ces principes, la Cour estime que le présent grief se prête à être analysé sous l’angle de l’article 5 § 1 de la Convention (voir Grava c. Italie, no 43522/98, § 38, 10 juillet 2003 ; Pezone c. Italie, no 42098/98, §§ 36-38, 18 décembre 2003), qui est ainsi libellé :
Article 5 § 1
« 1. Toute personne a droit à la liberté et à la sûreté. Nul ne peut être privé de sa liberté, sauf dans les cas suivants et selon les voies légales (…) »
A. Sur la recevabilité
53. Constatant que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité, la Cour le déclare recevable.
B. Sur le fond
1. Les arguments des parties
54. Le requérant estime que le tribunal départemental de Galaţi a jugé à tort que la période correspondant à l’assignation à domicile ne doit pas être imputée sur une peine de prison. Il met en exergue que l’assignation à domicile constitue une détention au sens de l’article 18 de la loi no 302/2004, eu égard à sa qualification dans le droit de l’État italien sur le territoire duquel cette mesure a été exécutée. Il renvoie à cet égard aux dispositions de l’article 283 § 4 du CPP italien et soumet une décision de la Cour de cassation italienne du 3 juin 1999 dans laquelle celle-ci juge que, malgré leurs effets semblables dans la pratique, il ne faut pas confondre, d’une part, l’assignation à domicile avec autorisation de sortie pour travailler (arresti domiciliari con facolta di allontanarsi dalla propria abitazione per recarsi al lavoro), prévue par l’article 284 § 3 du CPP italien et qui constitue une privation de liberté équivalente à la détention provisoire, avec, d’autre part, l’interdiction de quitter la ville de domicile assortie de l’interdiction de quitter son domicile pendant certaines heures (obbligo di dimora con prescrizione di non allontanarsi dalla abitazione in alcune ore del giorno), prévue par l’article 283 § 4 du CPP italien et qui constitue une mesure restreignant la liberté de circulation d’une personne. À cet égard, le requérant souligne que l’arrêt du 4 septembre 2006 de la Haute Cour de cassation et de justice auquel se réfère le tribunal de première instance de Galaţi du 22 février 2008 pour finalement l’écarter, concerne l’interdiction de quitter la commune de domicile et non une assignation à domicile (paragraphe 23 ci-dessus).
Le requérant insiste également sur le fait que l’article 26 de la
décision-cadre relative au mandat d’arrêt européen, prévoit aussi l’obligation de déduire de la durée totale de privation de liberté qui serait à subir, toute période de détention résultant de l’exécution d’un mandat d’arrêt européen, par suite de la condamnation à une peine ou mesure de sûreté privatives de liberté, sans faire de distinction en fonction de la modalité de l’exécution de la détention (paragraphe 32 ci-dessus). Il ajoute enfin que la Cour de cassation italienne refuse, car contraire aux droits de l’homme, l’extradition d’une personne qui a été placée en détention provisoire (y compris l’assignation à domicile) pour une durée dépassant la peine de prison qu’il est censé purger dans l’État vers lequel elle est extradée (décision no 46451 de la Cour de cassation du 17 septembre 2004, non produite au dossier).
55. Le Gouvernement, renvoyant à l’arrêt Guzzardi c. Italie (6 novembre 1980, série A no 39) estime que la surveillance spéciale avec assignation à résidence dans une commune donnée ne tombe pas en tant que telle sous le coup de l’article 5 de la Convention. Il souligne à cet égard que le requérant a gardé les liens avec sa famille ainsi que son emploi, sa vie normale n’étant pas affectée. Dès lors, c’est à raison que les tribunaux roumains ont refusé d’imputer sur la peine infligée au requérant la période d’assignation à domicile, mesure qui d’ailleurs n’est pas prévue en droit roumain. Il estime également que la situation dans la présente affaire est similaire à celle de la décision Trijonis c. Lithuanie ((déc.), no 2333/02, 17 mars 2005) dans laquelle la Cour a conclu qu’une assignation à domicile assortie d’une autorisation de sortie pour travailler et d’une obligation de rester au domicile entre 19 h et 7 h au cours de la semaine ainsi que toute la journée, les fins de semaines, n’équivalait pas à une privation de liberté, mais à une restriction de la liberté de circulation. Le Gouvernement ajoute enfin que l’arrêt prononcé le 12 octobre 2009 par la Haute Cour de cassation et de justice dans un recours dans l’intérêt de la loi était postérieur à la finalisation de la procédure engagée par le requérant qui a pris fin avec l’arrêt du tribunal départemental de Galaţi du 16 avril 2008, l’obligation des tribunaux d’en tenir compte ne jouant pas en l’espèce. À cet égard, il souligne qu’une divergence de jurisprudence dans l’interprétation de la loi pourrait poser un problème au regard de l’article 6 de la Convention, mais non sur le terrain de l’article 5 de la Convention.
2. Appréciation de la Cour
56. La Cour observe que, par un arrêt définitif du 21 janvier 2005, la cour d’appel de Galaţi a condamné par contumace le requérant à deux ans de prison ferme. En vue de l’exécution de cette peine, les autorités roumaines ont demandé l’extradition du requérant à l’État italien sur le territoire duquel il résidait. Le requérant fut appréhendé et placé initialement en détention provisoire pour 15 jours. La détention provisoire fut remplacée par une assignation à domicile avec autorisation de sortir pour travailler qui dura jusqu’à son extradition vers la Roumanie, soit un an et six mois. Dans ces conditions, si la durée de l’assignation au domicile avait été déduite de la peine de prison, il restait à exécuter au requérant, sauf bénéfice de la liberté conditionnelle, 5 mois et 15 jours. Or, le requérant a été incarcéré en Roumanie du 3 décembre 2007 au 30 décembre 2008, soit environ treize mois. Il reste donc à déterminer si le surplus de 7 mois et 15 jours d’emprisonnement a violé l’article 5 de la Convention.
57. La Cour relève d’emblée que la présente requête ne concerne pas la question du transfèrement d’un pays où l’intéressé a subi une condamnation pénale vers un autre pays en vue de l’exécution de la peine, et donc les circonstances de la conversion de sa peine (Veermäe c. Finlande (déc.), no 38704/03, 15 mars 2005 ; Csoszanszki c. Suède (déc.), no 22318/02, 27 juin 2006 ; Ciok c. Pologne (déc.), no 498/10, 23 octobre 2012, et Willcox et Hurford c. Royaume-Uni (déc.), nos 43759/10 et 43771/12, 8 janvier 2013). Elle n’est pas amenée non plus à étudier in abstracto la question plus générale de l’imputation sur une peine de prison infligée à un condamné dans un certain État de la durée de la détention que celui-ci avait subie dans un État différent. À cet égard, la Cour rappelle qu’en tout état de cause, la Convention n’oblige pas les Parties contractantes à imposer ses règles aux États ou territoires tiers (Drozd et Janousek c. France et Espagne, 26 juin 1992, § 110, série A no 240).
58. Dans le cas d’espèce, le requérant se plaint que les tribunaux roumains ne lui ont pas appliqué une réduction de peine à laquelle il estime qu’il avait droit en vertu du droit roumain. À cet égard, la Cour note que le droit roumain (article 18 de la loi no 302/2004) prévoit que la durée de « la détention » subie à l’étranger dans le cadre d’une demande d’extradition formée par les autorités roumaines est déduite de la peine de prison prononcée par les tribunaux roumains. Toutefois, en l’espèce le tribunal départemental de Galaţi a refusé dans son arrêt du 16 avril 2008 de faire l’application de cette disposition légale, estimant que l’assignation à domicile subie par le requérant en Italie était une mesure provisoire qui n’était pas prévue par le droit roumain et qui n’avait pas privé le requérant de sa liberté (paragraphe 25 ci-dessus).
59. La Cour rappelle que les termes « régulièrement » et « selon les voies légales » qui figurent à l’article 5 § 1 renvoient pour l’essentiel à la législation nationale et consacrent l’obligation d’en observer les normes de fond comme de procédure. S’il incombe au premier chef aux autorités nationales, notamment aux tribunaux, d’interpréter et d’appliquer le droit interne, il en est autrement s’agissant d’affaires dans lesquelles, au regard de l’article 5 § 1, l’inobservation du droit interne emporte violation de la Convention. En pareil cas, la Cour peut et doit exercer un certain contrôle pour rechercher si le droit interne a bien été respecté (voir, parmi d’autres, Douiyeb c. Pays-Bas [GC], no 31464/96, §§ 44-45, 4 août 1999).
60. Toutefois, la « régularité » de la détention au regard du droit interne est un élément essentiel et non décisif. La Cour doit en outre être convaincue que la détention pendant la période en jeu est conforme au but de l’article 5 § 1, à savoir protéger l’individu de toute privation de liberté arbitraire. La Cour doit donc s’assurer qu’un droit interne se conforme
lui-même à la Convention, y compris aux principes énoncés ou impliqués par elle (voir, parmi d’autres, Winterwerp c. Pays-Bas, 24 octobre 1979, § 45, série A no 33).
61. Sur ce dernier point, la Cour souligne que lorsqu’il s’agit d’une privation de liberté, il est particulièrement important de satisfaire au principe général de la sécurité juridique. Par conséquent, il est essentiel que les conditions de la privation de liberté en vertu du droit interne soient clairement définies et que la loi elle-même soit prévisible dans son application, de façon à remplir le critère de « légalité » fixé par la Convention, qui exige que toute loi soit suffisamment précise pour permettre au citoyen – en s’entourant au besoin de conseils éclairés – de prévoir, à un degré raisonnable dans les circonstances de la cause, les conséquences de nature à dériver d’un acte déterminé (Baranowski c. Pologne, no 28358/95, §§ 50-52, CEDH 2000 III).
62. L’argument du Gouvernement selon lequel l’assignation à domicile assortie d’une autorisation de sortie pour travailler n’équivaut pas à une privation de liberté, mais à une restriction de la liberté de circulation, appelle certaines considérations.
En premier lieu, la question de savoir dans un cas donné s’il y a eu privation de liberté est fonction des faits particuliers de l’espèce. À cet égard, la Cour rappelle que dans le cadre du système de la Convention, elle est appelée à jouer un rôle subsidiaire par rapport aux systèmes nationaux de protection des droits de l’homme (A. et autres c. Royaume-Uni [GC], no 3455/05, § 154, CEDH 2009). En principe, là où des procédures internes ont été menées, la Cour n’a pas à substituer sa propre appréciation des faits à celle des juridictions nationales, auxquelles il appartient de les établir sur la base des preuves recueillies par elles. Si la Cour n’est pas liée par les constatations de ces dernières mais demeure libre de se livrer à sa propre évaluation à la lumière de l’ensemble des éléments dont elle dispose, elle ne s’écartera normalement des constatations de fait des juges nationaux que si elle est en possession de données convaincantes à cet effet (Giuliani et Gaggio c. Italie [GC], no 23458/02, § 180, CEDH 2011 (extraits)). Eu égard toutefois au fait qu’en vertu des articles 19 et 32 de la Convention il lui appartient d’interpréter et d’appliquer celle-ci en dernier ressort, la Cour, si elle doit certes prendre en compte les constatations de fait des juridictions internes, n’est pas limitée par leurs conclusions juridiques quant au point de savoir si le requérant a ou non été privé de sa liberté au sens de l’article 5 § 1 de la Convention (Austin et autres c. Royaume-Uni [GC], nos 39692/09, 40713/09 et 41008/09, § 61, CEDH 2012).
63. À cet égard, la Cour observe qu’en droit italien, une personne assignée à domicile est réputée être en détention provisoire, même si elle est autorisée à sortir pour travailler (paragraphe 22 ci-dessus et Mancini c. Italie, no 44955/98, § 17, CEDH 2001 IX ). Pour sa part, le tribunal de première instance de Galaţi, dans son jugement amplement motivé du 22 février 2008, a également conclu que le requérant avait été privé de liberté pendant son assignation à domicile (paragraphe 23 ci-dessus). En revanche, en instance d’appel, le tribunal départemental de Galaţi a estimé que l’assignation à domicile subie par le requérant en Italie était une mesure provisoire qui n’était pas prévue par le droit roumain et qui n’avait pas privé le requérant de sa liberté. Il revenait donc au tribunal départemental de Galaţi de motiver de manière suffisante sa décision de se départir du jugement du tribunal de première instance de Galaţi. Or, force est de constater que la conclusion du tribunal départemental n’est pas suffisamment motivée à cet égard (paragraphe 25 ci-dessus). Dans ces conditions, la Cour considère que le requérant pouvait alléguer de manière défendable qu’il avait subi une détention en Italie qui devait être déduite de la peine qu’il était censé purger en Roumanie.
64. La Cour considère en outre que l’article 18 de la loi no 302/2004 n’est pas suffisamment clair pour que la catégorie des mesures auxquelles cette disposition est applicable soit prévisible (voir, mutatis mutandis, Creangă c. Roumanie [GC], no 29226/03, § 120, 23 février 2012).
Ce manque de clarté de la loi n’a pas été pallié par une jurisprudence constante des tribunaux roumains dans son interprétation. Tout au contraire, c’est par le biais d’un recours dans l’intérêt de loi que la Haute Cour de cassation et de justice, par un arrêt du 12 octobre 2009, s’est prononcée sur l’interprétation de cette dispossition mettant fin ainsi à l’existence d’une jurisprudence divergente des tribunaux roumains quant à l’imputation sur une peine de prison de la période d’assignation à domicile exécutée à l’étranger (paragraphe 31 ci-dessus).
À l’évidence, une telle divergence de jurisprudence n’était pas de nature à permettre à quelqu’un de prévoir, à un degré raisonnable dans les circonstances de la cause, les conséquences de nature à découler d’un acte déterminé. Dans ces conditions, la Cour conclut que la législation roumaine pertinente ne satisfaisait pas au critère de « prévisibilité » d’une « loi » aux fins de l’article 5 § 1 de la Convention (mutatis mutandis, Baranowski précité, § 55, et Toniolo c. Saint-Marin et Italie, no 44853/10, §§ 48-51, 26 juin 2012).
65. Compte tenu de ce qui précède et de ce que seule une interprétation étroite cadre avec le but et l’objet de l’article 5 § 1 de la Convention (Medvedyev et autres c. France [GC], no 3394/03, § 78, CEDH 2010), la Cour estime que le requérant a purgé une peine d’une durée supérieure à celle qu’il aurait dû subir selon le système juridique national et compte tenu des bénéfices auxquels il avait droit. Son surplus d’emprisonnement ne saurait partant s’analyser en une détention régulière aux sens de l’article 5 § 1 de la Convention, faute de base légale ayant les qualités requises pour satisfaire au principe général de sécurité juridique.
66. Partant, il y a eu violation de l’article 5 § 1 de la Convention.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
67. Le requérant se plaint enfin de son emprisonnement pour escroquerie qu’il estime contraire à l’article 1 du Protocole no 4 à la Convention. Invoquant l’article 1 du Protocole no 7 à la Convention, le requérant se plaint également contre l’Italie de son renvoi en Roumanie par les autorités italiennes, sans papiers d’identité et sans ses effets personnels.
68. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour ne relève aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par la Convention. La Cour conclut donc que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 a) et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
69. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
70. Le requérant réclame le remboursement de ses dépenses courantes et celles de sa famille effectuées pendant sa détention provisoire et les frais de voyage de celle-ci jusqu’au lieu de sa détention en Roumanie s’élevant à 19 000 euros (EUR) ainsi que les sommes qu’il doit rembourser à son fils qui a réglé, alors qu’il était arrêté, les mensualités de son crédit immobilier, s’élevant à 10 000 EUR. Il réclame aussi 17 985,85 EUR représentant les salaires qu’il aurait touchés en 2008 s’il n’avait pas été extradé, ainsi que 7 000 EUR par an, après 2008, représentant la diminution de son salaire et les frais supplémentaires de déplacement engendrés par son nouvel emploi. Il évalue en outre le dommage matériel lié à ses problèmes de santé à 20 000 EUR. Il réclame de surcroît 250 EUR par jour de détention « injuste », soit un total de 99 250 EUR pour 397 jours de détention. Le requérant demande enfin la somme de 100 000 EUR pour préjudice moral.
71. Pour le Gouvernement, aucune somme ne doit être accordée au titre du préjudice matériel, le requérant n’ayant pas prouvé le lien de causalité avec le constat de violations et n’ayant pas produit de justificatifs pour la plupart des sommes réclamées. Quant au préjudice moral, le Gouvernement considère que le constat de violation constituerait une réparation suffisante et qu’en tout état de cause, la somme réclamée est excessive.
72. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre les violations constatées et le dommage matériel allégué. Par contre, elle juge que le requérant a subi un tort moral certain et considère qu’il y a lieu de lui octroyer 12 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
73. Le requérant demande également 13 000 EUR au titre d’honoraires d’avocats versés par son épouse à différents avocats, au cours de sa détention en Roumanie. Aucun justificatif n’est produit devant la Cour.
74. Le Gouvernement estime que le requérant n’a pas formulé de demande au titre de frais et dépens.
75. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu de sa jurisprudence, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
76. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable à l’égard de la Roumanie, quant aux griefs tirés de l’article 3 (conditions matérielles de détention) et de l’article 5 § 1 de la Convention, et irrecevable pour le surplus ;

2. Dit qu’il y a eu violation par la Roumanie de l’article 3 de la Convention ;

3. Dit qu’il y a eu violation par la Roumanie de l’article 5 § 1 de la Convention ;

4. Dit
a) que l’État défendeur roumain doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 12 000 EUR (douze mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral, à convertir dans la monnaie de l’État défendeur, au taux applicable à la date du règlement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 9 juillet 2013, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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