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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CIN ET AUTRES c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 305/03/2009
Stato: Turchia
Data: 2009-11-10 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA CİN ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 305/03)
SENTENZA
STRASBURGO
10 novembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Cin ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 20 ottobre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 305/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui tre cittadini di questo Stato, i Sigg. H. C., O. C. e H. C. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 15 novembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da M.H. Ş. e S. D., avvocati ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. I richiedenti adducevano la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 5 dicembre 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1940, 1942 e 1945 e risiedono ad Istanbul.
7. Nel 1959, un terreno di 25 000 m², ubicato ad Uskumru (Sarıyer-Istanbul), fu registrato sotto il numero di appezzamento 60 a nome degli eredi di H.G. con la qualifica di campo agricolo (tarla).
8. Il 1 marzo 1976, fu venduto ad A.E.
9. Il 28 giugno 1976, i richiedenti acquisirono il terreno controverso tramite atto di vendita.
A. Il procedimento relativo all’annullamento del titolo di proprietà dei richiedenti ed alla sua iscrizione sul registro fondiario a nome del Tesoro pubblico
10. Il 13 febbraio 2001, il Tesoro pubblico investì la corte d’appello di Sarıyer di un’azione che mirava all’annullamento del titolo di proprietà apportato sui registri fondiari per l’appezzamento no 60 a nome dei richiedenti ed alla sua re iscrizione a suo nome. Fece sapere che l’appezzamento controverso faceva all’origine parte dalla tenuta forestale e che il 13 settembre 1993, era stata apposta un’annotazione sui registri fondiari conformemente all’articolo 2 § B della legge no 6831. Secondo questo articolo, i terreni che hanno perso completamente il carattere di foreste devono essere esclusi della tenuta forestale a profitto del Tesoro pubblico; ora il titolo di proprietà non era stato trasferito al Tesoro pubblico.
Il Tesoro pubblico dichiarò il valore del terreno a 500 miliardi di lire turche (TRL) (circa 791 765 euro (EUR), o 31,6 EUR/m²).
11. Il 5 dicembre 2001, il collegio di periti nominato dal tribunale emise il suo rapporto. Secondo il rapporto i primi lavori di delimitazione avevano avuto luogo nel 1938 ed una parte dell’appezzamento controverso fu considerato come tenuta forestale pubblica. Poi, dei nuovi lavori in quanto alla natura del terreno furono effettuati nel 1977. Il 5 marzo 1977, la commissione catastale decise di escludere 7 919 m² del terreno controverso dalla tenuta forestale a profitto del Tesoro pubblico. Queste conclusioni della commissione furono affisse il 14 settembre 1982 e, in mancanza di opposizione da parte degli interessati, diventarono definitive. In quanto al valore del terreno, il collegio di esperti constatò che il prezzo del metro quadro ammontava a 60 milioni di TRL (circa 95, 15 EUR) in data dell’introduzione dell’azione.
12. Il 19 febbraio 2002, basandosi sulle conclusioni dei periti, il tribunale fece parzialmente diritto all’istanza del Tesoro pubblico e decise di annullare il titolo di proprietà dei richiedenti per la parte di 7 919 m², conformemente all’articolo 2 § B della legge 6831. Decise che la parte restante del terreno non faceva parte della tenuta forestale e che il titolo di proprietà dei richiedenti era valido per questa parte.
Peraltro, il tribunale ingiunse ai richiedenti di pagare 25 657 560 000 TRL (circa 21 560 EUR) di oneri di procedimento, così come 11 291 400 000 TRL (circa 9 490 EUR) di oneri della rappresentanza del Tesoro pubblico. Il tribunale si basò, per il calcolo di questi importi, sul valore del terreno definito nel rapporto di perizia.
13. Le due parti ricorsero in cassazione. I richiedenti affermarono di aver acquisito il terreno fidandosi dei registri fondiari che non comprendevano nessuna restrizione né annotazione all’epoca della transazione. Sostennero inoltre che avevano coltivato il terreno per più di vent’ anni tra il 5 marzo 1977, data delle conclusioni della commissione catastale secondo cui il terreno doveva essere escluso dalla tenuta forestale a profitto del Tesoro pubblico perché aveva perso completamente il suo carattere di foresta, ed il 13 febbraio 2002, data dell’introduzione dell’azione, il che ai loro occhi li rendeva ad ogni modo proprietari tramite prescrizione acquisitiva.
14. Il 22 maggio 2002, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato.
15. Il 25 luglio 2002, i richiedenti formularono un ricorso per rettifica di sentenza.
16. Il 5 settembre 2002, i richiedenti versarono alla pratica delle osservazioni supplementari a proposito degli oneri di rappresentanza. Ricordarono che il Tesoro pubblico aveva intentato inizialmente un’azione per la totalità del terreno avente 25 000 m² di superficie, e che il tribunale aveva ingiunto loro di sopportare gli oneri della rappresentanza solo in funzione della superficie per la quale il tribunale aveva annullato il titolo di proprietà, o solamente 7 919 m². In queste condizioni il tribunale doveva, secondo i richiedenti, ingiungere al Tesoro pubblico di pagare loro gli oneri di rappresentanza sulla base della parte restante del terreno.
17. Il 18 novembre 2002, la Corte di cassazione respinse il ricorso per rettifica.
B. Il procedimento relativo all’istanza dei richiedenti tendente alla rettifica degli oneri di rappresentanza
18. Il 10 gennaio 2003, i richiedenti investirono il tribunale di un’istanza che mirava al chiarimento-esplicitazione (tavzih) del giudizio del 19 febbraio 2002 a proposito degli oneri di rappresentanza. Sostennero che il tribunale aveva erroneamente omesso di pronunciarsi a loro favore sugli oneri di rappresentanza per la parte di 17 081 m² per la quale avevano avuto guadagno di causa.
19. Con un giudizio complementare del 13 gennaio 2003, il tribunale respinse i richiedenti della loro istanza, al motivo che avevano fatto valere questo argomento dinnanzi alla Corte di cassazione in occasione del ricorso per rettifica di sentenza e che la loro istanza era stata respinta. La sentenza della Corte di cassazione era diventata così definitiva, constatò il tribunale.
C. Il procedimento relativo all’istanza dei richiedenti per danno-interessi
20. Il 24 febbraio 2003, i richiedenti introdussero un’azione per danno-interessi contro il ministero delle Finanze per un importo di 1 miliardo di TRL (circa 575 EUR). Si riservarono il diritto di introdurre un’altra azione per il restante dei danni che ammontava secondo loro a 1 226 719 513 485 TRL (circa 705 010 EUR). Per il calcolo dell’importo, si basarono sul rapporto di perizia del 5 dicembre 2001, così come sul giudizio del tribunale del 19 febbraio 2002. Invocarono gli articoli 35 (diritto alla proprietà) e 46 (espropriazione) della Costituzione così come gli articoli 1023 (protezione della buona fede di terzi all’epoca dell’acquisizione di un bene immobile alla vista dei registri fondiari) e 1007 (responsabilità statale per i danni risultanti da errori nei registri fondiari) del codice civile.
21. Il 9 settembre 2003, il tribunale respinse l’istanza dei richiedenti considerando, nei suoi considerando, che il terreno controverso aveva fatto parte della foresta che a questo titolo non poteva essere oggetto di nessun titolo di proprietà privata e che quindi il Tesoro pubblico non aveva causato loro alcun danno. Notò peraltro che la Corte di cassazione aveva approvato uno dei suoi giudizi con cui aveva negato di concedere un’indennità in una causa riguardante lo stesso motivo. Il giudizio fu notificato ai richiedenti il 17 febbraio 2007. Ricorsero in cassazione il 24 febbraio 2007.
22. Il 15 gennaio 2008, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato, per tre voci contro due. I giudici minoritari formularono delle opinioni dissidenti.
Così, basandosi sull’articolo 46 della Costituzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1, il giudice K. Kancabaş affermò che un titolo di proprietà ottenuto in buona e dovuta forma non poteva essere oggetto di un annullamento senza versamento di un’indennità. Secondo lui, tale atto non sarebbe stato conforme ai principi della continuità dello stato e dello stato di diritto. Sostenne anche che i richiedenti avevano ottenuto il titolo di proprietà in questione in applicazione delle leggi esistenti e che l’annullamento di questo titolo sarebbe equivalso a non applicare queste leggi.
Il giudice A. Sezgin, in quanto a lui, mise l’accento sugli articoli 1007 e 1023 del codice civile e sottolineò che i registri fondiari non contenevano nessuna restrizione in quanto al diritto di proprietà dei richiedenti all’epoca dell’acquisizione. Secondo lui, i richiedenti avrebbero dovuto essere indennizzati del valore che aveva il terreno al momento della perdita del loro titolo di proprietà.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
23. Il diritto e la pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCLE NO 1
24. I richiedenti sostengono che l’annullamento del loro titolo di proprietà, senza versamento di un’indennità, costituisce un attentato sproporzionato al loro diritto al rispetto dei loro beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
25. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
26. Il Governo chiede alla Corte di dichiarare la richiesta inammissibile nella misura in cui i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne (articolo 35 § 1 della Convenzione).
Da prima, il Governo fa valere che i richiedenti non si sono opposti alle conclusioni della commissione del catasto, annunciate tramite affissione il 14 settembre 1982, in seguito ai lavori che erano cominciati nel 1977.
Poi, sostiene che i richiedenti non hanno intentato alcuna azione per annullamento delle mappe catastali dinnanzi al tribunale del catasto.
Infine, il Governo pretende che i richiedenti si sarebbero potuti rivolgere all’amministrazione per chiedere un’indennità basandosi sull’articolo 125 della Costituzione -secondo cui tutti gli atti e le decisioni dell’amministrazione possono essere oggetto di un ricorso giudiziale -o sulle disposizioni pertinenti del codice di procedimento amministrativo.
27. I richiedenti contestano gli argomenti del Governo. Sostengono che non esiste alcuna via di ricorso disponibile per chiedere un indennizzo in seguito a tale privazione. La sorte dell’azione che hanno intentato dinnanzi alla corte d’appello sarebbe un esempio della giurisprudenza consolidata in materia. Se la via amministrativa fosse un ricorso effettivo, il tribunale si sarebbe dichiarato incompetente ratione materiae, il che non è stato il caso, secondo i richiedenti.
Per ciò che riguarda l’opposizione alle conclusioni della commissione catastale e alla possibilità di intentare un’azione per annullamento delle mappe catastali, i richiedenti sostengono che non esistono neanche in questo caso dei ricorsi effettivi. Affermano che non avevano nessuno interesse ad agire contro i lavori di accatastamento secondo cui il terreno controverso era un campo agricolo. Nel 1958, era stato constatato che il terreno non aveva nessuno legame con la tenuta forestale. I lavori di catasto che sono stati condotti nella cornice dell’articolo 2 § B della legge no 6831 hanno dimostrato anche che il terreno non era di natura forestale.
28. La Corte ricorda che si è pronunciata già su tali eccezioni e che le ha respinte (vedere, tra altre, Rimer ed altri c. Turchia, no 18257/04, §§ 25-30, 10 marzo 2009). Non rileva nella presente causa nessuna circostanza che possa portarla a scostarsi dalle sue precedenti conclusioni.
D’altronde, la Corte costata che il Governo non ha spiegato in cosa le eccezioni alle conclusioni della commissione catastale potrebbero costituire delle vie effettive nella cornice di una procedura il cui principale obiettivo è l’ottenimento di un’indennità in ragione dell’annullamento del titolo di proprietà. Malgrado l’annotazione apposta sul registro fondiario, non è contestato che, fino alla data dell’annullamento dei loro titoli di proprietà a profitto del Tesoro pubblico, i richiedenti erano stati i proprietari legittimi del terreno secondo il diritto interno- da cui la necessità per il Tesoro pubblico di un nuovo procedimento per ottenere un giudizio definitivo di annullamento e di trasferimento di questi titoli a suo nome (vedere, nello stesso senso, Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turchia, no 45651/04, § 28, 10 marzo 2009).
Pertanto, respinge l’eccezione preliminare del Governo per questi due rami.
B. Sul merito
29. Nell’occorrenza, la Corte constata che l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della seconda frese del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Avuto riguardo ai motivi avanzati dalle giurisdizioni nazionali, la Corte stima che lo scopo della privazione imposta ai richiedenti, ossia la protezione della natura e delle foreste, si inserisce nella cornice dell’interesse generale ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altri, Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turchia, precitata, § 42).
30. La Corte ricorda di avere già esaminato un motivo di appello identico a quello presentato dai richiedenti e di avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, ha detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 86-93 e Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turchia, precitata, § 43). Nello specifico, i richiedenti non hanno ricevuto nessuno indennizzo in ragione del trasferimento di proprietà del loro bene alla Direzione generale delle foreste. La Corte constata che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nello specifico (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 92 e Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turchia, § 43).
31. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
32. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
33. I richiedenti adducono di avere subito un danno materiale per cui richiedono un importo totale di 1 660 446 EUR. Per la giustificazione, si riferiscono al rapporto di perizia del 5 dicembre 2001, versato alla pratica su richiesta della corte d’appello di Sarıyer. Spiegano che in questo rapporto il valore del terreno è stato valutato, in data dell’introduzione dell’azione, a 95,15 EUR/m² ,o 753 792,85 EUR per la superficie di 7919 m² che è stata tolta loro. Attualmente, il valore del terreno controverso sarebbe di 200 EUR/m², o 1 583 800 EUR. A ciò, si aggiungono 58 740 EUR che avrebbero dovuto pagare per gli oneri del procedimento così come per gli oneri della rappresentanza del Tesoro pubblico. A questo riguardo producono un ordine di pagamento del 1 aprile 2002 per una somma di 25 657 560 000 TRL (circa 21 800 EUR). Sottolineano che per valutare questi importi, il tribunale si è basato sul rapporto di perizia. Da ultimo, i richiedenti richiedono la somma di 17 906 EUR per gli oneri della loro propria rappresentanza il cui rimborso avrebbe dovuto essere accordato loro per la parte per la quale hanno avuto guadagno di causa.
A titolo del danno morale, i richiedenti richiedono 100 000 EUR ciascuno.
Nessuna richiesta è stata formulata per gli oneri e spese.
34. Il Governo invita la Corte a respingere queste richieste, che giudica eccessive e prive di fondamento. Fa sapere che la soddisfazione equa non costituisce il principale scopo del meccanismo di controllo della Convenzione e che questa deve essere ragionevole ed equa. Peraltro, la soddisfazione equa non deve costituire una sorgente di arricchimento indebito per i richiedenti.
35. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Gli Stati contraenti parti ad una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. Se in compenso, il diritto nazionale non permette questo , o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che le sembra appropriata (Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2001-I).
36. Nell’occorrenza, la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione della mancanza di indennizzo. Stima dunque che, nella presente causa, la natura della violazione constatata non le permette di partire dal principio di una restitutio in integrum. Il carattere lecito dello spodestamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adoperare per determinare il risarcimento dovuto dallo stato convenuto, non potendo essere assimilate le conseguenze finanziarie di una confisca lecita a quelle di uno spodestamento illecito (Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 249-250, CEDH 2006 -…, ed Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 25701/94, § 75, 28 novembre 2002).
37. Inoltre, la Corte ricorda di avere detto nelle cause riguardanti lo stesso motivo (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 90 e Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turchia, § 42) che:
“[l]a protezione della natura e delle foreste e più generalmente dell’ambiente costituisce un valore la cui difesa suscita nell’opinione pubblica, e di conseguenza presso i poteri pubblici, un interesse consolidato e sostenuto. Degli imperativi economici ed anche certi diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, non dovrebbero vedersi accordare il primato di fronte alle considerazioni relative alla protezione dell’ambiente, in particolare quando lo stato ha legiferato in materia .”
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo. L’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce però in ogni caso il diritto ad un risarcimento integrale. Alcuni obiettivi legittimi “di utilità pubblica” possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore dei beni espropriati (vedere, mutatis mutandis, Lithgow ed altri c. Regno Unito, 8 luglio 1986, § 121, serie A no 102, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 182, CEDH 2004-V, e Scordino c. Italia (no 1), precitata, § 95).
38. Alla luce di queste considerazioni e per determinare il risarcimento adeguato, la Corte prenderà in conto l’insieme dei documenti presentati dalle parti e delle informazione pertinenti di cui dispone (vedere, mutatis mutandis, N.A. ed altri c. Turchia (soddisfazione equa), no 37451/97, § 18, 9 gennaio 2007). Più precisamente, giudica opportuno basarsi sulle conclusioni delle perizie effettuate durante il procedimento nazionale, anche se non si stima legata dall’importo al quale sono arrivate (vedere, nello stesso senso, Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 85, 19 febbraio 2009).
39. A questo riguardo, la Corte nota che i richiedenti presentano un rapporto di perizia stabilito dal perito designato dal tribunale e che il tribunale si è basato su questo rapporto per valutare gli oneri del procedimento e gli oneri di rappresentanza del Tesoro pubblico che i richiedenti dovevano pagare. Questo rapporto ha valutato i terreni a 95,15 EUR/m², in data dell’introduzione dell’azione -il 13 febbraio 2001. Nota anche che il Tesoro pubblico ha indicato il valore del terreno come essendo di 31,6 EUR/m², nella stessa data.
40. Tenuto conto di questi elementi-ivi compreso l’obiettivo legittimo di utilità pubblica perseguito dall’ingerenza controversa -e deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole accordare ai richiedenti la somma di 980 000 EUR per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
41. In quanto al danno morale, tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte stima che la constatazione di violazione costituisce un risarcimento sufficiente (vedere, a contrario, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, §§ 40-42, 30 ottobre 2003).
B. Interessi moratori
42. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 980 000 EUR (nove cento ottantamila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 10 novembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE CİN ET AUTRES c. TURQUIE
(Requête no 305/03)
ARRÊT
STRASBOURG
10 novembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Cin et autres c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 20 octobre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 305/03) dirigée contre la République de Turquie et dont trois ressortissants de cet Etat, MM. H. C., O. C. et H. C. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 15 novembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Mes M.H. Ş. et S. D., avocats à Istanbul. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Les requérants alléguaient la violation de l’article 1 du Protocole no 1.
4. Le 5 décembre 2007, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
5. Tant les requérants que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur le fond de l’affaire (article 59 § 1 du règlement).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Les requérants sont nés respectivement en 1940, 1942 et 1945 et résident à Istanbul.
7. En 1959, un terrain de 25 000 m², sis à Uskumru (Sarıyer-Istanbul), fut enregistré sous le numéro de parcelle 60 au nom des héritiers de H.G. avec la qualification de champ agricole (tarla).
8. Le 1er mars 1976, il fut vendu à A.E.
9. Le 28 juin 1976, les requérants acquirent le terrain litigieux par acte de vente.
A. La procédure relative à l’annulation du titre de propriété des requérants et à son inscription au registre foncier au nom du Trésor public
10. Le 13 février 2001, le Trésor public saisit le tribunal de grande instance de Sarıyer d’une action visant à l’annulation du titre de propriété porté sur les registres fonciers pour la parcelle no 60 au nom des requérants et à sa réinscription à son nom. Il fit savoir que la parcelle litigieuse faisait à l’origine partie du domaine forestier et que le 13 septembre 1993, une annotation avait été apposée sur les registres fonciers conformément à l’article 2 § B de la loi no 6831. Selon cet article, les terrains qui ont complètement perdu le caractère de forêts doivent être exclus du domaine forestier au profit du Trésor public ; or le titre de propriété n’avait pas été transféré au Trésor public.
Le Trésor public déclara la valeur du terrain comme étant de 500 milliards de livres turques (TRL) (environ 791 765 euros (EUR), soit 31,6 EUR/m².
11. Le 5 décembre 2001, le collège d’experts désigné par le tribunal remit son rapport. Selon le rapport les premiers travaux de délimitation avaient eu lieu en 1938 et une partie de la parcelle litigieuse fut considéré comme domaine forestier public. Ensuite, de nouveaux travaux quant à la nature du terrain furent effectués en 1977. Le 5 mars 1977, la commission cadastrale décida d’exclure 7 919 m² du terrain litigieux du domaine forestier au profit du Trésor public. Ces conclusions de la commission furent affichées le 14 septembre 1982 et, faute d’opposition des intéressés, elles devinrent définitives. Quant à la valeur du terrain, le collège d’expert constata que le prix du mètre carré s’élevait à 60 millions de TRL (environ 95, 15 EUR) à la date de l’introduction de l’action.
12. Le 19 février 2002, en se fondant sur les conclusions des experts, le tribunal fit partiellement droit à la demande du Trésor public et décida d’annuler le titre de propriété des requérants pour la partie de 7 919 m², conformément à l’article 2 § B de la loi 6831. Il décida que le restant du terrain ne faisait pas partie du domaine forestier et que le titre de propriété des requérant était valide pour cette partie.
Par ailleurs, le tribunal enjoignit aux requérants de payer 25 657 560 000 TRL (environ 21 560 EUR) de frais de procédure, ainsi que 11 291 400 000 TRL (environ 9 490 EUR) de frais de la représentation du Trésor public. Le tribunal se basa, pour le calcul de ces montants, sur la valeur du terrain définie dans le rapport d’expertise.
13. Les deux parties se pourvurent en cassation. Les requérants affirmèrent qu’ils avaient acquis le terrain en se fiant aux registres fonciers, qui ne comportaient aucune restriction ni annotation lors de la transaction. Ils soutinrent en outre qu’ils avaient cultivé le terrain pendant plus de vingt ans entre le 5 mars 1977, date des conclusions de la commission cadastrale selon lesquelles le terrain devait être exclu du domaine forestier au profit du Trésor public car il avait complètement perdu son caractère de forêt, et le 13 février 2002, date de l’introduction de l’action, ce qui à leur yeux les rendait en tout état de cause propriétaires par la prescription acquisitive.
14. Le 22 mai 2002, la Cour de cassation confirma le jugement attaqué.
15. Le 25 juillet 2002, les requérants formulèrent un recours en rectification d’arrêt.
16. Le 5 septembre 2002, les requérants versèrent au dossier des observations supplémentaires au sujet des frais de représentation. Ils rappelèrent que le Trésor public avait intenté initialement une action pour la totalité du terrain, qui faisait 25 000 m² de superficie, et que le tribunal ne leur avait enjoint de supporter les frais de la représentation qu’en fonction de la surface pour laquelle le tribunal avait annulé le titre de propriété, soit 7 919 m² seulement. Dans ces conditions le tribunal devait, selon les requérants, enjoindre au Trésor public de leur payer les frais de représentation sur la base de la partie restante du terrain.
17. Le 18 novembre 2002, la Cour de cassation rejeta le recours en rectification.
B. La procédure relative à la demande des requérants tendant à la rectification des frais de représentation
18. Le 10 janvier 2003, les requérants saisirent le tribunal d’une demande visant à la clarification-explicitation (tavzih) du jugement du 19 février 2002 au sujet des frais de représentation. Ils soutinrent que le tribunal avait par erreur omis de se prononcer en leur faveur sur les frais de représentation pour la partie de 17 081 m² pour laquelle ils avaient eu gain de cause.
19. Par un jugement complémentaire du 13 janvier 2003, le tribunal débouta les requérants de leur demande, au motif qu’ils avaient fait valoir cet argument devant la Cour de cassation à l’occasion du recours en rectification d’arrêt et que leur demande avait été rejetée. L’arrêt de la Cour de cassation était ainsi devenu définitif, constata le tribunal.
C. La procédure relative à la demande des requérants en dommages-intérêts
20. Le 24 février 2003, les requérants introduisirent une action en dommages-intérêts à l’encontre du ministère des Finances pour un montant de 1 milliard de TRL (environ 575 EUR). Ils se réservèrent le droit d’introduire une autre action pour le restant des dommages, qui s’élevait selon eux à 1 226 719 513 485 TRL (environ 705 010 EUR). Pour le calcul du montant, ils se fondèrent sur le rapport d’expertise du 5 décembre 2001, ainsi que le jugement du tribunal du 19 février 2002. Ils invoquèrent les articles 35 (droit de propriété) et 46 (expropriation) de la Constitution ainsi que les articles 1023 (protection de la bonne foi des tiers lors de l’acquisition d’un bien immeuble sur le vu des registres fonciers) et 1007 (responsabilité étatique pour les dommages résultant d’erreurs dans les registres fonciers) du code civil.
21. Le 9 septembre 2003, le tribunal rejeta la demande des requérants en considérant, dans ses attendus, que le terrain litigieux avait fait partie de la forêt, qu’à ce titre il ne pouvait faire l’objet d’aucun titre de propriété privée et que dès lors le Trésor public ne leur avait pas causé de préjudice. Il nota par ailleurs que la Cour de cassation avait approuvé un de ses jugements par lequel il avait refusé d’octroyer une indemnité dans une affaire qui portait sur le même sujet. Le jugement fut notifié aux requérants le 17 février 2007. Ils se pourvurent en cassation le 24 février 2007.
22. Le 15 janvier 2008, la Cour de cassation confirma le jugement attaqué, par trois voix contre deux. Les juges minoritaires formulèrent des opinions dissidentes.
Ainsi, en se fondant sur l’article 46 de la Constitution et l’article 1 du Protocole no 1, le juge K. Kancabaş affirma qu’un titre de propriété obtenu en bonne et due forme ne pouvait pas faire l’objet d’une annulation sans versement d’une indemnité. Selon lui, un tel acte ne serait pas conforme aux principes de la continuité de l’Etat et de l’Etat de droit. Il soutint aussi que les requérants avaient obtenu le titre de propriété en question en application des lois existantes et que l’annulation de ce titre équivaudrait à ne pas appliquer ces lois.
Le juge A. Sezgin, quant à lui, mit l’accent sur les articles 1007 et 1023 du code civil et souligna que les registres fonciers ne contenaient aucune restriction quant au droit de propriété des requérants lors de l’acquisition. Selon lui, les requérants devraient être indemnisés de la valeur qu’avait le terrain au moment de la perte de leur titre de propriété.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
23. Le droit et la pratique internes pertinents sont décrits dans l’arrêt Turgut et autres c. Turquie (no 1411/03, §§ 41-67, 8 juillet 2008).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCLE No 1
24. Les requérants soutiennent que l’annulation de leur titre de propriété, sans versement d’une indemnité, constitue une atteinte disproportionnée à leur droit au respect de leurs biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1, lequel est ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
25. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
26. Le Gouvernement demande à la Cour de déclarer la requête irrecevable dans la mesure où les requérants n’ont pas épuisé les voies de recours internes (l’article 35 § 1 de la Convention).
D’abord, le Gouvernement fait valoir que les requérants ne se sont pas opposés aux conclusions de la commission du cadastre, annoncées par voie d’affichage le 14 septembre 1982, suite aux travaux qui avaient commencé en 1977.
Ensuite, il soutient que les requérants n’ont pas intenté d’action en annulation des plans cadastraux devant le tribunal de cadastre.
Enfin, le Gouvernement prétend que les requérants auraient pu s’adresser à l’administration pour demander une indemnité en se fondant sur l’article 125 de la Constitution – selon lequel tous les actes et décisions de l’administration peuvent faire l’objet d’un recours judiciaire – ou sur les dispositions pertinentes du code de procédure administrative.
27. Les requérants contestent les arguments du Gouvernement. Ils soutiennent qu’il n’existe pas de voie de recours disponible pour demander une indemnisation à la suite d’une telle privation. Le sort de l’action qu’ils ont intentée devant le tribunal de grande instance serait un exemple de la jurisprudence constante en la matière. Si la voie administrative était un recours effectif, le tribunal se serait déclaré incompétent ratione materiae, ce qui n’a pas été le cas, selon les requérants.
En ce qui concerne l’opposition aux conclusions de la commission cadastrale et la possibilité d’intenter une action en annulation des plans cadastraux, les requérants soutiennent qu’il n’existe pas là non plus de recours effectifs. Ils affirment qu’ils n’avaient aucun intérêt à agir contre les travaux de cadastration selon lesquels le terrain litigieux était un champ agricole. En 1958, il avait été constaté que le terrain n’avait aucun lien avec le domaine forestier. Les travaux de cadastre qui ont été menés dans le cadre de l’article 2 § B de la loi no 6831 ont démontré également que le terrain n’était pas de nature forestière.
28. La Cour rappelle qu’elle s’est déjà prononcée sur de telles exceptions et qu’elle les a rejetées (voir, entre autres, Rimer et autres c. Turquie, no 18257/04, §§ 25-30, 10 mars 2009). Elle ne relève dans la présente affaire aucune circonstance pouvant l’amener à s’écarter de ses précédentes conclusions.
Par ailleurs, la Cour constate que le Gouvernement n’a pas expliqué en quoi des objections aux conclusions de la commission cadastrale pourraient constituer des voies effectives dans le cadre d’une procédure dont l’objectif principal est l’obtention d’une indemnisation en raison de l’annulation du titre de propriété. Malgré l’annotation apposée au registre foncier, il n’est pas contesté que, jusqu’à la date de l’annulation de leurs titres de propriété au profit du Trésor public, les requérants avaient été les propriétaires légitimes du terrain selon le droit interne – d’où la nécessité pour le Trésor public d’une nouvelle procédure afin d’obtenir un jugement définitif d’annulation et de transfert de ces titres à son nom (voir, dans le même sens, Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turquie, no 45651/04, § 28, 10 mars 2009).
Partant, elle rejette l’exception préliminaire du Gouvernement pour ces deux branches.
B. Sur le fond
29. En l’occurrence, la Cour constate que l’ingérence dans le droit des requérants au respect de leurs biens s’analyse en une « privation » de propriété au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1.
Eu égard aux motifs avancés par les juridictions nationales, la Cour estime que le but de la privation imposée aux requérants, à savoir la protection de la nature et des forêts, entre dans le cadre de l’intérêt général au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, entre autres, Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turquie, précité, § 42).
30. La Cour rappelle avoir déjà examiné un grief identique à celui présenté par les requérants et avoir conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1. En effet, elle a dit que, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive, et qu’une absence totale d’indemnisation ne saurait se justifier sur le terrain de l’article 1 du Protocole no 1 que dans des circonstances exceptionnelles (voir Turgut et autres c. Turquie, précité, §§ 86-93 et Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turquie, précité, § 43). En l’espèce, les requérants n’ont reçu aucune indemnisation en raison du transfert de propriété de leur bien à la Direction générale des forêts. La Cour constate que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente en l’espèce (Turgut et autres c. Turquie, précité, § 92 et Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turquie, § 43).
31. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
32. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
33. Les requérants allèguent avoir subi un préjudice matériel, pour lequel ils réclament un montant total de 1 660 446 EUR. Pour la justification, ils se réfèrent au rapport d’expertise du 5 décembre 2001, versé au dossier sur la demande du tribunal de grande instance de Sarıyer. Ils expliquent que dans ce rapport la valeur du terrain a été évaluée, à la date de l’introduction de l’action, à 95,15 EUR/m², soit 753 792,85 EUR pour la superficie de 7919 m² qui leur a été retirée. A l’heure actuelle, la valeur du terrain litigieux serait de 200 EUR/m², soit 1 583 800 EUR. A cela, ils ajoutent 58 740 EUR qu’ils auraient dû payer pour les frais de la procédure ainsi que pour les frais de la représentation du Trésor public. A cet égard ils produisent un ordre de paiement du 1er avril 2002 pour une somme de 25 657 560 000 TRL (environ 21 800 EUR). Ils soulignent que pour évaluer ces montants, le tribunal s’est fondé sur le rapport d’expertise. En dernier lieu, les requérants réclament la somme de 17 906 EUR pour les frais de leur propre représentation, dont le remboursement aurait dû leur être accordé pour la partie pour laquelle ils ont eu gain de cause.
Au titre du dommage moral, les requérants réclament 100 000 EUR chacun.
Aucune demande n’a été formulée pour les frais et dépens.
34. Le Gouvernement invite la Cour à rejeter ces demandes, qu’il juge excessives et dépourvues de fondement. Il fait savoir que la satisfaction équitable ne constitue pas le principal but du mécanisme de contrôle de la Convention et que celle-ci doit être raisonnable et équitable. Par ailleurs, la satisfaction équitable ne doit pas constituer une source d’enrichissement indu pour les requérants.
35. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d’appréciation quant aux modalités d’exécution d’un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l’obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis (article 1). Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l’Etat défendeur de la réaliser, la Cour n’ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l’accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu’imparfaitement d’effacer les conséquences de la violation, l’article 41 habilite la Cour à accorder, s’il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumărescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2001-I).
36. En l’occurrence, la Cour vient de conclure à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 en raison de l’absence d’indemnisation. Elle estime donc que, dans la présente affaire, la nature de la violation constatée ne lui permet pas de partir du principe d’une restitutio in integrum. Le caractère licite de la dépossession se répercute par la force des choses sur les critères à employer pour déterminer la réparation due par l’Etat défendeur, les conséquences financières d’une mainmise licite ne pouvant être assimilées à celles d’une dépossession illicite (Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 249-250, CEDH 2006-…, et Ex-roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 25701/94, § 75, 28 novembre 2002).
37. En outre, la Cour rappelle avoir dit dans les affaires portant sur le même sujet (Turgut et autres c. Turquie, précité, § 90 et Temel Conta Sanayi Ve Ticaret A.Ş. c. Turquie, § 42) que :
« [l]a protection de la nature et des forêts et plus généralement l’environnement constituent une valeur dont la défense suscite dans l’opinion publique, et par conséquent auprès des pouvoirs publics, un intérêt constant et soutenu. Des impératifs économiques et même certains droits fondamentaux, comme le droit de propriété, ne devraient pas se voir accorder la primauté face à des considérations relatives à la protection de l’environnement, en particulier lorsque l’Etat a légiféré en la matière (…) ».
Selon la jurisprudence constante de la Cour, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive. L’article 1 du Protocole no 1 ne garantit cependant pas dans tous les cas le droit à une réparation intégrale. Des objectifs légitimes « d’utilité publique » peuvent militer pour un remboursement inférieur à la pleine valeur des biens expropriés (voir, mutatis mutandis, Lithgow et autres c. Royaume-Uni, 8 juillet 1986, § 121, série A no 102, Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 182, CEDH 2004-V, et Scordino c. Italie (no 1), précité, § 95).
38. A la lumière de ces considérations et pour déterminer la réparation adéquate, la Cour prendra en compte l’ensemble des pièces présentées par les parties et des informations pertinentes dont elle dispose (voir, mutatis mutandis, N.A. et autres c. Turquie (satisfaction équitable), no 37451/97, § 18, 9 janvier 2007). Plus précisément, elle juge opportun de se baser sur les conclusions des expertises effectuées au cours de la procédure nationale, même si elle ne s’estime pas liée par le montant auquel elles ont abouti (voir, dans le même sens, Kozacıoğlu c. Turquie [GC], no 2334/03, § 85, 19 février 2009).
39. A cet égard, la Cour note que les requérants présentent un rapport d’expertise établi par l’expert désigné par le tribunal et que le tribunal s’est fondé sur ce rapport pour évaluer les frais de la procédure et les frais de représentation du Trésor public que les requérants devaient payer. Ce rapport a évalué les terrains à 95,15 EUR/m², à la date de l’introduction de l’action – le 13 février 2001. Elle note également que le Trésor public a indiqué la valeur du terrain comme étant de 31,6 EUR/m², à la même date.
40. Compte tenu de ces éléments – y compris l’objectif légitime d’utilité publique poursuivi par l’ingérence litigieuse – et statuant en équité, la Cour juge raisonnable d’accorder aux requérants la somme de 980 000 EUR pour dommage matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
41. Quant au dommage moral, compte tenu des circonstances de la cause, la Cour estime que le constat de violation constitue une réparation suffisante (voir, a contrario, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, §§ 40-42, 30 octobre 2003).
B. Intérêts moratoires
42. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 980 000 EUR (neuf cent quatre-vingt mille euros) pour dommage matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 10 novembre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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