Conclusione: violazione dell’art. 6-1.
SECONDA SEZIONE
CAUSA CIAMBRIELLO ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste numero 23745/03, 23746/03, 23749/03 e 1280/04)
SENTENZA
STRASBURGO
26 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ciambriello ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una Camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, giudici,e
da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 ottobre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste (numeri 23745/03, 23746/03, 23749/03 e 1280/04) dirette contro la Repubblica italiana e in cui quattro cittadini di questo Stato (“i richiedenti”) hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da G. di G. e M.M. Di N., avvocati a Telese Termine. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dai suoi vecchi agenti, i Sigg. I. Braguglia e R. Adamo, e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 23 maggio 2007 (richiesta no 1280/04) ed il 29 maggio 2007 (richieste numeri 23745/03, 23746/03 e 23749/03) la Corte aveva deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permetteva il paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, aveva deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti, parti a procedimenti giudiziali, hanno investito le giurisdizioni interne competenti ai sensi della legge “Pinto.”
5. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazione contenute nel riquadro qui accluso.
II. IL DIRITTO E LAPRATICA INTERNA PERTINENTI
6. Il diritto e le pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V) e Simaldone c. Italia, (no 22644/03, §§ 11-15, CEDH 2009 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
7. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decide di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
8. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza della correzione ottenuta nella cornice del rimedio “Pinto.”
9. Il Governo si oppone a questa tesi.
10. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
A. Sull’ammissibilità
1. Tardività delle richieste
11. Il Governo solleva un’eccezione di tardività delle richieste. Afferma in primo luogo che il termine dei sei mesi contemplato all’articolo 35 § 1 della Convenzione dovrebbe essere calcolato a contare dalla data della decisione interna definitiva resa nel procedimento principale. Secondariamente, sottolinea che i ricorsi dinnanzi alla corte di appello di Roma avrebbero sarebbero stati loro stessi introdotti tardivamente, il che impedirebbe comunque di prendere in considerazione il procedimento “Pinto” ai fini del calcolo di suddetto termine.
12. La Corte rileva che le decisioni interne definitive, ai sensi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, sono le decisioni “Pinto” dei corsi di appello, passate in giudicato nelle date indicate nei fatti esposti nel riquadro qui accluso. Tutte le richieste sono state introdotte prima di queste date o nei sei seguenti mesi. La Corte stima pertanto che c’è luogo di respingere l’eccezione formulata dal Governo.
2. Requisito di “vittima”
13. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dai corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
14. In appoggio, il Governo avanza degli argomenti che la Corte ha già respinto, in particolare nelle sentenze Aragosa c. Italia (no 20191/03, § § 17-24, 18 dicembre 2007) e Simaldone c. Italia, (no 22644/03, §§19-33, CEDH 2009 -… (brani)).
15. La Corte, non vedendo nessuno motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti delle cause e gli argomenti delle parti, considera che le correzioni si sono rivelate insufficienti (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDH 2007-VI; Cocchiarella precitata, §§ 69-98) e, in quanto alle richieste numeri 23745/03, 23746/03 e 23749/03, che gli indennizzi “Pinto” non sono stati versati nei sei mesi a partire dal momento in cui le decisioni dei corsi di appello diventarono esecutive (Cocchiarella precitata, § 89). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Conclusione
16. La Corte constata che le richieste non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Le dichiara allo stesso modo ammissibili.
B. Sul merito
17. La Corte constata che i procedimenti controversi sono durati, rispettivamente:
i. no 23745/03: quattro anni e sei mesi per un grado di giurisdizione;
ii. no 23746/03: quattro anni e sette mesi per un grado di giurisdizione;
iii. no 23749/03: quattro anni e sette mesi per un grado di giurisdizione;
iv. no 1280/04: undici anni ed undici mesi per un grado di giurisdizione (durata considerata nella cornice del ricorso “Pinto”).
18. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a queste dei casi di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare, in ogni richiesta, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SUL RITARDO NEL PAGAMENTO DELL’INDENNIZZO “PINTO”
19. Il 4 agosto 2005, senza invocare nessuno articolo della Convenzione, i richiedenti nelle richieste numeri 23745/03, 23746/03, 23749/03 si sono lamentati anche del fatto che gli indennizzi “Pinto” non erano stati ancora pagati in questa data e che erano stati obbligati ad introdurre un procedimento di esecuzione a questo fine.
A. Sull’ammissibilità
20. Il Governo stima che il ritardo nell’esecuzione dei decisioni “Pinto” sarebbe compensato dalla concessione di interessi moratori al momento del pagamento.
21. La Corte ricorda di avere giudicato al primo colpo che una decisione o una misura favorevole al richiedente basta in principio a togliergli la qualità di “vittima” solo se le autorità nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, e poi riparato, la violazione della Convenzione (vedere, tra altre, Eckle c. Germania, 15 luglio 1982, § 69, serie A no 51 e Cocchiarella, precitata, § 71). Nello specifico, la Corte rileva che la concessione di interessi moratori non provoca nessuna riconoscenza di violazione e non potrebbe riparare il danno morale derivante. I richiedenti possono definirsi di conseguenza, sempre “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Simaldone precitata, § 63).
22. Alla vista di ciò che precede, la Corte respinge l’eccezione sollevata dal Governo.
23. La Corte constata che il motivo di appello formulato dai richiedenti non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
24. La Corte ricorda di avere giudicato che nella cornice del ricorso “Pinto”, gli interessati non hanno obbligo di iniziare un procedimento di esecuzione (vedere Delle Cave e Corrado precitato, §§ 23-24,). Ha ammesso anche che un’amministrazione possa avere bisogno di un certo lasso di tempo per procedere ad un pagamento. Tuttavia, trattandosi di un ricorso indennizzante che mira a risanare le conseguenze della durata eccessiva di procedimenti, questo lasso di tempo non dovrebbe superare generalmente sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo è diventata esecutiva (vedere Cocchiarella precitata, § 89 e Simaldone precitata, §§ 55-56).
25. La Corte constata che le somme concesse dalle giurisdizioni “Pinto” sono state pagate molto dopo questo termine (vedere il riquadro qui accluso).
26. C’è stato, pertanto, violazione del diritto dei richiedenti all’esecuzione delle decisioni giudiziali garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
27. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
28. Il 23 maggio 2007 (richiesta no 1280/04) ed il 29 maggio 2007 (richieste numeri 23745/03, 23746/03 e 23749/03) la Corte ha comunicato le richieste al Governo convenuto. Questo ultimo ha presentato le sue osservazioni sull’ammissibilità e la fondatezza delle cause il 6 settembre 2007 (richieste numeri 23745/03, 23746/03 e 23749/03) ed il 21 settembre 2007 (richiesta no 1280/04).
29. I richiedenti sono stati invitati a presentare le loro osservazioni in risposta, così come le loro richieste di soddisfazione equa, prima del 19 novembre 2007 (richieste numeri 23745/03, 23746/03 e 23749/03) ed il 28 novembre 2007 (richiesta no 1280/04). Non essendo giunta nessuna risposta da parte loro, una corrispondenza per raccomandata con ricevuta di ritorno è stata mandata loro dalla cancelleria il 20 febbraio 2008, avvertendoli che il termine che era stato assegnato loro per la presentazione delle osservazioni e delle richieste di soddisfazione equa era scaduto e che la Corte avrebbe potuto stimare che non intendevano più mantenere le loro richieste e decidere di cancellare queste dal ruolo. Con una lettera del 5 marzo 2008, i richiedenti comunicarono i loro interesse a proseguire le cause e richiesero il risarcimento del danno morale che avrebbero subito, senza valutarlo.
30. Avendo fatto i richiedenti le loro richieste di soddisfazione equa all’infuori del termine fissato, la Corte decide di non accordare niente a titolo dell’articolo 41 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, in ragione della durata eccessiva del procedimento, in ciascuna delle richieste;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, in ragione del ritardo impiegato dalle autorità nazionali nel conformarsi alla decisione della corte di appello “Pinto”, nelle richieste numeri 23745/03, 23746/03 e 23749/03,;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 26 ottobre 2010 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa
No di richiesta Dettagli richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
1. no 23745/03
introdotta il
07/07/2003 OMISSIS
nata in 1925
residente a Bucciano (BN) Procedimento principale: Oggetto: rivalutazione monetaria di una pensione ed interessi.
Giudice di istanza di Benevento (RG no 5317/94, del 03/11/1994 al 31/05/1999).
Procedimento “Pinto”:
Introdotto il 16/10/2001 dinnanzi alla corte di appello di Roma. Decisione del 03/06/2002, depositata il 25/09/2002. Constatazione di violazione. 1 000 EUR per danno morale, più 800 EUR per oneri e spese. Data decisione definitiva: 10/11/2003.
Indennizzo “Pinto” pagato in una data non precisata dopo il 30/05/2006.
2. no 23746/03
introdotta il
07/07/2003 OMISSIS
nato in 1941
residente a Torrecuso (BN) Procedimento principale: Oggetto: rivalutazione monetaria di una pensione ed interessi.
Giudice di istanza di Benevento (RG no 5313/94, del 29/09/1994 al 25/05/1999).
Procedimento “Pinto”:
Introdotto il 16/10/2001 dinnanzi alla corte di appello di Roma. Decisione del 21/06/2002, depositato il 03/09/2002. Constatazione di violazione. 750 EUR per danno morale, più 750 EUR per oneri e spese. Data decisione definitiva: 31/10/2003.
Indennizzo “Pinto” pagato in una data non precisata dopo il 30/05/2006.
3. no 23749/03
introdotta il
07/07/2003 OMISSIS
nato in 1925
residente a Puntatore (BN) Procedimento principale: Oggetto: rivalutazione monetaria di una pensione ed interessi.
Giudice di istanza di Benevento (RG no 1822/94, del 18/04/1994 al 20/11/1998).
Procedimento “Pinto”:
Introdotto il 16/10/2001 dinnanzi alla corte di appello di Roma. Decisione del 17/06/2002, depositata il 11/09/2002. Constatazione di violazione. 300 EUR per danno morale, più 250 EUR per oneri e spese. Data decisione definitiva: 31/10/2003.
Indennizzo “Pinto” pagato in una data non precisata dopo il 30/05/2006.
No di richiesta Dettagli richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
4. no 1280/04
introdotta il
15/12/2003 OMISSIS
nato nel 1959
residente a Telese Termine (BN) Procedimento principale: Oggetto: azione in danno-interessi per incidente sul lavoro.
Tribunale di Benevento (RG no 1233/91) introdotto il 25/03/1991 ed ancora pendente al 26/09/2003. Nessuna informazione sul seguito.
Procedimento “Pinto”:
Introdotto il 06/03/2003 dinnanzi alla corte di appello di Roma. Decisione del 12/06/2003, depositata il 01/07/2003, notificata il 09/09/2003. Constatazione di violazione fino alla data di introduzione dell’istanza. 1 400 EUR per danno morale, più 700 EUR per oneri e spese. Data decisione definitiva: 14/11/2003.
Indennizzo “Pinto” pagato in una data non precisata.