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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CHRISTODOULOU c. GRECE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06
Numero: 514/07/2009
Stato: Grecia
Data: 2009-07-16 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1; danno materiale – richiesta respinta; Danno morale – risarcimento
PRIMA SEZIONE
CAUSA CHRISTODOULOU C. GRECIA
( Richiesta no 514/07)
SENTENZA
STRASBURGO
16 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Christodoulou c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajiæ, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 514/07) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 dicembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da E. G., avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato presso dalle delegate del suo agente, le Sig.re O. Patsopoulou, assessore del Consulente legale di stato e Z. Hadjipavlou, ascoltatrice presso il Consulente legale di stato.
3. Il richiedente si lamenta, sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, di una violazione del suo diritto di accesso ad un tribunale.
4. Il 3 marzo 2008, la presidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1938 e risiede ad Atene.
6. Il 14 marzo 2001, il richiedente investì la Contabilità generale dello stato di una richiesta che mirava ad ottenere l’adeguamento dell’importo della sua pensione. Il 19 luglio 2001, la sua richiesta fu respinta, atto no 38449/2001.
7. Il 21 gennaio 2002, il richiedente interpose appello dinnanzi alla Corte dei conti. Il 23 gennaio 2002, il richiedente notificò l’esposto del suo appello alla parte avversa, lo stato greco. Secondo l’articolo 51 del decreto presidenziale no 774/1980 allora in vigore, la ricevuta della notificazione dell’appello alla parte avversa doveva essere depositata alla cancelleria entro sei mesi a partire dall’introduzione dell’appello, sotto pena di annullamento dell’istanza.
8. Il 30 giugno 2003, durante la litispendenza, una legge no 3160/2003 fu adottata, che prescriveva non più l’annullamento dell’istanza ma l’inammissibilità dell’udienza (απαράδεκτο της συζήτησης) nel caso in cui la regola procedurale precitata non veniva rispettata (articolo 58 § 9). Secondo la nuova disposizione, l’interessato manteneva quindi la possibilità di chiedere la determinazione di una nuova data di udienza. Il rapporto introduttivo di suddetta legge rilevava la rigidità eccessiva della regola che contemplava l’annullamento dell’istanza ipso jure. Rilevava in particolare:
“La regola contemplata al paragrafo 9 dell’articolo 58 mira a togliere una sanzione eccessivamente severa ed ingiustificata a riguardo del giudicabile. (…) Il deposito della ricevuta della notificazione del ricorso presso la Corte dei conti è contemplata unicamente in vista della buona organizzazione della sua cancelleria e per contemplare il numero di cause che saranno iscritte al ruolo ed il tempo necessario in vista del loro trattamento. È la notificazione nel termine prescritto dal ricorso alla parte avversa che è cruciale in sé, perché garantisce il diritto di questa di difendere la sua causa. Ecco perché, viene previsto dalla nuova regolamentazione che il deposito fuori dal termine prescritto della ricevuta della notificazione nella pratica provoca unicamente l’inammissibilità dell’udienza della causa (απαράδεκτο της συζήτησης της υπόθεσης). Conviene notare che, visto lo scopo precitato dell’obbligo procedurale in causa, nel caso in cui la causa iene iscritta al ruolo malgrado la mancanza della ricevuta della notificazione della pratica, l’esame della causa non è escluso, se la parte avversa acconsente. È evidente che la determinazione dell’udienza della causa rende nullo lo scopo per cui la regola in causa impone il deposito della ricevuta presso la cancelleria della Corte dei conti.”
9. Il 13 novembre 2003, il richiedente depositò la ricevuta della notificazione alla cancelleria.
10. Il 19 marzo 2004, la terza camera della Corte dei conti dichiarò l’istanza annullata in virtù del decreto no 774/1980. Suddetta giurisdizione considerò che l’articolo 58 § 9 della legge no 3160/2003 non era applicabile nello specifico. Constatò che suddetta disposizione di carattere procedurale trovava applicazione nelle cause pendenti, ma unicamente a riguardo degli atti procedurali che avevano avuto luogo dopo la sua entrata in vigore. Nello specifico, la Corte dei conti considerò che il 21 luglio 2002, data alla quale il termine di sei mesi prescritto dall’articolo 51 del decreto presidenziale no 774/1980 era scaduto, suddetta disposizione e non la legge no 3160/2003 era applicabile nello specifico, sentenza no 621/2004.
11. Il richiedente ricorse in cassazione sollevando che l’interpretazione della regola in causa non era compatibile con le esigenze della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione.
12. Il 28 giugno 2006, la formazione plenaria della Corte dei conti respinse il ricorso come infondato, sentenza no 1605/2006.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
13. L’articolo 51 del decreto presidenziale no 774/1980 disponeva all’epoca dei fatti:
“1. Trattandosi dei ricorsi in appello, dei ricorsi in cassazione e delle istanze di revisione dinnanzi alla Corte dei conti, la ricevuta, di notificazione del ricorso all’interessato (il ministro, la persona giuridica competente o l’individuo) deve essere depositata alla cancelleria della Corte dei conti al più tardi nei sei mesi dopo la registrazione del ricorso.
2. Alla scadenza di suddetto termine, viene considerato che il richiedente ha rinunciato del suo ricorso, l’istanza viene annullata ipso jure e la causa viene archiviata “
14. L’articolo 58 § 9 della legge no 3160/2003 ha sostituito l’articolo 51 § 2 del decreto presidenziale no 774/1980 con la seguente disposizione:
“Il deposito fuori dal termine prescrtto al paragrafo precedente della ricevuta di notificazione provoca l’annullamento dell’udienza (απαράδεκτο της συζήτησης) “
15. Una parte al processo può chiedere il ristabilimento delle cose in stato se non ha potuto osservare un termine a causa di forza maggiore (articolo 152 del codice di procedura civile). Ai termini dell’articolo 154 dello stesso codice, il ristabilimento delle cose in stato viene chiesto al tribunale dinnanzi a cui il processo principale è pendente e, se non c’è litispendenza, al tribunale che è competente per giudicare se l’atto per cui il termine era stato assegnato è stato compiuto nei termini. Suddette disposizioni si applicano per analogia al procedimento dinnanzi alla Corte dei conti (Corte dei conti, assemblea plenaria, sentenza no 895/2005).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
16. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto di accesso ad un tribunale a causa dell’annullamento dell’istanza, al motivo che la ricevuta della notificazione del ricorso in cassazione alla parte avversa era stata versata alla pratica della causa fuori dal termine dei sei mesi prescritti dalla legislazione applicabile all’epoca. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione le cui parti pertinenti si leggono così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
18. Il Governo sostiene che la presente causa è simile alla causa Siderakis ed altri c. Grecia, ((dec.) no 21606/05, 6 settembre 2007). Inoltre, afferma che la regola procedurale in causa si applica a riguardo di tutte le parti al procedimento dinnanzi alla Corte dei conti, ossia l’individuo e lo stato. Inoltre, sottolinea che l’articolo 58 § 9 della legge no 3160/2003 è una disposizione procedurale che non ha effetto retroattivo. Di conseguenza, la Corte dei conti ha giudicato a ragione che se l’omissione del deposito della ricevuta della notificazione dell’atto introduttivo di istanza alla parte avversa ha avuto luogo prima dell’entrata in vigore della legge no 3160/2003, l’annullamento dell’istanza non può essere messo in causa da questa legge, posteriore a questa omissione, perché ciò notificherebbe un’applicazione retroattiva della legge, il che sarebbe inammissibile. Infine, il Governo sostiene che le condizioni di ammissibilità di un ricorso dinnanzi alla Corte dei conti possono essere più severe che dinnanzi ad una giurisdizione inferiore. Infine, nello specifico, il principio di proporzionalità è stato rispettato perché il termine dei sei mesi per il deposito della ricevuta era molto ampio, questa condizione era conosciuta, accessibile e prevedibile e la parte interessata aveva la possibilità di sollecitare il “ristabilimento delle cose in stato” (αίτηση επαναφοράς των πραγμάτων στην προτέρα κατάσταση).
19. Il richiedente sostiene che questa limitazione ha ignorato il suo diritto di accesso ad un tribunale deliberando in prima istanza e che non aveva a sua disposizione nessuna via di ricorso. La Convenzione non tollera l’esistenza di presunzioni irrefragabili. Se il richiedente avesse voluto rinunciare all’istanza dinnanzi alla Corte dei conti, il diritto nazionale ne contempla la possibilità e le modalità da seguire in disposizioni precise. L’organizzazione burocratica della Corte dei conti non soddisfa le esigenze di una buona amministrazione della giustizia che il Governo menziona nelle sue osservazioni e che il preambolo della legge no 3160/2003 cita (paragrafo 8 sopra).
20. La Corte ricorda che non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi e ai tribunali, interpretare la legislazione interna (vedere, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 31, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII) e lei non sostituirà la sua propria valutazione del diritto alla loro in mancanza di arbitrarietà (vedere, tra altre, Tejedor García c. Spagna, 16 dicembre 1997, § 31, Raccolta 1997-VII)I. Ciò è anche vero trattandosi dell’interpretazione da parte dei tribunali di regole di natura procedurale come le forme ed i termini che regolano l’introduzione di un ricorso (vedere Pérez de Rada Cavanilles c. Spagna, 28 ottobre 1998, § 43, Raccolta 1998-VIII).
21. La Corte nota, inoltre, che la regolamentazione relativa alle forme da rispettare per introdurre un ricorso mira certamente a garantire una buona amministrazione della giustizia. Gli interessati devono aspettarsi da ciò che queste regole vengano applicate. Tuttavia, la regolamentazione in questione o l’applicazione che ne viene fatta non dovrebbero impedire ai giudicabili di avvalersi di una via di ricorso disponibile (vedere, mutatis mutandis, Società Anonima Sotiris e Nikos Koutras Attee c. Grecia, no 39442/98, § 20, CEDH 2000-XII.)
22. D’altra parte, risulta dalla giurisprudenza della Corte che il “diritto ad un tribunale” di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché richiama anche per sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione. Tuttavia, queste limitazioni non potrebbero restringere l’accesso aperto ad un giudicabile in modo o ad un punto tale che il suo diritto ad un tribunale si trovi raggiunto nella sua sostanza stessa; infine, si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se tendono ad un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere Rodríguez Valín c. Spagna, no 47792/99, § 22, 11 ottobre 2001).
23. La Corte stima che imporre l’annullamento dell’istanza ipso jure è una conseguenza particolarmente grave allo sguardo, in particolare, dello scopo di questa regolamentazione che non riguarda i diritti procedurali della parte avversa, ma il buon trattamento delle cause da parte della cancelleria della Corte dei conti. La regolamentazione in causa costituisce un tipo di presunzione irrefragabile che prescrive che la mancanza della ricevuta nella pratica equivale alla rinuncia della causa da parte dell’interessato. Così, non permette all’interessato di presentare all’epoca dell’udienza le ragioni che gli avrebbero impedito eventualmente di versare alla pratica la ricevuta nel termine prescritto.
24. Certo, il Governo suggerisce che i richiedenti avrebbero potuto chiedere, in seguito all’archiviazione della causa, il ristabilimento delle cose in stato. Tuttavia, la Corte ricorda che il motivo di appello dei richiedenti riguarda solamente le conseguenze, presumibilmente severe, della non-inclusione della ricevuta di notificazione del ricorso nella cornice del procedimento in causa. In altri termini, la questione che si pone nello specifico è quella dell’attentato al diritto di accesso ad un tribunale. Questa questione si pone anche nel caso in cui, come nello specifico, i richiedenti non avevano alcuna scusa valida per avere omesso di includere la ricevuta in causa. Ora, la possibilità di riaprire il procedimento, per mezzo di un nuovo ricorso, implica che il giudicabile faccia stato di un avvenimento che gli abbia impedito di includere nel tempo assegnato la ricevuta di notificazione nella pratica della causa. Del resto, la Corte nota che il Governo non fornisce nessuno elemento supplementare né sull’interpretazione di “forza maggiore” da parte delle giurisdizioni interne, né sulle modalità di esercizio di suddetto ricorso e le conseguenze derivanti dalla sua eventuale ammissione.
25. Inoltre, la Corte nota che la presente causa si distingue dalla causa Siderakis ed altri (decisione precitata), invocata dal Governo. In questa ultima i richiedenti avevano omesso difatti, di informare la cancelleria della Corte di cassazione che la loro memoria integrativa era stata notificata alla parte avversa. Suddetta omissione aveva provocato tuttavia, unicamente l’inammissibilità dei mezzi di cassazione invocati nell’esposto integrativo e non l’annullamento ipso jure dell’istanza, ciò che era il caso nell’occorrenza. Pertanto, le conseguenze dell’applicazione della regola in causa erano molto più gravi nel caso di specifico che nella causa Siderakis ed altri.
26. La Corte considera che l’annullamento dell’istanza ipso jure e l’archiviazione della causa agli archivi ha costituito un’applicazione della regola procedurale in causa che si è rivelata sproporzionata allo sguardo dello scopo legittimo perseguito. Ha recato così offesa al diritto di accesso ad un tribunale.
27. Di conseguenza, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
28. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
29. La Corte osserva che l’oggetto del procedimento in causa riguardava una richiesta di adeguamento di pensione. Ora, il richiedente, trovandosi solamente nella posizione di semplice richiedente, non può pretendere avere un “bene” (credito certo) liquido ed esigibile, neanche una “speranza legittima” di vedere la suo pensione attualizzata (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX).
30. Ne segue che questa parte della richiesta deve essere dichiarata inammissibile in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
31. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
32. Il richiedente richiede la somma globale di 71 105,27 euro (EUR) per il danno materiale che corrisponderebbe alla perdita anteriore (21 905,27 EUR) e quella nell’ venire (49 200 EUR) della sua pensione, così come la somma “simbolica” di 2 000 EUR per il danno morale.
33. Per ciò che riguarda il danno materiale, il Governo pretende che non esiste legame di causalità tra queste pretese e la violazione addotta. In quanto al danno morale, la constatazione di violazione costituirebbe una soddisfazione equa sufficiente.
34. La Corte non potrebbe speculare sul risultato a cui la Corte dei conti sarebbe arrivata se avesse giudicato la causa del richiedente al merito. Tuttavia, non stima irragionevole pensare che il richiedente abbia subito una perdita di probabilità reale ed un danno morale certo. Assegna al richiedente un’indennità di 10 000 EUR per l’insieme del danno di cui ha sofferto dunque, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta.
B. Oneri e spese
35. Il richiedente chiede 1 217,50 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte dei conti e 4 000 EUR per quella dinnanzi alla Corte.
36. Il Governo sottolinea che le pretese del richiedente sono eccessive e non accompagnate dai giustificativi necessari.
37. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, la Corte nota che se il richiedente porta dei giustificativi dei suoi oneri dinnanzi alla Corte dei conti, non ne fornisce nessuno per i suoi oneri e le sue spese dinnanzi alla Corte. Deliberando in equità, la Corte gli accorda 1 217,50 EUR dunque, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, sotto questo capo.
C. Interessi moratori
38. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 10 000 EUR (diecimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
ii. 1 217,50 EUR (mille due cento diciassette euro e cinquanta centesimi) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b )che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement irrecevable ; Violation de l’art. 6-1 ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – réparation
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE CHRISTODOULOU c. GRÈCE
(Requête no 514/07)
ARRÊT
STRASBOURG
16 juillet 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Christodoulou c. Grèce,
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Nina Vajić, présidente,
Christos Rozakis,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 25 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 514/07) dirigée contre la République hellénique et dont un ressortissant de cet Etat, M. G. C. (« le requérant »), a saisi la Cour le 28 décembre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me E. G., avocat à Athènes. Le gouvernement grec (« le Gouvernement ») est représenté par les déléguées de son agent, Mmes O. Patsopoulou, assesseure auprès du Conseil juridique de l’Etat et Z. Hadjipavlou, auditrice auprès du Conseil juridique de l’Etat.
3. Le requérant se plaint, sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, d’une violation de son droit d’accès à un tribunal.
4. Le 3 mars 2008, la présidente de la première section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1938 et réside à Athènes.
6. Le 14 mars 2001, le requérant saisit la Comptabilité générale de l’Etat d’une demande visant à obtenir le réajustement du montant de sa pension de retraite. Le 19 juillet 2001, sa demande fut rejetée (acte no 38449/2001).
7. Le 21 janvier 2002, le requérant interjeta appel devant la Cour des comptes. Le 23 janvier 2002, le requérant notifia le mémoire de son appel à la partie adverse, l’Etat grec. Selon l’article 51 du décret présidentiel no 774/1980 alors en vigueur, le récépissé de la notification de l’appel à la partie adverse devait être déposé au greffe dans un délai de six mois à partir de l’introduction de l’appel, sous peine d’annulation de l’instance.
8. Le 30 juin 2003, pendant la litispendance, une loi no 3160/2003 fut adoptée, prescrivant non plus l’annulation de l’instance mais l’irrecevabilité de l’audience (απαράδεκτο της συζήτησης) dans le cas où la règle procédurale précitée n’était pas respectée (article 58 § 9). Selon la nouvelle disposition, l’intéressé gardait dès lors la possibilité de demander la fixation d’une nouvelle date d’audience. Le rapport introductif de ladite loi relevait la rigidité excessive de la règle prévoyant l’annulation de l’instance ipso jure. Il relevait en particulier :
« La règle prévue au paragraphe 9 de l’article 58 vise à la levée d’une sanction excessivement sévère et injustifiée à l’égard du justiciable. (…) Le dépôt du récépissé de la notification du pourvoi auprès de la Cour des comptes est prévu uniquement en vue de la bonne organisation de son greffe et pour prévoir le nombre d’affaires qui seront inscrites au rôle et le temps nécessaire en vue de leur traitement. C’est la notification dans le délai prescrit du pourvoi à la partie adverse qui est cruciale en soi, parce qu’elle garantit le droit de celle-ci de défendre sa cause. C’est pourquoi, il est prévu par la nouvelle réglementation que le dépôt hors du délai prescrit du récépissé de la notification dans le dossier entraîne uniquement l’irrecevabilité de l’audience de l’affaire (απαράδεκτο της συζήτησης της υπόθεσης). Il convient de noter que, vu le but précité de l’obligation procédurale en cause, dans le cas où l’affaire est inscrite au rôle malgré l’absence du récépissé de la notification du dossier, l’examen de l’affaire n’est pas exclu, si la partie adverse y consent. Il est évident que la fixation de l’audience de l’affaire rend caduc le but pour lequel la règle en cause impose le dépôt du récépissé auprès du greffe de la Cour des comptes ».
9. Le 13 novembre 2003, le requérant déposa le récépissé de la notification au greffe.
10. Le 19 mars 2004, la troisième chambre de la Cour des comptes déclara l’instance annulée en vertu du décret no 774/1980. Ladite juridiction considéra que l’article 58 § 9 de la loi no 3160/2003 n’était pas applicable en l’espèce. Elle constata que ladite disposition de caractère procédural trouvait application dans les affaires pendantes, mais uniquement à l’égard des actes procéduraux ayant eu lieu après son entrée en vigueur. En l’espèce, la Cour des comptes considéra que le 21 juillet 2002, date à laquelle le délai de six mois prescrit par l’article 51 du décret présidentiel no 774/1980 avait expiré, ladite disposition et non pas la loi no 3160/2003 était applicable en l’espèce (arrêt no 621/2004).
11. Le requérant se pourvut en cassation en soulevant que l’interprétation de la règle en cause n’était pas compatible avec les exigences de la Constitution et de l’article 6 de la Convention.
12. Le 28 juin 2006, la formation plénière de la Cour des comptes rejeta le pourvoi comme infondé (arrêt no 1605/2006).
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
13. L’article 51 du décret présidentiel no 774/1980 disposait à l’époque des faits :
« 1. S’agissant des recours en appel, des pourvois en cassation et des demandes de révision devant la Cour de comptes, le récépissé (…) de notification du recours à l’intéressé (le ministre, la personne morale compétente ou l’individu) doit être déposé au greffe de la Cour des comptes au plus tard dans les six mois après l’enregistrement du recours.
2. A l’expiration dudit délai, il est considéré que le demandeur s’est désisté de son recours, l’instance est annulée ipso jure et l’affaire est classée (…) »
14. L’article 58 § 9 de la loi no 3160/2003 a remplacé l’article 51 § 2 du décret présidentiel no 774/1980 par la disposition suivante :
« Le dépôt hors du délai prescrit au paragraphe précédent du récépissé de notification entraîne l’annulation de l’audience (απαράδεκτο της συζήτησης). »
15. Une partie au procès peut demander le rétablissement des choses en l’état si elle n’a pas pu observer un délai pour cause de force majeure (article 152 du code de procédure civile). Aux termes de l’article 154 du même code, le rétablissement des choses en l’état est demandé au tribunal devant lequel le procès principal est pendant et, s’il n’y a pas de litispendance, au tribunal qui est compétent pour juger si l’acte pour lequel le délai avait été imparti a été accompli dans les délais. Lesdites dispositions s’appliquent par analogie à la procédure devant la Cour des comptes (Cour des comptes, assemblée plénière, arrêt no 895/2005).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
16. Le requérant se plaint d’une atteinte à son droit d’accès à un tribunal du fait de l’annulation de l’instance, au motif que le récépissé de la notification du pourvoi en cassation à la partie adverse avait été versé au dossier de l’affaire hors du délai de six mois prescrit par la législation applicable à l’époque. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, dont les parties pertinentes se lisent ainsi :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
17. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
18. Le Gouvernement soutient que la présente affaire est similaire à l’affaire Siderakis et autres c. Grèce, ((déc.) no 21606/05, 6 septembre 2007). En outre, il affirme que la règle procédurale en cause s’applique à l’égard de toutes les parties à la procédure devant la Cour des comptes, à savoir l’individu et l’Etat. De plus, il souligne que l’article 58 § 9 de la loi no 3160/2003 est une disposition procédurale qui n’a pas d’effet rétroactif. Par conséquent, la Cour des comptes a jugé à raison que si l’omission du dépôt du récépissé de la notification de l’acte introductif d’instance à la partie adverse a eu lieu avant l’entrée en vigueur de la loi no 3160/2003, l’annulation de l’instance ne peut pas être mise en cause par cette loi, postérieure à cette omission, car cela signifierait une application rétroactive de la loi, ce qui serait inadmissible. Enfin, le Gouvernement soutient que les conditions de recevabilité d’un recours devant la Cour des comptes peuvent être plus sévères que devant une juridiction inférieure. Enfin, en l’espèce, le principe de proportionnalité a été respecté car le délai de six mois pour le dépôt du récépissé était très ample, cette condition était connue, accessible et prévisible et la partie intéressée avait la possibilité de solliciter le « rétablissement des choses en l’état » (αίτηση επαναφοράς των πραγμάτων στην προτέρα κατάσταση).
19. Le requérant soutient que cette limitation a méconnu son droit d’accès à un tribunal statuant en première instance et qu’il n’avait à sa disposition aucune voie de recours. La Convention ne tolère pas l’existence de présomptions irréfragables. Si le requérant avait voulu se désister de l’instance devant la Cour des comptes, le droit national en prévoit la possibilité et les modalités à suivre dans des dispositions précises. L’organisation bureaucratique de la Cour des comptes ne répond pas aux exigences d’une bonne administration de la justice que le Gouvernement mentionne dans ses observations et que vise le préambule de la loi no 3160/2003 (paragraphe 8 ci-dessus).
20. La Cour rappelle qu’elle n’a pas pour tâche de se substituer aux juridictions internes. C’est au premier chef aux autorités nationales, et notamment aux cours et tribunaux, qu’il incombe d’interpréter la législation interne (voir, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Espagne, 19 décembre 1997, § 31, Recueil des arrêts et décisions 1997-VIII) et elle ne substituera pas sa propre appréciation du droit à la leur en l’absence d’arbitraire (voir, entre autres, Tejedor García c. Espagne, 16 décembre 1997, § 31, Recueil 1997-VIII). Cela est aussi vrai s’agissant de l’interprétation par les tribunaux de règles de nature procédurale telles que les formes et les délais régissant l’introduction d’un recours (voir Pérez de Rada Cavanilles c. Espagne, 28 octobre 1998, § 43, Recueil 1998-VIII).
21. La Cour note, de plus, que la réglementation relative aux formes à respecter pour introduire un recours vise certainement à assurer une bonne administration de la justice. Les intéressés doivent s’attendre à ce que ces règles soient appliquées. Toutefois, la réglementation en question ou l’application qui en est faite ne devrait pas empêcher les justiciables de se prévaloir d’une voie de recours disponible (voir, mutatis mutandis, Société Anonyme Sotiris et Nikos Koutras Attee c. Grèce, no 39442/98, § 20, CEDH 2000-XII).
22. D’autre part, il ressort de la jurisprudence de la Cour que le « droit à un tribunal », dont le droit d’accès constitue un aspect particulier, n’est pas absolu et se prête à des limitations implicitement admises, notamment quant aux conditions de recevabilité d’un recours, car il appelle de par sa nature même une réglementation par l’Etat, lequel jouit à cet égard d’une certaine marge d’appréciation. Toutefois, ces limitations ne sauraient restreindre l’accès ouvert à un justiciable de manière ou à un point tels que son droit à un tribunal s’en trouve atteint dans sa substance même ; enfin, elles ne se concilient avec l’article 6 § 1 que si elles tendent à un but légitime et s’il existe un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé (voir Rodríguez Valín c. Espagne, no 47792/99, § 22, 11 octobre 2001).
23. La Cour estime qu’imposer l’annulation de l’instance ipso jure est une conséquence particulièrement grave au regard, notamment, du but de cette règlementation, qui ne concerne pas les droits procéduraux de la partie adverse, mais le bon traitement des affaires par le greffe de la Cour des comptes. La réglementation en cause constitue une sorte de présomption irréfragable prescrivant que l’absence du récépissé dans le dossier équivaut au désistement de l’affaire de la part de l’intéressé. Ainsi, elle ne permet pas à l’intéressé de présenter lors de l’audience les raisons qui l’auraient éventuellement empêché de verser au dossier le récépissé dans le délai prescrit.
24. Certes, le Gouvernement suggère que les requérants auraient pu demander, suite au classement de l’affaire, le rétablissement des choses en l’état. Néanmoins, la Cour rappelle que le grief des requérants ne concerne que les conséquences, prétendument sévères, de la non-inclusion du récépissé de notification du pourvoi dans le cadre de la procédure en cause. En d’autres termes, la question qui se pose en l’espèce est celle de l’atteinte au droit d’accès à un tribunal. Cette question se pose même dans le cas où, comme en l’espèce, les requérants n’avaient pas d’excuse valable pour avoir omis d’inclure le récépissé en cause. Or, la possibilité de rouvrir la procédure, au moyen d’un nouveau recours, implique que le justiciable fasse état d’un événement l’ayant empêché d’inclure dans le temps imparti le récépissé de notification dans le dossier de l’affaire. Au demeurant, la Cour note que le Gouvernement ne fournit aucun élément supplémentaire ni sur l’interprétation de la « force majeure » par les juridictions internes, ni sur les modalités d’exercice dudit recours et les conséquences découlant de son éventuelle admission.
25. En outre, la Cour note que la présente affaire se distingue de l’affaire Siderakis et autres (décision précitée), invoquée par le Gouvernement. En effet, dans cette dernière les requérants avaient omis d’informer le greffe de la Cour de cassation que leur mémoire ampliatif avait bien été notifié à la partie adverse. Néanmoins, ladite omission avait entraîné uniquement l’irrecevabilité des moyens de cassation invoqués dans le mémoire ampliatif et non pas l’annulation ipso jure de l’instance, ce qui était le cas en l’occurrence. Partant, les conséquences de l’application de la règle en cause étaient beaucoup plus graves dans le cas d’espèce que dans l’affaire Siderakis et autres.
26. La Cour considère que l’annulation de l’instance ipso jure et le classement de l’affaire aux archives ont constitué une application de la règle procédurale en cause, qui s’est avérée disproportionnée au regard du but légitime poursuivi. Elle a ainsi porté atteinte au droit d’accès à un tribunal.
27. Par conséquent, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
28. Invoquant l’article 1 du Protocole no 1 le requérant se plaint d’une atteinte à son droit au respect de ses biens.
29. La Cour observe que l’objet de la procédure en cause portait sur une demande de réajustement de pension. Or, le requérant, ne se trouvant que dans la position de simple demandeur, ne peut pas prétendre avoir un « bien » (créance certaine, liquide et exigible), ni même une « espérance légitime » de voir sa pension réajustée (Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX).
30. Il s’ensuit que cette partie de la requête doit être déclarée irrecevable en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
31. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
32. Le requérant réclame la somme globale de 71 105,27 euros (EUR) pour le dommage matériel, qui correspondrait à la perte antérieure (21 905,27 EUR) et celle à venir (49 200 EUR) de sa pension de retraite, ainsi que la somme « symbolique » de 2 000 EUR pour le dommage moral.
33. En ce qui concerne le dommage matériel, le Gouvernement prétend qu’il n’existe pas de lien de causalité entre cette prétention et la violation alléguée. Quant au préjudice moral, le constat de violation constituerait une satisfaction équitable suffisante.
34. La Cour ne saurait spéculer sur le résultat auquel la Cour des comptes aurait abouti si elle avait jugé l’affaire du requérant au fond. Toutefois, elle n’estime pas déraisonnable de penser que le requérant a subi une perte de chances réelle et un préjudice moral certain. Elle alloue donc au requérant une indemnité de 10 000 EUR pour l’ensemble du dommage dont il a souffert, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt.
B. Frais et dépens
35. Le requérant demande 1 217,50 EUR pour la procédure devant la Cour des comptes et 4 000 EUR pour celle devant la Cour.
36. Le Gouvernement souligne que les prétentions du requérant sont excessives et non accompagnées des justificatifs nécessaires.
37. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, la Cour note que si le requérant apporte des justificatifs de ses frais devant la Cour des comptes, il n’en fournit aucun pour ses frais et dépens devant la Cour. Statuant en équité, la Cour lui accorde donc 1 217,50 EUR, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, de ce chef.
C. Intérêts moratoires
38. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour le dommage moral;
ii. 1 217,50 EUR (mille deux cent dix-sept euros et cinquante cents), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour les frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 16 juillet 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Søren Nielsen Nina Vajić
Greffier Présidente

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