Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1; danno materiale – richiesta respinta; Danno morale – risarcimento
PRIMA SEZIONE
CAUSA CHRISTODOULOU C. GRECIA
( Richiesta no 514/07)
SENTENZA
STRASBURGO
16 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Christodoulou c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajiæ, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 514/07) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 dicembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da E. G., avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato presso dalle delegate del suo agente, le Sig.re O. Patsopoulou, assessore del Consulente legale di stato e Z. Hadjipavlou, ascoltatrice presso il Consulente legale di stato.
3. Il richiedente si lamenta, sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, di una violazione del suo diritto di accesso ad un tribunale.
4. Il 3 marzo 2008, la presidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1938 e risiede ad Atene.
6. Il 14 marzo 2001, il richiedente investì la Contabilità generale dello stato di una richiesta che mirava ad ottenere l’adeguamento dell’importo della sua pensione. Il 19 luglio 2001, la sua richiesta fu respinta, atto no 38449/2001.
7. Il 21 gennaio 2002, il richiedente interpose appello dinnanzi alla Corte dei conti. Il 23 gennaio 2002, il richiedente notificò l’esposto del suo appello alla parte avversa, lo stato greco. Secondo l’articolo 51 del decreto presidenziale no 774/1980 allora in vigore, la ricevuta della notificazione dell’appello alla parte avversa doveva essere depositata alla cancelleria entro sei mesi a partire dall’introduzione dell’appello, sotto pena di annullamento dell’istanza.
8. Il 30 giugno 2003, durante la litispendenza, una legge no 3160/2003 fu adottata, che prescriveva non più l’annullamento dell’istanza ma l’inammissibilità dell’udienza (απαράδεκτο της συζήτησης) nel caso in cui la regola procedurale precitata non veniva rispettata (articolo 58 § 9). Secondo la nuova disposizione, l’interessato manteneva quindi la possibilità di chiedere la determinazione di una nuova data di udienza. Il rapporto introduttivo di suddetta legge rilevava la rigidità eccessiva della regola che contemplava l’annullamento dell’istanza ipso jure. Rilevava in particolare:
“La regola contemplata al paragrafo 9 dell’articolo 58 mira a togliere una sanzione eccessivamente severa ed ingiustificata a riguardo del giudicabile. (…) Il deposito della ricevuta della notificazione del ricorso presso la Corte dei conti è contemplata unicamente in vista della buona organizzazione della sua cancelleria e per contemplare il numero di cause che saranno iscritte al ruolo ed il tempo necessario in vista del loro trattamento. È la notificazione nel termine prescritto dal ricorso alla parte avversa che è cruciale in sé, perché garantisce il diritto di questa di difendere la sua causa. Ecco perché, viene previsto dalla nuova regolamentazione che il deposito fuori dal termine prescritto della ricevuta della notificazione nella pratica provoca unicamente l’inammissibilità dell’udienza della causa (απαράδεκτο της συζήτησης της υπόθεσης). Conviene notare che, visto lo scopo precitato dell’obbligo procedurale in causa, nel caso in cui la causa iene iscritta al ruolo malgrado la mancanza della ricevuta della notificazione della pratica, l’esame della causa non è escluso, se la parte avversa acconsente. È evidente che la determinazione dell’udienza della causa rende nullo lo scopo per cui la regola in causa impone il deposito della ricevuta presso la cancelleria della Corte dei conti.”
9. Il 13 novembre 2003, il richiedente depositò la ricevuta della notificazione alla cancelleria.
10. Il 19 marzo 2004, la terza camera della Corte dei conti dichiarò l’istanza annullata in virtù del decreto no 774/1980. Suddetta giurisdizione considerò che l’articolo 58 § 9 della legge no 3160/2003 non era applicabile nello specifico. Constatò che suddetta disposizione di carattere procedurale trovava applicazione nelle cause pendenti, ma unicamente a riguardo degli atti procedurali che avevano avuto luogo dopo la sua entrata in vigore. Nello specifico, la Corte dei conti considerò che il 21 luglio 2002, data alla quale il termine di sei mesi prescritto dall’articolo 51 del decreto presidenziale no 774/1980 era scaduto, suddetta disposizione e non la legge no 3160/2003 era applicabile nello specifico, sentenza no 621/2004.
11. Il richiedente ricorse in cassazione sollevando che l’interpretazione della regola in causa non era compatibile con le esigenze della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione.
12. Il 28 giugno 2006, la formazione plenaria della Corte dei conti respinse il ricorso come infondato, sentenza no 1605/2006.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
13. L’articolo 51 del decreto presidenziale no 774/1980 disponeva all’epoca dei fatti:
“1. Trattandosi dei ricorsi in appello, dei ricorsi in cassazione e delle istanze di revisione dinnanzi alla Corte dei conti, la ricevuta, di notificazione del ricorso all’interessato (il ministro, la persona giuridica competente o l’individuo) deve essere depositata alla cancelleria della Corte dei conti al più tardi nei sei mesi dopo la registrazione del ricorso.
2. Alla scadenza di suddetto termine, viene considerato che il richiedente ha rinunciato del suo ricorso, l’istanza viene annullata ipso jure e la causa viene archiviata “
14. L’articolo 58 § 9 della legge no 3160/2003 ha sostituito l’articolo 51 § 2 del decreto presidenziale no 774/1980 con la seguente disposizione:
“Il deposito fuori dal termine prescrtto al paragrafo precedente della ricevuta di notificazione provoca l’annullamento dell’udienza (απαράδεκτο της συζήτησης) “
15. Una parte al processo può chiedere il ristabilimento delle cose in stato se non ha potuto osservare un termine a causa di forza maggiore (articolo 152 del codice di procedura civile). Ai termini dell’articolo 154 dello stesso codice, il ristabilimento delle cose in stato viene chiesto al tribunale dinnanzi a cui il processo principale è pendente e, se non c’è litispendenza, al tribunale che è competente per giudicare se l’atto per cui il termine era stato assegnato è stato compiuto nei termini. Suddette disposizioni si applicano per analogia al procedimento dinnanzi alla Corte dei conti (Corte dei conti, assemblea plenaria, sentenza no 895/2005).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
16. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto di accesso ad un tribunale a causa dell’annullamento dell’istanza, al motivo che la ricevuta della notificazione del ricorso in cassazione alla parte avversa era stata versata alla pratica della causa fuori dal termine dei sei mesi prescritti dalla legislazione applicabile all’epoca. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione le cui parti pertinenti si leggono così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
18. Il Governo sostiene che la presente causa è simile alla causa Siderakis ed altri c. Grecia, ((dec.) no 21606/05, 6 settembre 2007). Inoltre, afferma che la regola procedurale in causa si applica a riguardo di tutte le parti al procedimento dinnanzi alla Corte dei conti, ossia l’individuo e lo stato. Inoltre, sottolinea che l’articolo 58 § 9 della legge no 3160/2003 è una disposizione procedurale che non ha effetto retroattivo. Di conseguenza, la Corte dei conti ha giudicato a ragione che se l’omissione del deposito della ricevuta della notificazione dell’atto introduttivo di istanza alla parte avversa ha avuto luogo prima dell’entrata in vigore della legge no 3160/2003, l’annullamento dell’istanza non può essere messo in causa da questa legge, posteriore a questa omissione, perché ciò notificherebbe un’applicazione retroattiva della legge, il che sarebbe inammissibile. Infine, il Governo sostiene che le condizioni di ammissibilità di un ricorso dinnanzi alla Corte dei conti possono essere più severe che dinnanzi ad una giurisdizione inferiore. Infine, nello specifico, il principio di proporzionalità è stato rispettato perché il termine dei sei mesi per il deposito della ricevuta era molto ampio, questa condizione era conosciuta, accessibile e prevedibile e la parte interessata aveva la possibilità di sollecitare il “ristabilimento delle cose in stato” (αίτηση επαναφοράς των πραγμάτων στην προτέρα κατάσταση).
19. Il richiedente sostiene che questa limitazione ha ignorato il suo diritto di accesso ad un tribunale deliberando in prima istanza e che non aveva a sua disposizione nessuna via di ricorso. La Convenzione non tollera l’esistenza di presunzioni irrefragabili. Se il richiedente avesse voluto rinunciare all’istanza dinnanzi alla Corte dei conti, il diritto nazionale ne contempla la possibilità e le modalità da seguire in disposizioni precise. L’organizzazione burocratica della Corte dei conti non soddisfa le esigenze di una buona amministrazione della giustizia che il Governo menziona nelle sue osservazioni e che il preambolo della legge no 3160/2003 cita (paragrafo 8 sopra).
20. La Corte ricorda che non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi e ai tribunali, interpretare la legislazione interna (vedere, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 31, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII) e lei non sostituirà la sua propria valutazione del diritto alla loro in mancanza di arbitrarietà (vedere, tra altre, Tejedor García c. Spagna, 16 dicembre 1997, § 31, Raccolta 1997-VII)I. Ciò è anche vero trattandosi dell’interpretazione da parte dei tribunali di regole di natura procedurale come le forme ed i termini che regolano l’introduzione di un ricorso (vedere Pérez de Rada Cavanilles c. Spagna, 28 ottobre 1998, § 43, Raccolta 1998-VIII).
21. La Corte nota, inoltre, che la regolamentazione relativa alle forme da rispettare per introdurre un ricorso mira certamente a garantire una buona amministrazione della giustizia. Gli interessati devono aspettarsi da ciò che queste regole vengano applicate. Tuttavia, la regolamentazione in questione o l’applicazione che ne viene fatta non dovrebbero impedire ai giudicabili di avvalersi di una via di ricorso disponibile (vedere, mutatis mutandis, Società Anonima Sotiris e Nikos Koutras Attee c. Grecia, no 39442/98, § 20, CEDH 2000-XII.)
22. D’altra parte, risulta dalla giurisprudenza della Corte che il “diritto ad un tribunale” di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché richiama anche per sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione. Tuttavia, queste limitazioni non potrebbero restringere l’accesso aperto ad un giudicabile in modo o ad un punto tale che il suo diritto ad un tribunale si trovi raggiunto nella sua sostanza stessa; infine, si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se tendono ad un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere Rodríguez Valín c. Spagna, no 47792/99, § 22, 11 ottobre 2001).
23. La Corte stima che imporre l’annullamento dell’istanza ipso jure è una conseguenza particolarmente grave allo sguardo, in particolare, dello scopo di questa regolamentazione che non riguarda i diritti procedurali della parte avversa, ma il buon trattamento delle cause da parte della cancelleria della Corte dei conti. La regolamentazione in causa costituisce un tipo di presunzione irrefragabile che prescrive che la mancanza della ricevuta nella pratica equivale alla rinuncia della causa da parte dell’interessato. Così, non permette all’interessato di presentare all’epoca dell’udienza le ragioni che gli avrebbero impedito eventualmente di versare alla pratica la ricevuta nel termine prescritto.
24. Certo, il Governo suggerisce che i richiedenti avrebbero potuto chiedere, in seguito all’archiviazione della causa, il ristabilimento delle cose in stato. Tuttavia, la Corte ricorda che il motivo di appello dei richiedenti riguarda solamente le conseguenze, presumibilmente severe, della non-inclusione della ricevuta di notificazione del ricorso nella cornice del procedimento in causa. In altri termini, la questione che si pone nello specifico è quella dell’attentato al diritto di accesso ad un tribunale. Questa questione si pone anche nel caso in cui, come nello specifico, i richiedenti non avevano alcuna scusa valida per avere omesso di includere la ricevuta in causa. Ora, la possibilità di riaprire il procedimento, per mezzo di un nuovo ricorso, implica che il giudicabile faccia stato di un avvenimento che gli abbia impedito di includere nel tempo assegnato la ricevuta di notificazione nella pratica della causa. Del resto, la Corte nota che il Governo non fornisce nessuno elemento supplementare né sull’interpretazione di “forza maggiore” da parte delle giurisdizioni interne, né sulle modalità di esercizio di suddetto ricorso e le conseguenze derivanti dalla sua eventuale ammissione.
25. Inoltre, la Corte nota che la presente causa si distingue dalla causa Siderakis ed altri (decisione precitata), invocata dal Governo. In questa ultima i richiedenti avevano omesso difatti, di informare la cancelleria della Corte di cassazione che la loro memoria integrativa era stata notificata alla parte avversa. Suddetta omissione aveva provocato tuttavia, unicamente l’inammissibilità dei mezzi di cassazione invocati nell’esposto integrativo e non l’annullamento ipso jure dell’istanza, ciò che era il caso nell’occorrenza. Pertanto, le conseguenze dell’applicazione della regola in causa erano molto più gravi nel caso di specifico che nella causa Siderakis ed altri.
26. La Corte considera che l’annullamento dell’istanza ipso jure e l’archiviazione della causa agli archivi ha costituito un’applicazione della regola procedurale in causa che si è rivelata sproporzionata allo sguardo dello scopo legittimo perseguito. Ha recato così offesa al diritto di accesso ad un tribunale.
27. Di conseguenza, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
28. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
29. La Corte osserva che l’oggetto del procedimento in causa riguardava una richiesta di adeguamento di pensione. Ora, il richiedente, trovandosi solamente nella posizione di semplice richiedente, non può pretendere avere un “bene” (credito certo) liquido ed esigibile, neanche una “speranza legittima” di vedere la suo pensione attualizzata (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX).
30. Ne segue che questa parte della richiesta deve essere dichiarata inammissibile in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
31. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
32. Il richiedente richiede la somma globale di 71 105,27 euro (EUR) per il danno materiale che corrisponderebbe alla perdita anteriore (21 905,27 EUR) e quella nell’ venire (49 200 EUR) della sua pensione, così come la somma “simbolica” di 2 000 EUR per il danno morale.
33. Per ciò che riguarda il danno materiale, il Governo pretende che non esiste legame di causalità tra queste pretese e la violazione addotta. In quanto al danno morale, la constatazione di violazione costituirebbe una soddisfazione equa sufficiente.
34. La Corte non potrebbe speculare sul risultato a cui la Corte dei conti sarebbe arrivata se avesse giudicato la causa del richiedente al merito. Tuttavia, non stima irragionevole pensare che il richiedente abbia subito una perdita di probabilità reale ed un danno morale certo. Assegna al richiedente un’indennità di 10 000 EUR per l’insieme del danno di cui ha sofferto dunque, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta.
B. Oneri e spese
35. Il richiedente chiede 1 217,50 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte dei conti e 4 000 EUR per quella dinnanzi alla Corte.
36. Il Governo sottolinea che le pretese del richiedente sono eccessive e non accompagnate dai giustificativi necessari.
37. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, la Corte nota che se il richiedente porta dei giustificativi dei suoi oneri dinnanzi alla Corte dei conti, non ne fornisce nessuno per i suoi oneri e le sue spese dinnanzi alla Corte. Deliberando in equità, la Corte gli accorda 1 217,50 EUR dunque, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, sotto questo capo.
C. Interessi moratori
38. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 10 000 EUR (diecimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
ii. 1 217,50 EUR (mille due cento diciassette euro e cinquanta centesimi) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b )che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa