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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CHELU c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 35, 06
Numero: 40274/04/2010
Stato: Romania
Data: 2010-01-12 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare unita al merito e respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1
TERZA SEZIONE
CAUSA CHELU C. ROMANIA
( Richiesta no 40274/04)
SENTENZA
STRASBURGO
12 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Chelu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 40274/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. P. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 18 giugno 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è deceduto il 22 novembre 2007, lasciando come erede sua moglie, la Sig.ra E. C. che ha espresso, il 21 marzo 2009, il desiderio di continuare l’istanza dinnanzi alla Corte.
3. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a chiamare il Sig. P. C. “il richiedente”, sebbene occorra assegnare oggi questa qualità a sua moglie (vedere, mutatis mutandis, Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 1, CEDH 1999-VI, e Petrescu c. Romania, no 73969/01, § 2, 15 marzo 2007).
4. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
5. Il 28 settembre 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1938.
7. Abitava ad Alexandria, al no 9 di via Carpaţi, in un immobile in comproprietà.
8. All’origine della controversia si trova un accordo concluso tra i comproprietari del suddetto immobile, ivi compreso il richiedente, da una parte, ed il terzo V.T, anche proprietario di un appartamento nell’immobile con cui l’uso di una lavanderia, bene comune della comproprietà, è stato ceduto a V.T, in compenso dell’impegno preso da questo ultimo di pagare certi oneri di comproprietà.
9. In seguito, un disaccordo è intervenuto tra V.T. ed i comproprietari che gli hanno chiesto di liberare la lavanderia e di rimetterla nello stato anteriore all’occupazione.
10. Congiuntamente agli altri comproprietari, il richiedente introdusse due azioni contro V.T, per espellerlo della lavanderia e condannarlo a rimetterla nello stato anteriore.
11. Con una sentenza definitiva del 1 settembre 1992, pronunciata in seguito ad un ricorso straordinario del procuratore generale, la Corte suprema di giustizia accolse l’azione a riguardo di tutti i richiedenti ed ordinò lo sfratto di V.T.
12. I comproprietari investirono anche il tribunale di prima istanza di Alexandria di un’azione che mirava a condannare V.T. a ricostruire un muro demolito, a riaprire l’accesso alla cantina ed a rifare i rubinetti dell’ acqua del locale che aveva occupato, per rimetterlo nello stato anteriore all’occupazione.
13. Con un giudizio del 10 giugno 1993, il tribunale accolse l’azione come formulata, e condannò V.T. a rimettere la lavanderia nello stato anteriore all’occupazione. Questo giudizio è diventato definitivo il 15 novembre 1995, essendo confermato da una sentenza del tribunale dipartimentale di Olt.
14. Nel 1992, 1996, 1998 e 2001, il richiedente investì un ufficiale giudiziario di giustizia che aprì ad ogni ripresa una pratica di esecuzione forzata, in vista di fare eseguire la sentenza del 1 settembre 1992 ed il giudizio del 10 giugno 1993, come confermato dalla sentenza del 15 novembre 1995.
15. Così, con un verbale del 19 ottobre 1992, l’ufficiale giudiziario di giustizia notificò a V.T. un termine di 30 giorni per eseguire la sentenza del 1 settembre 1992.
16. Con un verbale del 28 settembre 1998, un nuovo termine di 8 giorni fu accordato a V.T. per l’esecuzione della sentenza del 1 settembre 1992, sotto minaccia del collocamento sotto sequestro.
17. Un verbale del 19 ottobre 1998 impose un termine che scadeva il 3 novembre 1998 per l’esecuzione dello stesso giudizio al debitore.
18. Con un altro verbale del 5 aprile 1999, l’ufficiale giudiziario di giustizia intimò al debitore di eseguire il giudizio del 10 giugno 1999.
19. Parecchie delle contestazioni all’ esecuzione formate da V.T. contro i processi verbali degli ufficiali giudiziari furono accolti, coi giudizi del tribunale di prima istanza di Alexandria di 1997 e 1999, al motivo che c’era scadenza dell’esecuzione forzata, in seguito all’inattività prolungata del richiedente.
20. Nel 2001, in seguito ad una nuova richiesta del richiedente, l’ufficiale giudiziario di giustizia aprì una nuova pratica di esecuzione forzata. Con un verbale del 13 aprile 2001 fissò a V.T. un nuovo termine che scadeva il 3 maggio 2001 per eseguire la sentenza del 1 settembre 1992 ed il giudizio del 10 giugno 1993.
21. V.T. formò una contestazione all’ esecuzione contro questo verbale.
22. Con un giudizio del 14 maggio 2001, il tribunale di prima istanza di Alexandria respinse la contestazione all’ esecuzione. Il tribunale notò che “il solo atto al quale è soggetto il creditore è l’introduzione dell’istanza di esecuzione forzata e questo atto deve essere effettivo.” Il tribunale constatò anche che il richiedente era stato diligente nei suoi passi di esecuzione, che era l’ufficiale giudiziario di giustizia che aveva omesso di compiere gli atti di procedimento necessario e che non c’era stata prescrizione del diritto del richiedente a chiedere l’esecuzione forzata.
23. Questo giudizio fu confermato da una sentenza definitiva del 18 ottobre 2001 del tribunale dipartimentale di Teleorman.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
24. L’essenziale della regolamentazione interna pertinente, ossia dei brani del codice di procedura civile nelle sue redazioni anteriori e posteriori alla sua modifica del 2 maggio 2001 e della legge no 188/2000 sugli ufficiali giudiziari di giustizia, in vigore a partire dal 10 novembre 2000, è descritto nelle cause Romanzo e Hogea c. Romania (dec.), no 62959/00, 31 agosto 2004, e Topciov c. Romania (dec.), no 17369/02, 15 giugno 2006.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
25. Il richiedente si lamenta dell’impossibilità di ottenere l’esecuzione della sentenza del 1 settembre 1992 della Corte suprema di giustizia e del giudizio del 10 giugno 1993 del tribunale di prima istanza di Alexandria. Adduce una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione che si legge così nella sua parte pertinente:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Sull’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne
26. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che di fronte all’impossibilità di fare eseguire le decisioni di giustizia controverse, il richiedente avrebbe dovuto investire le giurisdizioni nazionali di una contestazione all’ esecuzione o di un’azione contro l’ufficiale giudiziario di giustizia inadempiente.
27. Il Governo sottolinea anche che i passi di esecuzione forzata del richiedente sono diventati nulli, come ciò è stato constatato dai giudizi del tribunale di prima istanza di Alexandria (vedere sopra § 19).
28. Il richiedente non ha mandato alcuna osservazione su questo punto.
29. La Corte stima che l’eccezione del Governo è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che il richiedente tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così che c’è luogo di unirla al merito (vedere, C.C.M.C. c. Romania, (dec.) no 32922/96, 15 gennaio 1998.
2. Sulla fondatezza del motivo di appello
30. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
31. Il Governo considera che la responsabilità dello stato sul terreno dell’articolo 6 § 1 non potrebbero essere impegnata, in ragione della passività del richiedente e della sua omissione di esaurire le vie di ricorso interne come la contestazione all’ esecuzione o la querela contro l’ufficiale giudiziario di giustizia.
32. Il richiedente non ha mandato alcuna osservazione su questo punto.
33. La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo la quale l’articolo 6 della Convenzione garantisce a ciascuno il diritto di accesso alla giustizia che ha per corollario il diritto all’esecuzione delle decisioni giudiziali definitive (Hornsby c. Grecia, 19 marzo 1997, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II). Questo diritto non può obbligare però un Stato a fare eseguire ogni giudizio di carattere civile qualunque sia e qualunque siano le circostanze; gli appartiene in compenso dotare si di un arsenale giuridico adeguato e sufficiente per garantire il rispetto degli obblighi positivi che gli spettano. La Corte ha unicamente per compito di esaminare se le misure adottate dalle autorità nazionali sono state adeguate e sufficienti (Ruianu c. Romania, no 34647/97, § 66, 17 giugno 2003) perché quando queste sono tenute ad agire in esecuzione di una decisione giudiziale ed omettono di farlo, questa inerzia impegna la responsabilità dello stato sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Scollo c. Italia, 28 settembre 1995, § 44, serie A no 315-C).
34. La Corte ricorda che l’esercizio del potere statale che ha un’influenza su dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione mette in gioco la responsabilità dello stato, a prescindere dalla forma sotto la quale questi poteri vengono esercitati (Wos c. Polonia, (dec.), no 22860/02, CEDH 2005-IV, e Vodopyanovy c. Ucraina, no 22214/02, § 33, 17 Gennaio 2006). Inoltre, la decisione dello stato convenuto di delegare ad una certa entità alcuni dei suoi poteri non potrebbe sottrarlo dalle responsabilità che sarebbero state le sue se avesse scelto di esercitarli lui stesso (vedere, mutatis mutandis, Wos, precitata). Quindi, lo stato, nella sua qualità di depositario della forza pubblica, era chiamato ad avere un comportamento diligente ed ad assistere il richiedente, creditore, nell’esecuzione delle decisioni che gli erano favorevoli, più n particolare tramite gli ufficiali giudiziari di giustizia.
35. La Corte constata che in virtù della sentenza del 1 settembre 1992 della Corte suprema di giustizia e del giudizio del 10 giugno 1993 del tribunale di prima istanza di Alexandria, V.T. è stato condannato a lasciare la lavanderia che occupava senza diritto ed a rimetterla nello stato anteriore. Malgrado questa condanna, V.T. ha negato di eseguire queste decisioni di giustizia definitive. Così come risulta dalla pratica, il richiedente ha iniziato dei passi che si sono rivelati a più riprese inefficaci.
36. Così, la Corte osserva che tra il 1992 e il 2001 il richiedente ha investito a più riprese gli ufficiali giudiziari di giustizia per far eseguire le decisioni che gli erano favorevoli. Nessuno di questi tentativi si è rivelato efficace. Così, la Corte constata che l’essenziale dell’arsenale giuridico messo a disposizione del richiedente per fare eseguire le decisioni che gli erano favorevoli, ossia il sistema degli ufficiali giudiziari di giustizia, si è dimostrato inadeguato ed inefficiente nel corso di parecchi anni.
37. La Corte giudica che sarebbe eccessivo esigere che il richiedente faccia altri passi in vista dell’esecuzione, dal momento che risulta dal giudizio del 14 maggio 2001 del tribunale di prima istanza di Alexandria che il richiedente è stato diligente e che l’ufficiale giudiziario di giustizia aveva omesso di compiere gli atti della procedura necessaria all’esecuzione (paragrafo 22 sopra).
38. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che nello specifico le autorità nazionali non hanno assistito il richiedente in modo effettivo nei suoi passi per ottenere l’esecuzione della sentenza del 1 settembre 1992 e del giudizio del 10 giugno 1993.
39. Pertanto, c’è luogo di respingere l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo e di constatare che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
40. Il richiedente considera che l’inoperosità delle autorità nel fare cessare l’occupazione della lavanderia di cui era comproprietario ha violato il suo diritto al rispetto del suo domicilio, garantito dall’articolo 8 della Convenzione che è formulato come segue nelle sue parti pertinenti:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto del suo domicilio.
2. Non ci può essere ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. “
41. Il Governo eccepisce dell’incompatibilità ratione materiae con la Convenzione del motivo di appello del richiedente, in ragione del fatto che un spazio accessorio, come una lavanderia, non può essere considerato come coperto dalla nozione di “domicilio”, ai sensi della Convenzione.
42. Il richiedente non ha sottomesso alcuna osservazione su questo punto.
43. La Corte ricorda che la nozione di “domicilio” che figura all’articolo 8 della Convenzione è un concetto autonomo che non dipende da una qualifica in diritto interno, ma è definito in funzione delle circostanze dei fatti, in particolare dall’esistenza di legami sufficienti e continui con un determinato luogo (Prokopovitch c. Russia, no 58255/00, § 36, CEDH 2004-XI).
44. La Corte ricorda anche che il domicilio è normalmente il luogo, lo spazio fisicamente determinato dove si è sviluppata la vita privata e familiare. ( Moreno Gómez c. Spagna, no 4143/02, § 53, CEDH 2004-X).
45. La Corte considera che la lavanderia in controversia che non è di proprietà esclusiva del richiedente e che è supposta servire ad un uso occasionale e in cui non abita, non è un “domicilio”, ai sensi della Convenzione.
46. Quindi, la Corte accoglie l’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo e respinge il motivo di appello del richiedente, conformemente all’articolo 35 § 3 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
47. Il richiedente adduce una violazione del suo diritto al rispetto dei beni in ragione dell’inadempienza del suddetto giudizio ed invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1.
48. Avuto riguardo alle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 38-39, la Corte conclude che questo motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile, ma che non c’è luogo di deliberare sul merito (vedere, mutatis mutandis tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I; Chiesa cattolica de La Canée c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII; e Ruianu, precitata, § 75).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
49. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
50. La Corte osserva che il richiedente non ha fatto le sue richieste a titolo della soddisfazione equa.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione preliminare del Governo relativa all’articolo 6 § 1 e concernente il non esaurimento delle vie di ricorso interne e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Exception préliminaire jointe au fond et rejetée (non-épuisement des voies de recours internes) ; Partiellement irrecevable ; Violation de l’art. 6-1
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE CHELU c. ROUMANIE
(Requête no 40274/04)
ARRÊT
STRASBOURG
12 janvier 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Chelu c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 8 décembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 40274/04) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat, M. P. C.(« le requérant »), a saisi la Cour le 18 juin 1999 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est décédé le 22 novembre 2007, laissant comme héritière son épouse, Mme E. C., qui a exprimé, le 21 mars 2009, le souhait de continuer l’instance devant la Cour.
3. Pour des raisons d’ordre pratique, le présent arrêt continuera d’appeler M. P. C. «le requérant», bien qu’il faille aujourd’hui attribuer cette qualité à son épouse (voir, mutatis mutandis, Dalban c. Roumanie [GC], no 28114/95, § 1, CEDH 1999-VI, et Petrescu c. Roumanie, no 73969/01, § 2, 15 mars 2007).
4. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
5. Le 28 septembre 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Le requérant est né en 1938.
7. Il habitait à Alexandria, au no 9 de la rue Carpaţi, dans un immeuble en copropriété.
8. A l’origine du litige se trouve un accord conclu entre les copropriétaires de l’immeuble susmentionné, y compris le requérant, d’une part, et le tiers V.T., également propriétaire d’un appartement dans l’immeuble, par lequel l’usage d’une buanderie, bien commun de la copropriété, a été cédé à V.T., en contrepartie de l’engagement pris par ce dernier de payer certains frais de la copropriété.
9. Par la suite, un désaccord est intervenu entre V.T. et les copropriétaires, qui lui ont demandé de libérer la buanderie et de la remettre en l’état antérieur à l’occupation.
10. Conjointement avec les autres copropriétaires, le requérant introduisit deux actions contre V.T., pour le faire expulser de la buanderie et condamner à la remettre en l’état antérieur.
11. Par un arrêt définitif du 1er septembre 1992, prononcée à la suite d’un recours extraordinaire du procureur général, la Cour suprême de justice accueillit l’action à l’égard de tous les demandeurs et ordonna l’expulsion de V.T.
12. Les copropriétaires saisirent également le tribunal de première instance d’Alexandria d’une action visant à condamner V.T. à reconstruire un mur démoli, à rouvrir l’accès à la cave et à refaire les robinets d’eau de la pièce qu’il avait occupée, afin de la remettre dans l’état antérieur à l’occupation.
13. Par un jugement du 10 juin 1993, le tribunal accueillit l’action telle que formulée, et condamna V.T. à remettre la buanderie dans l’état antérieur à l’occupation. Ce jugement est devenu définitif le 15 novembre 1995, étant confirmé par un arrêt du tribunal départemental d’Olt.
14. En 1992, 1996, 1998 et 2001, le requérant saisit un huissier de justice, qui ouvrit à chaque reprise un dossier d’exécution forcée, en vue de faire exécuter l’arrêt du 1er septembre 1992 et le jugement du 10 juin 1993, tel que confirmé par l’arrêt de 15 novembre 1995.
15. Ainsi, par un procès-verbal du 19 octobre 1992, l’huissier de justice signifia à V.T. un délai de 30 jours pour exécuter l’arrêt du 1er septembre 1992.
16. Par un procès-verbal du 28 septembre 1998, un nouveau délai de 8 jours fut accordé à V.T. pour l’exécution de l’arrêt du 1er septembre 1992, sous menace de mise sous séquestre.
17. Un procès-verbal du 19 octobre 1998 imposa au débiteur un délai échéant le 3 novembre 1998 pour l’exécution du même jugement.
18. Par un autre procès-verbal du 5 avril 1999, l’huissier de justice somma le débiteur d’exécuter le jugement du 10 juin 1999.
19. Plusieurs des contestations à exécution formées par V.T. contre les procès verbaux des huissiers furent accueillies, par des jugements du tribunal de première instance d’Alexandria de 1997 et 1999, au motif qu’il y avait péremption de l’exécution forcée, suite à l’inactivité prolongée du requérant.
20. En 2001, suite à une nouvelle demande du requérant, l’huissier de justice ouvrit un nouveau dossier d’exécution forcée. Par un procès-verbal du 13 avril 2001 il fixa à V.T. un nouveau délai échéant le 3 mai 2001 pour exécuter l’arrêt du 1er septembre 1992 et le jugement du 10 juin 1993.
21. V.T. forma une contestation à exécution contre ce procès-verbal.
22. Par un jugement du 14 mai 2001, le tribunal de première instance d’Alexandria rejeta la contestation à exécution. Le tribunal nota que « le seul acte auquel est obligé le créancier est l’introduction de la demande d’exécution forcée et cet acte doit être effectif ». Le tribunal constata également que le requérant avait été diligent dans ses démarches d’exécution, que c’était l’huissier de justice qui avait omis d’accomplir les actes de procédure nécessaires et qu’il n’y avait pas eu prescription du droit du requérant à demander l’exécution forcée.
23. Ce jugement fut confirmé par un arrêt définitif du 18 octobre 2001 du tribunal départemental de Teleorman.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
24. L’essentiel de la réglementation interne pertinente, à savoir des extraits du code de procédure civile dans ses rédactions antérieures et postérieures à sa modification du 2 mai 2001 et de la loi no 188/2000 sur les huissiers de justice (en vigueur à partir du 10 novembre 2000) est décrit dans les affaires Roman et Hogea c. Roumanie ((déc.), no 62959/00, 31 août 2004) et Topciov c. Roumanie ((déc.), no 17369/02, 15 juin 2006).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
25. Le requérant se plaint de l’impossibilité d’obtenir l’exécution de l’arrêt du 1er septembre 1992 de la Cour suprême de justice et du jugement du 10 juin 1993 du tribunal de première instance d’Alexandria. Il allègue une violation de l’article 6 § 1 de la Convention, qui se lit ainsi dans sa partie pertinente :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
1. Sur l’exception de non-épuisement des voies de recours internes
26. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes, en faisant valoir que face à l’impossibilité de faire exécuter les décisions de justice litigieuses, le requérant aurait du saisir les juridictions nationales d’une contestation à exécution ou d’une action contre l’huissier de justice défaillant.
27. Le Gouvernement souligne également que les démarches d’exécution forcée du requérant sont devenues caduques, tel que cela a été constaté par les jugements du tribunal de première instance d’Alexandria (voir § 19 ci-dessus).
28. Le requérant n’a pas envoyé d’observations sur ce point.
29. La Cour estime que l’exception du Gouvernement est étroitement liée à la substance du grief que le requérant tire de l’article 6 § 1 de la Convention, de sorte qu’il y a lieu de la joindre au fond (voir, C.C.M.C. c. Roumanie (déc.) no 32922/96, 15 janvier 1998).
2. Sur le bien-fondé du grief
30. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
31. Le Gouvernement considère que la responsabilité de l’Etat sur le terrain de l’article 6 § 1 ne saurait être engagée, en raison de la passivité du requérant et de son omission d’épuiser les voies de recours internes tels que la contestation à exécution ou la plainte contre l’huissier de justice.
32. Le requérant n’a pas envoyé d’observations sur ce point.
33. La Cour rappelle sa jurisprudence selon laquelle l’article 6 de la Convention garantit à chacun le droit d’accès à la justice, lequel a pour corollaire le droit à l’exécution des décisions judiciaires définitives (Hornsby c. Grèce, 19 mars 1997, § 40, Recueil des arrêts et décisions 1997-II). Ce droit ne peut cependant obliger un Etat à faire exécuter chaque jugement de caractère civil quel qu’il soit et quelles que soient les circonstances ; il lui appartient en revanche de se doter d’un arsenal juridique adéquat et suffisant pour assurer le respect des obligations positives qui lui incombent. La Cour a uniquement pour tâche d’examiner si les mesures adoptées par les autorités nationales ont été adéquates et suffisantes (Ruianu c. Roumanie, no 34647/97, § 66, 17 juin 2003), car lorsque celles-ci sont tenues d’agir en exécution d’une décision judiciaire et omettent de le faire, cette inertie engage la responsabilité de l’Etat sur le terrain de l’article 6 § 1 de la Convention (Scollo c. Italie, 28 septembre 1995, § 44, série A no 315-C).
34. La Cour rappelle que l’exercice du pouvoir étatique ayant une influence sur des droits et libertés garantis par la Convention met en jeu la responsabilité de l’Etat, indépendamment de la forme sous laquelle ces pouvoirs se trouvent être exercés (Wos c. Pologne (déc.), no 22860/02, CEDH 2005-IV, et Vodopyanovy c. Ukraine, no 22214/02, § 33, 17 Janvier 2006). En outre, la décision de l’Etat défendeur de déléguer à une certaine entité certaines de ses pouvoirs ne saurait le soustraire aux responsabilités qui auraient été les siennes s’il avait choisi de les exercer lui-même (voir, mutatis mutandis, Wos, précité). Dès lors, l’Etat, en sa qualité de dépositaire de la force publique, était appelé à avoir un comportement diligent et à assister le requérant, créancier, dans l’exécution des décisions qui lui étaient favorables, plus particulièrement par l’intermédiaire des huissiers de justice.
35. La Cour constate qu’en vertu de l’arrêt du 1er septembre 1992 de la Cour suprême de justice et du jugement du 10 juin 1993 du tribunal de première instance d’Alexandria, V.T. a été condamné à quitter la buanderie qu’il occupait sans droit et à la remettre en l’état antérieur. Malgré cette condamnation, V.T. a refusé d’exécuter ces décisions de justice définitives. Ainsi qu’il ressort du dossier, le requérant a entamé à plusieurs reprises des démarches qui se sont révélées inefficaces.
36. Ainsi, la Cour observe qu’entre 1992 et 2001 le requérant a saisi à plusieurs reprises les huissiers de justice pour mettre à exécution les décisions qui lui étaient favorables. Aucune de ces tentatives ne s’est révélée efficace. Ainsi, la Cour constate que l’essentiel de l’arsenal juridique mis à la disposition du requérant pour faire exécuter les décisions qui lui étaient favorables, à savoir le système des huissiers de justice, c’est montré inadéquat et inefficient tout au long de plusieurs années.
37. La Cour juge qu’il serait excessif d’exiger que le requérant fasse d’autres démarches en vue de l’exécution, dès lors qu’il ressort du jugement du 14 mai 2001 du tribunal de première instance d’Alexandria que le requérant a été diligent et que l’huissier de justice avait omis d’accomplir les actes de procédure nécessaires à l’exécution (paragraphe 22 ci-dessus).
38. Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure qu’en l’espèce les autorités nationales n’ont pas assisté le requérant de manière effective dans ses démarches pour obtenir l’exécution de l’arrêt du 1er septembre 1992 et du jugement du 10 juin 1993.
39. Partant, il y a lieu de rejeter l’exception de non-épuisement des voies de recours internes soulevée par le Gouvernement et de constater qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
40. Le requérant considère que l’inaction des autorités pour faire cesser l’occupation de la buanderie dont il était copropriétaire a violé son droit au respect de son domicile, garanti par l’article 8 de la Convention, qui est libellé comme suit dans ses parties pertinentes :
« 1. Toute personne a droit au respect (…) de son domicile (…).
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire (…) à la protection des droits et libertés d’autrui. »
41. Le Gouvernement excipe de l’incompatibilité ratione materiae avec la Convention du grief du requérant, en raison du fait qu’un espace accessoire, tel qu’une buanderie, ne peut pas être considéré comme couvert par la notion de « domicile », au sens de la Convention.
42. Le requérant n’a pas soumis d’observations sur ce point.
43. La Cour rappelle que la notion de « domicile » figurant à l’article 8 de la Convention est un concept autonome, qui ne dépend pas d’une qualification en droit interne, mais est défini en fonction des circonstances factuelles, notamment par l’existence de liens suffisants et continus avec un lieu déterminé (Prokopovitch c. Russie, no 58255/00, § 36, CEDH 2004-XI).
44. La Cour rappelle également que le domicile est normalement le lieu, l’espace physiquement déterminé où se développe la vie privée et familiale. (Moreno Gómez c. Espagne, no 4143/02, § 53, CEDH 2004-X).
45. La Cour considère que la buanderie en litige, qui n’est pas la propriété exclusive du requérant, qui est censée servir à un usage occasionnel et où il n’habite pas, n’est pas un « domicile », au sens de la Convention.
46. Dès lors, la Cour accueille l’exception d’incompatibilité ratione materiae soulevée par le Gouvernement et rejette le grief du requérant, conformément à l’article 35 § 3 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
47. Le requérant allègue une violation de son droit au respect des biens en raison de l’inexécution du jugement susmentionné et invoque l’article 1 du Protocole no 1.
48. Eu égard à ses conclusions figurant aux paragraphes 38-39 ci-dessus, la Cour conclut que ce grief doit être déclaré recevable, mais qu’il n’y a pas lieu de statuer sur le fond (voir, mutatis mutandis entre autres, Laino c. Italie [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I ; Eglise catholique de La Canée c. Grèce, 16 décembre 1997, § 50, Recueil des arrêts et décisions 1997-VIII ; et Ruianu, précité, § 75).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
49. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
50. La Cour observe que le requérant n’a pas présenté ses demandes au titre de la satisfaction équitable.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond l’exception préliminaire du Gouvernement relative à l’article 6 § 1 et concernant le non épuisement des voies de recours internes et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés de l’article 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 à la Convention et irrecevable pour le surplus ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
4. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 12 janvier 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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