Conclusione Eccezione preliminare unita al merito e respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1
TERZA SEZIONE
CAUSA CHELU C. ROMANIA
( Richiesta no 40274/04)
SENTENZA
STRASBURGO
12 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Chelu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 40274/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. P. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 18 giugno 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è deceduto il 22 novembre 2007, lasciando come erede sua moglie, la Sig.ra E. C. che ha espresso, il 21 marzo 2009, il desiderio di continuare l’istanza dinnanzi alla Corte.
3. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a chiamare il Sig. P. C. “il richiedente”, sebbene occorra assegnare oggi questa qualità a sua moglie (vedere, mutatis mutandis, Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 1, CEDH 1999-VI, e Petrescu c. Romania, no 73969/01, § 2, 15 marzo 2007).
4. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
5. Il 28 settembre 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1938.
7. Abitava ad Alexandria, al no 9 di via Carpaţi, in un immobile in comproprietà.
8. All’origine della controversia si trova un accordo concluso tra i comproprietari del suddetto immobile, ivi compreso il richiedente, da una parte, ed il terzo V.T, anche proprietario di un appartamento nell’immobile con cui l’uso di una lavanderia, bene comune della comproprietà, è stato ceduto a V.T, in compenso dell’impegno preso da questo ultimo di pagare certi oneri di comproprietà.
9. In seguito, un disaccordo è intervenuto tra V.T. ed i comproprietari che gli hanno chiesto di liberare la lavanderia e di rimetterla nello stato anteriore all’occupazione.
10. Congiuntamente agli altri comproprietari, il richiedente introdusse due azioni contro V.T, per espellerlo della lavanderia e condannarlo a rimetterla nello stato anteriore.
11. Con una sentenza definitiva del 1 settembre 1992, pronunciata in seguito ad un ricorso straordinario del procuratore generale, la Corte suprema di giustizia accolse l’azione a riguardo di tutti i richiedenti ed ordinò lo sfratto di V.T.
12. I comproprietari investirono anche il tribunale di prima istanza di Alexandria di un’azione che mirava a condannare V.T. a ricostruire un muro demolito, a riaprire l’accesso alla cantina ed a rifare i rubinetti dell’ acqua del locale che aveva occupato, per rimetterlo nello stato anteriore all’occupazione.
13. Con un giudizio del 10 giugno 1993, il tribunale accolse l’azione come formulata, e condannò V.T. a rimettere la lavanderia nello stato anteriore all’occupazione. Questo giudizio è diventato definitivo il 15 novembre 1995, essendo confermato da una sentenza del tribunale dipartimentale di Olt.
14. Nel 1992, 1996, 1998 e 2001, il richiedente investì un ufficiale giudiziario di giustizia che aprì ad ogni ripresa una pratica di esecuzione forzata, in vista di fare eseguire la sentenza del 1 settembre 1992 ed il giudizio del 10 giugno 1993, come confermato dalla sentenza del 15 novembre 1995.
15. Così, con un verbale del 19 ottobre 1992, l’ufficiale giudiziario di giustizia notificò a V.T. un termine di 30 giorni per eseguire la sentenza del 1 settembre 1992.
16. Con un verbale del 28 settembre 1998, un nuovo termine di 8 giorni fu accordato a V.T. per l’esecuzione della sentenza del 1 settembre 1992, sotto minaccia del collocamento sotto sequestro.
17. Un verbale del 19 ottobre 1998 impose un termine che scadeva il 3 novembre 1998 per l’esecuzione dello stesso giudizio al debitore.
18. Con un altro verbale del 5 aprile 1999, l’ufficiale giudiziario di giustizia intimò al debitore di eseguire il giudizio del 10 giugno 1999.
19. Parecchie delle contestazioni all’ esecuzione formate da V.T. contro i processi verbali degli ufficiali giudiziari furono accolti, coi giudizi del tribunale di prima istanza di Alexandria di 1997 e 1999, al motivo che c’era scadenza dell’esecuzione forzata, in seguito all’inattività prolungata del richiedente.
20. Nel 2001, in seguito ad una nuova richiesta del richiedente, l’ufficiale giudiziario di giustizia aprì una nuova pratica di esecuzione forzata. Con un verbale del 13 aprile 2001 fissò a V.T. un nuovo termine che scadeva il 3 maggio 2001 per eseguire la sentenza del 1 settembre 1992 ed il giudizio del 10 giugno 1993.
21. V.T. formò una contestazione all’ esecuzione contro questo verbale.
22. Con un giudizio del 14 maggio 2001, il tribunale di prima istanza di Alexandria respinse la contestazione all’ esecuzione. Il tribunale notò che “il solo atto al quale è soggetto il creditore è l’introduzione dell’istanza di esecuzione forzata e questo atto deve essere effettivo.” Il tribunale constatò anche che il richiedente era stato diligente nei suoi passi di esecuzione, che era l’ufficiale giudiziario di giustizia che aveva omesso di compiere gli atti di procedimento necessario e che non c’era stata prescrizione del diritto del richiedente a chiedere l’esecuzione forzata.
23. Questo giudizio fu confermato da una sentenza definitiva del 18 ottobre 2001 del tribunale dipartimentale di Teleorman.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
24. L’essenziale della regolamentazione interna pertinente, ossia dei brani del codice di procedura civile nelle sue redazioni anteriori e posteriori alla sua modifica del 2 maggio 2001 e della legge no 188/2000 sugli ufficiali giudiziari di giustizia, in vigore a partire dal 10 novembre 2000, è descritto nelle cause Romanzo e Hogea c. Romania (dec.), no 62959/00, 31 agosto 2004, e Topciov c. Romania (dec.), no 17369/02, 15 giugno 2006.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
25. Il richiedente si lamenta dell’impossibilità di ottenere l’esecuzione della sentenza del 1 settembre 1992 della Corte suprema di giustizia e del giudizio del 10 giugno 1993 del tribunale di prima istanza di Alexandria. Adduce una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione che si legge così nella sua parte pertinente:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Sull’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne
26. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che di fronte all’impossibilità di fare eseguire le decisioni di giustizia controverse, il richiedente avrebbe dovuto investire le giurisdizioni nazionali di una contestazione all’ esecuzione o di un’azione contro l’ufficiale giudiziario di giustizia inadempiente.
27. Il Governo sottolinea anche che i passi di esecuzione forzata del richiedente sono diventati nulli, come ciò è stato constatato dai giudizi del tribunale di prima istanza di Alexandria (vedere sopra § 19).
28. Il richiedente non ha mandato alcuna osservazione su questo punto.
29. La Corte stima che l’eccezione del Governo è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che il richiedente tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così che c’è luogo di unirla al merito (vedere, C.C.M.C. c. Romania, (dec.) no 32922/96, 15 gennaio 1998.
2. Sulla fondatezza del motivo di appello
30. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
31. Il Governo considera che la responsabilità dello stato sul terreno dell’articolo 6 § 1 non potrebbero essere impegnata, in ragione della passività del richiedente e della sua omissione di esaurire le vie di ricorso interne come la contestazione all’ esecuzione o la querela contro l’ufficiale giudiziario di giustizia.
32. Il richiedente non ha mandato alcuna osservazione su questo punto.
33. La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo la quale l’articolo 6 della Convenzione garantisce a ciascuno il diritto di accesso alla giustizia che ha per corollario il diritto all’esecuzione delle decisioni giudiziali definitive (Hornsby c. Grecia, 19 marzo 1997, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II). Questo diritto non può obbligare però un Stato a fare eseguire ogni giudizio di carattere civile qualunque sia e qualunque siano le circostanze; gli appartiene in compenso dotare si di un arsenale giuridico adeguato e sufficiente per garantire il rispetto degli obblighi positivi che gli spettano. La Corte ha unicamente per compito di esaminare se le misure adottate dalle autorità nazionali sono state adeguate e sufficienti (Ruianu c. Romania, no 34647/97, § 66, 17 giugno 2003) perché quando queste sono tenute ad agire in esecuzione di una decisione giudiziale ed omettono di farlo, questa inerzia impegna la responsabilità dello stato sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Scollo c. Italia, 28 settembre 1995, § 44, serie A no 315-C).
34. La Corte ricorda che l’esercizio del potere statale che ha un’influenza su dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione mette in gioco la responsabilità dello stato, a prescindere dalla forma sotto la quale questi poteri vengono esercitati (Wos c. Polonia, (dec.), no 22860/02, CEDH 2005-IV, e Vodopyanovy c. Ucraina, no 22214/02, § 33, 17 Gennaio 2006). Inoltre, la decisione dello stato convenuto di delegare ad una certa entità alcuni dei suoi poteri non potrebbe sottrarlo dalle responsabilità che sarebbero state le sue se avesse scelto di esercitarli lui stesso (vedere, mutatis mutandis, Wos, precitata). Quindi, lo stato, nella sua qualità di depositario della forza pubblica, era chiamato ad avere un comportamento diligente ed ad assistere il richiedente, creditore, nell’esecuzione delle decisioni che gli erano favorevoli, più n particolare tramite gli ufficiali giudiziari di giustizia.
35. La Corte constata che in virtù della sentenza del 1 settembre 1992 della Corte suprema di giustizia e del giudizio del 10 giugno 1993 del tribunale di prima istanza di Alexandria, V.T. è stato condannato a lasciare la lavanderia che occupava senza diritto ed a rimetterla nello stato anteriore. Malgrado questa condanna, V.T. ha negato di eseguire queste decisioni di giustizia definitive. Così come risulta dalla pratica, il richiedente ha iniziato dei passi che si sono rivelati a più riprese inefficaci.
36. Così, la Corte osserva che tra il 1992 e il 2001 il richiedente ha investito a più riprese gli ufficiali giudiziari di giustizia per far eseguire le decisioni che gli erano favorevoli. Nessuno di questi tentativi si è rivelato efficace. Così, la Corte constata che l’essenziale dell’arsenale giuridico messo a disposizione del richiedente per fare eseguire le decisioni che gli erano favorevoli, ossia il sistema degli ufficiali giudiziari di giustizia, si è dimostrato inadeguato ed inefficiente nel corso di parecchi anni.
37. La Corte giudica che sarebbe eccessivo esigere che il richiedente faccia altri passi in vista dell’esecuzione, dal momento che risulta dal giudizio del 14 maggio 2001 del tribunale di prima istanza di Alexandria che il richiedente è stato diligente e che l’ufficiale giudiziario di giustizia aveva omesso di compiere gli atti della procedura necessaria all’esecuzione (paragrafo 22 sopra).
38. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che nello specifico le autorità nazionali non hanno assistito il richiedente in modo effettivo nei suoi passi per ottenere l’esecuzione della sentenza del 1 settembre 1992 e del giudizio del 10 giugno 1993.
39. Pertanto, c’è luogo di respingere l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo e di constatare che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
40. Il richiedente considera che l’inoperosità delle autorità nel fare cessare l’occupazione della lavanderia di cui era comproprietario ha violato il suo diritto al rispetto del suo domicilio, garantito dall’articolo 8 della Convenzione che è formulato come segue nelle sue parti pertinenti:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto del suo domicilio.
2. Non ci può essere ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. “
41. Il Governo eccepisce dell’incompatibilità ratione materiae con la Convenzione del motivo di appello del richiedente, in ragione del fatto che un spazio accessorio, come una lavanderia, non può essere considerato come coperto dalla nozione di “domicilio”, ai sensi della Convenzione.
42. Il richiedente non ha sottomesso alcuna osservazione su questo punto.
43. La Corte ricorda che la nozione di “domicilio” che figura all’articolo 8 della Convenzione è un concetto autonomo che non dipende da una qualifica in diritto interno, ma è definito in funzione delle circostanze dei fatti, in particolare dall’esistenza di legami sufficienti e continui con un determinato luogo (Prokopovitch c. Russia, no 58255/00, § 36, CEDH 2004-XI).
44. La Corte ricorda anche che il domicilio è normalmente il luogo, lo spazio fisicamente determinato dove si è sviluppata la vita privata e familiare. ( Moreno Gómez c. Spagna, no 4143/02, § 53, CEDH 2004-X).
45. La Corte considera che la lavanderia in controversia che non è di proprietà esclusiva del richiedente e che è supposta servire ad un uso occasionale e in cui non abita, non è un “domicilio”, ai sensi della Convenzione.
46. Quindi, la Corte accoglie l’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo e respinge il motivo di appello del richiedente, conformemente all’articolo 35 § 3 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
47. Il richiedente adduce una violazione del suo diritto al rispetto dei beni in ragione dell’inadempienza del suddetto giudizio ed invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1.
48. Avuto riguardo alle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 38-39, la Corte conclude che questo motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile, ma che non c’è luogo di deliberare sul merito (vedere, mutatis mutandis tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I; Chiesa cattolica de La Canée c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII; e Ruianu, precitata, § 75).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
49. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
50. La Corte osserva che il richiedente non ha fatto le sue richieste a titolo della soddisfazione equa.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione preliminare del Governo relativa all’articolo 6 § 1 e concernente il non esaurimento delle vie di ricorso interne e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente