Conclusione Non-violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA CHAGNON E FOURNIER C. FRANCIA
( Richieste numeri 44174/06 e 44190/06)
SENTENZA
STRASBURGO
15 luglio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Chagnon e Fournier c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 giugno 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste (numeri 44174/06 e 44190/06) dirette contro la Repubblica francese e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. J.-M. C. e N. F. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 27 ottobre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da R. H. e H. M., avvocati a Strasburgo. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Stimavano che il carattere illegale della misura di abbattimento preventivo del loro gregge di ovini, così come la mancanza di indennizzo integrale del danno causato da questa misura, avevano portato gravemente attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni.
4. Il 25 novembre 2008, il presidente della quinta sezione ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I SIGG. C. e F., nati rispettivamente nel 1953 e nel 1966, residenti a Rezay ed a Nérondes.
6. In seguito all’epidemia di febbre aftosa che fu dichiarata in Gran Bretagna nel febbraio 2001, le autorità francesi presero differenti misure per proteggere le filiere bovine, ovine, caprine e suine sul territorio nazionale, in particolare nel dipartimento del Cher.
7. Il 27 e il 28 febbraio 2001, due istruzioni ministeriali provenienti dal ministero dell’agricoltura e della pesca-che prevedevano un’ordinanza “in corso di firma”-furono indirizzate ai prefetti ed a tutti i servizi veterinari dipartimentali. Indicavano l’emergenza di procedere non solo all’eutanasia ed alla distruzione degli animali della specie sensibili alla febbre aftosa originaria del Regno Unito ed che erano stati spediti del Regno Unito verso la Francia a partire dal 1 febbraio 2001, con o senza transito tramite un altro Stato membro, ed in particolare i Paesi Bassi, ma anche di tutti gli animali della specie sensibili alla febbre aftosa o che sono stati sono in contatto con questi animali. Peraltro, annunciavano l’adozione di un’ordinanza ministeriale che contemplava un indennizzo forfetario dei proprietari degli animali abbattuti e distrutti.
8. Il 1 marzo 2001, il prefetto di Cher prese un’ordinanza per porre l’attività dei richiedenti sotto la sorveglianza dei servizi veterinari a causa di sospetto di febbre aftosa.
9. In applicazione delle istruzioni ministeriali, il 2 e il 3 marzo 2001, il prefetto ordinò l’abbattimento dell’insieme del bestiame ovino del Sig. C., o 583 animali, e 518 ovini provenienti dall’attività del Sig. F., nella cornice del piano di lotta contro la febbre aftosa.
10. Nessun prelevamento fu effettuato sui cadaveri dell’ultimo gruppo di ovini abbattuti.
11. Su requisizione prefettizia in data 5 marzo 2001, e conformemente ad un’ordinanza interministeriale del 18 marzo 1993, due periti agricoli e fondiari procedettero alla stima finanziaria degli ovina abbattuti, così come alla valutazione delle perdite di sfruttamento generato dalla misura di abbattimento.
12. Il 7 marzo 2001, un’ordinanza interministeriale fu presa per ordinare l’eutanasia e la distruzione di tutti gli animali della specie bovina, ovina e caprina originarie del Regno Unito e introdotte in Francia dopo il 31 gennaio 2001. L’articolo 8 dell’ordinanza fissava le modalità di indennizzo dei proprietari degli animali abbattuti e contemplava, concernente gli animali della specie ovina, un indennizzo plafonato a 76,22 euro (EUR) per ovino.
13. Il 12 marzo 2001, il prefetto ordinò l’abbattimento del resto degli ovini dell’attività del Sig. F., o 140 animali.
14. In un rapporto rimesso ai richiedenti lo stesso giorno, le perdite generate dalla misura di abbattimento del bestiame ovino furono stimate dai periti a 84 093,93 EUR a riguardo del Sig. C. e 111 657,47 EUR per il Sig. F..
15. Il 17 marzo 2001, i prelevamenti effettuati sugli animali abbattuti non fecero apparire nessuna infezione col virus della febbre aftosa.
16. Il 10 e l’11 aprile 2001, i Sigg. C. e F. percepirono rispettivamente la somma di 44 438,89 EUR e 50 155,72 EUR, in applicazione dell’ordinanza del 7 marzo 2001.
17. Con corrispondenza in data 11 maggio 2001, la camera dell’ agricoltura di Cher, dopo avere constatato che le indennità versate non corrispondevano al danno reale subito, chiese al prefetto di procedere ad una perizia complementare e di indennizzare gli allevatori della totalità delle perdite dirette (valori degli animali) ed indirette, perdite di sfruttamento, subite.
18. Il 30 luglio 2001, i richiedenti investirono il prefetto di un’istanza per risarcimento complementare che fu respinta il 28 settembre 2001.
19. Il 26 settembre 2001, un’ordinanza interministeriale che modificava l’ordinanza del 7 marzo 2001 fissò, per i casi particolari giustificati dal valore zootecnico, l’importo dell’indennizzo a 121,96 EUR per animale abbattuto.
20. L’ 11 ottobre 2001, il prefetto informò i richiedenti che le nuove condizioni previste dall’ordinanza del 26 settembre 2001 andavano a modificare il loro indennizzo.
21. Il 22 ottobre 2001,i Sigg. C. e F. investirono il tribunale amministrativo di Orléans di un’istanza tesa a contestare la legalità della misura di abbattimento ed a condannare lo stato a versare loro rispettivamente la somma di 63 625 e 76 646 EUR per risarcimento del danno che aveva causato loro l’abbattimento del loro gregge.
22. In corso d’ istanza, il 23 novembre 2001, lo stato versò ai richiedenti un’indennità complementare di 26 663,33 EUR per il Sig. C. e di 30 093,44 EUR per il Sig. F., in applicazione dell’ordinanza del 26 settembre 2001.
23. Con due giudizi dell’ 8 gennaio 2004, il tribunale amministrativo considerò che la misura di abbattimento del 2 marzo 2001 era priva di base legale e che impegnava la responsabilità dello stato. Stimò in particolare che se le istruzioni ministeriali del 27 e del 28 febbraio 2001 prevedevano un’ordinanza interministeriale “in corso di firma”, questo ultimo non poteva dare in modo retroattivo un fondamento legale alle misure prese anteriori la sua entrata in vigore che le altre disposizioni previste dalle istruzioni ministeriali controverse non erano suscettibili di giustificare un abbattimento di animali la cui infezione non era dimostrata e che, le istruzioni ministeriali non potevano fondare di conseguenza, legalmente l’abbattimento preventivo di animali. Trattandosi del danno subito dai richiedenti, il tribunale condannò lo stato a versare un’indennità di 24 259,63 EUR al Sig. C. e 27 731,37 EUR al Sig. F.. Il tribunale giudicò peraltro che, dal momento che l’abbattimento non era stato realizzato sulla base dell’ordinanza interministeriale del 7 marzo 2001 modificata, le disposizioni finanziarie di questo, limitando l’importo dell’indennizzo a 122 EUR per animale, non erano applicabili.
24. Il 17 marzo 2004, il ministro dell’agricoltura, dell’alimentazione, della pesca e delle cause rurali interpose appello al giudizio.
25. Con due sentenze del 1 marzo 2005, la corte amministrativa di appello di Nantes annullò i giudizi dell’ 8 gennaio 2004. La sentenza era motivata come segue:
“Considerando, tuttavia, che risulta dall’istruzione che la febbre aftosa è una malattia altamente contagiosa che tocca tutti le specie di ruminanti, in particolare gli ovini, e i suini e si trasmette tramite contatto tra animali, col vento, coi prodotti di origine animale o coi vettori inanimati; che il virus è estremamente resistente e la diffusione della malattia è conosciuta come folgorante; che, del resto, nel mese che in seguito all’apparizione dell’epidemia di febbre aftosa in Gran Bretagna, più di 750 focolari sono stati scoperti in questo paese; che tenuto conto dell’introduzione in Francia, tra il 1 ed il 21 febbraio 2001, data di chiusura delle frontiere col Regno Unito, di più di 22 000 ovini di origine britannica e della presenza di 30 000 animali di specie sensibili che sono stata in contatto con questi ovino in 75 allevamenti francesi, i poteri pubblici avevano l’obbligo di prendere ogni misura utile ad evitare lo scoppio, sul territorio nazionale, di un epizootia che avrebbe avuto delle ripercussioni economiche catastrofiche per gli allevatori; che tenuto conto della difficoltà nello scoprire i sintomi della malattia presso gli ovini che possono presentare dei sintomi molto discreti, addirittura nessun sintomo, l’amministrazione non poteva limitarsi, contrariamente a ciò che sostiene il Sig. C., a mettere in opera una semplice sorveglianza degli animali nella cornice di misure previste dal decreto del 27 dicembre 1991, in caso di apparizione dei sintomi di febbre aftosa; che la vaccinazione non poteva avere inoltre, già effetto per gli animali contaminati; siccome gli anticorpi nel sangue degli animali infetti appaiono solamente tra i dieci e i quindici giorni, che gli abbattimenti degli ovini che sono stati importati dal Regno Unito o di quelli che sono stati in contatto con questi animali, dovevano essere effettuati, in modo preventivo, senza aspettare il risultato dei prelevamenti effettuati per verificare l’esistenza dell’infezione; che risulta da ciò che precede, che l’efficacia delle misure di prevenzione dell’epizootia di febbre aftosa era condizionata dalla rapidità delle misure di salvaguardia prese dai poteri pubblici che hanno permesso di limitare a 50 000 il numero di animali abbattuti in Francia del resto, ed a due, quello dei focolari apparsi, in seguito, sul territorio nazionale, mentre più di 2 000 focolari sono stati censiti nel Regno Unito e 6 milioni di animali abbattuti e sono stati inceneriti; che, in queste circostanze eccezionali, avuto riguardo a questa situazione di emergenza, è legalmente che, per evitare l’apparizione in Francia di focolari di febbre aftosa, la direttrice generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura, agendo per delega del ministro incaricato dell’agricoltura, ha preso sul fondamento dell’articolo L. 221-1 del codice rurale e per un periodo molto limitato, le misure di salvaguardia necessarie senza aspettare la firma dell’ordinanza congiunta interministeriale, prevista da suddette disposizioni del codice rurale che necessitava un termine incompressibile, incompatibile con l’emergenza della risposta da portare all’epidemia sopraggiunta in un paese vicino “
26. Con due decisioni del 26 aprile 2006, il Consiglio di stato dichiarò i ricorsi dei richiedenti non ammessi.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
1. Il codice rurale
Articolo L. 221-1
“Seguendo le modalità previste da un’ordinanza congiunta del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’economia e delle finanze, il ministro incaricato dell’agricoltura può prendere ogni misura destinata a prevenire l’apparizione, a bloccare lo sviluppo ed ad inseguire l’estinzione delle malattie degli animali riconosciute contagiose, in virtù del presente titolare.
Dei decreti in Consiglio di stato definiscono le modalità secondo cui possono essere prese le misure di lotta contro le malattie degli animali non riconosciute contagiose. “
Articolo L. 221-2
Alcune ordinanze congiunte del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’economia e delle finanze fissano le condizioni di indennizzo dei proprietari i cui animali sono stati abbattuti su ordine dell’amministrazione, così come le condizioni della partecipazione finanziaria eventuale dello stato agli altri oneri obbligatoriamente provocati dall’eliminazione degli animali. Ogni violazione alle disposizioni del presente titolo ed agli ordinamenti presi per la loro applicazione può provocare la perdita dell’indennità. La decisione appartiene al ministro incaricato dell’agricoltura, salvo ricorso alla giurisdizione amministrativa.
Il ministro incaricato dell’agricoltura può accordare ai gestori che ne fanno domanda, in vista della diagnosi, della prevenzione e del trattamento delle malattie degli animali, dell’eliminazione degli animali malati, del rifacimento dell’alloggio degli animali e del risanamento dell’ambiente, delle sovvenzioni il cui importo è determinato dalle ordinanze congiunte degli stessi ministri. “
2. Il decreto no 91-1318 del 27 dicembre 1991 relativo alla lotta contro la febbre aftosa
“Capitolo II
Misure in caso di sospetto
Art. 7. -Quando viene segnalata la presenza di un animale sospetto di febbre aftosa, il prefetto prende, dopo parere del direttore dei servizi veterinari e conformemente all’articolo 227 del codice rurale, un’ordinanza del collocamento sotto sorveglianza dell’allevamento che ospita questo animale che provoca l’applicazione delle seguenti misure:
1o Tutti gli animali, di qualsiasi specie siano, sono isolati, sequestrati, visitati ed elencati; possono essere segnati in modo provvisorio;
2 o I prelevamenti necessari alla diagnosi ed alle inchieste epidemiologiche sono effettuati;
3 o L’uscita degli animali, dei loro prodotti o degli alimenti che sono destinati loro sono vietati;
4 o Nessun animale, di qualsiasi specie sia, non può essere introdotto nell’allevamento;
5 o La circolazione delle persone e dei veicoli in provenienza o per l’allevamento è subordinata all’autorizzazione del prefetto in applicazione dell’articolo 236 del codice rurale;
6 o Ogni veicolo autorizzato ad uscire dall’allevamento viene disinfettato; ogni oggetto che non può essere tenuto dentro all’allevamento è disinfettato prima della sua uscita o distrutto.
Art. 8. – Un’ordinanza del ministro dell’agricoltura precisa le modalità tecniche di collocamento in opera delle disposizioni dell’articolo 7. (…) “
“Capitolo III
Misure in caso di conferma
Art. 12-appena l’infezione tramite virus aftoso viene confermata da un laboratorio accreditato, il prefetto prende, dopo parere del direttore dei servizi veterinari, un’ordinanza che porta dichiarazione di infezione in applicazione dell’articolo 228 del codice rurale.
Questa ordinanza delimita un perimetro vietato comprendente, oltre lo sfruttamento che ospita l’animale riconosciuto infetto, una zona di protezione di una larghezza di almeno 3 chilometri ed una zona di sorveglianza di una larghezza di almeno 10 chilometri intorno a suddetto allevamento. La delimitazione di queste zone tiene conto delle barriere naturali, delle facilità di controllo e dei progressi tecnologici che permettono di prevedere la dispersione possibile del virus per via aerea od qualsiasi altra via,: può essere modificata, se necessario, in funzione di elementi nuovi.
Art. 13-A riguardo dell’allevamento che ospita l’animale riconosciuto infetto, la dichiarazione di infezione provoca il collocamento in opera o il mantenimento delle misure menzionate agli articoli 7 e 8 del presente decreto. Lo sfruttamento viene sottoposto inoltre, al più presto, sotto il controllo del direttore dei servizi sanitari, alle seguenti misure:
(…)
Un’ordinanza congiunta del ministro dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’ambiente precisa le modalità tecniche di collocamento in opera delle misure contemplate al presente articolo. “
“Capitolo IV
Disposizioni finanziarie
Art. 20. -(…)
Sarà assegnato ai proprietari di animali abbattuti o di prodotti distrutti su ordine dell’amministrazione un’indennità uguale al valore stimato. Per la stima degli animali, viene fatta astrazione dell’esistenza della febbre aftosa.
(…)
Un’ordinanza congiunta del ministro dell’agricoltura e del ministro incaricato del bilancio determina le modalità di collocamento in opera delle disposizioni del presente articolo. “
3. Istruzione ministeriale del 27 febbraio 2001 (PSA/BA/01144, proveniente dalla Direzione generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura e della pesca (indirizzata ai direttori dei servizi veterinari)
“Riferimenti regolamentari:
Decreto no 91-1318 del 27 dicembre 1991 relativo alla lotta contro la febbre aftosa
Ordinanza del 17 maggio 1994 relativa alle condizioni di polizia sanitaria che regola gli scambi intracomunitari di ovini e di caprini
Sentenza del febbraio 2001 relativa a certe misure di protezione nei confronti della febbre aftosa nel Regno Unito( in corso di firma)
Decisione adottata al comitato veterinario permanente del 27 febbraio 2001 relativa alle misure di protezione contro la febbre aftosa nel Regno Unito e che sostituisce la decisione 2001/145/CE
In seguito all’epidemia di febbre aftosa che imperversa nel Regno Unito dal 16 febbraio 2001 e per proteggere le filiere bovine, ovine, caprine e suine sul territorio nazionale, ho l’onore di farvi parte delle seguenti istruzioni:
Disposizioni relative agli ovini importati dal Regno Unito dopo il 31 gennaio 2001
Tutti gli ovini introdotti in Francia dopo il 31 gennaio 2001 in provenienza dal Regno Unito, o in provenienza da altri Stati membri e per cui non si riesce a determinare con certezza l’origine devono essere sul posto soppresse ed i loro cadaveri distrutti al più presto. (…) “
4. Istruzione ministeriale del 28 febbraio 2001 proveneniente della Direzione generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura e della pesca, indirizzata ai prefetti ed ai direttori dei servizi veterinari,
“In complemento del nota DGAL/PSA/BA/011144 del 27 febbraio 2001, è urgente che procediate non solo all’eutanasia e la distruzione degli animali delle specie sensibili alla febbre aftosa originaria del Regno Unito ed inviate dal Regno Unito verso la Francia a partire dal 1 febbraio 2001, con o senza transito in un altro Stato membro ed in particolare i Paesi Bassi, ma anche di tutti gli animali delle specie sensibili alla febbre aftosa che sono stati o sono in contatto con questi animali. (…) “
5. Ordinanza del 7 marzo 2001, entrata in vigore il 9 marzo 2001, relativa a certe misure di protezione nei confronti della febbre aftosa
“Art. 1. – Gli allevamenti che detengono degli animali della specie ovina, caprina, suina o di altri bi-ungulati originari del Regno Unito ed introdotti in Francia dopo il 31 gennaio 2001 sono poste sotto ordinanza prefettizia del collocamento sotto sorveglianza che prescrive le misure contemplate all’articolo 7 del decreto del 27 dicembre 1991 ed all’articolo 15 dell’ordinanza del 23 novembre 1994 sopracitate.
Ne è parimenti per gli allevamenti che detengono degli animali della specie ovina, caprina, suina o di altri bi-ungulati introdotti in Francia dopo il 31 gennaio 2001, sospetti di provenire dal Regno Unito, ed transitati da un altro Stato membro, a meno che il loro detentore possa stabilire che non sono stati spediti dal Regno Unito dopo il 31 gennaio 2001.
Art. 2. – Tutti gli animali della specie bovina, ovina, caprina, suina o di altri bi-ungulati detenuti negli sfruttamenti citati all’articolo 1 vengono soppressi e distrutti, qualunque sia la loro origine, nelle condizioni contemplate all’articolo 13 del decreto del 27 dicembre 1991 sopracitato ed all’articolo 18 dell’ordinanza del 23 novembre 1994 sopracitata.
(…)
Art. 8. – Lo stato indennizza i proprietari degli animali soppressi e distrutti conformemente alle prescrizioni dell’articolo 2, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato in applicazione delle disposizioni dell’ordinanza del 18 marzo 1993 sopracitata, ed in particolare gli articoli 4 e 5. Per ciò che riguarda gli animali della specie ovina, l’indennizzo è plafonato a 76,22 Euro e potrà essere determinato dal direttore dei servizi veterinari dopo esame dei giustificativi contabili presentati dal proprietario degli animali.
Lo stato indennizza i proprietari delle carcasse di ovini originari del Regno Unito ed introdotti in Francia tra il 1 ed il 21 febbraio 2001, così come i proprietari delle carcasse degli ovini provenienti da animali originari del Regno Unito introdotti dopo il 31 gennaio 2001 ed abbattuti in Francia, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato forfetariamente a 45,73 Euro per carcassa. Questo indennizzo si farà su presentazione dei giustificativi contabili relativi all’acquisto degli animali o delle carcasse, all’abbattimento eventuale, alla loro rimozione ed alla loro distruzione. “
6. Ordinanza del 26 settembre 2001 modificante l’ordinanza del 7 marzo 2001
“Art. 1. – L’articolo 8 dell’ordinanza del 7 marzo 2001 sopracitata è redatto così:
Art. 8. – Lo stato indennizza i proprietari degli animali abbattuti e distrutti conformemente alle prescrizioni dell’articolo 2, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato in applicazione delle disposizioni dell’ordinanza del 18 marzo 1993 sopracitata, ed in particolare gli articoli 4 e 5. Per ciò che riguarda gli animali della specie ovina, l’indennizzo è plafonato a 76,22 Euro e potrà essere determinato dal direttore dei servizi veterinari dopo esame dei giustificativi contabili presentati dal proprietario degli animali. In casi particolari, giustificati dal loro valore zootecnico, gli animali della specie ovina potranno essere oggetto di un indennizzo che non potrà essere superiore a 121,96 Euro.
Lo stato indennizza i proprietari delle carcasse di ovini originari del Regno Unito ed introdotti in Francia tra il 1 ed il 21 febbraio 2001, così come i proprietari delle carcasse degli ovini di animali originari provenienti dal Regno Unito introdotti dopo il 31 gennaio 2001 ed abbattuti in Francia, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato forfetariamente a 45,73 Euro per carcassa. Questo indennizzo si farà su presentazione dei giustificativi contabili relativi all’acquisto degli animali o delle carcasse, all’abbattimento eventuale, alla loro rimozione ed alla loro distruzione. “
7. La giurisprudenza relativa a circostanze eccezionali
27. La teoria delle circostanze eccezionali è stata elaborata dal giudice amministrativo in occasione della prima guerra mondiale e è stata presentata come deroga al principio di legalità (CE, 28 giugno 1918, Heyriès, Rec. p.651, e CE, 28 febbraio 1919, Dlles Dolo e Laurent, GAJA no35). Secondo questa teoria, in situazioni eccezionali, il giudice può autorizzare l’amministrazione ad infrangere le leggi alle quali dovrebbe piegarsi normalmente e decidere che certe decisioni inficiate di illegalità rimangano legali. Questa giurisprudenza si è confermata poi a proposito della Seconda Guerra mondiale e si è estesa ad altre situazioni di fatto come le minacce di sciopero generale (CE, 18 aprile 1947, Jarrigion, S., 1948, III, p,. 33) le agitazioni sociali o ancora le catastrofi naturali (CE, 18 maggio 1983, Roda, Rec. p.199, AJDA 1984 p.44). Questa giurisprudenza è stata applicata anche nell’ambito della salute pubblica in occasione di epidemie (CE, 25 novembre 1994, Ministro degli Interni e del piano di sviluppo del territorio, no 148962 e 149018). Il ruolo del giudice amministrativo, quando viene investito di tale situazione, è di verificare se certe condizioni sono riunite, come il sopraggiungere brutale di avvenimenti gravi ed imprevisti e la persistenza di circostanze eccezionali in data dell’atto controverso, l’impossibilità per l’autorità amministrativa di agire legalmente ed il carattere di interesse generale dell’azione effettuata.
III. DISPOSIZIONI COMUNITARIE
28. L’articolo 11 della decisione no 2001/172/CE del 1 marzo 2001 della Commissione delle Comunità europee è formulato così:
“(…) Senza danno alle misure già adottate dagli Stati membri, gli Stati membri diversi dal Regno Unito prendono tutte le misure di precauzione ivi compreso l’isolamento degli animali sensibili e l’abbattimento preventivo degli ovini, (…) spediti o in provenienza dal Regno Unito tra il 1 febbraio ed il 21 febbraio 2001 “
IN DIRITTO
SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
29. I richiedenti stimano che il carattere illegale della misura di abbattimento preventivo del loro bestiame, così come la mancanza di indennizzo integrale del danno causato da questa misura ha portato gravemente attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
30. Il Governo stima che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne. Appellandosi alla giurisprudenza della Corte (in particolare alle sentenze Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, serie A no 39, e Cardot c. Francia, 19 marzo 1991, serie A no 200) sostiene che la questione della conformità delle misure di abbattimento e dell’indennizzo corrispondente col principio del rispetto dei beni non è mai stata sollevata dai richiedenti dinnanzi alle giurisdizioni interne sia che sia con riferimento diretto all’articolo 1 del Protocollo no 1 o, anche al diritto al rispetto della proprietà come riconosciuto in dritto interno.
31. Rinviando alla sentenza Guzzardi, precitata, i richiedenti fanno valere che hanno invocato in sostanza l’articolo 1 del Protocollo no 1 dinnanzi alle giurisdizioni amministrative. Secondo loro, è perfettamente chiaro che l’azione intentata dinnanzi a queste giurisdizioni aveva per oggetto di ottenere un risarcimento integrale del danno subito a causa dell’abbattimento del loro gregge e di garantire in sostanza il rispetto dei loro beni o almeno di ottenere in compenso una giusta indennità dell’attentato che vi era stato portata dalle autorità.
32. La Corte ricorda che la finalità della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne è di predisporre agli Stati contraenti l’occasione di prevenire o di risanare-normalmente tramite la via dei tribunali-le violazioni addotte contro loro prima che vengano sottoposte alla Corte. Questa disposizione deve applicarsi “con una certa flessibilità e senza formalismo eccessivo”; basta che l’interessato abbia sollevato ” dinnanzi alle autorità nazionali almeno in sostanza, e nelle condizioni e nei termini prescritti dal diritto interno” i motivi di appello che intende formulare in seguito (Fressoz e Roire c. Francia [GC], no 29183/95, § 37, CEDH 1999-I). Nello specifico, la Corte nota che i ricorsi intentati dai richiedenti dinnanzi alle giurisdizioni amministrative erano tesi infatti a contestare la legalità delle misure di abbattimento, così come l’importo dell’indennizzo che stimavano insufficiente. Conviene dunque respingere l’eccezione sollevata dal Governo.
33. Peraltro, la Corte constata che le richieste non sono manifestamente mal fondate ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
34. La Corte constata che le parti si intendono sul fatto che le misure di abbattimento controverso costituiscono un attentato alla proprietà dei richiedenti allo sguardo dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Nota quindi che queste non si sono pronunciate sul punto di sapere se suddetto attentato dovesse analizzarsi in una privazione di proprietà (primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1) o una misura che dipendeva dal potere che possiedono gli Stati di regolamentare l’uso dei beni (secondo capoverso).
35. Come la Corte ha precisato a più riprese, l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra l’altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, tra altre, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98 e Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 61, serie A no 52; vedere anche Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V, e Hutten-Czapska c. Polonia [GC], no 35014/97, § 157, CEDH 2006-VIII).
36. Nello specifico, la Corte stima che le misure di abbattimento preventivo di ovini che miravano ad evitare lo scoppio di un epizootia di febbre aftosa sul territorio nazionale si analizzano in una regolamentazione dell’uso dei beni. Questa ingerenza dunque dipende dal secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Però, come è stato ricordato precedentemente, questa regola si deve interpretare alla luce del principio generale del rispetto della proprietà enunciato nel primo paragrafo del primo capoverso dell’articolo precitato.
37. La Corte nota che le parti sono in disaccordo sul punto di sapere se queste misure erano legali e se hanno fatto pesare un carico sproporzionato sui richiedenti.
1. Legalità delle misure di abbattimento
a) Tesi delle parti
38. I richiedenti stimano che le misure di abbattimento preventivo del loro bestiame erano prive di base legale, per il fatto che non rispettavano né l’articolo L. 221-1 del codice rurale né il decreto del 27 dicembre 1991. Appellandosi in particolare ad una decisione del Consiglio di stato (CE, S., 16 maggio 2001, Sposo Duffaut, Rec, p,. 241) fanno valere che la legalità di una misura di abbattimento di un gregge è rispettata solamente a partire dal momento in cui le modalità sono previste da un’ordinanza congiunta del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato delle finanze. Ora, nello specifico, questa ordinanza è intervenuta solamente il 7 marzo 2001, o alcuni giorni dopo l’abbattimento del loro bestiame. I richiedenti sottolineano che la corte amministrativa di appello ha riconosciuto che la direzione generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura non aveva competenza per decretare le istruzioni del 27 e del 28 febbraio 2001, sul fondamento delle quali l’abbattimento dei greggi era stato ordinato ed eseguito. Tuttavia, ha considerato che questa illegalità era cancellata sul solo fondamento delle “circostanze eccezionali avute riguardo alla situazione di emergenza.” Secondo i richiedenti, questa situazione di emergenza era lontano dall’ essere evidente dato che le autorità britanniche avevano preso già delle misure di sorveglianza e di confinamento degli allevamenti, e che il decreto del 27 dicembre 1991 contemplava una serie di disposizioni in caso di sospetto di apparizione di febbre aftosa, come era il caso nello specifico. Infine, aggiungono che la contaminazione con la malattia ritenuta contagiosa non era né dichiarata né stabilita, e che l’abbattimento del gregge è intervenuto senza aspettare i risultati delle analisi epidemiologiche che si sono rivelate del resto in seguito negative.
39. Il Governo sostiene che le misure di abbattimento si inserivano in una cornice legale precisa, adattata alla situazione eccezionale che rappresentava il rischio di epidemia aftosa. A questo riguardo, ricorda che, in questo ambito, la Corte ha un approccio prammatico e realista. Citando certe sentenze della Corte (Bock e Palade c. Romania, no 21740/02, 15 febbraio 2007, Dogru c. Francia, no 27058/05, 4 dicembre 2008, e Kervanci c. Francia, no 31645/04, 4 dicembre 2008) il Governo fa valere che ha sempre inteso il termine “legge” nella sua accettazione patrimoniale e non formale, e che non le appartiene di pronunciarsi sull’opportunità delle tecniche scelte dal legislatore di un Stato per regolamentare tale o tal’altro ambito.
40. Nello specifico, sottolinea che le misure in causa si fondavano, al meito, sulla regolamentazione nazionale, mentre, per la forma, si appellavano a una giurisprudenza consolidata ed anziana del Consiglio di stato. Concernente la cornice legale e regolamentare, il Governo ricorda innanzitutto il contesto in cui le misure di abbattimento incriminate sono state prese per bloccare un’epidemia di febbre aftosa in provenienza dalla Gran Bretagna. Sottolinea che la malattia è altamente contagiosa, che tocca tutti le specie di ruminanti e di suini, che il virus è estremamente resistente, e che la diffusione della malattia può essere folgorante. Nel febbraio 2001, le informazione concernenti l’epizootia che imperversava nel Regno Unito erano molto allarmanti: il primo caso era stato notificato dalla Gran Bretagna il 21 febbraio, dodici focolari erano registrati il 26 febbraio e ventidue focolari il 28 febbraio; e, nei seguenti mesi, più di 750 focolari sono stati scoperti alla fine in questo paese. Peraltro, 22 015 ovini di origine britannica erano stati introdotti tra il 1 ed il 21 febbraio 2001 in 75 allevamenti francesi, e 30 000 animali francesi di specie sensibili così come 10 000 ovini provenienti dai Paesi Bassi erano stati in contatto con questi animali. Le autorità francesi sapevano, inoltre che la maggior parte delle pecore arrivate in questi allevamenti francesi dovevano ripartire velocemente per altre destinazioni, in ragione degli scambi di ovini molto importanti precedenti la festa dell’Aïd-el-Kebir, ciò che rinforzava ancora il rischio di divulgazione del virus.
41. Il Governo sostiene che, in questo contesto, l’eutanasia degli ovini in provenienza dalla Gran Bretagna o la cui origine non poteva essere determinata con certezza, introdotta in Francia dopo il 31 gennaio 2001, così come degli animali delle specie sensibili che erano stati in contatto con questi ovini, è apparsa come la sola soluzione che permettesse di evitare lo sviluppo dell’epizootia sul territorio nazionale.
42. Precisa che le istruzioni del 27 e del 28 febbraio 2001 avevano per fondamento l’articolo L. 221-1 del codice rurale e riconosce che provenivano dal solo ministro dell’agricoltura, mentre questo articolo contempla la necessità di un’ordinanza interministeriale. Però, fa valere che la situazione di emergenza esigeva delle misure di salvaguardia immediata la cui efficacia sarebbe stata compromessa se i termini legati alla firma di un’ordinanza congiunta fossero stati rispettati rigorosamente.
43. L’ammorbidimento formale operato per questa ragione si fondava, secondo il Governo, su delle regole di diritto preciso ed era giustificato da circostanze eccezionali; agendo così, il ministero dell’agricoltura si è messo nella cornice precisa della teoria giurisprudenziale delle circostanze eccezionali. Il Governo spiega che questa teoria è allo stesso modo vecchia (quasi un secolo di esistenza) che chiaramente era consolidata con la giurisprudenza del Consiglio di stato. Aggiunge che l’alta giurisdizione ammette tale ammorbidimento delle regole formali solo in caso di sopraggiungere brutale di avvenimenti gravi ed imprevisti, che verifica che l’autorità amministrativa era nell’impossibilità di agire legalmente e che l’azione effettuata inseguiva un obiettivo di interesse generale.
b) Valutazione della Corte
44. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. In particolare, il secondo capoverso di questo articolo, pure riconoscendo agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni, pone la condizione che questo diritto si eserciti col collocamento in vigore di “leggi”,presupponendo il principio di legalità l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili nella loro applicazione (vedere, mutatis mutandis, Broniowski, precitata, § 147). La Corte è chiamata inoltre a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato, anche in caso di rispetto delle esigenze legali, produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione (Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, §§ 108-110, CEDH 2000-I).
45. Nello specifico, la Corte constata che le misure di abbattimento del 2 e 3 marzo 2001 sono state presi sul fondamento di due istruzioni ministeriali decretate dalla direttrice generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura e della pesca il 27 e il 28 febbraio 2001. È vero, come sottolineano i richiedenti e come ha rilevato la corte amministrativa di appello di Nantes del resto, che l’articolo L. 221-1 del codice rurale esige che tali misure siano prese sul fondamento di un’ordinanza congiunta del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’economia e delle finanze; ora, questa ordinanza è intervenuta solamente il 7 marzo 2001. Tuttavia, la Corte rileva che i giudici di appello hanno considerato che le misure di abbattimento erano legali in virtù della giurisprudenza sulle circostanze eccezionali. Hanno giudicato difatti che il carattere altamente contagioso della febbre aftosa ed i rischi di epizootia di questa malattia sul territorio nazionale costituivano delle circostanze eccezionali che giustificavano l’adozione, da parte delle autorità, di misure di salvaguardia necessarie, e questo, senza aspettare la firma di un’ordinanza interministeriale che necessitava un termine incompressibile, incompatibile con l’emergenza della risposta da portare all’epidemia sopraggiunta in un paese vicino.
46. Resta da esaminare se la base legale sulla quale rimetteva le misure controverse era sufficiente ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo ricordato che la nozione di “legge” deve essere sentita nella sua accezione “patrimoniale” e non “formale” e che vi include perciò l’insieme costituito dal diritto scritto, ivi compresi dei testi di rango infra legislativo (vedere, in particolare, Di Wilde, Ooms e Versyp c. Belgio, 18 giugno 1971, § 93, serie A no 12) così come la giurisprudenza che l’interpreta (vedere, mutatis mutandis, Kruslin c. Francia, 24 aprile 1990, § 29, serie A no 176-A).
47. La Corte rileva che le misure di abbattimento preventivo si fondavano sulle istruzioni ministeriali del 27 e del 28 febbraio 2001 che si appellavano loro stesse all’articolo 221-1 del codice rurale, così come su una giurisprudenza ben consolidata del Consiglio di stato relativa alle circostanze eccezionali (paragrafo 28 sopra). Si fondavano dunque su una base legale sufficiente in diritto interno ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
48. La Corte stima anche che l’interpretazione che è stata fatta della legge e della giurisprudenza nello specifico non era arbitraria, avuto in particolare riguardo ai rischi di epizootia di febbre aftosa che esisteva nel marzo 2001. La Corte ricorda a questo riguardo che septta al primo capo alle autorità nazionali, e singolarmente ai corsi e ai tribunali, interpretare ed applicare il diritto interno (Brualla Gómez del Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 31, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII, e Glässner c. Germania, (dec.), no 46362/99, CEDH 2001-VII).
49. Ne segue che le misure criticate erano “legali” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Resta da determinare se inseguivano uno scopo legittimo conforme all’interesse generale e se un “giusto equilibrio” è stato predisposto tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
2. Perseguimento di un scopo legittimo conforme all’interesse generale
50. La Corte ricorda che ogni ingerenza nel godimento di un diritto o di una libertà riconosciuto dalla Convenzione deve inseguire uno scopo legittimo. Il principio del “giusto equilibrio” inerente all’articolo 1 del Protocollo no 1 suppone l’esistenza di un interesse generale della comunità (vedere § 148 Broniowski, precitata,). Nello specifico, non suscita controversia che le misure di abbattimento inseguivano uno scopo legittimo conforme all’interesse generale, ossia la preservazione della salute pubblica e della sicurezza alimentare.
3. Pianificazione di un giusto equilibrio tra gli interessi in causa
a) Tesi delle parti
51. I richiedenti sostengono che l’attentato ai loro beni risulta anche dal fatto che non hanno potuto ottenere un indennizzo integrale del danno subito e denunciano l’atteggiamento del giudice amministrativo che ha applicato in modo retroattivo l’ordinanza interministeriale del 7 marzo 2001. Stimano che gli importi fissati dalle ordinanze del 7 marzo e del 26 settembre 2001 non coprivano l’interezza del danno subito per la perdita del loro gregge. Infine, rimproverano alla corte amministrativa di appello di non avere considerato le conclusioni dei periti e di avere preso in conto un regime speciale di indennizzo.
52. Il Governo sostiene, in quanto a lui che un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze di interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, avuto riguardo agli obiettivi perseguiti dalla misura di abbattimento ed agli indennizzi accordati ai richiedenti. Stima che le misure di indennizzo impegnato nello specifico, sebbene plafonate e non considerando il principio di un indennizzo integrale dunque, presentavano un carattere proporzionato, avuto riguardo alle circostanze in cui erano state istituite. A questo riguardo, il Governo sottolinea che l’abbattimento degli animali sospetti, in caso di epidemia, non potrebbe analizzarsi come un atto di spodestamento che giustifica un indennizzo integrale. Si tratta, difatti, di una misura che risponde ad un interesse superiore a quello della conservazione del bene che può, secondo la giurisprudenza della Corte, attenuare, addirittura annullare, l’esigenza di indennizzo; cita a questo motivo una sentenza della Corte a proposito di una ricomposizione (Poiss c. Austria, 23 aprile 1987, serie A no 117).
53. Aggiunge che, in questa stessa logica, la Corte di giustizia delle Comunità europee, in una sentenza del 10 luglio 2003 (cause unite Booker aquaculture Ltd, C-20/00 ed Idro Seafood GSP LTD, C-64/00), ha valutato la compatibilità della mancanza di regime indennizzante con le esigenze che derivano dalla protezione del diritto fondamentale di proprietà garantito dalla Convenzione e considerato che le misure di distruzione e di abbattimento immediato degli animali messe in opera da un Stato membro in vista della lotta contro una malattia degli animali, non accompagnate da un dispositivo di indennizzo, non erano incompatibili col diritto fondamentale di proprietà.
54. Dedicandosi alla causa, il Governo fa valere che la compatibilità del regime speciale di indennizzo, previsto dall’articolo L. 221 – 2 del codice rurale e l’ordinanza del 7 marzo 2001, con le esigenze del diritto al rispetto dei beni deve dunque, in realtà, rivalutarsi allo sguardo dei motivi di interesse generale perseguito dalle misure tese alla lotta contro la febbre aftosa. Essendo stato giustificato l’abbattimento del bestiame dei richiedenti di obiettivi di salute pubblica, questa misura non doveva dunque necessariamente essere corredata da un indennizzo integrale.
55. Infine, il Governo aggiunge che l’indennizzo accordato ai richiedenti non era trascurabile, poiché gli importi versati rappresentavano i tre quarti dell’importo delle perdite finanziarie come stabilite dal rapporto dei periti per ogni allevamento.
b) Valutazione della Corte
56. La Corte ricorda che non solo un’ingerenza nel diritto di proprietà deve prevedere, nei fatti come in principio, uno “scopo legittimo” conforme all’ “interesse generale”, ma deve esistere anche un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura applicata dallo stato, ivi comprese le misure destinate a regolamentare l’uso dei beni di un individuo. È ciò che esprime la nozione del “giusto equilibrio” che deve essere predisposto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere particolarmente Hutten-Czapska, precitata, § 167, CEDH 2006-VIII e Sporrong e Lönnroth, precitata, § 69). Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (vedere, in particolare, Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999-V).
57. Dedicandosi alla presente causa, la Corte rileva che le misure controverse non avevano un carattere sproporzionato. Prevedevano difatti, solamente una categoria di animali e sono state prese solamente il tempo necessario per la lotta contro l’epidemia di febbre aftosa e per proteggere la salute pubblica e la sicurezza alimentare sul territorio, ambiti in cui gli Stati godono di un certo margine di valutazione. Infine, concernente l’indennizzo di cui i richiedenti si lamentano, la Corte constata, da una parte, che il regime di indennizzo che è stato applicato loro era lontano dall’ essere arbitrario poiché garantiva un indennizzo uguale all’insieme degli allevatori che avevano dovuto subire delle perdite legate alle misure di abbattimento e, dall’altra parte, che le somme versate ai Sigg. C. e F. (71 102,22 EUR e 80 249,16 EUR) rappresentavano rispettivamente l’84, 5% e il 72% dell’importo valutato dai periti.
58. Avuto riguardo a ciò che precede e tenuto conto del margine di valutazione degli Stati in materia di regolamentazione dell’uso dei beni, la Corte stima che le misure controverse non hanno avuto un carattere sproporzionato.
59. Non c’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce le richieste;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Satbilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 15 luglio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente