A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CHAGNON ET FOURNIER c. FRANCE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: P1-1, P1-2
Numero: 44174/06/2010
Stato: Francia
Data: 2010-07-15 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Non-violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA CHAGNON E FOURNIER C. FRANCIA
( Richieste numeri 44174/06 e 44190/06)
SENTENZA
STRASBURGO
15 luglio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Chagnon e Fournier c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 giugno 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste (numeri 44174/06 e 44190/06) dirette contro la Repubblica francese e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. J.-M. C. e N. F. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 27 ottobre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da R. H. e H. M., avvocati a Strasburgo. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Stimavano che il carattere illegale della misura di abbattimento preventivo del loro gregge di ovini, così come la mancanza di indennizzo integrale del danno causato da questa misura, avevano portato gravemente attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni.
4. Il 25 novembre 2008, il presidente della quinta sezione ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I SIGG. C. e F., nati rispettivamente nel 1953 e nel 1966, residenti a Rezay ed a Nérondes.
6. In seguito all’epidemia di febbre aftosa che fu dichiarata in Gran Bretagna nel febbraio 2001, le autorità francesi presero differenti misure per proteggere le filiere bovine, ovine, caprine e suine sul territorio nazionale, in particolare nel dipartimento del Cher.
7. Il 27 e il 28 febbraio 2001, due istruzioni ministeriali provenienti dal ministero dell’agricoltura e della pesca-che prevedevano un’ordinanza “in corso di firma”-furono indirizzate ai prefetti ed a tutti i servizi veterinari dipartimentali. Indicavano l’emergenza di procedere non solo all’eutanasia ed alla distruzione degli animali della specie sensibili alla febbre aftosa originaria del Regno Unito ed che erano stati spediti del Regno Unito verso la Francia a partire dal 1 febbraio 2001, con o senza transito tramite un altro Stato membro, ed in particolare i Paesi Bassi, ma anche di tutti gli animali della specie sensibili alla febbre aftosa o che sono stati sono in contatto con questi animali. Peraltro, annunciavano l’adozione di un’ordinanza ministeriale che contemplava un indennizzo forfetario dei proprietari degli animali abbattuti e distrutti.
8. Il 1 marzo 2001, il prefetto di Cher prese un’ordinanza per porre l’attività dei richiedenti sotto la sorveglianza dei servizi veterinari a causa di sospetto di febbre aftosa.
9. In applicazione delle istruzioni ministeriali, il 2 e il 3 marzo 2001, il prefetto ordinò l’abbattimento dell’insieme del bestiame ovino del Sig. C., o 583 animali, e 518 ovini provenienti dall’attività del Sig. F., nella cornice del piano di lotta contro la febbre aftosa.
10. Nessun prelevamento fu effettuato sui cadaveri dell’ultimo gruppo di ovini abbattuti.
11. Su requisizione prefettizia in data 5 marzo 2001, e conformemente ad un’ordinanza interministeriale del 18 marzo 1993, due periti agricoli e fondiari procedettero alla stima finanziaria degli ovina abbattuti, così come alla valutazione delle perdite di sfruttamento generato dalla misura di abbattimento.
12. Il 7 marzo 2001, un’ordinanza interministeriale fu presa per ordinare l’eutanasia e la distruzione di tutti gli animali della specie bovina, ovina e caprina originarie del Regno Unito e introdotte in Francia dopo il 31 gennaio 2001. L’articolo 8 dell’ordinanza fissava le modalità di indennizzo dei proprietari degli animali abbattuti e contemplava, concernente gli animali della specie ovina, un indennizzo plafonato a 76,22 euro (EUR) per ovino.
13. Il 12 marzo 2001, il prefetto ordinò l’abbattimento del resto degli ovini dell’attività del Sig. F., o 140 animali.
14. In un rapporto rimesso ai richiedenti lo stesso giorno, le perdite generate dalla misura di abbattimento del bestiame ovino furono stimate dai periti a 84 093,93 EUR a riguardo del Sig. C. e 111 657,47 EUR per il Sig. F..
15. Il 17 marzo 2001, i prelevamenti effettuati sugli animali abbattuti non fecero apparire nessuna infezione col virus della febbre aftosa.
16. Il 10 e l’11 aprile 2001, i Sigg. C. e F. percepirono rispettivamente la somma di 44 438,89 EUR e 50 155,72 EUR, in applicazione dell’ordinanza del 7 marzo 2001.
17. Con corrispondenza in data 11 maggio 2001, la camera dell’ agricoltura di Cher, dopo avere constatato che le indennità versate non corrispondevano al danno reale subito, chiese al prefetto di procedere ad una perizia complementare e di indennizzare gli allevatori della totalità delle perdite dirette (valori degli animali) ed indirette, perdite di sfruttamento, subite.
18. Il 30 luglio 2001, i richiedenti investirono il prefetto di un’istanza per risarcimento complementare che fu respinta il 28 settembre 2001.
19. Il 26 settembre 2001, un’ordinanza interministeriale che modificava l’ordinanza del 7 marzo 2001 fissò, per i casi particolari giustificati dal valore zootecnico, l’importo dell’indennizzo a 121,96 EUR per animale abbattuto.
20. L’ 11 ottobre 2001, il prefetto informò i richiedenti che le nuove condizioni previste dall’ordinanza del 26 settembre 2001 andavano a modificare il loro indennizzo.
21. Il 22 ottobre 2001,i Sigg. C. e F. investirono il tribunale amministrativo di Orléans di un’istanza tesa a contestare la legalità della misura di abbattimento ed a condannare lo stato a versare loro rispettivamente la somma di 63 625 e 76 646 EUR per risarcimento del danno che aveva causato loro l’abbattimento del loro gregge.
22. In corso d’ istanza, il 23 novembre 2001, lo stato versò ai richiedenti un’indennità complementare di 26 663,33 EUR per il Sig. C. e di 30 093,44 EUR per il Sig. F., in applicazione dell’ordinanza del 26 settembre 2001.
23. Con due giudizi dell’ 8 gennaio 2004, il tribunale amministrativo considerò che la misura di abbattimento del 2 marzo 2001 era priva di base legale e che impegnava la responsabilità dello stato. Stimò in particolare che se le istruzioni ministeriali del 27 e del 28 febbraio 2001 prevedevano un’ordinanza interministeriale “in corso di firma”, questo ultimo non poteva dare in modo retroattivo un fondamento legale alle misure prese anteriori la sua entrata in vigore che le altre disposizioni previste dalle istruzioni ministeriali controverse non erano suscettibili di giustificare un abbattimento di animali la cui infezione non era dimostrata e che, le istruzioni ministeriali non potevano fondare di conseguenza, legalmente l’abbattimento preventivo di animali. Trattandosi del danno subito dai richiedenti, il tribunale condannò lo stato a versare un’indennità di 24 259,63 EUR al Sig. C. e 27 731,37 EUR al Sig. F.. Il tribunale giudicò peraltro che, dal momento che l’abbattimento non era stato realizzato sulla base dell’ordinanza interministeriale del 7 marzo 2001 modificata, le disposizioni finanziarie di questo, limitando l’importo dell’indennizzo a 122 EUR per animale, non erano applicabili.
24. Il 17 marzo 2004, il ministro dell’agricoltura, dell’alimentazione, della pesca e delle cause rurali interpose appello al giudizio.
25. Con due sentenze del 1 marzo 2005, la corte amministrativa di appello di Nantes annullò i giudizi dell’ 8 gennaio 2004. La sentenza era motivata come segue:
“Considerando, tuttavia, che risulta dall’istruzione che la febbre aftosa è una malattia altamente contagiosa che tocca tutti le specie di ruminanti, in particolare gli ovini, e i suini e si trasmette tramite contatto tra animali, col vento, coi prodotti di origine animale o coi vettori inanimati; che il virus è estremamente resistente e la diffusione della malattia è conosciuta come folgorante; che, del resto, nel mese che in seguito all’apparizione dell’epidemia di febbre aftosa in Gran Bretagna, più di 750 focolari sono stati scoperti in questo paese; che tenuto conto dell’introduzione in Francia, tra il 1 ed il 21 febbraio 2001, data di chiusura delle frontiere col Regno Unito, di più di 22 000 ovini di origine britannica e della presenza di 30 000 animali di specie sensibili che sono stata in contatto con questi ovino in 75 allevamenti francesi, i poteri pubblici avevano l’obbligo di prendere ogni misura utile ad evitare lo scoppio, sul territorio nazionale, di un epizootia che avrebbe avuto delle ripercussioni economiche catastrofiche per gli allevatori; che tenuto conto della difficoltà nello scoprire i sintomi della malattia presso gli ovini che possono presentare dei sintomi molto discreti, addirittura nessun sintomo, l’amministrazione non poteva limitarsi, contrariamente a ciò che sostiene il Sig. C., a mettere in opera una semplice sorveglianza degli animali nella cornice di misure previste dal decreto del 27 dicembre 1991, in caso di apparizione dei sintomi di febbre aftosa; che la vaccinazione non poteva avere inoltre, già effetto per gli animali contaminati; siccome gli anticorpi nel sangue degli animali infetti appaiono solamente tra i dieci e i quindici giorni, che gli abbattimenti degli ovini che sono stati importati dal Regno Unito o di quelli che sono stati in contatto con questi animali, dovevano essere effettuati, in modo preventivo, senza aspettare il risultato dei prelevamenti effettuati per verificare l’esistenza dell’infezione; che risulta da ciò che precede, che l’efficacia delle misure di prevenzione dell’epizootia di febbre aftosa era condizionata dalla rapidità delle misure di salvaguardia prese dai poteri pubblici che hanno permesso di limitare a 50 000 il numero di animali abbattuti in Francia del resto, ed a due, quello dei focolari apparsi, in seguito, sul territorio nazionale, mentre più di 2 000 focolari sono stati censiti nel Regno Unito e 6 milioni di animali abbattuti e sono stati inceneriti; che, in queste circostanze eccezionali, avuto riguardo a questa situazione di emergenza, è legalmente che, per evitare l’apparizione in Francia di focolari di febbre aftosa, la direttrice generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura, agendo per delega del ministro incaricato dell’agricoltura, ha preso sul fondamento dell’articolo L. 221-1 del codice rurale e per un periodo molto limitato, le misure di salvaguardia necessarie senza aspettare la firma dell’ordinanza congiunta interministeriale, prevista da suddette disposizioni del codice rurale che necessitava un termine incompressibile, incompatibile con l’emergenza della risposta da portare all’epidemia sopraggiunta in un paese vicino “
26. Con due decisioni del 26 aprile 2006, il Consiglio di stato dichiarò i ricorsi dei richiedenti non ammessi.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
1. Il codice rurale
Articolo L. 221-1
“Seguendo le modalità previste da un’ordinanza congiunta del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’economia e delle finanze, il ministro incaricato dell’agricoltura può prendere ogni misura destinata a prevenire l’apparizione, a bloccare lo sviluppo ed ad inseguire l’estinzione delle malattie degli animali riconosciute contagiose, in virtù del presente titolare.
Dei decreti in Consiglio di stato definiscono le modalità secondo cui possono essere prese le misure di lotta contro le malattie degli animali non riconosciute contagiose. “
Articolo L. 221-2
Alcune ordinanze congiunte del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’economia e delle finanze fissano le condizioni di indennizzo dei proprietari i cui animali sono stati abbattuti su ordine dell’amministrazione, così come le condizioni della partecipazione finanziaria eventuale dello stato agli altri oneri obbligatoriamente provocati dall’eliminazione degli animali. Ogni violazione alle disposizioni del presente titolo ed agli ordinamenti presi per la loro applicazione può provocare la perdita dell’indennità. La decisione appartiene al ministro incaricato dell’agricoltura, salvo ricorso alla giurisdizione amministrativa.
Il ministro incaricato dell’agricoltura può accordare ai gestori che ne fanno domanda, in vista della diagnosi, della prevenzione e del trattamento delle malattie degli animali, dell’eliminazione degli animali malati, del rifacimento dell’alloggio degli animali e del risanamento dell’ambiente, delle sovvenzioni il cui importo è determinato dalle ordinanze congiunte degli stessi ministri. “
2. Il decreto no 91-1318 del 27 dicembre 1991 relativo alla lotta contro la febbre aftosa
“Capitolo II
Misure in caso di sospetto
Art. 7. -Quando viene segnalata la presenza di un animale sospetto di febbre aftosa, il prefetto prende, dopo parere del direttore dei servizi veterinari e conformemente all’articolo 227 del codice rurale, un’ordinanza del collocamento sotto sorveglianza dell’allevamento che ospita questo animale che provoca l’applicazione delle seguenti misure:
1o Tutti gli animali, di qualsiasi specie siano, sono isolati, sequestrati, visitati ed elencati; possono essere segnati in modo provvisorio;
2 o I prelevamenti necessari alla diagnosi ed alle inchieste epidemiologiche sono effettuati;
3 o L’uscita degli animali, dei loro prodotti o degli alimenti che sono destinati loro sono vietati;
4 o Nessun animale, di qualsiasi specie sia, non può essere introdotto nell’allevamento;
5 o La circolazione delle persone e dei veicoli in provenienza o per l’allevamento è subordinata all’autorizzazione del prefetto in applicazione dell’articolo 236 del codice rurale;
6 o Ogni veicolo autorizzato ad uscire dall’allevamento viene disinfettato; ogni oggetto che non può essere tenuto dentro all’allevamento è disinfettato prima della sua uscita o distrutto.
Art. 8. – Un’ordinanza del ministro dell’agricoltura precisa le modalità tecniche di collocamento in opera delle disposizioni dell’articolo 7. (…) “
“Capitolo III
Misure in caso di conferma
Art. 12-appena l’infezione tramite virus aftoso viene confermata da un laboratorio accreditato, il prefetto prende, dopo parere del direttore dei servizi veterinari, un’ordinanza che porta dichiarazione di infezione in applicazione dell’articolo 228 del codice rurale.
Questa ordinanza delimita un perimetro vietato comprendente, oltre lo sfruttamento che ospita l’animale riconosciuto infetto, una zona di protezione di una larghezza di almeno 3 chilometri ed una zona di sorveglianza di una larghezza di almeno 10 chilometri intorno a suddetto allevamento. La delimitazione di queste zone tiene conto delle barriere naturali, delle facilità di controllo e dei progressi tecnologici che permettono di prevedere la dispersione possibile del virus per via aerea od qualsiasi altra via,: può essere modificata, se necessario, in funzione di elementi nuovi.
Art. 13-A riguardo dell’allevamento che ospita l’animale riconosciuto infetto, la dichiarazione di infezione provoca il collocamento in opera o il mantenimento delle misure menzionate agli articoli 7 e 8 del presente decreto. Lo sfruttamento viene sottoposto inoltre, al più presto, sotto il controllo del direttore dei servizi sanitari, alle seguenti misure:
(…)
Un’ordinanza congiunta del ministro dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’ambiente precisa le modalità tecniche di collocamento in opera delle misure contemplate al presente articolo. “
“Capitolo IV
Disposizioni finanziarie
Art. 20. -(…)
Sarà assegnato ai proprietari di animali abbattuti o di prodotti distrutti su ordine dell’amministrazione un’indennità uguale al valore stimato. Per la stima degli animali, viene fatta astrazione dell’esistenza della febbre aftosa.
(…)
Un’ordinanza congiunta del ministro dell’agricoltura e del ministro incaricato del bilancio determina le modalità di collocamento in opera delle disposizioni del presente articolo. “
3. Istruzione ministeriale del 27 febbraio 2001 (PSA/BA/01144, proveniente dalla Direzione generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura e della pesca (indirizzata ai direttori dei servizi veterinari)
“Riferimenti regolamentari:
Decreto no 91-1318 del 27 dicembre 1991 relativo alla lotta contro la febbre aftosa
Ordinanza del 17 maggio 1994 relativa alle condizioni di polizia sanitaria che regola gli scambi intracomunitari di ovini e di caprini
Sentenza del febbraio 2001 relativa a certe misure di protezione nei confronti della febbre aftosa nel Regno Unito( in corso di firma)
Decisione adottata al comitato veterinario permanente del 27 febbraio 2001 relativa alle misure di protezione contro la febbre aftosa nel Regno Unito e che sostituisce la decisione 2001/145/CE
In seguito all’epidemia di febbre aftosa che imperversa nel Regno Unito dal 16 febbraio 2001 e per proteggere le filiere bovine, ovine, caprine e suine sul territorio nazionale, ho l’onore di farvi parte delle seguenti istruzioni:
Disposizioni relative agli ovini importati dal Regno Unito dopo il 31 gennaio 2001
Tutti gli ovini introdotti in Francia dopo il 31 gennaio 2001 in provenienza dal Regno Unito, o in provenienza da altri Stati membri e per cui non si riesce a determinare con certezza l’origine devono essere sul posto soppresse ed i loro cadaveri distrutti al più presto. (…) “
4. Istruzione ministeriale del 28 febbraio 2001 proveneniente della Direzione generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura e della pesca, indirizzata ai prefetti ed ai direttori dei servizi veterinari,
“In complemento del nota DGAL/PSA/BA/011144 del 27 febbraio 2001, è urgente che procediate non solo all’eutanasia e la distruzione degli animali delle specie sensibili alla febbre aftosa originaria del Regno Unito ed inviate dal Regno Unito verso la Francia a partire dal 1 febbraio 2001, con o senza transito in un altro Stato membro ed in particolare i Paesi Bassi, ma anche di tutti gli animali delle specie sensibili alla febbre aftosa che sono stati o sono in contatto con questi animali. (…) “
5. Ordinanza del 7 marzo 2001, entrata in vigore il 9 marzo 2001, relativa a certe misure di protezione nei confronti della febbre aftosa
“Art. 1. – Gli allevamenti che detengono degli animali della specie ovina, caprina, suina o di altri bi-ungulati originari del Regno Unito ed introdotti in Francia dopo il 31 gennaio 2001 sono poste sotto ordinanza prefettizia del collocamento sotto sorveglianza che prescrive le misure contemplate all’articolo 7 del decreto del 27 dicembre 1991 ed all’articolo 15 dell’ordinanza del 23 novembre 1994 sopracitate.
Ne è parimenti per gli allevamenti che detengono degli animali della specie ovina, caprina, suina o di altri bi-ungulati introdotti in Francia dopo il 31 gennaio 2001, sospetti di provenire dal Regno Unito, ed transitati da un altro Stato membro, a meno che il loro detentore possa stabilire che non sono stati spediti dal Regno Unito dopo il 31 gennaio 2001.
Art. 2. – Tutti gli animali della specie bovina, ovina, caprina, suina o di altri bi-ungulati detenuti negli sfruttamenti citati all’articolo 1 vengono soppressi e distrutti, qualunque sia la loro origine, nelle condizioni contemplate all’articolo 13 del decreto del 27 dicembre 1991 sopracitato ed all’articolo 18 dell’ordinanza del 23 novembre 1994 sopracitata.
(…)
Art. 8. – Lo stato indennizza i proprietari degli animali soppressi e distrutti conformemente alle prescrizioni dell’articolo 2, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato in applicazione delle disposizioni dell’ordinanza del 18 marzo 1993 sopracitata, ed in particolare gli articoli 4 e 5. Per ciò che riguarda gli animali della specie ovina, l’indennizzo è plafonato a 76,22 Euro e potrà essere determinato dal direttore dei servizi veterinari dopo esame dei giustificativi contabili presentati dal proprietario degli animali.
Lo stato indennizza i proprietari delle carcasse di ovini originari del Regno Unito ed introdotti in Francia tra il 1 ed il 21 febbraio 2001, così come i proprietari delle carcasse degli ovini provenienti da animali originari del Regno Unito introdotti dopo il 31 gennaio 2001 ed abbattuti in Francia, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato forfetariamente a 45,73 Euro per carcassa. Questo indennizzo si farà su presentazione dei giustificativi contabili relativi all’acquisto degli animali o delle carcasse, all’abbattimento eventuale, alla loro rimozione ed alla loro distruzione. “
6. Ordinanza del 26 settembre 2001 modificante l’ordinanza del 7 marzo 2001
“Art. 1. – L’articolo 8 dell’ordinanza del 7 marzo 2001 sopracitata è redatto così:
Art. 8. – Lo stato indennizza i proprietari degli animali abbattuti e distrutti conformemente alle prescrizioni dell’articolo 2, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato in applicazione delle disposizioni dell’ordinanza del 18 marzo 1993 sopracitata, ed in particolare gli articoli 4 e 5. Per ciò che riguarda gli animali della specie ovina, l’indennizzo è plafonato a 76,22 Euro e potrà essere determinato dal direttore dei servizi veterinari dopo esame dei giustificativi contabili presentati dal proprietario degli animali. In casi particolari, giustificati dal loro valore zootecnico, gli animali della specie ovina potranno essere oggetto di un indennizzo che non potrà essere superiore a 121,96 Euro.
Lo stato indennizza i proprietari delle carcasse di ovini originari del Regno Unito ed introdotti in Francia tra il 1 ed il 21 febbraio 2001, così come i proprietari delle carcasse degli ovini di animali originari provenienti dal Regno Unito introdotti dopo il 31 gennaio 2001 ed abbattuti in Francia, sotto riserva del rispetto dell’insieme delle misure regolamentari in vigore. L’importo dell’indennizzo è fissato forfetariamente a 45,73 Euro per carcassa. Questo indennizzo si farà su presentazione dei giustificativi contabili relativi all’acquisto degli animali o delle carcasse, all’abbattimento eventuale, alla loro rimozione ed alla loro distruzione. “
7. La giurisprudenza relativa a circostanze eccezionali
27. La teoria delle circostanze eccezionali è stata elaborata dal giudice amministrativo in occasione della prima guerra mondiale e è stata presentata come deroga al principio di legalità (CE, 28 giugno 1918, Heyriès, Rec. p.651, e CE, 28 febbraio 1919, Dlles Dolo e Laurent, GAJA no35). Secondo questa teoria, in situazioni eccezionali, il giudice può autorizzare l’amministrazione ad infrangere le leggi alle quali dovrebbe piegarsi normalmente e decidere che certe decisioni inficiate di illegalità rimangano legali. Questa giurisprudenza si è confermata poi a proposito della Seconda Guerra mondiale e si è estesa ad altre situazioni di fatto come le minacce di sciopero generale (CE, 18 aprile 1947, Jarrigion, S., 1948, III, p,. 33) le agitazioni sociali o ancora le catastrofi naturali (CE, 18 maggio 1983, Roda, Rec. p.199, AJDA 1984 p.44). Questa giurisprudenza è stata applicata anche nell’ambito della salute pubblica in occasione di epidemie (CE, 25 novembre 1994, Ministro degli Interni e del piano di sviluppo del territorio, no 148962 e 149018). Il ruolo del giudice amministrativo, quando viene investito di tale situazione, è di verificare se certe condizioni sono riunite, come il sopraggiungere brutale di avvenimenti gravi ed imprevisti e la persistenza di circostanze eccezionali in data dell’atto controverso, l’impossibilità per l’autorità amministrativa di agire legalmente ed il carattere di interesse generale dell’azione effettuata.
III. DISPOSIZIONI COMUNITARIE
28. L’articolo 11 della decisione no 2001/172/CE del 1 marzo 2001 della Commissione delle Comunità europee è formulato così:
“(…) Senza danno alle misure già adottate dagli Stati membri, gli Stati membri diversi dal Regno Unito prendono tutte le misure di precauzione ivi compreso l’isolamento degli animali sensibili e l’abbattimento preventivo degli ovini, (…) spediti o in provenienza dal Regno Unito tra il 1 febbraio ed il 21 febbraio 2001 “
IN DIRITTO
SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
29. I richiedenti stimano che il carattere illegale della misura di abbattimento preventivo del loro bestiame, così come la mancanza di indennizzo integrale del danno causato da questa misura ha portato gravemente attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
30. Il Governo stima che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne. Appellandosi alla giurisprudenza della Corte (in particolare alle sentenze Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, serie A no 39, e Cardot c. Francia, 19 marzo 1991, serie A no 200) sostiene che la questione della conformità delle misure di abbattimento e dell’indennizzo corrispondente col principio del rispetto dei beni non è mai stata sollevata dai richiedenti dinnanzi alle giurisdizioni interne sia che sia con riferimento diretto all’articolo 1 del Protocollo no 1 o, anche al diritto al rispetto della proprietà come riconosciuto in dritto interno.
31. Rinviando alla sentenza Guzzardi, precitata, i richiedenti fanno valere che hanno invocato in sostanza l’articolo 1 del Protocollo no 1 dinnanzi alle giurisdizioni amministrative. Secondo loro, è perfettamente chiaro che l’azione intentata dinnanzi a queste giurisdizioni aveva per oggetto di ottenere un risarcimento integrale del danno subito a causa dell’abbattimento del loro gregge e di garantire in sostanza il rispetto dei loro beni o almeno di ottenere in compenso una giusta indennità dell’attentato che vi era stato portata dalle autorità.
32. La Corte ricorda che la finalità della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne è di predisporre agli Stati contraenti l’occasione di prevenire o di risanare-normalmente tramite la via dei tribunali-le violazioni addotte contro loro prima che vengano sottoposte alla Corte. Questa disposizione deve applicarsi “con una certa flessibilità e senza formalismo eccessivo”; basta che l’interessato abbia sollevato ” dinnanzi alle autorità nazionali almeno in sostanza, e nelle condizioni e nei termini prescritti dal diritto interno” i motivi di appello che intende formulare in seguito (Fressoz e Roire c. Francia [GC], no 29183/95, § 37, CEDH 1999-I). Nello specifico, la Corte nota che i ricorsi intentati dai richiedenti dinnanzi alle giurisdizioni amministrative erano tesi infatti a contestare la legalità delle misure di abbattimento, così come l’importo dell’indennizzo che stimavano insufficiente. Conviene dunque respingere l’eccezione sollevata dal Governo.
33. Peraltro, la Corte constata che le richieste non sono manifestamente mal fondate ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
34. La Corte constata che le parti si intendono sul fatto che le misure di abbattimento controverso costituiscono un attentato alla proprietà dei richiedenti allo sguardo dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Nota quindi che queste non si sono pronunciate sul punto di sapere se suddetto attentato dovesse analizzarsi in una privazione di proprietà (primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1) o una misura che dipendeva dal potere che possiedono gli Stati di regolamentare l’uso dei beni (secondo capoverso).
35. Come la Corte ha precisato a più riprese, l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra l’altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, tra altre, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98 e Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 61, serie A no 52; vedere anche Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V, e Hutten-Czapska c. Polonia [GC], no 35014/97, § 157, CEDH 2006-VIII).
36. Nello specifico, la Corte stima che le misure di abbattimento preventivo di ovini che miravano ad evitare lo scoppio di un epizootia di febbre aftosa sul territorio nazionale si analizzano in una regolamentazione dell’uso dei beni. Questa ingerenza dunque dipende dal secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Però, come è stato ricordato precedentemente, questa regola si deve interpretare alla luce del principio generale del rispetto della proprietà enunciato nel primo paragrafo del primo capoverso dell’articolo precitato.
37. La Corte nota che le parti sono in disaccordo sul punto di sapere se queste misure erano legali e se hanno fatto pesare un carico sproporzionato sui richiedenti.
1. Legalità delle misure di abbattimento
a) Tesi delle parti
38. I richiedenti stimano che le misure di abbattimento preventivo del loro bestiame erano prive di base legale, per il fatto che non rispettavano né l’articolo L. 221-1 del codice rurale né il decreto del 27 dicembre 1991. Appellandosi in particolare ad una decisione del Consiglio di stato (CE, S., 16 maggio 2001, Sposo Duffaut, Rec, p,. 241) fanno valere che la legalità di una misura di abbattimento di un gregge è rispettata solamente a partire dal momento in cui le modalità sono previste da un’ordinanza congiunta del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato delle finanze. Ora, nello specifico, questa ordinanza è intervenuta solamente il 7 marzo 2001, o alcuni giorni dopo l’abbattimento del loro bestiame. I richiedenti sottolineano che la corte amministrativa di appello ha riconosciuto che la direzione generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura non aveva competenza per decretare le istruzioni del 27 e del 28 febbraio 2001, sul fondamento delle quali l’abbattimento dei greggi era stato ordinato ed eseguito. Tuttavia, ha considerato che questa illegalità era cancellata sul solo fondamento delle “circostanze eccezionali avute riguardo alla situazione di emergenza.” Secondo i richiedenti, questa situazione di emergenza era lontano dall’ essere evidente dato che le autorità britanniche avevano preso già delle misure di sorveglianza e di confinamento degli allevamenti, e che il decreto del 27 dicembre 1991 contemplava una serie di disposizioni in caso di sospetto di apparizione di febbre aftosa, come era il caso nello specifico. Infine, aggiungono che la contaminazione con la malattia ritenuta contagiosa non era né dichiarata né stabilita, e che l’abbattimento del gregge è intervenuto senza aspettare i risultati delle analisi epidemiologiche che si sono rivelate del resto in seguito negative.
39. Il Governo sostiene che le misure di abbattimento si inserivano in una cornice legale precisa, adattata alla situazione eccezionale che rappresentava il rischio di epidemia aftosa. A questo riguardo, ricorda che, in questo ambito, la Corte ha un approccio prammatico e realista. Citando certe sentenze della Corte (Bock e Palade c. Romania, no 21740/02, 15 febbraio 2007, Dogru c. Francia, no 27058/05, 4 dicembre 2008, e Kervanci c. Francia, no 31645/04, 4 dicembre 2008) il Governo fa valere che ha sempre inteso il termine “legge” nella sua accettazione patrimoniale e non formale, e che non le appartiene di pronunciarsi sull’opportunità delle tecniche scelte dal legislatore di un Stato per regolamentare tale o tal’altro ambito.
40. Nello specifico, sottolinea che le misure in causa si fondavano, al meito, sulla regolamentazione nazionale, mentre, per la forma, si appellavano a una giurisprudenza consolidata ed anziana del Consiglio di stato. Concernente la cornice legale e regolamentare, il Governo ricorda innanzitutto il contesto in cui le misure di abbattimento incriminate sono state prese per bloccare un’epidemia di febbre aftosa in provenienza dalla Gran Bretagna. Sottolinea che la malattia è altamente contagiosa, che tocca tutti le specie di ruminanti e di suini, che il virus è estremamente resistente, e che la diffusione della malattia può essere folgorante. Nel febbraio 2001, le informazione concernenti l’epizootia che imperversava nel Regno Unito erano molto allarmanti: il primo caso era stato notificato dalla Gran Bretagna il 21 febbraio, dodici focolari erano registrati il 26 febbraio e ventidue focolari il 28 febbraio; e, nei seguenti mesi, più di 750 focolari sono stati scoperti alla fine in questo paese. Peraltro, 22 015 ovini di origine britannica erano stati introdotti tra il 1 ed il 21 febbraio 2001 in 75 allevamenti francesi, e 30 000 animali francesi di specie sensibili così come 10 000 ovini provenienti dai Paesi Bassi erano stati in contatto con questi animali. Le autorità francesi sapevano, inoltre che la maggior parte delle pecore arrivate in questi allevamenti francesi dovevano ripartire velocemente per altre destinazioni, in ragione degli scambi di ovini molto importanti precedenti la festa dell’Aïd-el-Kebir, ciò che rinforzava ancora il rischio di divulgazione del virus.
41. Il Governo sostiene che, in questo contesto, l’eutanasia degli ovini in provenienza dalla Gran Bretagna o la cui origine non poteva essere determinata con certezza, introdotta in Francia dopo il 31 gennaio 2001, così come degli animali delle specie sensibili che erano stati in contatto con questi ovini, è apparsa come la sola soluzione che permettesse di evitare lo sviluppo dell’epizootia sul territorio nazionale.
42. Precisa che le istruzioni del 27 e del 28 febbraio 2001 avevano per fondamento l’articolo L. 221-1 del codice rurale e riconosce che provenivano dal solo ministro dell’agricoltura, mentre questo articolo contempla la necessità di un’ordinanza interministeriale. Però, fa valere che la situazione di emergenza esigeva delle misure di salvaguardia immediata la cui efficacia sarebbe stata compromessa se i termini legati alla firma di un’ordinanza congiunta fossero stati rispettati rigorosamente.
43. L’ammorbidimento formale operato per questa ragione si fondava, secondo il Governo, su delle regole di diritto preciso ed era giustificato da circostanze eccezionali; agendo così, il ministero dell’agricoltura si è messo nella cornice precisa della teoria giurisprudenziale delle circostanze eccezionali. Il Governo spiega che questa teoria è allo stesso modo vecchia (quasi un secolo di esistenza) che chiaramente era consolidata con la giurisprudenza del Consiglio di stato. Aggiunge che l’alta giurisdizione ammette tale ammorbidimento delle regole formali solo in caso di sopraggiungere brutale di avvenimenti gravi ed imprevisti, che verifica che l’autorità amministrativa era nell’impossibilità di agire legalmente e che l’azione effettuata inseguiva un obiettivo di interesse generale.
b) Valutazione della Corte
44. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. In particolare, il secondo capoverso di questo articolo, pure riconoscendo agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni, pone la condizione che questo diritto si eserciti col collocamento in vigore di “leggi”,presupponendo il principio di legalità l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili nella loro applicazione (vedere, mutatis mutandis, Broniowski, precitata, § 147). La Corte è chiamata inoltre a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato, anche in caso di rispetto delle esigenze legali, produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione (Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, §§ 108-110, CEDH 2000-I).
45. Nello specifico, la Corte constata che le misure di abbattimento del 2 e 3 marzo 2001 sono state presi sul fondamento di due istruzioni ministeriali decretate dalla direttrice generale dell’alimentazione del ministero dell’agricoltura e della pesca il 27 e il 28 febbraio 2001. È vero, come sottolineano i richiedenti e come ha rilevato la corte amministrativa di appello di Nantes del resto, che l’articolo L. 221-1 del codice rurale esige che tali misure siano prese sul fondamento di un’ordinanza congiunta del ministro incaricato dell’agricoltura e del ministro incaricato dell’economia e delle finanze; ora, questa ordinanza è intervenuta solamente il 7 marzo 2001. Tuttavia, la Corte rileva che i giudici di appello hanno considerato che le misure di abbattimento erano legali in virtù della giurisprudenza sulle circostanze eccezionali. Hanno giudicato difatti che il carattere altamente contagioso della febbre aftosa ed i rischi di epizootia di questa malattia sul territorio nazionale costituivano delle circostanze eccezionali che giustificavano l’adozione, da parte delle autorità, di misure di salvaguardia necessarie, e questo, senza aspettare la firma di un’ordinanza interministeriale che necessitava un termine incompressibile, incompatibile con l’emergenza della risposta da portare all’epidemia sopraggiunta in un paese vicino.
46. Resta da esaminare se la base legale sulla quale rimetteva le misure controverse era sufficiente ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo ricordato che la nozione di “legge” deve essere sentita nella sua accezione “patrimoniale” e non “formale” e che vi include perciò l’insieme costituito dal diritto scritto, ivi compresi dei testi di rango infra legislativo (vedere, in particolare, Di Wilde, Ooms e Versyp c. Belgio, 18 giugno 1971, § 93, serie A no 12) così come la giurisprudenza che l’interpreta (vedere, mutatis mutandis, Kruslin c. Francia, 24 aprile 1990, § 29, serie A no 176-A).
47. La Corte rileva che le misure di abbattimento preventivo si fondavano sulle istruzioni ministeriali del 27 e del 28 febbraio 2001 che si appellavano loro stesse all’articolo 221-1 del codice rurale, così come su una giurisprudenza ben consolidata del Consiglio di stato relativa alle circostanze eccezionali (paragrafo 28 sopra). Si fondavano dunque su una base legale sufficiente in diritto interno ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
48. La Corte stima anche che l’interpretazione che è stata fatta della legge e della giurisprudenza nello specifico non era arbitraria, avuto in particolare riguardo ai rischi di epizootia di febbre aftosa che esisteva nel marzo 2001. La Corte ricorda a questo riguardo che septta al primo capo alle autorità nazionali, e singolarmente ai corsi e ai tribunali, interpretare ed applicare il diritto interno (Brualla Gómez del Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 31, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII, e Glässner c. Germania, (dec.), no 46362/99, CEDH 2001-VII).
49. Ne segue che le misure criticate erano “legali” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Resta da determinare se inseguivano uno scopo legittimo conforme all’interesse generale e se un “giusto equilibrio” è stato predisposto tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
2. Perseguimento di un scopo legittimo conforme all’interesse generale
50. La Corte ricorda che ogni ingerenza nel godimento di un diritto o di una libertà riconosciuto dalla Convenzione deve inseguire uno scopo legittimo. Il principio del “giusto equilibrio” inerente all’articolo 1 del Protocollo no 1 suppone l’esistenza di un interesse generale della comunità (vedere § 148 Broniowski, precitata,). Nello specifico, non suscita controversia che le misure di abbattimento inseguivano uno scopo legittimo conforme all’interesse generale, ossia la preservazione della salute pubblica e della sicurezza alimentare.
3. Pianificazione di un giusto equilibrio tra gli interessi in causa
a) Tesi delle parti
51. I richiedenti sostengono che l’attentato ai loro beni risulta anche dal fatto che non hanno potuto ottenere un indennizzo integrale del danno subito e denunciano l’atteggiamento del giudice amministrativo che ha applicato in modo retroattivo l’ordinanza interministeriale del 7 marzo 2001. Stimano che gli importi fissati dalle ordinanze del 7 marzo e del 26 settembre 2001 non coprivano l’interezza del danno subito per la perdita del loro gregge. Infine, rimproverano alla corte amministrativa di appello di non avere considerato le conclusioni dei periti e di avere preso in conto un regime speciale di indennizzo.
52. Il Governo sostiene, in quanto a lui che un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze di interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, avuto riguardo agli obiettivi perseguiti dalla misura di abbattimento ed agli indennizzi accordati ai richiedenti. Stima che le misure di indennizzo impegnato nello specifico, sebbene plafonate e non considerando il principio di un indennizzo integrale dunque, presentavano un carattere proporzionato, avuto riguardo alle circostanze in cui erano state istituite. A questo riguardo, il Governo sottolinea che l’abbattimento degli animali sospetti, in caso di epidemia, non potrebbe analizzarsi come un atto di spodestamento che giustifica un indennizzo integrale. Si tratta, difatti, di una misura che risponde ad un interesse superiore a quello della conservazione del bene che può, secondo la giurisprudenza della Corte, attenuare, addirittura annullare, l’esigenza di indennizzo; cita a questo motivo una sentenza della Corte a proposito di una ricomposizione (Poiss c. Austria, 23 aprile 1987, serie A no 117).
53. Aggiunge che, in questa stessa logica, la Corte di giustizia delle Comunità europee, in una sentenza del 10 luglio 2003 (cause unite Booker aquaculture Ltd, C-20/00 ed Idro Seafood GSP LTD, C-64/00), ha valutato la compatibilità della mancanza di regime indennizzante con le esigenze che derivano dalla protezione del diritto fondamentale di proprietà garantito dalla Convenzione e considerato che le misure di distruzione e di abbattimento immediato degli animali messe in opera da un Stato membro in vista della lotta contro una malattia degli animali, non accompagnate da un dispositivo di indennizzo, non erano incompatibili col diritto fondamentale di proprietà.
54. Dedicandosi alla causa, il Governo fa valere che la compatibilità del regime speciale di indennizzo, previsto dall’articolo L. 221 – 2 del codice rurale e l’ordinanza del 7 marzo 2001, con le esigenze del diritto al rispetto dei beni deve dunque, in realtà, rivalutarsi allo sguardo dei motivi di interesse generale perseguito dalle misure tese alla lotta contro la febbre aftosa. Essendo stato giustificato l’abbattimento del bestiame dei richiedenti di obiettivi di salute pubblica, questa misura non doveva dunque necessariamente essere corredata da un indennizzo integrale.
55. Infine, il Governo aggiunge che l’indennizzo accordato ai richiedenti non era trascurabile, poiché gli importi versati rappresentavano i tre quarti dell’importo delle perdite finanziarie come stabilite dal rapporto dei periti per ogni allevamento.
b) Valutazione della Corte
56. La Corte ricorda che non solo un’ingerenza nel diritto di proprietà deve prevedere, nei fatti come in principio, uno “scopo legittimo” conforme all’ “interesse generale”, ma deve esistere anche un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura applicata dallo stato, ivi comprese le misure destinate a regolamentare l’uso dei beni di un individuo. È ciò che esprime la nozione del “giusto equilibrio” che deve essere predisposto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere particolarmente Hutten-Czapska, precitata, § 167, CEDH 2006-VIII e Sporrong e Lönnroth, precitata, § 69). Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (vedere, in particolare, Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999-V).
57. Dedicandosi alla presente causa, la Corte rileva che le misure controverse non avevano un carattere sproporzionato. Prevedevano difatti, solamente una categoria di animali e sono state prese solamente il tempo necessario per la lotta contro l’epidemia di febbre aftosa e per proteggere la salute pubblica e la sicurezza alimentare sul territorio, ambiti in cui gli Stati godono di un certo margine di valutazione. Infine, concernente l’indennizzo di cui i richiedenti si lamentano, la Corte constata, da una parte, che il regime di indennizzo che è stato applicato loro era lontano dall’ essere arbitrario poiché garantiva un indennizzo uguale all’insieme degli allevatori che avevano dovuto subire delle perdite legate alle misure di abbattimento e, dall’altra parte, che le somme versate ai Sigg. C. e F. (71 102,22 EUR e 80 249,16 EUR) rappresentavano rispettivamente l’84, 5% e il 72% dell’importo valutato dai periti.
58. Avuto riguardo a ciò che precede e tenuto conto del margine di valutazione degli Stati in materia di regolamentazione dell’uso dei beni, la Corte stima che le misure controverse non hanno avuto un carattere sproporzionato.
59. Non c’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce le richieste;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Satbilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 15 luglio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Non-violation de P1-1
CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE CHAGNON et FOURNIER c. FRANCE
(Requêtes nos 44174/06 et 44190/06)
ARRÊT
STRASBOURG
15 juillet 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Chagnon et Fournier c. France,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Jean-Paul Costa,
Karel Jungwiert,
Rait Maruste,
Mark Villiger,
Isabelle Berro-Lefèvre,
Mirjana Lazarova Trajkovska, juges,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 15 juin 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent deux requêtes (nos 44174/06 et 44190/06) dirigées contre la République française et dont deux ressortissants de cet Etat, MM. J.-M. C. et N. F. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 27 octobre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Mes R. H. et H. M., avocats à Strasbourg. Le gouvernement français (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Belliard, directrice des affaires juridiques au ministère des Affaires étrangères.
3. Les requérants alléguaient une violation de l’article 1 du Protocole no 1. Ils estimaient que le caractère illégal de la mesure d’abattage préventif de leur troupeau d’ovins, ainsi que l’absence d’indemnisation intégrale du préjudice causé par cette mesure, avaient gravement porté atteinte à leur droit au respect de leurs biens.
4. Le 25 novembre 2008, le président de la cinquième section a décidé de communiquer les requêtes au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. MM. C. et F., nés en 1953 et en 1966, résident à Rezay et à Nérondes, respectivement.
6. A la suite de l’épidémie de fièvre aphteuse qui fut déclarée en Grande-Bretagne en février 2001, les autorités françaises prirent différentes mesures pour protéger les filières bovine, ovine, caprine et porcine sur le territoire national, notamment dans le département du Cher.
7. Les 27 et 28 février 2001, deux instructions ministérielles émanant du ministère de l’agriculture et de la pêche – visant un arrêté « en cours de signature » – furent adressées aux préfets et à tous les services vétérinaires départementaux. Elles indiquaient l’urgence de procéder non seulement à l’euthanasie et à la destruction des animaux des espèces sensibles à la fièvre aphteuse originaires du Royaume-Uni et ayant été expédiés du Royaume-Uni vers la France à partir du 1er février 2001, avec ou sans transit par un autre Etat membre, et notamment les Pays-Bas, mais aussi de tous les animaux des espèces sensibles à la fièvre aphteuse qui ont été ou sont en contact avec ces animaux. Par ailleurs, elles annonçaient l’adoption d’un arrêté ministériel prévoyant une indemnisation forfaitaire des propriétaires des animaux abattus et détruits.
8. Le 1er mars 2001, le préfet du Cher prit un arrêté afin de placer l’exploitation des requérants sous la surveillance des services vétérinaires pour cause de suspicion de fièvre aphteuse.
9. En application des instructions ministérielles, les 2 et 3 mars 2001, le préfet ordonna l’abattage de l’ensemble du cheptel ovin de M. C., soit 583 animaux, et 518 ovins provenant de l’exploitation de M. F., dans le cadre du plan de lutte contre la fièvre aphteuse.
10. Aucun prélèvement ne fut effectué sur les cadavres du dernier groupe d’ovins abattus.
11. Sur réquisition préfectorale en date du 5 mars 2001, et conformément à un arrêté interministériel du 18 mars 1993, deux experts agricoles et fonciers procédèrent à l’estimation financière des ovins abattus, ainsi qu’à l’évaluation des pertes d’exploitation engendrées par la mesure d’abattage.
12. Le 7 mars 2001, un arrêté interministériel fut pris pour ordonner l’euthanasie et la destruction de tous les animaux des espèces bovine, ovine et caprine originaires du Royaume-Uni et introduits en France après le 31 janvier 2001. L’article 8 de l’arrêté fixait les modalités d’indemnisation des propriétaires des animaux euthanasiés et prévoyait, concernant les animaux de l’espèce ovine, une indemnisation plafonnée à 76,22 euros (EUR) par ovin.
13. Le 12 mars 2001, le préfet ordonna l’abattage du reste des ovins de l’exploitation de M. F., soit 140 animaux.
14. Dans un rapport remis aux requérants le même jour, les pertes engendrées par la mesure d’abattage du cheptel ovin furent estimées par les experts à 84 093,93 EUR concernant M. C. et 111 657,47 EUR pour M. F..
15. Le 17 mars 2001, les prélèvements effectués sur les animaux abattus ne firent apparaître aucune infection par le virus de la fièvre aphteuse.
16. Les 10 et 11 avril 2001, MM. C. et F.r perçurent respectivement les sommes de 44 438,89 EUR et 50 155,72 EUR, en application de l’arrêté du 7 mars 2001.
17. Par courrier en date du 11 mai 2001, la chambre d’agriculture du Cher, après avoir constaté que les indemnités versées ne correspondaient pas au préjudice réel subi, demanda au préfet de procéder à une expertise complémentaire et d’indemniser les éleveurs de la totalité des pertes directes (valeurs des animaux) et indirectes (pertes d’exploitation) subies.
18. Le 30 juillet 2001, les requérants saisirent le préfet d’une demande en réparation complémentaire qui fut rejetée le 28 septembre 2001.
19. Le 26 septembre 2001, un arrêté interministériel modifiant l’arrêté du 7 mars 2001 fixa, pour des cas particuliers justifiés par la valeur zootechnique, le montant de l’indemnisation à 121,96 EUR par animal abattu.
20. Le 11 octobre 2001, le préfet informa les requérants que les nouvelles conditions prévues par l’arrêté du 26 septembre 2001 allaient modifier leur indemnisation.
21. Le 22 octobre 2001, MM. C. et F. saisirent le tribunal administratif d’Orléans d’une demande visant à contester la légalité de la mesure d’abattage et à condamner l’Etat à leur verser respectivement les sommes de 63 625 et 76 646 EUR en réparation du préjudice que leur avait causé l’abattage de leur troupeau.
22. En cours d’instance, le 23 novembre 2001, l’Etat versa aux requérants une indemnité complémentaire de 26 663,33 EUR pour M. C. et de 30 093,44 EUR pour M. F., en application de l’arrêté du 26 septembre 2001.
23. Par deux jugements du 8 janvier 2004, le tribunal administratif considéra que la mesure d’abattage du 2 mars 2001 était dépourvue de base légale et qu’elle engageait la responsabilité de l’Etat. Il estima notamment que si les instructions ministérielles des 27 et 28 février 2001 visaient un arrêté interministériel « en cours de signature », ce dernier ne pouvait donner rétroactivement un fondement légal aux mesures prises avant son entrée en vigueur, que les autres dispositions visées par les instructions ministérielles litigieuses n’étaient pas susceptibles de justifier un abattage d’animaux dont l’infection n’était pas démontrée et que, par suite, les instructions ministérielles ne pouvaient légalement fonder l’abattage préventif d’animaux. S’agissant du préjudice subi par les requérants, le tribunal condamna l’Etat à verser une indemnité de 24 259,63 EUR à M. C. et 27 731,37 EUR à M. F.. Le tribunal jugea par ailleurs que, dès lors que l’abattage n’avait pas été réalisé sur la base de l’arrêté interministériel du 7 mars 2001 modifié, les dispositions financières de celui-ci, limitant le montant de l’indemnisation à 122 EUR par animal, n’étaient pas applicables.
24. Le 17 mars 2004, le ministre de l’agriculture, de l’alimentation, de la pêche et des affaires rurales interjeta appel du jugement.
25. Par deux arrêts du 1er mars 2005, la cour administrative d’appel de Nantes annula les jugements du 8 janvier 2004. L’arrêt était motivé comme suit :
« Considérant, toutefois, qu’il résulte de l’instruction que la fièvre aphteuse est une maladie hautement contagieuse qui touche toutes les espèces de ruminants, notamment les ovins, et de porcins et se transmet par contact entre animaux, par le vent, par les produits d’origine animale ou par des vecteurs inanimés ; que le virus est extrêmement résistant et la diffusion de la maladie est connue comme pouvant être foudroyante ; que, d’ailleurs, dans le mois qui a suivi l’apparition de l’épidémie de fièvre aphteuse en Grande-Bretagne, plus de 750 foyers ont été détectés dans ce pays ; que compte tenu de l’introduction en France, entre le 1er et le 21 février 2001, date de fermeture des frontières avec le Royaume-Uni, de plus de 22 000 ovins d’origine britannique et de la présence de 30 000 animaux d’espèces sensibles ayant été en contact avec ces ovins dans 75 exploitations françaises, les pouvoirs publics avaient l’obligation de prendre toutes mesures utiles afin d’éviter le déclenchement, sur le territoire national, d’une épizootie qui aurait eu des répercussions économiques catastrophiques pour les éleveurs ; que compte tenu de la difficulté de déceler les signes annonciateurs de la maladie chez les ovins, lesquels peuvent présenter des symptômes très discrets, voire aucun symptôme, l’administration ne pouvait se limiter, contrairement à ce que soutient M. C., à mettre en place une simple surveillance des animaux dans le cadre de mesures prévues par le décret du 27 décembre 1991 […], en cas d’apparition des symptômes de fièvre aphteuse ; qu’en outre, la vaccination ne pouvait avoir d’effet pour les animaux déjà contaminés ; que les anticorps dans le sang des animaux infectés n’apparaissant que dans un délai de dix à quinze jours, les abattages des ovins ayant été importés du Royaume-Uni ou de ceux ayant été en contact avec ces animaux, devaient être effectués, de façon préventive, sans attendre le résultat des prélèvements effectués pour vérifier l’existence de l’infection ; qu’il résulte de ce qui précède, que l’efficacité des mesures de prévention de l’épizootie de fièvre aphteuse était conditionnée par la rapidité des mesures de sauvegarde prises par les pouvoirs publics, lesquelles ont d’ailleurs permis de limiter à 50 000 le nombre d’animaux abattus en France, et à deux, celui des foyers apparus, par la suite, sur le territoire national, alors que plus de 2 000 foyers ont été recensés au Royaume-Uni et 6 millions d’animaux abattus et incinérés ; que, dans ces circonstances exceptionnelles, eu égard à cette situation d’urgence, c’est légalement que, pour éviter l’apparition en France de foyers de fièvre aphteuse, la directrice générale de l’alimentation du ministère de l’agriculture, agissant par délégation du ministre chargé de l’agriculture, a pris sur le fondement de l’article L. 221-1 du code rural et pour une période très limitée, les mesures de sauvegarde nécessaires sans attendre la signature de l’arrêté conjoint interministériel, prévu par lesdites dispositions du code rural, qui nécessitait un délai incompressible, incompatible avec l’urgence de la réponse à apporter à l’épidémie survenue dans un pays voisin (…) »
26. Par deux décisions du 26 avril 2006, le Conseil d’Etat déclara les pourvois des requérants non admis.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
1. Le code rural
Article L. 221-1
« Suivant les modalités prévues par un arrêté conjoint du ministre chargé de l’agriculture et du ministre chargé de l’économie et des finances, le ministre chargé de l’agriculture peut prendre toutes mesures destinées à prévenir l’apparition, à enrayer le développement et à poursuivre l’extinction des maladies des animaux réputées contagieuses, en vertu du présent titre.
Des décrets en Conseil d’Etat définissent les modalités selon lesquelles peuvent être prises les mesures de lutte contre les maladies des animaux non réputées contagieuses. »
Article L. 221-2
« Des arrêtés conjoints du ministre chargé de l’agriculture et du ministre chargé de l’économie et des finances fixent les conditions d’indemnisation des propriétaires dont les animaux ont été abattus sur l’ordre de l’administration, ainsi que les conditions de la participation financière éventuelle de l’Etat aux autres frais obligatoirement entraînés par l’élimination des animaux. Toute infraction aux dispositions du présent titre et aux règlements pris pour leur application peut entraîner la perte de l’indemnité. La décision appartient au ministre chargé de l’agriculture, sauf recours à la juridiction administrative.
Le ministre chargé de l’agriculture peut accorder aux exploitants qui en font la demande, en vue du diagnostic, de la prévention et du traitement des maladies des animaux, de l’élimination des animaux malades, de la réfection du logement des animaux et de l’assainissement du milieu, des subventions dont le montant est déterminé par des arrêtés conjoints des mêmes ministres. »
2. Le décret no 91-1318 du 27 décembre 1991 relatif à la lutte contre la fièvre aphteuse
« Chapitre II
Mesures en cas de suspicion
Art. 7. – Lorsqu’est signalée la présence d’un animal suspect de fièvre aphteuse, le préfet prend, après avis du directeur des services vétérinaires et conformément à l’article 227 du code rural, un arrêté de mise sous surveillance de l’exploitation hébergeant cet animal, qui entraîne l’application des mesures suivantes :
1o Tous les animaux, de quelque espèce que ce soit, sont isolés, séquestrés, visités et recensés ; ils peuvent être marqués de manière provisoire ;
2 o Les prélèvements nécessaires au diagnostic et aux enquêtes épidémiologiques sont effectués ;
3 o La sortie des animaux, de leurs produits ou des aliments qui leur sont destinés est interdite ;
4 o Aucun animal, de quelque espèce que ce soit, ne peut être introduit sur l’exploitation ;
5 o La circulation des personnes et des véhicules en provenance ou à destination de l’exploitation est subordonnée à l’autorisation du préfet en application de l’article 236 du code rural ;
6 o Tout véhicule autorisé à sortir de l’exploitation est désinfecté ; tout objet qui ne peut être gardé à l’intérieur de l’exploitation est désinfecté avant sa sortie ou détruit.
Art. 8. – Un arrêté du ministre de l’agriculture précise les modalités techniques de mise en œuvre des dispositions de l’article 7. (…) »
« Chapitre III
Mesures en cas de confirmation
Art. 12 – Dès que l’infection par le virus aphteux est confirmée par un laboratoire agréé, le préfet prend, après avis du directeur des services vétérinaires, un arrêté portant déclaration d’infection en application de l’article 228 du code rural.
Cet arrêté délimite un périmètre interdit comprenant, outre l’exploitation hébergeant l’animal reconnu infecté, une zone de protection d’une largeur d’au moins de 3 kilomètres et une zone de surveillance d’une largeur d’au moins 10 kilomètres autour de ladite exploitation. La délimitation de ces zones tient compte des barrières naturelles, des facilités de contrôle et des progrès technologiques permettant de prévoir la dispersion possible du virus par voie aérienne ou toute autre voie : elle peut être modifiée, si nécessaire, en fonction d’éléments nouveaux.
Art. 13 – A l’ égard de l’exploitation hébergeant l’animal reconnu infecté, la déclaration d’infection entraîne la mise en œuvre ou le maintien des mesures mentionnées aux articles 7 et 8 du présent décret. En outre, l’exploitation est soumise dans les plus brefs délais, sous le contrôle du directeur des services sanitaires, aux mesures suivantes :
(…)
Un arrêté conjoint du ministre de l’agriculture et du ministre chargé de l’environnement précise les modalités techniques de mise en œuvre des mesures prévues au présent article. »
« Chapitre IV
Dispositions financières
Art. 20. – (…)
Il sera alloué aux propriétaires d’animaux abattus ou de produits détruits sur ordre de l’administration une indemnité égale à la valeur estimée. Pour l’estimation des animaux, il est fait abstraction de l’existence de la fièvre aphteuse.
(…)
Un arrêté conjoint du ministre de l’agriculture et du ministre chargé du budget détermine les modalités de mise en œuvre des dispositions du présent article. »
3. Instruction ministérielle du 27 février 2001 (PSA/BA/01144) émanant de la Direction générale de l’alimentation du ministère de l’agriculture et de la pêche, adressée aux directeurs des services vétérinaires
« Références réglementaires :
Décret no 91-1318 du 27 décembre 1991 relatif à la lutte contre la fièvre aphteuse
Arrêté du 17 mai 1994 relatif aux conditions de police sanitaire régissant les échanges intracommunautaires d’ovins et de caprins
Arrêt du février 2001 relatif à certaines mesures de protection vis-à-vis de la fièvre aphteuse au Royaume-Uni (en cours de signature)
Décision adoptée au comité vétérinaire permanent du 27 février 2001 relative aux mesures de protection contre la fièvre aphteuse au Royaume-Uni et remplaçant la décision 2001/145/CE
Comme suite à l’épidémie de fièvre aphteuse qui sévit au Royaume-Uni depuis le 16 février 2001 et afin de protéger les filières bovine, ovine, caprine et porcine sur le territoire national, j’ai l’honneur de vous faire part des instructions suivantes :
Dispositions relatives aux ovins importés du Royaume-Uni après le 31 janvier 2001
Tous les ovins introduits en France après le 31 janvier 2001 en provenance du Royaume-Uni, ou en provenance d’autres Etats membres et pour lesquels vous ne parvenez pas à déterminer avec certitude l’origine (…) doivent être euthanasiés sur place et leurs cadavres détruits dans les plus brefs délais. (…) »
4. Instruction ministérielle du 28 février 2001 émanant de la Direction générale de l’alimentation du ministère de l’agriculture et de la pêche, adressée aux préfets et aux directeurs des services vétérinaires
« En complément de la note DGAL/PSA/BA/011144 du 27 février 2001, il est urgent que vous procédiez non seulement à l’euthanasie et la destruction des animaux des espèces sensibles à la fièvre aphteuse originaires du Royaume-Uni et ayant été expédiés du Royaume-Uni vers la France à partir du 1er février 2001, avec ou sans transit par un autre Etat membre et notamment les Pays-Bas, mais aussi de tous les animaux des espèces sensibles à la fièvre aphteuse qui ont été ou sont en contact avec ces animaux. (…) »
5. Arrêté du 7 mars 2001 (entré en vigueur le 9 mars 2001) relatif à certaines mesures de protection vis-à-vis de la fièvre aphteuse
« Art. 1er. – Les exploitations qui détiennent des animaux des espèces ovine, caprine, porcine ou d’autres bi-ongulés originaires du Royaume-Uni et introduits en France après le 31 janvier 2001 sont placées sous arrêté préfectoral de mise sous surveillance, qui prescrit les mesures prévues à l’article 7 du décret du 27 décembre 1991 et à l’article 15 de l’arrêté du 23 novembre 1994 susvisés.
Il en est de même pour les exploitations détenant des animaux des espèces ovine, caprine, porcine ou d’autres bi-ongulés introduits en France après le 31 janvier 2001, suspects de provenir du Royaume-Uni, et ayant transité par un autre Etat membre, à moins que leur détenteur puisse établir qu’ils n’ont pas été expédiés du Royaume-Uni après le 31 janvier 2001.
Art. 2. – Tous les animaux des espèces bovine, ovine, caprine, porcine ou d’autres bi-ongulés détenus dans les exploitations visées à l’article 1er sont euthanasiés et détruits, quelle que soit leur origine, dans les conditions prévues à l’article 13 du décret du 27 décembre 1991 susvisé et à l’article 18 de l’arrêté du 23 novembre 1994 susvisé.
(…)
Art. 8. – L’Etat indemnise les propriétaires des animaux euthanasiés et détruits conformément aux prescriptions de l’article 2, sous réserve du respect de l’ensemble des mesures réglementaires en vigueur. Le montant de l’indemnisation est fixé en application des dispositions de l’arrêté du 18 mars 1993 susvisé, et notamment les articles 4 et 5. En ce qui concerne les animaux de l’espèce ovine, l’indemnisation est plafonnée à 76,22 Euro et elle pourra être déterminée par le directeur des services vétérinaires après examen de justificatifs comptables présentés par le propriétaire des animaux.
L’Etat indemnise les propriétaires des carcasses d’ovins originaires du Royaume-Uni et introduites en France entre le 1er et le 21 février 2001, ainsi que les propriétaires des carcasses d’ovins issues d’animaux originaires du Royaume-Uni introduits après le 31 janvier 2001 et abattus en France, sous réserve du respect de l’ensemble des mesures réglementaires en vigueur. Le montant de l’indemnisation est fixé forfaitairement à 45,73 Euro par carcasse. Cette indemnisation se fera sur présentation des justificatifs comptables relatifs à l’achat des animaux ou des carcasses, à l’abattage éventuel, à leur enlèvement et à leur destruction. »
6. Arrêté du 26 septembre 2001 modifiant l’arrêté du 7 mars 2001
« Art. 1er. – L’article 8 de l’arrêté du 7 mars 2001 susvisé est ainsi rédigé :
Art. 8. – L’Etat indemnise les propriétaires des animaux euthanasiés et détruits conformément aux prescriptions de l’article 2, sous réserve du respect de l’ensemble des mesures réglementaires en vigueur. Le montant de l’indemnisation est fixé en application des dispositions de l’arrêté du 18 mars 1993 susvisé, et notamment les articles 4 et 5. En ce qui concerne les animaux de l’espèce ovine, l’indemnisation est plafonnée à 76,22 Euro et elle pourra être déterminée par le directeur des services vétérinaires après examen de justificatifs comptables présentés par le propriétaire des animaux. Dans des cas particuliers, justifiés par leur valeur zootechnique, les animaux de l’espèce ovine pourront faire l’objet d’une indemnisation qui ne pourra pas être supérieure à 121,96 Euro.
L’Etat indemnise les propriétaires des carcasses d’ovins originaires du Royaume-Uni et introduites en France entre le 1er et le 21 février 2001, ainsi que les propriétaires des carcasses d’ovins issues d’animaux originaires du Royaume-Uni introduits après le 31 janvier 2001 et abattus en France, sous réserve du respect de l’ensemble des mesures réglementaires en vigueur. Le montant de l’indemnisation est fixé forfaitairement à 45,73 Euro par carcasse. Cette indemnisation se fera sur présentation des justificatifs comptables relatifs à l’achat des animaux ou des carcasses, à l’abattage éventuel, à leur enlèvement et à leur destruction. »
7. La jurisprudence relative aux circonstances exceptionnelles
27. La théorie des circonstances exceptionnelles a été élaborée par le juge administratif à l’occasion de la première guerre mondiale et est présentée comme étant une dérogation au principe de légalité (CE, 28 juin 1918, Heyriès, Rec. p.651, et CE, 28 février 1919, Dlles Dol et Laurent, GAJA no35). Selon cette théorie, dans des situations exceptionnelles, le juge peut autoriser l’administration à enfreindre les lois auxquelles elle devrait normalement se plier et décider que certaines décisions entachées d’illégalité demeurent légales. Cette jurisprudence s’est ensuite confirmée à propos de la Seconde Guerre mondiale et s’est étendue à d’autres situations de fait telles que les menaces de grève générale (CE, 18 avril 1947, Jarrigion, S., 1948, III, p. 33), les troubles sociaux ou encore les catastrophes naturelles (CE, 18 mai 1983, Rodes, Rec. p.199, AJDA 1984 p.44). Cette jurisprudence a également été appliquée dans le domaine de la santé publique à l’occasion d’épidémies (CE, 25 novembre 1994, Ministre de l’Intérieur et de l’Aménagement du territoire, no 148962 et 149018). Le rôle du juge administratif, lorsqu’il est saisi d’une telle situation, est de vérifier si certaines conditions sont réunies, telles que la survenance brutale d’événements graves et imprévus et la persistance des circonstances exceptionnelles à la date de l’acte litigieux, l’impossibilité pour l’autorité administrative d’agir légalement et le caractère d’intérêt général de l’action effectuée.
III. DISPOSITIONS COMMUNAUTAIRES
28. L’article 11 de la décision no 2001/172/CE du 1er mars 2001 de la Commission des Communautés européennes est ainsi libellé :
« (…) Sans préjudice des mesures déjà adoptées par les Etats membres, les Etats membres autres que le Royaume-Uni prennent toutes les mesures de précaution y compris l’isolement des animaux sensibles et l’abattage préventif des ovins, (…) expédiés en provenance du Royaume-Uni entre le 1er février et le 21 février 2001 (…) »
EN DROIT
SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
29. Les requérants estiment que le caractère illégal de la mesure d’abattage préventif de leur cheptel, ainsi que l’absence d’indemnisation intégrale du préjudice causé par cette mesure ont gravement porté atteinte à leur droit au respect de leurs biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1, qui se lit comme suit :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
30. Le Gouvernement estime que les requérants n’ont pas épuisé les voies de recours internes. S’appuyant sur la jurisprudence de la Cour (notamment les arrêts Guzzardi c. Italie, 6 novembre 1980, série A no 39, et Cardot c. France, 19 mars 1991, série A no 200), il soutient que la question de la conformité des mesures d’abattage et de l’indemnisation correspondante avec le principe du respect des biens n’a jamais été soulevée par les requérants devant les juridictions internes, que ce soit par référence directe à l’article 1 du Protocole no 1 ou, même au droit au respect de la propriété tel que reconnu en droit interne.
31. Renvoyant à l’arrêt Guzzardi (précité), les requérants font valoir qu’ils ont invoqué en substance l’article 1 du Protocole no 1 devant les juridictions administratives. Selon eux, il est parfaitement clair que l’action intentée devant ces juridictions avait pour objet d’obtenir une réparation intégrale du préjudice subi du fait de l’abattage de leur troupeau et d’assurer en substance le respect de leurs biens ou au moins d’obtenir une juste indemnité en contrepartie de l’atteinte qui y avait été portée par les autorités.
32. La Cour rappelle que la finalité de la règle de l’épuisement des voies de recours internes est de ménager aux Etats contractants l’occasion de prévenir ou de redresser – normalement par la voie des tribunaux – les violations alléguées contre eux avant qu’elles ne soient soumises à la Cour. Cette disposition doit s’appliquer « avec une certaine souplesse et sans formalisme excessif » ; il suffit que l’intéressé ait soulevé devant les autorités nationales « au moins en substance, et dans les conditions et délais prescrits par le droit interne » les griefs qu’il entend formuler par la suite (Fressoz et Roire c. France [GC], no 29183/95, § 37, CEDH 1999-I). En l’espèce, la Cour note que les recours intentés par les requérants devant les juridictions administratives visaient effectivement à contester la légalité des mesures d’abattage, ainsi que le montant de l’indemnisation qu’ils estimaient insuffisante. Il convient donc de rejeter l’exception soulevée par le Gouvernement.
33. Par ailleurs, la Cour constate que les requêtes ne sont pas manifestement mal fondées au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et qu’elles ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
34. La Cour constate que les parties s’entendent sur le fait que les mesures d’abattage litigieuses constituent une atteinte à la propriété des requérants au regard de l’article 1 du Protocole no 1. Elle note cependant que celles-ci ne se sont pas prononcées sur le point de savoir si ladite atteinte devait s’analyser en une privation de propriété (premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1) ou une mesure relevant du pouvoir que possèdent les Etats de réglementer l’usage des biens (second alinéa).
35. Comme la Cour l’a précisé à plusieurs reprises, l’article 1 du Protocole no 1 contient trois normes distinctes : la première, qui s’exprime dans la première phrase du premier alinéa et revêt un caractère général, énonce le principe du respect de la propriété ; la deuxième, figurant dans la seconde phrase du même alinéa, vise la privation de propriété et la soumet à certaines conditions ; quant à la troisième, consignée dans le second alinéa, elle reconnaît aux Etats le pouvoir, entre autres, de réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général. Il ne s’agit pas pour autant de règles dépourvues de rapport entre elles. La deuxième et la troisième ont trait à des exemples particuliers d’atteintes au droit de propriété ; dès lors, elles doivent s’interpréter à la lumière du principe consacré par la première (voir, entre autres, James et autres c. Royaume-Uni, 21 février 1986, § 37, série A no 98 et Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 61, série A no 52 ; voir aussi Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V, et Hutten-Czapska c. Pologne [GC], no 35014/97, § 157, CEDH 2006-VIII).
36. En l’espèce, la Cour estime que les mesures d’abattage préventif d’ovins qui visaient à éviter le déclenchement d’une épizootie de fièvre aphteuse sur le territoire national s’analysent en une réglementation de l’usage des biens. Cette ingérence relève donc du second alinéa de l’article 1 du Protocole no 1. Cependant, comme il a été rappelé précédemment, cette règle doit s’interpréter à la lumière du principe général du respect de la propriété énoncé dans le premier paragraphe du premier alinéa de l’article précité.
37. La Cour note que les parties sont en désaccord sur le point de savoir si ces mesures étaient légales et si elles ont fait peser une charge disproportionnée sur les requérants.
1. Légalité des mesures d’abattage
a) Thèses des parties
38. Les requérants estiment que les mesures d’abattage préventif de leur cheptel étaient dépourvues de base légale, en ce qu’elles ne respectaient ni l’article L. 221-1 du code rural ni le décret du 27 décembre 1991. S’appuyant notamment sur une décision du Conseil d’Etat (CE, S., 16 mai 2001, Epoux Duffaut, Rec., p. 241), ils font valoir que la légalité d’une mesure d’abattage d’un troupeau n’est respectée qu’à partir du moment où les modalités sont prévues par un arrêté conjoint du ministre chargé de l’agriculture et du ministre chargé des finances. Or, en l’espèce, cet arrêté n’est intervenu que le 7 mars 2001, soit quelques jours après l’abattage de leur cheptel. Les requérants soulignent que la cour administrative d’appel a reconnu que la direction générale de l’alimentation du ministère de l’agriculture n’avait pas compétence pour édicter les instructions des 27 et 28 février 2001, sur le fondement desquelles l’abattage des troupeaux avait été ordonné et exécuté. Toutefois, elle a considéré que cette illégalité était gommée sur le seul fondement des « circonstances exceptionnelles eu égard à la situation d’urgence ». Selon les requérants, cette situation d’urgence était loin d’être évidente étant donné que les autorités britanniques avaient déjà pris des mesures de surveillance et de confinement des exploitations, et que le décret du 27 décembre 1991 prévoit une série de dispositions en cas de suspicion d’apparition de fièvre aphteuse, comme c’était le cas en l’espèce. Enfin, ils ajoutent que la contamination par la maladie réputée contagieuse n’était ni déclarée ni établie, et que l’abattage du troupeau est intervenu sans attendre les résultats d’analyses épidémiologiques qui se sont d’ailleurs révélés négatifs par la suite.
39. Le Gouvernement soutient que les mesures d’abattage s’inscrivaient dans un cadre légal précis, adapté à la situation exceptionnelle que représentait le risque d’épidémie aphteuse. A cet égard, il rappelle que, dans ce domaine, la Cour a une approche pragmatique et réaliste. Citant certains arrêts de la Cour (Bock et Palade c. Roumanie, no 21740/02, 15 février 2007, Dogru c. France, no 27058/05, 4 décembre 2008, et Kervanci c. France, no 31645/04, 4 décembre 2008), le Gouvernement fait valoir qu’elle a toujours entendu le terme « loi » dans son acceptation matérielle et non formelle, et qu’il ne lui appartient pas de se prononcer sur l’opportunité des techniques choisies par le législateur d’un Etat pour réglementer tel ou tel domaine.
40. En l’espèce, il souligne que les mesures en cause reposaient, au fond, sur la réglementation nationale, tandis que, pour la forme, elles s’appuyaient sur une jurisprudence constante et ancienne du Conseil d’Etat. Concernant le cadre légal et réglementaire, le Gouvernement rappelle tout d’abord le contexte dans lequel les mesures d’abattage incriminées ont été prises pour enrayer une épidémie de fièvre aphteuse en provenance de Grande-Bretagne. Il souligne que la maladie est hautement contagieuse, qu’elle touche toutes les espèces de ruminants et de porcins, que le virus est extrêmement résistant, et que la diffusion de la maladie peut être foudroyante. En février 2001, les informations concernant l’épizootie sévissant au Royaume-Uni étaient très alarmantes : le premier cas avait été notifié par la Grande-Bretagne le 21 février, douze foyers étaient répertoriés le 26 février et vingt-deux foyers le 28 février ; et, dans le mois suivant, plus de 750 foyers ont finalement été détectés dans ce pays. Par ailleurs, 22 015 ovins d’origine britannique avaient été introduits entre le 1er et le 21 février 2001 dans 75 exploitations françaises, et 30 000 animaux français d’espèces sensibles ainsi que 10 000 ovins provenant des Pays-Bas avaient été en contact avec ces animaux. Les autorités françaises savaient, en outre, que la plupart des moutons arrivés dans ces exploitations françaises devaient repartir rapidement pour d’autres destinations, en raison des échanges d’ovins très importants précédant la fête de l’Aïd-el-Kebir, ce qui renforçait encore le risque de dissémination du virus.
41. Le Gouvernement soutient que, dans ce contexte, l’euthanasie des ovins en provenance de Grande-Bretagne ou dont l’origine ne pouvait être déterminée avec certitude, introduits en France après le 31 janvier 2001, ainsi que des animaux des espèces sensibles ayant été en contact avec ces ovins, est apparue comme la seule solution permettant d’éviter le développement de l’épizootie sur le territoire national.
42. Il précise que les instructions des 27 et 28 février 2001 avaient pour fondement l’article L. 221-1 du code rural et reconnaît qu’elles émanaient du seul ministre de l’agriculture, alors que cet article prévoit la nécessité d’un arrêté interministériel. Cependant, il fait valoir que la situation d’urgence exigeait des mesures de sauvegarde immédiates, dont l’efficacité aurait été compromise si les délais liés à la signature d’un arrêté conjoint avaient été strictement respectés.
43. L’assouplissement formel opéré pour cette raison reposait, selon le Gouvernement, sur des règles de droit précises et se justifiait par des circonstances exceptionnelles ; en agissant ainsi, le ministère de l’agriculture s’est placé dans le cadre précis de la théorie jurisprudentielle des circonstances exceptionnelles. Le Gouvernement explique que cette théorie est tout aussi ancienne (près d’un siècle d’existence) que clairement établie par la jurisprudence du Conseil d’Etat. Il ajoute que la haute juridiction n’admet un tel assouplissement des règles formelles qu’en cas de survenance brutale d’événements graves et imprévus, qu’elle vérifie que l’autorité administrative était dans l’impossibilité d’agir légalement et que l’action effectuée poursuivait un objectif d’intérêt général.
b) Appréciation de la Cour
44. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 exige qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale. En particulier, le deuxième alinéa de cet article, tout en reconnaissant aux Etats le droit de réglementer l’usage des biens, pose la condition que ce droit s’exerce par la mise en vigueur de « lois », le principe de légalité présupposant l’existence de normes de droit interne suffisamment accessibles, précises et prévisibles dans leur application (voir, mutatis mutandis, Broniowski, précité, § 147). La Cour est en outre appelée à vérifier si la manière dont le droit interne est interprété et appliqué, même en cas de respect des exigences légales, produit des effets conformes aux principes de la Convention (Beyeler c. Italie [GC], no 33202/96, §§ 108-110, CEDH 2000-I).
45. En l’espèce, la Cour constate que les mesures d’abattage des 2 et 3 mars 2001 ont été prises sur le fondement de deux instructions ministérielles édictées par la directrice générale de l’alimentation du ministère de l’agriculture et de la pêche les 27 et 28 février 2001. Il est vrai, comme le soulignent les requérants et comme l’a relevé d’ailleurs la cour administrative d’appel de Nantes, que l’article L. 221-1 du code rural exige que de telles mesures soient prises sur le fondement d’un arrêté conjoint du ministre chargé de l’agriculture et du ministre chargé de l’économie et des finances ; or, cet arrêté n’est intervenu que le 7 mars 2001. Néanmoins, la Cour relève que les juges d’appel ont considéré que les mesures d’abattage étaient légales en vertu de la jurisprudence sur les circonstances exceptionnelles. Ils ont en effet jugé que le caractère hautement contagieux de la fièvre aphteuse et les risques d’épizootie de cette maladie sur le territoire national constituaient des circonstances exceptionnelles qui justifiaient l’adoption, par les autorités, de mesures de sauvegarde nécessaires, et ce, sans attendre la signature d’un arrêté interministériel qui nécessitait un délai incompressible, incompatible avec l’urgence de la réponse à apporter à l’épidémie survenue dans un pays voisin.
46. Reste à examiner si la base légale sur laquelle reposaient les mesures litigieuses était suffisante au sens de l’article 1 du Protocole no 1, étant rappelé que la notion de « loi » doit être entendue dans son acception « matérielle » et non « formelle » et qu’elle y inclut en conséquence l’ensemble constitué par le droit écrit, y compris des textes de rang infra législatif (voir, notamment, De Wilde, Ooms et Versyp c. Belgique, 18 juin 1971, § 93, série A no 12), ainsi que la jurisprudence qui l’interprète (voir, mutatis mutandis, Kruslin c. France, 24 avril 1990, § 29, série A no 176-A).
47. La Cour relève que les mesures d’abattage préventif reposaient sur les instructions ministérielles des 27 et 28 février 2001, qui s’appuyaient elles-mêmes sur l’article 221-1 du code rural, ainsi que sur une jurisprudence bien établie du Conseil d’Etat relative aux circonstances exceptionnelles (paragraphe 28 ci-dessus). Elles reposaient donc sur une base légale suffisante en droit interne au sens de l’article 1 du Protocole no 1.
48. La Cour estime également que l’interprétation qui a été faite de la loi et de la jurisprudence en l’espèce n’était pas arbitraire, eu égard notamment aux risques d’épizootie de fièvre aphteuse qui existaient en mars 2001. La Cour rappelle à cet égard qu’il appartient au premier chef aux autorités nationales, et singulièrement aux cours et tribunaux, d’interpréter et d’appliquer le droit interne (Brualla Gómez de la Torre c. Espagne, 19 décembre 1997, § 31, Recueil des arrêts et décisions 1997-VIII, et Glässner c. Allemagne (déc.), no 46362/99, CEDH 2001-VII).
49. Il s’ensuit que les mesures critiquées étaient « légales » au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Reste à déterminer si elles poursuivaient un but légitime conforme à l’intérêt général et si un « juste équilibre » a été ménagé entre les moyens employés et le but visé.
2. Poursuite d’un but légitime conforme à l’intérêt général
50. La Cour rappelle que toute ingérence dans la jouissance d’un droit ou d’une liberté reconnus par la Convention doit poursuivre un but légitime. Le principe du « juste équilibre » inhérent à l’article 1 du Protocole no 1 lui-même suppose l’existence d’un intérêt général de la communauté (voir Broniowski, précité, § 148). En l’espèce, il ne prête pas à controverse que les mesures d’abattage poursuivaient un but légitime conforme à l’intérêt général, à savoir la préservation de la santé publique et de la sécurité alimentaire.
3. Aménagement d’un juste équilibre entre les intérêts en cause
a) Thèses des parties
51. Les requérants soutiennent que l’atteinte à leurs biens résulte également du fait qu’ils n’ont pas pu obtenir une indemnisation intégrale du préjudice subi et dénoncent l’attitude du juge administratif, qui a appliqué de manière rétroactive l’arrêté interministériel du 7 mars 2001. Ils estiment que les montants fixés par les arrêtés des 7 mars et 26 septembre 2001 ne couvraient pas l’intégralité du préjudice subi pour la perte de leur troupeau. Enfin, ils reprochent à la cour administrative d’appel de n’avoir pas retenu les conclusions des experts et d’avoir pris en compte un régime spécial d’indemnisation.
52. Le Gouvernement soutient, quant à lui, qu’un juste équilibre a été maintenu entre les exigences d’intérêt général et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu, eu égard aux objectifs poursuivis par la mesure d’abattage et aux indemnisations accordées aux requérants. Il estime que les mesures d’indemnisation engagées en l’espèce, quoique plafonnées et ne retenant donc pas le principe d’une indemnisation intégrale, présentaient un caractère proportionné, eu égard aux circonstances dans lesquelles elles avaient été instituées. A cet égard, le Gouvernement souligne que l’abattage des animaux suspects, en cas d’épidémie, ne saurait s’analyser comme un acte de dépossession justifiant une indemnisation intégrale. Il s’agit, en effet, d’une mesure répondant à un intérêt supérieur à celui de la conservation du bien, qui peut, selon la jurisprudence de la Cour, atténuer, voire supprimer, l’exigence d’indemnisation ; il cite à ce sujet un arrêt de la Cour au sujet d’un remembrement (Poiss c. Autriche, 23 avril 1987, série A no 117).
53. Il ajoute que, dans cette même logique, la Cour de justice des Communautés européennes, dans un arrêt du 10 juillet 2003 (affaires jointes Booker aquaculture Ltd, C-20/00 et Hydro Seafood GSP LTD, C-64/00), a apprécié la compatibilité de l’absence de régime indemnitaire avec les exigences découlant de la protection du droit fondamental de propriété garanti par la Convention et considéré que les mesures de destruction et d’abattage immédiats d’animaux mises en œuvre par un Etat membre en vue de la lutte contre une maladie des animaux, non accompagnées d’un dispositif d’indemnisation, n’étaient pas incompatibles avec le droit fondamental de propriété.
54. Se penchant sur l’affaire, le Gouvernement fait valoir que la compatibilité du régime spécial d’indemnisation, prévu par l’article L. 221 – 2 du code rural et l’arrêté du 7 mars 2001, avec les exigences du droit au respect des biens doit donc, en réalité, s’apprécier au regard des motifs d’intérêt général poursuivis par les mesures visant à lutter contre la fièvre aphteuse. L’abattage du cheptel des requérants ayant été justifié par des objectifs de santé publique, cette mesure ne devait donc pas nécessairement être accompagnée d’une indemnisation intégrale.
55. Enfin, le Gouvernement ajoute que l’indemnisation accordée aux requérants n’était pas négligeable, puisque les montants versés représentaient les trois quarts du montant des pertes financières telles qu’établies par le rapport des experts pour chaque élevage.
b) Appréciation de la Cour
56. La Cour rappelle que non seulement une ingérence dans le droit de propriété doit viser, dans les faits comme en principe, un « but légitime » conforme à « l’intérêt général », mais il doit aussi exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé par toute mesure appliquée par l’Etat, y compris les mesures destinées à réglementer l’usage des biens d’un individu. C’est ce qu’exprime la notion du « juste équilibre » qui doit être ménagé entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir notamment Hutten-Czapska, précité, § 167, CEDH 2006-VIII et Sporrong et Lönnroth, précité, § 69). En contrôlant le respect de cette exigence, la Cour reconnaît à l’Etat une grande marge d’appréciation tant pour choisir les modalités de mise en œuvre que pour juger si leurs conséquences se trouvent légitimées, dans l’intérêt général, par le souci d’atteindre l’objectif de la loi en cause (voir, notamment, Chassagnou et autres c. France [GC], nos 25088/94, 28331/95 et 28443/95, § 75, CEDH 1999-III et Immobiliare Saffi c. Italie [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999-V).
57. Se penchant sur la présente affaire, la Cour relève que les mesures litigieuses n’avaient pas un caractère disproportionné. En effet, elles ne visaient qu’une catégorie d’animaux et n’ont été prises que le temps nécessaire pour lutter contre l’épidémie de fièvre aphteuse et protéger la santé publique et la sécurité alimentaire sur le territoire, domaines dans lesquels les Etats jouissent d’une certaine marge d’appréciation. Enfin, concernant l’indemnisation dont les requérants se plaignent, la Cour constate, d’une part, que le régime d’indemnisation qui leur a été appliqué était loin d’être arbitraire puisqu’il garantissait une égale indemnisation de l’ensemble des éleveurs ayant eu à subir des pertes liées aux mesures d’abattage et, d’autre part, que les sommes versées à MM. C. et F. (71 102,22 EUR et 80 249,16 EUR) représentaient respectivement 84, 5 % et 72 % du montant évalué par les experts.
58. Eu égard à ce qui précède et compte tenu de la marge d’appréciation des Etats en matière de règlementation de l’usage des biens, la Cour estime que les mesures litigieuses n’ont pas eu un caractère disproportionné.
59. Il n’y a donc pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint les requêtes ;
2. Déclare les requêtes recevables ;
3. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 15 juillet 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Greffière Président

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 11/11/2024