Conclusioni: eccezione preliminare congiunta al merito e respinta (Articolo 34)- Vittima) Eccezione preliminare unita ai meriti e respinta ( Articolo 35-1- Esaurimento delle vie di ricorso interne) Parzialmente ammissibile Violazione dell?Articolo 3 ? Proibizione della tortura (Violazione dell?Articolo 3 ? proibizione della tortura (Risvolto materiale) Violazione dell?Articolo 3 ? Proibizione della tortura (Articolo 3 ?Inchiesta efficace e obblighi positivi) (risvolto procedurale) Stato difensore tenuto a prendere delle misure generali ( Articolo 46-2. Emendamenti legislativi) Danno material ? domanda respinta- (Articolo 41- Danno materiale ? soddisfazione equaDanno morale ? riparazione (Articolo 41. Danno morale- soddisfazione equa)
QUARTA SEZIONE
CAUSA CESTARO C. ITALIA
,
( Richiesta no 6884/11)
SENTENZA
STRASBURGO
7 aprile 2015
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Cestaro c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta di:
P?ivi Hirvel?, presidentessa,
Guido Raimondi,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Krzysztof Wojtyczek,
Faris Vehabovi?, juges,et
di Francesca Elens-Passos, greffi?re di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 marzo 2015,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6884/11) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 gennaio 2011 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? stato rappresentato dinnanzi al Corte OMISSIS, avvocati a Roma, Io Joachim Lau, avvocato a Firenze, ed Io Dario Rossi, avvocato a Genova.
Il Governo italiano ? stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra Ersiliagrazia Spatafora, e col suo coagente, la Sig.ra Paola Accardo.
3. Il richiedente adduce che la notte del 21 al 22 luglio 2001, del “G8” dice alla fine del vertice di Genova, si trovava in un luogo di alloggio di notte, a sapere la scuola Diaz-Pertini.
Invocando l’articolo 3 della Convenzione, il richiedente si lamenta di essere stato vittima di violenze e di sevizie che possono secondo essere qualificati egli di tortura all’epoca dell’irruzione delle forze dell’ordine nella scuola Diaz-Pertini.
Invocando poi gli articoli 3, 6 e 13 della Convenzione, sostiene che i responsabile di questi atti non sono stati sanzionati in modo adeguata in ragione, in particolare, della prescrizione durante il procedimento penale della maggior parte dei reati rimproverati, della rimessa delle pene di cui certi condannati avrebbero beneficiato e della mancanza di sanzioni disciplinari contro queste stesse persone. Aggiunge in particolare che lo stato, astenendosi da iscrivere in reato ogni atto di tortura e di contemplare una pena adeguata per un tale reato, non ha adottato le misure necessarie per prevenire sanzionare le violenze e gli altri cattivi trattamenti di cui si lamenta poi.
4. Il 18 dicembre 2012, la richiesta ? stata comunicata al Governo.
5. Tanto i richiedenti che il Governo ha depositato delle osservazioni scritte sull’ammissibilit? cos? come sul fondo della causa.
Alcuni commenti congiunti sono stati ricevuti dello Partito radicale non violento sovranazionale e transparti, dell’associazione “Non questa ? pace senza giustizia” e dei Radicali italiani, anticamente Partiti radicale italiano, che la vicepresidentessa della sezione aveva autorizzato ad intervenire nel procedimento scritto, articolo 36 ? 2 della Convenzione ed articolo 44 ? 3 dell’ordinamento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente ? nato nel 1939 e risiede a Roma.
A. Il contesto in che si ? tenuto il G8 di Genova
7. I 19, 20 e 21 luglio 2001 si svolse a Genova, sotto la presidenza italiana, il ventisettesimo vertice del G8.
8. In vista di questo vertice, di numerose organizzazioni non governative avevano costituito un gruppo di coordinamento nominato Genoa Sociale Foro (“GSF”), nello scopo di organizzare a Genova, allo stesso periodo, un vertice no global, vedere il Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare di informazione sui fatti sopraggiunti all’epoca del G8 di Genova (“Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare”), pp. 7-18.
9. Dalla riunione dell’organizzazione mondiale del commercio tenuto a Seattle nel novembre 1999, simili manifestazioni del movimento no global si svolgono all’epoca dei vertici inter?tatiques o all’epoca delle riunioni di istituzioni internazionali che riguardano i diversi aspetti del baliato globale. Corredano di atti di vandalismo e di scontri con la polizia talvolta, ibidem.
10. La legge no 349 del 8 giugno 2000 (“la legge no 349/2000”) aveva affidato l’organizzazione delle riunioni preliminari e del vertice finale dei capi di stato e di governo previsto per luglio 2001 ad una struttura plenipotenziaria creato in seno alla presidenza del Consiglio dei ministri. Parecchie riunioni riunirono i rappresentanti del GSF, il capo della struttura plenipotenziaria, il prefetto di Genova, il Ministro degli Interni, il Ministro delle Cause estere e dei rappresentanti delle istituzioni locali, Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, pp. 18-21.
11. Un importante dispositivo di sicurezza fu messo a posto con le autorit? italiane, Giuliani e Gaggio c. Italia [GC], no 23458/02, ? 12, CEDH 2011. La legge no 349/2000 autorizzava il prefetto di Genova a ricorrere al personale delle forze armate. Inoltre, una “zona rossa” era stata delimitata nel centro storico della citt? riguardata dalle riunioni del G8 nella quale soli i rivierasco e le persone che dovevano lavorare potevano penetrare l?. L’accesso al porto era stato vietato e l’aeroporto chiuso al traffico. La zona rossa era cinta in una zona gialla che, al suo turno, era vincolata da una zona bianca (zona normale).
12. Secondo le informazione riunite dalla questura di Genova fino nel luglio 2001, Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, p. 23, i diversi gruppi aspettati nella cornice delle manifestazioni potevano, in funzione della loro pericolosit?, essere riportati a diversi blocchi,: il “blocco rosa”, non pericolosi; il “blocco giallo” ed il “blocco blu”, considerati come comprendendo degli autori potenziali di atti di vandalismo, di blocchi di vie e di rotaie, e scontri con la polizia; e, infine, il “blocco nero” di cui faceva parecchi gruppi anarchici parte e, pi? generalmente, dei manifestanti che, agendo cagoul?s, mascherati e vestiti di nero, avrebbero sistematicamente in occasione di altri vertici commesso di li saccheggi (“i black blocks”).
13. Il 19 luglio 2001, due manifestazioni si svolsero durante la giornata senza nessuno incidente. Alcuni disordini si prodursi nella serata, Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, p. 25.
14. Il 20 luglio, parecchie manifestazioni erano annunciate in diverse zone della citt? e degli assembramenti erano contemplati su certi posti (“piazze tematiche”), Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, pp. 25-27.
15. La mattina del 20 luglio, i black blocks provocarono di numerosi incidenti e degli scontri con le forze dell’ordine, e saccheggiarono delle banche e dei supermercati, Giuliani e Gaggio, precitata, ? 17. La prigione di Marassi fu attaccata e diversi commissariati di polizia furono l’oggetto di atti di vandalismo, Giuliani e Gaggio, precitata, ? 134, e Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, p. 26.
16. I black blocks provocarono lo stesso tipo di incidenti all’epoca del passaggio nella via Tolemaide del corteo dei Tute Bianche, un gruppo suscettibile di essere sistemato nel “blocco giallo.” Questo corteo fu poi il bersaglio di arnesi lacrimogeni lanciati da un’unit? di carabinieri che avanzarono facendo uso dei loro manganelli o di bastoni non regolamentari. Certi espressi si dispersero, altri reagirono all’assalto lanciando verso le forze dell’ordine degli oggetti contundenti; i veicoli delle forze dell’ordine, al loro turno, percorsero a viva andatura i luoghi degli scontri, sfondando le barricate poste dai manifestanti e repellente questi. Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine proseguirono nei dintorni, Giuliani e Gaggio, precitata, ?? 17-20, 126-127 e 136.
17. Degli urti simili si prodursi verso 15 ore, posto Manin, Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, p. 26.
18. Verso 17h20, durante un scontro pongo Alimonda, Carlo Giuliani, un giovane manifestante, fu raggiunto da un sparo proveniente di una jeep di carabinieri che tentavano di sfuggire ai manifestanti, Giuliani e Gaggio, precitata, ?? 21-25.
19. Il 21 luglio, la manifestazione finale degli no globals ebbe luogo; circa 100 000 persone parteciparono, Giuliani e Gaggio, precitata, ? 114.
20. Li saccheggi e le devastazioni cominciarono la mattina e proseguirono nella citt? tutto lungo la giornata. All’inizio del pomeriggio, la testa del corteo incontr? sul suo percorso un gruppo di un centinaio di persone che si tenevano faccia alle forze dell’ordine. Dei nuovi scontri esplosero, con proiezione di gas lacrimogeno ed incarichi delle forze dell’ordine ai quali il corteo fu mischiato, Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, pp. 27-28.
21. Durante i due giorni di incidenti, parecchie centinaia di manifestanti e di membri delle forze degli ordini furono ferite o intossicate coi gas lacrimogeni. Dei quartieri interi della citt? di Genova furono devastati.
B. La costituzione di unit? speciali di forze dell’ordine per arrestare i black blocks
22. La mattina del 21 luglio 2001, il capo della polizia ordin? al prefetto A., capo aggiunge della polizia e capo della struttura plenipotenziaria, di affidare la direzione di una perquisizione della scuola Paul Klee a M.G, capo del servizio centrale operativo della polizia criminale (“SCO”), vedere no 1530/2010 la sentenza della corte di appello di Genova del 18 maggio 2010 (“la sentenza di appello”), p. 194. Una ventina di persone fu arrestata alla conclusione di questa operazione, ma furono rimesse immediatamente in libert? su ordine della procura o del giudice delle investigazioni preliminari, sentenza di appello, p. 196.
23. Risulta delle dichiarazioni del prefetto A. dinnanzi al tribunale di Genova che l’ordine del capo della polizia si spiegava con la sua volont? di passare ad una linea di condotta “pi? incisiva” dinnanzi ad arrivare agli arresti per cancellare l’impressione che la polizia era restata senza reazione dinnanzi a li saccheggi e le devastazioni commesse nella citt?. Il capo della polizia avrebbe desiderato la costituzione delle grandi pattuglie miste, collocate sotto la direzione di funzionari delle unit? mobili e del SCO e coordinate coi funzionari che hanno la sua fiducia, e questo nello scopo di arrestare i black blocks (vedere no 4252/08 il giudizio del tribunale di Genova) resi il 13 novembre 2008 e depositato il 11 febbraio 2009 (“il giudizio di prima istanza”), p. 243; vedere anche no 38085/12 la sentenza della Corte di cassazione del 5 luglio 2012, depositato il 2 ottobre 2012 (“la sentenza della Corte di cassazione”), pp. 121-122.
24. Il 21 luglio, a 19 h 30, M.G. prescrive a M.M, capo della divisione delle inchieste generali e delle operazioni speciali, DIGOS, di Genova, di mettere a disposizione degli agenti della sua unit? affinch? fossero formate, con altri agenti dell’unit? mobile di Genova e del SCO, le pattuglie miste, Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, p. 29.
C. I fatti avendo preceduto l’irruzione della polizia nelle scuole Diaz-Pertini e Diaz-Pascoli
25. La municipalit? di Genova aveva messo a disposizione del GSF, entra altri, i locali di due scuole adiacenti, situate nella via Cesare Battisti, affinch? un centro multimediale potesse essere installato. In particolare, la scuola Diaz-Pascoli (“Pascoli”) riparava un’unit? di stampa e degli uffici provvisori di avvocati; la scuola Diaz-Pertini riparava in quanto a lei un punto di accesso ad Internet. In seguito ai temporali che si erano abbattuti sulla citt? e che avevano reso impraticabili certe zone di campeggio, la municipalit? aveva autorizzato l’utilizzazione della scuola Diaz-Pertini come luogo di alloggio di notte per i manifestanti.
26. Il 20 e 21 luglio, degli abitanti del quartiere segnalarono alle forze dell’ordine che i giovani vestiti in nero erano entrati nella scuola Diaz-Pertini e che avevano preso del materiale nel cantiere che era aperto in ragione di lavori in corso.
27. All’inizio della serata del 21 luglio, una delle pattuglie miste transit? nella via Cesare Battisti, provocando una reazione verbale infiammata da parte di decine di persone che si trovavano dinnanzi alle due scuole. Una bottiglia vuota fu lanciata in direzione dei veicoli di polizia, giudizio di prima istanza, pp. 244-249, e sentenza della Corte di cassazione, p. 122.
28. Di ritorno alla questura, i funzionari di polizia che dirigevano la pattuglia riferirono i fatti all’epoca di una riunione tenuta dai pi? alti funzionari delle forze dell’ordine, in particolare il prefetto A., il prefetto L.B, il prefetto di polizia C. e M.G.
29. Dopo essersi messo in contatto col responsabile del GSF al quale la scuola Diaz-Pertini era stata affidata, decisero di procedere ad una perquisizione per raccogliere degli elementi di prova e, eventualmente, arrestare i membri dei black blocks responsabili di li saccheggi Dopo avere allontanato l’ipotesi di un assalto della scuola al gas lacrimogeno, considerarono il seguente modalit?: un’unit? della polizia, costituita in modo maggioritario di agenti che appartengono ad una divisione specializzata negli operazioni anti?meute ed avendo seguito una formazione ad hoc, il “VII Nucleo antisommossa”, costituito in seno all’unit? mobile di Roma, doveva “s?curiser” l’edificio; un’altra unit? doveva procedere alla perquisizione; infine, un’unit? di carabinieri doveva cingere l’edificio per impedire la fuga degli indiziati. Il capo della polizia fu informato anche dell’operazione, giudizio di prima istanza, pp. 226 e 249-252, e Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare, pp. 29-31.
30. In fine di serata, un gran numero di agenti delle forze dell’ordine, issus delle diverse unit? e servizi, lasciarono la questura di Genova e si diressero verso la via Cesare Battisti (Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare) idem). Secondo la sentenza della Corte di cassazione, il numero totale di partecipanti all’operazione ammontava a “circa 500 agenti di polizia e carabinieri, questi ultimi essendo incaricati solamente di accerchiare l’edificio.” La sentenza di appello (p). 204, sottolinea che questo numero non ? stato determinato mai con esattezza.
D. L’irruzione della polizia nella scuola Diaz-Pertini
31. Verso mezzanotte, una volta arrivata vicino alle due scuole, i membri del VII Nucleo antisommossa, munito di caschi, scudi e manganelli di tipo tonfa, cos? come di altri agenti attrezzati all’identico cominciarono ad avanzare a passo di corsa. Un giornalista ed un consigliere municipale che si trovavano all’esterno degli edifici delle due scuole, furono attaccati a forza di piede e di manganello, giudizio di prima istanza, pp. 253-261.
32. Certi occupanti della scuola Diaz-Pertini che si trovavano all’esterno riguadagnarono allora l’edificio e ne chiusero la griglia e le porte di entrata, provando a bloccarli con le panche della scuola e delle tavole di bosco. Gli agenti di polizia si ammassarono dinnanzi alla griglia che costrinsero con un arnese corazzato dopo avere tentato in vano di piantarlo a forza di spalla. L’unit? di polizia descritta piant? infine, sopra le porte di entrata, ibidem.
33. Gli agenti si ripartirono nei piani dell’edificio, parzialmente assorti nel nero. Con, per la maggior parte di di essi, il viso mascherato da un foulard, cominciarono a colpire gli occupanti a forza di pugno, di piede e di manganello, gridando e minacciando le vittime. Dei gruppi di agenti si accanirono anche su degli occupanti che si erano seduti o per terra allungati. Certi degli occupanti, svegliati dal rumore dell’assalto, furono colpiti mentre si trovavano ancora nel loro sacco a pelo; di altri lo furono mentre si tenevano le braccia tolte in segno di capitolazione o che mostravano le loro carte di identit?. Certi occupanti provarono a fuggire e di nascondersi nei servizi o nei ripostigli dell’edificio, ma furono ricuperati, battuti, talvolta tirati fuori dai loro nascondigli coi capelli, giudizio di prima istanza, pp. 263-280, e sentenza di appello, pp. 205-212.
34. Il richiedente, vecchio di sessantadue anni all’epoca dei fatti, si trovava al pianterreno. Svegliato dal rumore, si era, all’arrivo della polizia, seduta schiena contro il muro accanto ad un gruppo di occupanti ed aveva le braccia nell’aria, giudizio di prima istanza, pp. 263-265 e 313. Fu colpito soprattutto sulla testa, le braccia e le gambe, i colpi portati loquace delle multipli fratture,: fratture del cubito dritto, dello stylo?de dritto, del fibule dritto e di parecchie coste. Secondo le dichiarazioni dell’interessato dinnanzi al tribunale di Genova, il personale sanitario entrato nella scuola dopo la fine delle violenze l’aveva preso incaricati in ultimo, malgrado i suoi appelli al soccorso.
35. Il richiedente fu operato all’ospedale Galliera di Genova, dove rimase quattro giorni, poi, alcuni anni pi? tardi, all’ospedale Careggi di Firenze. Si vide riconoscere un’incapacit? temporanea di lavoro superiora a quaranta giorni. Si ? guardato dalle lesioni descritte sopra una debolezza permanente del braccio dritto e della gamba dritta, giudizio di prima istanza, pp. XVII e 345.
E. L’irruzione della polizia nella scuola Pascoli
36. Poco dopo l’irruzione nella scuola Diaz-Pertini, un’unit? di agenti fece irruzione nella scuola Pascoli, dove dei giornalisti erano in treno di filmare ci? che accadeva tanto all’esterno che dentro alla scuola Diaz-Pertini. Una stazione radio riferiva questi avvenimenti in diretto.
37. All’arrivo degli agenti, i giornalisti furono costretti di mettere fine alle riprese cinematografiche ed all’emissione di radio. Dei cofanetti che contenevano i servizi filmati durante i tre giorni del vertice furono investiti ed i hard disk dei computer degli avvocati del GSF furono danneggiati gravemente, giudizio di prima istanza, pp. 300-310.
F. Gli avvenimenti che seguirono l’irruzione nelle scuole Diaz-Pertini e Pascoli
38. Dopo l’irruzione nella scuola Diaz-Pertini, le forze dell’ordine svuotarono gli zaini e gli altri bagagli degli occupanti, senza cercare di identificare ne i proprietari rispettivi n? a spiegare la natura dell’operazione in corso. Riunirono una parte degli oggetti cos? raccolti in una bandiera nera che si trovava nella sala di ginnastica della scuola. Durante questa operazione, certi occupanti furono portati in questa stessa sala e costretti di sedersi o di stendersi per terra, giudizio di prima istanza, pp. 285-300.
39. I novantatre occupanti della scuola furono arrestati ed imputati di associazione di malviventi che prevedono allo saccheggio ed alla devastazione.
40. Furono per la maggior parte condotti negli ospedali della citt?. Alcuni di loro furono trasferiti immediatamente nella caserma di Bolzaneto.
41. Nella notte del 21 al 22 luglio, il capo dell’unit? di stampa della polizia italiana, intervistato vicino alle scuole, dichiar? che, durante la perquisizione, la polizia aveva trovato dei vestiti e passamontagna neri simili a quegli utilizzato dai black blocks. Aggiunse che le numerose macchie di sangue nell’edificio si spiegavano con le lesioni che la maggior parte degli occupanti della scuola Diaz-Pertini si sarebbero fatti durante gli scontri della giornata, giudizio di prima istanza, pp. 170-172.
42. L’indomani, alla questura di Genova, la polizia mostr? gli oggetti investiti all’epoca della perquisizione alla stampa di cui due bottiglie Molotov. La tenuta di un agente che aveva partecipato all’irruzione nella scuola Diaz-Pertini, fu mostrata anche; presentava un strappo netto che potuto essere causato da un colpo di coltello, ibidem.
43. I perseguimenti assunti contro gli occupanti dei capi di associazione di malviventi che prevedono allo saccheggio ed alla devastazione, di resistenza aggravata alle forze dell’ordine e di porto abusivo di armi ? arrivata al proscioglimento degli interessati.
G. Il procedimento penale impegnato contro i membri delle forze dell’ordine per l’irruzione nelle scuole Diaz-Pertini e Pascoli
44. La procura di Genova apr? un’inchiesta in vista di stabilire gli elementi su che si erano basati la decisione di fare irruzione nella scuola Diaz-Pertini, e di chiarire le modalit? di esecuzione dell’operazione, l’aggressione al coltello che sarebbe stato perpetrato contro uno degli agenti e la scoperta delle bottiglie Molotov, cos? come gli avvenimenti che avevano avuto luogo nella scuola Pascoli.
45. Nel dicembre 2004, dopo circa tre anni di investigazioni, ventotto persone tra i funzionari, cornici ed agenti delle forze dell’ordine furono rinviate in giudizio. In seguito, due altri procedimenti, concernente tre altri agenti, furono uniti alla prima.
46. Il richiedente si era costituito parte civile all’udienza preliminare del 3 luglio 2004. Al totale, le parti civili di cui delle decine di occupanti italiani ed esteri delle due scuole cos? come dei sindacati e di altre associazioni non governative, erano al numero di cento diciannove.
47. Questo procedimento cadde sugli avvenimenti della scuola Diaz-Pertini, luogo di alloggio del richiedente, paragrafi 31-34 sopra, e su quelli della scuola Pascoli, paragrafi 36 e 37 sopra. Comprese l’ascolto di pi? di tre centesime persone tra gli imputati ed i testimoni di cui molto esteri, due perizie e l’esame di un abbondante materiale audiovisivo.
1. Sugli avvenimenti della scuola Diaz-Pertini
48. I capi di accusa considerata relativamente agli avvenimenti della scuola Diaz-Pertini furono i successivo: falso intellettuale, calunnia semplice ed aggravata, abuso di autorit? pubblica, in particolare a causa dell’arresto illegale degli occupanti, lesioni corporali semplici ed aggravate cos? come porto abusivo di armi di guerra.
a) Il giudizio di prima istanza
49. Col giudizio no 4252/08 del 13 novembre 2008, depositato il 11 febbraio 2009, il tribunale di Genova dichiar? dodici degli imputati colpevoli di reati di falso, un imputato, di calunnia semplice, due imputati, e di calunnia aggravata, un imputato, di lesioni corporali semplici ed aggravate, dieci imputati, cos? come di porto abusivo di armi di guerra, due imputati. Il tribunale li condann? alle pene comprese tra due e quattro anni di detenzione, all’interdizione di esercitare delle funzioni pubbliche durante tutta la durata della pena principale cos? come, solidalmente col ministero dell’interno, al pagamento degli oneri e spese ed al versamento di danno-interessi alle parti civili alle quali il tribunale accord? una scorta potendo andare di 2 500 a 50 000 euro (EUR).
Il richiedente, in particolare, si vide accordare una scorta di 35 000 EUR che fu versata nel luglio 2009 in seguito ad un sequestro.
50. All’epoca della determinazione delle pene principali, il tribunale prese in conto, in quanto circostanze attenuanti, il fatto che gli autori dei reati avevano un casellario giudiziario vergine e che avevano agito in stato di stress e di stanchezza. Un condannato benefici? della sospensione condizionale della pena e della no-menzione nel casellario giudiziario. Peraltro, in applicazione della legge no 241 del 29 luglio 2006 stabilendo le condizioni ad assolvere per la concessione di una rimessa generale delle pene (indulto), dieci dei condannati beneficiarono di una rimessa totale della loro pena principale ed uno di essi, condannato a quattro anni di detenzione, benefici? di una rimessa di pena di tre anni.
51. Nei motivi del giudizio, 373 pagine su 527 al totale, il tribunale allontan?, innanzitutto, la tesi secondo la quale l’operazione sarebbe stata organizzata fin dall’origine come una spedizione punitiva contro i manifestanti. Dice ammettere che le forze dell’ordine potevano credere, alla luce degli avvenimenti che avevano preceduto l’irruzione (in particolare, le indicazioni degli abitanti del quartiere e l’aggressione contro la pattuglia nel pomeriggio del 21 luglio-paragrafi 26-27 sopra, che la scuola Diaz-Pertini ospitava anche dei black blocks. Stim? mentre gli avvenimenti controversi costituivano al tempo stesso una violazione chiara della legge, “della dignit? umana e del rispetto della persona”, di ogni principio di umanit? e di rispetto delle persone. Difatti, secondo lui, anche in presenza di black blocks, le forze dell’ordine non erano autorizzate ad utilizzare la forza che nella misura in cui l’impiego di questa sarebbe stato necessario per vincere la resistenza violenta degli occupanti, e questo sotto riserva di rispettare un rapporto di proporzionalit? tra le resistenze incontrata ed i mezzi utilizzati. Ora, sottoline? il tribunale, n? il richiedente n?, per esempio, un’altra occupatrice che era di piccola statura non avrebbe potuto compiere degli atti di resistenza come avrebbero giustificato i colpi che erano stati assestati loro e che avevano causato ecchimosi e fratture.
52. Il tribunale sottoline? anche che la procura non aveva chiesto il rinvio in giudizio degli autori patrimoniali delle violenze, tenuto conto della difficolt? di procedere alla loro identificazione, e che la polizia non aveva cooperato efficacemente. Not? a questo riguardo che le foto vecchie dei funzionari accusati erano state fornite alla procura e che sette anni erano stati necessari per identificare un agente particolarmente violento-filmato durante l’irruzione-, mentre la sua pettinatura lo rendeva comodamente riconoscibile.
53. Nella sua valutazione della responsabilit? individuale degli imputati, il tribunale stim? che, tenuto conto delle circostanze della causa, gli autori patrimoniali avevano agito con la convinzione che i loro superiori tolleravano gli atti che erano stati i loro. Precis? che il fatto che certi funzionari e cornici, presenti sui luoghi fin dall’inizio dell’operazione, non avevano impedito immediatamente il perseguimento delle violenze aveva contribuito al maneggi degli agenti del VII Nucleo antisommossa e degli altri membri delle forze dell’ordine. Quindi, agli occhi del tribunale, soli questi funzionari e cornici potevano essere giudicati colpevoli di complicit? di reato di lesioni.
54. Il tribunale si dedic? poi sulla tesi della procura secondo la quale le forze dell’ordine avevano fabbricato del falsi prove e riferito degli avvenimenti fallaci nello scopo di giustificare, ha posteriori, al tempo stesso la perquisizione e le violenze.
55. In ci? che riguardava, in particolare, il comportamento degli occupanti prima dell’irruzione della polizia, il tribunale osserv? che il registrazioni video versato alla pratica non mostrava di zampilli di oggetti di grande dimensione dall’edificio ma che si poteva considerare, secondo le dichiarazioni di un testimone e secondo l’atteggiamento degli agenti, filmati coi loro scudi tolti al di sotto la loro testa che alcuni piccoli oggetti, documenti di moneta, bulloni, ecc.) erano stati lanciati verosimilmente sugli agenti mentre provava a piantare la porta di entrata della scuola.
56. In quanto all’aggressione al coltello presumibilmente subito da un agente, il tribunale, allo visto dei risultati della perizia realizzata sulla tenuta di questo agente e degli elementi di cui disponeva, espose che non poteva n? concludere che questa aggressione aveva avuto luogo realmente n? aveva escluso la possibilit?.
57. Inoltre, il tribunale not? che le due bottiglie Molotov mostrate alla stampa il 22 luglio erano state trovate dalla polizia nella citt? durante il pomeriggio del 21 luglio e portati poi, di Genova aggiunge per iniziativa il prefetto di polizia, nella corte della scuola verso la fine della perquisizione, e che si erano per finire ritrovati, nelle circostanze poco chiare, tra gli oggetti raccolti che erano stati riuniti nella palestra.
58. Infine, il tribunale stim? che il verbale dell’operazione conteneva una descrizione ingannevole dei fatti, perch? faceva stato di una resistenza violenta da parte dell’insieme degli occupanti e non menzionava che la maggior parte di questi erano stati feriti dalle forze dell’ordine.
b) La sentenza di appello
59. Investita dagli imputati, con la procura presso il tribunale di Genova, col procuratore generale, col ministero dell’interno (responsabile civile) e con la maggior parte delle vittime di cui il richiedente, la corte di appello di Genova, con la sua sentenza no 1530/10 del 18 maggio 2010, depositato il 31 luglio 2010, riform? parzialmente il giudizio intrapresi.
60. Dichiar? gli imputati colpevoli dei reati di falso, diciassette imputati, di lesioni aggravate, nove imputati, e di porto abusivo di armi di guerra, un imputato. Li condann? alle pene comprese tra tre anni ed otto mesi e cinque anni di detenzione, ed all’interdizione pronunciata per cinque anni di esercitare delle funzioni pubbliche. In applicazione della legge no 241 del 29 luglio 2006, tutti i condannati beneficiarono di una rimessa di pena di tre anni.
61. Il termine di prescrizione dei reati di calunnia aggravata, quattordici imputati, di abuso di autorit? pubblica a causa dell’arresto illegale degli occupanti della scuola Diaz-Pertini, dodici imputati, e di lesioni semplici, nove imputati, avendo toccato, la corte di appello pronunci? un non luogo a procedere per questi. Un non luogo a procedere fu pronunciato anche in ragione di circostanze attenuanti in favore del capo del VII Nucleo antisommossa, condannato in prima istanza per lesioni aggravate. Infine, la corte di appello prosciolse una persona accusata dei reati di calunnia semplice e di porto abusivo di arma di guerra, ed un’altra persona accusata del reato di calunnia semplice.
62. Le condanne al versamento di danno-interessi cos? come all’onere e spese, rese in prima istanza, furono confermate essenzialmente, con estensione degli obblighi civili agli imputati che erano stati condannati per la prima volta in seconda istanza.
63. Nei motivi della sentenza, 120 pagine su 313 al totale, la corte di appello precis? innanzitutto che, anche se i sospetti relativi alla presenza delle armi utilizzate dai black blocks all’epoca di saccheggi potevano giustificare, in principio, la perquisizione delle scuole, gli indizi che permettono di concludere che tutti gli occupanti delle due scuole erano armati e potevano essere considerati come appartenendo ai black blocks erano tuttavia molto deboli.
64. La corte di appello indic? poi che parecchi elementi dimostravano che l’operazione non mirava per niente all’identificazione dei black blocks e che era di una tutto altro al naturale.
65. In primo luogo, pi? alti responsabili della polizia avrebbero, fin dalla pianificazione della “perquisizione”, previsto che le prime linee delle forze dell’ordine sarebbero costituite del VII Nucleo antisommossa e di altri agenti pesantemente armati; nessuna consegna, in particolare concernente l’utilizzazione della forza contro gli occupanti, non sarebbe stata data a queste unit?, il loro unica compito che ? di “s?curiser”, mettere in sicurezza, l’edificio.
66. In secondo luogo, anche delle persone che si trovavano all’esterno della scuola Diaz-Pertini e che non avevano mostrato il minimo segno di resistenza sarebbero state attaccate immediatamente dalle forze dell’ordine.
67. In terzo luogo, le forze dell’ordine avrebbero dato l’assalto sfondando le porte senza avere provato n? di parlamentare con gli occupanti ne che spiega loro che una “perquisizione innocua” doveva avere luogo, n? di farsi aprire pacificamente la porta, legittimamente chiusa da questi secondo la corte di appello. Una volta nell’edificio, gli agenti avrebbero colpito sistematicamente gli occupanti di un modo crudele e sadico, ivi compreso per mezzo di manganelli non regolamentari. Secondo la corte di appello, le tracce di sangue visibile sulle foto prese durante l’ispezione dei luoghi erano fra?ches e potevano essere solamente il risultato di queste violenze, contrariamente a “la tesi vergognosa” (“vergognosa tesi”) secondo la quale provenivano delle lesioni sopraggiunte all’epoca degli scontri dei giorni precedenti.
68. Alla luce di questi elementi, la corte di appello stim? che lo scopo di tutta l’operazione era di procedere a numerosi arresti, anche nella mancanza di finalit? di ordine giudiziale, l’essenziale che ? che queste riescono a restaurare presso dei media l’immagine di una polizia percepita come impotente. I pi? alti funzionari delle forze dell’ordine avrebbero riunito intorno al VII Nucleo antisommossa un’unit? pesantemente armata, attrezzata di manganelli di tipo tonfa di cui i colpi potevano essere mortali, dunque e gli avrebbero dato per unica consegna di neutralizzare gli occupanti della scuola Diaz-Pertini, stigmatizzando questi come essendo dei pericolosi rompitori, autori di li saccheggi dei giorni precedenti. La condotta violenta e coordinata di tutti gli agenti avendo partecipato all’operazione sarebbe stato la conseguenza naturale di queste indicazioni.
69. Cos?, secondo la corte di appello, almeno tutti i funzionari in capo e le cornici del VII Nucleo antisommossa erano colpevoli delle lesioni inflitte agli occupanti. In quanto ai responsabile della polizia di posto pi? elevato, la corte di appello precis? che la decisione di non chiedere il loro rinvio in giudizio impediva di valutare la loro responsabilit? al penale.
70. Di pi?, secondo la corte di appello, una volta presa la decisione di investire la determinazione e di procedere agli arresti, le forze dell’ordine avevano tentato di giustificare il loro intervento ha posteriori.
71. A questo riguardo, la corte di appello not?, da una parte che, durante l’inchiesta, si era assegnato agli occupanti dei reati che non avevano commesso: difatti, secondo lei, non risultava in nessun modo dell’istruzione n? che gli occupanti avessero resistito alle forze dell’ordine n? che avessero lanciato degli oggetti su esse mentre sostavano nella corte della scuola, gli scudi di alcuni agenti essendo tolti verosimilmente da semplice precauzione; e soprattutto, tenuto conto dell’insieme delle circostanze, l’aggressione al coltello presumibilmente subito da un agente durante l’irruzione si sarebbe rivelata come essendo un “sfrontato collocamento in scena.”
72. La corte di appello rilev? di altra parte che i pi? alti funzionari delle forze dell’ordine, presenti sui luoghi, avevano convenuto di porre le due bottiglie Molotov, trovati altrove durante il pomeriggio, tra gli oggetti raccolti all’epoca della perquisizione, e questo nello scopo di giustificare la decisione di effettuare la perquisizione e di arrestare gli occupanti della scuola. Per la corte di appello, questo arresto, priva di ogni base factuelle e morale, era stato illegale dunque.
73. Nella determinazione delle pene ad infliggere, la corte di appello stim? che, fatta eccezione per il capo del VII Nucleo antisommossa che aveva provato a limitare le violenze ed aveva, alla fine, procuratore legale i reati durante i dibattimenti, nessuna circostanza attenuante poteva essere considerata per gli altri imputati. Appellandosi in particolare sulle dichiarazioni del richiedente, la corte di appello sottoline? che gli agenti delle forze dell’ordine si erano trasformati anche in “matraqueurs violenti”, indifferenti ad ogni vulnerabilit? fisica legata al sesso ed all’et? cos? come ad ogni segno di capitolazione, da parte di persone che il rumore dell’assalto aveva appena svegliato bruscamente. Indic? che, a ci?, gli agenti avevano aggiunto ingiurie e minacce. Ci? che fa, avrebbero gettato sull’Italia il discredito dell’opinione pubblica internazionale. Per di pi?, una volta le violenze perpetrate, le forze dell’ordine avrebbero avanzato tutta una serie di circostanze al carico degli occupanti, inventate di ogni documento.
Il carattere sistematico e coordinato delle violenze da parte dei poliziotti cos? come suddette allettanti di giustificare li ha posteriori denotavano, agli occhi della corte di appello, un comportamento cosciente e concertato piuttosto che un stato di stress e di stanchezza.
74. Per?, tenendo conto per il fatto che tutta l’operazione in causa aveva per origine la direttiva del capo della polizia di procedere agli arresti e che gli imputati avevano agito quindi chiaramente sotto questa pressione psicologica, la corte di appello determin? le pene prendendo in conto il minimo previsto dalla legge penale per ciascuno dei reati in questione.
c) La sentenza della Corte di cassazione
75. Gli imputati, il procuratore generale presso la corte di appello di Genova, il ministero dell’interno (responsabile civile) e certe delle vittime si ricorsero in cassazione contro la sentenza di appello; il richiedente e di altre vittime si costituirono parti nel procedimento.
76. Con la sentenza no 38085/12 del 5 luglio 2012, depositato il 2 ottobre 2012, la Corte di cassazione conferm? per l’essenziale la sentenza intrapresi, dichiarando tuttavia prescritto il reato di lesioni aggravate per che dieci imputati e nove accusati erano stati condannati rispettivamente in primo ed in seconda istanza, paragrafo 49 e 60 sopra.
77. Nei motivi della sua sentenza, 71 pagine su 186 al totale, la Corte di cassazione si dedic? innanzitutto sull’eccezione di costituzionalit? dell’articolo 157 del codice penale, in materia di prescrizione dei reati penali, sollevato dal procuratore generale sul terreno dell’articolo 3 della Convenzione e, di rimbalzo, dell’articolo 117, primo capoverso, della Costituzione. Osserv? che-come le decisioni di primo e di seconda istanza l’avrebbero constatato e come, ci? non sarebbe stato contestato del resto, mai-“le violenze perpetrate dalla polizia durante la loro irruzione nella scuola Diaz-Pertini [avevano] estate di una gravit? insolita.” La “gravit? assoluta” avrebbe tenuto a ci? che queste violenze generalizzate, commesse in tutti i locali della scuola, si erano scatenate contro le persone all’evidenza disarmata, addormentate o sedute le mani nell’aria; si trattava di “violenze ingiustificate dunque e, siccome l’avrebbe sottolineato a buon diritto col procuratore generale, [esercitate in] un scopo punitivo, un scopo di rappresaglia, mirando a provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime”. Queste violenze, secondo la Corte di cassazione, potevano rilevare della “tortura” ai termini della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o dei “trattamenti disumani o degradanti” ai termini dell’articolo 3 della Convenzione.
78. La Corte di cassazione rilev? che, nella mancanza di una violazione penale ad hoc nell’ordine morale italiano, le violenze in causa erano state perseguite a titolo dei reati di lesioni corporali semplici o aggravate che, in applicazione dell’articolo 157 del codice penale, erano stati oggetto di un non luogo a procedere a causa di prescrizione durante il procedimento. Not? che era la ragione per la quale il procuratore generale aveva denunciato la contraddizione tra le regolamentazioni della prescrizione dei reati penali previsti dall’articolo 157 del codice penale-nella misura in cui questa disposizione non conterebbe i cattivi trattamenti ai termini dell’articolo 3 della Convenzione tra i reati imprescrittibili-e l’articolo 3 della Convenzione che, secondo una giurisprudenza buona invalsa della Corte, provocherebbe l’obbligo di sanzionare in modo adeguata i cattivi trattamenti e farebbe quindi in materia ostacolo alla prescrizione dei reati o dell’azione penale.
La Corte di cassazione stim?, per?, che un cambiamento delle regole della prescrizione, come previsto dal procuratore generale, sfuggiva ai poteri della Corte costituzionale, al motivo che, secondo l’articolo 25 della Costituzione italiana, unica la legge poteva stabilire i reati e le sanzioni penali.
79. Trattandosi delle condanne per reati di lesioni corporali, la Corte di cassazione, dopo avere ricordato i fatti avendo preceduto l’irruzione controversa della polizia, paragrafi 25-30 sopra, stim? logico la constatazione della corte di appello secondo la quale la direttiva del capo della polizia di procedere agli arresti avrebbe provocato, fin dall’origine, la “militarizzazione” dell’operazione di perquisizione che la polizia era supposta realizzare nella scuola. Per la Corte di cassazione, il numero molto elevato di agenti, il difetto di istruzioni in quanto alle alternative ad un assalto al gas lacrimogeno contro la scuola, paragrafo 29 sopra, e la mancanza di ogni direttiva concernente l’utilizzazione della forza contro gli occupanti mostrava, tra altri elementi, che questa operazione non era stata concepita come una perquisizione innocua. Queste modalit? operative avrebbero provocato il passaggio a tabacco di quasi tutti gli occupanti della scuola, di dove la conferma della responsabilit?, entra altri, dei funzionari alla testa del VII Nucleo antisommossa. Di prima, questi non avrebbero fornito nessuna indicazione sul modo di “s?curiser” l’edificio e non avrebbero informato mai gli agenti della possibile presenza di persone innocue; inoltre, non avrebbero impedito l’aggressione contro le persone che si trovavano all’esterno dell’edificio, l’irruzione violenta nella scuola e l’assalto contro gli occupanti del luogo. In conclusione, come la corte di appello l’avrebbe giudicato a ragione, questi funzionari sarebbero stati coscienti che la violenza era concomitante di questo tipo di operazione.
La Corte di cassazione not? che, i reati di lesioni corporali aggravate erano stati prescritti per?, anche il 3 agosto 2010 dal gioco dei termini, dei criteri di calcolo e delle interruzioni procedurali previsto dagli articoli 157 e segue del codice penale, come modificati dalla legge no 251 del 5 dicembre 2005.
80. La Corte di cassazione conferm?, inoltre, i conclusioni della sentenza di appello in quanto ai reati di falso, di calunnia e di porto abusivo di armi di guerra commise, nella cornice di un “operazione sc?l?rate di mistificazione”, per giustificare ha posteriori le violenze perpetrate nella scuola e l’arresto degli occupanti. Rilev?, da una parte, che gli occupanti della scuola non avevano opposto di resistenza, n? prima dello sfondamento della porta di entrata n? dentro ai locali, e, altro parte, che gli occupanti non erano in possesso di bottiglie Molotov, questi essendo stati introdotti nella scuola con la polizia dall’esterno. Perci? la Corte di cassazione conclude lei al carattere fallace dei rapporti di polizia che attestavano il contrario ed al carattere calunnioso dell’accusa di associazione di malviventi formulati contro gli occupanti. In quanto ai conclusioni della sentenza di appello concernente l’aggressione al coltello presumibilmente subito da un agente, la Corte di cassazione si limit? a precisare la pena pronunciata contro due agenti condannati di questo fatto per falsi, tre anni e cinque mesi, come indicato nella motivazione della sentenza di appello, al posto di tre anni ed otto mesi, come indicato nel dispositivo. Infine, pronunci? una pena di tre anni e tre mesi contro un condannato per reato di falso, a causa della prescrizione del reato di lesioni corporali aggravate e dell’inapplicabilit? derivando del criterio di calcolo previsto dall’articolo 81 del codice penale in ragione del carattere continuo dei reati.
2. Sugli avvenimenti della scuola Pascoli
81. I capi di accusa considerata per gli avvenimenti della scuola Pascoli furono, in particolare, i reati di perquisizione arbitraria e di danni patrimoniali.
82. Col giudizio no 4252/08, paragrafo 49 sopra, il tribunale di Genova stim? che l’irruzione degli agenti di polizia nella scuola Pascoli era la conseguenza di un errore nell’identificazione dell’edificio a perquisire. Giudic? inoltre che non c’erano di prove certe che permettono di concludere che gli imputati avevano commesso effettivamente nella scuola Pascoli i danni denunciati.
83. Con la sentenza no 1530/10, paragrafo 59 sopra, la corte di appello di Genova stim?, in compenso, che non c’era di errore o di malinteso all’origine dell’irruzione della polizia nella scuola Pascoli. Secondo la corte di appello, le forze dell’ordine avevano voluto annullare ogni prova filmata dell’irruzione che si svolgeva nella scuola vicino Diaz-Pertini ed avevano danneggiato volontariamente i computer degli avvocati. La corte di appello pronunci? tuttavia un non luogo a procedere al riguardo del funzionario di polizia imputato a causa di prescrizione dei reati controversi.
84. Con la sentenza no 38085/12, paragrafo 76 sopra, la Corte di cassazione conferm? questa decisione. Sottoline? che la corte di appello aveva giustificato pienamente i suoi conclusioni rilevando che, nella scuola Pascoli, la polizia aveva compiuto una perquisizione arbitraria, mirando alla ricerca ed alla distruzione del materiale audiovisivo e di tutta altra documentazione concernente gli avvenimenti della scuola Diaz-Pertini.
H. l’indaginr parlamentare di informazione
85. Il 2 agosto 2001, i presidenti della Camera dei deputati e del Senato decisero che un’inchiesta di informazione, indagine conoscitiva, sui fatti sopraggiunti all’epoca del G8 di Genova sarebbe condotta dalle commissioni delle Cause costituzionali delle due camere del Parlamento. A questa fine, fu creato una commissione composta di diciotto deputati e di diciotto senatori.
86. Il 20 settembre 2001, la commissione deposit? un rapporto che contiene i conclusioni della sua maggioranza, intitolata “Rapporto finale dell’inchiesta parlamentare sui fatti sopraggiunti all’epoca del G8 di Genova”. Secondo questo rapporto, la perquisizione nella scuola Diaz-Pertini “appar[aissait] come essendo forse l’esempio pi? significativo di carenze relative alla organizzazione e di disfunzioni operative.”
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Le disposizioni penali pertinenti
87. L’articolo 39 del codice penale (CP) distingua i reati penali che seguono due categorie: i reati (delitti, e le multe) (contravvenzioni).
1. I capi di imputazione considerata relativamente agli avvenimenti della scuola Diaz-Pertini e le disposizioni pertinenti alle fini della determinazione delle pene
88. Secondo l’articolo 323 del CP, l’ufficiale pubblico o la persona incaricata di un servizio pubblico che, nel compimento delle sue funzioni o del suo servizio, in modo intenzionale ed in violazione di disposizioni legali o regolamentari, procurati o procura un vantaggio patrimoniale ingiusto o causa ad altri ad altrui un danno ingiusto (reato di abuso di autorit? pubblica) ? punito di una pena di detenzione di sei mesi a tre anni.
89. Secondo l’articolo 368 ?? 1 e 2 del CP, tutto nessuno che, col verso di una denuncia indirizzata ? all’autorit? giudiziale o a tutta altra autorit? che ha il dovere di investire l’autorit? giudiziale, accusa una persona di avere commesso un reato pure sapendo che questa ? innocente o fabbrica degli indizi al carico di questa ? punita di una pena di detenzione di due a sei anni. La pena ? aumentata se il reato che costituisce l’oggetto della denuncia calunniosa ? punito di almeno sei anni di detenzione.
90. Ai termini dell’articolo 479 del CP, l’ufficiale pubblico o l’individuo incaricato di un servizio pubblico che, ricevendo o producendo un documento nell’esercizio delle sue funzioni, attesta a torto l’esistenza patrimoniale dei fatti esposti come essendo stato compiuto da s? o siccome essendo passato si nella sua presenza o che altero diversamente la presentazione dei fatti di cui il documento mira a stabilire la prova (falso intellettuale in scritture) ? punito di una pena di detenzione di un anno a sei anni o, se il documento ha fatto fede fino ad iscrizione di falso, di tre a dieci anni.
91. L’articolo 582 del CP stabilisce che tutto nessuno che causa ad altrui una lesione avendo provocato un’infermit? fisica o mentale ? punita di tre mesi a dieci anni di detenzione.
Ai termini dell’articolo 583 del CP, la lesione ? considerata come “grave” e ? punita di una pena di detenzione di tre a sette anni se provoca, in particolare, un’infermit? o un’incapacit? temporanea superiore a quaranta giorni.
Secondo l’articolo 585 del CP, queste pene sono aumentate, in particolare, fino ad un terzo in presenza delle circostanze aggravanti considerate dall’articolo 577 del CP, per esempio se il reato ? commesso con premeditazione o in una delle circostanze aggravanti previste qui di seguito dall’articolo 61, il nostro 1 e 4, paragrafo 93,).
92. Secondo l’articolo 2 della legge no 895 del 2 ottobre 1967, la detenzione illegale di una pena ? punita di armi o di esplosivi di detenzione di un anno ad otto anni cos? come di una multa.
L’articolo 4 della stessa legge sanziona il porto di armi o di esplosivi in un luogo pubblico o aperto al pubblico di una pena di detenzione di due ad otto anni, in aggiunta ad una multa; queste pene sono aumentate, entra altri, se il reato ? commesso da due o parecchi persone o se ? commesso la notte in un luogo abitato.
93. Il CP contempla come circostanze aggravanti comuni, entra altri, la commissione del reato per i motivi futili o abietti, articolo 61 ? 1, la commissione del reato per nascondere un altro reato, articolo 61 ? 2, la commissione di sevizie o di atti crudeli contro una persona, articolo 61 ? 4, e, infine, la commissione del reato di abuso di potere inerente all’esercizio di una funzione pubblica o di violazione dei doveri inerenti all’esercizio di una funzione pubblica.
L’articolo 62 enumera le circostanze attenuanti comuni. Ai termini dell’articolo 62-bis del CP, nella determinazione della pena, il giudice pu? prendere in considerazione ogni circostanza che non ? prevista espressamente dall’articolo 62 e che pu? giustificare la diminuzione della pena.
94. In caso di condanna nella stessa decisione del capo di parecchi reati, le pene di detenzione si cumulano tutto come le multe contemplate per i diversi reati (articoli 71) 73 e 74 del CP. Tuttavia, la pena di detenzione cos? calcolata non pu? superare, globalmente, il quintuplo della pena pi? pesante di cui ? passibile uno di questi reati e, ad ogni modo, non pu? superare trent’ anni, articolo 78 ? 1 del CP.
95. Se parecchi reati sono commessi dal verso di parecchie azioni od omissioni in legame con lo stesso progetto da delitto, il giudice deve infliggere la pena contemplata per il reato pi? grave, aumentata fino al triplo e sempre nel limite dei massimale indicati, in particolare, con l’articolo 78 (articolo 81 del CP).
2. La prescrizione dei reati penali
96. La prescrizione costituisce uno dei motivi di estinzione dei reati penali, Capitolo I del Titolo VI del Libro I del CP. La sua regolamentazione ? stata modificata dalla legge no 251 del 5 dicembre 2005 e con la decreto-legge no 92 del 23 maggio 2008.
97. Secondo l’articolo 157 ? 1 del CP, il reato penale ? prescritto dopo lo scorrimento di un lasso di tempo equivalente alla durata della pena massimale prevista dalla legge e per quanto questo lasso di tempo non sia inferiore a sei anni per i reati ed a quattro anni per le multe.
98. Il secondo, terzo e quarto paragrafi dell’articolo 157 fissano i criteri di calcolo del termine di prescrizione; il quinto paragrafo contempla un termine di prescrizione di tre anni per una violazione penale se questa non ? punito dalla detenzione n? con una pena pecuniaria. Il sesto paragrafo raddoppia i termini di prescrizione, calcolati all’auna dei paragrafi precedenti, per certi reati di cui l’associazione di malviventi di tipo mafioso, la tratta di esseri umani, la rimozione, il traffico di droga. Ai termini dell’ottavo paragrafo dello stesso articolo, i reati sanzionati dalla pena di detenzione in perpetuo sono imprescrittibili.
99. L’imputato pu? sempre rinunciare espressamente alla prescrizione, articolo 157 ? 7 del CP.
100. L’articolo 158 ? 1 del CP dispongono che il termine di prescrizione decorre a partire dalla commissione del reato penale.
101. Secondo l’articolo 160 del CP, il termine di prescrizione ? prorogato in caso di interruzioni di natura procedurale tra che raffigura il giudizio di condanna. Secondo il secondo paragrafo dell’articolo 161, fatta eccezione per certi reati che non sono pertinenti nello specifico, suddette interruzioni non possono prolungare il termine-calcolato all’auna dell’articolo 157-di pi? di un quarto e, in certi casi, di pi? della met?, in certi casi di recidiva, di pi? di due terzo, nel caso di recidiva reiterata, o di pi? del doppio, se l’autore del reato ? un delinquente abituale.
B. La legge no 241 del 29 luglio 2006 (concessione di una rimessa di pena)
102. La legge no 241 del 29 luglio 2006 stabilisce le condizioni della concessione di una rimessa generale delle pene (indulto). Contiene un solo articolo che, nella sua parte pertinente nello specifico, si legge come segue:
“1. Per tutti i reati commisero fino al 2 maggio 2006, ? concesso una rimessa di pena di tre anni massimo che si tratta di una pena di detenzione e di 10 000 euro massimo che si tratta di una pena pecuniaria sola o in congiunzione con una pena di detenzione “
C. L’azione civile in legame con una violazione penale
103. Secondo gli articoli 75 e 76 del codice di procedimento penale, ogni persona avendo subito un danno risultante di una violazione penale pu? introdurre un’azione civile dinnanzi alle giurisdizioni civili o dinnanzi alle giurisdizioni penali.
104. Dinnanzi alle giurisdizioni penali, l’azione civile ? introdotta dalla via della costituzione di partire civile nel procedimento penale.
D. Rapporto sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2013
105. Il Rapporto sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2013 del primo presidente della Corte di cassazione, presentata il 24 gennaio 2014 all’epoca dell’apertura dell’anno giudiziale, si legge cos? nella sua parte pertinente nello specifico (pagina 29) traduzione della cancelleria,:
Dal 1989, […] l’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura, impegnandosi [cos?] ad introdurre nel nostro sistema morale questa violazione penale molto grave, e stabilendo il suo imprescriptibilit? cos? come l’inapplicabilit? di misure siccome l’amnistia e la grazia. Venticinque anni dopo niente non sono stati fatti, cos? che gli atti di tortura che sono commessi in Italia cadono inevitabilmente sotto l’impero della prescrizione, mancanza di una legge che sanziona la tortura in quanto tale con l’infliction di pene adeguate proporzionate alla gravit? dei fatti. “
E. Proposition di legge che mira all’introduzione del reato di tortura nell’ordine morale italiano
106. Il 5 marzo 2014, il Senato italiano ha approvato una proposta di legge, no S-849 che fonde i progetti i nostri S-10, S-362, S-388, S-395, S-849 e S-874, mirando all’introduzione del reato di tortura nell’ordine morale italiano. Questa proposta ? stata trasmessa alla Camera dei deputati per approvazione in seguito.
III. ELEMENTI PERTINENTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE
A. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
107. L’articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 dispongo:
“Nessuno sar? sottoposto alla tortura, n? alle pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. “
B. Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici
108. L’articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 23 marzo 1976 e ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978, disponi:
“Nessuno sar? sottoposto alla tortura n? alle pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. In particolare, ? vietato sottoporre una persona senza il suo libero consenso ad un’esperienza medica o scientifica. “
C. Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti
109. Gli articoli pertinenti nello specifico della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 10 dicembre 1984, entrata in vigore il 26 giugno 1987 e ratificata dall’Italia il 12 gennaio 1989, sono formulati cos?:
Articolo 1
“1. Alle fini della presente Convenzione, il termine “tortura” designo ogni atto con che un dolore o delle sofferenze acute, fisiche o mentali, sono inflitte intenzionalmente in particolare ad una persona alle fini di ottenere di lei o di una terza persona delle informazioni o delle confessioni, di punirla di un atto che lei o una terza persona hanno commesso o sono sospettate di avere commesso, di intimidirlo o di fare pressione su lei o di intimidire o di fare pressione su un terza nessuno, o per tutto altro motivo fondato su una forma di discriminazione qualunque sia, quando un tale dolore o delle tali sofferenze sono inflitte da un agente della funzione pubblica o tutta altra persona agendo a titolo ufficiale o alla sua istigazione o col suo consenso espresso o tacito. Questo termine non si dilunga al dolore o alle sofferenze che risulta unicamente da sanzioni legittime, inerenti a queste sanzioni o provocate da esse.
2. Questo articolo ? senza danno di ogni strumento internazionale o di ogni legge nazionale che contiene o pu? contenere delle disposizioni di portata pi? larga. “
Articolo 2
“1. Ogni Stato partito prende delle misure legislative, amministrative, giudiziali ed altre misure efficaci per impedire che gli atti di tortura siano commessi in ogni territorio sotto la sua giurisdizione.
2. Nessuna circostanza eccezionale, qualunque sia, che si trattasse dello stato di guerra o di minaccia di guerra, di instabilit? politica interna o di tutto altro stato di eccezione, non pu? essere invocata per giustificare la tortura.
3. L’ordine di un superiore o di un’autorit? pubblica non pu? essere invocato per giustificare la tortura. “
Articolo 4
“1. Ogni Stato partito bada a ci? che tutti gli atti di tortura costituiscono dei reati allo sguardo del suo diritto penale. Ne ? parimenti del tentativo di praticare la tortura o di ogni atto commesso con qualsiasi nessuno che costituisce una complicit? o una partecipazione all’atto di tortura.
2. Ogni Stato partito rende questi reati passibili di pene adeguate che prendono in considerazione la loro gravit?. “
Articolo 5
“1. Ogni Stato partito prende le misure necessarie per stabilire la sua competenza alle fini di conoscere dei reati mirati all’articolo 4 nei seguenti casi:
ha, Quando il reato ? stato commesso su ogni territorio sotto la giurisdizione di suddetto Stato o a bordo di aeromobili o di navi immatricolate in questo Stato;
b, Quando l’autore presunto del reato ? un cittadino di suddetto Stato;
c, Quando la vittima ? un cittadino di suddetto Stato e che questo ultimo lo giudica appropriato.
2. Ogni Stato partito prende anche le misure necessarie per stabilire la sua competenza alle fini di conoscere di suddette reati nel caso dove l’autore presunto di queste si trova su ogni territorio sotto la sua giurisdizione e dove suddetto Stato non l’estrada conformemente all’articolo 8 versi uno degli Stati mirati al paragrafo 1 del presente articolo.
3. La presente Convenzione non allontana nessuna competenza penale esercitata conformemente alle leggi nazionali. “
Articolo 10
1. Ogni Stato partito bada a ci? che l’insegnamento e l’informazione concernente l’interdizione della tortura facciano partito integrante dalla formazione del personale civile o militare carico dell’applicazione delle leggi, del personale medico, degli agenti della funzione pubblica e delle altre persone che possono intervenire nella guardia, l’interrogatorio o il trattamento di ogni individuo ordinanza, detenuto o incarcerato comunque questo sia.
2. Ogni Stato partito incorpora suddetta interdizione alle regole o istruzioni decretate in ci? che riguarda gli obblighi e le attribuzioni delle tali persone.
Articolo 11
Ogni Stato partito esercita una sorveglianza sistematica sulle regole, istruzioni, metodi e pratici di interrogatorio e sulle disposizioni concernente la guardia ed il trattamento delle persone arrestate, detenute o incarcerate comunque sia su ogni territorio sotto la sua giurisdizione, in vista di evitare ogni caso di tortura.
Articolo 12
“Ogni Stato partito bada a ci? che le autorit? competenti procedono immediatamente ad un’inchiesta imparziale ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli di credere che un atto di tortura ? stato commesso su ogni territorio sotto la sua giurisdizione. “
Articolo 13
“Ogni Stato partito garantisce a tutto nessuno che pretende essere stata sottoposta alla tortura su ogni territorio sotto la sua giurisdizione il diritto di sporgere querela dinnanzi alle autorit? competenti di suddetto Stato che proceder? immediatamente e con imparzialit? all’esame della sua causa. Alcune misure saranno prese per garantire la protezione del querelante e dei testimoni contro ogni cattivo trattamento od ogni intimidazione in ragione del lamento depositato o di ogni deposizione fatto. “
Articolo 14
“1. Ogni Stato partito garantisce, nel suo sistema morale, alla vittima di un atto di tortura, il diritto di ottenere risarcimento e di essere indennizzata equamente ed in modo adeguata, ivi compreso i mezzi necessari al suo riadattamento pi? completo possibile. In caso di morte della vittima che risulta da un atto di tortura, l’avuta causa di questa ha diritto ad indennizzo.
2. Il presente articolo non esclude nessuno diritto ad indennizzo che avrebbe la vittima o tutta altra persona in virt? delle leggi nazionali. “
Articolo 16
“1. Ogni Stato partito si avvia a vietare in ogni territorio sotto la sua giurisdizione di altri atti costitutivi di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti che non sono degli atti di tortura come ? definita all’articolo primo quando dei tali atti sono commessi da un agente della funzione pubblica o tutta altra persona agendo a titolo ufficiale, o alla sua istigazione o col suo consenso espresso o tacito. In particolare, gli obblighi enunciati 12 e 13 agli articoli 10, 11, sono applicabili cavi mediante la sostituzione della menzione della tortura con la menzione di altre forme di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.
2. Le disposizioni della presente Convenzione sono senza danno delle disposizioni di tutto altro strumento internazionale o della legge nazionale che vietano le pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o che hanno fatto riferimento all’estradizione o allo sfratto. “
D. Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti
110. Gli articoli pertinenti nello specifico della Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, adottati dall’assemblea generale delle Nazioni unite il 9 dicembre 1975, sono formulati cos?:
Articolo 4
“Ogni Stato, conformemente alle disposizioni della presente Dichiarazione, prende delle misure effettive per impedire che la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti non siano praticati nella sua giurisdizione. “
Articolo 7
“Ogni Stato bada a questo che tutti gli atti di tortura, come sono definiti all’articolo primo, siano dei reati allo sguardo della sua legislazione penale. Le stesse disposizioni devono applicarsi agli atti che costituiscono una partecipazione, una complicit? o un incitamento alla tortura o un tentativo di praticare la tortura. “
Articolo 10
“Se un’inchiesta effettuata conformemente all’articolo 8 o all’articolo 9 stabilisce che un atto di tortura, come ? definito all’articolo primo, ? stato commesso manifestamente, un procedimento penale ? istituito, conformemente alla legislazione nazionale, contro l’o gli autori presunti dell’atto. Se un’affermazione che riguarda altre forme di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti sono considerati come fondata, l’o gli autori presunti sono oggetto di procedimenti penali o disciplinari o di altri procedimenti appropriati. “
Articolo 11
“Quando ? stabilito che un atto di tortura o di altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti sono stati commessi da un agente della funzione pubblica o alla sua istigazione, la vittima ha diritto a risarcimento ed ad indennizzo, conformemente alla legislazione nazionale. “
E. Ptincipi di base dell’ONU sul ricorso alla forza e l’utilizzazione delle ar