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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CAVALLERI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 30408/03/2009
Stato: Italia
Data: 2009-05-26 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA CAVALLERI C. ITALIA
( Richiesta no 30408/03)
SENTENZA
STRASBURGO
26 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Cavalleri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 30408/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. E. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 12 settembre 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da R. V. e F. U., avvocati a Bergamo. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, il Sig. I.M. Braguglia, il Sig. R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, ed i suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 15 dicembre 2005, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1951 e ha risieduto ad Urgnano (Bergamo).
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio del 23 gennaio 1986, il tribunale di Bergamo dichiarò il fallimento della società S. s.a.s. di cui il richiedente era associato accomodante, così come il fallimento personale del richiedente.
6. In seguito a questa dichiarazione, il richiedente fu sottoposto ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del suo diritto alla corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, conformemente all’articolo 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”) così come alla limitazione del suo diritto al voto.
7. Con una decisione del 12 settembre 2002, il tribunale restrinse il procedimento per ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
8. Il 19 settembre 2001, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Venezia conformemente alla legge Pinto.
9. Chiese il risarcimento del danno morale che stimava di avere subito in ragione, tra l’altro, della durata del procedimento e delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento (in particolare, la limitazione del suo diritto al rispetto dei suoi beni, della sua corrispondenza e della sua libertà di circolazione, e della limitazione del suo diritto al voto).
10. Con una decisione depositata il 20 febbraio 2002, la corte di appello assegnò al richiedente 10 900 euro per risarcimento morale in ragione “della sua situazione di malessere dovuta al prolungamento, al di là del termine ragionevole del procedimento, dello statuto di fallito e delle limitazioni ivi relative riguardanti la libertà di circolazione, i diritti elettorali, la possibilità di esercitare delle libere professioni. ” La corte stimò che “la liquidazione di suddetto danno poteva avvenire solo attraverso una valutazione equa che tenesse conto, oltre la durata del procedimento, la natura particolare dei diritti della persona totalmente o parzialmente toccati”.
11. Questa decisione fu notificata al ministero di Giustizia il 7 maggio 2003 ed acquisì forza di cosa giudicata il 6 luglio 2003, cioè, sessanta giorni dopo la sua notificazione.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
12. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia,( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
13. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento di fallimento di cui è stato oggetto. Il Governo contesta questa tesi, stimando che la durata del procedimento è stata imputabile alla complessità della causa ed al comportamento del richiedente e sollevando una questione di esaurimento delle vie di ricorso in cassazione per il procedimento “Pinto.”
14. La Corte ricorda la sua giurisprudenza a proposito dell’esaurimento delle vie di ricorso (Di Sante c. Italia, no 56079/00, decisione del 24 giugno 2004) e considera che il richiedente non avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione contro la decisione della corte di appello di Venezia all’epoca dei fatti. Conviene dunque dichiarare questo motivo di appello ammissibile.
15. In quanto al merito, la Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento che rivestiva una certa complessità, è cominciato il 23 gennaio 1986 e che si è concluso il 12 settembre 2002. È durato dunque più di sedici anni e sette mesi per un’istanza. Per ciò che riguarda il comportamento del richiedente, la Corte nota che non è stabilito che questo abbia contribuito all’allungamento del procedimento.
16. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso presente e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente tali da poter condurla ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 19-35; Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007; Bertolini c. Italia, no 14448/03, §§ 23-33, 18 dicembre 2007).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
17. Con una corrispondenza del 20 ottobre 2004, il richiedente adduce anche, per la prima volta, la violazione degli articoli 17 e 34 della Convenzione in ragione del fatto che, secondo la legge Pinto, il risarcimento morale potrebbe essere ottenuto solo a sostegno di prove che attestino il danno subito.
18. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere considerato come assimilato a quello derivato dalla durata del procedimento.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
19. Invocando gli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta rispettivamente della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza (consegnata e controllata dal curatore durante il procedimento di fallimento) al rispetto dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Il Governo si oppone a queste tesi.
20. Tuttavia, la Corte constata che questi motivi di appello sono ammissibili.
21. In quanto al merito, la Corte osserva di avere già trattato di cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso di specifico e ha constatato la violazione delle disposizioni precitate (vedere Luordo c. Italia, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX; Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 36-51; Gallucci c. Italia, precitata, §§ 31-40). La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente tali da condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Stima dunque che c’è stata violazione degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
22. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta infine di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali che l’hanno toccato in seguito al suo collocamento in fallimento. Il Governo contesta questa tesi.
23. La Corte stima che conviene dichiarare questo motivo di appello ammissibile.
24. Per ciò che riguarda il merito alla luce della sua giurisprudenza (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46; Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77) e la mancanza di argomenti convincenti del governo tali da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente, la Corte stima che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
25. Il richiedente si lamenta della limitazione dei suoi diritti elettorali in seguito al suo collocamento in fallimento.
26. Il Governo contesta queste affermazioni.
27. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione e nota che la perdita dei diritti elettorali in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, essendo stato depositato questo giudizio il 23 gennaio 1986, il richiedente avrebbe dovuto introdurre il suo motivo di appello al più tardi il 23 luglio 1991, tenuto conto anche del termine di sei mesi previsti dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Essendo stata introdotta la richiesta il 12 settembre 2000, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
V. SULL’”INCAPACITÀ D’ESERCITARE DELLE LIBERE PROFESSIONI”
28. Senza invocare nessuno articolo della Convenzione, il richiedente si lamenta della sua incapacità di esercitare delle libere professioni.
29. La Corte stima che il richiedente ha omesso di supportare questo motivo di appello e propone di respingerlo per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
VI. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
30. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
31. Il richiedente richiede 50 000 euro (EUR) a titolo del danno materiale e morale che avrebbe subito. Si rimette alla Corte per stabilire gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi a lei e dinnanzi alle autorità interne di cui stima avere diritto. Il Governo si oppone a queste pretese.
32. La Corte non vede alcun legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge questa richiesta. In compenso, considera che, deliberando in equità, c’è luogo di concedere al richiedente 24 000 EUR a titolo del danno morale.
33. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte respinge la richiesta relativa agli oneri e spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda al richiedente.
34. La Corte giudica appropriato abbinare la suddetta somma ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione;
2. Dichiara il restante della richiesta inammissibile;
3. Stabilisce che c’è stata violazione degli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
5. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione;
6. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
(i) 24 000 EUR ( ventiquattromila euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
(ii) 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dal richiedente a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
7. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE CAVALLERI c. ITALIE
(Requête no 30408/03)
ARRÊT
STRASBOURG
26 mai 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Cavalleri c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 5 mai 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 30408/03) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. E. C. (« le requérant »), a saisi la Cour le 12 septembre 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Mes R. V. et F. U., avocats à Bergame. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, M. I.M. Braguglia, M. R. Adam et Mme E. Spatafora, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 15 décembre 2005, le président de la troisième section a décidé de communiquer les griefs tirés des articles 6 § 1, 8 et 13 de la Convention et 1 du Protocole no 1 et 2 du Protocole no 4 à la Convention au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1951 et réside à Urgnano (Bergame).
1. La procédure de faillite
5. Par un jugement du 23 janvier 1986, le tribunal de Bergame déclara la faillite de la société S. s.a.s., dont le requérant était associé commanditaire, ainsi que la faillite personnelle du requérant.
6. A la suite de cette déclaration, le requérant fut soumis à une série d’incapacités personnelles et patrimoniales, telles que la limitation de son droit à la correspondance, de ses biens et de sa liberté de circulation, conformément aux article 48, 42 et 49 du décret royal no 267 du 16 mars 1942 (ci-après « la loi sur la faillite ») ainsi qu’à la limitation de son droit de vote.
7. Par une décision du 12 septembre 2002, le tribunal clôtura la procédure pour répartition finale de l’actif de la faillite.
2. La procédure introduite conformément à la loi Pinto
8. Le 19 septembre 2001, le requérant introduisit un recours devant la cour d’appel de Venise conformément à la loi Pinto.
9. Il demanda la réparation du dommage moral qu’il estimait avoir subi en raison, entre autres, de la durée de la procédure et des incapacités dérivant de sa mise en faillite (notamment, la limitation de son droit au respect de ses biens, de sa correspondance et de sa liberté de circulation) et de la limitation de son droit de vote.
10. Par une décision déposée le 20 février 2002, la cour d’appel alloua au requérant 10 900 euros en dédommagement moral en raison « de sa situation de malaise due à la prolongation, au-delà du délai raisonnable de la procédure, du statut de failli et des limitations y relatives portant sur la liberté de circulation, les droits électoraux, la possibilité d’exercer des professions libérales. » La cour estima que « la liquidation dudit dommage ne peut se faire qu’à travers une évaluation équitable qui tienne compte, en plus de la durée de la procédure, de la nature particulière des droits de la personne totalement ou partiellement touchés ».
11. Cette décision fut notifiée au ministère de la Justice le 7 mai 2003 et acquit force de chose jugée le 6 juillet 2003, c’est-à-dire, soixante jours après sa notification.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
12. Le droit interne pertinent est décrit dans les arrêts Campagnano c. Italie (no 77955/01, §§ 19-22, 23 mars 2006), Albanese c. Italie (no 77924/01, §§ 23-26, 23 mars 2006) et Vitiello c. Italie (no 77962/01, §§ 17-20, 23 mars 2006).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
13. Le requérant se plaint de la durée de la procédure de faillite dont il a fait l’objet. Le Gouvernement conteste cette thèse, estimant que la durée de la procédure a été imputable à la complexité de l’affaire et au comportement du requérant et soulevant une question de l’épuisement de voies de recours en cassation pour la procédure « Pinto ».
14. La Cour rappelle sa jurisprudence au sujet de l’épuisement de voies de recours (Di Sante c. Italie, no 56079/00, décision du 24 juin 2004) et considère que le requérant n’aurait pas pu efficacement se pourvoir en cassation contre la décision de la cour d’appel de Venise à l’époque des faits. Il convient donc de déclarer ce grief recevable.
15. Quant au fond, la Cour constate qu’en l’espèce, la procédure de faillite, qui revêtait une certaine complexité, a débuté le 23 janvier 1986 et qu’elle s’est terminée le 12 septembre 2002. Elle a donc duré plus de seize ans et sept mois pour une instance. En ce qui concerne le comportement du requérant, la Cour note qu’il n’est pas établi que celui-ci ait contribué à l’allongement de la procédure.
16. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas présent et a constaté la violation de l’article 6 § 1 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Elle considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument convaincant pouvant la mener à une conclusion différente dans le cas présent. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable » (voir De Blasi c. Italie, précité, §§ 19-35 ; Gallucci c. Italie, no 10756/02, §§ 22-30, 12 juin 2007 ; Bertolini c. Italie, no 14448/03, §§ 23-33, 18 décembre 2007).
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
17. Par un courrier du 20 octobre 2004, le requérant allègue aussi, pour la première fois, la violation des articles 17 et 34 de la Convention en raison de ce que, selon la loi Pinto, le dédommagement moral ne pourrait être obtenu qu’à l’appui de preuves attestant le dommage subi.
18. La Cour estime que ce grief doit être considéré comme absorbé par celui tiré de la durée de la procédure.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION, 1 DU PROTOCOLE No 1 ET 2 DU PROTOCOLE No 4 À LA CONVENTION
19. Invoquant les articles 8 de la Convention, 1 du Protocole no 1 et 2 du Protocole no 4 à la Convention, le requérant se plaint respectivement de la violation de son droit au respect de sa correspondance (remise et contrôlée par le syndic pendant la procédure de faillite), au respect de ses biens et de sa liberté de circulation, notamment en raison de la durée de la procédure. Le Gouvernement s’oppose à ces thèses.
20. Toutefois, la Cour constate que ces griefs sont recevables.
21. Quant au fond, la Cour observe avoir déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté la violation des dispositions précitées (voir Luordo c. Italie, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX ; De Blasi c. Italie, précité, §§ 36-51 ; Gallucci c. Italie, précité, §§ 31-40). La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. Elle estime donc qu’il y a eu violation des articles 8 de la Convention, 1 du Protocole no 1 à la Convention et 2 du Protocole no 4 à la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
22. Invoquant l’article 13 de la Convention, le requérant se plaint enfin de ne pas disposer d’un recours effectif pour se plaindre des incapacités patrimoniales et personnelles le touchant suite à sa mise en faillite. Le Gouvernement conteste cette thèse.
23. La Cour estime qu’il convient de le déclarer ce grief recevable.
24. Pour ce qui est du fond, à la lumière de sa jurisprudence (voir, parmi beaucoup d’autres, Bottaro c. Italie, précité, §§ 41-46 ; Campagnano c. Italie, précité, §§ 67-77), et l’absence d’argument convaincant du gouvernement pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent, la Cour estime qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention.
IV. SUR LA VIOLATION DE L’ARTICLE 3 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
25. Le requérant se plaint de la limitation de ses droits électoraux suite à sa mise en faillite.
26. Le Gouvernement conteste ces allégations.
27. La Cour estime que ce grief doit être analysé sous l’angle de l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention et note que la perte des droits électoraux suite à la mise en faillite ne peut pas excéder cinq ans à partir de la date du jugement déclarant la faillite. Or, ce jugement ayant été déposé le 23 janvier 1986, le requérant aurait dû introduire son grief au plus tard le 23 juillet 1991, compte tenu aussi du délai de six mois prévu par l’article 35 § 1 de la Convention. La requête ayant été introduite le 12 septembre 2000, la Cour considère que ce grief est tardif et doit être rejeté conformément à l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
V. SUR « L’INCAPACITÉ D’EXERCER DES PROFESSIONS LIBERALES »
28. Sans invoquer aucun article de la Convention, le requérant se plaint de son incapacité d’exercer des professions libérales.
29. La Cour estime que le requérant a omis d’étayer ce grief et propose de le rejeter pour défaut manifeste de fondement selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
VI. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
30. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
31. Le requérant réclame 50 000 euros (EUR) au titre du préjudice matériel et moral qu’il aurait subi. Il s’en remet à la Cour pour établir les frais et dépens engagés devant elle et devant les autorités internes dont il estime avoir droit. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
32. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre les violations constatées et le dommage matériel allégué et rejette cette demande. En revanche, elle considère que, statuant en équité, il y a lieu d’octroyer au requérant 24 000 EUR au titre du préjudice moral.
33. Pour ce qui est des frais et dépens, selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens de la procédure nationale, estime raisonnable la somme de 2 000 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde au requérant.
34. La Cour juge approprié d’assortir les sommes susmentionnées d’intérêts moratoires d’un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 6 § 1, 8 et 13 de la Convention, 1 du Protocole no 1 et 2 du Protocole no 4 à la Convention ;
2. Déclare le restant de la requête irrecevable ;
3. Dit qu’il y a eu violation des articles 6 § 1, 8 et 13 de la Convention ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
5. Dit qu’il y a eu violation de l’article 2 du Protocole no 4 à la Convention ;
6. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivante :
(i) 24 000 EUR (vingt-quatre mille euros) pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
(ii) 2 000 EUR (deux mille euros), pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû par le requérant à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
7. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 26 mai 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
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  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 12/11/2024